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L'Analisi
La nuova architettura di sicurezza in Eurasia


di Fabrizio Verde


Il ministero degli Esteri russo ha riferito di un incontro avvenuto in Laos tra Sergey Lavrov, ministro degli Esteri della Federazione Russa, e il suo omologo cinese Wang Yi.

I ministri avrebbero discusso della cooperazione all'interno dell'Associazione delle Nazioni del Sud-Est Asiatico (ASEAN) nel contesto dell'intensificarsi delle attività di alcuni Paesi volte a stabilire “meccanismi politico-militari di blocco ristretto volti a minare il sistema di mantenimento della sicurezza e della stabilità incentrato sull'ASEAN” nella regione.

I ministri degli Esteri hanno anche discusso le prospettive di attuazione dell'iniziativa lanciata dalla Russia per creare una nuova architettura di sicurezza eurasiatica in un contesto di “stagnazione dei meccanismi euro-atlantici”.

Inoltre, Lavrov e Wang Yi hanno sottolineato l'importanza di rafforzare il coordinamento della politica estera tra Mosca e Pechino in varie piattaforme internazionali, come le Nazioni Unite, l'Organizzazione per la cooperazione di Shanghai (SCO), la Cooperazione economica Asia-Pacifico (APEC), il G20 e altri formati.

“Il legame Russia-Cina sta lavorando per formare un ordine mondiale più giusto e multipolare, promuovendo i principi di un autentico multilateralismo e portando energia positiva sia alle Nazioni Unite che al G20”, ha dichiarato l'alto diplomatico russo.


Cos’è un’architettura di sicurezza?

Ma che cos’è un’architettura di sicurezza e perché urge in Eurasia? L'architettura di sicurezza interstatale si riferisce alla rete di accordi, alleanze e organizzazioni che vengono stabilite tra i paesi per mantenere la pace, la stabilità e la sicurezza a livello regionale o globale. Lo scopo dell'architettura di sicurezza interstatale è prevenire i conflitti, gestire le crisi e promuovere la cooperazione tra i paesi per affrontare le sfide comuni alla sicurezza.

Centrale è quindi l'istituzione di alleanze e partnership tra i paesi. Queste alleanze servono come meccanismo per affrontare le minacce e le sfide alla sicurezza che interessano più nazioni. Esempi di queste alleanze includono la NATO e l’Unione Europea, almeno a livello teorico e propagandistico, visto che invece la realtà ci mostra che queste organizzazioni rappresentano il principale ostacolo al raggiungimento della pace in Ucraina, dove proprio NATO e USA con la complicità dell’UE hanno deciso di combattere una guerra per procura contro la Russia. Insomma, queste organizzazioni seminano caos e morte per soddisfare gli interessi geopolitici ed economici della potenza declinante, gli Stati Uniti, e quindi rappresentano perfettamente la “stagnazione dei meccanismi euro-atlantici” denunciata dai ministri Lavrov e Wang Yi.

Uno degli obiettivi principali dell'architettura di sicurezza interstatale è promuovere stabilità e pace a livello regionale e globale. Stabilendo alleanze, accordi e istituzioni formali, i paesi possono lavorare insieme per prevenire i conflitti e gestire le crisi prima che degenerino in conflitti più ampi. Attraverso la cooperazione e il dialogo, i paesi possono affrontare le sfide alla sicurezza in modo proattivo e coordinato.

Inoltre, l'architettura di sicurezza interstatale serve anche a promuovere lo sviluppo economico e la prosperità. Quando i paesi lavorano insieme per affrontare le sfide alla sicurezza, creano un ambiente più stabile per il commercio, gli investimenti e la crescita economica. Promuovendo la sicurezza e la stabilità, l'architettura di sicurezza interstatale può aiutare a creare le condizioni per il progresso economico e lo sviluppo.

E qui veniamo alle istituzioni multipolari che vanno crescendo su impulso primario di Cina e Russia che lavorano alacremente a una sempre più urgente nuova architettura di sicurezza eurasiatica.

Organizzazione per la Cooperazione di Shanghai avrà un ruolo chiave?

Oggi, mentre il mondo sta vivendo la fase di smantellamento dell’ormai vetusto e inadeguato sistema di sicurezza internazionale incentrato sull’Occidente, e i paesi del Sud del mondo rivendicano lo status di attori mondiali uguali e sovrani, sono le piattaforme ‘multipolari’ a rappresentare il futuro. Tra queste spicca sicuramente l’Organizzazione per la Cooperazione di Shanghai (SCO). L'elenco dei paesi interessati a questo formato cresce regolarmente, il che aumenta sicuramente lo status e la fiducia nell'organizzazione. Russia e Cina rimangono i motori in termini di strategia militare, non solo come potenze nucleari, ma anche come membri permanenti del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite. La presenza nella regione della piattaforma russa e cinese, indipendente dagli Stati Uniti, composta dagli Stati dell’Asia centrale, nonché da India, Pakistan e Iran, crea sicuramente un contrappeso alle iniziative strategico-militari anglo-americane nello Spazio eurasiatico.

Secondo Sergey Lavrov, i membri della SCO hanno un desiderio comune di coordinare le azioni dell'organizzazione all'interno delle Nazioni Unite e nello spazio eurasiatico con strutture quali l'UEEA, l'ASEAN e i BRICS. Il ministro degli Esteri cinese Wang Yi ha invitato la SCO a prendere in mano la sicurezza della regione. Dalla sua creazione nel 2001, la SCO si è trasformata da un ristretto blocco regionale concepito per garantire la sicurezza lungo il perimetro degli Stati post-sovietici e della Cina a una struttura che ha tutte le carte in regola per essere garante di una sicurezza eurasiatica globale.

L'elenco dei partner di dialogo della SCO è molto ampio e comprende l'Armenia, l'Azerbaigian, l'Egitto, la Turchia (paese NATO) e una serie di altri attori arabi e asiatici del Sud globale. Oggi, quasi tutti i Paesi del Golfo Persico sono rappresentati nell'Organizzazione come partner di dialogo, prestando così la loro fiducia a un progetto regionale non occidentale. Sullo sfondo dell'espansione dei BRICS il Sud globale sta guadagnando confini più istituzionalizzati nella sfera della sicurezza e dell'economia. Inoltre, la SCO include quattro attori nucleari, il che significa che l'organizzazione è garante della sicurezza nucleare nello spazio eurasiatico.

Col passar del tempo questa organizzazione è venuta conformandosi come una seria e credibile alternativa al braccio armato degli Stati Uniti, la NATO, come garante di una sicurezza eurasiatica reale e globale. L'insistenza dell'Occidente nel promuovere la propria visione della sicurezza globale imponendo il proprio sistema di valori e priorità spinge gli attori non occidentali a considerare altre opportunità per consolidare gli sforzi per affrontare le sfide e le minacce attuali. La SCO, nonostante le differenze tra i suoi membri in termini di potenziale militare ed economico, ha tutta la possibilità di confrontarsi con successo al progetto nordatlantico, visto il suo  potenziale militare, economico, demografico ed energetico.

Oltre a sancire nella Carta della SCO i principi universalmente riconosciuti del diritto internazionale - come il rispetto reciproco della sovranità, dell'indipendenza, dell'integrità territoriale, dell'inviolabilità dei confini degli Stati, della non ingerenza negli affari interni, del non uso della forza o della minaccia della forza, dell'uguaglianza dei diritti, della risoluzione pacifica delle controversie e dei disaccordi tra gli Stati e dell'adempimento degli obblighi internazionali in buona fede - gli Stati membri della SCO hanno introdotto una serie di innovazioni nella pratica e nella teoria delle relazioni tra gli Stati.

Tra i più importanti: il rifiuto della superiorità militare unilaterale nelle aree limitrofe, la ricerca di punti di vista comuni sulla base della comprensione reciproca e del rispetto delle opinioni di ogni Stato membro, la graduale attuazione di azioni congiunte in aree di interesse comune.

Una caratteristica e peculiarità della SCO è il suo dichiarato principio di apertura, il fatto che non sia diretta contro altri Stati e organizzazioni internazionali.

Sono questi principi che distinguono la SCO dall'Alleanza Nord Atlantica e la rendono attraente per gli attori non occidentali con la loro percezione critica del modello di relazioni internazionali incentrato sugli Stati Uniti e la loro indisponibilità nel continuare a sottostare a un ordine mondiale unipolare organizzato in funzione degli Stati Uniti e in subordine dei vassalli occidentali di Washington.

Dunque la SCO sostiene la creazione di una nuova architettura di sicurezza globale basata sull'uguaglianza, il rispetto reciproco, la fiducia e la cooperazione win-win, il rifiuto della divisione in blocchi e ideologica. Secondo la logica multipolare che governa l’organizzazione, la cooperazione nel contrastare le nuove sfide e minacce deve essere condotta in modo coerente, senza doppi standard, attraverso il rigoroso rispetto del diritto internazionale, e la costruzione di un sistema di sicurezza globale deve avvenire solo sotto gli auspici delle Nazioni Unite e nel rigoroso rispetto della sua Carta.

Gli Stati membri della SCO non accettano per principio azioni unilaterali, poiché tali azioni non sono in grado di risolvere i problemi esistenti nel mondo ma bensì finiscono per aggravarli e possono condurre a esiti catastrofici.

I componenti della SCO sono convinti che le questioni di sicurezza internazionale non debbano escludere compiti quali la garanzia della sostenibilità dell'economia mondiale, la riduzione della povertà, l'equiparazione dei livelli di sviluppo socio-economico, la garanzia della sicurezza economica, ambientale, energetica e dell'informazione, nonché la protezione della popolazione e dei territori degli Stati membri della SCO dalle emergenze naturali e di origine umana.

Pertanto, il concetto di sicurezza proposto dalla SCO nel XXI secolo è completo e onnicomprensivo. Si basa sui principi democratici e sulle norme del diritto internazionale, comprende sia le aree di fornitura di sicurezza globale sia la soluzione delle contraddizioni socio-economiche, in cui sono radicate molte sfide e minacce moderne alla sicurezza, come il terrorismo, il separatismo, l'estremismo e la criminalità transfrontaliera.

A chi dovesse pensare a enunciazioni esclusivamente teoriche, bisogna ricordare che la SCO è riuscita a risolvere le questioni relative ai confini di Kazakistan, Kirghizistan, Tagikistan e Russia con la Cina, dal Pamir alle coste dell'Oceano Pacifico, a stabilire un sistema di misure di rafforzamento della fiducia, soprattutto in ambito militare, e un meccanismo di consultazione e cooperazione su una gamma sempre più ampia di questioni di sicurezza.

Dove va l’Unione Europea?

A questo punto se l’Unione Europea non fosse governata da fantocci al servizio degli interessi di Washington dovrebbe volgere il proprio sguardo verso est per costruire una nuova – urgente e non più rinviabile - architettura di sicurezza eurasiatica al di fuori della NATO.

In primis perché il conflitto in corso in Ucraina ha evidenziato la necessità per l'UE di diversificare i suoi partenariati di sicurezza, superare la vetusta NATO che ormai rappresenta una sorta di residuato post-bellico. I tempi moderni richiedono l'impegno con la Russia e altri Paesi eurasiatici per promuovere la stabilità e la cooperazione nella regione. L'UE deve bilanciare i propri interessi di sicurezza con quelli di altre grandi potenze, tra cui Russia e Cina. Una nuova architettura di sicurezza eurasiatica può aiutare a gestire queste dinamiche di potere e impedire il dominio di una singola potenza.

L'impegno in una nuova architettura di sicurezza può contribuire ad affrontare i problemi di stabilità regionale, come quelli del Caucaso meridionale e del Medio Oriente. Questo approccio può favorire la cooperazione e affrontare i problemi politici in queste regioni, contribuendo così alla stabilità regionale complessiva.

Se vuole avere un futuro l’Unione Europea deve puntare all’autonomia strategica. Un punto fondamentale per la sua sicurezza futura. Una nuova architettura di sicurezza può aiutare l'UE ad assumersi maggiori responsabilità e oneri, riducendo la sua dipendenza dalla NATO e dagli Stati Uniti. Questo aspetto è visto con molto interessa anche a Mosca. Se la coesione occidentale contemporanea dovesse rivelarsi tattica, limitata principalmente alla crisi riguardante l'Ucraina e in ultima analisi di breve durata, allora il mondo si sposterà rapidamente verso un nuovo sistema multipolare in cui gli Stati Uniti e l'Unione Europea costituiranno due diversi centri di potere.

Dunque lo sviluppo di una nuova architettura di sicurezza può essere un processo a lungo termine, che richiede una pianificazione strategica e una cooperazione di diversi anni. Questo approccio può aiutare l'UE ad affrontare i problemi di sicurezza sistemici e ad adattarsi alle mutevoli dinamiche globali che adesso puntano dritto verso il multipolarismo.

Data articolo: Fri, 26 Jul 2024 17:00:00 GMT
Lavoro e Lotte sociali
L'agenda governativa risponde sempre ai dettami delle imprese

di Federico Giusti

Governo che va, governo che viene ma la sostanza del problema rimane sempre la stessa e ogni Esecutivo rispecchia il punto di vista datoriale tutelandone in sede legislativa e politica le istanze e gli interessi.

Dal prossimo 2 agosto entreranno in vigore le disposizioni contenute nel decreto legislativo n. 103 del 12 luglio scorso,  delega di una legge di due anni or sono in materia di salute e sicurezza nei luoghi di lavoro.
 
La ratio del provvedimento legislativo è quello di allentare i controlli alle aziende in materia ambientale e nelle norme che disciplinano la sicurezza sul lavoro. Per mesi ministri del Governo Meloni hanno lanciato messaggi rassicuranti. Il fisco deve essere amico delle imprese, lo stesso dicasi per la Pubblica amministrazione.
 
Se queste sono le premesse la riduzione degli adempimenti e del sistema dei controlli diventa un aiuto concreto alle associazioni datoriali ma segna al contempo il progressivo disimpegno dello Stato dal costruire sistemi efficaci atti a verificare il corretto adempimento di norme a tutela della salute pubblica.
 
La protesta degli ispettori del lavoro andrebbe presa sul serio, ad esempio annunciare dieci giorni prima una ispezione in azienda significa rinunciare in partenza a efficaci controlli che di solito avvengono a sorpresa.

Tra un controllo e l'altro poi dovranno passare almeno 10 mesi se non saranno riscontrare criticità, se pensiamo al numero degli ispettori in rapporto alle imprese esistenti oggi possono trascorrere anni prima di un controllo.
 
Il problema non è dato non solo dall'insufficiente numero degli ispettori ma dall'effettivo potere che gli stessi potranno esercitare, anche il calcolo del fattore di rischio a determinare le attività in azienda potrebbe dimostrarsi un'arma a doppio taglio se pensiamo che molti infortuni , e malattie professionali, si verificano nelle piccole imprese in settori dove la probabilità di un sinistro è sulla carta remota.
 
Siamo poi alquanto preoccupati dalla istituzione di  specifici enti certificatori che potrebbero diventare strumento delle associazioni datoriali proprio per allentare i controlli.
 
E si parla del congelamento delle sanzioni fino a 5 mila euro qualora l'impresa dovesse adempiere agli emendamenti richiesti.
 
Ci chiediamo quale imprenditore avvertito dieci giorni prima faccia trovare  dei lavoratori a nero, poi dopo una diffida ci saranno 20 giorni di tempo per mettersi in regola senza incorrere in alcuna sanzione. La patente a punti in edilizia eleva a 100 punti la dotazione per alcune categorie di imprese che per scendere sotto i 15 punti dovrebbero commettere una serie infinita di reati di grave entità fino agli omicidi sul lavoro
 
E come se non bastassero questi favori alle imprese manca il capitolo delle vittime sul lavoro, intanto è finita nel dimenticatoio la istituzione di una Procura nazionale del lavoro, 
 
Un magistrato ha correttamente sintetizzato i provvedimenti nella volontà di "trasformare le irregolarità in immunità e, dunque, in impunità”.
 
Mentre aumentano malattie professionali, infortuni e morti sul lavoro, questa è la risposta del Governo Meloni.

Data articolo: Fri, 26 Jul 2024 16:36:00 GMT
IN PRIMO PIANO
Gutul: 'Il sostegno russo è cruciale per la Gagauzia'"

In un'intervista esclusiva rilasciata al quotidiano Izvestia, la leader della Gagauzia, Evghenia Gutul, ha affrontato diverse questioni cruciali riguardanti la situazione politica ed economica della regione autonoma all'interno della Moldavia. Questi i punti salienti delle sue dichiarazioni.

Sostegno economico russo

Evghenia Gutul ha annunciato che 50-60 mila residenti di Gagauzia potranno beneficiare delle carte di pagamento "Mir" e di aumenti salariali e pensionistici finanziati dalla Russia. "Entro la fine dell'anno, miriamo a coprire il 100% della popolazione avente diritto a questi aiuti", ha affermato. Questo programma non si limiterà alla Gagauzia ma si espanderà ad altre regioni della Moldavia, come Orhei e Taraclia, in un futuro prossimo.

Pressioni politiche e problemi giudiziari

Gutul ha denunciato l'intensificazione delle pressioni da parte del governo moldavo, soprattutto dopo il suo incontro con Vladimir Putin. "Le udienze del mio processo si svolgono a ritmi serrati, quasi ogni due giorni", ha spiegato, indicando che queste accelerazioni sono dovute a ordini superiori. La leader gagauza è accusata di aver importato illegalmente denaro dalla Russia per finanziare il partito Shor e di aver coordinato le attività del partito stesso. Secondo Gutul, queste accuse sono motivate politicamente per rimuoverla dalla sua posizione e ostacolare l'autonomia della regione.

Relazioni con Chi?in?u

"La nostra relazione con Chisinau non è migliorata, anzi, è peggiorata", ha affermato Gutul, sottolineando che non si aspetta miglioramenti fino alla fine del mandato del presidente Maia Sandu. La leader ha evidenziato come le autorità centrali ignorino sistematicamente Gagauzia, e come Sandu incontri solo le amministrazioni locali che le sono favorevoli. Tuttavia, Gutul è fiduciosa che un cambio di presidenza possa portare a un miglioramento delle relazioni.

Collaborazione con la Russia

La Russia è un partner fondamentale per la Gagauzia, specialmente in settori come il commercio, l'istruzione e i progetti sociali. "I nostri agricoltori possono esportare in Russia e stiamo lavorando per eliminare i dazi doganali sui nostri vini", ha affermato Gutul. Inoltre, la Russia ha fornito aiuti economici significativi, con tre tranche già consegnate e una quarta in arrivo.

Sfide energetiche

Gutul ha descritto le difficoltà nel garantire forniture di gas russo a prezzi accessibili attraverso l'Ucraina. "Abbiamo firmato un contratto con NordGaz per gas a metà prezzo rispetto al mercato, ma il governo moldavo ha sospeso la licenza di NordGaz, impedendoci di ottenere il gas a buon mercato", ha dichiarato. Attualmente, la Gagauzia è costretta a comprare gas russo tramite intermediari europei, aumentando significativamente i costi.

Prospettive future

Nonostante le tensioni, Gutul guarda al futuro con ottimismo, confidando che un cambiamento nella leadership moldava possa aprire nuove possibilità di dialogo e cooperazione. "Continueremo a lavorare per migliorare le condizioni di vita dei nostri cittadini e rafforzare i legami con la Russia," ha concluso.

Data articolo: Fri, 26 Jul 2024 16:04:00 GMT
Editoriali
Caro Molinari, è l'attentato ai gasdotti North Stream che cosa era esattamente?


di Alessandro Bianchi

 Già presente da diverse ore, ompare ancora, quando vi scriviamo alle 21.00 del 26 luglio 2024, questo titolo in alto sulla versione online del giornale La Repubblica.

Questo signore non è un giornalista qualunque, ma il direttore di un quotidiano nazionale con il potere di manipolare l'opinione pubblica del paese. 

Il più grande attacco alle infrastrutture civili dell'Unione Europea, per chi purtroppo si ostina a leggere Repubblica o giornali similari e ne è all'oscuro, è stato l'attentato terroristico ai gasdotti North Stream del settembre del 2022, che hanno spezzato la catena di approvigionamento energetica più importante dell'Europa. Si tratta senza ombra di dubbio del più grande attacco portato contro le infrastrutture civili europee dalla fine della seconda guerra mondiale e per l'Italia di un danno devastante, che aumenta il processo di deindustrializzazione in atto per seguire supinamente i diktat di Bruxelles, Francoforte e Washington.

Il grande giornalista Premio Pulitzer Seymour Hersh nella sua inchiesta ha rivelato, citando sue fonti anonime (come il 99% delle notizie filo Nato costruite su fonti anonime di Usa e Ue), che dietro l’attentato terroristico che ha colpito i gasdotti Nord Stream, ci siano gli Stati Uniti. Dopo le parole del Procuratore federale della Germania, che escludono al 100% l’auto sabotaggio russo, e quelle del Procuratore svedese che accertava l'atto terroristico, resta in piedi l’ipotesi complottista di un attacco alieno - forse la versione a cui è approdato il signor Molinari e i fact checker "indipendenti" che avevano censurato l'inchiesta - oppure le conclusioni di Hersh sono, come aveva scritto Pepe Escobar, semplicemente quelle “a cui sono arrivati tutti usando il proprio cervello”. 

L'attacco più grandi alle infrastrutture civili dell'Europa. quello vero, è servito a dividere per sempre la Russia dall'Europa, legare con un vincolo coloniale i paesi dell'UE a Wshington e impedire che si concretizzasse un percorso di negoziazione tra Mosca e Kiev. 

L'arroganza e impunità con cui Molinari può nascondere tutto questo e diffondere la gigantesca fake news che ancora compare in alto nel sito di Repubblica è la migliore fotografia possibile dell livello della libertà di stampa del nostro paese.

Data articolo: Fri, 26 Jul 2024 16:00:00 GMT
NOTIZIE BREVI
Neonazisti Azov in Europa. Russia: "Ripugnante"

La Russia ha condannato il tour di propaganda in Europa dell'unità neonazista ucraina Azov. Mosca ha dichiarato che si tratta di un “fenomeno ripugnante” e di una prova dei tentativi del regime di Kiev di diffondere l'ideologia neonazista.

La Terza brigata separata d'assalto delle forze di terra ucraine, considerata una delle più prestigiose del Paese slavo, ha recentemente annunciato un tour dei suoi militari nell'UE con l'obiettivo di attirare gli ucraini residenti all'estero a combattere contro la Russia. Questa unità militare è stata formata da veterani del reggimento Azov, noto per la presenza di neonazisti nei suoi ranghi, e le recenti pubblicazioni di uno dei suoi membri decorati ne sono un'ulteriore prova. 

L'assedio delle truppe russe alle acciaierie Azovstal di Mariupol, nel maggio 2022, ha portato alla prigionia di decine di suoi membri, molti dei quali portavano tatuaggi neonazisti di ogni tipo.

Il controverso tour dell'unità, i cui membri sono stati accusati di molteplici atrocità e crimini di guerra, è iniziato a Varsavia, in Polonia, e proseguirà in altri Paesi. Il primo evento di domenica ha riunito un gruppo di 200 persone, per lo più uomini, che, secondo i media locali, hanno mostrato interesse a combattere nelle truppe di Kiev. 

Il portavoce presidenziale russo Dmitry Peskov ha dichiarato che questa “brutta manifestazione del regime di Kiev” dimostra che le autorità ucraine sono diventate di fatto una culla della rinascita del nazismo nel continente europeo. “Non lo accettiamo. Per qualsiasi russo, questa è la cosa più brutta che ci possa essere”, ha dichiarato.

Ha inoltre osservato che i media occidentali sono “pronti a sostenere qualsiasi cosa, anche le più brutte manifestazioni del regime di Kiev, pur di continuare la guerra fino all'ultimo ucraino”. A questo proposito, ha sottolineato che gli eventi sottolineano la necessità di continuare l'operazione militare speciale della Russia, i cui obiettivi includono, tra gli altri, la completa denazificazione del regime di Kiev.

Inizialmente era stato annunciato che gli eventi associati a questo tour si sarebbero svolti almeno fino al 2 agosto in Polonia, Germania, Paesi Bassi, Belgio, Repubblica Ceca e Lituania. Tuttavia, giovedì 25 giugno, l'unità ha cancellato il tour in Germania, Paesi Bassi e Lussemburgo “per motivi di sicurezza”, senza fornire le ragioni esatte di questa decisione.

Data articolo: Fri, 26 Jul 2024 14:04:00 GMT
IN PRIMO PIANO
Lo spirito olimpico di Parigi? La mia esperienza allo Stade de France con la bandiera palestinese


di Gianluca Staderini

Parigi, 26 luglio 2024



Parigi sembra tornata alla stagione di lockdown e coprifuoco. In realtà viene il sacrosanto dubbio che, come tutto il mondo, non ne sia mai davvero uscita, vittima anch’essa di una svolta tecno-repressiva irreversibile.

Le strade della capitale francese sono invase da decine di migliaia di poliziotti (si parla di oltre 55.000 agenti arrivati da ogni angolo del Paese per affiancare le forze dell’ordine del posto e quelle internazionali) armati con fucili d’assalto e avanguardistici dispositivi per la guerriglia urbana.



Ci sono quelli della Polizia Nazionale, la Gendarmeria, squadre speciali d’ogni tipo e polizie di mezzo mondo arrivate coi loro mezzi. Presidiano ogni strada del centro città, tra blocchi di cemento e transenne che impediscono qualsiasi libero movimento tra le strade. Vista la loro giovane età sembrano ragazzini appena usciti da una festa in maschera per la quale hanno scelto un discutibile abito da marines in zona di guerra. Purtroppo, però, non siamo dentro un videogioco sparatutto, siamo nella Parigi che ospita i Giochi Olimpici 2024.

E’ la concretizzazione del fronte interno di guerra. Per muoverti in centro città, anche solo per ammirare la Torre Eiffel o Notre Dame, hai bisogno di un qr code da mostrare ai varchi disseminati in ogni dove. Hanno diritto al qr code solo i possessori degli eventi sportivi e solo per l’area del loro svolgimento.



Già perché Macron ha voluto che i Giochi si svolgessero in giro per Parigi, a macchia di leopardo. I ticket costano mediamente attorno ai 900 euro ad evento, salvo i più economici, quelli per assistere alle gare di tennis da tavolo, che si attestano a “soli” 400 euro. Se non hai il ticket non puoi muoverti. Se non hai il ticket non puoi neppure usufruire delle corsie stradali speciali sulle vie ad alto scorrimento, indicate dalla scritta sul cemento “Paris 2024”, che consentono di sfrecciare indisturbati accanto agli infiniti incolonnamenti di parigini che non hanno “l’urgenza” di correre ad assistere ai giochi. Le strade speciali, come quelle riservate ai coloni che occupano la Palestina nella Cisgiordania.



Mentre continua incessante il brusio dei tre elicotteri di polizia che, giorno e notte, volteggiano su Parigi, arriviamo a Saint-Denis, una delle banlieue parigine più note. Qui si respira l’aria di sempre, se non fosse per quel muro di blindati delle forze dell’ordine che si erge in fondo alla strada, al di là del canale e dei suoi attraversamenti.

Anche qui, per passare la linea di blindati e ragazzini poliziotti armati fino ai denti, devi esibire il qr code. Ce l’abbiamo. Grazie ad un concorso ad estrazione abbiamo ottenuto gratuitamente i nostri biglietti per le qualificazioni di “rugby a 7”. Passiamo il varco e ci uniamo a tifosi festanti. Oggi giocano i padroni di casa, les bleus.

La quasi totalità del pubblico è qui per questo. Leggiamo il regolamento su cosa sia lecito fare e cosa no all’interno della struttura. Vi sono decine di regole, per lo più classiche come “è vietato introdurre materiale esplosivo” ma, tra le tante, ci colpisce l’ultima, la più dettagliata: “è vietato esporre bandiere maggiori ad 1x2 metri e bandiere di Paesi non partecipanti ai Giochi, bandiere (attuali o storiche) di, e altri simboli che possano essere associati a, paesi i cui atleti sono autorizzati a partecipare esclusivamente come atleti individuali neutrali”. Evidentemente il Comitato Olimpico si è ben adoperato per redigere una norma anti Russia ma non capiamo se questa dicitura contorta possa essere estesa alla Palestina, nonostante vi sia la squadra olimpica palestinese ai giochi. Evidentemente, però, questa norma puzza.



Dopo vari controlli entriamo nello Stade de France. 80.000 posti, lo Stadio più grande di Francia, inaugurato nel 1998 per i mondiali di calcio. Sembra di essere passati in un altro mondo. Qui la polizia c’è ma non si vede. Dalla banlieue al mondo olimpico attraverso un muro di guardie. Qui tutto luccica a tratti. La musica del dj di turno viene ininterrottamente sparata a tutto volume e sui megaschermi si alternano i volti di gente che, appena inquadrata, balla, ride e si diverte a favor di camera. In modo così esagerato ed eccessivo, da risultare falso e posticcio. Il mondo insta-tik-tok sembra aver trovato il suo regno ideale. Un pubblico di figurine che si accende al passar della telecamera. Il colpo d’occhio “cromatico” è però davvero imressionante. In un Paese come la Francia, in cui, nonostante si dichiari non esistano statistiche etniche, appena il 40% della popolazione è bianca, ci troviamo dentro uno stadio quasi completamente riempito da bianchi. Eccezion fatta per tutti i lavoratori, dalla sicurezza ai bar passando per i servizi igienici, che, invece, sono per la quasi totalità non bianchi. D’altronde in un un mondo da 900 euro ad evento l’accesso ai figli della colonizzazione non può che essere dalla porta di servizio. Egalitè.

Nella prima partita gioca l’Argentina. Lo Stade de France si accende con insulti e ululati. I fischi coprono ogni movimento dei giocatori blanco-celeste. Il pubblico di figurine si è improvvisamente acceso e se la ride oltraggiando gli argentini. Chiediamo il perché. “Perché gli argentini insultarono Mbappè!” ci dicono alcuni bleus. Mbappè, nero, nato nella banlieue di Bondy, proprio lì fuori, esattamente tra gli esclusi dallo show. In questo tilt contano solo gli attriti calcistici che invadono il rugby olimpico. Con buona pace del cosiddetto spirito olimpico.

L’Argentina, per la cronaca, vince.

E’ il turno di Francia contro Stati Uniti. All’ingresso dei giocatori in campo, mentre lo Stade de France si alza in piedi per intonare Allez les Bleus pensiamo sia il momento in cui si debba in qualche modo ricordare quello che questi paesi, e non solo, stanno facendo a favore del genocidio in atto per mano sionista.

Ci alziamo in piedi e, senza proferir parola, apriamo la bandiera della Palestina che abbiamo nello zaino. Restiamo così, in silenzio, solo a voler ricordare, anche al circo che abbiamo davanti agli occhi, con un minuscolo gesto, un Popolo fiero che lotta per la propria esistenza proprio mentre il mondo si concentra sullo show. La gente attorno a noi sembra non avere alcuna reazione.

La partita ha inizio. Abbassiamo la bandiera palestinese e ci sediamo. Nello stadio vediamo sventolare la bandiera del Tibet, quelle di diversi club e compare anche un’apprezzatissima Ikurrina. Ci torna alla mente il regolamento olimpico per l’accesso delle bandiere che abbiamo letto poco prima, confidiamo che se non hanno problema queste, non dovrebbero a maggior ragione averne quelle di un Paese partecipante, ma sappiamo che non sarà così. Pochi minuti e ne abbiamo la conferma.

Arriva un addetto alla sicurezza che ci invita a seguirlo. Un distinto signore poco dietro di noi solidarizza con l’impeccabile intervento di repressione.

“Siete stati individuati dalle telecamere di sicurezza. Dobbiamo condurvi dalla Polizia Nazionale.”

Ad attenderci fuori dalla struttura, assieme agli steward dello stadio, ci sono cinque agenti di polizia in borghese che, dopo essersi qualificati, ci chiedono in quale lingua vogliamo comunicare. Inglese o francese. Ci sembra già tanto perché, nonostante la portate dell’evento, l’intera organizzazione conosce solo il francese. Iniziano le domande di rito ma la prima è quanto mai minacciosa: “Siete mai stati arrestati?”. Poi le perquisizioni. Minuziose, per non dire invadenti. Noi siamo in due, loro una decina in tutto. Il problema, ovviamente, è la bandiera. Gli diciamo che non abbiamo violato alcun regolamento. Gli mostriamo che lo conosciamo e che sappiamo esattamente cosa stiamo dicendo. Non sanno cosa rispondere. Poi, mentre attendiamo che si svolgano tutti i controlli sui nostri documenti, cominciamo pian piano a capire. La bandiera palestinese può essere una provocazione per il pubblico, ci dicono. Gli chiediamo in che modo e se anche quella israeliana possa essere percepita come tale. Non rispondono. Continuiamo ad incalzarli mentre la situazione si fa surreale. Non sanno neppure loro cosa stanno facendo. E’ una farsa anche questa, come tutto il resto dello show a cui stiamo prendendo parte.

Alla fine il responsabile della polizia che ci trattiene dice: “La bandiera della Palestina è contro lo spirito olimpico. Non dipende dalla prefettura ma dal Comitato Olimpico. Son loro che ci hanno detto di fermarvi, son loro che decidono il da farsi.”

In realtà hanno ragione loro. E anche noi lo siamo. La bandiera palestinese è contro lo spirito olimpico, proprio come lo son stati i guanti neri di Smith e Carlos, la spilla di Peter Norman o le parole di Mohammed Alì. E allora ci auguriamo che anche in questa Olimpiade si possa respirare la stessa mancanza di spirito olimpico, che sia gli atleti che il pubblico riescano a sfondare questo spirito olimpico che in questi giorni riempie la nauseabonda vetrina entro cui ci hanno rinchiuso tutti. Ci auguriamo che la causa palestinese abbia la meglio anche qui. Noi, nel nostro piccolo, abbiamo portato un pezzetto di Palestina nello Stade de France, nel primo giorno dei Giochi Olimpici di Parigi 2024. Con buona pace dello spirito.

Alla fine della giornata, su concessione del Comitato Olimpico, ci hanno lasciati andare.

La bandiera della Palestina non gliel’abbiamo lasciata.

Data articolo: Fri, 26 Jul 2024 14:00:00 GMT
NOTIZIE BREVI
Zakharova: "Atto di segregazione alle Olimpiadi di Parigi"

Negare all'atleta francese di atletica leggera di colore Sounkamba Sylla, che pratica l'Islam, il diritto di partecipare alla cerimonia di apertura dei Giochi olimpici è un palese atto di segregazione, ha affermato la portavoce del Ministero degli Esteri russo Maria Zakharova.

"Un altro palese atto di segregazione si è verificato alla vigilia dei Giochi olimpici di Parigi. All'atleta francese di atletica leggera di colore Sounkamba Sylla, che è musulmana, è stato negato il diritto di partecipare alla cerimonia di apertura dei Giochi. Il Comitato olimpico francese ha citato il divieto di indossare un elemento tradizionale dell'abbigliamento durante gli eventi sportivi", le parole della diplomatica riportate dall'agenzia TASS.

Zakharova ha sottolineato che questo caso, così come le precedenti decisioni sugli atleti russi e bielorussi, dimostrano che le Olimpiadi moderne non hanno nulla a che fare con gli obiettivi del movimento olimpico dichiarati più di un secolo fa a Parigi e contraddicono lo spirito olimpico.

"Ancora una volta, il principio di 'sport oltre la politica', sacro per molte generazioni, è stato calpestato nello spirito del diktat neoliberista dall''Occidente collettivo', rappresentato dalle autorità sportive francesi. Contrariamente alle dichiarazioni dei funzionari in Francia sul desiderio di diversità e libertà di espressione, i dissidenti sono palesemente esposti a sanzioni".

Data articolo: Fri, 26 Jul 2024 13:21:00 GMT
Difesa e Intelligence
Manovre aeree russe e cinesi al largo dell'Alaska allarmano il Pentagono

Bombardieri russi e cinesi hanno volato insieme per la prima volta nello spazio aereo internazionale vicino all'Alaska. Si è trattato di una nuova dimostrazione della cooperazione militare in espansione che ha allarmato il Pentagono, scrive l'Associated Press.

“Questa relazione è una preoccupazione costante per noi”, ha ammesso ai giornalisti il segretario alla Difesa statunitense Lloyd Austin. Ha aggiunto che Washington teme soprattutto il “sostegno illegale e non necessario” che la Cina avrebbe fornito alla Russia nel conflitto ucraino.  
 
Austin ha dichiarato che il Comando di Difesa Aerospaziale del Nord America (NORAD) ha “rilevato, tracciato e intercettato” due Tu-95 russi e due H-6 cinesi. Gli aerei non sono entrati nello spazio aereo statunitense e si sono avvicinati alla costa solo per circa 320 chilometri, ma erano all'interno della zona di difesa aerea.
 
Il rafforzamento dei legami militari tra Mosca e Pechino preoccupa non solo Washington, ma anche i suoi alleati in Europa e in Asia. In particolare, Tokyo si è lamentata del sorvolo della flottiglia aerea russo-cinese tra il Giappone e la penisola coreana lo scorso dicembre, ricorda l'agenzia. 
 
Mentre le forze armate russe sono da tempo attive nel Pacifico settentrionale, negli ultimi anni la Cina è emersa come nuovo attore nella regione. Le sue crescenti forze navali e aeree stanno espandendo la loro presenza sempre più lontano dalle coste del Paese, osserva AP.

Data articolo: Fri, 26 Jul 2024 13:13:00 GMT
POLIVOX
Fuga dalla mobilitazione forzata: il dramma (censurato) degli ucraini che non vogliono combattere


di Clara Statello per l'AntiDiplomatico

 

Chi si ricorda delle grandi campagne di solidarietà per accogliere in Europa gli ucraini che fuggivano dalla guerra? Ancora oggi, decine di migliaia di uomini in età di leva rifiutano di combattere e scappano all'estero. Uno dei tanti mantra della stampa italiana e degli ultras dell'Ucraina, è che gli ucraini vogliono combattere finché non verrà ripreso l'ultimo centimetro di territorio. Non è proprio così.

Il bacino di volontari si è esaurito più o meno dopo la sanguinosa battaglia di Bachmut. Gli uomini non si arruolavano più. Piuttosto fuggivano. Secondo i dati Eurostat del novembre 2023, sono 650mila gli uomini in età di leva nei Paesi europei. A fine marzo, erano ricercati 70 mila renitenti soltanto nelle regioni di Ivano-Frankivsk e Poltava. Insomma gli ucraini non vogliono più combattere, non vogliono morire per Kiev, per l'UE e per la NATO.

Un sondaggio pubblicato sui media ucraini ad inizio aprile, mostrava che la maggioranza degli uomini  dai 29 ai 59 anni (63%) non vuole arruolarsi. Solo il 20% è disposto ad entrare nell'esercito, come volontario o per contratto, oppure ad essere mobilitato. Il 24% degli intervistati dichiara che non combatterebbe per nessun motivo. Il mandato di comparizione può essere un fattore motivante solo per il 7%. Gli altri scappano all'estero, se hanno le possibilità economiche. Oppure si nascondono.

 

Fuga dall'Ucraina

Con l'approvazione della legge marziale nel marzo 2022, l'Ucraina ha chiuso i confini alla popolazione maschile di età compresa tra i 18 e i 59 anni. Un report della BBC del 17 novembre 2023 riportava che circa 20mila ucraini erano riusciti a scappare dalla mobilitazione, mentre più di 21.100 erano stati arrestati nel tentativo di farlo. Molti superavano il confine a piedi, rimediando un lasciapassare, altri decidevano di affrontare le acque del Tibisco o del Dnestr.

Lo stesso giorno, il servizio statale di frontiera pubblicava sulle proprie pagine le foto di due uomini, arrestati mentre tentavano di attraversare a nuoto il Tibisco. Li mostrava come trofei, con braccioli a forma di fenicottero rosa e salvagente fiorato, per umiliarli. Cercavano di raggiungere la Romania.

 

 

Da allora ho deciso di seguire uno per uno questi casi sul mio canale Telegram, utilizzando la chiave "Fuga dall'Ucraina". I video, pubblicati dalla stessa guardia di frontiera o da giornalisti ucraini,  mostrano fughe rocambolesche: a bordo di camion o furgoni, con i fuggitivi nascosti in vani segreti, tra sigarette di contrabbando o approfittando del trasporto di cereali. Altri si avventurano a piedi per le montagne, sfidando l'oscurità e il gelo. I più temerari attraversano i fiumi  in barca, gommone o anche a nuoto, muniti di muta o pinne o persino salvagente.

I tentativi spesso finiscono male. A volte renitenti vengono arrestati e spediti subito al fronte. A volte non sopravvivono. Questo è l'aspetto più drammatico. Almeno 44 persone sono morte assiderate sui Carpazi o annegate nel Tibisco. Dal 2022 oltre 33 ucraini sono annegati, mentre tentavano di raggiungere la riva della Romania. Circa la metà delle morti (almeno 17) è avvenuta nel 2024.

La guardia di frontiera tenta di dissuadere gli aspiranti fuggitivi, pubblicando le immagini dei corpi rinvenuti tra le acque. Inoltre ha lanciato il videogame "Tibisco" contro gli attraversamenti illegali. L'omino che raffigura il renitente dovrà nuotare in fretta, prima che le vorticose acque del fiume lo risucchino. Non si capisce se il tentativo è più maldestro o più cinico.

 

Chi scappa dalla guerra

L'entità del fenomeno è tale da trovar spazio nella stampa statunitense. A metà luglio il Wall Street Journal ha pubblicato un articolo dal titolo: "Ukrainian Men Desperate to Escape War Are Drowning as They Flee".

Viene riportata la storia di un uomo annegato nel Tibisco. Non era un filo-russo, un oppositore di Zelensky, un pacifista o un ucraino in cerca di migliorare la sua vita all'estero. Era un soldato volontario. Ivan Pidmalivskiy aveva lasciato in Slovacchia la moglie e due figli, per arruolarsi nell'esercito ucraino. Era stato due anni al fronte e non voleva più tornarci. Così, approfitta del congedo per darsi alla fuga. In parole povere: un disertore.

La stampa ucraina conferma storie analoghe. Ukrainskaya Pravda riferisce di una recente sparatoria a 15 chilometri dal confine con la Moldavia, fra un'auto della guardia di frontiera e una su cui viaggiavano 4 disertori che tentavano di scappare dall'Ucraina. Uno dei fuggiaschi è morto.

Strana riporta casi più fortunati di diserzione. Un altro volontario racconta la sua fuga in Moldavia, durante un congedo per malattia. Grazie a dei conoscenti era riuscito a corrompere una guardia di frontiera per 2.500 dollari. Spiega che per questi soldi gli agenti non concedono una "finestra verde" attraverso il confine, ma si “girano dall'altra parte”. Così il militare, di cui non viene riportato il nome, è scappato via dall'Ucraina. Correndo. "Ho corso con tutte le mie forze", spiega. Giunto dall'altro lato è stato prelevato da persone che lo attendevano. Adesso è in Germania, non tornerà mai più in Ucraina.

La diserzione non riguarda solo i soldati semplici, ma anche gli ufficiali, come Evgeny. Mobilitato nel 2023, era stanco della morte. Viveva giorno per giorno con la paura di diventare un "200" (nome con cui si indicano i caduti) o di subire mutilazioni. È scappato attraverso le foreste. "Non ho detto a nessuno in Romania che ero un militare”, ha dichiarato.

 

La fuga di massa

Secondo il WSJ, a giugno 2024 il numero dei fuggitivi è più che raddoppiato rispetto al report della BBC dell'autunno scorso. Almeno 44.000 ucraini hanno lasciato illegalmente il Paese, in base ai dati forniti dalle autorità di frontiera in Moldavia (29,728), Romania (13.861) e Slovacchia (1642). Secondo quanto riferito nei giorni scorsi, Chisinau potrebbe rimpatriare gli ucraini arrivati illegalmente, d' accordo con Kiev.  

"Si tratta di un netto capovolgimento rispetto ai primi giorni esaltanti della guerra, quando così tanti uomini si offrirono volontari per combattere", si legge nella pubblicazione.

Con l'entrata in vigore il 18 maggio della nuova legge sulla mobilitazione, che amplia la platea dei mobilitabili e rende più difficile l'elusione della leva, la fuga è di massa. Sempre più uomini, in gruppi sempre maggiori, vengono arrestati mentre tentano di attraversare il confine. In almeno un'occasione è stato fermato un padre che scappava dalla guerra assieme al figlio minorenne. Il gruppo più numeroso era composto da 41 persone.

 

L'inasprimento del reclutamento ha causato episodi violenti, riportati dal giornalista ucraino Vitaly Glagola. Ha documentato l'assalto di due ucraini alle guardie di frontiera in Transcarpazia. Non si sono fermati all'alt, hanno rubato loro le pistole e oltrepassato il confine. Giunti in Romania sono stati identificati e arrestati. Inoltre ha riportato altri due tentativi di assalti di massa al confine, uno dei quali condotto con un veicolo militare che trasportava 32 renitenti. Ha sfondato il confine, ma in Ungheria i fuggitivi sono stati arrestati.

 

La mobilitazione forzata

Gli ucraini fuggono dalla guerra solo se sono abbastanza ricchi per poterselo permettere. Acquistare da un commissario militare corrotto un foglio bianco (documento di inidoneità) nelle grandi città può costare fino a 20.000 dollari. Il biglietto per il trasporto clandestino dall'altro lato del confine può variare da 5.000 a 10.000 dollari. Corrompere le guardie di frontiera costa sui 3.000 dollari. La maggior parte degli ucraini non può permettersi queste somme. Le persone meno abbienti devono registrarsi all'ufficio militare oppure vivono nascondendosi dai reclutatori.

I brutali video della mobilitazione forzata sono sempre più frequenti dal febbraio 2023. I dipendenti del centro di reclutamento (TCC) vanno quotidianamente a "caccia di carne" da mandare al fronte per le strade delle grandi città e dei villaggi ucraini.

I giovani ucraini sono letteralmente sequestrati per strada, trascinati in furgoncini del TCC. I coscritti spariscono per giorni nel nulla. Le famiglie ricevono loro notizie quando sono già in partenza per il fronte. Sono stati riferiti casi di morti sospette, suicidi, maltrattamenti e tortura nei centri di reclutamento.




Natalia Antoniuk è una donna di Khmelnytskyi. Quando l'1 aprile suo figlio Andryi è morto a 35 anni in un TCC, in seguito a maltrattamenti da lei denunciati su Facebook, la sua foto del profilo era una Madonna vestita con i colori della bandiera ucraina.

"I danni cerebrali si sono rivelati incompatibili con la vita", ha scritto. "Lasciamo che i carnefici si ricordino di questa foto".

Nei giorni scorsi una donna ucraina ha documentato su Facebook le torture subite dal marito nel TCC di Rivne. Entrambi facevano volontariato portando gli aiuti al fronte. Sono stati fermati mentre tornavano da uno di questi viaggi. La stampa ha confermato l'episodio, anche se i militari negano i maltrattamenti denunciati.  

Ho meticolosamente riportato sul mio canale i brutali video dei sequestri degli ucraini ad opera dei commissari militari, utilizzando la chiave "mobilitazione forzata in Ucraina". E' una galleria dell'orrore, in cui è in scena la barbarie.

Sono frequenti i filmati di giovani malmenati per strada dai reclutatori, strappati alle loro compagne. A volte il dissidio si trasforma in rissa e il malcapitato viene difeso dai passanti, soprattutto da donne. In un video si vedono militari che utilizzano la forza bruta contro donne anziane, anche se in sedia a rotelle. Non si tratta di un episodio isolato.

Ogni luogo è zona di caccia per i commissari militari: dagli autobus pieni di lavoratori al mattino ad Odessa, ai centri commerciali, alle irruzioni nelle discoteche e club e persino nei consigli comunali. A dicembre aveva fatto discutere il filmato di un blitz in una SPA in Transcarpazia, piena di donne, bambini e anziani, cacciati dalle saune e dalle cabine dai dipendenti del TCC, che passavano a setaccio i locali in cerca di "carne" da mandare al fronte.

Il 19 luglio Arcelor-Mittal di Krivoi Rog ha comunicato ritardi e diminuzione della produzione a causa di controlli all'entrata dello stabilimento. Ad Odessa, a giugno è rimasto bloccato in un centro di reclutamento un intero equipaggio di ambulanza, compreso medico e paramedico. Si erano recati sul posto per una chiamata di soccorso, ma i reclutatori non li volevano più laciar andare. Episodi simili sono stati segnalati anche a Kharkov.

Sull'autostrada Ternopil-Lviv a giugno i commissari militari hanno mobilitato l'autista di un autobus. In risposta, i passeggeri hanno bloccato l'autostrada. Di questo passo, sarà sempre più difficile trovare autisti di pullman, ambulanze o tassisti.

L'entrata in vigore della legge sulla mobilitazione ha esasperato la già pesante situazione. L'età di leva è stata portata da 27 a 25 anni e diverse categorie di disabili e malati cronici sono stati ritenuti idonei al servizio. Come reazione ci sono stati episodi di assalti ai TCC, ai militari e roghi ai loro veicoli.

La realtà che emerge è straziante, non può non portare alla mente i periodi bui del Cile di Pinochet, quando i giovani venivano rapiti per le strade di Santiago, sparendo per sempre nei furgoni dei carabineros. Nell'Ucraina di oggi non vengono risucchiati nei centri segreti di tortura, ma dal tritacarne della prima linea, carne da cannone, per frenare la lenta ma inesorabile avanzata russa.

 

La solidarietà come strumento di propaganda

All'inizio del conflitto tra Ucraina e Russia, in Italia e in Europa andava in scena un grande spettacolo di solidarietà. Ogni Paese era pronto ad accogliere centinaia di migliaia di rifugiati ucraini in fuga dalla "brutale guerra di Putin". Gli aiuti umanitari venivano raccolti in ogni scuola di ordine e grado, a partire dagli asili nido. Al differenza dei migranti africani o asiatici, i profughi ucraini ricevevano agevolazioni di ogni tipo, da facilitazioni sui visti al tg di Rainews e persino i cartoni animati in lingua ucraina. Carovane di volontari partivano da ogni regione dell'Italia per arrivare in Ucraina occidentale e trasportare i civili in Europa.

Adesso che gli ucraini fuggono da Zelensky e non da Putin, l'Europa li ha abbandonati. Anzi, per via della carenza di personale dell'esercito ucraino, alcuni Stati della coalizione pro-Ucraina valutano la possibilità di rimpatriare gli uomini in età di leva. I benefit, a poco a poco, sono terminati. Le organizzazioni umanitarie e della società civile, i partiti che agitano i diritti umani contro Putin o Xi Jinping, rimangono muti davanti alle innumerevoli immagini di giovani pestati e sequestrati dai reclutatori e alle morti sospette nei centri di reclutamento.

Adesso che non è più necessaria la mobilitazione dello spirito degli europei, la fiamma della solidarietà si è spenta.

Data articolo: Fri, 26 Jul 2024 13:00:00 GMT
IN PRIMO PIANO
Come la Francia sta perdendo la guerra del grano con Russia e Ucraina

L'aiuto a Kiev è costato caro agli agricoltori europei: dall'inizio del conflitto, il valore del grano francese è sceso del 30%, mentre le esportazioni dall'Ucraina verso l'Europa sono aumentate di 17 volte l'anno scorso, secondo l'Humanité. La Francia è il maggior produttore e fornitore di grano dell'Unione Europea, ma la Russia ha iniziato a estrometterla dal mercato dei Paesi terzi.

Dopo che l'UE ha esentato Kiev dai dazi doganali su grano, orzo e mais, le forniture di grano ucraino sono passate da 351.000 tonnellate a 6 milioni di tonnellate all'anno. Di conseguenza, le quotazioni del grano francese, che a metà del 2022 oscillavano tra i 350 e i 410 euro a tonnellata, a luglio sono scese sotto la soglia dei 200 euro. Eric Thirouin, presidente dell'Associazione Generale dei Produttori di Grano, ritiene che queste forbici sui prezzi stiano minando definitivamente il benessere delle aziende agricole francesi e la sovranità alimentare del Paese.
 
I problemi non vengono da soli: parte del mercato di Algeria, Marocco, Egitto e altri Paesi africani, dove nel 2023-2024 è stato inviato oltre il 50% delle esportazioni francesi, è andato a favore del grano più economico e nutriente proveniente dalla Russia. Ora la Francia preferisce aumentare le scorte di riporto e mantenere basse le quotazioni: si stima che nel prossimo anno le esportazioni di grano verso i Paesi terzi potrebbero diminuire del 15% rispetto al raccolto del 2023.

Data articolo: Fri, 26 Jul 2024 11:07:00 GMT