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News n. 1
Quella volta che Valentino Rossi non aveva né casco né tuta per provare la Honda 500 Quella volta che Valentino Rossi non aveva né casco né tuta per provare la Honda 500

Arrivato a Jerez per i primi test con la Honda 500, Rossi si accorge di non avere con sé l'attrezzatura.  Trovata una  - divertente -  soluzione, monta finalmente in sella: “Uno di quei momenti nella carriera che un pilota non può dimenticare!â€

Riccardo Allegro

Le disavventure del Dottore

Valentino Rossi ha un repertorio di storie da raccontare pressoché infinito, una delle più divertenti riguarda sla sua prima esperienza con la Honda 500. Ecco come l'ha ricostruita in un recente podcast.

“Il primo test della 500 è bellissimo - racconta il Dottore - sono arrivato a Jerez alla fine del ’99  con due tute della Honda perché avevo fatto fare tutte le tute da Aldo (Aldo Drudi, il suo designer di fiducia ndr), però il mio manager si era messo d'accordo con l'Aprilia che avrei dovuto usare le tute Aprilia. Quindi sono arrivato a Jerez con due tute Honda nuove di pacca e non le potevo usare. Quindi  - ribadisce Valentino - senza tuta perché quella Aprilia l'avevo lasciata a casaâ€. 
Rossi racconta quindi di essere andato da Marcellino Lucchi (storico collaudatore Aprilia) che in quel momento stava facendo i test con Aprilia per farsi prestare la tuta e di aver chiamato l’amico Filippo Palazzi, a Tavuglia, per chiedergli di prendere un aereo portare a Jerez la tuta: “La roba più bella - racconta - è stata che sono andato per aprire la mia borsa del casco e invece di prendere quella col casco ho preso quella con le visiere. Quindi sono arrivato lì e ho aperto la borsa e dentro c'erano otto visiere ma nessun casco!â€. Quindi, come racconta lo stesso Valentino, il colpo di genio: “No! Mi hanno rubato il casco! (perché arrivavano da Malpensa), bastardi! mi hanno aperto la borsa mi hanno lasciato solo le visiere!†
Fattosi prestare la tuta da Lucchi ed il casco dal pilota Kawasaki della Superbike Gregorio Lavilla, Rossi è finalmente montato in sella alla 500: “uno di quei momenti nella carriera di un pilota che non ti dimentichi perché, quando gli dai il gas, quella lì proprio ti lanciava nella stratosfera. Mi ricordo la sensazione della pista che si stringeva.  Bella, una bella sensazione. Poi però alla velocità ci fai l'abitudine e il giorno dopo, il secondo giorno quando mi è arrivata anche la mia tuta - perché quella di Lucchi mi arrivava a mezzo polpaccio -  sono andato anche forte, subito veloce.†
Velocissimo anche a Phillip Island, nel suo racconto Rossi accenna anche al primo (tralasciando quello delle tute e dei caschi) “inconveniente: “Poi è arrivata la prima sassata vera della 500, che è stata la Siberia, che è la 6. Lì arrivi da destra, in accelerazione, freni sinistra. L'ho buttata dentro troppo forte, mi è partita in ingresso e mi ricordo proprio come se fosse l'ammortizzatore. L'ho sentito comprimersi tutto e mi ha lanciato a casa di Dio. Ho fatto 1, 2, 3 e sbadabam!â€.  

Sport e piloti
Data articolo: Tue, 16 Dec 2025 09:07:28 +0000
News n. 2
Voge, quante moto nuove per il 2026! Voge, quante moto nuove per il 2026!

Tantissime le novità presentate dal costruttore cinese, dalle sportive a quattro cilindri, agli scooter di tutte le cilindrate. Debuttano anche una cruiser e una naked per 16enni. Vediamole una per una

RiccardoVilla

Voge ha pronte parecchie novità per il 2026: sportive, cruiser, naked, oltre a scooter per tutti i gusti. Il 2026 si annuncia quindi come un anno particolarmente importante e ricco per il costruttore cinese. Vediamo allora una per una tutte le novità che ci ha preparato.

SR 16 Air

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Questo scooter a ruote alte si affianca all’SR16 già presente nella gamma scooter di Voge, ne condivide la base tecnica con telaio in acciaio e motore monocilindrico di 124,8 cm³ e 10,6 CV a 7.250 giri, ma si differenzia per una dotazione ben più ricca. Sono di serie infatti il controllo di trazione, i fari full-LED, il display LCD con navigazione turn-by-turn, bauletto e parabrezza e le manopole riscaldabili. A livello ciclistico troviamo ruote di 16 pollici all’anteriore e 14 al posteriore, pneumatici tubeless e impianto frenante composto da un disco anteriore e uno posteriore, entrambi sorvegliati da ABS. Tutte le caratteristiche le trovate qui.

SR 125 GTS

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Il nuovo SR 125 GTS si inserisce nella gamma degli scooter 125 della Casa cinese, distinguendosi per un design sportivo e affilato, ma soprattutto per una dotazione completa pensata per l’uso quotidiano. È alimentato da un monocilindrico quattro tempi di 125 cm³ raffreddato a liquido, con una potenza massima di 12,3 CV a 8.750 giri e un consumo medio dichiarato dalla Casa superiore ai 35 km/l. Il telaio è un tubolare in acciaio abbinato a una forcella a steli tradizionali e a un doppio ammortizzatore posteriore regolabile nel precarico. L’impianto frenante è a doppio disco con ABS, mentre le ruote sono da 14 pollici all’anteriore e 13 al posteriore. La dotazione di serie include luci full-LED, display LCD, sistema keyless, controllo di trazione, dash cam integrata, sella e manopole riscaldabili, oltre al portapacchi posteriore in alluminio con maniglioni per il passeggero. Nel vano retroscudo e in quello sotto la sella sono presenti due prese USB. Interasse, altezza della sella e peso valgono rispettivamente: 132 cm, 77,5 cm e 138 kg.

SR 450 X

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Voge sbarca nel segmento degli scooter avventurosi con l’SR 450 X, un midi con cerchi a raggi 17-15 pollici, pneumatici leggermente tassellati e un’estetica muscolosa tipica dei modelli di questo segmento. Offre plexi regolabile, paramani, barre di protezione laterali, sella ampia con supporto lombare per il passeggero e pedana con rivestimenti in alluminio. È spinto da un bicilindrico in linea di 398 cm³ raffreddato a liquido e capace di 43,5 CV di potenza massima a 8.000 giri, con un picco di coppia di 44 Nm a 5.750 giri. La ciclistica vede un telaio in acciaio sostenuto da una forcella a doppia piastra con steli rovesciati e da una coppia di ammortizzatori KYB regolabili nel precarico. L’impianto frenante schiera un grosso disco anteriore con pinza J.Juan ad attacco radiale e un disco più piccolo con pinza flottante Nissin al posteriore. I cerchi sono da 17†e 14†e calzano pneumatici Maxxis leggermente tassellati. Il peso è di 220 kg in ordine di marcia, mentre la seduta dista 79,5 cm dal terreno.
 

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Ricca la dotazione che prevede luci full-LED con DRL, sistema di avviamento keyless, prese di ricarica USB, dashcam anteriore e display TFT a colori con connessione allo smartphone.

R 125 S

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Questa naked compatta e dalle linee affilate si rivolge ai giovani sedicenni che desiderano interfacciarsi per la prima volta al mondo delle due ruote. L’estetica è curata e moderna, le linee sono affilate e i gruppi ottici vantano luci full-LED. Cuore pulsante della R 125 S è un monocilindrico quattro tempi raffreddato a liquido di 125 cm³ accreditato di una potenza massima di 15 CV a 9.000 giri. Motore racchiuso all’interno di un telaio a traliccio in acciaio, abbinato a una forcella a steli rovesciati e a un monoammortizzatore che aziona un forcellone bibraccio anch’esso in acciaio. I freni sono entrambi a disco con ABS, i cerchi sono entrambi in lega di 17 pollici e il peso in ordine di marcia dichiarato è di appena 128 kg. Per tutte le caratteristiche tecniche vi rimandiamo al nostro articolo di presentazione.

CU 625

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Questa bella custom monta un motore bicilindrico a V di 578,2 cm³ dotato di raffreddamento a liquido e accreditato di una potenza massima di 60,3 CV a 8.500 giri e 61 Nm a 5.500 giri. È abbinato a un cambio a sei rapporti, offre due mappe di erogazione e il controllo di trazione è di serie. Il telaio è una struttura a doppia culla in acciaio, con forcella a steli rovesciati e doppio ammortizzatore posteriore regolabile. L’impianto frenante a doppio disco è sorvegliato da ABS e i cerchi sono di 16 pollici, con pneumatici di sezione generosa. La sella è posta a 71 cm da terra, mentre il peso dichiarato è di 199 kg in ordine di marcia. L’articolo completo potete leggerlo cliccando qui.

RR 460 S

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Inattesa e fuori dagli schemi per il suo frazionamento, questa sportiva monta un motore a quattro cilindri in linea di 475 cm³ in grado di sviluppare una potenza massima di 76 CV a 12.500 giri, con un picco di coppia di 47 Nm a 11.000 giri. Due le mappe motore disponibili (Sport ed Eco) e il controllo di trazione è di serie. Il telaio è in acciaio e lavora con un raffinato forcellone in alluminio a capriata rovesciata, che aziona un monoammortizzatore regolabile nel precarico. All’avantreno la funzione ammortizzante è affidata a una forcella a steli rovesciati, non regolabile. L’impianto frenante è firmato Nissin, con pinze radiali e doppi dischi da 320 mm all’anteriore. Il peso dichiarato è di 195 kg in ordine di marcia. Per saperne di più, ecco il nostro articolo dedicato.

RR 660S

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Questa sportiva di Voge è stata una delle moto più ammirate a EICMA. È alimentata da un motore a quattro cilindri in linea di 662,8 cm³ con distribuzione bialbero e 99 CV di potenza massima a 11.500 giri. Il cambio è a sei rapporti, la frizione antisaltellamento e di serie ci sono ABS e controllo di trazione con funzione cornering. Ad abbracciare il propulsore un telaio perimetrale in acciaio ad alta resistenza, abbinato a un forcellone bibraccio in lega d’alluminio. Le sospensioni comprendono una forcella a steli rovesciati e un monoammortizzatore regolabile nel precarico e nell’estensione. L’impianto frenante si affida all’anteriore a due dischi con pinze radiali Brembo, mentre al posteriore lavora una pinza Nissin. Tutte le caratteristiche tecniche le trovate qui.

EICMA 2025
Vivere con la moto
Data articolo: Tue, 16 Dec 2025 09:01:41 +0000
News n. 3
QJ Motor MTX 300, un vero midi al prezzo di un 125 QJ Motor MTX 300, un vero midi al prezzo di un 125
QJ Motor
MTX
300 2025
massimo.miliani

L'MTX è compatto, ha uno scudo alto con parabrezza regolabile elettricamente e la pedana occupata dal grosso tunnel centrale che limita lo spazio per i piedi, ma contiene un bel serbatoio da 12,5 litri (che assicura un'ottima autonomia). La ciclistica può contare su un telaio in tubi d'acciaio abbinato a una forcella telescopica e a due ammortizzatori regolabili nel precarico. I cerchi in lega a razze sono da 14" all'anteriore e 13" al posteriore con pneumatici stretti (110/80 davanti e 130/70 dietro) che aumentano l'agilità.

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Nel retroscudo ci sono due vani portaoggetti con sportellino che si apre a pressione: sono stretti ma abbastanza profondi. Al centro il manopolone per gestire accensione e bloccasterzo


Tutto quello che serve

Il motore è un moderno monocilindrico da 249 cm³ con distribuzione a 4 valvole, raffreddamento a liquido e 25,9 CV. I freni sono a disco con profilo a margherita, da 240 mm all'anteriore e da 220 mm al posteriore, mentre il pacchetto di elettronica, oltre all'ABS obbligatorio, comprende anche l'accensione con telecomando smartkey e il controllo di trazione disattivabile, mentre la strumentazione con schermo TFT da 7 pollici si connette allo smartphone. Completano la dotazione manopole e sella riscaldabili, bauletto da 33 litri (non presente sul modello in prova), il doppio cavalletto e due pratici vani portaoggetti ai lati del retroscudo.

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Il cruscotto utilizza un ampio display TFT da 7": curato e ben leggibile in ogni condizione di luminosità, si può collegare allo smartphone via Bluetooth

Come va

La posizione di guida è azzeccata e accogliente: si è ben inseriti e il manubrio è alla giusta distanza. L'ampio tunnel limita un po' lo spazio sulle pedane: le gambe si possono distendere, ma i piedi escono dalla sagoma della carrozzeria. Ben bilanciato e agile (grazie anche al peso contenuto) si manovra con facilità. L'MTX è preciso in curva, svelto nei cambi di direzione e in autostrada resta sempre stabile. Il motore, grazie anche alla trasmissione a punto, garantisce uno scatto vivace, ma alle basse velocità si avverte un leggero on-off. La forcella assorbe bene le sconnessioni; più rigidi gli ammortizzatori, che soffrono sulle buche.
La protezione alle gambe dello scudo è limitata, mentre il parabrezza è efficace anche alla massima velocità. I freni sono pronti e il controllo di trazione, che interviene al momento giusto, è una garanzia.

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Scooter
3990

Non solo moto: QJ Motor propone anche scooter interessanti come questo MTX 300, un "midi" ben fatto, brillante, ottimamente dotato e offerto a un prezzo simile a quello dei 125 europei o giapponesi

Dati tecnici (dichiarati dalla casa)
Motoremonocilindrico 4 tempi
Cilindrata (cm3)249
Raffreddamentoa liquido
Alimentazionea iniezione
Cambioautomatico
Potenza CV (kW)/giri25,9(19)/8000
Freno anteriorea disco
Freno posteriorea disco
Velocità massima (km/h)nd
Dimensioni
Altezza sella (cm)79,5
Interasse (cm)136
Lunghezza (cm)194,5
Peso (kg)158
Pneumatico anteriore110/80 - 14"
Pneumatico posteriore130/70 - 13"
Capacità serbatoio (litri)12,5
Riserva litrind

 

Data articolo: Mon, 15 Dec 2025 13:36:41 +0000
News n. 4
Code e cantieri: arrivano i risarcimenti per i disagi in autostrada Code e cantieri: arrivano i risarcimenti per i disagi in autostrada

Dal 2026 potrebbe entrare in vigore il nuovo sistema di rimborsi per chi resta bloccato in autostrada a causa di cantieri o interruzioni del traffico. L’Autorità di regolazione dei trasporti introduce soglie, tabelle e criteri per calcolare il risarcimento. Ecco cosa sappiamo…

Riccardo Allegro

Code e rallentamenti?

Cantieri, rallentamenti e code chilometriche in autostrada? Finalmente, forse, le cose potrebbero cambiare col prossimo anno. Intendiamoci: il rischio di rimanere incolonnati per ore resta ma, almeno, si potrà chiedere un rimborso. La novità è contenuta nella delibera 211/2025 dell’Autorità di regolazione dei trasporti (Art), secondo cui  gli automobilisti intrappolati nel traffico avranno il diritto di essere risarciti per il disservizio (ovviamente secondo specifiche regole e tabelle). D’altra parte, ha ricordato il presidente dell’Art Nicola Zaccheo  “Il pedaggiodeve essere equo e proporzionato al servizio effettivamente usufruitoâ€. Come accennato, i rimborsi verranno erogati in proporzione al ritardo ed alla lunghezza del tragitto. Vediamo i dettagli.

I rimborsi per i cantieri

Qualora il rallentamento fosse dovuto ad un cantiere, il meccanismo di calcolo per il rimborso si baserà sulla lunghezza del percorso. L’Autorità ha già fissato le soglie: 

  • Percorsi sotto i 30 km: rimborso sempre dovuto, senza soglia di ritardo;
  • Tra 30 e 50 km: rimborso al superamento dei 10 minuti;
  • Oltre 50 km: rimborso con almeno 15 minuti di ritardo.

I rimborsi per traffico

Se la causa del disagio non è un cantiere ma un blocco del traffico, il criterio cambia ed è legato alla durata dell’interruzione sulla tratta interessata. Anche in questo caso ci sono le soglie: 

  • Tra 60 e 119 minuti: rimborso del 50%;
  • Tra 120 e 179 minuti: rimborso del 75%;
  • Oltre 180 minuti: rimborso totale, il 100% del pedaggio.

Eccezioni

Ci sono, era scontato, alcune eccezioni. Il rimborso non sarà  dovuto nei seguenti casi: 

  • Cantieri emergenziali dovuti a incidenti, eventi meteo o idrogeologici eccezionali;
  • Attività di soccorso o interventi di ripristino;
  • Cantieri mobili (almeno nella fase iniziale di applicazione);
  • Nel caso di importi inferiori a 10 centesimi, con rimborso erogato solo al raggiungimento della soglia minima di 1 euro.

Il calendario dei rimborsi

Il calendario dei rimborsi è scandito in due tappe:

  • Entro il 1° giugno 2026, il rimborso sarà operativo per i blocchi del traffico e per i cantieri su tratte gestite dallo stesso concessionario.
  • Entro il 1° dicembre 2026, toccherà invece ai percorsi che attraversano più gestori.

Una finestra di monitoraggio - fino al 31 dicembre 2027 - permetterà inoltre all’Autorità di verificare l’efficacia del sistema e apportare eventuali correzioni entro luglio dello stesso anno.

Come verrà effettuato il rimborso

Esistono, almeno sulla carta, diverse possibilità. Il rimborso potrebbe essere notificato agli utenti registrati tramite l’App unica (di cui i concessionari dovranno dotarsi)  entro 20 giorni dall’effettuazione del viaggio o dalla regolarizzazione del transito. Più facile ancora in caso pagamento via telepas o carta registrata. In ogni caso (si pensi a chi paga cash al casello), il concessionario dovrà  mettere a disposizione più canali: almeno una sezione del sito web per richieste, un numero telefonico e/o punti fisici di assistenza ove presentare richiesta di rimborso. 

Il commento dell’Unione Nazionale Consumatori

Soddisfatta solo a metà l’Unione Nazionale Consumatori, secondo la quale, pur rappresentando la delibera un “passo avanti importanteâ€, rimarrebbe comunque  â€œnon ancora sufficienteâ€. Secondo il presidente Massimiliano Dona, infatti, “se l'automobilista resta imbottigliato, ad esempio, dovrebbe aver ha diritto non solo alla restituzione dell'intero importo pagato, ma, nei casi più gravi, laddove vi è stato un notevole disservizio e un forte disagio in termini di code, anche a un indennizzo supplementareâ€. Indennizzo che “dovrebbe avere un valore fortemente dissuasivo, sanzionatorioâ€. Non solo. Dona punta il dito anche sul fatto che “per le concessioni già vigenti sarà possibile il 100% del recupero delle somme versate agli utenti per gli anni 2026 e 2027 e via via a scalare fino al 2030. Pur comprendendo la necessità tecnica di un compromesso, essendo le concessioni già vigenti, con diritti acquisitiâ€. “Resta evidente - conclude il presidente dell’Unione Nazionale Consumatori “che per anni mancherà una vera penalizzazione per chi offre un servizio pessimo agli utenti, visto che i costi saranno comunque scaricati sugli automobilistiâ€. 

Per rimanere in tema: Autostrada del Brennero, via ai cantieri: ci aspettano anni di code e rallentamenti

 

 


 

abcde
Mar, 16/12/2025 - 11:04
D'accordo con le osservazioni di Dona e aggiungo che, visto che ormai va tanto di moda, dovrebbero anche essere retroattivi per gli ultimi 10 anni
abcde
Mar, 16/12/2025 - 11:07
PS. Dimenticavo....e le autostrade dovrebbero essere gratuite, dato che sono state costruite con i soldi dei cittadini italiani, non dei privati...che le hanno avute in omaggio dagli svendi Italia con concessioni cinquantennali che, tra l'altro, in molti casi sono anche scadute. Quindi, come al solito, parassiti abusivi piazzati lì dove non dovrebbero essere a chiedere soldi per un servizio che è stato giù pagato.
Politica e trasporti
Data articolo: Mon, 15 Dec 2025 13:00:31 +0000
News n. 5
Promozione Wottan: immatricolazione e soccorso stradale inclusi nel prezzo Promozione Wottan: immatricolazione e soccorso stradale inclusi nel prezzo

Fino al 31 dicembre 2025 per la Gamma Euro 5 l’immatricolazione è inclusa nel prezzo e in più c'è anche un anno di soccorso stradale incluso nel prezzo

Riccardo Allegro

Promo Wottan

Tra bolli, emolumenti ACI, diritti Motorizzazione ed altri il costo da affrontare per l’immatricolazione di una nuova moto si aggira mediamente tra i 300 e i 400 euro. Una spesa non indifferente che, chi in procinto di acquistare una nuova moto, deve per forza di cose mettere in conto. Si “salvano†i clienti interessati all’acquisto di una Wottan Euro 5 grazie alla promozione loro dedicata. Fino al 31 dicembre 2025, infatti, la Casa spagnola ha scelto di regalare ai propri clienti l’immatricolazione della nuova moto per tutti i modelli della Gamma Euro 5, quindi Storm-V 125, Storm-R 125 e l’intera gamma Rebbe. Non solo: in aggiunta, Wottan regalerà anche un anno di assistenza stradale. 

Come accennato, l’offerta è valida fino al 31 dicembre 2025, salvo esaurimento scorte. Per maggiori dettagli 

Storm-V 125

Tra i modelli interessati dalla promozione c’è anche lo Storm-V 125, “scooter crossover†con dotazioni di qualità, finiture curate e dimensioni generose: lungo 223 cm, ha una sella ampia e accogliente anche per due, con il piano a soli 76 cm da terra. Il motore è un monocilindrico 4 valvole raffreddato a liquido da oltre 14 CV, quanto basta per affrontare anche strade extraurbane e avere un buono spunto, pur mantenendo consumi contenuti. Le sospensioni vedono al lavoro una forcella con steli da 37 mm di diametro protetti da soffietti parapolvere e una coppia di ammortizzatori regolabili nel precarico (5 posizioni) in grado di cavarsela anche su strade bianche e sterrati leggeri. I freni a disco sono controllati da un sistema di frenata combinata. Il serbatoio da 12,5 litri invece garantisce poche soste dal benzinaio.

News
Data articolo: Mon, 15 Dec 2025 11:40:45 +0000
News n. 6
Suzuki DR-Z 400: il giallo che non passa mai di moda Suzuki DR-Z 400: il giallo che non passa mai di moda

La piccola di Hamamatsu è più apprezzata oggi che un tempo: ottima per l'enduro facile grazie alla sua agilità, ha componentistica di qualità nelle versioni marchiate Valenti

guiss

Suzuki ha recentemente ripreso la sigla DR-Z per una nuova enduro e una supermotard di cilindrata medio-piccola. Colori, forme, impostazione generale e cubatura del propulsore vanno a riprendere un modello mitico della casa di Hamamatsu: la DR-Z 400 di inizio millennio. Ripercorriamone la storia.


Origini umili

La DRZ 400 viene presentata nel 1999, ma non suona come una novità nel panorama dual sport, perché sostituisce la precedente DR 350. La tre e mezzo giapponese era arrivata sul mercato nel 1990, in un momento in cui la facevano da padrona le grosse twin da 750 cm3 e oltre, possibilmente con parafango basso e cupolino. Era fuori moda già in partenza, ma il monocilindrico di 349 cm3 (79x71,2mm) SOHC raffreddato ad aria e olio da 30 cavalli, il telaio monotrave con doppia semiculla in acciaio e un peso contenuto, intorno ai 130 kg, la rendevano una compagna ideale per l'uso quotidiano, tanto in città quanto in fuoristrada. Tutti erano in grado di usarla, era affidabile e con bassi costi di gestione. Rispetto alla sorella più grande, da 650cc, aveva meno ambizioni rallistiche, ma in fondo si comportava anche meglio, soprattutto dove servivano leggerezza e maneggevolezza.


Salto in avanti

Dopo quasi un decennio di onorata carriera e piccoli miglioramenti, Suzuki decide di mettere le mani sul progetto e dargli nuova forma. Innanzitutto viene rivista profondamente la meccanica: il monocilindrico passa a 398 cm3 (90x62,6mm) e guadagna il raffreddamento a liquido, la distribuzione è bialbero DOHC, mentre l'alimentazione rimane a carburatore. La potenza si attesta sui 30/40 cavalli a seconda delle versioni, cavalli decisamente sfruttabili lungo tutto l'arco di utilizzo. La ciclistica vanta una moderna forcella Showa a steli rovesciati da 49mm di diametro e un monoammortizzatore regolabile per le versioni più “racingâ€. Il peso rimane contenuto, ma l'altezza sella non è per tutti.


La moto che vuoi

La gamma viene differenziata in tre varianti. La DR-Z 400 S è la più stradale ed è anche la più pesante, oltre a essere equipaggiata con sospensioni più morbide e un mono non regolabile. L'altezza sella è fissata a 890 millimetri, la massa arriva a 144 chilogrammi. Il rapporto di compressione è meno spinto (11,3:1) rispetto alla DR-Z 400 (12,2:1) e il motore ha una trentina di cavalli.

La 400 “pura†invece è senza avviamento elettrico e più vicina a una enduro specialistica: il motore arriva a erogare circa 38 cavalli, il peso scende a 132 chilogrammi, il carburatore è un Keihin da 39 millimetri di diametro invece del Mikuni da 36. La sella è più alta rispetto alla S, siamo a 945 millimetri, le sospensioni sono regolabili. In Italia è importata da Valenti. Infine c'è la DR-Z 400 E, uguale a quest’ultima ma dotata del provvidenziale avviamento elettrico.

Dal 2002, sull’onda del successo globale delle supermotard, la E viene venduta con doppia omologazione: ruote 21-18 e 17-17, l'anno successivo viene rivista la testa e la potenza supera i 41 cavalli. Altre evoluzioni di non poco conto che si aggiungono sono la diversa inclinazione del cannotto di sterzo, la forcella da 49 millimetri, il serbatoio in plastica. Nel 2005 arriva il vero e proprio allestimento SM, con ruote da 17â€, ma senza doppia omologazione. L'impianto frenante è più potente, con dischi freno a margherita.


Poche vendite, tanti rimpianti

La DR-Z è stata una moto non troppo apprezzata all'epoca: le enduro specialistiche da 450cc in quel periodo offrivano prestazioni superiori e le moto “dual†erano ormai passate di moda. La versione S è addirittura scomparsa dai listini nel 2001-2002, per poi tornare fino al 2008, quando è rimasta disponibile solo negli USA, in Australia e Brasile. Più fortuna ha avuto la versione SM: aggressiva fin dalla colorazione e divertente, aveva un motore apprezzabile e meno difficile rispetto ad altre motard di derivazione enduro, come la Honda XR.


La DR-Z oggi

Questa piccola Suzuki è sempre stata una moto che ha richiesto poca manutenzione e non ha mai dato grossi problemi. Le prestazioni sono valide ancora oggi, più di diverse moto contemporanee, i consumi ottimi. Le noie più comuni possono venire dal tendicatena o dal carburatore, ma sono affrontabili. La DR-Z 400 tra l'altro conta diversi estimatori e un forum dedicato dove gli appassionati sono pronti a fornire consigli basati su larga esperienza. 

Per quanto riguarda le quotazioni invece, la questione si fa un po' più delicata: pochi sono gli esemplari in giro (soprattutto della E), diversi sono “pasticciati†e non è raro dovere spendere più di 3.500-4.000 euro per portarsi a casa l'oggetto del desiderio.
 

Moto usate
Data articolo: Mon, 15 Dec 2025 10:00:42 +0000
News n. 7
Batteria della moto sempre in forma con i trucchi del meccanico e il mantenitore di carica Batteria della moto sempre in forma con i trucchi del meccanico e il mantenitore di carica

Ecco qualche consiglio per evitare che la batteria della moto o dello scooter finisca KO e vi lasci a piedi sul più bello e qualche dritta per comprare il mantenitore di carica giusto per le vostre esigenze

malo

Il freddo è nemico dei motociclisti. Non solo perché mette a dura prova la resistenza del fisico durante gli spostamenti in sella, ma perché spesso quando la temperatura comincia a scendere, la batteria finisce “a terraâ€. E non c’è nulla di peggio che montare in sella la mattina, premere il bottoncino di avviamento e…  non sentire niente. Per evitare questa brutta esperienza, ecco qualche consiglio per evitare che la batteria della moto o dello scooter finisca KO.

I tipi di batteria

Le batterie in commercio sono di quattro tipi:

Classiche 

Sono quelle che hanno i “tappini†nella parte alta: servono per rabboccare il liquido contenuto all’interno delle celle quando scende sotto il livello corretto.

Pregi

Sono le meno “delicateâ€: resistono bene agli strapazzi e se si danneggiano, possono essere “recuperate†con facilità, usando un moderno caricabatteria/manutentore di carica. Costano poco.

Difetti

Offrono meno potenza per la messa in moto, pesano e vanno controllate ogni 2/3 mesi per evitare che il livello dell’acido scenda troppo.

Al gel

Al loro interno non hanno liquido, ma un gel solido. Non hanno bisogno di manutenzione.

Pregi

Sono leggere e compatte, si possono montare in qualsiasi posizione, anche al contrario.

Difetti

Delicate, vanno tenute sempre ben cariche. Costano parecchio.

Sul mercato ci sono anche le batterie ASGM. Pregi e difetti sono simili a quelle al gel, rispetto alle quali l’elettrolita è assorbito completamente all’interno di separatori di tipo Glass Mat che immobilizzano l’acido.

Sigillate

Sono ermetiche, non hanno i “tappini†e non hanno bisogno di essere controllate.

Pregi

Nessuna manutenzione, sono leggere e si possono montare in qualsiasi posizione. Offrono un buono spunto all’avviamento.

Difetti

Sono più delicate, si danneggiano facilmente se si scaricano troppo e sono difficili da “recuperareâ€. Costano più delle “classiche†al piombo.

Al litio

Utilizzano la stessa tecnologia delle batterie dei cellulari.

Pregi

Sono leggere e compatte, invecchiano più lentamente e durano di più (se tenute correttamente).

Difetti

Sono sensibili al calore e quindi devono essere ben isolate, ma soffrono anche il freddo. Necessitano di caricatori specifici. Sono costose.

Attenti a smontarla

Se la batteria non tiene più la carica, va cambiata. L’operazione non è difficile: bisogna però seguire la sequenza giusta per evitare che salti qualche fusibile.

  • Se smontate la batteria, prima scollegate il polo negativo (contrassegnato dal simbolo “-“) e poi quello positivo (contrassegnato con simbolo “+â€).
  • Se rimontate la batteria, invece, prima attaccate il polo positivo e poi quello negativo.

Il freddo fa male

Le basse temperature (così come quelle alte) mettono a dura prova la batteria, soprattutto se poco in forma.

  • Infatti gli accumulatori col tempo tendono a perdere la propria carica, e se non vengono ricaricati o se sono danneggiati lo fanno più rapidamente. Si parla in questo caso di “autoscaricaâ€: il freddo accelera questo fenomeno.
  • Avviare un motore con le basse temperature è più “faticosoâ€, perché offre maggiore resistenza: colpa dell’olio nella coppa che col freddo è più denso.

Consigli e trucchi

Con un po’ attenzione e di cure, è possibile far durare più a lungo la batteria. Ecco qualche “dritta†dei nostri esperti.

Sempre carica

Regola d’oro (quasi ovvia) per far durare la batteria. Solo quando è al 100% non dà problemi e non c’è il rischio che a poco a poco si rovinino le parti interne. Una batteria non a piena carica è più sensibile e si deteriora in fretta. Per averla carica bisogna usare spesso e a lungo la moto oppure usare un mantenitore di carica.

 

Controllatela e rabboccatela

Se avete una batteria “classicaâ€, ricordatevi di controllare il livello del liquido ogni 2/3 mesi. Tenetelo sempre al massimo. Il rabbocco va fatto con acqua distillata. Non usate quella del rubinetto!

 

Nei brevi tragitti non si carica

Usare la moto per brevi e frequenti tragitti è il modo migliore per mandare KO la batteria, che in questo modo non ha il tempo per riprendersi dopo lo sforzo dell’avviamento. A poco a poco la sua efficienza calerà e al primo freddo rischiate di ritrovarvi a piedi.

Occhio ai morsetti

Altro aspetto delicato della batteria sono i cosiddetti “morsettiâ€, cioè i punti dove si agganciano i cavi del positivo e del negativo. Vanno tenuti puliti senza ossidazioni e protetti con vaselina o grasso specifico. Controllate che i cavi siano ben fissi: con le vibrazioni possono allentarsi e creare malfunzionamenti.

Staccatela se non la usate

Se pensate di fermare la moto per parecchio tempo, è meglio scollegare la batteria, staccando almeno il cavo del negativo. Però la cosa migliore è togliere la batteria e tenerla in un luogo asciutto e senza sbalzi di temperatura.

Carica e scarica le fanno male

Mandare “a zero†la batteria è un guaio: le ripetute cariche e scariche complete provocano danni o perdita d’efficienza. Con i moderni caricabatteria alle volte però è possibile riportarle in efficienza.

Il “mantenitoreâ€: cosa è e come funziona

Nel garage di ogni motociclista ci deve essere un buon caricatore-mantenitore di carica, capace di ricaricare le batterie KO, ma anche di tenerle cariche al 100% collegandosi direttamente all’accumulatore montato sulla moto. La comodità è proprio questa, basta collegarlo alla batteria e la terrà automaticamente sempre al 100% controllandola periodicamente ed attivandosi solo quando è necessario.

Pinze e cavi

Nelle confezioni troverete in genere un paio di cavi: le classiche pinze da collegare ai morsetti della batteria, oppure il cavetto con gli occhielli da tenere stabilmente collegato alla batteria per procedere alla ricarica semplicemente collegando lo spinotto, senza dover accedere tutte le volte al vano dove si trova la batteria.

Come scegliere il mantenitore

Un dato importante nello scegliere il mantenitore di carica è la correnti di carica. Diciamo che per le batterie delle moto un’ampere va più che bene, in genere i produttori indicano la capacità delle batteria (Ah) per cui è consigliato del caricabatteria. In generale comunque anche un caricabatteria con meno di un Ampere non ha problemi nel mantenere in carica anche una batteria di un’auto, solo che ci metterà molto più tempo rispetto a prodotti più potenti. Se avete mezzi d’epoca che utilizzano batterie a 6 Volt controllate che il mantenitore sia in grado di ricaricarle, quelli più economici in genere sono in grado di ricaricare solo quelle “moderne†a 12 Volt.

Fanno rinascere le batteria

I mantenitori di carica sono in grado anche di rivitalizzare batterie danneggiate, hanno infatti la funzione “desolfatazione†che permette di pulire le piastre delle batterie (se non sono in condizioni disperate) e quindi riportarle a nuova vita evitando di doverne comprare una nuova.

Manutenzione
Data articolo: Mon, 15 Dec 2025 09:58:11 +0000
News n. 8
Honda: le moto e gli scooter nuovi per il 2026. Vediamoli uno per uno Honda: le moto e gli scooter nuovi per il 2026. Vediamoli uno per uno

La Casa giapponese ha sorpreso gli appassionati con la naked V3R sovralimentata, mentre su base Hornet arrivano la CB1000GT e la CB1000F. Ma non è tutto... Scopriamo le nuove Honda per il prossimo anno

RiccardoVilla

SH 125-150

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Lo scooter più venduto d’Italia per il 2026 cambia faccia grazie a un aggiornamento del frontale, caratterizzato ora da un doppio faro con luci full-LED e indicatori di direzione più sottili e integrati nella carenatura. Sul fronte tecnologico debutta un nuovo schermo TFT a colori di 4,2†dotato di connessione allo smartphone e mirroring per la navigazione attraverso l’app Honda dedicata, mentre nel vano portaoggetti arriva una presa di ricarica USB-C. Altre novità riguardano la seduta, risagomata per incrementarne il comfort, e le sospensioni, che sono state riviste nella taratura. Confermata invece la base tecnica con telaio in acciaio e motori monocilindrici di 125 e 150 cm³. L’articolo completo lo trovate qui.

V3R Concept

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Si tratta ancora di un concept, ma il progetto è ben definito e anticipa l’arrivo della piattaforma (quindi non un solo modello) che equipaggerà il motore V3. Parliamo di un’unità di 900 cm³ con bancata a 75 gradi, due cilindri rivolti in avanti e uno indietro, e raffreddamento a liquido. Peculiarità del propulsore, oltre al frazionamento insolito, è il fatto di essere dotato di un compressore gestito da un motore elettrico, in grado di controllare la pressione dell’aria in aspirazione indipendentemente dal regime del motore. Non si tratta quindi né di un compressore volumetrico né di un turbocompressore alimentato dalla pressione dei gas di scarico. Questa unità infatti è gestita elettronicamente da un motore alimentato con una batteria dedicata, quindi il funzionamento è del tutto indipendente. Per saperne di più, ecco il nostro articolo dedicato.

Honda CB1000GT

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Sviluppata sulla base tecnica della Hornet con motore quattro cilindri in linea di 1.000 cm³ e telaio a diamante in acciaio, la CB1000GT è una crossover sportiva pensata per viaggiare veloci. L’alimentazione è Throttle By Wire, quindi gestita elettronicamente, e troviamo 5 modalità di guida: quattro preimpostate (Standard, Sport, Rain, Tour), mentre la User è personalizzabile dal pilota. La potenza dichiarata del propulsore è di 150 CV a 11.000 giri, mentre la coppia massima è di 102 Nm a 8.750 giri. Per adattarsi all’attitudine da viaggiatrice è stato rivisto il telaietto posteriore e allungato il forcellone, a tutto vantaggio della stabilità, mentre la novità più interessante è l’arrivo delle sospensioni Showa semiattive. 

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La CB1000GT durante il nostro test in anteprima ad Alicante, Spagna

La dotazione di serie è molto ricca: sul fronte sicurezza ci sono piattaforma inerziale, ABS e controllo di trazione cornering, mentre lato tecnologia troviamo luci full-LED, cruise control, avviamento keyless e display TFT con connessione allo smartphone e mirroring per la navigazione. Tutte le caratteristiche tecniche e la nostra prova su strada potete leggerle cliccando qui.

CB1000F

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Dopo i primi dati tecnici, debutta in Europa la CB1000F, roadster di Honda nata sulla piattaforma motore-telaio della CB1000 Hornet. Il cuore è quindi sportivo, con il quattro cilindri in linea di 1.000 cm³ e 124 CV di potenza massima (sulla Hornet sono 152) ex CBR1000RR Fireblade, ovviamente rivisto nelle specifiche e adattato all’utilizzo stradale. Il telaio è la stessa unità a diamante in acciaio della nuda, con forcellone bibraccio in alluminio e sospensioni Showa regolabili. All’anteriore troviamo una forcella a steli rovesciati di 41 mm e un monoammortizzatore posteriore con leveraggio Pro-Link. Esteticamente si ispira a modelli entrati nella storia come la CB900F Bol D’Or e la CB750F, riprendendo le linee degli anni ’80, con serbatoio, fiancate e sella che formano un insieme armonico fino al codone. Elementi distintivi includono il faro tondo, il doppio clacson frontale, grafiche vistose e lo scarico con terminale a megafono. Qui ve la raccontiamo nel dettaglio.

A proposito della Fireblade, ecco la storia ultra trentennale di questa incredibile supersportiva raccontata nelle evoluzioni del modello!

WN7

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Si tratta della prima moto elettrica di Honda, che segna un importante passo verso la neutralità carbonica del marchio giapponese. Il design è futuristico, nato con l’obiettivo di combinare prestazioni elevate, efficienza e tecnologia. La WN7 offre un pacco batteria da 9,3 kWh che alimenta un motore elettrico raffreddato a liquido capace di erogare una potenza di picco di 50 kW e una coppia massima di 100 Nm. L’autonomia dichiarata da Honda è di circa 140 km nel ciclo medio WMTC, mentre per la ricarica sono necessari 30 minuti per passare dal 20% all’80% attraverso una colonnina di ricarica rapida. Collegandosi invece alla rete domestica, la ricarica completa richiede tra le 2,5 e le 5,5 ore, a seconda della potenza dell’impianto.

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Tecnicamente la moto nasce sul guscio batteria, che funge da elemento strutturale all’interno della ciclistica, e ad esso sono fissati il forcellone monobraccio Pro-Arm e il cannotto di sterzo. L’elettronica è al vertice della categoria: ci sono 4 Riding Mode preimpostati, quattro livelli di intervento del freno motore rigenerativo, la Walking Mode (con funzione avanti e retromarcia), il Selectable Speed Limit Assist (SSLA), l’ABS Cornering e il controllo di trazione. Per tutte le caratteristiche vi rimandiamo al nostro articolo dedicato.

XL750 Transalp, Hornet 750

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Honda introduce la E-Clutch, la propria frizione a controllo elettronico (qui vi spieghiamo il funzionamento) sulle proprie Hornet 750 e XL750 Transalp. Le due moto nascono sulla stessa piattaforma del bicilindrico parallelo di 755 cm³ raffreddato a liquido e con distribuzione bialbero, accreditato di 92 CV di potenza massima e un picco di coppia di 75 Nm. Cambiano ovviamente le sospensioni, le quote ciclistiche e le sovrastrutture.

Gamma 500

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Nuove colorazioni per le medie da patente A2 della Casa dell’Ala, che così come le cugine 750 guadagnano di serie la frizione E-Clutch. Con questo sistema a controllo elettronico, le cambiate, le ripartenze e le frenate possono essere fatte senza necessariamente azionare il comando della frizione, dato che un attuatore elettromeccanico farà questo per voi. La classica leva al manubrio resta però presente, dato che il sistema automatico può essere disinserito. Confermate le schede tecniche dei tre modelli: CBR500R, CB500 Hornet e NX500, che aumentano di 3 kg ciascuno per via della E-Clutch.

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EICMA 2025
singletv
Lun, 15/12/2025 - 20:28
Non se ne puo' piu' di questi SH !!!!!! Rivogliamo lo Scooter PCX 150-160 che manca ormai da parecchi anni e soprattutto vogliamo il Miglior Scooter Prodotto negli ultimi anni dalla HONDA : l' ADV 160 cc. venduto solo nel Continente Asiatico !!!!!!!!
News
Data articolo: Mon, 15 Dec 2025 09:03:04 +0000
News n. 9
Regolazioni delle sospensioni moto: a cosa servono e come funzionano Regolazioni delle sospensioni moto: a cosa servono e come funzionano

Si parla spesso di sospensioni pluriregolabili su moto di serie, ma come funzionano? Ecco la nostra guida

malo

Le sospensioni di una qualsiasi moto sono regolate dal costruttore, in modo da offrire una soluzione di compromesso. Si ricerca uno standard intermedio perché non si sa in anticipo quale sarà il tipo di motociclista (altezza, peso, ecc), né tanto meno quali saranno le condizioni principali di utilizzo (fondo, temperatura, carico medio, ecc). Considerato ciò, intervenire sulle regolazioni laddove è possibile ci permetterà di adattare l’assetto della nostra moto alle nostre esigenze. Ma vediamo brevemente quali sono le principali regolazioni a disposizione del motociclista.

Cosa è e a cosa serve regolare il precarico

Il precarico non agisce sull’idraulica ed è legato direttamente all’accorciamento della molla rispetto alla sua lunghezza “liberaâ€, cioè senza alcuna sollecitazione. Un maggiore accorciamento significa che occorre una forza più elevata per fare iniziare la compressione della sospensione.
In sostanza agendo sul registro cambiamo la forza da vincere per fare iniziare la compressione. Aumentando il precarico le sospensioni si comprimono meno sotto il peso della moto e del pilota, in altre parole aumenta l’altezza dell’assetto; diminuendo il precarico le sospensioni invece si comprimono di più, abbassando l’assetto. Qualunque sia il peso del pilota, quando è in sella alla moto questa deve abbassarsi un po’ (circa 30mm) ma non troppo. Bisogna assicurarsi che la maggior parte della corsa della sospensione sia disponibile mentre si guida.

Si può procedere così: avvolgere una fascetta intorno allo stelo della forcella in prossimità della guarnizione di gomma, il “parapolvereâ€. Assicurarsi che la fascetta non graffi il tubo cromato e che non sia troppo stretta per non danneggiare le guarnizioni in gomma.

A questo punto si parte guidando (accelerazioni e frenate) con uno stile “da tutti i giorniâ€. Quindi aumentate o diminuite il precarico fino a che la fascetta si fermi 10mm prima di arrivare a fondo corsa. A questo punto avete la corretta regolazione del precarico.

È fondamentale intervenire invece sul precarico posteriore quando si prevedono lunghi viaggi con il passeggero quindi con un maggior carico che schiaccia la sospensione.

Precarico molla anteriore

Se in cima agli steli (sul “tappoâ€, per intenderci) c’è un grosso dado esagonale dotato di tacche di riferimento, allora è possibile intervenire sul precarico della sospensione per regolare l’altezza dell’assetto. Con l’ausilio di una bussola e di un cricchetto (acquistabili dal ferramenta oppure online), è possibile avvitare l’esagono di modo che questo, abbassandosi, vada a comprimere e quindi a precaricare la molla interna allo stelo. Al contrario, svitandolo è possibile scaricare al massimo l’estensione della molla. La regolazione va eseguita su entrambi gli steli alla stessa maniera.

Precarico posteriore

Valgono le stesse considerazioni fatte per l’anteriore ma, in questo caso, troveremo una ghiera filettata che necessita di un'apposita chiave per essere avvitata/svitata. In altri casi il precarico si può regolare tramite un comodo pomello.

A cosa servono le regolazioni dell’estensione e della compressione

Le regolazioni dell’idraulica sono le più delicate, sbagliarle significa rendere il comportamento della moto poco prevedibile e peggiorare la tenuta di strada, per questo vanno fatte per gradi, meglio con i consigli di un esperto che vi possa guida nella scelta del miglior bilanciamento. Ecco comunque di base a cosa servono le regolazioni in compressione ed estensione.

La compressione della forcella

Se la sospensione anteriore si comprime troppo velocemente (quindi è troppo morbida) può perdere aderenza e incominciare a sbanchettare. Invece se è troppo rigida e non riesce a comprimersi con sufficiente rapidità per passare sulle ondulazioni e comincia a saltellare e caricherà troppo la gomma rendendo difficile la frenata specialmente sul bagnato!

Inoltre con la compressione si cambia il comportamento in curva: se è morbida la moto si abbasserà troppo velocemente mentre entra in curva, costringendo il pilota a compensare il movimento del corpo rallentando. Viceversa se lo smorzamento in compressione è troppo rigido, la moto non si abbasserà in modo sufficiente e non entrerà facilmente in curva.

L’estensione della forcella

La regolazione in estensione anteriore serve per controllare la velocità con cui la moto “torna su†dopo che la forcella è stata compressa.

Se l’estensione è troppo sfrenata “poco freno al ritornoâ€, l’anteriore della moto salirà troppo velocemente dopo una frenata o curva causando un effetto “tira e molla†che può compromettere il mantenimento della traiettoria e portare anche a una perdita di trazione

Se l’estensione è troppo frenata l’avantreno sarà poco sincero, la moto sembrerà “legnosaâ€, troppo pesante dentro la curva e tenderà a chiudere la traiettoria.

A cosa serve la compressione del monoammortizzatore

Se la compressione è troppo morbida in uscita di curva il posteriore si siederà troppo in accelerazione causando un innalzamento del muso della moto, un eccessivo trasferimento di carico al posteriore pertanto la moto tenderà ad allargare la traiettoria in uscita.

Al contrario, se la compressione è troppo dura non ci sarà abbastanza schiacciamento e pertanto mancherà trazione, ci sarà dello slittamento pneumatico in accelerazione, una spinta del posteriore verso l’alto che può portare a chiudere la traiettoria.

A cosa serve l’estensione del monoammortizzatore

L’estensione serve a mantenere la ruota in contatto con il terreno.

Se c’è poco freno in estensione il posteriore sale troppo velocemente e la moto comincia ad ondeggiare e “pompare†nel bel mezzo della curva, perdendo la traiettoria.

Se c’è troppo freno in estensione la sospensione non si distenderà abbastanza velocemente causando uno schiacciamento troppo prolungato del posteriore si avranno problemi di trazione e poca sensibilità al posteriore.

Dove si trova il registro estensione anteriore

Nella maggior parte dei casi consistono in viti a taglio poste sulla sommità dello stelo (proprio accanto al dado di precarico). Questa impostazione frena, come suggerisce il nome, la corsa della sospensione nella sua fase di ritorno, per evitare che questa “rimbalzi†eccessivamente. Per intervenire, è necessario avvitarle completamente partendo così dalla posizione di “tutto chiuso†in cui il freno in estensione è massimo, quindi si procede a ritroso contando ogni scatto/click del registro, per ridurre il freno fino alla giusta misura. Entrambi gli steli vanno settati allo stesso modo.

Dove si trova il registro compressione anteriore

Solitamente è posizionato sul piede della forcella e più raramente sulla sommità. Per regolarlo si procede come già descritto per l’estensione, agendo sui singoli scatti a partire dal “tutto chiusoâ€, fino a trovare il compromesso perfetto tra il completo affondamento e il (non) raggiungimento del fine corsa. In pratica si regola la velocità con cui la forcella si comprime.

Dove si trova il registro estensione posteriore

In genere si trova nella parte inferiore del monoammortizzatore, ben identificato ma non sempre facilmente raggiungibile. Si presenta come un registro a vite oppure, una rotella filettata.

Dove si trova il registro compressione posteriore

In genere si trova nella parte superiore del mono. Anche in questo caso, però, esegue la medesima funzione vista sulla forcella e si presenta come un registro a vite. Su moto supersportive è spesso “doppioâ€,  perciò troviamo sia un registro per le basse velocità (più piccolo) che uno per le alte velocità (più evidente). Attenzione però non si parla di velocità della moto in km/h: la regolazione delle basse velocità incide sulla scorrevolezza che la sospensione ha durante scorrimenti lenti e lunghi, mentre quella delle alte velocità influenza la scorrevolezza della sospensione durante le sollecitazioni più repentine che possono avvenire anche a bassa velocità su una buca profonda.

Ci vuole un esperto, o l’elettronica

Abbiamo visto finora le principali regolazione ottenibili prima di mettere le ruote sull’asfalto. Va da sé che poi è fondamentale testare il comportamento su strada, per apprezzare o correggere il nostro set-up base. Qui è impossibile fare a meno di una più che discreta esperienza. Per questo motivo vi invitiamo, qualora non aveste sufficiente “tatto†per poter comprendere le reazioni del mezzo, a rivolgervi a un esperto. Solo in questo modo (dopo aver “giocato†un po’ con le regolazioni possibili) sarà possibile ottenere il compromesso ideale per il proprio stile di guida e il proprio utilizzo. Una serie di considerazioni, queste, che valgono fin dove non interviene l’elettronica: infatti le moto dotate di sospensioni a gestione elettronica, dispongono di sistemi che permettono di selezionare manualmente differenti tarature impostate dal costruttore. I sistemi più evoluti detti intelligenti invece adattano la taratura automaticamente in base al tipo di guida e di percorso. Tutto così si fa improvvisamente più semplice, per chiunque.

Vivere con la moto
Data articolo: Mon, 15 Dec 2025 08:09:10 +0000
News n. 10
Il fenomeno delle mini-bike anni 70, quando i cinquantini erano tascabili Il fenomeno delle mini-bike anni 70, quando i cinquantini erano tascabili

L’epoca d’oro dei cinquantini negli anni 70 produsse anche mezzi curiosi come le mini-bike. Ecco i modelli più belli e originali

Riccardo Allegro

Il fenomeno “mini-cinquantinoâ€

Testimoni di un lento ma inesorabile declino (i dati sulle vendite degli ultimi anni lasciano poco spazio alle interpretazione), i  â€œcinquantini†sono stati invece protagonisti dagli anni Sessanta di un’ascesa senza precedenti.  Anni d’oro, durante i quali per montare in sella non servivano casco, patente e assicurazione, col risultato che, nell’arco di soli vent’anni, cioè dal 1960 al 1980, il parco circolante passò da poco meno di 61mila cinquantini ad oltre 815mila. 

Una “macro-categoriaâ€, quella dei cinquantini, nella quale rientravano non solo le classiche Vespa o Lambretta, ma anche i mitici “tuboni†e vere e proprie moto, sportive, turistiche e da fuoristrada. Un fenomeno tutto anni 70 furono invece le mini bike, caratterizzate da dimensioni ridotte e prezzi bassi che si potevano anche portare in vacanza caricandole facilmente nel baule dell’auto o nel gavone del camper. Di quei mini cinquantini oggi resta solo il ricordo di chi visse quell'epoca e il Di Blasi proposto oggi in versione elettrica. Un storia che vale la pena ripercorrere parlando dei modelli più originali. Vediamoli.

Benelli

Minibike: ebbe un enorme successo grazie al fatto che era esportato negli USA e venduto nelle catene dei grandi magazzini. La prima versione (a SX nella foto), arrivata nel 1967, aveva 3 marce e ruote da 3,5-8. Dal 1970 (foto a DX) diventò a 4 marce e le ruote passarono a 3.00-10. Negli USA era venduto con il nome Dynamo Compct e motore da 65 cm3

Caddie/Caddy: Super economico, (costava 100.000 lire) il Caddie (o Mini) arrivò nel 1973. Il motore era monomarcia e le ruote da 3,50-70. Un paio d’anni dopo (foto a DX) si trasformò grazie ad un nuovo vestito nel Caddy, che rimase in listino fino al 1983.

Magnum: Coetaneo del Caddy, il Magnum aveva un motore a 5 marce, oppure a 3 con comando a manopola. Le ruote erano da 4.00-10 e veniva proposto anche col marchio Moto Guzzi (le due case all'epoca facevano parte dello stesso gruppo). 

Fantic Motor

Super Rocket: Prodotto dal 1972 al 1976, il Super Rocker era un modello “raffinatoâ€, equipaggiato con motore Minarelli. L’immagine qui sopra mostra il modello del 1980, l’ultimo ad essere prodotto anche se da molti ritenuto il meno riuscito.
Lei: Il nome parla da solo. Dedicato al pubblico femminile, il Lei aveva anch’esso motore Minarelli monomarcia e ruote da 3,00-10. Arrivò nel 1974 e rimase in produzione per ben dieci anni. 

Garelli

Katia elettrico: rivoluzionario per l'epoca e con i difetti che ben conosciamo delle motorizzazioni elettriche, il Katia a batterie arrivò nel 1974. Non superava i 28 km/h di velocità ed i 50 di autonomia: prestazioni che lo rendevano adatto all’utilizzo all’interno di stabilimenti e poli fieristici. Costava caro: 330.000 lire!

Italjet

Pack 2: esposto al Museo di Arte Moderna di New York, il Pack 2 del 1980 era realizzato quasi totalmente in plastica. Il motore era invece quello già visto sul Ciao di piaggio. Originalissimi i cerchi da 5†in nylon. 

Negrini 

Big: la Casa modenese arrivò sul mercato con il Boomerang, il Life ed il Big (qui in foto), tutti modelli motorizzati Morini. Piacquero ed ebbero un discreto successo. 

Omer

Tanga: È forse il modello più noto della casa di Reggio Emilia. Arrivato nella metà degli anni Settanta, il Tanga era prodotto con o senza sospensione posteriore. Il motore era un Morini monomarcia, lungo appena 82 cm per 28 kg di peso, fu uno dei pieghevoli di maggior successo. 

Peripoli

Giulietta: nome con cui la Peripoli battezzò diversi modelli, a ruote alte e basse. Più celebre è però lo Junior del 1967-1972 declinato in differenti versioni, come il Dragster e il GSA con kotore Morini Turbo a 4 marce e 5 CV di potenza. Lanciato toccava gli 80km/h! 

Testi

Amico: molto originale, l’Amico della Testi arrivò sul finire del 1975. Il motore era Minarelli e scudo e sella lunga proposti come optional. Purtroppo, convinse poco…

Motron

Merita una menzione la Motron, casa inizialmente battezzata Romeo che produceva scooter di qualità come lo Scorpion ed il Monster. Dopo il cambio nome, avvenuto nel 1976, cominciò a produrre anche i “tuboni" e gli apprezzatissimi “miniâ€, come l’SA del 1981 qui in foto. 

Filo Sganga
Sab, 04/01/2025 - 19:31
Avete dimenticato il mitico GO-GO della Italjet con i due occhiacci sul serbatoio! Se non ricordo male fu successivamente affiancato dallo SCOUT, sportiveggiante e da un altro modello di cui non ricordo il nome più fuoristradistico.
enzoio
Lun, 06/01/2025 - 09:54
Ottimo articolo, ma c'è una mancanza. Per Benelli non é menzionato il mini cross, anche se presente nella foto che introduce l' articolo, simile al mini bike, più alto ma con ruote artigliate e sospensioni più "generose". Manca anche il Volcano 180, prodotto per il mercato americano e in Italia presente in pochi esemplari, alcuni senza immatricolazione.
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alessandrodicesare
Sab, 01/02/2025 - 17:47
Ero un bambino mio padre aveva la moto Graziella della Carnielli. Si potevano piegare manubrio e sella per caricarlo in auto.
Storie di moto
Data articolo: Mon, 15 Dec 2025 08:07:44 +0000


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