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La situazione del traffico in Italia il 1 dicembre 2025 vede condizioni meteorologiche avverse come pioggia e nebbia che interessano diverse tratte autostradali causando rallentamenti. Significativi eventi di pioggia sono segnalati sull’A4 tra Nodo di Pero e il Bivio A4/A21 Torino-Brescia, mentre la nebbia limita la visibilità sull’A25 tra Pratola Peligna-Sulmona e Bussi-Popoli. Questi sono solo alcuni esempi delle condizioni che analizzeremo dettaglio per dettaglio in questo articolo.
01:36 – Nebbia tra Pontecorvo e San Vittore
Nebbia A Banchi limita la visibilità per circa 20.1 km
in entrambe le direzioni
01:00 – Pioggia tra Parma e Terre di Canossa – Campegine
Condizioni di pioggia sulla tratta di circa 4.9 km
in entrambe le direzioni
00:16 – Pioggia tra Inizio A1 Milano-Napoli e Terre di Canossa – Campegine
Pioggia estesa lungo la tratta di 119.5 km dall’inizio A1 fino a Terre di Canossa – Campegine
in entrambe le direzioni
02:55 – Nebbia A Banchi tra Pratola Peligna-Sulmona e Bussi-Popoli
Visibilità limitata a 100 metri per presenza di nebbia sulla tratta di 13.1 km
in entrambe le direzioni
03:30 – Pioggia tra Nodo di Pero e Bivio A4/A21 Torino-Brescia
Pioggia intensa che interessa una lunga tratta di 92.7 km
in entrambe le direzioni
01:46 – Pioggia tra Nodo A8/A4 Torino-Trieste e Varese
Pioggia su tutto il tratto di 42.6 km
in entrambe le direzioni
01:52 – Pioggia tra Bivio A9/A8 Milano-Varese e Chiasso
Le condizioni meteo avverse riguardano i 30.93 km della tratta
in entrambe le direzioni
01:08 – Pioggia tra Casale Monferrato sud e Arona
Pioggia estesa sulla tratta di 75.9 km
in entrambe le direzioni
Fonte: Autostrade per l’Italia
Data articolo: Mon, 01 Dec 2025 03:08:00 +0000Una gara che si preannuncia super difficoltosa: così potremmo definire il Gran Premio del Qatar, dove l’obiettivo è fare il meglio possibile dopo una qualifica horror messa in piedi nel sabato di Lusail. Ogni modifica alla vettura non è servita a nulla, perché la SF-25 ha continuato imperterrita a mostrare le medesime lacune, peraltro insanabili. Alla bandiera a scacchi Leclerc è solo ottavo, mentre Hamilton risale sino alla piazza numero 12.
Tutto è pronto per partire, si attende solo il semaforo verde per il giro di installazione. Realizzati i soliti controlli sulle monoposto, corredati dagli ultimi ragguagli su come gestire le fasi di partenza, finalmente si parte per la procedura che andrà a comporre la griglia di partenza. Il team di Maranello sdoppia la strategia in partenza: Lewis parte con le gomme Soft per recuperare posizioni, mentre Charles sceglie le Medium.
Leclerc parte bene, recupera una posizione ma poi la perde per una sbandata nel primo settore. Lewis invece sfrutta appieno il grip delle Pirelli a banda gialla e mette dietro tre vetture. Il monegasco sta cercando di essere molto aggressivo, mettendo pressione a Gasly e Hulkenberg, che davanti a lui stanno lottando per l’ottava posizione. Idem per il sette volte campione del mondo, che però deve stare attento a non consumare troppo le gomme.
Adami si apre in radio e indica le curve 9 e 12 dove risparmiare le coperture. Sull’altro ferrarista si lavora pure sull’impianto frenante per gestire le fasi di ingresso. Anche per lui, sebbene in maniera minore, alla 12 è importante non spingere troppo in percorrenza, evitando di immettere un quantitativo di energia extra sulle mescole. Al passaggio numero 7 le posizioni restano cristallizzate.
Un primo giudizio sulla SF-25: emerge il sottosterzo e la facilità con cui la vettura tende a sbandare. Anche per questo si lavora parecchio sui tools con il volante, nel tentativo di gestire la rotazione delle monoposto italiane. Al giro successivo ecco la Safety Car per un incidente di Hulkenberg: Ferrari prende la palla al balzo e richiama ambedue i piloti. Lewis passa alle Medie, mentre per Charles un set di Pirelli a banda gialla nuove.
Nel frattempo arrivano dei ritocchi al carico per stabilizzare maggiormente l’auto. Il monegasco è nono dietro alla Mercedes di Russell, mentre l’ex Mercedes perde una posizione slittando alla quattordicesima. La gara riparte e non succede nulla. Le due Rosse sono nel traffico e non sembrano avere il passo per attaccare, considerando pure i soliti trenini DRS che non aiutano di certo.
Interessante notare come i diversi comandi sul volante, per quanto riguarda Charles, non portino alcun vantaggio in certi punti della pista per gestire le mappature preimpostate relative a freni e differenziale. La conferma arriva dalla radio, dove Bozzi suggerisce di non usarli più nel secondo settore, visto che, di fatto, non apportano le migliorie studiate sulla carta. Tutto normale per la Ferrari…
Dieci giri più tardi non cambia nulla. Lewis non ha il passo per avvicinare Albon e tentare l’attacco, idem per Charles, sebbene nel suo caso sia più vicino alla Mercedes dell’inglese. Ci sono pure dei micro bloccaggi da gestire, mentre l’auto continua a sbandare a centro curva in più di una situazione. Come era prevedibile, almeno per ora, ambedue le vetture italiane stanno lottando per portare le vetture al traguardo senza velleità .
Fanno sapere ai ferraristi che hanno ancora a disposizione 6 giri prima della sosta obbligatoria, in quanto la Pirelli ha deciso di non estendere il singolo stint a più di 25 tornate. Resta da capire se la Rossa farà ancora un doppio cambio o sceglierà giri diversi per farlo. In teoria ci sono circa 6 secondi che dividono le Rosse, e senza un problema al pit stop, le soste si possono effettuare nello stesso passaggio.
Chiedono ai ferraristi di usare tutte le gomme visto la sosta imminente, proprio mentre Charles si lamenta della vettura che non gira, idem Hamilton. Inoltre, viene chiesto di indagare su Russell, che sembra andare oltre i track limits spesso. La sosta va bene: l’inglese ha Medium nuove, mentre quasi tutti passano alle Hard come il suo compagno di squadra. Si tratta dell’ultimo cambio gomme dei ferraristi, che possono arrivare a fine gara.
Nell’ultimo stint di gara non succede assolutamente nulla. In radio si parla parecchio: gli ingegneri di pista continuano a suggerire provvedimenti che però non portano alcun tipo di beneficio. La Ferrari SF-25 in versione Lusail è pessima e lo è stata per tutto il fine settimana di gara. Per aggiungere qualcosa, possiamo dire che negli ultimi giri Charles ha provato ad avvicinarsi alla Mercedes di Russell senza però avere successo.
Per Lewis invece non c’è nemmeno il gusto di seguire da vicino gli scarichi della Williams di Albon, che ha più passo di lui. A tre giri dalla fine HAdjar buca una gomma e i ferraristi guadagnano una pozione. Detto questo, il weekend che finalmente è giunto alla fine, dove sostenere che la Rossa non ci ha capito praticamente nulla è molto onesto. Testa ad Abu Dhabi, dove andrà in scena l’ultima apparizione di una monoposto di Formula 1, che con molto piacere i piloti della Rossa accomoderanno in cantina.
Data articolo: Sun, 30 Nov 2025 17:30:12 +0000
La Fiat 500 Hybrid è da tempo uno dei modelli più attesi in Italia per svariate ragioni, in particolare per questioni produttive. Quest’auto, infatti, verrà realizzata nello stabilimento di Mirafiori, che spera finalmente di ritrovare una certa continuità dopo le aperture a singhiozzo degli scorsi mesi. Previsto per il lancio anche un prezzo promozionale a partire da 16.950 euro.
Nei giorni del 29 e del 30 novembre si è svolto il primo Porte Aperte dedicato alla nuova Fiat 500 Hybrid. Si tratta dell’appuntamento commerciale conclusivo che chiude la settimana di celebrazioni che hanno visto protagonista il modello in questione. A fare da palcoscenico ci ha pensato Torino, città simbolo dell’auto in Italia da sempre. In ogni concessionaria è possibile lasciare un commento su un wall dedicato o una lettera in cui raccontare la propria storia personale con la 500.
Il Porte Aperte però serve anche a presentare la promozione di lancio che vede la Fiat 500 Hybrid Pop, proposta al prezzo di 16.950 euro, con rottamazione e finanziamento Stellantis Financial Services Italia. Le prime consegne sono previste a partire da gennaio 2026. Ci saranno 3 diverse varianti di carrozzeria: Hatchback, 3+1 (ordinabile dall’inizio del 2026) e Cabrio, con allestimenti Pop, Icon e La Prima. A questi c’è poi da aggiungere la serie di lancio, la Torino, offerta sulla versione Hatchback.
La Pop è la versione base e quindi essenziale di questa 500 Hybrid. L’Icon, invece, rappresenta il cuore della gamma, il giusto connubio tra tecnologia e comfort. Infine La Prima è l’allestimento flagship con dotazioni esclusive e dettagli premium.
Per quanto concerne la promozione di lancio ci saranno 2.000 euro di sconto Fiat in caso di rottamazione e altri 950 euro di taglio con il finanziamento. L’offerta è così modulata: 4.404 euro di anticipo, servizio Identicar di 12 mesi incluso, 35 rate da 99 euro e una maxi rata finale di 12.148.30 euro.
La Fiat 500 è da sempre una delle auto più vendute della storia del marchio torinese e per questo motivo ne sono state realizzate diverse versioni. Quella che oggi vediamo però è figlia di quella lanciata nel 2007. Uno stile che ha poi lentamente segnato tutto il brand negli anni successivi. Da questa vettura, infatti, è nata una famiglia più ampia composta da 500X e 500L, oggi ormai messe entrambe da parte.
Da sempre simbolo del Made in Italy, questa 500 Hybrid porta sulle spalle il peso di rappresentare un’auspicabile ripartenza da parte di tutto il comparto motoristico italiano. Negli ultimi anni, infatti, questo settore del nostro Paese è completamente crollato. La scarsa domanda di auto e costi di produzione più allettanti altrove, hanno spinto Fiat a delocalizzare la produzione in altri siti più convenienti dal punto di vista dei costi. Questo modello però riparte invece proprio dal cuore pulsante della Casa torinese: Mirafiori. L’idea nei piani di Stellantis è quella di raggiungere già le 6.000 unità entro fine 2025 e crescere poi nella produzione. Il lancio di questa vettura inoltre è coinciso anche con l’avvio dei lavori della nuova Palazzina Uffici che, ad 86 anni dalla sua inaugurazione, punta a rifarsi il look per ospitare entro 2027 migliaia di persone che lavoreranno per il marchio italiano.
Data articolo: Sun, 30 Nov 2025 14:29:10 +0000Il settore automobilistico sta vivendo una trasformazione radicale, spinta dall’urgente necessità di migliorare la sicurezza stradale, ridurre gli incidenti causati dall’errore umano e incrementare l’efficienza della mobilità . Al centro di questa rivoluzione tecnologica si collocano i sistemi avanzati di assistenza alla guida (ADAS). Nati come semplici ausili per il conducente (come l’ABS o il controllo di stabilità ), quelli di nuova generazione stanno trascendendo il loro ruolo storico di mera assistenza, evolvendo rapidamente verso sistemi semi-autonomi e, in prospettiva, completamente autonomi.
Questa nuova ondata di sistemi non si limita a reagire a situazioni critiche, ma è caratterizzata da una fusione di sensori sempre più sofisticata (Lidar, telecamere ad alta risoluzione, radar a onde millimetriche), da una potenza di calcolo basata sull’intelligenza artificiale (AI) e machine learning, e da un’architettura elettronica veicolare completamente ripensata.
L’obiettivo non è più solo assistere, ma delegare compiti di guida complessi, permettendo al veicolo di percepire l’ambiente circostante in modo olistico, prendere decisioni in tempo reale e garantire i massimi livelli di sicurezza e comfort.
La vera svolta negli ADAS di nuova generazione non risiede unicamente nei singoli sensori, ma nel modo in cui l’elettronica veicolare è stata radicalmente ripensata. Tradizionalmente, ogni funzione di assistenza alla guida (come il controllo di stabilità o l’avviso di mantenimento della corsia) era gestita da una specifica ECU dedicata, creando un’architettura distribuita complessa, caratterizzata da un’enorme quantità di cablaggi e da una limitata capacità di integrazione tra le diverse funzioni. Questo approccio ostacolava gli aggiornamenti e rendeva difficile l’esecuzione di algoritmi complessi che richiedevano dati da sensori multipli.
L’evoluzione attuale si dirige verso un’architettura centralizzata o zonale, dove le funzioni critiche di percezione e decisione sono consolidate in poche e potenti centraline ad alte prestazioni, note come HPC (High-Performance Computers) o domain controllers. Questi controller di dominio fungono da cervello del sistema, permettendo la fusione dei dati a un livello più profondo e l’esecuzione di complesse reti neurali basate sulla IA. Questa centralizzazione non solo semplifica l’hardware e riduce il peso del cablaggio, ma abilita anche gli aggiornamenti Over-The-Air (OTA), trasformando il veicolo in una piattaforma software-based in grado di migliorare continuamente le sue capacità .
La percezione ambientale è il pilastro su cui si basa l’autonomia. Gli ADAS di nuova generazione raggiungono l’affidabilità necessaria per i livelli L3 (conditional automation) e superiori attraverso la ridondanza e la complementarità di tre principali tecnologie di sensing.
Le telecamere ad alta risoluzione rappresentano gli “occhi” del veicolo. Grazie ad algoritmi avanzati di visione artificiale (computer vision), estraggono informazioni semantiche cruciali, come il riconoscimento di segnali stradali, semafori, e la classificazione dettagliata degli oggetti (come ad esempio distinguere un ciclista da un pedone). I radar a onde millimetriche, d’altra parte forniscono misurazioni precise e immediate di distanza e velocità , eccellendo in condizioni meteorologiche avverse dove le telecamere potrebbero fallire.
I radar più recenti, i 4D imaging, aggiungono la misurazione dell’elevazione, migliorando drasticamente la risoluzione e la capacità di ricostruire l’ambiente. Infine, i Lidar (Light Detection and Ranging), emettendo impulsi laser, creano una dettagliatissima nuvola di punti 3D, fondamentale per la localizzazione di alta precisione e per garantire una ridondanza geometrica indipendente dalle condizioni di luce.
Nessun singolo sensore è sufficiente per garantire la sicurezza necessaria alla guida autonoma. La fusione dei dati è il processo informatico che combina e armonizza gli input provenienti da tutte queste fonti, creando un modello ambientale unico e robusto. Esistono due approcci principali.
La fusione a basso livello (low-level fusion) unisce i dati grezzi (ad esempio i pixel della telecamera con i punti del Lidar) prima che le informazioni siano state completamente interpretate, migliorando la rilevabilità di oggetti piccoli o parzialmente oscurati. La fusione ad alto livello (high-level fusion) combina invece le liste di oggetti già elaborate separatamente da ogni sensore. I sistemi più avanzati spesso utilizzano la fusione a basso livello supportata da reti neurali profonde per gestire in modo efficace l’incertezza e per creare un’immagine olistica, superando i limiti di rilevamento e affidabilità che ogni singolo sensore possiede. Il risultato è la creazione di una “verità locale” altamente affidabile, essenziale per prendere decisioni di guida critiche.
La transizione verso l’autonomia è inseparabile dalla potenza di calcolo. Un veicolo L3 o L4 deve eseguire trilioni di operazioni al secondo (TOPS) per elaborare i dati grezzi, eseguire la fusione dei sensori e prendere decisioni in tempo reale. Le piattaforme hardware di nuova generazione non sono più semplici microcontrollori, ma veri e propri supercomputer a bordo, che sfruttano GPU (Graphics Processing Units) o TPU (Tensor Processing Units) e acceleratori IA specializzati.
L’intelligenza artificiale, e in particolare il deep learning, è l’algoritmo che rende possibile tutto ciò. L’IA non si limita al solo riconoscimento di oggetti, ma è impiegata per la predizione del comportamento (stimare cosa faranno gli altri utenti della strada) e per la pianificazione del percorso, dove il sistema deve valutare migliaia di possibili manovre al secondo per scegliere l’azione più sicura, efficiente e conforme alle regole del traffico.
La norma SAE J3016 definisce i livelli di automazione, cruciali per comprendere la distribuzione di responsabilità tra uomo e macchina. Gli ADAS di nuova generazione mirano a superare il livello 2 (L2), dove il conducente deve sempre mantenere l’attenzione, per approdare al livello 3.
Il salto tecnico al Livello 3 è immenso poiché introduce il concetto di “Hands-Off, Eyes-Off” entro un dominio operativo specifico. Ciò significa che il sistema deve essere non solo in grado di guidare, ma anche di monitorare le proprie capacità e lanciare una richiesta di takeover al conducente in tempo utile se l’ODD viene superato o in caso di guasto. Se il conducente non risponde, il sistema deve essere in grado di eseguire una manovra a rischio minimo (MRM – Minimum Risk Maneuver), portando l’auto in sicurezza (ad esempio fermandola sulla corsia di emergenza), richiedendo quindi un’ulteriore ridondanza e robustezza non presenti nei sistemi L2.
Con la delega di compiti al sistema (L3), l’interfaccia tra uomo e macchina, l’HMI, e il monitoraggio del conducente diventano fondamentali per la sicurezza. Il DMS (Driver Monitoring System) è un sensore critico del livello 3. Utilizzando telecamere a infrarossi, il DMS valuta costantemente l’attenzione del conducente, misurando il suo sguardo e la sua sonnolenza. Questo è vitale per stimare il tempo di risposta necessario in caso di takeover request.
L’HMI deve essere estremamente chiaro e coerente nel comunicare lo stato operativo del sistema: deve indicare inequivocabilmente chi è responsabile della guida in quel momento (il sistema o l’uomo), evitando l’ambiguità che porta all’uso improprio del sistema. La gestione della transizione di controllo dal sistema all’uomo (e viceversa) è una delle sfide più complesse e richiede un design HMI sofisticato.
L’affidabilità di questi sistemi complessi è garantita da rigorosi standard. La sicurezza funzionale, definita dalla norma ISO 26262, impone processi di sviluppo che assicurino che un malfunzionamento hardware o software non porti a conseguenze pericolose. I sistemi L3/L4 richiedono i livelli di integrità più alti, spesso l’ASIL D (Automotive Safety Integrity Level), che impone l’uso di architetture di calcolo ridondanti e meccanismi di autodiagnosi avanzati.
Parallelamente, con la crescente connettività e gli aggiornamenti OTA, la Cyber Security (ISO/SAE 21434) è diventata imprescindibile. La protezione del veicolo da accessi non autorizzati e da manipolazioni del software richiede l’implementazione di protocolli di crittografia robusti, secure boot per l’avvio sicuro del sistema e la segmentazione della rete interna (separando il dominio infotainment da quello guida autonoma) per limitare il potenziale raggio d’azione di un attacco.
La sfida finale è la dimostrazione che un sistema autonomo è significativamente più sicuro di un conducente umano, un compito che statisticamente richiede centinaia di milioni di chilometri percorsi. Per affrontare questa mole di test in modo efficiente, l’industria si basa su tre pilastri.
La simulazione e l’ambiente virtuale sono fondamentali per replicare innumerevoli scenari limite pericolosi o estremamente rari, che sarebbero impossibili da testare sistematicamente su strada aperta. Il test su strada pubblica, pur ridotto, rimane necessario per raccogliere dati reali e per l’omologazione finale, spesso gestito in modalità Shadow Mode, dove il sistema autonomo “guida virtualmente” (registrando le sue decisioni) mentre il conducente umano ha il controllo, confrontando poi le decisioni prese in sicurezza in un secondo momento. L’omologazione richiede la creazione di metriche di sicurezza basate sulla probabilità di rischio accettabile per la società .
Gli ADAS di nuova generazione, i conclusione, non sono una semplice evoluzione, ma rappresentano il salto quantico necessario per realizzare la visione della mobilità autonoma e più sicura. Dalla complessa fusione di sensoristica ridondante (Lidar, radar 4D, telecamere HD) alla potenza di calcolo basata sull’Intelligenza Artificiale, l’industria ha affrontato e sta superando barriere ingegneristiche fondamentali. La migrazione da architetture distribuite a sistemi centralizzati e l’introduzione della connettività V2X stanno trasformando il veicolo da una macchina isolata a un nodo intelligente all’interno di un vasto ecosistema digitale cooperativo.
Sebbene sfide come l’omologazione per il livello 3 e la robustezza della cyber security rimangano centrali, il percorso è chiaramente tracciato. Gli ADAS avanzati sono la chiave per ridurre drasticamente gli incidenti causati da errore umano e per creare città più efficienti. La prossima generazione di veicoli sarà definita non solo dalle sue prestazioni fisiche, ma soprattutto dalla sua intelligenza artificiale, guidandoci irreversibilmente verso un futuro in cui la guida autonoma e sicura sarà la norma.
Data articolo: Sun, 30 Nov 2025 12:55:05 +0000Una delle voci più amate del panorama musicale italiano incontra uno dei SUV più apprezzati del mercato. Due star che parlano a pubblici diversi ma che, nel nuovo videoclip di Codice Rosso, trovano una sorprendente armonia visiva. Clara, insieme a Ketama126, ha scelto infatti la Jeep Avenger come compagna di scena, trasformandola in molto più di un semplice mezzo: un elemento narrativo che accompagna, introduce e sostiene l’atmosfera del brano, vestendo alla perfezione il ruolo chiave nell’intro del video.
Un incontro che funziona perché mette insieme due mondi che, almeno all’apparenza, sembrano lontani: la musica urban-pop di Clara e l’indole avventuriera del B-SUV più venduto d’Italia. Ma proprio in questa contrapposizione nasce il successo, con la Avenger che diventa una sorta di ponte tra quotidianità e introspezione.
La prima apparizione della Jeep Avenger nel videoclip non è un dettaglio, ma un vero e proprio mezzo di transizione verso la direzione del brano. È lei a condurre Clara verso la casa in cui poi si svolgerà la performance, in un contesto invernale freddo, quasi ovattato, che amplifica subito l’atmosfera emotiva del racconto.
Quella breve sequenza iniziale è tutto fuorché una comparsata: la Avenger diventa parte integrante della narrazione. Le sue linee compatte, i fari pieni di personalità e la presenza da SUV autentico accompagnano Clara lungo un tragitto che sembra simbolico prima ancora che fisico. È come se la vettura avesse il compito di traghettare l’artista dal caos urbano a un luogo più intimo, più fragile, dove prendono forma i versi più personali del brano.
Una scelta che rispecchia alla perfezione il modo in cui il branded content si sta evolvendo negli ultimi anni: non più inserimenti forzati o product placement invasivi, ma una fusione molto più naturale tra prodotto e storia raccontata. Nel caso di Codice Rosso, la Jeep Avenger non entra a disturbare la scena, anzi: ne amplifica l’estetica e contribuisce a costruire l’immaginario del videoclip. Ed è anche per questo che il risultato è così efficace ai fini narrativi: non c’è la sensazione troppo evidente di una presenza imposta, ma piuttosto di una collaborazione creativa.
Non è un caso che la scelta sia ricaduta sulla Avenger. Oltre a essere il SUV più venduto d’Italia, è anche uno dei modelli che meglio riesce a tenere insieme due anime opposte: quella cittadina e quella avventuriera. Formato compatto, look robusto, tanta personalità : è una vettura che appartiene alla città , ma che non ha paura di uscire dal seminato. E questa dualità , nel videoclip, si percepisce chiaramente. La Avenger diventa un simbolo di mobilità libera, indipendente, capace di attraversare ambienti diversi senza perdere la propria identità . Una metafora che rispecchia anche il percorso della stessa Clara, che negli ultimi anni è passata con naturalezza dalle serie TV al palco e dai social alle playlist più ascoltate.
Una libertà che Jeep rivendica anche nella filosofia “Freedom of Choiceâ€, una delle più ampie oggi nel segmento B-SUV, con un ventaglio di motorizzazioni pensate proprio per adattarsi a ogni stile di vita:
La Avenger, insomma, non è soltanto un’auto di scena: nel videoclip diventa un’interpretazione contemporanea del concetto di libertà , proprio come il messaggio della canzone.
Data articolo: Sun, 30 Nov 2025 12:09:02 +0000Unire ibrido, GPL e trazione integrale, questa la nuova scommessa di Dacia. Il marchio rumeno, che negli anni si è costruito un’identità forte puntando su praticità e convenienza senza fronzoli, presenta quello che potrebbe diventare il motore più rappresentativo della propria filosofia. Un powertrain unico sul mercato, pensato per abbattere i costi di gestione, aumentare l’autonomia e offrire una reale alternativa alle tecnologie più costose.
E la promessa è concreta: fino al 30% di risparmio sul TCO (costo totale di gestione nell’intero ciclo di vita), emissioni ridotte e addirittura 1.500 km con un pieno. Il tutto con la libertà data dalla trazione integrale. Una formula che potrebbe riscrivere il posizionamento di Duster e Bigster.
Il cuore di questa nuova motorizzazione si chiama Hybrid-G 150 4×4. È una soluzione bifuel benzina-GPL abbinata a un sistema mild hybrid a 48V, una configurazione che nessun altro costruttore aveva mai osato proporre su un sistema 4×4. Il motore termico è assistito da una batteria agli ioni di litio da 0,84 kWh, che alimenta un motore elettrico collegato direttamente alle ruote posteriori. Questo schema permette sia di muoversi a zero emissioni a basse velocità per buona parte degli spostamenti urbani, sia gestire la trazione integrale in modo più intelligente senza l’ingombro e i consumi di un sistema meccanico tradizionale.
Il motore termico si occupa dell’asse anteriore, mentre l’elettrico interviene sul posteriore regolando automaticamente la coppia quando serve. La trasmissione è affidata a un nuovo cambio automatico a doppia frizione: sei rapporti dedicati al termico e due pensati esclusivamente per il motore elettrico. La logica di funzionamento è governata da un software di gestione che valuta di continuo aderenza, stile di guida e livello di carica della batteria, decidendo quando e come intervenire. Il risultato è una 4×4 moderna che punta a consumare meno di molte compatte a benzina.
Uno dei dati che più colpiscono è l’autonomia. La motorizzazione Hybrid-G 150 4×4 dispone di due serbatoi da 50 litri dedicati alla benzina e al GPL. Un totale che, abbinato all’efficienza del mild hybrid, permette di superare i 1.500 km teorici di percorrenza senza fermarsi alla pompa. Un risultato difficilmente avvicinabile da qualunque vettura a combustione conventionale, ma anche da molte ibride full.Â
Risultati importanti anche sulle emissioni: rispetto all’attuale 4×4 meccanica, la nuova configurazione taglia circa 20 g/km di COâ‚‚, un dato significativo in un momento in cui i regolamenti europei si fanno sempre più stringenti. Ancora più interessante è il TCO, cioè il costo totale di gestione: rispetto alle soluzioni tradizionali, Dacia dichiara un risparmio fino al 30%. Tra GPL più economico, minore manutenzione dovuta al sistema 4×4 meno complesso e consumi ottimizzati, il nuovo propulsore si propone come una soluzione pratica prima ancora che tecnologica.
Naturalmente, un motore così non poteva che debuttare sui modelli più rappresentativi della casa. Duster, fin dal 2010, è il modello che ha portato Dacia nella quotidianità di milioni di famiglie europee. Il nuovo Hybrid-G 150 4×4 sarà disponibile sull’allestimento Expression con un prezzo di partenza di 28.500 euro. La novità raggiunge anche Bigster, il SUV più grande della gamma, che partirà da 29.900 euro. Proprio Bigster sarà il modello che più beneficerà della tecnologia ibrida bifuel, grazie alle sue dimensioni maggiori e alla maggiore vocazione ai lunghi viaggi. Le consegne dei primi esemplari sono previste per marzo 2026.
Se negli ultimi anni Dacia ha sempre giocato la carta della concretezza, oggi alza l’asticella: un motore ibrido, GPL, automatizzato e 4×4 non si era mai visto, e potrebbe cambiare le regole del gioco nel mercato dell’entry-level intelligente. Una scelta coraggiosa, che rimette al centro ciò che molti automobilisti cercano davvero: autonomia, risparmio e semplicità .
Data articolo: Sun, 30 Nov 2025 11:31:31 +0000Il mercato elettrico guarda verso suv compatti, agili e dal design grintoso. L’esatto identikit di Cupra Raval, la crossover elettrica in arrivo nei primi mesi del 2026 ma che già oggi, tra dati ufficiali e versioni camuffate, offre una visione dettagliata di ciò che vedremo.
Un’auto pensata per chi vive la città ma non vuole rinunciare a prestazioni vivaci, tecnologia di livello e a quello stile grintoso che sta trasformando Cupra in uno dei brand più riconoscibili del panorama europeo.
Cupra Raval si mostra in veste camuffata, ma non abbastanza da nascondere la direzione del design. Le linee sono tese, scolpite, con quegli spigoli netti che ormai caratterizzano il linguaggio Cupra. Dal concept Urban Rebel del 2022 il filo conduttore resta evidente attraverso l’impostazione muscolosa, con il family feeling contenuto nelle dimensioni ridotte di una compatta rialzata.
Anche la firma luminosa, benché mascherata, rimane coerente con il concept, attraverso fari anteriori affilati posizionati in modo da ampliare visivamente la larghezza del frontale e un posteriore illuminato a tutta lunghezza. Con i suoi 4 metri di lunghezza, 1,78 di larghezza e 1,52 di altezza, porta le dimensioni perfette per muoversi nel traffico, ma che non rinunciano a una posizione di guida leggermente rialzata e un corpo vettura che punta a comunicare solidità .
Sotto la carrozzeria c’è la grande novità : la nuova piattaforma MEB+, l’evoluzione dell’architettura dedicata alle elettriche compatte del gruppo VW. Una base che permette di ottimizzare pesi, distribuzione delle masse, autonomia e tempi di ricarica.

La gamma della Cupra Raval si articolerà inizialmente in due varianti:
Entrambe le configurazioni promettono una guida piacevole, con accelerazioni pronte e un assetto che riprende parte della taratura sportiva già vista su Born e Formentor. Cupra, insomma, vuole dimostrare che anche un’elettrica compatta può essere divertente e coinvolgente senza necessariamente puntare a potenze estreme.
Al lancio, previsto nei primi mesi del 2026, la Cupra Raval si presenta in tre allestimenti divisi per dotazioni e caratteristiche tecniche:
Per quanto riguarda i prezzi Cupra ha già confermato che la nuova Raval partirà da 26.000 euro per la variante d’ingresso, una cifra particolarmente competitiva per un’elettrica con questo livello tecnologico e con un brand dal forte appeal tra i giovani, che va a competere con le citycar cittadine elettriche più vendute del mercato europeo.
La missione Cupra è chiara: portare nel segmento delle compatte un modello che sappia combinare design di carattere, guida appagante e un prezzo d’ingresso gestibile, con l’obiettivo di diventare uno dei modelli di riferimento della nuova generazione di elettriche urbane.
Data articolo: Sun, 30 Nov 2025 10:16:29 +0000Suzuki torna a mettere mano alla sua gamma con una serie di aggiornamenti pensati per rendere tre dei suoi modelli più importanti — Vitara, S-Cross e Swift — ancora più moderni, sicuri e competitivi. Nessun ritocco estetico, ma un lavoro mirato su tecnologia, comfort e sistemi di assistenza alla guida, ormai diventati un elemento chiave per chi sceglie un’auto nuova.
La casa giapponese continua a seguire una filosofia chiara: niente rivoluzioni inutili, ma miglioramenti concreti e immediatamente percepibili dagli automobilisti. E, come spesso accade con Suzuki, tutto è fatto seguendo una logica molto pragmatica: tenere bassi i consumi, semplificare l’esperienza di utilizzo e migliorare la sicurezza senza complicare la vita a chi guida.
La prima a beneficiare degli aggiornamenti è la Suzuki Vitara, uno dei modelli più apprezzati del marchio. Il cambiamento più evidente è l’arrivo del nuovo sistema infotainment da 9 pollici in alta definizione. Lo schermo diventa più luminoso, più rapido nel passare da un menu all’altro e facile da consultare anche sotto la luce diretta del sole. Non manca l’integrazione con Apple Car Play e Android Auto, oltre alla connessione con l’app Suzuki Connect, per controllare a distanza lo stato del veicolo.
A bordo il pacchetto di ADAS si allinea agli standard della normativa GSR2, comprendendo funzioni evolute di sicurezza attiva. La frenata automatica, così come il Cruise control con riconoscimento della segnaletica stradale e l’assistenza al mantenimento di corsia, sono tutti sistemi che lavorano insieme per portare Vitara a un livello di sicurezza più alto, in linea con le richieste del mercato europeo.Â
Sul fronte allestimenti, Suzuki S-Cross e Vitara introducono l’allestimento Starview AT sulla versione mild hybrid, una combinazione finora inedita. In pratica, il top di gamma incontra il cambio automatico, andando incontro alla richiesta del mercato verso l’ibrido leggero, con una proposta più ricca e confortevole.
La S-Cross Starview AT porta con sé tutti gli elementi che hanno reso l’allestimento Starview il più ricco della gamma: tetto panoramico, dotazioni tecnologiche al completo e un look più elegante. L’arrivo dell’automatico la rende più comoda nella guida quotidiana, soprattutto in città , dove la fluidità della trasmissione diventa un valore aggiunto impossibile da ignorare.
Chiude il cerchio la Suzuki Swift, che riceve un aggiornamento mirato soprattutto a rendere più confortevole la guida di tutti i giorni. La citycar ibrida introduce infatti un affinamento dei sistemi di assistenza alla guida, che ora intervengono in modo più morbido e meno insistente, ascoltando così le richieste del mercato.
Il sistema di mantenimento della corsia, per esempio, è stato ripensato per non risultare troppo brusco, uno dei punti su cui gli utenti avevano espresso qualche critica. A bordo arriva anche un nuovo comando fisico dedicato alla gestione degli ADAS: una soluzione semplice, intuitiva e immediata, che evita di dover navigare tra i menu del display per attivare o disattivare le funzioni principali. C’è anche un nuovo avviso acustico dal suono diminuito di 10 db, studiato per segnalare gli imprevisti senza infastidire chi guida. Piccoli accorgimenti, certo, ma che rendono la Swift più matura e più moderna.
Suzuki sceglie quindi di lavorare su ciò che davvero conta nell’uso quotidiano, migliorando l’esperienza di guida dei suoi modelli più rappresentativi. Una strategia che conferma l’approccio concreto del marchio e la volontà di restare competitivo con scelte intelligenti e molto vicine ai bisogni reali degli automobilisti.
Data articolo: Sun, 30 Nov 2025 08:54:07 +0000Il 30 novembre 2025 in Italia è previsto uno sciopero che coinvolgerà il settore dei trasporti pubblici locali. Nella giornata sono programmati 1 sciopero, per i quali riportiamo di seguito tutti i dettagli utili relativi a regione, orari, aziende coinvolte, durata e categorie interessate.
Per la giornata del 30 novembre 2025, nella città di Milano e nella regione Lombardia è previsto uno sciopero di 4 ore che interesserà il personale del Gruppo ATM di Milano. Le modalità dello sciopero prevedono che:
– ATM e NET Trezzo: dalle 8.45 alle 12.45
– NET Monza: dalle 14.50 alle 18.50
– Funicolare Como-Brunate: dalle 8.30 alle 12.30
Lo sciopero sarà indetto dal sindacato CONFIAL-TRASPORTI e riguarda il personale della società del Gruppo ATM. La proclamazione dello sciopero è stata comunicata l’11 ottobre 2025 e la ricezione ufficiale è avvenuta il 12 novembre 2025.
Fonte: Mit
Data articolo: Sun, 30 Nov 2025 07:00:00 +0000Nel mese di novembre 2025, l’articolo offre una panoramica completa degli scioperi previsti su tutto il territorio nazionale nel settore dei trasporti. Per il periodo di novembre 2025 e fino al 30 novembre, risulta un solo sciopero ufficialmente calendarizzato, che riguarderà il trasporto pubblico locale nella regione Lombardia, con particolare impatto sulla città di Milano. Di seguito tutti i dettagli su date, città coinvolte, categorie interessate, orari e sindacati promotori dello sciopero.
Nella città di Milano è previsto uno sciopero che coinvolge il gruppo ATM, nell’ambito del trasporto pubblico locale. Il personale sciopererà in diverse fasce orarie: ATM e NET Trezzo dalle 8.45 alle 12.45, NET Monza dalle 14.50 alle 18.50, mentre la Funicolare Como-Brunate osserverà uno sciopero dalle 8.30 alle 12.30. I sindacati coinvolti sono CONFIAL-TRASPORTI e lo sciopero riguarda il personale del gruppo ATM di Milano.
Fonte: Mit
Data articolo: Sun, 30 Nov 2025 07:00:00 +0000Oggi, 30 novembre 2025, ti offriamo un quadro chiaro e sintetico dei prezzi medi dei carburanti praticati lungo la rete autostradale italiana, sulla base dell’ultimo aggiornamento ufficiale disponibile. In questo articolo trovi una tabella con i valori per benzina, gasolio, gpl e metano, così da confrontare rapidamente le diverse opzioni di rifornimento. Inoltre, ricordiamo che il prezzo alla pompa non dipende solo dal valore della materia prima: pesano anche le imposte e una componente industriale che include logistica, distribuzione e il margine lordo degli operatori. Nelle sezioni che seguono spieghiamo, in modo semplice, come si compone il costo finale dei carburanti e quali fattori possono determinarne le oscillazioni nel tempo, dalle quotazioni internazionali all’andamento del cambio euro/dollaro.
Ultimo aggiornamento: 29-11-2025
| TIPOLOGIA | EROGAZIONE | PREZZO MEDIO |
| Benzina | SELF | 1,827 € |
| Gasolio | SELF | 1,801 € |
| GPL | SERVITO | 0,830 € |
| Metano | SERVITO | 1,490 € |
Per la benzina, la scomposizione del prezzo finale aiuta a capire perché il valore alla pompa non segue sempre in modo immediato le oscillazioni del greggio. La componente fiscale pesa per il 58% e comprende accise e Iva: le accise sono imposte specifiche che incidono stabilmente su ogni litro, mentre l’Iva si applica sul totale, amplificando ogni variazione. Il restante 42% è la componente industriale, che si divide tra costo della materia prima e margine lordo dell’operatore. In particolare, la materia prima vale circa il 30% del prezzo e riflette l’andamento delle quotazioni internazionali dei prodotti raffinati e il cambio euro/dollaro: quando il petrolio e i prodotti petroliferi aumentano di prezzo o l’euro si indebolisce rispetto al dollaro, la componente industriale tende a crescere. Il margine lordo, pari al 12% del prezzo, copre costi di raffinazione, logistica, stoccaggio, trasporto, distribuzione e il servizio offerto al consumatore; è anche l’area in cui il gestore può intervenire per adeguare i listini, in relazione alla concorrenza locale, alla posizione dell’impianto (ad esempio in autostrada) e ai costi operativi. Questa struttura spiega perché, a parità di barile, si possano osservare differenze tra impianti e aree geografiche e perché l’impatto delle fluttuazioni internazionali non sia sempre immediato o identico in tutti i punti vendita.
Per il gasolio la struttura è diversa e riflette sia dinamiche di mercato sia un diverso carico fiscale. La componente fiscale incide per il 45% del prezzo finale, mentre la componente industriale pesa per il 55%. All’interno di quest’ultima, il costo della materia prima rappresenta il 45%: è la parte maggiormente sensibile alle quotazioni internazionali dei distillati medi e al cambio euro/dollaro, perché i prodotti petroliferi sono scambiati in dollari e ogni variazione del cambio si trasmette ai listini europei. Il margine lordo vale invece il 10% del prezzo e serve a coprire i costi della filiera (raffinazione, trasporti, stoccaggi, rete distributiva) oltre a remunerare l’operatività del gestore. È su questa quota che gli operatori possono intervenire per modulare i prezzi alla pompa, tenendo conto della domanda locale, della stagionalità , della concorrenza e dei maggiori oneri tipici delle aree autostradali. Il diverso equilibrio tra imposte e parte industriale fa sì che il gasolio risponda in modo talvolta più marcato alle variazioni delle quotazioni internazionali rispetto alla benzina, mentre le politiche fiscali e il contesto macroeconomico possono determinare scostamenti tra aree e periodi, pur all’interno di un quadro regolato e monitorato dalle autorità competenti.
Fonte: Osservatorio prezzi Mimit
Data articolo: Sun, 30 Nov 2025 07:00:00 +0000Ogni giorno dalle 8.30 del mattino, Virgilio Motori vi informa sul costo dei carburanti in tutte le regioni italiane. Il costo medio attuale è di 1.734 per la benzina, 1.710 per il diesel, 0.707 per il gpl, 1.434 per il metano. Per sapere il prezzo esatto nella tua regione scorri in basso per tutti i dettagli di costo. Il costo medio si riferisce al prezzo mostrato dai distributori di carburanti presenti sulle strade comunali, provinciali e statali.
Questo è il prezzo di benzina, diesel, gpl e metano di oggi 30 novembre 2025 nella regione Abruzzo.
| TIPOLOGIA | EROGAZIONE | PREZZO MEDIO |
| Gasolio | SELF | 1.706 |
| Benzina | SELF | 1.724 |
| GPL | SERVITO | 0.699 |
| Metano | SERVITO | 1.405 |
Questo è il prezzo di benzina, diesel, gpl e metano di oggi 30 novembre 2025 nella regione Basilicata.
| TIPOLOGIA | EROGAZIONE | PREZZO MEDIO |
| Gasolio | SELF | 1.719 |
| Benzina | SELF | 1.762 |
| GPL | SERVITO | 0.679 |
| Metano | SERVITO | 1.460 |
Questo è il prezzo di benzina, diesel, gpl e metano di oggi 30 novembre 2025 nella provincia autonoma di Bolzano.
| TIPOLOGIA | EROGAZIONE | PREZZO MEDIO |
| Gasolio | SELF | 1.773 |
| Benzina | SELF | 1.788 |
| GPL | SERVITO | 0.774 |
| Metano | SERVITO | 1.581 |
Questo è il prezzo di benzina, diesel, gpl e metano di oggi 30 novembre 2025 nella regione Calabria.
| TIPOLOGIA | EROGAZIONE | PREZZO MEDIO |
| Gasolio | SELF | 1.722 |
| Benzina | SELF | 1.761 |
| GPL | SERVITO | 0.731 |
| Metano | SERVITO | 1.511 |
Questo è il prezzo di benzina, diesel, gpl e metano di oggi 30 novembre 2025 nella regione Campania.
| TIPOLOGIA | EROGAZIONE | PREZZO MEDIO |
| Gasolio | SELF | 1.683 |
| Benzina | SELF | 1.716 |
| GPL | SERVITO | 0.639 |
| Metano | SERVITO | 1.393 |
Questo è il prezzo di benzina, diesel, gpl e metano di oggi 30 novembre 2025 nella regione Emilia Romagna.
| TIPOLOGIA | EROGAZIONE | PREZZO MEDIO |
| Gasolio | SELF | 1.698 |
| Benzina | SELF | 1.718 |
| GPL | SERVITO | 0.657 |
| Metano | SERVITO | 1.356 |
Questo è il prezzo di benzina, diesel, gpl e metano di oggi 30 novembre 2025 nella regione Friuli Venezia Giulia.
| TIPOLOGIA | EROGAZIONE | PREZZO MEDIO |
| Gasolio | SELF | 1.718 |
| Benzina | SELF | 1.738 |
| GPL | SERVITO | 0.672 |
| Metano | SERVITO | 1.363 |
Questo è il prezzo di benzina, diesel, gpl e metano di oggi 30 novembre 2025 nella regione Lazio.
| TIPOLOGIA | EROGAZIONE | PREZZO MEDIO |
| Gasolio | SELF | 1.693 |
| Benzina | SELF | 1.709 |
| GPL | SERVITO | 0.687 |
| Metano | SERVITO | 1.578 |
Questo è il prezzo di benzina, diesel, gpl e metano di oggi 30 novembre 2025 nella regione Liguria.
| TIPOLOGIA | EROGAZIONE | PREZZO MEDIO |
| Gasolio | SELF | 1.726 |
| Benzina | SELF | 1.746 |
| GPL | SERVITO | 0.778 |
| Metano | SERVITO | 1.442 |
Questo è il prezzo di benzina, diesel, gpl e metano di oggi 30 novembre 2025 nella regione Lombardia.
| TIPOLOGIA | EROGAZIONE | PREZZO MEDIO |
| Gasolio | SELF | 1.698 |
| Benzina | SELF | 1.720 |
| GPL | SERVITO | 0.664 |
| Metano | SERVITO | 1.375 |
Questo è il prezzo di benzina, diesel, gpl e metano di oggi 30 novembre 2025 nella regione Marche.
| TIPOLOGIA | EROGAZIONE | PREZZO MEDIO |
| Gasolio | SELF | 1.687 |
| Benzina | SELF | 1.708 |
| GPL | SERVITO | 0.704 |
| Metano | SERVITO | 1.306 |
Questo è il prezzo di benzina, diesel, gpl e metano di oggi 30 novembre 2025 nella regione Molise.
| TIPOLOGIA | EROGAZIONE | PREZZO MEDIO |
| Gasolio | SELF | 1.706 |
| Benzina | SELF | 1.731 |
| GPL | SERVITO | 0.695 |
| Metano | SERVITO | 1.410 |
Questo è il prezzo di benzina, diesel, gpl e metano di oggi 30 novembre 2025 nella regione Piemonte.
| TIPOLOGIA | EROGAZIONE | PREZZO MEDIO |
| Gasolio | SELF | 1.699 |
| Benzina | SELF | 1.715 |
| GPL | SERVITO | 0.666 |
| Metano | SERVITO | 1.427 |
Questo è il prezzo di benzina, diesel, gpl e metano di oggi 30 novembre 2025 nella regione Puglia.
| TIPOLOGIA | EROGAZIONE | PREZZO MEDIO |
| Gasolio | SELF | 1.698 |
| Benzina | SELF | 1.745 |
| GPL | SERVITO | 0.661 |
| Metano | SERVITO | 1.479 |
Questo è il prezzo di benzina, diesel, gpl e metano di oggi 30 novembre 2025 nella regione Sardegna.
| TIPOLOGIA | EROGAZIONE | PREZZO MEDIO |
| Gasolio | SELF | 1.720 |
| Benzina | SELF | 1.740 |
| GPL | SERVITO | 0.798 |
Questo è il prezzo di benzina, diesel, gpl e metano di oggi 30 novembre 2025 nella regione Sicilia.
| TIPOLOGIA | EROGAZIONE | PREZZO MEDIO |
| Gasolio | SELF | 1.705 |
| Benzina | SELF | 1.752 |
| GPL | SERVITO | 0.759 |
| Metano | SERVITO | 1.743 |
Questo è il prezzo di benzina, diesel, gpl e metano di oggi 30 novembre 2025 nella regione Toscana.
| TIPOLOGIA | EROGAZIONE | PREZZO MEDIO |
| Gasolio | SELF | 1.706 |
| Benzina | SELF | 1.712 |
| GPL | SERVITO | 0.686 |
| Metano | SERVITO | 1.446 |
Questo è il prezzo di benzina, diesel, gpl e metano di oggi 30 novembre 2025 nella provincia autonoma di Trento.
| TIPOLOGIA | EROGAZIONE | PREZZO MEDIO |
| Gasolio | SELF | 1.731 |
| Benzina | SELF | 1.762 |
| GPL | SERVITO | 0.726 |
| Metano | SERVITO | 1.347 |
Questo è il prezzo di benzina, diesel, gpl e metano di oggi 30 novembre 2025 nella regione Umbria.
| TIPOLOGIA | EROGAZIONE | PREZZO MEDIO |
| Gasolio | SELF | 1.707 |
| Benzina | SELF | 1.718 |
| GPL | SERVITO | 0.697 |
| Metano | SERVITO | 1.322 |
Questo è il prezzo di benzina, diesel, gpl e metano di oggi 30 novembre 2025 nella regione Valle d’Aosta.
| TIPOLOGIA | EROGAZIONE | PREZZO MEDIO |
| Gasolio | SELF | 1.729 |
| Benzina | SELF | 1.747 |
| GPL | SERVITO | 0.806 |
Questo è il prezzo di benzina, diesel, gpl e metano di oggi 30 novembre 2025 nella regione Veneto.
| TIPOLOGIA | EROGAZIONE | PREZZO MEDIO |
| Gasolio | SELF | 1.692 |
| Benzina | SELF | 1.713 |
| GPL | SERVITO | 0.674 |
| Metano | SERVITO | 1.313 |
Fonte: Osservatorio prezzi Mimit
Data articolo: Sun, 30 Nov 2025 07:00:00 +0000Sull’A11, nel tratto piatto e sempre uguale che passa vicino a Ermenonville-la-Grande, in Francia, la domenica non dovrebbe succedere nulla di strano. Tra camion in rientro e famiglie in transito verso Parigi, il traffico scorreva quasi per inerzia, poi però qualcuno ha deciso di seminare scompiglio: un’Audi R8, lanciata a 227 km/h, come se quella non fosse una strada aperta al pubblico, ma una pista da gara. Oltre cento i chilometri orari superiori al limite consentito rilevati dagli agenti, che si sono messi in movimento sull’Alpine A110 di servizio per evitare le conseguenze peggiori.
Il V10 della R8 sfiora i 600 cavalli e in rettilineo crea una distanza impossibile da ricucire in condizioni normali, quasi giocasse in un campionato a parte, e invece l’agilità dell’A110 ha permesso di ristabilire ordine in autostrada. Nel giro di pochi chilometri gli agenti hanno recuperato il margine, accodandosi alla R8 e obbligandola a rallentare fino a un punto sicuro sulla corsia d’emergenza.
A quel punto, la gendarmerie ha ritirato la patente e sancito il fermo immediato del veicolo. In circostanze del genere, il verbale inchioda il trasgressore davanti alle sue responsabilità e tutto procede secondo protocollo, salvo stavolta, perché un ultimo capitolo andava ancora scritto. Le procedure si sono complicate nel momento in cui il conducente ha rifiutato di fermare l’auto, negando, con una buona dose di sfacciataggine, di essere stata lui la persona al volante durante la rilevazione. Era spacciato: i gendarmi hanno precisato che la vettura era sola su quel tratto nel momento fatidico e il riconoscimento non lasciava spazio a dubbi.
A episodi simili le Forze dell’Ordine ci sono abituate, per questo hanno investito molto negli ultimi anni in personale addestrato e mezzi adatti a rispondere a situazioni d’emergenza. Si parla sempre di inseguimenti, ma il lavoro reale prevede una serrata attività di prevenzione, in quanto a certe velocità di percorrenza il dramma è dietro l’angolo. Una minima sbavatura al volante può annullare la distanza di sicurezza e costare molto caro.
Mentre sull’A11 si stava ancora chiudendo il verbale, l’ennesimo assurdo si è consumato lungo la nostra penisola, sull’A6 Torino-Savona, dove gli agenti hanno fermato un SUV troppo “carico”, dal quale è sceso un ottantaquattrenne in giacca, tranquillo, nonostante andasse a 235 km/h. Di rientro da una cena, l’uomo ha utilizzato la scusa più vecchia del mondo: “non immaginavo di andare così forte”. I timidi tentativi di giustificarsi non hanno però impedito il ritiro della patente e il sequestro del mezzo.
Episodi così, alternati tra Francia e Italia, arrivano ormai a ritmo costante. Nel Verbano-Cusio-Ossola, sempre in Italia, un venticinquenne era stato beccato a 150 km/h su una provinciale da 70, con una sospensione della licenza di guida di sei mesi e una multa vicina agli 850 euro. Nello stesso contesto un sessantaquattrenne, fermato per guida in stato di ebbrezza, aveva perso patente e dieci punti in un colpo solo. I protagonisti cambiano, rimane l’atteggiamento imprudente al volante, come se la strada fosse tutta per sé, una questione di mentalità .
Data articolo: Sun, 30 Nov 2025 06:30:03 +0000Il passo carrabile occupato è una delle situazioni più irritanti che un automobilista possa vivere: l’auto è pronta, il tempo è poco, ma davanti al cancello c’è qualcuno che ha deciso che quel tratto di strada è un parcheggio privato improvvisato. Il rischio è lasciarsi guidare dalla rabbia più che dal buon senso, dimenticando che esistono regole, responsabilità e conseguenze anche per chi reagisce in modo impulsivo.
Per capire come muoversi, bisogna partire dalla natura del passo carrabile ovvero da ciò che la legge tutela.
Il passo carrabile è un’autorizzazione amministrativa rilasciata dal Comune che consente il collegamento carrabile tra una proprietà privata e la strada pubblica. Il marciapiede viene modificato, l’accesso riconosciuto, viene imposto un canone annuale e il Comune certifica che in quel punto la sosta deve essere sempre vietata perché l’accesso deve rimanere libero.
Il cartello con i suoi simboli e i riferimenti normativi è l’estensione di un atto amministrativo. Attenzione però: un passo carrabile non è un posto auto riservato. La legge tutela l’ingresso e l’uscita, non il diritto di parcheggiare davanti a casa.
Un passo carrabile autorizzato è diverso da un accesso privato improvvisato. Se il cartello è irregolare, se l’autorizzazione non è mai stata richiesta, se il canone non è pagato o se la segnaletica non è conforme, la protezione giuridica si indebolisce.
La Polizia Locale non riconosce quella posizione come passo carrabile vero e proprio con la conseguenza che il veicolo in sosta non può essere sanzionato sulla base della disciplina.
L’occupazione di un passo carrabile non avviene solo con il classico parcheggio in sosta vietata, ma spesso anche attraverso la sosta in doppia fila, considerata da molti un peccato veniale. Il problema è che una vettura in doppia fila, anche se accesa e con il conducente a bordo, può creare un blocco completo se posizionata in prossimità del passo carrabile, soprattutto nelle strade strette o nelle ore di maggiore traffico.
Anche in questo caso scatta l’illecito, e la responsabilità non cambia solo perché il conducente dichiara di “essersi fermato un attimoâ€. La sosta temporanea non autorizza a impedire l’uscita da una proprietà privata, e se il titolare del passo deve attendere, il comportamento rientra comunque nell’ambito delle violazioni contestabili.
Se l’automobilista trova il passo carrabile occupato e l’uscita è bloccata, la prima azione è contattare la Polizia Locale, indicando la via, il numero civico, la targa e la presenza del segnale autorizzato. È il solo modo per attivare una procedura formale di accertamento dell’infrazione e se necessari di rimozione forzata del veicolo. Le forze dell’ordine possono elevare la sanzione e disporre il carro attrezzi, ma la rimozione non è automatica e resta una misura discrezionale. L’intervento dipende dal contesto, dalla disponibilità delle pattuglie e dalla gravità dell’intralcio.
La rimozione è uno strumento previsto dal Codice della Strada per i casi di intralcio grave e permanente, e l’occupazione del passo carrabile rientra tra queste ipotesi. I costi del carro attrezzi e dell’eventuale deposito gravano sul proprietario del veicolo rimosso mentre il titolare del passo carrabile non deve anticipare alcunché. In realtà la rimozione, pur prevista, non sempre viene eseguita a causa di priorità operative diverse. La realtà è che la sanzione amministrativa è quasi sempre automatica, mentre la rimozione effettiva non lo è.
Colpire l’auto, graffiarla, bucarne le gomme, spostarla con la propria vettura, bloccarla con catene o altri mezzi significa esporsi a reati come il danneggiamento, la violenza privata o le minacce. Chi subisce un illecito stradale rischierebbe di trasformarsi nell’autore di un illecito penale con conseguenze molto più gravi di una sosta vietata.
Quando l’occupazione del passo carrabile è allora importante documentare ogni episodio. Fotografie con targa, cartello, orario e contesto creano una base probatoria utile alle autorità . Raccolte in modo sistematico, queste prove possono giustificare richieste al Comune per aumentare la videosorveglianza, rafforzare la segnaletica, aumentare i controlli o intervenire sullo spazio pubblico.
Il passo carrabile può quindi trasformarsi nel punto di rottura di rapporti di vicinato già fragili. Il parcheggio “per cinque minuti†diventa routine, la tolleranza si consuma e il conflitto esplode. In questi contesti la strada formale resta valida ma non risolve tutto. Possono servire accordi, spiegazioni e regole condivise per evitare escalation inutili. E quando la buona volontà non basta, le segnalazioni alla Polizia Locale diventano il solo strumento con la consapevolezza che vivere in un conflitto permanente ha un costo umano che la legge non riesce a misurare.
Sarebbe un errore credere che il passo carrabile conferisca un diritto esclusivo sul tratto di strada antistante al punto da usarlo come parcheggio personale. Anche in questo caso, se il veicolo sporge sulla carreggiata o crea intralcio, la violazione può essere contestata allo stesso titolare. Non esiste un diritto di “parcheggiare davanti al proprio cancelloâ€. L’unico diritto tutelato è quello di transitare liberamente.
In questo contesto il marciapiede ribassato non configura un passo carrabile, anche in assenza dell’autorizzazione. Il ribassamento può essere considerato segnale sufficiente per vietare la sosta, soprattutto se realizzato dal Comune per consentire l’accesso ai veicoli. In altri il ribassamento senza autorizzazione è solo un indizio di un varco potenziale, ma non attribuisce in automatico la tutela riservata ai passi carrabili. In mancanza di cartello conforme, la Polizia Locale può trovarsi nell’impossibilità di elevare la sanzione. Il risultato è un limbo giuridico dove l’intralcio può essere comunque contestato, ma la violazione piena del divieto di sosta davanti a passo carrabile perde forza normativa.
La vicenda del passo carrabile occupato racconta allora di una cultura della sosta approssimativa. C’è chi considera la strada un’estensione naturale della propria proprietà e chi ignora i diritti altrui pur di risparmiare tempo. In mezzo ci sono le istituzioni chiamate a far rispettare le regole. Il discrimine sta nella capacità degli automobilisti di scegliere se alimentare il caos delle reazioni impulsive o affidarsi alla logica, alla legge e alla tutela formale.
Data articolo: Sun, 30 Nov 2025 05:01:35 +0000Una scena pietosa quella della Ferrari nella gara sprint del Qatar. Due SF-25 inguidabili e senza passo mettono in forte difficoltà gli alfieri della Rossa. Tutti i problemi cronici della vettura vengono a galla, e l’unico obiettivo è portare a casa il risultato. C’era però un’altra qualifica da disputare, la seconda del weekend. Terminata la sessione Lewis è ancora eliminato in Q1, posto 18. Charles chiude invece in decima piazza.
Le due Rosse in pista 5 minuti prima del verde, entrambe su Soft. Da verificare se le modifiche al setup hanno migliorato almeno il bilanciamento. Focus sul lavoro gomme: capire come attivarle e mantenere il grip costante dall’inizio alla fine del giro. L’obiettivo per questa sessione.
Il primo giro di Leclerc non mostra nemmeno una correzione e questa è già una notizia. Stesso discorso per Hamilton. Va detto che le coperture utilizzate sulle monoposto italiane erano entrambe usate. Per questo si passa dai box per montare quelle nuove, con un aggiustamento al carico anteriore visto il livello di aderenza differente che offriranno le mescole nuove.
Messo da parte l’outlap, si va full gas. Si conferma che i ritocchi sembrano funzionare per Charles. In questi giri si nota sempre la carenza di rotazione, ma senza dubbio a un livello più basso. La vettura sembra leggermente più stabile a centro curva. Anche il distacco è calato un pelo. Un gap che resta importante, ma non pesantissimo. Le Rosse tornano ai box, dove vengono montate gomme nuove.
Una brevissima pausa e le SF-25 tornano a calcare nuovamente l’asfalto qatariota. L’asse anteriore non è perfetto, ma sembra più preciso. Restano delle imperfezioni per il monegasco, ma la numero 16 ha cambiato volto dal punto di vista dell’handling. Chi invece proprio non trova feeling con l’auto è il britannico. Hamilton cade ancora in Q1, non andando oltre il diciottesimo posto. Anche la sua vettura era più stabile, ma troppo lenta.
Non conosciamo la base di partenza sull’aspetto della Rossa. Pertanto, è difficile capire se hanno irrigidito la vettura per guadagnare in direzionalità . Charles torna in pista con le gomme usate. Un primo giro di assaggio, dove di fatto si conferma tutto quello che abbiamo detto. Un rapido passaggio nella corsia box, dove i meccanici montano un set di Soft nuovo di pacca, con tanto di ritocco al carico anteriore: “plus 2”.
L’unica Ferrari rimasta in pista torna ai box. Questa volta l’outlap è più cauto, senza spingere troppo nelle curve che generano temperatura sugli pneumatici. All’ultima curva ecco la modalità push e si va flat out. Osservando il comportamento della monoposto, più che irrigidire l’avantreno, sembra che il team abbia lavorato sull’ala anteriore aumentando il carico di base.
In questo secondo tentativo, Charles non è perfetto, con una vettura troppo puntata sull’avantreno. Un cambio di mappatura al sistema ibrido e parte il giro lanciato. La prestazione non è pulitissima, ma vale il nono posto. Leclerc passa alla Q3. Non c’è nulla da festeggiare però, anche se l’equilibrio è migliore, i tempi non sono un granché. La Ferrari è lenta.
In linea generale si nota come la carenza di rotazione resti. E sebbene il bilanciamento sia migliore, avvicinarsi all’apice di alcune curve resta una vera e propria impresa per la numero 16. Probabilmente il team ha aumentato parecchio l’incidenza del carico all’anteriore per far girare meglio l’auto. È difficile capire se sia la mossa giusta, perché, come detto, la vettura non è veloce.
Leclerc torna in pista e si mette a spingere. Durante il giro cerca di dare tutto, ma alzando le pretese ecco che la SF-25 diventa scorbutica. Nel T3, curva 15, il monegasco perde la vettura e va in testacoda ad alta velocità . In questo caso non si tratta di sovrasterzo, bensì della carenza di rotazione che lo spinge sullo scalino del cordolo, perdendo di fatto il controllo della monoposto.
Per fortuna sbatte solamente contro un cartellone che indica il punto di frenata, senza danneggiare l’auto. In radio, Charles non si scompone, sapendo bene che più di questo l’auto non può dare. Una pausa ai box per riprendere la concentrazione e poi via nuovamente in pista. Le gomme sono sempre Pirelli a banda rossa e ancora usate.
La preparazione è come sempre meticolosa. Il passaggio è piuttosto pulito, ma guardando il cronometro si scopre che si prende quasi 1,2 secondi dal poleman Piastri. Ulteriore doccia fredda per una vettura che, sebbene più composta, continua a essere lentissima. Charles si sfoga ancora in radio, parlando della grande frustrazione che prova. In conclusione, va detto che lo step in avanti sulla performance non c’è.
Il nome di Adrian Sutil riaffiora alle cronache, ma stavolta per i motivi sbagliati. Dopo essere stato catturato dalla Polizia tedesca a Sindelfingen, l’ex pilota comparirà al tribunale distrettuale di Stoccarda per difendersi dalle accuse di frode, appropriazione indebita e coinvolgimento in una rete criminale specializzata nel commercio di auto di lusso. Attualmente sotto custodia cautelare in Baden-Württemberg, il 42enne conta 128 Gran Premi all’attivo, conclusi senza mai raggiungere un podio, sfiorato sul circuito di Monza, quando chiuse in quarta posizione.
Anche se la dinamica che ha portato all’arresto è ancora in fase di ricostruzione, l’autorevole Bild fornisce delle prime informazioni sull’operazione coordinata in varie città . Gli investigatori tedeschi hanno intrapreso degli accertamenti in Germania e Svizzera, fino a perquisire proprietà riconducibili a Sutil a Monaco, a Sindelfingen e oltre confine. La procura di Stoccarda sta cercando di definire la rete in cui Sutil sarebbe inserito, una struttura che – secondo gli inquirenti – avrebbe gestito flussi di denaro e veicoli ad alto valore commerciale attraverso società e prestanome.
Le autorità ipotizzano che l’ex pilota abbia preso parte a un sistema dove venivano promesse auto di fascia alta mai consegnate o rivendute più volte con documentazione irregolare. Stando sempre all’accusa, faceva tutto parte di una catena in cui i profitti venivano dirottati o nascosti attraverso operazioni successive, fino a creare un meccanismo difficilmente tracciabile dalle singole procure.
Tra gli appassionati della F1 la personalità burrascosa di Sutil era già nota. Nel 2011 si rese protagonista di una notte brava a Shanghai, in Cina, quando ferì al collo un dirigente Lotus con un bicchiere di champagne. La pena fu esemplare: 18 mesi di libertà vigilata, una multa di 200.000 euro e la chiusura anticipata del rapporto con la Force India, che all’epoca scelse di risolvere il contratto. A dispetto dei tentativi di rientrare nel Circus, ricoprendo pure il ruolo di terzo pilota agli ordini della Williams, da quel precedente non riuscì mai a risollevarsi davvero e ciò lo spinse verso una vita lontana dal paddock. Solo nel 2024 aveva distrutto una McLaren Senna dal valore di oltre 800.000 euro.
Prima dei guai c’erano state le corse, prive di quel salto di qualità che in molti avevano pronosticato per lui agli inizi. Dal 2007 al 2014 Sutil era sceso in griglia 128 volte, intervallando prove maiuscole ad altre incolori, e in quella lunga fase finì anche dentro al caos del GP del Giappone, quando la sua uscita di pista sotto la pioggia aprì la sequenza che avrebbe poi coinvolto la Marussia di Jules Bianchi.
Il suo risultato più vicino al colpo grosso resta il quarto posto ottenuto a Monza nel 2009, una giornata in cui la Force India sembrò improvvisamente capace di giocarsela con i primi della classe. Numeri alla mano, Sutil è tuttora il pilota con più partenze in Formula 1 senza essere mai salito sul podio.
Ora però i riflettori tornano su di lui per motivi che non hanno nulla a che vedere con la velocità . Mentre le autorità svizzere collaborano al controllo delle società citate nei fascicoli e la procura continua a scavare, la custodia cautelare getta un’ombra pesante. Al momento la squadra legale di Sutil ha preferito non rilasciare dichiarazioni alla stampa, e anche il diretto interessato intende adottare la tattica del silenzio, in attesa di scoprire quali saranno i prossimi sviluppi.
Data articolo: Sat, 29 Nov 2025 16:01:37 +0000Le difficoltà del team italiano sono evidenti: una combinazione tra gestione del carico aerodinamico, carenza di rotazione e difficoltà nell’attivare le gomme ha di fatto messo in crisi la Ferrari. I soli sessanta minuti delle libere 1 hanno complicato il lavoro, producendo una qualifica sprint tutto tranne che ottimale. Al termine della gara sprint, Leclerc taglia il traguardo in 13 piazza, mentre Hamilton risale sino alla posizione numero 17.
Gli alfieri della Rossa sono a bordo delle proprie vetture. In questo momento ricevono gli ultimi ragguagli per una mini corsa nella quale entrambi cercheranno di dare il massimo. Espletati i consueti controlli alla vettura, tutto è pronto: si attende solo il semaforo verde. Nel giro di installazione si lavora parecchio sulle gomme per portarle in temperatura. Entrambi montano le Pirelli a banda gialla.
La partenza di Charles è nella norma, ma nel T1 perde quattro posizioni per un posteriore difficile da tenere stabile. Il monegasco si lamenta parecchio ma, come sempre, anche in questo caso le gomme non lo aiutano affatto. Lewis ha scelto di partire dalla pitlane, con i meccanici che hanno potuto mettere mano al setup della numero 44. Al giro due ha già recuperato due posizioni, salendo in diciottesima piazza.
Osservando gli onboard di Leclerc si notano problemi a centro curva, sia nel T2 che nella terza parte della pista. Al contrario, Hamilton sembra avere un bilanciamento un pelino più efficace, sebbene anche per lui non manchino alcuni controlli, specie nella fase di uscita. Parliamo del solito sovrasterzo che si crea per un angolo volante maggiore, causato dalla carenza di rotazione cronica della vettura italiana.
Gli ingegneri di pista della Rossa suggeriscono una serie di aiuti alla guida per migliorare l’handling delle monoposto. Per quanto riguarda Charles, si parla delle velocità in ingresso curva, che devono essere gestite nel modo corretto per non aumentare la carenza di rotazione. Anche il differenziale è soggetto a modifiche per aiutare la Rossa a gestire meglio le varie transizioni delle pieghe.
Per il sette volte campione del mondo si parla anche della mera gestione relativa all’impianto frenante, decisiva in fase di staccata. Quando siamo giunti a metà gara non succede nulla: i ferraristi mantengono le loro posizioni, senza avere il passo per fare di più. Senza dubbio siamo in una breve fase di stallo, ma l’unico stint della gara da 100 chilometri pare non porterà soddisfazioni alle monoposto italiane.
Il monegasco sta cercando di avvicinarsi alla Haas di Bearman ma, per ora, non riesce a farlo abbastanza per tentare un attacco. L’ex Mercedes, invece, non ha il passo per recuperare sulla Aston Martin di Stroll. Uno scenario triste, specie dopo il ritocco alla messa a punto. Charles continua a lottare con la vettura troppo sottosterzante. Spesso l’auto sbanda e ne approfitta Liam Lawson, che lo sorpassa con la Racing Bulls.
Leclerc si riprende la tredicesima piazza il giro seguente, ma c’è poco da essere contenti. Nel mentre Hamilton pare che si stia avvicinando all’Aston Martin. Va detto che le due Ferrari sono piuttosto imbarazzanti, ma per lo meno gli alfieri della Rossa stanno dando tutto quello che hanno. Arrivano diversi test per abbassare la carenza di rotazione, agendo pure sul freno motore in entrata, ma nulla cambia.
Lewis guadagna una posizione per la sosta di Stroll, magrissima consolazione. Quando mancano 4 giri tutto segue uguale. Qualsiasi tipo di provvedimento per migliorare il rendimento dell’auto è ininfluente. Ed è così che la Sprint Race scivola via. Una prestazione fortemente insufficiente. Si spera che il team intervenga e corregga l’atteggiamento della monoposto, troppo scorbutica e instabile da guidare.
Airbus ha ordinato il richiamo di circa 6.000 A320 dopo aver individuato una vulnerabilità nel software che gestisce gli elevatori. La questione si trascina da un’anomalia riscontrata nel velivolo di JetBlue lo scorso ottobre, in rotta da Cancún verso Newark, di tale portata da costringere l’equipaggio a puntare su Tampa per chiudere il viaggio in sicurezza. Nel corso della crociera, sopra il Golfo del Messico, l’aereo aveva dato dei segnali sospetti, fino a convincere il pilota a interrompere la rotta prevista e cercare un atterraggio immediato.
In un comunicato il produttore europeo ha stabilito lo stop immediato degli aeromobili con la versione software interessata fino al completamento dell’upgrade. E così, dai terminal delle Filippine fino agli scali colombiani, le compagnie hanno iniziato a fermare i velivoli coinvolti, generando una lunga serie di ritardi e cancellazioni.
Il caso ha toccato anche l’aereo che accompagna Papa Leone nei viaggi ufficiali. Trattandosi sempre di un A320, si è reso necessario lo stesso tipo di intervento, come spiegato dai rappresentanti del Vaticano, che hanno confermato la partenza verso Istanbul di un componente sostitutivo insieme al tecnico responsabile dell’installazione.
Sulla base di quanto evidenziato nelle indagini preliminari, le radiazioni solari intense corrompono alcuni dati legati al controllo dell’elevatore. Nonostante il sistema coinvolto sia l’ELAC, fornito da Thales, Airbus ha attribuito la parte critica a un software sviluppato altrove senza rendere pubblico il nome dell’azienda responsabile della progettazione o dell’aggiornamento.
Il lavoro richiesto varia da aereo ad aereo. Per una parte consistente della flotta bastano poche ore di manutenzione e l’installazione di una versione precedente del software, ritenuta stabile, ma per circa mille A320 la procedura impone di agire sull’hardware nel computer di controllo, con tempistiche molto più lunghe, nell’ordine di alcune settimane.
Air France, una delle compagnie coinvolte, ha tolto 35 voli dal programma e aggiorna man mano i dati. Entro il fine settimana American Airlines conta di completare l’intervento sulla maggior parte dei suoi 340 A320 interessati, mentre altri aeromobili richiedono tempi più dilatati. United Airlines, dopo un primo monitoraggio interno, ha individuato sei aerei con lo stesso problema, Air India segnala ritardi dovuti al fermo tecnico e Delta è vicina alla chiusura dei lavori su parte delle sue flotte A320 e A321neo.
Alcuni operatori subiscono un impatto molto più pesante: in Colombia, Avianca ha sospeso la vendita dei biglietti fino all’8 dicembre, dopo aver stimato un coinvolgimento vicino al 70% della propria flotta nelle criticità emerse dal richiamo delle scorse ore, mentre Philippine Airlines e Cebu Pacific, entrambe nelle Filippine, hanno superato le quaranta cancellazioni, offrendo rimborsi e nuove date ai passeggeri.
I portavoce dell’EASA (Agenzia dell’Unione Europea per la Sicurezza Aerea) confermano che le compagnie sono state messe al corrente dei fatti direttamente da Airbus e che monitorano da vicino l’evoluzione dei lavori. A settembre il conteggio delle consegne A320 era salito a 12.257 pezzi, tre in più del 737, e il richiamo appena diffuso obbliga ora le realtà del settore a rimettere mano a turni, interventi e comunicazioni ai passeggeri.
Data articolo: Sat, 29 Nov 2025 14:10:50 +0000La sigla IBIS nasconde una delle idee più interessanti viste di recente nel mondo dell’auto elettrica. Dietro queste quattro lettere, che stanno per Intelligent Battery Integrated System, c’è il tentativo di Stellantis e di Saft di semplificare in profondità il cuore tecnologico dei veicoli a batteria, partendo proprio dal componente più delicato e costoso: il pacco batterie. Non si tratta soltanto di limare qualche chilometro in più di autonomia o di rosicchiare un paio di minuti in ricarica, ma di ripensare l’architettura stessa del sistema di trazione elettrico, andando a inglobare nel “cassone†degli accumulatori funzioni che finora vivevano altrove. Il risultato è una batteria che, almeno sulla carta e nei primi test su strada, promette più efficienza, meno peso, ingombri ridotti e una manutenzione molto più alla portata delle officine tradizionali.
Il primo banco di prova di questa tecnologia non è un prototipo futuristico da salone, ma una “normale†Peugeot e-3008, allestita sulla piattaforma STLA Medium e trasformata in vettura dimostrativa. Sotto il pianale, però, al posto del pacco batterie standard da 73 kWh c’è un’unità sperimentale da 65 kWh sviluppata insieme a Saft, la società del gruppo TotalEnergies specializzata in soluzioni di accumulo energetico. L’idea è verificare in condizioni reali se il salto concettuale funziona anche lontano dai laboratori e dai banchi prova, misurando consumi, tempi di ricarica, prestazioni e comportamento nel ciclo di vita completo. Il progetto nasce in Francia, coinvolge centri di ricerca come il CNRS e l’Université Paris-Saclay e arriva su strada dopo una fase iniziale in cui IBIS era stato testato in applicazioni stazionarie, per esempio come sistema di accumulo per la rete elettrica.
Per capire che cosa rende particolare la batteria IBIS bisogna guardare come è costruita. Invece di avere un grosso pacco unico con elettronica esterna, qui il sistema è composto da 24 moduli, ciascuno con una propria porzione di celle e, soprattutto, con la propria elettronica di potenza. In altre parole, ogni modulo non è un semplice “mattoncino di energia†ma un piccolo cervello autonomo, capace di gestire la conversione della corrente e di dialogare con una centralina che coordina il lavoro di tutto l’insieme. In questo modo l’inverter, che di solito è un componente separato montato nel vano motore o nelle vicinanze, viene di fatto smembrato e distribuito all’interno del pacco batterie, con benefici in termini di ingombri e di semplificazione del cablaggio. La chimica resta quella ben collaudata NMC (nichel-manganese-cobalto), ma l’ambiente in cui lavora è completamente ripensato rispetto alle batterie più tradizionali.
Il passaggio forse più radicale riguarda proprio l’integrazione di inverter e caricatore all’interno dei moduli. In un’auto elettrica classica il pacco batterie fornisce corrente continua, che viene poi trasformata in alternata dall’inverter per alimentare il motore, mentre in fase di ricarica un caricatore interno si occupa di convertire la corrente alternata della rete in continua per riempire gli accumulatori. Con IBIS, invece, queste due funzioni vengono inglobate direttamente nel pacco batterie, che diventa il centro di tutto il sistema di conversione.

Quando alcuni componenti si spostano, inevitabilmente cambiano anche pesi e ingombri. Qui la semplificazione dell’architettura si traduce in una riduzione di circa 40 kg sul veicolo dimostrativo, un valore che, preso da solo, può sembrare modesto ma che su un’auto elettrica ha un impatto concreto su consumi, frenata e comportamento dinamico. Allo stesso tempo, l’eliminazione di hardware separato libera fino a 17 litri di volume utile, spazio che i progettisti possono gestire come meglio credono: maggiore aerodinamica nella parte inferiore del veicolo, vani aggiuntivi per l’abitacolo, o semplicemente layout più puliti per i circuiti di raffreddamento e per i cablaggi. In un’epoca in cui ogni centimetro viene conteso tra motori elettrici compatti, sospensioni multilink e pacchi batterie ingombranti, questa piccola “dieta†tecnologica offre margini interessanti per chi disegna le auto del prossimo decennio.
L’altra faccia di IBIS riguarda l’efficienza, cioè quanta energia si riesce a trasformare in chilometri reali su strada. Nel prototipo basato su Peugeot e-3008, nonostante la capacità nominale scenda a 65 kWh, l’autonomia media resta allineata ai valori della versione con batteria da 73 kWh, grazie a una riduzione delle dispersioni soprattutto in fase di ricarica. In termini pratici questo significa che la singola molecola di energia viene “spremuta†meglio, con meno perdite lungo il percorso che va dalla presa alla ruota. Nel frattempo la potenza massima erogata dal sistema cresce fino a 172 kW, contro i 150 kW della configurazione tradizionale, senza stravolgimenti sulla piattaforma o sull’architettura del veicolo.
Un altro aspetto interessante dell’architettura IBIS è la gestione indipendente dei singoli moduli. La centralina di controllo non si limita a tenerli tutti in attività allo stesso modo, ma può decidere di “accendere†o “spegnere†una parte del pacco in base alla potenza richiesta, distribuendo lo sforzo in maniera più omogenea. In condizioni di guida rilassata, per esempio in città o nel traffico costante, non è necessario spremere ogni modulo al massimo, e questo contribuisce a ridurre lo stress termico ed elettrico sulle celle.
Quando si parla di riparazioni sulla parte elettrica di un’auto a batteria, il tema della sicurezza è sempre centrale, dato che le batterie tradizionali lavorano su tensioni di 400 o addirittura 800 volt, valori che richiedono procedure molto rigorose e dotazioni di sicurezza specifiche per i tecnici che mettono mano al sistema. Nel caso di IBIS, invece, l’architettura modulare è progettata per operare internamente a soli 48 volt, una tensione paragonabile a quella di molti sistemi mild hybrid, che consente interventi più semplici e meno rischiosi. In pratica, un singolo modulo guasto può essere isolato e sostituito senza dover smontare l’intero pacco o ricorrere a processi complessi di messa in sicurezza ad alta tensione, riducendo tempi e costi di fermo vettura. La batteria continua a funzionare anche con un modulo escluso, ovviamente con prestazioni ridotte, ma senza trasformare immediatamente il guasto in una condanna a lungo termine per l’intero veicolo.
Guardando oltre i numeri e le percentuali, IBIS racconta una tendenza abbastanza chiara: l’auto elettrica sta entrando in una fase in cui la sfida non è più solo quella dell’autonomia massima o della ricarica ultrarapida in condizioni ideali, ma quella del compromesso equilibrato nella vita di tutti i giorni. Una batteria che si ricarica un po’ più in fretta sul box condominiale, pesa un po’ meno, occupa meno spazio e si ripara con meno complicazioni può fare la differenza per chi valuta un’elettrica come prima auto di famiglia.
Data articolo: Sat, 29 Nov 2025 12:06:34 +0000Il mondo del motorsport estremo ha un nuovo, potentissimo contendente. Land Rover ha svelato la Defender Dakar D7X-R, la vettura ufficiale che farà il suo debutto a gennaio nella celebre Dakar, il rally-raid più duro del pianeta, e parteciperà all’intero Campionato del mondo Rally Raid 2026 (W2RC). Questo veicolo non è una semplice macchina da corsa, ma l’incarnazione autentica della robustezza e della capacità di non porsi limiti del marchio britannico.
La D7X-R è derivata direttamente dalla Defender OCTA e competerà nella nuova, e rigorosa, categoria Stock del W2RC, una piattaforma perfetta per dimostrare le capacità già più che note della Defender. Le normative FIA per questa classe impongono che la scocca della vettura non subisca modifiche rispetto alla produzione originale, garantendo l’autenticità strutturale.
La Land Rover Defender Dakar D7X-R mantiene la solida architettura della scocca D7x della Defender OCTA, la trasmissione e il layout cinematico. Il propulsore è un V8 biturbo da 4,4 litri, anch’esso elemento che non può essere modificato rispetto all’OCTA. Per la sfida, questo motore sarà alimentato da un avanzato carburante sostenibile, conforme alle normative FIA. Sebbene la potenza finale sarà limitata per conformarsi ai regolamenti della categoria FIA Stock, la base meccanica è la stessa che garantisce prestazioni estreme.
Come ha rimarcato Mark Cameron, Managing Director di Defender: “Defender Dakar D7X-R è la Defender più solida e potente mai costruita. Dakar spinge tutto al limite, e competere in un rally-raid di questa portata mostrerà autenticamente la capacità e la robustezza della Defender nelle condizioni più estreme e più difficili del pianeta“.
Sebbene i regolamenti limitino gli interventi sul propulsore e sulla scocca, il modello da competizione presenta una serie di modifiche mirate per l’estrema sfida del deserto. La vettura gareggerà con una livrea “Geopalette”, un design elementare e potente ispirato ai toni della sabbia, della pietra e della terra, con un accenno di Aqua a richiamare le rare acque del deserto.
Per far fronte alle dune e ai terreni accidentati, la D7X-R è stata dotata di un pacchetto di pneumatici da 35 pollici, un aumento della carreggiata di 60 mm e una maggiore distanza da terra. La carrozzeria è stata ritoccata sia anteriormente che posteriormente per aumentare gli angoli di attacco e di uscita, mantenendo il DNA di design della OCTA. Un elemento vitale per l’endurance è l’impianto di rifornimento: la D7X-R ospita un serbatoio di carburante speciale da 550 litri integrato nella parte posteriore del veicolo, pronto per le tappe fuoristrada che possono superare gli 800 km.
La resistenza è garantita anche dal pacchetto sospensivo, migliorato con un sistema di ammortizzatori ad alte prestazioni sviluppato in collaborazione con il nuovo partner ufficiale BILSTEIN. Il sistema utilizza ammortizzatori anteriori singoli a molla coassiale e doppi ammortizzatori paralleli posteriormente, progettati per gestire il peso extra del serbatoio da 550 litri nelle condizioni più estreme. L’ingegneria del Defender Rally ha persino sviluppato una nuova modalità software chiamata “Flight Mode”.
Questa funzione regola automaticamente l’erogazione di coppia dal motore alle ruote ogni volta che la D7X-R si stacca da terra, assicurando un atterraggio fluido e proteggendo la trasmissione. Per far fronte al calore e alla sabbia del deserto, il pacchetto di raffreddamento è stato aggiornato. Un unico grande radiatore sostituisce il trio di radiatori presenti sui veicoli di produzione, supportato da quattro ventole da 12 V per il raffreddamento a bassa velocità . Inoltre, un filtro antiparticolato è stato aggiunto per evitare che la sabbia entri nelle prese d’aria.
A guidare questa macchina verso l’ignoto ci sarà un team di talento che include il 14 volte vincitore della Dakar, Stéphane Peterhansel, affiancato da Mika Metge; Sara Price con Sean Berriman; e Rokas BaciuÅ¡ka con Oriol Vidal. Affronteranno più di 80 ore di guida competitiva e circa 5.000 km di tappe cronometrate, un vero e proprio test di resistenza umana e meccanica. Come ha sintetizzato Peterhansel: “L’esperienza non semplifica la Dakar, ti aiuta solo a capire quanto sia davvero difficile. Abbiamo testato a fondo il Defender Dakar D7X-R ed è stato brutale, ma così doveva essere. Dobbiamo essere pronti a tutto“.
Data articolo: Sat, 29 Nov 2025 10:00:26 +0000Il mondo dell’intrattenimento motoristico e delle acrobazie al limite ha assistito al battesimo di un nuovo eroe a quattro ruote. Al SEMA Show di Las Vegas, Hoonigan e Subaru Motorsports Usa hanno annunciato il ritorno della serie di filmati Gymkhana, vere e proprie leggende del digitale, e hanno svelato il protagonista in metallo e carbonio: la Subaru Brataroo 9500 Turbo.
Questa creazione, pensata per esibirsi nel prossimo film intitolato “Aussie Shred” ambientato in Australia, è la terza vettura Gymkhana realizzata su misura per Travis Pastrana. Il suo scopo è chiaro: portare a nuovi estremi le manovre di distruzione degli pneumatici, le traiettorie al limite e, in particolare, i salti di massa che hanno reso celebre il franchise.
Il Brataroo è basato sulla scocca di un leggendario Subaru BRAT del 1978 ma è stato ingegnerizzato per superare ogni limite di performance moderna. L’architettura meccanica è stata sviluppata da Vermont SportsCar (VSC), partner tecnico di Subaru of America, per creare un’arma che ama stare sia di traverso che in aria. Il propulsore è un Boxer turbo da 2.0 litri derivato dal rallycross, un quattro cilindri estremamente pressurizzato che eroga ben 670 CV di potenza e 680 Nm di coppia.
Questo motore non è solo possente, ma vanta anche il regime di rotazione più elevato mai raggiunto da una vettura Gymkhana, superando i 9.500 RPM. Tutta questa energia è gestita da una trasmissione sequenziale SADEV a sei velocità e differenziali da competizione, incanalando la forza attraverso il sistema di trazione integrale. Per garantire che il veicolo sia pronto a “volare e tornare a terra“, come ha affermato Pastrana, l’intero corpo vettura è stato costruito in fibra di carbonio, montato su un telaio VSC e dotato di una roll-cage certificata secondo i più recenti standard di sicurezza WRC.
Il look iconico del BRAT è stato ripensato da zero. Il rinomato designer Khyzyl Saleem, conosciuto come The Kyza, ha plasmato il veicolo in un widebody leggero e aggressivo, una fusione perfetta tra l’estetica da motorsport e le proporzioni singolari del BRAT. La livrea, che celebra la partnership di lunga data con Dixxon Flannel, presenta un’atmosfera retrò con branding Subaru degli anni ’70 e un tocco di colore ispirato ai tramonti dell’Outback, con tanto di canguri che fanno il pollice in su, il gesto distintivo di Pastrana. Il vero prodigio tecnico risiede nell’aerodinamica. La Subaru Brataroo 9500 Turbo vanta il sistema aerodinamico attivo più avanzato mai visto su un’auto Gymkhana.
Le feritoie dei parafanghi anteriori, ad esempio, sono regolabili in tempo reale, permettendo al pilota di bilanciare l’assetto del frontale sia a terra che durante i salti. Nella parte posteriore, sono disponibili due ali intercambiabili: una più grande per la massima deportanza e stabilità alle alte velocità , e una più contenuta per le acrobazie di distruzione degli pneumatici. Entrambe le ali sono regolabili nell’angolo di attacco e possono attuarsi verso l’alto per controllare l’assetto e la rotazione del veicolo durante i momenti aerei. L’ala maggiore vanta un ulteriore perfezionamento ingegneristico: quando si estende, aumenta anche la sua larghezza, amplificando in modo significativo la sua area superficiale e la stabilità aerodinamica.
L’abitacolo è un omaggio all’originale BRAT del 1978, pur integrando tecnologia moderna. Il cruscotto in fibra di carbonio e gli accenti in finto legno composito a base di lino richiamano il fascino utilitaristico del veicolo storico. I dettagli fondono passato e presente in modo ingegnoso: la radio OEM è stata restaurata, mentre i controlli del riscaldamento e aria condizionata sono stati riproposti per regolare il sistema aerodinamico attivo.
Questa vettura è la dimostrazione che l’eredità creativa di Ken Block, il cui spirito ha trasformato la passione per la guida in un fenomeno culturale globale, continua a vivere. Come ha concluso Pastrana: “Questa BRAT è completamente fuori di testa. Ha l’anima di una Subaru vintage con la tecnologia per fare cose che nessun’altra auto Gymkhana ha mai fatto“. L’attesa è ora tutta per il debutto del film “Aussie Shred”, previsto per l’inizio di dicembre sul canale YouTube di Hoonigan.
Data articolo: Sat, 29 Nov 2025 08:28:48 +0000Il panorama dei veicoli commerciali compatti ha un nuovo protagonista che promette di rivoluzionare la logistica urbana. Piaggio Commercial ha svelato il suo ultimo gioiello ingegneristico, il Piaggio Porter NPE, un City Truck a trazione 100% elettrica che è già disponibile nelle concessionarie. Questo modello arriva sul mercato come una delle novità più attese nel suo segmento, coniugando maneggevolezza, comfort, silenziosità e una capacità di carico da record.
Il Porter NPE è stato progettato per rispondere in maniera ottimale alle esigenze di aziende che necessitano di operare nel rispetto dell’ambiente, perfetto per il trasporto merci a corto e medio raggio e imprescindibile per l’accesso alle aree a traffico limitato. Questo veicolo, compatto e comodo grazie ai nuovi interni, integra prestazioni elevate e nuovi contenuti ADAS.
Una parte fondamentale del nuovo Piaggio Porter NPE è l’innovativa Electric Drive Unit (EDU). Questo sistema compatto integra in un’unica soluzione il propulsore elettrico, l’inverter e gli organi della trasmissione, il che consente di minimizzare pesi e ingombri a beneficio della massima efficienza. Il risultato è un veicolo che garantisce prestazioni elevate, costanti e prolungate nel tempo. I numeri della potenza sono eloquenti: il Porter NPE raggiunge un picco di 150 kW (e una potenza continua di 60 kW), abbinato a un valore di coppia altrettanto brillante, con un picco di 342 Nm (e una continua di 128 Nm). Tali specifiche assicurano operatività ai migliori livelli anche in presenza di pendenze impegnative, persino nelle partenze da fermo.
La propulsione elettrica spinge il City E-Truck fino a una velocità massima di 90 km/h. A nutrire il sistema ci pensa una robusta batteria LFP (Litio – Ferro – Fosfato) da 42 kWh e 350 Volt, coperta da una garanzia di 8 anni o 160.000 km. Questa unità ad alta densità energetica è particolarmente efficiente rispetto alle variazioni di temperatura e risulta molto sicura, grazie sia alla stabilità della sua chimica che all’alloggiamento protetto tra i longheroni del telaio. L’autonomia, un fattore cruciale per l’utilizzo in città , raggiunge i 250 km nel ciclo urbano. La ricarica è gestita in modo efficiente: in modalità rapida (DC) è possibile passare dal 20% al 70% di carica in soli 30 minuti.
Il Piaggio Porter NPE è stato progettato per massimizzare la capacità di carico senza sacrificare l’agilità fondamentale nel traffico cittadino. La larghezza della cabina è di soli 1.640 mm, un dato inferiore di almeno 500 mm rispetto alla media dei veicoli commerciali leggeri. L’adozione di una cabina così compatta ha permesso di massimizzare lo spazio per il carico: nella sua versione più contenuta, il Porter NPE ha una impronta a terra di soli 6,9 m² e una portata a telaio fino a 1.050 kg. La trazione posteriore, elemento distintivo, contribuisce in modo decisivo alle doti dinamiche del mezzo, portando a un migliore e più naturale bilanciamento delle masse e a una elevata prestazione anche in marcia in salita.
Oltre all’opzione chassis, sono disponibili in concessionaria tre configurazioni pronte all’uso: pianale fisso, pianale ribaltabile e ribaltabile con sovra sponde. Questi allestimenti vantano strutture in acciaio altoresistenziale zincato, sponde in alluminio apribili su tre lati e, nelle versioni ribaltabili, un pratico sistema elettroidraulico con pulsantiera mobile. Le portate utili variano fino a 880 kg (pianale fisso).
L’intero progetto garantisce standard elevati di sicurezza, rispondendo alle stringenti normative in materia di sicurezza passiva, cybersecurity e attacchi informatici. Il Porter NPE implementa i più recenti sistemi di assistenza alla guida (ADAS), tra cui il sistema di frenata automatica di emergenza (AEB), l’assistente al mantenimento della corsia (ELKS) e il freno di stazionamento elettronico (EPB).
Il nuovo Porter NPE è già disponibile sulla rete Piaggio Commercial. I prezzi partono da 37.300 euro (IVA esclusa), ma grazie ai nuovi incentivi statali, l’acquisto può beneficiare di un risparmio del 30% sul prezzo di listino. La gamma cromatica offre tonalità come il classico Opal Blu, il vivace Jade Green e l’elegante Marble White.
Data articolo: Sat, 29 Nov 2025 07:52:52 +0000Quando si parla di Bugatti si fa riferimento sempre alla velocità . Il marchio francese in questi anni ci ha consegnato alcuni dei modelli più belli della storia dell’automobilismo moderno. Ora però è giunto il momento per la Casa di Molsheim di dire addio a uno dei suoi marchi di fabbrica recenti: stiamo parlando del W16. Per salutarlo però, il brand transalpino ha deciso di fare le cose in grande stile lanciando la Bolide finale. Sin dal principio di questo progetto, Bugatti ha avuto come obiettivo quello di lanciare un’auto che fosse facilmente accessibile per il gentleman racer, ma che allo stesso tempo fosse anche in grado di emozionare il professionista più esperto.
Emilio Scervo, direttore tecnico Bugatti, ha così raccontato la realizzazione di questa vettura: “Il primo contatto con il progetto è avvenuto nell’agosto del 2021, quindi circa più di 4 anni fa. All’epoca si trattava di un concept completamente nuovo, ancora nelle primissime fasi di progettazione. È stato un periodo emozionante perché avevamo molti elementi da mettere insieme”. Il design della Bolide è stato finalizzato nel 2022 e la sua progettazione all’inizio del 2023.
Nel 2023 è arrivata una prova fondamentale sul circuito di Le Mans, la vettura, figlia di anni di impegno ingegneristico si è presentata con una livrea che ricordava quella delle Bugatti vincitrici sullo storico circuito francese negli anni ’30. L’auto, guidata dal pilota ufficiale del marchio. Andy Wallace, ha superato le aspettative facendo segnare i 350 km/h sul rettilineo.
Dall’estate 2023 all’inizio del 2024 la Bolide ha proseguito il suo sviluppo. Un programma serrato che ha impiegato i migliori tecnici Bugatti dalle prime ore del mattino sino a tarda notte. Al centro di tutto non c’è stata solo la potenza, ma anche un concetto di auto complessivo molto più ampio. Per questo motivo il marchio francese ha lavorato molto anche sull’estetica di quest’auto con linee eleganti e armoniose. Il W16 montato su questa hypercar sarà l’ultimo, dopo infatti dovrà cedere il passo al nuovo V16 aspirato, sviluppato per la Tourbillon da Cosworth.
L’ultima Bolide è stata commissionata da un collezionista appassionato, amico di vecchia data del brand. Prende ispirazione dalla Type 35 del proprietario. Questa vettura è arricchita dalla palette cromatica che rende omaggio al famoso blu Bugatti. Il cliente ha così tanto apprezzato questa tonalità da richiederla anche per la sua Veyron Grand Sport. All’esterno questa Bolide è rifinita con dettagli in “Black Blue” e “Special Blue Lyonnais” e interni in Alcantara “Lake Blue”. Sulla fiancata infine troviamo la bandiera francese.
La Bolide è limitata a soli 40 esemplari ed è la testimonianza della continua ricerca della perfezione da parte di Bugatti. Il prezzo finale naturalmente resta un segreto tra il marchio e il suo prezioso cliente, ma solitamente un’auto di questo tipo ha un prezzo di partenza di almeno 4 milioni di euro, personalizzazioni escluse. Questa vettura è utilizzabile solo in pista, ma non è escluso che l’acquirente tenti una qualche conversione in futuro per poterla portare ovunque. D’altronde la società britannica Lanzante, che già in passato è salita agli onori della cronaca per la trasformazione della McLaren F1 GTR, starebbe già lavorando per lo stesso motivo anche sulla Bolide. Tutto ciò potrebbe rendere questo modello ancora più ambito.
Data articolo: Sat, 29 Nov 2025 06:30:20 +0000Da diversi anni nel nostro Paese hanno preso piede le cosiddette e-bike, ovvero le biciclette a pedalata assistita. Si tratta di mezzi che uniscono all’azione propulsiva umana anche la spinta di un piccolo motore. Questo genere di bici esistono da anni, ma nell’ultimo periodo, complice l’exploit dell’elettrico, hanno trovato nuova linfa. Purtroppo però, capita sempre più spesso, che alcune di queste e-bike vengano modificate e rese dei veri e propri piccoli scooter. A Verona, ad esempio, nei giorni scorsi, sono stati scovati diversi mezzi truccati.
Il banco prova mobile della Motorizzazione civile è stato utilizzato sul piazzale dello stadio Bentegodi per testare alcune e-bike fermate. È venuto fuori che molte di queste erano state modificate per permettere al conducente di superare la soglia prevista dalla legge dei 25 km/h. I cambiamenti non erano legati al solo motore, ma anche ad altre componenti della bici, come ad esempio le manopole che da fisse sono state trasformate in mobili per permettere di accelerare.
La legge che regola al momento le e-bike, prevede che il loro motore debba assistere la pedalata e disattivarsi quando si superano i 25 km/h o quando si smette di pedalare, inoltre non deve superare i 250 watt. Quando viene a mancare uno di questi tre paletti, allora il mezzo in questione diventa a tutti gli effetti un ciclomotore. Questo comporta una serie di obblighi come: l’immatricolazione, la targa, l’assicurazione, la patente, la revisione e il casco.
Le sanzioni a tal proposito sono davvero pesanti e gravissime. Chi sblocca il motore rischia sino a 5.100 euro di multa, ma non è tutto. La contravvenzione, infatti, può arrivare a superare i 7.000 euro sommando tutte le altre violazioni accessorie come: guida senza patente, assenza della copertura assicurativa e mancata immatricolazione. A quel punto poi scatta anche il sequestro finalizzato alla confisca.
In una sola giornata di controlli a Verona, su 78 mezzi fermati, è venuto fuori che il 32% non era a norma ed è finito sotto sequestro. I sanzionati inoltre dovranno pagare delle multe per 162.000 euro. I casi che sono venuti fuori da questo controllo sono i più disparati. Alcuni avevano comprato online la patente per pochi euro. Altri, invece, hanno mostrato agli agenti presunti contratti d’acquisto che erano in realtà liberatorie fatte firmare dai venditori per spogliarsi da ogni eventuale responsabilità futura sul mezzo. Infine, c’è anche chi utilizza queste bici truccate perché sprovvisto di patente dopo averla persa in passato per alcol, droga o punti esauriti.
Usare questi mezzi truccati è davvero molto pericoloso. Per prima cosa perché le e-bike sono studiate per viaggiare sotto i 25 km/h, inoltre i conducenti sono completamente privi di qualunque mezzo di sicurezza e scoperti a livello assicurativo. Il problema però non è circoscritto alla sola Verona, ma si allarga un po’ ovunque nel nostro Paese. A Milano ad esempio, in un solo giorno, i carabinieri hanno fermato 71 ciclisti sequestrando 54 mezzi, con sanzioni superiori a 378.000 euro. A Bolzano ne sono state prese 15 in un solo pomeriggio, mentre a Pescara 36 in due settimane. A Sassari ben 10 e-bike erano state trasformate in veri ciclomotori, mentre a Latina è stata ripresa una presunta bici a pedalata assistita che andava oltre i 60 km/h. A Torre Annunziata, invece, i carabinieri ne hanno sequestrate 31.
Se da un lato c’è questa illegalità che serpeggia, bisogna dire che il settore delle e-bike in generale sta vivendo una nuova primavera ormai da qualche anno. Proprio per questo motivo si sta cercando di contrastare in ogni modo la crescita del business delle modifiche e anche del contrabbando di bici cinesi. In merito a quest’ultima casistica, di recente, l’Ufficio del procuratore europeo (Eppo) ha incriminato 6 persone e hanno trovato 2.435 container, 350 milioni di dazi e 450 milioni di Iva evasa. Alcune di queste bici erano destinate anche al nostro Paese. Per quanto concerne, invece, i kit di modifica, alcune aziende hanno già dotato le proprie e-bike di strumenti di protezione in caso di manomissione.
Data articolo: Sat, 29 Nov 2025 06:30:02 +0000In un parcheggio non custodito l’automobilista vive in una terra di nessuno solo in apparenza. Dietro a una riga di vernice sull’asfalto, una sbarra automatica e un cartello con la scritta “parcheggio incustodito: la direzione non risponde dei furti o dei danni” c’è infatti un mondo di norme, contratti e sentenze che decide chi paga quando l’auto viene trovata rigata o ammaccata.
L’idea istintiva è che se il parcheggio è a pagamento qualcuno debba pur rispondere. La realtà , fotografata dalla Corte di Cassazione, è meno consolante perché nella maggior parte dei casi il rischio resta sulle spalle del proprietario del veicolo, a meno che non si configuri un obbligo di custodia o non entri in gioco la polizza assicurativa.
Nel linguaggio di tutti i giorni, parcheggio non custodito significa un luogo dove si lascia l’auto senza che nessuno la guardi. Sul piano giuridico quella formula traccia il confine tra due mondi: da un lato il contratto di deposito, dove chi gestisce l’area prende in carico il veicolo e promette di restituirlo integro; dall’altro la mera locazione di area di sosta, in cui il gestore vende solo lo spazio e il tempo per parcheggiare, senza alcun impegno sulla sorte dell’auto.
Le Sezioni Unite della Cassazione, con la sentenza 14319 del 28 giugno 2011, hanno chiarito che quando un’area di parcheggio – istituita dal Comune o da un concessionario privato – viene riconnosciuta come parcheggio senza custodia, con avviso visibile prima che l’utente concluda il contratto (ad esempio prima di prendere il biglietto o di entrare con l’auto), il gestore non risponde del furto del veicolo lasciato in sosta.
Intorno a quella sentenza si è consolidato un orientamento: nei posteggi di scambio, nei parcheggi di superficie a gestione comunale e in molte aree private aperte al pubblico, il prezzo pagato alla cassa o alla macchinetta non comprende una voce sicurezza, ma solo il diritto a occupare uno stallo per un certo tempo.
Non significa che il gestore possa nascondersi sempre e comunque dietro il cartello. La stessa giurisprudenza ricorda che l’avviso di parcheggio incustodito è efficace solo quando è leggibile e percepibile prima della conclusione del contratto e quando la struttura del servizio non induce l’utente a credere di aver comprato anche una forma di custodia.
Se l’automobilista trova personale che prende le chiavi, cancello chiuso, videosorveglianza pubblicizzata come plus, promesse di vigilanza continua, allora la qualificazione come non custodito diventa un guscio vuoto e il rapporto deve spostarsi di fatto sul terreno del deposito con tutte le conseguenze in termini di responsabilità del gestore.
Per capire quando il gestore deve risarcire i danni, bisogna guardare al Codice civile, in particolare alle norme sul deposito. L’articolo 1766 qualifica il deposito come il contratto con cui una parte riceve una cosa mobile con l’obbligo di custodirla e restituirla in natura. L’articolo 1780 aggiunge che il depositario risponde della perdita o del deterioramento della cosa, salvo che provi il caso fortuito. Tradotto: se il parcheggio funziona come un deposito, chi lo gestisce deve restituire l’auto nello stato in cui l’ha ricevuta oppure risarcirti, a meno che non possa dimostrare che l’eventuale danno sia scatenato da un evento inevitabile nonostante una vigilanza diligente.
Nel mondo reale dell’automotive succede quando il parcheggio è custodito sul serio: ingresso controllato, struttura chiusa, talvolta consegna delle chiavi, barriera fisica tra area interna e strada, cartellonistica che promette sicurezza o vigilanza per tutte le 24 ore. La Cassazione ha ritenuto che in questi casi nasca un contratto atipico di parcheggio che, per struttura economica e funzione, va trattato come un deposito, con pieno obbligo di custodia a carico del gestore. Se l’auto viene rubata o danneggiata all’interno di un parcheggio custodito, il titolare è tenuto a risarcire e i classici cartelli “la direzione non risponde di furti o danni†sono stati definiti privi di reale efficacia nei confronti del cliente, soprattutto quando non risultano da una clausola contrattuale approvata per iscritto.
Questo spiega perché nei casi di parcheggi multipiano chiusi, garage in struttura, autorimesse con personale fisso e parcheggi aeroportuali premium, la posizione del cliente sia molto più forte: qui non solo si sta pagando lo spazio, ma un servizio di presa in carico del veicolo e la giurisprudenza tende a imputare al gestore l’eventuale furto o danneggiamento, salvo eventi eccezionali e imprevedibili.
Il caso classico che manda in tilt gli automobilisti è quello dell’auto danneggiata nel parcheggio del supermercato. Qui il quadro è stato definito da una serie di decisioni che riconducono il parcheggio gratuito messo a disposizione della clientela alla logica della locazione di area e non a quella del deposito, così da escludere di regola qualunque obbligo generale di custodia in capo al supermercato.
In pratica, il parcheggio è un servizio accessorio alla vendita, destinato a facilitare l’accesso ma non a garantire protezione al veicolo. Se l’auto viene urtata da un altro cliente che fugge, se qualcuno riga la fiancata o rompe uno specchietto e resta ignoto, il gestore del supermercato non risponde. Può essere invece chiamato in causa quando il danno dipende da una sua grave negligenza, come nel caso di barriere automatiche difettose mai manutenute, carrelli lasciati in zone esposte al vento o alberature non curate che crollano sulle auto. In questi scenari, il problema non sono i terzi, ma la cattiva gestione di elementi strutturali che rientrano nella sfera di controllo del supermercato stesso.
Lo stesso ragionamento, con le dovute sfumature, vale per i parcheggi gratuiti di centri commerciali, cinema, palazzetti, ristoranti, impianti sportivi: la regola di fondo è che la disponibilità dello spazio di sosta non integra di per sé un contratto di custodia e il fatto che l’area sia asfaltata, illuminata e delimitata non basta a trasformare il gestore in un garante assicurativo di ciò che succede ai veicoli lì parcheggiati.
Fianco a fianco con il caso del supermercato c’è quello del parcheggio dell’hotel. Se l’albergo propone un semplice parcheggio non custodito, aperto, con alcuna consegna di chiavi e alcun impegno esplicito di vigilanza, il furto del veicolo resta a carico dell’ospite, anche se l’area è interna alla proprietà dell’hotel. La Cassazione ha ribadito che la sola disponibilità di uno spazio dove lasciare il mezzo non basta a far nascere un contratto di deposito in assenza di un chiaro obbligo di custodia.
Diventa diverso lo scenario quando la struttura organizza un vero servizio di parcheggio custodito, magari con ritiro e riconsegna del veicolo, chiavi lasciate alla reception o al personale, accesso controllato a un garage chiuso. In questi casi, molte pronunce configurano un contratto di deposito vero e proprio con responsabilità dell’albergatore per furto o danneggiamento, salvo caso fortuito. La dottrina ha sottolineato come il cliente non si limita a occupare uno spazio, ma affida il bene a un soggetto che ne assume la gestione e questo fa scattare le regole tipiche del deposito e della custodia professionale.
Non basta insomma la parola garage nella brochure. Contano le modalità operative, la presenza di personale, il tipo di accesso, la gestione delle chiavi, la promozione della sicurezza come valore aggiunto. Più l’hotel vende sicurezza, più è difficile per il gestore sottrarsi alla responsabilità quando qualcosa va storto.
I famosi cartelli “parcheggio non custodito†e “la direzione non risponde di furti o danni†non sono un vezzo estetico, ma un pezzo importante del mosaico contrattuale. La giurisprudenza li ha ritenuti validi, in combinazione con il tipo di servizio offerto, per escludere la responsabilità del gestore di parcheggi pubblici o comunali senza custodia. Se l’avviso è visibile prima della conclusione del contratto, l’utente sa sin dall’inizio che non sta comprando custodia ma solo sosta e quindi non può pretendere un risarcimento per il furto del veicolo.
Ma lo stesso tipo di cartello ha un peso minore, se non nullo, quando viene affisso in un parcheggio che funziona di fatto come custodito: struttura chiusa, ticket nominale, personale fisso, telecamere esibite nella pubblicità , promesse di sicurezza per tutto il giorno. In questi contesti, dottrina e Cassazione ricordano che clausole che escludono o limitano la responsabilità del depositario rientrano tra le clausole vessatorie e per essere efficaci devono essere oggetto di approvazione scritta da parte del cliente.
Data articolo: Sat, 29 Nov 2025 05:00:12 +0000