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Oggi, 26 dicembre 2025, la viabilità autostradale in Italia presenta alcune criticità in diverse tratte importanti. Tra le situazioni più rilevanti, segnaliamo una coda lunga 3 km sull’autostrada A1 Milano-Napoli tra Fabro e Orvieto a causa di un incidente, e un’altra coda di 500 metri tra Dalmine e Trezzo sull’A4 Torino-Trieste, sempre dovuta a un incidente. Questi eventi riflettono un traffico complesso soprattutto nelle ore di punta, accompagnato anche da condizioni meteorologiche avverse e servizi parzialmente interrotti in alcune aree di sosta.
17:51 – Fabro e Orvieto
Coda di 3 km per incidente
Direzione Napoli
La coda si estende dal chilometro 438 al chilometro 435 per una lunghezza complessiva di 3 km.
17:35 – Area di servizio Casilina ovest
Mancanza di GPL dovuta a guasto all’impianto
Direzione Napoli
L’area di servizio non ha GPL disponibile, consigliato verificare alternative.
16:30 – Area di servizio Cantagallo est
Camper Service chiuso
Direzione Milano
L’area di servizio presenta il camper service momentaneamente chiuso.
17:58 – Dalmine e Trezzo
Coda per incidente
Direzione Torino
La coda è presente tra il chilometro 160.5 e il chilometro 161 per una lunghezza di 0.5 km.
17:06 – Pineto e Poggio Imperiale
Pioggia sull’autostrada
Direzione in entrambe le direzioni
La zona interessata si estende dal chilometro 351.8 al chilometro 505 per una lunghezza di 153.2 km.
Fonte: Autostrade per l’Italia
Data articolo: Fri, 26 Dec 2025 17:08:00 +0000La produzione di autovetture in Italia ha registrato un calo significativo nel corso degli ultimi anni, con un impatto importante sull’economia del Paese e sui livelli occupazionali nel settore automotive, che rappresenta una fetta significativa del PIL. A offrire un quadro aggiornato della situazione è il recente report Focus Italia Produzione Automotive pubblicato da ANFIA. In una delle pagine del report viene effettuato un interessante confronto tra la produzione di autovetture in Italia e i dati registrati negli altri big market europei. I dati sono aggiornati a ottobre 2025 e chiariscono il calo registrato nel 2025 dal settore italiano, in netta crisi se confrontato con altri mercati europei come la Germania, la Francia, la Spagna e il Regno Unito.
La produzione auto in Italia sta attraversando un periodo molto difficile, come confermano anche le scelte di Stellantis, azienda di riferimento per il settore automotive nel nostro Paese, e il continuo ricorso agli ammortizzatori sociali. Tra gennaio e ottobre 2025, infatti, la produzione di autovetture si è fermata a poco più di 179 mila unità . Il dato che certifica il momento difficile del settore è quello relativo al confronto con lo scorso anno.
Su base annua, la produzione ha fatto registrare un calo del 29,9%. Ricordiamo che anche i dati del 2024 sono stati negativi. Si tratta, quindi, di un trend che va avanti già da diverso tempo e conferma le difficoltà del settore. L’industria italiana non riesce a generare volumi significativi e, al netto di alcune eccellenze che incidono misura minima sulla produzione, come Ferrari, viaggia ormai su valori sensibilmente inferiori rispetto a quelli del passato. Ricordiamo che il mercato italiano deve fare i conti anche con un peso crescente delle auto “cinesi”.
Considerando gli altri big market europei (Francia, Spagna, Germania e Regno Unito), solo l’Italia fa segnare numeri così negativi. La Spagna, ad esempio, registra un calo della produzione pari a -5,9%, per un volume complessivo di ben 1,5 milioni di unità realizzate. Si tratta di numeri sensibilmente superiori a quelli registrati in Italia.
Da segnalare anche il +1% della Germania che, nel periodo considerato, ha registrato un totale di 3,5 milioni di unità prodotte, confermandosi come il mercato di riferimento dell’industria automotive in Europa. Crescono anche il Regno Unito, con un buon +10,2% e un totale di 602 mila unità realizzate, e la Francia (i dati in questo caso sono aggiornati a giugno e non a ottobre) che fa segnare un totale di 748 mila unità prodotte e una crescita del +5% rispetto allo stesso periodo dello scorso anno.
Il confronto mostra trend molto diversi. In Italia è in corso una profonda crisi dell’industria, con una contrazione significativa dei volumi produttivi rispetto allo scorso anno. Nel frattempo, gli altri big market sono riusciti ad attenuare gli effetti dell’elettrificazione, minimizzando il calo (come in Spagna) o addirittura registrando una crescita rispetto ai dati dell’anno precedente. Per il futuro, quindi, l’Italia avrà bisogno di una netta inversione di tendenza, in modo da poter rilanciare le attività produttive nel settore e, soprattutto, incrementare i volumi di produzione. Solo con questo scenario ci potrà essere un impatto realmente positivo sui livelli occupazionali.
Data articolo: Fri, 26 Dec 2025 11:00:09 +0000Quando un motore diesel non parte con le basse temperature, i colpevoli sono quasi sempre due. La batteria che cede o il gasolio che cristallizza. Identificare subito la causa è fondamentale, perché insistere nell’avviamento può portare a rotture costose. Ti spiego il metodo che utilizzo per distinguere in pochi secondi un guasto elettrico da un blocco dell’alimentazione.
Per una diagnosi corretta senza strumenti da officina, devi analizzare attentamente la fase di “cranking”, ovvero il momento in cui il motorino d’avviamento cerca di mettere in rotazione il motore. Esistono due scenari ben distinti che ti permettono di identificare la causa:
Per capire perché la tua auto riscontra queste problematiche durante il periodo invernale, bisogna analizzare cosa succede fisicamente ai componenti quando il termometro scende sotto lo zero. Ecco i due fenomeni principali:
Come professionista, il mio obiettivo è aiutarti a preservare l’integrità del motore ed evitare imprevisti e spese inutili come il carroattrezzi. Ecco i consigli fondamentali da seguire:
Nel mese di dicembre 2025 non risultano scioperi previsti per il settore dei trasporti in Italia secondo i dati ufficiali disponibili. L’articolo fornisce, quindi, una panoramica aggiornata: per il periodo compreso tra il 1 e il 31 dicembre 2025, non sono registrate agitazioni sindacali o interruzioni programmate dei principali servizi pubblici e privati nei trasporti. Questo significa che durante tutto il mese cittadini e pendolari potranno contare su collegamenti regolari senza disservizi derivanti da scioperi.
Fonte: Mit
Data articolo: Fri, 26 Dec 2025 07:00:00 +0000Oggi, 26 dicembre 2025, lungo la rete autostradale italiana sono disponibili i prezzi medi ufficiali dei principali carburanti comunicati dall’Osservatorio del Ministero. In questo articolo trovi, in sintesi, i valori aggiornati, una tabella di consultazione rapida e una spiegazione chiara di come si forma il prezzo alla pompa: tra componente fiscale, costo della materia prima e margine degli operatori. Inoltre, includiamo grafici interattivi e il link alla fonte istituzionale per verificare i dati.
Ultimo aggiornamento dei dati: 25-12-2025
| TIPOLOGIA | EROGAZIONE | PREZZO MEDIO |
| Gasolio | SELF | 1.737 |
| Benzina | SELF | 1.782 |
| GPL | SERVITO | 0.829 |
| Metano | SERVITO | 1.486 |
Il prezzo della benzina alla pompa è il risultato di più voci. La parte preponderante è la componente fiscale (58%), che include accise e IVA: è una quota stabile nel breve periodo, ma cruciale nel determinare la differenza tra prezzo industriale e prezzo finale. La componente industriale (42%) si divide a sua volta in due elementi: costo della materia prima (30%) e margine lordo (12%). Il costo della materia prima risente delle quotazioni internazionali dei prodotti petroliferi e dell’effetto cambio euro/dollaro: quando il dollaro si rafforza o le quotazioni salgono, la parte industriale tende ad aumentare; al contrario, un euro più forte o prezzi internazionali in calo agevolano una riduzione. Il margine lordo copre attività di raffinazione, logistica, stoccaggio e gestione della rete, ed è anche la leva su cui l’operatore può intervenire per modulare gli importi alla pompa, in funzione di concorrenza locale, politiche commerciali, volumi e stagionalità . In periodi di alta mobilità (festività o esodi) la pressione competitiva e la gestione della domanda possono incidere sulle strategie di prezzo, pur rimanendo la componente fiscale l’elemento più pesante della spesa sostenuta dagli automobilisti. In sintesi, la benzina riflette un mix di fattori: finanza pubblica, mercati globali e dinamiche commerciali.
Il prezzo del gasolio presenta una struttura diversa. Qui la componente fiscale è pari al 45%, mentre la componente industriale ammonta al 55%. All’interno della parte industriale, il costo della materia prima pesa per il 45% e il margine vale il 10%. Anche per il gasolio, il costo della materia prima è influenzato dalle quotazioni internazionali e dal cambio euro/dollaro: variazioni del prezzo dei distillati medi sui mercati esteri e oscillazioni valutarie si riflettono nei listini italiani. Il margine, pur più contenuto rispetto alla benzina, rappresenta l’area su cui gli operatori possono agire con sconti, promozioni o riallineamenti, in base a costi logistici, approvvigionamenti e concorrenza territoriale. La maggiore incidenza della componente industriale rispetto alla benzina spiega perché il gasolio risulti talvolta più sensibile ai movimenti delle quotazioni internazionali e alle dinamiche di domanda di settori energivori come l’autotrasporto. Tuttavia, anche in questo caso, imposte e IVA rimangono determinanti nel prezzo finale pagato dagli utenti. La combinazione tra fiscalità , mercati globali e strategie commerciali definisce l’andamento dei prezzi, lasciando ai consumatori il compito di confrontare i listini e scegliere con attenzione il punto di rifornimento.
Fonte: Osservatorio prezzi Mimit
Data articolo: Fri, 26 Dec 2025 07:00:00 +0000Ogni giorno dalle 8.30 del mattino, Virgilio Motori vi informa sul costo dei carburanti in tutte le regioni italiane. Il costo medio attuale è di 1.691 per la benzina, 1.644 per il diesel, 0.706 per il gpl, 1.422 per il metano. Per sapere il prezzo esatto nella tua regione scorri in basso per tutti i dettagli di costo. Il costo medio si riferisce al prezzo mostrato dai distributori di carburanti presenti sulle strade comunali, provinciali e statali.
Questo è il prezzo di benzina, diesel, gpl e metano di oggi 26 dicembre 2025 nella regione Abruzzo.
| TIPOLOGIA | EROGAZIONE | PREZZO MEDIO |
| Gasolio | SELF | 1.644 |
| Benzina | SELF | 1.682 |
| GPL | SERVITO | 0.698 |
| Metano | SERVITO | 1.404 |
Questo è il prezzo di benzina, diesel, gpl e metano di oggi 26 dicembre 2025 nella regione Basilicata.
| TIPOLOGIA | EROGAZIONE | PREZZO MEDIO |
| Gasolio | SELF | 1.652 |
| Benzina | SELF | 1.718 |
| GPL | SERVITO | 0.683 |
| Metano | SERVITO | 1.460 |
Questo è il prezzo di benzina, diesel, gpl e metano di oggi 26 dicembre 2025 nella provincia autonoma di Bolzano.
| TIPOLOGIA | EROGAZIONE | PREZZO MEDIO |
| Gasolio | SELF | 1.700 |
| Benzina | SELF | 1.743 |
| GPL | SERVITO | 0.772 |
| Metano | SERVITO | 1.581 |
Questo è il prezzo di benzina, diesel, gpl e metano di oggi 26 dicembre 2025 nella regione Calabria.
| TIPOLOGIA | EROGAZIONE | PREZZO MEDIO |
| Gasolio | SELF | 1.647 |
| Benzina | SELF | 1.714 |
| GPL | SERVITO | 0.731 |
| Metano | SERVITO | 1.502 |
Questo è il prezzo di benzina, diesel, gpl e metano di oggi 26 dicembre 2025 nella regione Campania.
| TIPOLOGIA | EROGAZIONE | PREZZO MEDIO |
| Gasolio | SELF | 1.625 |
| Benzina | SELF | 1.682 |
| GPL | SERVITO | 0.640 |
| Metano | SERVITO | 1.388 |
Questo è il prezzo di benzina, diesel, gpl e metano di oggi 26 dicembre 2025 nella regione Emilia Romagna.
| TIPOLOGIA | EROGAZIONE | PREZZO MEDIO |
| Gasolio | SELF | 1.629 |
| Benzina | SELF | 1.674 |
| GPL | SERVITO | 0.671 |
| Metano | SERVITO | 1.343 |
Questo è il prezzo di benzina, diesel, gpl e metano di oggi 26 dicembre 2025 nella regione Friuli Venezia Giulia.
| TIPOLOGIA | EROGAZIONE | PREZZO MEDIO |
| Gasolio | SELF | 1.651 |
| Benzina | SELF | 1.695 |
| GPL | SERVITO | 0.672 |
| Metano | SERVITO | 1.356 |
Questo è il prezzo di benzina, diesel, gpl e metano di oggi 26 dicembre 2025 nella regione Lazio.
| TIPOLOGIA | EROGAZIONE | PREZZO MEDIO |
| Gasolio | SELF | 1.629 |
| Benzina | SELF | 1.667 |
| GPL | SERVITO | 0.664 |
| Metano | SERVITO | 1.470 |
Questo è il prezzo di benzina, diesel, gpl e metano di oggi 26 dicembre 2025 nella regione Liguria.
| TIPOLOGIA | EROGAZIONE | PREZZO MEDIO |
| Gasolio | SELF | 1.650 |
| Benzina | SELF | 1.695 |
| GPL | SERVITO | 0.781 |
| Metano | SERVITO | 1.428 |
Questo è il prezzo di benzina, diesel, gpl e metano di oggi 26 dicembre 2025 nella regione Lombardia.
| TIPOLOGIA | EROGAZIONE | PREZZO MEDIO |
| Gasolio | SELF | 1.625 |
| Benzina | SELF | 1.670 |
| GPL | SERVITO | 0.669 |
| Metano | SERVITO | 1.373 |
Questo è il prezzo di benzina, diesel, gpl e metano di oggi 26 dicembre 2025 nella regione Marche.
| TIPOLOGIA | EROGAZIONE | PREZZO MEDIO |
| Gasolio | SELF | 1.625 |
| Benzina | SELF | 1.668 |
| GPL | SERVITO | 0.701 |
| Metano | SERVITO | 1.304 |
Questo è il prezzo di benzina, diesel, gpl e metano di oggi 26 dicembre 2025 nella regione Molise.
| TIPOLOGIA | EROGAZIONE | PREZZO MEDIO |
| Gasolio | SELF | 1.653 |
| Benzina | SELF | 1.696 |
| GPL | SERVITO | 0.696 |
| Metano | SERVITO | 1.410 |
Questo è il prezzo di benzina, diesel, gpl e metano di oggi 26 dicembre 2025 nella regione Piemonte.
| TIPOLOGIA | EROGAZIONE | PREZZO MEDIO |
| Gasolio | SELF | 1.632 |
| Benzina | SELF | 1.667 |
| GPL | SERVITO | 0.666 |
| Metano | SERVITO | 1.426 |
Questo è il prezzo di benzina, diesel, gpl e metano di oggi 26 dicembre 2025 nella regione Puglia.
| TIPOLOGIA | EROGAZIONE | PREZZO MEDIO |
| Gasolio | SELF | 1.632 |
| Benzina | SELF | 1.704 |
| GPL | SERVITO | 0.657 |
| Metano | SERVITO | 1.470 |
Questo è il prezzo di benzina, diesel, gpl e metano di oggi 26 dicembre 2025 nella regione Sardegna.
| TIPOLOGIA | EROGAZIONE | PREZZO MEDIO |
| Gasolio | SELF | 1.652 |
| Benzina | SELF | 1.690 |
| GPL | SERVITO | 0.796 |
Questo è il prezzo di benzina, diesel, gpl e metano di oggi 26 dicembre 2025 nella regione Sicilia.
| TIPOLOGIA | EROGAZIONE | PREZZO MEDIO |
| Gasolio | SELF | 1.651 |
| Benzina | SELF | 1.717 |
| GPL | SERVITO | 0.760 |
| Metano | SERVITO | 1.739 |
Questo è il prezzo di benzina, diesel, gpl e metano di oggi 26 dicembre 2025 nella regione Toscana.
| TIPOLOGIA | EROGAZIONE | PREZZO MEDIO |
| Gasolio | SELF | 1.634 |
| Benzina | SELF | 1.666 |
| GPL | SERVITO | 0.686 |
| Metano | SERVITO | 1.441 |
Questo è il prezzo di benzina, diesel, gpl e metano di oggi 26 dicembre 2025 nella provincia autonoma di Trento.
| TIPOLOGIA | EROGAZIONE | PREZZO MEDIO |
| Gasolio | SELF | 1.668 |
| Benzina | SELF | 1.717 |
| GPL | SERVITO | 0.725 |
| Metano | SERVITO | 1.311 |
Questo è il prezzo di benzina, diesel, gpl e metano di oggi 26 dicembre 2025 nella regione Umbria.
| TIPOLOGIA | EROGAZIONE | PREZZO MEDIO |
| Gasolio | SELF | 1.645 |
| Benzina | SELF | 1.680 |
| GPL | SERVITO | 0.694 |
| Metano | SERVITO | 1.316 |
Questo è il prezzo di benzina, diesel, gpl e metano di oggi 26 dicembre 2025 nella regione Valle d’Aosta.
| TIPOLOGIA | EROGAZIONE | PREZZO MEDIO |
| Gasolio | SELF | 1.665 |
| Benzina | SELF | 1.710 |
| GPL | SERVITO | 0.806 |
Questo è il prezzo di benzina, diesel, gpl e metano di oggi 26 dicembre 2025 nella regione Veneto.
| TIPOLOGIA | EROGAZIONE | PREZZO MEDIO |
| Gasolio | SELF | 1.627 |
| Benzina | SELF | 1.673 |
| GPL | SERVITO | 0.673 |
| Metano | SERVITO | 1.304 |
Fonte: Osservatorio prezzi Mimit
Data articolo: Fri, 26 Dec 2025 07:00:00 +0000Se un albero del condominio cade e danneggia un’auto la responsabilità si gioca sulla responsabilità da cosa in custodia prevista dall’articolo 2051 del Codice civile. La norma recita che il custode risponde dei danni cagionati dalla cosa che controlla, salvo che provi il caso fortuito. Detto in altri termini, se l’albero è collocato in un’area comune (giardino condominiale, cortile, aiuola condominiale), il custode è il condominio e quindi il primo soggetto chiamato a rispondere è proprio il condominio, non il singolo e non il destino.
La parte controintuitiva è che, con l’articolo 2051 del Codice civile, chi subisce il danno di solito non deve dimostrare che il condominio sia stato negligente nel senso tradizionale del termine. Al danneggiato serve dimostrare bene una cosa: che l’albero, quale bene in custodia, è caduto e ha provocato quei danni all’auto, ovvero il nesso causale tra caduta e danno. Il resto, cioè la prova liberatoria, tende a gravare sul custode perché il condominio per evitare di pagare deve dimostrare l’esistenza di un caso fortuito capace di spezzare la catena causale.
Il caso fortuito non è una formula da scrivere in risposta alla richiesta danni, ma un evento esterno con caratteristiche di imprevedibilità e inevitabilità tali da rendere inutile anche una custodia diligente. La Corte di Cassazione (anche in casi di alberi caduti su strada durante nubifragi) ha ragionato proprio in questi termini, usando il fortuito come spartiacque per escludere la responsabilità del custode quando l’evento atmosferico è stato così violento da essere, per così dire, rompente e non governabile.
Qui c’è la parte scomoda per il condominio: dire che c’era vento non è automaticamente fortuito perché il condominio deve dimostrare non solo l’intensità eccezionale dell’evento, ma anche che l’albero era manutenuto e non presentava segnali di criticità che, con controlli e potature, si sarebbero potuti intercettare. In altre parole più l’evento meteo è ordinario, più la difesa del fortuito diventa fragile. Al contrario, più l’evento è estremo e documentabile e più il condominio ha margini per sostenere che la caduta non era evitabile.
Un errore tipico nasce dalla percezione degli spazi: un albero può sembrare condominiale e invece essere piantato in un giardino di proprietà esclusiva (per esempio un’area pertinenziale di un appartamento al piano terra). In quel caso, il custode non è il condominio ma il proprietario del suolo e la richiesta danni va indirizzata a lui, altrimenti rischi di perderti in rimpalli che allungano solo i tempi. Questo dettaglio non è accademico perché cambia anche il percorso assicurativo: se la pianta non rientra nei beni comuni, non è scontato che la polizza condominiale intervenga, anche quando esiste.
Molti danno per scontato che il condominio abbia una polizza che copre tutto, ma la realtà è più articolata: la globale fabbricati è molto diffusa, però coperture, definizioni ed esclusioni fanno la differenza tra un sinistro gestito in modo rapido e una liquidazione che si impantana. La polizza condominiale di riferimento comprende in genere una responsabilità civile verso terzi, ma la garanzia opera nei limiti di massimali, franchigie e definizioni di cosa rientra nella copertura tra fabbricato, pertinenze, aree esterne, viali e giardini.
Alcune descrizioni di prodotti assicurativi arrivano a indicare espressamente la copertura della responsabilità civile derivante anche da viali e giardini con alberi, che è esattamente il perimetro che interessa quando un albero cade e colpisce un’auto.
La parte che spesso sfugge è il dopo: anche quando la compagnia paga il terzo danneggiato, certe condizioni possono prevedere rivalsa o regole interne che incidono sul condominio o su un singolo responsabile. Non è raro che l’assemblea si ritrovi comunque a discutere di responsabilità e ripartizioni.
Se si ha una copertura Kasko o eventi naturali sulla polizza auto si potrebbe essere risarcito più rapidamente dalla compagnia assicurativa, ma non assolve il condominio: cambia solo la gestione. La compagnia potrebbe infatti rivalersi, nei limiti e secondo contratto, sul responsabile.
Se l’albero all’interno di un’area condominiale cade e danneggia un’auto il risarcimento non è identico comunque e in ogni caso. La posizione della vettura può entrare nella valutazione, non tanto per assolvere il condominio, quanto per ragionare su un eventuale concorso di colpa del danneggiato.
Se l’auto era in sosta regolare in un’area destinata a parcheggio, la posizione è più solida e lineare. Se invece il veicolo era in un punto non destinato alla sosta o in un’area dove era prevedibile un rischio (ad esempio sotto una pianta transennata o vicino a un’area di cantiere), il custode potrebbe sostenere che il comportamento del conducente abbia contribuito al danno, e questa linea difensiva, anche quando non azzera il risarcimento, può complicare tempi e percentuali.
Se il proprietario dell’auto intende massimizzare le chance di essere risarcito deve ragionare come se il giorno dopo qualcuno invocasse il caso fortuito, perché è la difesa più frequente. Le foto e i video devono essere chiari, contestualizzati e numerosi: inquadratura del punto di caduta, posizione dell’auto, targa, danni, tronco e base della pianta, eventuali segni di marciume o rottura anomala, condizioni meteo percepibili, e dettagli su eventuali altri veicoli colpiti. Il motivo è semplice da intuire: l’albero verrà rimosso, e senza documentazione la ricostruzione diventa una narrazione contro un’altra narrazione.
Subito dopo serve individuare il custode e inviare una comunicazione tracciabile all’amministratore (se bene comune) chiedendo apertura sinistro e riferimenti della Rc condominiale oppure al proprietario dell’area se l’albero non è comune.
Se l’albero è comune e non ci sono elementi robusti per sostenere un fortuito, la traiettoria più probabile è che risponda il condominio come custode, in base all’articolo 2051 del Codice civile, in genere tramite assicurazione.
Se invece l’evento atmosferico è stato estremo e documentabile e il condominio riesce a dimostrare una gestione diligente del patrimonio arboreo, allora il caso fortuito può diventare una difesa, come mostrano anche gli orientamenti legati alle vicende di alberi caduti durante nubifragi.
Data articolo: Fri, 26 Dec 2025 05:00:27 +0000Il panorama motoristico contemporaneo si trova di fronte a un paradosso: mentre le normative ambientali spingono verso l’elettrificazione totale, la ricerca ingegneristica sta dimostrando che il motore a combustione interna ha ancora margini di miglioramento straordinari. La sfida non è più soltanto aumentare la potenza, ma riscrivere le leggi della termodinamica per tentare di eliminare gli inquinanti alla radice.
In questo contesto di innovazione radicale si inserisce la tecnologia RCCI (Reactivity Controlled Compression Ignition). Non è semplicemente una nuova configurazione meccanica, ma un cambio di paradigma nella gestione della combustione. Basandosi sul concetto di “Dual-Fuel”, questa tecnologia sfrutta l’interazione intelligente tra due carburanti dalle proprietà opposte — la benzina o il gas naturale e il gasolio — per ottenere un controllo senza precedenti sul processo di accensione. Il risultato è un sistema che eredita l’elevata efficienza dei motori Diesel, ma con emissioni di ossidi di azoto e particolato drasticamente ridotte, spesso vicine ai limiti del rilevabile. Analizzare la tecnologia RCCI significa dunque esplorare il futuro della combustione pulita: una sinergia perfetta tra chimica dei carburanti, fluidodinamica avanzata e gestione elettronica del calore.
Il cuore pulsante della tecnologia RCCI risiede nella gestione intelligente della reattività chimica all’interno del cilindro. A differenza dei motori tradizionali che utilizzano un solo tipo di carburante, questo sistema si basa sull’introduzione di due sostanze con caratteristiche opposte.
Durante la fase di aspirazione o nelle prime fasi della compressione, viene iniettato un combustibile a bassa reattività , come la benzina o il metano nei condotti di aspirazione, che si miscela uniformemente con l’aria formando una carica premiscelata magra. Successivamente, in prossimità del punto morto superiore, una serie di iniezioni dirette di un combustibile ad alta reattività , tipicamente il gasolio, agisce come un innesco distribuito. Questa strategia permette di controllare l’accensione non attraverso una scintilla o una singola iniezione violenta, ma modulando localmente la composizione chimica della miscela, permettendo una propagazione del fronte di fiamma estremamente regolare e controllata.
Uno degli aspetti più innovativi dell’RCCI è la sua appartenenza alla categoria delle combustioni a bassa temperatura. Nei motori Diesel convenzionali, le zone di combustione raggiungono picchi termici elevatissimi che favoriscono la reazione tra azoto e ossigeno. L’approccio RCCI evita queste criticità grazie alla natura altamente diluita della carica e alla distribuzione spaziale del combustibile.
Poiché la reazione chimica avviene in modo più omogeneo e meno concentrato, l’energia termica viene rilasciata in modo più uniforme in tutto il volume della camera. Questo fenomeno riduce drasticamente le temperature massime raggiunte durante il ciclo, minimizzando le perdite di calore attraverso le pareti del cilindro e impedendo la formazione dei sottoprodotti termici tipici della combustione incompleta o eccessivamente violenta.
L’efficienza termodinamica del ciclo RCCI supera spesso sia quella del ciclo Otto che quella del ciclo Diesel tradizionale. Questo incremento prestazionale deriva dalla combinazione di diversi fattori fisici. Da un lato, la possibilità di utilizzare rapporti di compressione elevati, tipici dei motori ad accensione spontanea, garantisce una trasformazione efficiente dell’energia chimica in lavoro meccanico.
Dall’altro, la velocità di combustione ottimizzata permette di completare la reazione molto vicino al punto morto superiore, massimizzando l’espansione dei gas. Inoltre, la riduzione delle perdite per pompaggio e la minore dissipazione di calore verso l’impianto di raffreddamento si traducono in un consumo specifico di combustibile sensibilmente inferiore, rendendo questa tecnologia estremamente attraente per le applicazioni a lungo raggio.
Nella storia motoristica, la riduzione degli ossidi di azoto e del particolato è sempre stata oggetto di un compromesso: le strategie che riducevano l’uno tendevano ad aumentare l’altro. L’tecnologia RCCI rompe questo circolo vizioso agendo sulla chimica fondamentale della combustione. L’assenza di zone eccessivamente ricche di combustibile impedisce la formazione di nuclei di particolato, mentre le basse temperature operative bloccano la sintesi degli ossidi di azoto. Questo significa che un motore RCCI è in grado di rispettare i limiti sulle emissioni allo scarico in modo intrinseco, riducendo drasticamente la dipendenza da sistemi di post-trattamento complessi e costosi come i filtri antiparticolato (DPF) o i sistemi di riduzione catalitica selettiva (SCR) alimentati ad urea.
La versatilità rappresenta un pilastro fondamentale per l’adozione dell’RCCI su larga scala. Poiché il sistema si basa sulla differenza di reattività tra due combustibili, esso si presta naturalmente all’integrazione di carburanti rinnovabili e sintetici. È possibile, ad esempio, utilizzare l’etanolo o il metanolo come combustibile a bassa reattività , accoppiandoli a biodiesel o oli vegetali idrogenati per l’innesco. Questa flessibilità permette di adattare il motore alle disponibilità energetiche regionali e di ridurre ulteriormente l’impronta di carbonio totale del veicolo, trasformando il motore a combustione interna in un convertitore di energia neutro dal punto di vista della CO2 se alimentato con e-fuels o biocombustibili avanzati.
Nonostante i vantaggi evidenti, l’implementazione industriale dell’RCCI deve affrontare ostacoli ingegneristici non trascurabili. La complessità principale risiede nella necessità di gestire due sistemi di alimentazione e iniezione separati, il che aumenta i costi di produzione e i requisiti di spazio a bordo del veicolo. Inoltre, il controllo della combustione richiede una potenza di calcolo delle centraline elettroniche molto elevata per gestire in tempo reale le variazioni di carico e di regime, garantendo la stabilità del ciclo in ogni condizione climatica e operativa. Anche il controllo dei livelli di idrocarburi incombusti e monossido di carbonio ai bassi carichi rimane una sfida aperta, che richiede strategie di calibrazione estremamente sofisticate e un monitoraggio costante della pressione in camera di combustione.
L’evoluzione della tecnologia RCCI si posiziona come un ponte fondamentale verso una mobilità sostenibile, specialmente laddove l’elettrificazione pura incontra limiti fisici ed economici. Nel settore del trasporto pesante transcontinentale, nel trasporto ferroviario non elettrificato e nella propulsione navale, questa tecnologia offre una soluzione concreta per abbattere l’inquinamento locale e globale senza rinunciare alle densità energetiche dei combustibili liquidi. Il futuro dell’RCCI sarà probabilmente legato allo sviluppo di sensori sempre più precisi e all’integrazione di algoritmi di intelligenza artificiale per l’ottimizzazione dinamica della miscela, rendendo i motori termici dei dispositivi ad altissima precisione capaci di convivere con i target di sostenibilità più ambiziosi del prossimo decennio.
Data articolo: Thu, 25 Dec 2025 08:35:23 +0000Negli ultimi mesi il web si è popolato di annunci allettanti: tra patenti a 300 euro, esami garantiti e corsi da poter frequentare online le promesse non mancano. In un periodo in cui la patente costa sempre di più è facile rendere appetibili questi slogan, ma quando un’offerta è troppo bella per essere vera, dietro si può nascondere una truffa, che in questo caso sta colpendo centinaia di persone in tutta Italia.
Il copione è quasi sempre lo stesso. Sui social network o tramite annunci sponsorizzati compaiono presunte autoscuole online che promettono percorsi semplificati per ottenere la patente. Le formule sono accattivanti: lezioni completamente a distanza, tempi rapidissimi, costi nettamente inferiori rispetto a quelli delle autoscuole tradizionali. In alcuni casi si arriva persino a suggerire che l’esame non sia necessario, oppure che venga gestito internamente, senza ulteriori specifiche. Un messaggio che fa breccia soprattutto tra i neo diciottenni, gli stranieri o chi è stato già bocciato ed è alla ricerca di una via facile.
Il primo contatto avviene quasi sempre via chat: WhatsApp, Telegram o Messenger. Dall’altra parte, qualcuno che si presenta come un Responsabile Didattico o Referente Legale rassicura, spiega che tutto è regolare e invita a procedere velocemente, perché i posti sono limitati.
Il punto di svolta arriva al momento del pagamento. Le cifre richieste sono apparentemente contenute, spesso tra i 200 e i 600 euro, e vengono giustificate come tassa d’iscrizione o blocco pratica. Il pagamento, però, non avviene mai tramite canali ufficiali: niente POS, niente bonifici intestati a scuole guida riconosciute. Si parla di ricariche, carte prepagate, trasferimenti istantanei.
Una volta incassato il denaro, qualcosa inizia a cambiare. Le risposte diventano più lente, le scuse aumentano, spuntano problemi tecnici e voci robotiche preregistrate. Nel giro di pochi giorni, i siti smettono di funzionare, i numeri non rispondono più e i profili social spariscono. In molti casi, oltre al danno economico, c’è anche quello legato ai dati personali. Ai truffatori vengono spesso inviati documenti, firme, copie della carta d’identità o del codice fiscale. Materiale che può essere riutilizzato per altre truffe o attività illecite. Il risultato? Soldi persi, nessuna patente e, nella migliore delle ipotesi, la necessità di ricominciare tutto da capo in un’autoscuola vera.
Qui entra in gioco un punto fondamentale, spesso ignorato. In Italia non è possibile conseguire la patente online. Il decreto ministeriale n. 317 è chiaro: la formazione per la patente deve avvenire presso autoscuole autorizzate, con lezioni in presenza e procedure ben definite. Alcuni strumenti digitali sono ammessi come supporto, ma non possono sostituire la frequenza obbligatoria né tantomeno gli esami ufficiali, che si svolgono esclusivamente presso la Motorizzazione. Chi promette il contrario, semplicemente, mente.
Difendersi è semplice, a patto di mantenere un minimo di attenzione. La prima regola è diffidare sempre di chi promette scorciatoie. La patente, per legge, prevede esami teorici e pratici: non esistono alternative.
È importante evitare corsi online, verificare che l’autoscuola sia realmente iscritta agli elenchi ufficiali e non effettuare pagamenti su carte personali o ricaricabili. Mai inviare firme o documenti a sconosciuti, soprattutto se il contatto avviene solo via chat. Un controllo veloce su internet, una telefonata alla Motorizzazione o una verifica incrociata possono fare la differenza tra un risparmio apparente e una truffa vera e propria.
Data articolo: Thu, 25 Dec 2025 07:55:06 +0000Nel mondo dell’auto elettrificata si parla spesso di batterie più grandi, di autonomie record e di ricariche sempre più rapide, sono temi importanti, certo, ma non raccontano tutta la storia che ci sta dietro. Sempre più spesso infatti, il vero salto in avanti non arriva da un componente fisico facilmente riconoscibile, ma da qualcosa di molto meno appariscente, nascosto nel software e nella logica di controllo del veicolo.
È proprio in questa direzione che si muove Marelli con la nuova tecnologia di Intelligent Energy Management, presentata a Berlino durante Simposio CTI 2025, un importante appuntamento dedicato allo sviluppo dei powertrain. Un approccio che sposta l’attenzione dall’hardware della batteria al “cervello†che governa l’energia, e che racconta molto di come sta cambiando il modo di progettare veicoli ibridi ed elettrici.
La scelta di Berlino non è casuale, in quanto la capitale tedesca è da tempo uno dei punti di riferimento europei per il confronto tra costruttori, fornitori e sviluppatori di tecnologie automotive, soprattutto quando si parla di elettrificazione e software. In questo contesto Marelli ha deciso di mostrare una soluzione che non punta a stupire con effetti speciali, ma a convincere con logica, efficienza e concretezza. L’Intelligent Energy Management nasce come risposta a una domanda sempre più pressante: come gestire in modo davvero intelligente l’energia all’interno di veicoli che diventano ogni anno più complessi, più connessi e più dipendenti dal software. Una domanda che riguarda tanto i modelli completamente elettrici quanto le architetture ibride e plug-in, dove l’equilibrio tra motore termico, motore elettrico e batteria è tutto fuorché banale.
L’idea alla base della soluzione Marelli è semplice solo in apparenza. Invece di concentrarsi esclusivamente sul miglioramento dei singoli componenti hardware, il sistema lavora sull’orchestrazione complessiva del powertrain, mettendo in relazione ogni flusso di energia disponibile nel veicolo. Motore elettrico, batteria, sistemi di recupero, motore termico nei modelli ibridi, carichi ausiliari: tutto viene osservato, previsto e gestito in modo coordinato. È qui che entra in gioco il concetto di digital twin, una copia digitale del sistema reale che permette di simulare comportamenti, anticipare scenari e ottimizzare strategie prima ancora che il veicolo venga messo su strada.
Non si tratta solo di controllo, ma di previsione e adattamento continuo, un po’ come avere un navigatore che non si limita a indicare la strada, ma ricalcola costantemente il percorso in base a traffico, stile di guida e condizioni esterne. Digital twin è uno di quei termini che spesso sembrano astratti, ma che in questo caso trovano una traduzione molto concreta. Nel sistema Marelli il gemello digitale consente agli ingegneri di replicare virtualmente il comportamento energetico del veicolo, testando diverse configurazioni senza dover costruire prototipi fisici a ogni interazione.
Questo significa ridurre drasticamente i tempi di sviluppo e, allo stesso tempo, arrivare a soluzioni più raffinate e meno conservative. In pratica è possibile capire in anticipo come reagirà il sistema a una certa strategia di gestione dell’energia, a un diverso dimensionamento della batteria o a una specifica architettura software-defined. Un vantaggio non da poco in un settore dove ogni mese risparmiato nello sviluppo può fare la differenza tra arrivare primi sul mercato o inseguire la concorrenza.
L’Intelligent Energy Management di Marelli nasce già pensando ai veicoli dipendenti dal software di bordo, quelli in cui il comportamento dell’auto non è scolpito nell’hardware ma modellato dal software. In queste architetture, sempre più diffuse, le funzioni vengono aggiornate, migliorate e adattate nel tempo, spesso anche dopo l’uscita dalla fabbrica. Il sistema di gestione dell’energia si inserisce perfettamente in questo contesto, perché può evolvere insieme al veicolo. Nuove strategie di ottimizzazione, miglioramenti nell’efficienza o adattamenti a normative diverse possono essere implementati senza stravolgere l’hardware esistente.
Uno degli aspetti più interessanti della tecnologia Marelli è il modo in cui affronta il tema dei consumi, dove invece di puntare tutto sull’aumento della capacità della batteria (scelta che porta con sé peso, costi e complessità ), il sistema lavora sull’uso più intelligente dell’energia già disponibile. Attraverso strategie avanzate di controllo, il powertrain viene gestito in modo da evitare sprechi, massimizzare il recupero e distribuire l’energia dove serve davvero. È un approccio che ricorda quello di una casa ben progettata: non basta avere una caldaia potente, serve anche un buon isolamento e una gestione intelligente del riscaldamento. Il risultato è un miglioramento dell’efficienza complessiva senza ricorrere a soluzioni drastiche o costose sul piano hardware.

Oltre ai benefici sul veicolo finale, l’Intelligent Energy Management promette vantaggi significativi anche durante la fase di progettazione. Ridurre il numero di iterazioni fisiche, semplificare l’integrazione dei sistemi e lavorare su una piattaforma software flessibile significa abbattere i costi di sviluppo. Per i costruttori questo si traduce in investimenti più mirati e in una maggiore capacità di adattarsi a mercati e normative diverse. Non è un dettaglio secondario, soprattutto in una fase storica in cui l’elettrificazione richiede ingenti risorse economiche e una pianificazione molto attenta, inoltre la possibilità di testare e validare soluzioni in ambiente virtuale diventa quindi un alleato prezioso, quasi indispensabile.
Un altro punto chiave riguarda l’integrazione con le architetture esistenti, per il motivo semplice che i veicoli moderni sono sistemi estremamente complessi, composti da decine di centraline e milioni di righe di codice. Inserire una nuova tecnologia senza creare conflitti o inefficienze è spesso una delle sfide più grandi per gli ingegneri. Il sistema Marelli è stato progettato proprio per ridurre questa complessità , dialogando in modo fluido con le piattaforme software-defined e adattandosi a configurazioni diverse. In altre parole, meno lavoro di cucitura e più spazio per concentrarsi sulle prestazioni e sull’affidabilità complessiva del veicolo.
Uno degli aspetti più convincenti dell’Intelligent Energy Management è la sua versatilità , dato che non si tratta di una tecnologia pensata solo per un tipo di veicolo, ma di una piattaforma adattabile a diverse architetture. Nei modelli ibridi può ottimizzare il dialogo tra motore termico ed elettrico, scegliendo di volta in volta la strategia più efficiente. Nei plug-in hybrid diventa uno strumento fondamentale per gestire la transizione tra guida elettrica e supporto del motore a combustione. Nei veicoli completamente elettrici, infine, permette di sfruttare al meglio ogni kilowattora disponibile, migliorando autonomia e coerenza delle prestazioni.
La presentazione di Marelli racconta anche un’altra storia, meno evidente ma altrettanto importante, dove si evidenzia che sempre più spesso sono i grandi fornitori tecnologici a dettare il ritmo dell’innovazione nel settore automotive. Non solo componenti, ma vere e proprie piattaforme software che influenzano il modo in cui i veicoli vengono concepiti fin dalle prime fasi di progetto. In questo scenario Marelli si posiziona come partner strategico, capace di offrire non solo hardware ma competenze digitali avanzate. Un ruolo che diventa centrale man mano che l’auto si trasforma in un sistema complesso, dove l’intelligenza conta quanto la meccanica.
Guardando al quadro generale, l’Intelligent Energy Management rappresenta più di una semplice novità tecnologica, è il segnale di un cambio di prospettiva, in cui il valore non sta solo nella capacità della batteria o nella potenza del motore elettrico, ma nella capacità di coordinare tutto in modo armonico. Il software diventa l’elemento che permette di ottenere di più con meno, riducendo sprechi e aumentando la flessibilità progettuale. È una filosofia che probabilmente vedrà applicazioni sempre più ampie nei prossimi anni, man mano che i veicoli elettrificati diventeranno la norma e non l’eccezione. E in questo percorso, soluzioni come quella presentata da Marelli potrebbero giocare un ruolo decisivo, anche se lontano dai riflettori.
Data articolo: Thu, 25 Dec 2025 06:00:38 +0000Quando si parla di auto di lusso a noleggio entra in gioco un mix di immagine, prestazione, rischio e regole contrattuali che nel noleggio tradizionale restano in genere sullo sfondo. Il lusso non è solo pelle e cavalli: è soprattutto valore assicurativo elevato, rischio di danni costosi e necessità per l’operatore di selezionare il cliente perché una supercar non è un bene sostituibile come una compatta di flotta.
Ci sono allora nette differenze tra premium (berline e SUV di alta gamma) e supercar (Ferrari, Lamborghini, McLaren) con l’asticella di requisiti e garanzie che sale man mano che sale la posta. Le società specializzate nel noleggio di auto di lusso propongono preventivi su misura e se è vero che questo tipo di servizio è nato e si è sviluppato soprattutto in ambito aziendale, è altrettanto vero che negli ultimi anni sta conquistando spazio anche tra i clienti privati. Molti appassionati sognano di guidare vetture di alta gamma, ma l’elevato costo di acquisto e le spese di gestione sono spesso un ostacolo difficile da superare.
Sulla carta, alcune società di noleggio generaliste consentono il noleggio già a 18 anni, ma con limiti di categoria e con un supplemento young driver sotto i 25 anni perché il rischio percepito è più alto e viene prezzato. Nel mondo supercar la selezione diventa più rigida: molte policy fissano soglie come 25 anni di età minima, talvolta anche 30 anni per modelli più estremi, e richiedono patente conseguita da almeno 3 anni insieme a garanzie finanziarie.
In relazioni ai documenti da presentare al noleggiatore, la base è semplice e non cambia quasi mai: patente, documento d’identità e carta di credito o comunque uno strumento di pagamento accettato dal locatore. Poi arriva la parte che crea problemi ai clienti stranieri e talvolta anche agli italiani: la questione della patente internazionale. In alcune situazioni non è obbligatoria in senso assoluto, ma può essere richiesta o comunque raccomandata se la patente non è facilmente interpretabile nel Paese di noleggio o se l’operatore adotta policy prudenziali.
Per capire perché tanta gente potrebbe “sulla carta†noleggiare una supercar ma poi non ci riesce bisogna guardare alla carta di credito e al deposito. Il settore vive di pre-autorizzazioni e garanzie: l’operatore blocca una somma a tutela di danni, franchigie, extra chilometrici, penali e costi accessori, e se il plafond non regge, il noleggio salta anche se si possiedono tutti i requisiti anagrafici.
Qui va chiarito un punto che molti automobilisti scoprono tardi: non si sta pagando quella cifra, ma la stanno bloccando, e nel frattempo quel denaro o quel plafond smette di essere disponibile per alberghi, voli, cauzioni di hotel e spese del viaggio.
Uno dei vantaggi principali del noleggio a lungo termine è proprio la certezza del costo totale per l’intera durata del contratto. A cui si aggiunge l’eliminazione di ogni incombenza burocratica legata all’acquisto e alla gestione dell’auto. Il noleggio permette di vivere l’esperienza di una vettura di alta gamma per un periodo definito, anche senza anticipo, salvo diverse condizioni previste da alcune società .
I prezzi nel noleggio di lusso non sono una tabella universale perché cambiano con città , stagionalità , giorni minimi, chilometri inclusi, coperture e modello, ma qualche riferimento reale si trova nei listini pubblici degli operatori. Per dare un ordine di grandezza ci riferiamo a tariffe attorno a 950 – 1.000 euro al giorno per modelli di fascia alta e performance. Quando si entra su modelli più estremi o pacchetti con chilometraggi e durate diverse, i numeri possono salire anche a 2.400 euro per 1 giorno con 150 chilometri, e poi scendono su più giorni, segnale tipico di un pricing che premia la durata ma tiene stretto sui chilometri.
Nel noleggio tradizionale l’automobilista è abituato a pacchetti più elastici, ma sulle supercar è normale trovare limiti di km e costi extra molto tutt’altro che secondari perché l’usura e il rischio si misurano anche così. Questo è il motivo per cui i contratti parlano quasi ossessivamente di chilometri inclusi, perché per l’operatore è una variabile di controllo del rischio e per il guidatore è una variabile che decide se il noleggio resta un capriccio gestibile o diventa un buco nel budget.
Se molti automobilisti si tranquillizzano con la parola assicurazione, nel lusso la domanda corretta è: “Quanta parte del danno resta comunque a me?â€. Nel lessico del noleggio di fascia alta, franchigia e scoperto rischiano di essere confusi, ma per il portafogli sono due concetti diversi. La franchigia è una cifra fissa che resta a carico del conducente in caso di danno coperto mentre lo scoperto è una percentuale del danno che si paga comunque, e su una supercar anche una percentuale piccola diventa in fretta un numero grande.
Il punto è che alcune formule pubblicizzano kasko o coperture complete ma poi lasciano in piedi una franchigia alta oppure escludono alcune parti del veicolo. Qui cade l’illusione del tutto coperto. La riga che conta nel contratto non è il nome della copertura, ma la frase dove si definisce l’importo massimo di tua responsabilità economica. Nel noleggio di lusso c’è poi l’ossessione della tracciabilità . Significa che l’intestatario del contratto, il conducente principale e la carta usata come garanzia devono essere coerenti perché l’operatore vuole ridurre frodi e contestazioni.
Con le auto di lusso si entra in una zona in cui un danno banale, che su un’utilitaria sarebbe un fastidio, diventa una spesa consistente. I cerchi in lega di grandi dimensioni, gli pneumatici ribassati e le parti basse del sottoscocca sono i primi a pagare il prezzo di marciapiedi, rampe ripide, pavé e buche: sono gli scenari urbani in cui spesso si usa una vettura da sogno.
Molti contratti trattano in modo rigido i danni a gomme e cerchi oppure li considerano in modo separato rispetto alla kasko generica. Qui rischia di nascere la frizione: il cliente pensa di essere coperto, l’operatore gli mostra una clausola e la discussione si sposta sul perimetro della copertura. Per ridurre il rischio conta la prudenza di guida, certo, ma conta anche farsi spiegare prima se cerchi e pneumatici sono inclusi o se restano una voce a carico del locatario.
Data articolo: Thu, 25 Dec 2025 05:00:19 +0000Guidare e guardare lo schermo del telefono è una delle abitudini più pericolose dell’era digitale. Se consultare le mappe o cambiare canzone può essere pericoloso, avviare una diretta social può diventare fatale. Questo è ciò che è successo negli Stati Uniti, dove una streamer di 43 anni ha investito e ucciso un pedone mentre era impegnata a trasmettere una live su TikTok. Una leggerezza che ora costerà cara alla donna, entrata al centro del dibattito per il rapporto tra social network e sicurezza stradale.
Il tragico incidente si è svolto lo scorso 3 novembre a Zion, cittadina a nord di Chicago, sulle rive del lago Michigan. Un uomo di 59 anni stava attraversando a piedi un’incrocio mentre un’auto l’ha travolto. A bordo della vettura una donna che si è subito fermata a prestare soccorso, ma nonostante questo l’uomo è deceduto al pronto soccorso per le ferite riportate.
La conducente è rimasta per collaborare con gli agenti intervenuti per i rilievi e raccontare la propria versione. In un primo momento, infatti, non era emerso nulla che portasse a un arresto immediato. L’incidente era stato inizialmente classificato come un tragico sinistro stradale, uno dei tanti che purtroppo avvengono ogni giorno sulle strade americane.
La situazione è cambiata radicalmente nelle ore successive. Gli investigatori hanno scoperto che, al momento dell’incidente, la donna era in diretta su TikTok. Una prova schiacciante è arrivata proprio dal video della live dell’account “TeaTyme” collegato alla sua persona, nel quale si sentirebbe l’impatto e, successivamente, la 43enne ammettere preoccupata di aver colpito qualcuno. Un dettaglio che ha aggravato ulteriormente la sua posizione: a bordo dell’auto, secondo quanto emerso, era presente anche un bambino.
I giorni dopo l’accaduto, l’account TikTok della donna è stato reso privato. Alcuni elementi della sua biografia, come il riferimento alla città di Zion, sono stati rimossi. Non solo: qualche tempo dopo, la tiktoker avrebbe avviato un’altra diretta, questa volta per chiedere donazioni tramite Cash App. Secondo quanto dichiarato, il denaro sarebbe servito per prendersi una pausa dai social. Un comportamento che scoperta la storia, ha sollevato ulteriori polemiche e indignazione.
Alla luce delle nuove prove, la donna è stata arrestata con l’accusa di omicidio colposo e guida pericolosa. Negli Stati Uniti, casi come questo vengono trattati con grande severità , soprattutto quando è dimostrato che la distrazione alla guida ha avuto un ruolo determinante. Trasmettere una diretta mentre si è al volante equivale, di fatto, a utilizzare il telefono in modo attivo e prolungato, una violazione che può trasformarsi in reato penale se provoca un incidente mortale.
Le autorità stanno ora valutando anche eventuali aggravanti, come la presenza del minore in auto e il comportamento tenuto dopo l’incidente. Il processo chiarirà quali saranno le conseguenze legali, ma il rischio per la 43enne è quello di una condanna severa, con anni di carcere e la revoca della patente.
TikTok, come altre piattaforme, vieta esplicitamente ai conducenti di veicoli di effettuare live streaming mentre guidano. Una regola pensata per tutelare la sicurezza, ma che nella pratica può essere aggirata. Sono molti gli utenti che utilizzano sfondi personalizzati per eludere i controlli automatici dell’applicazione, continuando a trasmettere anche mentre sono al volante.
Questo episodio dimostra quanto il problema sia concreto e attuale. La ricerca di visibilità , like e donazioni può spingere alcune persone a sottovalutare i rischi, trasformando l’auto in uno studio televisivo improvvisato. Ma la strada non perdona distrazioni: bastano pochi secondi con gli occhi sullo schermo per cambiare una vita.
Data articolo: Wed, 24 Dec 2025 14:02:46 +0000Per anni l’hanno dipinta come una delle chiavi del futuro dell’auto. Quelle parole sono oggi invecchiate male e si trasformano in un ammonimento: quando le promesse arrivano troppo presto, rischiano di implodere. Luminar, startup statunitense nata nel 2012 con l’obiettivo di portare il Lidar dentro la produzione di massa, ha imboccato la strada che porta all’uscita di scena. La fermata finale di un percorso partito sotto i migliori auspici e proseguito tra mille difficoltà , frenato da forze di causa maggiore alle quali non si è saputo trovare rimedio, nonostante gli sforzi dell’azienda per invertire la rotta e riportare la nave verso acque più tranquille.
Sembra passato un secolo dal momento di massimo splendore di Luminar, coinciso con la capitalizzazione di circa 12 miliardi di dollari, indicativa sul clima finanziario dell’epoca attorno al progetto. Investimenti, partnership e memorandum d’intesa davano slancio al marchio, attirati dal potenziale tecnologico del Lidar, l’elemento, almeno sulla carta, destinato a colmare i limiti delle telecamere, l’alleato “definitivo” per la guida autonoma di livello avanzato. Si gettavano le basi di una nuova era, mai del tutto concretizzata.
I primi sospetti sulla solidità dell’operazione risalgono alla quotazione in Borsa nel 2020, sotto forma di Spac. A posteriori è facile affermarlo, ma fin da allora, fin dalla formula adottata, era chiaro che il piano reggeva sulle aspettative, anziché su ricavi veri e propri. In un settore dove i tempi industriali talvolta differiscono da quelli finanziari, Luminar ha retto sulle proprie spalle una pressione crescente e alla fine ne è rimasta inesorabilmente schiacciata. L’adozione del Lidar sulle auto di serie ha continuato a procedere molto più lentamente di quanto gli investitori fossero disposti ad accettare.
Alla crescente visibilità ha fatto seguito un progressivo tracollo, al punto da quasi azzerare il valore del titolo e togliere credibilità alla società . La richiesta di Chapter 11 negli Stati Uniti mette la parola conclusiva su una vicenda partita in modo arrembante, per poi naufragare. Nel caso di Luminar, il processo serve a smontare la macchina pezzo per pezzo: come chiarito dalla stessa azienda agli investitori, l’obiettivo è vendere i principali asset per saldare i debiti.
Il primo tassello è già stato mosso. La divisione semiconduttori, quella con i margini maggiori e un futuro spendibile fuori dall’automotive, verrà ceduta a Quantum Computing Inc per 110 milioni di dollari, mentre sguazza nell’incertezza il destino del cuore storico dell’azienda, la parte dedicata ai Lidar: al momento nessun acquirente ha bussato alla porta. Secondo il piano presentato, tutte le operazioni di vendita dovrebbero chiudersi entro gennaio 2026, dopodiché di Luminar resterà poco più di un nome nei documenti.
Oltre alla lentezza del mercato, sul destino infelice della compagnia hanno inciso i grandi, ma poco prolifici accordi industriali, tra cui spicca il caso Volvo, che aveva scelto il Lidar Luminar per equipaggiare modelli chiave come EX90 ed ES60, diventando il simbolo di una visione tecnologica avanzata. Poi sono arrivati i rinvii, i problemi di integrazione software e lo scioglimento della collaborazione per l’insoddisfazione di entrambe le parti. La Casa svedese ha iniziato a ridurre la propria esposizione, fino a eliminare del tutto il Lidar dalle versioni più recenti dei modelli interessati.
Data articolo: Wed, 24 Dec 2025 10:44:42 +0000Non fa gridare al miracolo, ma migliora esattamente lì dove serve. Con il Model Year 2026, Hyundai mette mano alla i20, uno dei suoi modelli più solidi, scegliendo la strada della razionalità , priva di elementi superflui che confonderebbero soltanto. Ne nasce un modello coerente con l’identità storica del marchio coreano, punto fermo del segmento B, soprattutto in Italia, dove ha superato quota 140.000 unità vendute in una carriera pluriventennale.
Il segmento delle compatte è sotto pressione, schiacciato tra normative sempre più stringenti e clienti esigenti sulle dotazioni tecnologiche, in particolare quelle riguardanti la sicurezza. Invece di proporre un’infinità di varianti, la Casa asiatica punta su un’unica motorizzazione, aiutando la clientela a orientarsi.
Sotto il cofano il benzina 1.0 T-GDi da 90 CV, omologato Euro 6E-bis, manda in pensione le precedenti varianti, così da semplificare l’offerta e allineare la vettura alle esigenze reali del mercato. Nell’uso quotidiano il tre cilindri turbo assicura una buona elasticità e consumi moderati, abbinato a due tipologie di trasmissione: manuale a sei rapporti oppure doppia frizione 7DCT.
Del resto, la gamma prevede appena due allestimenti, in netto contrasto con la media delle produzioni oggi in vendita. I prezzi di listino dell’entry-level Connectline dotata di cambio manuale partono da 21.850 euro (23.350 euro con il 7 DCT), abbastanza per avere cerchi in lega da 16 pollici, una strumentazione d’infotainment completa e tecnologie ausiliarie alla guida di alto livello. In cima alla scala si colloca la Prime, che si rivolge a chi desidera qualcosa in più in termini di estetica e comfort: fari Full LED, cerchi da 17â€, vetri oscurati, climatizzatore automatico, interni più curati, luci ambiente e ricarica wireless. Prezzi da 23.350 euro con manuale e 24.850 euro con doppia frizione.
Per quanto riguarda l’immagine, la i20 MY26 conserva le linee tese e le proporzioni compatte, che strizzano l’occhio alla sportività entro certi limiti. A bordo, l’abitacolo fa sempre leva su spazi generosi, nonché su un’ergonomia studiata in maniera scrupolosa e su comandi facili da utilizzare. Hyundai mantiene il solito piglio pragmatico tanto caro al pubblico di riferimento.
La tecnologia rimane uno dei punti cardine dell’aggiornamento. Il doppio display da 10,25 pollici per strumentazione e infotainment è ormai uno standard di categoria, ma sulla i20 funziona bene ed è integrato con navigazione, Apple CarPlay e Android Auto. A completamento del pacchetto, i servizi Bluelink e gli aggiornamenti OTA (da remoto) corroborano le ambizioni di leadership commerciale nel segmento B. Non è tanto una questione di effetti sorprendenti, quanto semmai di intelligente applicazione delle risorse messe sul tavolo.
Hyundai non si risparmia nemmeno sul fronte della sicurezza. Già dall’allestimento base la suite SmartSense dà un prezioso aiuto al conducente nelle manovre di ogni giorno, includendo ADAS avanzati come la frenata automatica con riconoscimento di veicoli, pedoni e ciclisti, il mantenimento attivo della corsia, la gestione automatica degli abbaglianti, il monitoraggio dell’attenzione del conducente e il riconoscimento dei limiti di velocità . Se fino a poco tempo fa queste dotazioni erano appannaggio di segmenti superiori, ora accompagnano anche le city-car di nuova generazione.
Data articolo: Wed, 24 Dec 2025 09:37:55 +0000Quando nel 1956 la Fiat-Abarth 750 Record viene svelata al Salone di Torino, il pubblico rimane spiazzato. Non assomiglia a nulla di ciò che si è visto fino a quel momento: ha una linea che più che a un’auto, somiglia a un’esperimento aeronautico poggiato su quattro ruote. E in effetti lo scopo non è piacere, ma andare più veloce possibile, consumando il meno possibile, per dimostrare che l’ingegno può compensare la mancanza di cilindrata.
A Carlo Abarth interessa presentare al mondo una vettura da record, manifesto tecnico e comunicativo di ciò che può dare al mondo del motorsport. Le basi di una stagione incredibile per la Casa dello Scorpione sono poggiate e la 750 Record si prepara a diventare la capostipite di una dinastia di Abarth nate per far parlare di se, non per la vendita di massa.
Alla base della Fiat-Abarth 750 Record c’è un’auto tra le più popolari del momento: la Fiat 600. Una scelta orientata a portare l’attenzione della sportività nelle categorie minori, quelle in cui i limiti stringenti di cilindrata obbligano gli ingegneri a lavorare sul rapporto tra prestazioni, affidabilità e costi. Insomma, un laboratorio eccellente per la creazione di tecnologie adatte alle vetture di tutti i giorni, in cui tra l’altro, le persone possano guardare con interesse.
La 750 Record nasce così per competere nella Classe H, riservata alle vetture comprese tra 500 e 750 cc. Il cuore del progetto è il quattro cilindri della 600 “derivazione Abarth 750â€, profondamente rivisto dallo Scorpione con un’aumento di cilindrata e potenza. Sempre con la compatta Fiat condivide tanti elementi, tra sterzo e sospensioni, nonostante il progetto della 750 Record sia molto più di una semplice elaborazione.
Sotto questa linea inconfondibile si nasconde un lavoro massiccio per ridurre il peso. I tecnici Abarth riescono a far segnare alla bilancia appena 385 kg, un valore incredibile anche per l’epoca. Un risultato derivato da una struttura ridotta all’osso, con freni montati solo sull’avantreno, soluzione che comunica bene l’estrema filosofia dietro al progetto.  Il cambio è a tre marce, con un rapporto al ponte molto lungo, pensato per sfruttare al massimo l’aerodinamica e mantenere una velocità di crociera elevata. Il risultato è sorprendente: con appena 47 CV, la 750 Record supera i 190 km/h, un dato che ancora oggi fa riflettere.
Un lavoro meccanico incredibile viene accompagnato da un design esterno in grado di portare l’aerodinamica a livelli mai visti fino a quel momento. La matita della Fiat-Abarth 750 Record è Franco Scaglione, uno dei design italiani più visionari di sempre, che ha firmato capolavori come la Lamborghini 350 GT. A dare vita alla scocca disegnata da Scaglione è Carrozzeria Bertone, insieme riescono a sviluppare una forma portata all’estremo, disegnata in ogni curva per agevolare le esigenze aerodinamiche di velocità e controllo.
La silhouette è quella che le farà guadagnare soprannomi come “disco volante†o “frecciaâ€. Il frontale è arrotondato, privo di spigoli, con una superficie continua che fende l’aria. L’abitacolo è ridotto al minimo indispensabile, integrato nel corpo vettura come una bolla. La coda è lunga e rastremata, studiata per favorire il distacco pulito dei flussi. Non c’è nulla di decorativo e gli spigoli non fanno parte del linguaggio della 750 Record. È un’estetica che può piacere o meno, ma che non lascia indifferenti. Ed è esattamente ciò che Abarth vuole dal punto di vista comunicativo.
La Fiat-Abarth 750 Record non impressiona sulla carta per la potenza, ma lo fa per l’equilibrio complessivo del progetto:
Numeri che vanno letti nel contesto degli anni Cinquanta, quando superare i 150 km/h con una vettura di piccola cilindrata era già considerato un traguardo importante.
Il debutto ufficiale avviene sull’anello di alta velocità di Monza, tra il 17 e il 18 giugno 1956. L’obiettivo è ambizioso: battere il record di durata delle 24 ore. Alla guida si alternano piloti di grande esperienza come Remo Cattini, Umberto Maglioli, Mario Poltronieri e Alfonso Thiele. Il risultato è straordinario: 3.743,642 km percorsi alla media di 155,985 km/h. Un record e una dimostrazione di affidabilità , efficienza oltre che coerenza progettuale. È il primo di una lunghissima serie: 133 record internazionali, che trasformeranno Abarth in un marchio sinonimo di prestazioni intelligenti.
Per Carlo Abarth, però, il risultato non basta. L’impresa è stata eccezionale, ma lo stesso non si può dire per l’eco mediatico. Così nasce un’idea geniale: organizzare un secondo tentativo, la settimana successiva, coinvolgendo direttamente la stampa internazionale. A guidare la 750 Record vengono chiamati nomi leggendari del giornalismo automobilistico: Paul Frère, Walter Honegger, Bernard Cahier, Gordon Wilkins, Hans Wieselmann e Giovannino Lurani. Rendendoli non solo spettatori dell’impresa, ma parte di essa.
I giornalisti si alternano alla guida nelle prime sei ore, poi i collaudatori Abarth portano avanti la prova per i tre giorni previsti. Arrivano così nuovi record sui 500 km, 500 miglia, 1.000 km, 48 e 72 ore. Ma c’è un dato che colpisce più di tutti. Alla velocità media di 150 km/h, la 750 Record consuma appena 6 litri ogni 100 km. Tradotto: 16,6 km con un litro, a una velocità che molte berline dei tempi non riescono neanche a raggiungere. È la consacrazione definitiva.
Il successo della 750 Record spinge Abarth a esplorare nuove declinazioni del progetto. Nascono così le versioni Zagato, carrozzate in due varianti: la Fiat-Abarth 750 Zagato e la Fiat-Abarth 750 GT Zagato, entrambe del 1956. Qui l’estetica diventa più civile, verso il mondo delle GT, pur mantenendo un’attenzione maniacale al peso e all’aerodinamica. Le Zagato sono pensate anche per un utilizzo più vicino alla strada, senza rinunciare allo spirito competitivo. Rappresentano un ponte tra il mondo dei record e quello delle vetture sportive destinate ai clienti più appassionati.
L’eco delle imprese della Fiat-Abarth 750 Record non si ferma in Europa. Arriva fino agli Stati Uniti, e più precisamente fino a Franklin Delano Roosevelt Jr., figlio del presidente degli USA. Affascinato dal progetto e dalle sue prestazioni, Roosevelt Jr. vola in Italia per incontrare Carlo Abarth.
Nasce così un accordo di distribuzione esclusiva negli Stati Uniti. È un momento simbolico potentissimo: una piccola vettura italiana, con un motore da meno di 750 cc, conquista l’interesse della Casa Bianca. È la dimostrazione che il genio, quando è autentico, non ha confini.
Data articolo: Wed, 24 Dec 2025 08:30:12 +0000Jaguar mette fine senza attenuanti alla sua storia endotermica. Con l’ultimo esemplare della F-Pace che esce dalla fabbrica inglese di Solihull, il prestigioso marchio manda in archivio il capitolo legato ai motori benzina, diesel e plug-in. Non rinnega il passato, ma guarda avanti, focalizzandosi sulle sfide attese da qui agli anni futuri, quando cercherà di diventare un operatore cruciale nel settore elettrico. Perché lì si gioca il futuro, e di questo i piani alti dell’azienda ne sono ben consapevoli, anche se hanno voluto fare le cose in grande per l’auto finale, color nero, versione SVR, destinata ad arricchire la collezione del Jaguar Daimler Heritage Trust. Da un lato il passato viene messo sottovetro, dall’altro il presente azzerato.
L’annuncio arriva in un momento delicato, segnato da una trasformazione radicale, tra scelte di comunicazione aggressive e un cambio d’immagine che non ha finora convinto fino in fondo il pubblico storico, legato a un certo modo di affermare la propria identità su strada. A infiammare il dibattito ci pensa la Type 00, concept preludio al corso elettrico accolto in termini piuttosto divisivi per ciò che rappresenta.
Intorno al progetto si sono accumulati scossoni ai vertici, dal vociferato licenziamento del designer Gerry McGovern, poi smentito dallo stesso produttore, all’uscita di scena dell’amministratore delegato Adrian Mardell, sostituito con il manager di Tata Motors P. B. Balaji, messo di fronte a una situazione poco invidiabile: di fatto, oggi la gamma piange e una pianificazione nel medio-lungo termine ha tutta l’aria di un lusso insostenibile.
La F-Pace ha avuto un ruolo determinante nell’evoluzione del Costruttore d’oltremanica. Lanciata nel 2016, è stata la prima Jaguar “a ruote alte”, il modello apripista nel comparto dei SUV mentre la concorrenza stava già raggiungendo il picco. Tra l’altro, è stata una delle poche vetture del marchio a riscuotere buoni numeri commerciali nel recente periodo, soprattutto fuori dal Vecchio Continente, un motivo in più per definire il suo ritiro un terremoto.
A dispetto dell’interesse riscosso nelle concessionarie, Jaguar ha preferito far calare il sipario, anche perché, nel frattempo, il costruttore evita i modelli-ponte, quelli di collegamento tra vecchia e nuova guardia. Nessuna rete di sicurezza, a differenza del trend prevalente nell’industria automobilistica contemporanea, dove la quasi totalità degli operatori preferisce adottare transizioni graduali, a maggior ragione dopo i recenti sviluppi a Bruxelles sui motori a combustione interna.
Jaguar predica ottimismo circa il futuro elettrico nella fascia premium: tornare indietro sarebbe un passo falso, a suo dire. Il calendario interno prevede lo sbarco della prima elettrica di serie nel 2026, fino ad allora resta il silenzio operativo, e il rischio concreto che l’azienda perda rilevanza proprio mentre prova a reinventarsi, anche perché il mercato non aspetta nessuno, nemmeno i nomi storici.
L’ingresso della F-Pace in museo decreta la fine di una fase in cui la Casa era ancora riconoscibile. D’ora in poi spariscono gli appigli: o rinasce sul serio o la cesura passerà ai posteri come l’inizio di un’auto-sospensione industriale mascherata da rivoluzione. Non sono ammesse vie di mezzo.
Data articolo: Wed, 24 Dec 2025 08:27:32 +0000La lotta finale tra Lando Norris, Max Verstappen e Oscar Piastri ha entusiasmato i fan che, nella migliore delle ipotesi a metà campionato, avevano immaginato un testa a testa tra i due driver della McLaren. Dopo la conquista del mondiale costruttori nel 2024, il team di Woking si è confermato al vertice con una monoposto spaziale. La MCL39 è stata la migliore vettura per l’intero arco della stagione, proiettando Norris e Piastri quasi sempre ai vertici della griglia.
L’australiano, salvo il passo falso al debutto a Melbourne, era partito bene e aveva inanellato 8 podi consecutivi nelle prime 9 gare. Dopo il quarto posto di Montreal il numero 81 della McLaren aveva aperto un nuovo filotto di 6 podi di fila. Con 7 vittorie e un bottino di punti considerevole, dopo la tappa di Monza, sembrava il favorito assoluto per diventare campione del mondo. A soli 24 anni aveva dimostrato una maggiore costanza rispetto a Norris, ma da Baku in avanti si è eclissato, salendo sul podio solo nelle due tappe finali in Qatar e ad Abu Dhabi.
Lo scarso rendimento di Piastri aveva riacceso una speranza nel cuore di Max Verstappen. Dopo l’errore di Barcellona e il ritiro in Austria, a causa di un crash con Antonelli, il figlio d’arte di Jos sembrava fuori dalla lotta al titolo. Il distacco di punti dal leader papaya non era il suo unico problema. La RB21 non era più all’altezza tecnicamente di sfidare i principali competitor per le prime posizioni. Persino il talentuoso olandese della Red Bull Racing aveva cominciato, nella fase centrale del calendario, a far fatica a salire sul podio. La svolta inaspettata a Zandvoort con l’apertura di un ruolino di marcia di sei vittorie, due secondi posti e due medaglie di bronzo hanno portato la contesa sino all’ultimo atto di Abu Dhabi. La lunga rincorsa di Max si è conclusa a soli 2 punti dal vincitore del campionato.
Lando Norris ha sempre dimostrato velocità in pista, ma senza un pieno controllo delle sue emozioni. Ha lavorato molto su sé stesso per trovare la giusta concentrazione per la rimonta finale sul teammate. Nelle ultime tappe è stato impeccabile, sfruttando i blackout di Piastri. Le vittorie in Messico e in Brasile gli hanno dato il boost finale per gestire le ultime uscite stagionali. Dopo la squalifica di Las Vegas e il quarto posto in Qatar avrebbe potuto ricrollare psicologicamente sotto le pressioni della Red Bull Racing. Lando non si è scomposto e, nel GP di Abu Dhabi, ha gestito bene le gomme e controllato gli avversari. Non ha avuto bisogno di chiedere piaceri a Piastri e ha chiuso con un terzo posto che gli è valso il suo primo riconoscimento iridato nella massima serie dell’automobilismo.
Lando Norris: 9 – Chi vince ha sempre ragione, ma dovrà ancora lavorare tanto per un 10 in un pagellone finale. Con un’astronave ha rischiato di perdere la più grande occasione della sua vita e, un campione stagionato, avrebbe chiuso prima la contesa. Sette vittorie, sette pole position, due Sprint Race e tanta voglia di primeggiare hanno fatto la differenza. Lando ha sfruttato gli insegnamenti del 2024 e non si è fatto intimorire dalla forza di Verstappen. Ha spesso spostato l’attenzione sui rivali per poi trovare il guizzo giusto e vincere a modo suo. Che campione sarà in futuro? Nella prossima stagione la Formula 1 cambierà radicalmente e non sarà scontato confermarsi al top. Pur non essendo un pilota appariscente in pista, nel 2026 rappresenterà un punto fermo per il team di Woking in cerca di una continuità anche con le nuove regole tecniche. In 152 GP il nativo di Bristol ha vinto 11 gare, ma sono bastate per entrare nella leggenda.
Max Verstappen: 8,5 – La remuntada finale è stata iconica con sprazzi di talento puro che hanno portato molti esperti a paragonarlo a Michael Schumacher. Se dotato di una buona vettura l’olandese è irrefrenabile, limitando al minimo le sbavature ed estraendo sempre il massimo potenziale. Nonostante sia stato detronizzato, il 2025 finirà per essere ricordato per una delle sue migliori annate in F1, tuttavia il titolo gli è sfuggito anche per colpe sue. Verstappen non ha perso la tendenza a demoralizzarsi quando le cose non girano per il verso giusto. Lo aveva fatto anche nel 2022, a inizio stagione, quando la Ferrari con Leclerc sembrava poter prendere il largo. Se non avesse mollato in alcune sfide centrali del campionato avrebbe potuto mettere ancor più pressione sui papaya boys. Pesano nel computo generale alcuni errori commessi e sorpassi mancati, oltre allo sfortunato crash con Antonelli al RB Ring, ma se avesse vinto il suo quinto riconoscimento iridato di fila si sarebbero inchinati tutti.
Oscar Piastri: 7,5 – La stagione dell’australiano si può dividere in un 9,5 nella prima parte e in un 5,5 nella fase clou in volata. La media fa 7,5 e forse non rende giustizia alla cavalcata di un giovane che ha sfiorato l’impresa. Era apparso più solido e concentrato rispetto a Norris, ma i conti si fanno alla fine e il numero 81 ha mostrato delle lacune preoccupanti. Gli sarebbe bastata una amministrazione regolare nelle ultime 8 sfide della stagione per laurearsi campione in scioltezza. Troppi weekend incolori e inutili polemiche hanno rovinato il suo 2025. Il terzo posto finale alle spalle sia di Norris che di Verstappen ha rappresentato la beffa più sorprendente dell’anno.
Lewis Hamilton: 4 – Sarà anche sua l’unica vittoria Ferrari della stagione, nella SR della Cina, ma gli obiettivi alla vigilia erano molto diversi. L’anglocaraibico avrebbe dovuto alzare il livello esperienziale rispetto a Carlos Sainz, ma è sembrato l’ombra di se stesso al volante della SF-25. L’ex alfiere di punta del team di Brackley ha concluso per la prima volta in carriera senza un podio domenicale. Leclerc (voto 7) è riuscito a tenere in alto il Cavallino con 7 piazzamenti nei primi 3, dando sempre il massimo. Questa sensazione con Hamilton non si è mai percepita. A 40 anni suonati ha incassato uno stipendio faraonico senza meriti, mostrando solo sprazzi del fenomeno che impressionò con McLaren e Mercedes. Per ora è tra i peggiori investimenti nella storia della F1, non solo della Scuderia.
Yuki Tsunoda: 3 – Un Lawson demolito da Max Verstappen era assolutamente nelle attese. Il giapponese, alla quinta stagione in F1, ha dimostrato di non poter più essere una risorsa per la Red Bull Racing. Con soli 33 punti totalizzati in classifica ha chiuso una penalità paradossale ad Abu Dhabi nel tentativo fallito di infastidire Norris. Sarà sostituito da Hadjar che è stato il miglior rookie della stagione, davanti in classifica anche a Oliver Bearman, futuro driver della Ferrari.
Franco Colapinto: 0 – Zero come i punti ottenuti in classifica. L’Alpine è meritatamente il fanalino di coda della graduatoria costruttori, ma l’argentino ci ha messo del suo. Dopo aver sostituito Jack Doohan non ha mai sfiorato la zona punti, accusando un clamoroso gap rispetto al compagno di squadra. Il team transalpino ripartirà da Gasly e dall’argentino, nel 2026, ma dovrà mettere in pista una monoposto all’altezza della gloriosa storia sportiva del marchio.
Data articolo: Wed, 24 Dec 2025 07:00:56 +0000Il 24 dicembre 2025, in Italia, è previsto almeno uno sciopero che potrebbe interessare cittadini e lavoratori. Di seguito trovate i dettagli aggiornati relativi agli scioperi in programma per questa giornata, con informazioni su aree coinvolte, orari, sindacati e categorie interessate.
Per la giornata del 24 dicembre 2025, è stato indetto uno sciopero nazionale di 72 ore, con inizio alle 00:00 del 22 dicembre e termine alle 24:00 del 24 dicembre. Lo sciopero coinvolge il settore Trasporto merci su tutto il territorio italiano. L’azione sindacale è promossa da FAO COBAS e riguarda il personale viaggiante dipendente della società Number 1 Logistic Group. Lo sciopero è stato proclamato in data 10 novembre 2025.
Fonte: Mit
Data articolo: Wed, 24 Dec 2025 07:00:00 +0000La mobilità elettrica italiana entra in una nuova fase, più trasparente, più consapevole, più vicina al consumatore. L’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato (AGCM) ha appena chiuso quattro procedimenti istruttori che hanno visto protagonisti Stellantis Europe, Tesla Italy, BYD Industria Italia e Volkswagen Group Italia. L’obiettivo? Accertare se le informazioni fornite ai clienti fossero realmente chiare, complete e affidabili: autonomia dichiarata, perdita di capacità delle batterie e garanzie convenzionali. Una verifica che rivela quanto, ancora oggi, il mondo dei veicoli elettrici resti permeato da promesse teoriche, valori di laboratorio e messaggi spesso difficili da decifrare per chi si avvicina per la prima volta a questa tecnologia.
In una nota ufficiale, l’Antitrust ha annunciato gli impegni vincolanti assunti dai quattro colossi dell’automotive: una revisione radicale dei contenuti pubblicati sui siti web, destinata a rendere trasparente ciò che fino a oggi appariva come un mondo complesso, quasi criptico, fatto di sigle tecniche, dati parziali e stime ideali. Un atto di chiarezza, che più che un semplice obbligo normativo sembra quasi un gesto di responsabilità verso il cliente, spesso lasciato a interpretare numeri e percentuali senza strumenti adeguati a comprendere la realtà .
Autonomia chilometrica, batterie e garanzie: i nodi fondamentali di questa rivoluzione digitale. Le aziende dovranno non solo fornire il valore teorico dei chilometri percorribili con una carica completa, ma anche spiegare i fattori che possono influenzare queste prestazioni: clima, stile di guida, condizioni stradali, età della batteria. Non un dato freddo, isolato, ma un quadro completo che permetta al consumatore di capire cosa aspettarsi realmente. Una sezione dedicata offrirà inoltre informazioni precise sul degrado delle batterie e sulle condizioni delle garanzie convenzionali, elementi finora trattati in modo marginale, ma cruciali per chi acquista un’auto elettrica con l’aspettativa di affidabilità e durata nel tempo.
Ma non è tutto. Un ulteriore strumento digitale, una sorta di simulatore di autonomia, permetterà di calcolare in modo indicativo l’effetto delle diverse modalità di utilizzo del veicolo, consentendo confronti concreti tra modelli diversi. Il consumatore potrà così vedere, quasi in tempo reale, come accelerazioni frequenti, viaggi in autostrada o percorsi urbani influenzino il chilometraggio e la salute della batteria. Un approccio pragmatico che mette in discussione il tradizionale linguaggio marketing, troppo spesso fatto di valori ideali e scenari perfetti, e introduce l’utente nella realtà concreta del mondo elettrico.
Il tutto dovrà essere implementato entro 120 giorni, con un’attenzione particolare al miglioramento dell’efficienza delle batterie. L’Antitrust ha indicato anche un aumento della soglia dello State of Health, parametro che misura lo stato complessivo della batteria: un gesto concreto che trasforma le parole in numeri tangibili e consente ai clienti di verificare l’effettiva durata dei propri investimenti. In questo modo, la tecnologia non resta più un concetto astratto, ma diventa misura reale, esperienza quotidiana e strumento di scelta.
Questa iniziativa dell’Antitrust segna un momento importante per la mobilità elettrica in Italia: non più solo sogno di sostenibilità o promessa futuristica, ma sistema regolato, trasparente, a misura di chi guida. Stellantis, Tesla, BYD e Volkswagen si trovano così davanti a una sfida: quella di comunicare con chiarezza la complessità tecnica, trasformando il marketing in informazione e la tecnologia in esperienza verificabile.
Data articolo: Wed, 24 Dec 2025 06:40:37 +0000Il mondo dei videogiochi piange una delle sue figure più iconiche. Vince Zampella, il creatore di Call of Duty, è morto a 55 anni in un incidente che ha scosso tanto la Silicon Valley quanto i cuori degli appassionati di gaming di tutto il pianeta. Il terribile fatto è avvenuto lungo la Angeles Crest Highway nelle San Gabriel Mountains, mentre la Ferrari 296 GTS sfrecciava fiera dopo un tunnel. Pochi istanti da quel momento e arriva il botto, con la fine.
La scena è agghiacciante. L’americano alla guida del bolide italiano, simbolo di prestazioni audaci, perde il controllo all’uscita di questa galleria e va a infrangersi contro una barriera di cemento, prendendo fuoco. Zampella resta intrappolato nell’abitacolo, mentre il passeggero viene sbalzato fuori e, nonostante l’intervento dei soccorsi, perde la vita poche ore dopo. La Ferrari 296 GTS, con il suo V6 biturbo abbinato a motore elettrico, capace di 830 CV e accelerazioni mozzafiato, incarna l’eleganza e la potenza della Casa di Maranello, ma non può nulla contro la fragilità umana.
La notizia ha scosso immediatamente il settore. Electronic Arts ha ricordato Zampella come “amico, collega, leader e creatore visionario†la cui influenza sui videogiochi “è stata profonda e duraturaâ€. Gli account di Treyarch, Infinity Ward, Respawn, Battlefield e Apex Legends hanno diffuso messaggi di cordoglio. Un filo rosso lega ogni post: il rispetto per chi ha rivoluzionato un’industria, chi ha trasformato il divertimento in esperienza globale, chi ha dato vita a mondi nei quali milioni di persone hanno trovato sfida, evasione dalla quotidianità e una comunità attiva.
La perdita di Zampella è un silenzio che rimbomba in ogni corridoio digitale. Il percorso di Zampella non è stato mai lineare, ma sempre guidato dalla passione e dall’istinto di innovare. Dopo la svolta con la 2015 Inc., il ruolo da lead designer in Medal of Honor: Allied Assault lo fece emergere come talento puro.
Nel 2002, insieme a Jason West, fondò Infinity Ward, con l’intento di rivoluzionare il concetto di guerra virtuale. Call of Duty, nato da quell’idea, non fu solo un successo commerciale, ma una pietra miliare del gaming moderno, capace di riscrivere le regole del multiplayer e della narrativa bellica. Seguì Call of Duty 2, Modern Warfare, Modern Warfare 2: titoli che hanno definito un’epoca, plasmato carriere, formato generazioni di giocatori.
Le controversie con Activision, il licenziamento e la battaglia legale per 36 milioni di dollari in bonus e royalties, furono solo un capitolo nel romanzo di un uomo che non si sarebbe arreso. Da quelle ceneri nacque Respawn Entertainment, con titoli come Titanfall, Apex Legends e Star Wars Jedi: Fallen Order e Jedi: Survivor, opere che hanno consolidato la sua reputazione di innovatore e sperimentatore instancabile. E perfino il rilancio di Battlefield, nobile ma decaduta saga, testimonia come Zampella non abbia mai smesso di cercare la sfida, di osare dove altri si accontentano.
Vince Zampella lascia un’eredità doppia: quella dei mondi digitali che ha creato e quella del ricordo di come anche la genialità più luminosa possa confrontarsi con la fragilità che caratterizza l’esistenza umana. La Ferrari 296 GTS, pur essendo un’auto di pura eccellenza ingegneristica, resta il simbolo di una contraddizione in termini, che vede contrapposti l’ambizione di dominare ogni limite e la certezza che, a volte, il destino ha l’ultima parola.
Data articolo: Wed, 24 Dec 2025 06:30:30 +0000L’auto di cortesia può essere un servizio commerciale dell’officina, concesso gratuitamente o a condizioni agevolate, oppure può coincidere con un vero veicolo sostitutivo noleggiato perché l’auto è inutilizzabile dopo un incidente. Dal punto di vista giuridico, questi scenari non sono affatto sovrapponibili.
Il concetto centrale è quello di danno conseguenza. Il sistema risarcitorio non riconosce in automatico un indennizzo solo perché il veicolo è fermo. Bisogna dimostrare che dall’indisponibilità dell’auto sia derivato un pregiudizio economico. La Corte di Cassazione ha chiarito che il danno da fermo tecnico non è mai in re ipsa e quindi non può essere presunto in modo automatico, ma deve essere allegato e provato dal danneggiato.
Non significa che la prova deve essere complessa o sproporzionata. La giurisprudenza ha precisato che il danno può essere dimostrato anche attraverso la spesa sostenuta per il noleggio di un mezzo sostitutivo purché emerga un collegamento logico e temporale tra incidente, tempi di riparazione e durata del noleggio. In presenza di documenti, il nesso causale può essere ricostruito anche in via presuntiva.
Il tema dell’auto di cortesia diventa centrale quando la pratica assicurativa si prolunga e l’auto resta ferma in officina. Per capire quali margini esistono, è necessario guardare ai tempi procedurali previsti dalla normativa. L’Ivass ricorda che le compagnie devono formulare un’offerta di risarcimento entro 60 giorni per i danni materiali, entro 90 giorni per i danni alla persona e che il termine per i danni alle cose può scendere a 30 giorni se il modulo CAI, ora in formato digitale, è firmato da entrambi i conducenti.
Questi termini non creano un diritto automatico al veicolo sostitutivo. Servono a regolare la correttezza della procedura liquidativa e non a garantire un’auto gratuita durante l’attesa. Il rimborso del noleggio resta subordinato alla dimostrazione del danno e alla congruità della spesa, indipendentemente dal fatto che la pratica sia veloce o lenta.
I tempi incidono sul contesto della valutazione. Un conto è un’auto ferma per il tempo tecnico necessario alla riparazione, un altro è un’auto inutilizzabile per ritardi, sopralluoghi tardivi o richieste documentali ripetute. In questi casi se il danneggiato ha presentato una richiesta completa e ha collaborato, la spesa per un veicolo sostitutivo è una conseguenza prevedibile e ragionevole del sinistro.
Uno degli equivoci più diffusi è pensare che l’auto di cortesia sia sinonimo di tutto incluso. Nella realtà , carburante, pedaggi, parcheggi e soprattutto sanzioni amministrative restano sempre a carico di chi guida perché non hanno alcun legame con il danno da sinistro ma dipendono dall’uso del veicolo e dal comportamento del conducente.
Più delicata è la questione dei danni all’auto di cortesia. Se il veicolo viene danneggiato mentre è in uso al cliente, l’officina o il proprietario possono chiedere il risarcimento, anche con l’applicazione di franchigie, scoperti o limitazioni previste dal contratto di consegna.
Ecco allora che la vera tutela è la documentazione. Un verbale di consegna dettagliato sullo stato del veicolo e condizioni contrattuali ben definite distinguono un servizio utile da un potenziale problema economico. Senza questi elementi, anche un piccolo urto può trasformarsi in una richiesta di rimborso.
Le officine rivestono quindi un ruolo centrale nella gestione dell’auto di cortesia perché anticipano il servizio per rendere più fluido il rapporto con il cliente. Quando l’officina fornisce un veicolo sostitutivo contando sul successivo rimborso da parte della compagnia, entra in una zona fatta di accordi commerciali, cessione del credito e rapporti non sempre lineari con le assicurazioni. Se il rimborso viene contestato o ridotto, il rischio è che il costo venga riversato sul cliente con il rischio di incomprensioni e contenziosi che nascono dalla gestione successiva dell’incidente.
Cambia il piano quando il veicolo sostitutivo diventa una voce di risarcimento. La compagnia assicurativa valuta la richiesta tenendo conto del luogo e della durata del noleggio, che deve essere compatibile con i tempi tecnici reali di riparazione. Quindi viene considerata la categoria del mezzo, perché un salto ingiustificato di segmento è il primo motivo di contestazione. Infine pesa la documentazione che deve dimostrare l’esborso sostenuto e il periodo di utilizzo.
I giudici della Cassazione hanno indicato una linea piuttosto netta: il danneggiato può ottenere il rimborso se dimostra la spesa per il noleggio o una perdita economica dovuta all’indisponibilità dell’auto, ma la richiesta deve apparire ragionevole e coerente con le circostanze del sinistro. Quando uno di questi elementi manca, la contestazione diventa inevitabile.
Dopodiché la garanzia auto sostitutiva compresa in alcune polizze è una cosa diversa dal rimborso del noleggio chiesto al responsabile dell’incidente. Nel primo caso si tratta di un servizio contrattuale, con limiti di giorni e condizioni prefissate. Nel secondo si parla di danno patrimoniale che va provato e valutato secondo criteri giuridici e non promesse commerciali della polizza.
Uno dei nodi più controversi riguarda la durata delle riparazioni. I tempi tecnici dichiarati dall’officina devono essere realistici e verificabili perché un noleggio che si prolunga oltre il necessario diventa terreno fertile per le contestazioni. Ritardi dovuti a mancanza di ricambi, sovraccarico di lavoro o inefficienze organizzative non sempre vengono imputati al responsabile del sinistro. I tempi devono perciò essere tracciabili e coerenti così da rendere il periodo di utilizzo dell’auto di cortesia difendibile anche a distanza di mesi.
Nei sinistri con responsabilità concorsuale o con dinamiche complesse, il tema dell’auto di cortesia diventa ancora più fragile. Se la colpa non è chiara o viene ripartita tra più soggetti, la compagnia può sospendere o limitare il rimborso del veicolo sostitutivo in attesa di chiarimenti. In questi casi, anticipare un noleggio senza una valutazione prudente può trasformarsi in un rischio economico, perché la definizione delle responsabilità incide sulla liquidazione finale.
Quando il sinistro coinvolge un veicolo assicurato all’estero, la gestione dell’auto di cortesia diventa più complessa. Le tempistiche si allungano, i referenti cambiano e il dialogo passa attraverso organismi di risarcimento internazionale. In questo contesto, il noleggio di un veicolo sostitutivo può essere giustificato dalla maggiore durata delle procedure, ma deve essere documentato con ancora più attenzione perché le compagnie estere tendono a contestare con maggiore rigidità costi e periodi.
Data articolo: Wed, 24 Dec 2025 05:00:20 +0000Per qualche ora, a San Francisco, quello che per molti sarà il futuro della mobilità ha deciso improvvisamente di fermarsi. Non metaforicamente, ma in modo vero e concreto. Agli incroci più trafficati della città , in mezzo alle corsie, davanti a semafori spenti e strade improvvisamente mute, decine di robotaxi Waymo sono rimasti immobili, come animali elettronici disorientati da un mondo che, senza elettricità , aveva smesso di parlare la loro lingua. Non un guasto isolato, non l’errore umano tanto invocato dai detrattori della guida autonoma, ma una paralisi collettiva. Una coreografia involontaria che ha trasformato l’avanguardia della mobilità in una lezione pubblica sulla fragilità dei sistemi complessi.
Il blackout elettrico che ha colpito parte della città ha spento semafori, sistemi di controllo del traffico, infrastrutture di comunicazione. E con loro una delle premesse fondamentali su cui si regge l’operatività dei veicoli autonomi: un ambiente leggibile, ordinato, costantemente alimentato da energia e rete. Venuta meno quella grammatica urbana, l’algoritmo ha fatto esattamente ciò per cui è stato progettato in nome della sicurezza: si è fermato. Nessuna improvvisazione, nessuna interpretazione del contesto, nessuna capacità di negoziare l’eccezione. Stop.
È qui che la marcia trionfale della guida autonoma mostra la sua crepa più profonda. L’autonomia, quella vera, non è l’assenza del volante o del conducente, ma la capacità di continuare a funzionare quando il mondo smette di essere ideale. Il blackout di San Francisco racconta invece un modello iper-dipendente da condizioni esterne che non controlla: energia elettrica stabile, segnaletica funzionante, connettività continua, infrastrutture urbane coerenti. Basta che uno solo di questi elementi venga meno e il sistema si arresta.
L’automobile tradizionale, nel bene e nel male, è un oggetto capace di resistere anche a questi urti, proprio perché incorpora nell’anello decisionale un soggetto capace di interpretare l’ambiguità . Un guidatore può leggere un incrocio senza semafori, cogliere un gesto, intuire un’intenzione, assumersi una responsabilità . È una tecnologia imperfetta perché umana, ma proprio per questo capace di assorbire il caos.
I sistemi automatizzati, al contrario, sono potentissimi nella normalità e fragilissimi nell’anomalia. La loro intelligenza non è situazionale, ma condizionata, non distribuita, ma vincolata a presupposti ambientali rigidi. Quando l’infrastruttura smette di essere affidabile, la tecnologia non evolve ma si ferma.
L’episodio di San Francisco apre così una domanda più ampia, che va oltre il singolo blackout. È davvero possibile costruire modelli di mobilità fondati sulla rinuncia alla proprietà in società complesse, diseguali, imperfette? O stiamo proiettando su questi sistemi un’idea normativa di città che esiste solo nei rendering: ordinata, omogenea, sempre funzionante? Non si tratta di difendere nostalgicamente l’auto privata come feticcio culturale, né di negare il valore della mobilità condivisa.
L’auto personale funziona anche quando la città non funziona. Quando manca la corrente, quando il traffico è caotico, quando i sistemi pubblici sono incoerenti. I modelli di mobilità automatizzata e condivisa, invece, funzionano solo quando tutto funziona. E questa, nel mondo reale, non è la regola: è l’eccezione. San Francisco, per qualche ora, ce lo ha ricordato nel modo più semplice e più crudele possibile. Fermandosi.
Data articolo: Tue, 23 Dec 2025 15:33:50 +0000In vista del nuovo ciclo regolamentare, la Ferrari ha fissato un traguardo chiaro e non negoziabile: tornare stabilmente al vertice della Formula 1 nel 2026, visto che rappresenta uno spartiacque tecnico e sportivo, dove il team di Maranello intende presentarsi con una vettura capace di competere ad armi pari con i riferimenti della categoria. Anche per questo ha lavorato parecchio sulla flessibilità del gruppo sospensivo all’avantreno.
L’analisi del 2025 mette in luce una criticità tutt’altro che secondaria. Oltre l’errore che han stoppato lo sviluppo della Ferrari SF-25 c’è il discorso legato all’interazione tra gomme e asfalto, ambito nel quale la Rossa ha incontrato difficoltà evidenti. La dinamica sospensiva si è rivelata uno dei fattori più delicati. Garantire alle coperture una finestra stabile sul loro funzionamento non è mai stato semplice.
Ed anche su questo fronte che il progetto Ferrari 2026 ha concentrato una parte rilevante delle proprie risorse. La Rossa ha infatti impostato il lavoro con un obiettivo preciso: massimizzare la capacità della vettura nello sfruttare i compoundin ogni condizione. Una filosofia che permea l’intero processo di concezione e sviluppo dell’auto, pensato per concedere ai ferraristi di sfidare ad armi paro con i top team senza handicap strutturali.
Da Via Abetone Inferiore 4 filtrano indicazioni piuttosto chiare sulle linee guida dell’auto 2026. Una delle direttrici più interessanti riguarda la flessibilità delle sospensioni anteriori, tema che coinvolge diversi reparti ingegneristici all’interno della Gestione Sportiva. In Formula 1 il gruppo sospensivo viene progettato con elevatissimi livelli di rigidezza, condizione necessaria per garantire la stabilità della piattaforma aerodinamica.
Anche con il nuovo regolamento le vetture continueranno a impiegare sospensioni in grado di limitare il movimento del fondo, elemento che, pur con un ruolo ridimensionato rispetto all’era delle wing car, rimane determinante per il carico. La flessione dei braccetti è ovviamente normata dal regolamento tecnico della F1 2026, ma le verifiche previste dalla FIA avvengono esclusivamente in condizioni statiche.
La flessibilità si ottiene attraverso una progettazione avanzata delle pelli in materiale composito: la disposizione delle fibre di carbonio è studiata per conferire al componente proprietà anisotrope ben definite, per rispondere correttamente ai carichi imposti durante i controlli della Federazione Interazionale, ma in grado di deformarsi quando le sollecitazioni operative seguono direzioni differenti con il veicolo in marcia.
Dal punto di vista ingegneristico, consentire una flessione controllata del primo link del triangolo superiore equivale a intervenire in modo mirato sulla rigidezza complessiva del sistema sospensivo. Ottenere un effetto di questo tipo in condizioni dinamiche è estremamente complesso, poiché la soluzione dev’essere efficace in pista senza mai oltrepassare i limiti regolamentari fissati dall’organo legislativo.
L’obiettivo dalla Ferrari è quello di utilizzare un meccanismo capace di modificare dinamicamente il recupero di cambera determinate velocità . Qualora il link venga sollecitato da carichi specifici, la sua lunghezza apparente può ridursi, generando una variazione controllata dell’angolo di camber. Un intervento di questo tipo ha effetti rilevanti sul comportamento complessivo della monoposto
In particolare ci riferiamo alla gestione della superficie di contatto dello pneumatico con l’asfalto. Il controllo accurato di tali parametri consente di adattare la risposta della sospensione alle esigenze delle gomme, migliorando aderenza e stabilità in specifiche fasi di marcia. La definizione del camber ideale è sempre il risultato di un compromesso complesso, nel quale entrano in gioco obiettivi tra loro contrastanti.
Come è facile intuire in Formula 1, la precisione con cui viene calibrato l’insieme di questi elementi incide in maniera diretta sulle prestazioni in pista. Per arrivare a questo risultato, Ferrari ha seguito una pianificazione estremamente accurata, convinta che questa soluzione possa rappresentare la discriminante per sfruttare al massimo il potenziale degli pneumatici in qualsiasi condizione ambientale.
Un approccio sofisticato e complesso, che testimonia come il progetto Ferrari 2026 abbia spinto al limite diversi concetti chiave. Resta da capire se la Rossa sarà in grado di validare al meglio questa componente, per passare dal campo soggettivo a quello oggettivo facendo funzionare al meglio questo provvedimento. Nei test di Barcellona a porte chiuse di fine gennaio potrebbero già arrivare le prime conferme.
Data articolo: Tue, 23 Dec 2025 15:20:07 +0000Sul circuito UTAC in Marocco, Renault ha compiuto un’impresa che riscrive i confini della mobilità elettrica: la demo-car Filante Record ha percorso oltre 1.000 chilometri in meno di 10 ore, senza alcuna sosta per la ricarica. Con una velocità media di 102 km/h e un consumo strabiliante di soli 7,8 kWh/100 km, il veicolo è giunto al traguardo con l’11% di energia residua, dimostrando che l’efficienza assoluta può sconfiggere l’ansia da ricarica anche a velocità autostradali.
La Filante Record non è una semplice concept car, ma un vero e proprio laboratorio viaggiante progettato per massimizzare ogni singolo elettrone. Esteticamente, il veicolo è un omaggio viscerale alla storia dei primati Renault: la sua tinta blu ultravioletto richiama la 40 CV del 1925, mentre le forme aerodinamiche celebrano l’Étoile Filante del 1956. Tuttavia, l’ispirazione non è solo nostalgica; il cockpit, che ricorda la cupola di un aereo da caccia, e la posizione di guida derivata dalla Formula 1 proiettano il design verso una funzionalità estrema.
Per raggiungere l’obiettivo dei 1.000 km senza ricarica, i tecnici non hanno scelto la via facile di una batteria mastodontica, ma hanno utilizzato un accumulatore da 87 kWh, lo stesso montato sulla Scenic E-Tech Electric di serie. La vera sfida è stata vinta sul fronte del peso e dell’aerodinamica: la vettura pesa appena 1.000 kg grazie all’uso massiccio di fibra di carbonio, leghe di alluminio e componenti in Scalmalloy stampati in 3D.
Il percorso verso il record è stato segnato da una revisione radicale delle forme. I primi test in galleria del vento avevano evidenziato un coefficiente di resistenza (SCx) troppo alto, intorno allo 0,40, contro un obiettivo di 0,30. Per abbattere questo muro invisibile, gli ingegneri hanno adottato una soluzione audace: le carenature delle ruote sono state rimosse dalla scocca e fissate direttamente alle ruote stesse. Questa modifica ha liberato i flussi d’aria intorno agli organi meccanici, eliminando le turbolenze parassite che frenavano l’avanzata del veicolo.
Anche la tecnologia di bordo è stata ridotta all’essenziale e digitalizzata per risparmiare peso: lo sterzo e la frenata sono completamente elettronici (steer-by-wire e brake-by-wire), eliminando i pesanti collegamenti meccanici tradizionali e offrendo una flessibilità architettonica senza precedenti.
Il giorno del record, iniziato alle 6:30 del mattino con soli 4 gradi di temperatura, ha messo a dura prova la resistenza umana e meccanica. Il programma prevedeva 239 giri su un anello di oltre 4 km, con tre piloti che si sono alternati al comando: Laurent Hurgon, Constance Léraud-Reyser e Arthur Ferriere.
Hurgon, che ha gestito il primo turno di oltre tre ore, ha descritto un’esperienza di silenzio assoluto e concentrazione totale. Léraud-Reyser ha paragonato le sue quattro ore al volante a una maratona, sottolineando come la precisione dello steer-by-wire sia stata fondamentale per mantenere la traiettoria ottimale e risparmiare energia. Infine, Ferriere ha condotto l’ultimo turno fino al calar della notte, suggellando l’impresa dopo 9 ore e 52 minuti di guida effettiva.
Al termine della prova, la Filante Record 2025 aveva ancora autonomia sufficiente per percorrere altri 120 km a velocità sostenuta. Questo risultato non resterà un caso isolato, poiché le innovazioni testate in Marocco — dai materiali ultraleggeri all’ottimizzazione dei flussi d’aria — alimenteranno lo sviluppo dei futuri modelli elettrici di serie di Renault, garantendo efficienza e autonomia reale per i clienti di domani.
Data articolo: Tue, 23 Dec 2025 14:18:10 +0000Jingle Bell Jingle Bell… siamo in pieno clima natalizio, il periodo più magico dell’anno è ormai inoltrato e noi siamo pronti a prenderci qualche giorno di pausa per festeggiare con i nostri cari. E direte, ma che c’entra questo con il mondo automotive? Anche noi appassionati d’auto e motori abbiamo un cuore caldo e una gran voglia di cenone, regali da scartare sotto l’albero e lucine colorate.
Girovagando per il web, mi sono davvero divertita a scoprire la magia di questa festa così incantevole, delle luci e delle luminarie che rallegrano ogni via, ogni piazza e ogni casa. Lo ammetto, mi sono anche imbattuta in alcune decorazioni quasi esagerate e, vi assicuro, detto da me significa davvero molto, visto che metterei babbi, renne e lucine ovunque a dicembre.
Eppure quella che sto per mostrarvi è una chicchetta che mi ha parecchio stupito, ho scoperto che questa famiglia ha addobbato il giardino di casa con decorazioni natalizie a dir poco insolite. Una monoposto di Formula 1 completamente agghindata per le feste. Non ci credete? Guardate un po’!
Beccata su Instagram, eccola qua in tutto il suo splendore. Leggendo post e commenti pare che si tratti “semplicemente†di un cespuglio con le luci di Natale e che l’anno scorso invece i proprietari di questa casa abbiano preso una vera McLaren F1 e l’abbiano trasportata nel loro prato, decorandola come un albero di Natale.
Possiamo tutti quanti ammettere che – passeggiando nei pressi di quell’abitazione – ci fermeremmo a curiosare, fotografare e ammirare quella che possiamo definire quasi un’opera d’arte. E diciamolo: sicuramente non proprio alla portata di tutti, ma solo per chi ha un gran portafogli!
Surfando Instagram, ho scoperto che si tratta di una famiglia di Balboa Island, ma pare anche che la zona di Newport Beach – Orange County (anche conosciuta per la celeberrima serie O.C.) tenga particolarmente alle decorazioni natalizie e che questo non sia l’unico caso “estremo†che si vede ogni anno in questo periodo. Che dire: buone feste!
Data articolo: Tue, 23 Dec 2025 11:56:10 +0000