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Tutti gli articoli sulle versioni del Perrault e dei F.lli Grimm
Non è facile trovare traccia di questi passaggi di uso, dei campi e dei territori
in cui veniva praticata l'agricoltura, connessi al lupo. Probabilmente in certi
territori il lupo fu sostituito dal cinghiale, oppure per esempio nella Grecia
antica il maggese fu opera di una dea, Demetra, che aveva subito uno stupro,
oppure il ratto della figlia. Presso gli Etruschi nella Tomba dell'Orco
a Tarquinia è raffigurato Ade barbato con elmo a testa di lupo, con un serpente
nella sinistra,
mentre con la testa accenna al gigante Gerione tricipite (Kelun). Persefone è in
piedi con la chioma irta di serpentelli. Si tratta
degli dei, Ades e Persefone, che presiedevano al regno della morte, ma erano
anche connessi mistericamente alla fecondità della terra. Per fortuna gli antichi
hanno conservato dei rituali antichissimi che anche coloro che ci hanno
tramandato non riuscivano a spiegare in maniera completa. Poi ci sono le fiabe
e i racconti popolari in cui c'è traccia, pur con tutte le modifiche e le trasposizioni
di senso che comporta il tramandamento orale, dei riti e dei miti antichi.
Poiché ho intravisto nel rito romano dei Lupercalia un riferimento agli antichi
passaggi di uso dei campi, li riporto di seguito.
I
Lupercalia erano un
rito molto arcaico che si continuò a
celebrare fino al V secolo
d. C. Si svolgevano il 15 febbraio di ogni anno all’interno
del periodo dedicato ai
Parentalia, le feste consacrate agli antenati defunti. La cerimonia aveva inizio
al
Lupercale, una grotta alle pendici del Palatino dove la leggenda narrava che
Remo e
Romolo erano stati nutriti dalla lupa. I membri che partecipavano attivamente
al rito erano chiamati Luperci,(ovvero
lupacchiotti, sull’etimologia dei luperci, cfr. Károly Kerényi,
Lupo e capra nella festa dei Lupercalia, in Miti e misteri, trad.
it., Torino 1979, pagg. 347-348; Georges Dumézil, La religione romana
arcaica,
trad. it., Milano 1977, pag. 306, nota 31): formati da due gruppi, Luperci
quinctiales e Luperci fabiani, erano diretti da un unico
magister. Si procedeva ad uccidere dei
capri e un cane. In seguito
la fronte di due
giovani nobili, in rappresentanza probabilmente delle due confraternite
(i Fabiani e i Quinziali) erano macchiate col coltello insanguinato usato per
il sacrificio.
Il sangue
veniva subito dopo rimosso dalla fronte con un panno di lana intriso di latte.
A questo
punto i due giovani oggetto della cerimonia dovevano ridere. Indi i Luperci,
completamente nudi, a parte i fianchi coperti con alcune strisce di pelle ricavate
dai capri sacrificati, iniziavano a correre
percuotendo con altre strisce chiunque incontrassero sul loro cammino,
ma in particolare le donne considerate sterili che
desideravano avere figli. La frusta che percuoteva era chiamata
februa( dal mese di febrarius e in latino februare equivale
a purificare) o amiculum Iunonis. Probabilmente la dea Giunone, che
era chiamata anche Iuno
februata,
ovvero purificata, presiedeva in qualche maniera al rituale, stante la leggenda
citata da Ovidio, accennata appresso. lnoltre la Giunone di Lanuvio aveva anch'essa
una sopravveste formata da pelle di capra(vedi
un cunto del Pentamerone in cui si intravede l'influenza di un rito a lei dedicato,
La faccia di capra). E
ancora la dea si ricordava anche alle calende di febbraio con il nome di Iunio
Sospita(era
probabilmente
la
dea originaria degli Albani, quella di Lanuvio), ovvero la Salvatrice, quando
si commemorava la dedicazione del suo tempio sul
Palatino.
Secondo Dionisio di Alicarnasso(Antichità romane, I, 80, 1-3) e Plutarco(
Vita di Romolo, 21, 4) i Lupercali potrebbero essere stati istituiti da Evandro(eroe
greco che proveniente dalla città di Argo nel Peloponneso aveva fondato nel Lazio
la città di Pallante sul Palatino),
che aveva recuperato
un rito arcade. Tale rito consisteva
in una corsa a piedi degli abitanti del Palatino (allora chiamato Pallanzio,
dalla città dell'Arcadia di Pallanteo), senza abiti e con le pudenda coperte
dalle pelli degli animali sacrificati, tutto in onore di Pan Liceo ("dei
lupi").
L'antecedente del rito doveva essere riportato, secondo una leggenda narrata
da
Ovidio(Fasti, II, 425-452),
al tempo di re Romolo quando vi sarebbe stato un prolungato periodo di sterilità nelle
donne. Uomini e donne si recarono perciò in processione fino al bosco
sacro di Giunone, ai piedi dell'Esquilino, e qui si prostrarono in atteggiamento
di supplica. Attraverso lo stormire delle fronde, la dea rispose, sgomentando
le donne: “Un
sacro capro si congiunga con le mogli latine” (Italicas matres, inquit,
sacer hircus inito! (Ovidio, I Fasti, II, 425-452, inito, che rimanda a Inuus,
altro nome di Fauno), ma un augure etrusco interpretò l'oracolo
nel giusto senso, sacrificando un capro e tagliando dalla sua pelle delle strisce
con cui colpì la schiena delle donne e dopo dieci mesi lunari le donne
partorirono.
Ma altri scrittori diedero altri antecedenti al rituale. Plutarco riferisce
due
leggende per spiegare il rito: la prima, narrata da un tale Buta, “espositore
in versi elegiaci delle più fantastiche notizie sulle origini delle feste
romane”, narra che Romolo e Remo, dopo la vittoria su Amulio, corsero esultanti
sul posto dove la lupa li aveva allattati da piccoli. Perciò, i Lupercalia
erano una commemorazione di quella corsa, e la cerimonia
con
cui
si toccava la fronte dei giovani mediante una lama ricordava allegoricamente
il
pericolo
di morte corso dai gemelli, salvati dal latte della lupa. La seconda leggenda,
attribuita a Gaio Acilio, narra che, prima della fondazione di Roma, un giorno
il bestiame di Romolo e Remo scomparve. I due gemelli, dopo aver implorato Fauno,
la divinità che regnava sui boschi, assimilata poi al Pan greco, si slanciarono
nudi alla ricerca degli animali per non essere impacciati nella corsa dagli abiti.
Rimarchevole il nome delle due confraternite, Fabiani e Quintiali: secondo Dumézil è probabile
che in origine le due schiere, formate ognuna da dodici elementi, fossero formate
dai
membri
delle
gentes
dalle
quali
prendono il nome (cioè i Fabii e i Quinctii). E se si mettono in evidenza
questi due nomi si risale rispettivamente alla fava(in latino faba)e al grano
o
farro,
cioè
la pianta che viene raccolta al quinto mese dell'anno(quindi equivalente a quinctii),
cioè
luglio,
poiché presso i Romani l'anno iniziava nel mese di marzo. Sulla base di
questa
indicazione agraria nel prossimo capitolo cercherò di tracciare uno schema,
una
struttura diacronica dei Lupercalia.
Continua
Sopra retro del cosiddetto "Altare di Marte e Venere", ara romana di epoca traianea, riutilizzata in epoca adrianea (nel 124 d.C.) come base per una statua del dio Silvano. Il rilievo mostra Romolo e Remo con la lupa capitolina. Proviene da un sacello del Piazzale delle Corporazioni, ad Ostia Antica, ed è oggi esibito nel Museo di Palazzo Massimo alle Terme a Roma.
Tutti gli articoli sulle versioni del Perrault e dei F.lli Grimm
2 - Il lupo nella cultura dei greci
3 - Alla ricerca della pietra simbolo della sterilità
4 - Le pietre nel ventre dell'iniziando sciamano
5 - Divoramento e travestitismo nelle iniziazioni tribali
6 - Culto delle pietre presso i Lapponi
7 - Il lupo nelle culture che praticavano un'agricoltura primordiale
9 - La struttura dei Lupercalia
10 - Il lupo e i sette capretti
11 - Lo spirito del grano nell'ultimo covone denominato il Vecchio, la Vecchia e anche il Lupo
12 - I popoli che praticavano la patrofagia, i racconti popolari con la prova cannibalica
17 - Il comportamento del lupo come indice di civiltà
19 - Interpretazione storica della versione del Perrault, le ruelles e le preziose
20 - Le versioni più studiate della fiaba di Cappuccetto rosso
Tutti gli articoli sulle versioni popolari di Cappuccetto rosso
3
- Le due versioni de la Nièvre. In una di esse la fanciulla si salva 5 - La versione del Forez in cui la fanciulla cede il paniere al lupo e poi viene divorata 7 - La versione provenzale, molto simile a quelle del Forez, ma più eleborata 9 - Le correlazioni tra i miti e il culto di Fauna-Bona Dea e i racconti orali di Cappuccetto rosso 10 - L'alternativa del percorso come traccia per risolvere l'indovinello del racconto enigmatico 13 - Le madonne nere francesi rimpiazzarono le figure divine pagane, e principalmente Bona Dea