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#motociclismo #news #insella.it
La famiglia si è sempre occupata delle moto di Mandello del Lario, tra i modelli più amati la Le Mans, ma ci sono tante storie da raccontare. Eccone qualcuna
Il mondo che ruota intorno a Moto Guzzi è dominato dalla passione e dalla fedeltà a un marchio che ha scritto la storia del motociclismo. Ci sono intere famiglie che tramandano questo “credo†di padre in figlio e i fratelli Guareschi – Vittoriano e Gianfranco- non fanno eccezione. Cresciuti nell'officina di famiglia, hanno respirato benzina fin da quando erano bambini. Con le creature di Mandello del Lario hanno imparato ad andare in moto, prima di diventare a loro volta preparatori per la casa dell'aquila.

Ecco i fratelli Vittoriano e Gianfranco Guareschi al lavoro su una Guzzi molto speciale
Guareschi Moto non è solo un concessionario Moto Guzzi e Aprilia o un'officina, ospita anche il reparto della GCorse e una collezione di moto che hanno costellato la vita della famiglia Guareschi. Oggi si trova nella zona artigianale di Parma, ma fino a qualche anno fa la bottega era in Borgo della Posta, dove si trova la questura. “E infatti in bottega facevamo assistenza anche per tutte le moto delle forze dell'ordine, che al tempo erano tutte Moto Guzzi – spiega Vittoriano-. Mio padre era entrato in officina da ragazzo, prima come garzone, poi come socio e infine proprietario. Noi siamo sempre stati guzzisti e non c'era altra soluzione in famiglia. A 14 anni io avevo il Nibbio 50, perché non esistevano altri motorini e se volevo fare enduro dovevo andare con il V35 modificato. Quando poi ho iniziato a fare il pilota in pista con la sport production ho avuto una Cagiva, ma solo perché altrimenti non avrei potuto correre. Anche gli spostamenti familiari erano tutti all'insegna delle Moto Guzzi. Mio padre portava mia madre, me e mio fratello in vacanza con un sidecar. Andavamo al mare con mia madre dietro, io e mio fratello nel carrozzino e il canotto in mezzo. Mica in Toscana, andavamo fino in Calabria, in Sicilia, in Corsica. Si andava alla toilette solo quando finiva la benzina. Quando mio padre ha montato il serbatoio da 28 litri... per noi è finita: risolti i problemi di autonomia, passavano delle ore senza fermarciâ€.

Al centro Claudio Guareschi sul sidecar con cui ogni anno portava tutta la famiglia in vacanza
Dopo un “battesimo†del genere, i fratelli erano stati “marchiati†nel profondo e non hanno mai smesso di mettere mano alle Moto Guzzi. Dalla mitica MGS-01 Corsa costruita in casa per correre a Daytona fino ai mezzi più tradizionali dei clienti, la passione per le elaborazioni non è mai passata in secondo piano. E nell'ultimo decennio è tornata prepotentemente alla ribalta. “Nel 2016, quando ho smesso di fare il collaudatore, io e mio fratello ci siamo iscritti all'italiano endurance classic, sono gare di 4 ore a coppie. Abbiamo scelto quel campionato per prima cosa perché io e lui non avevamo mai corso insieme e poi perché sono gare molto partecipate, ci trovi anche 50-60 iscritti, c'è una bella atmosfera. Trovi moto come i Suzuki GS, le Honda CB, qualche Bimota. Il primo anno abbiamo partecipato con un Le Mans I e siamo riusciti a vincere l'ultima gara gara di Misano. L'anno successivo ci siamo iscritti di nuovo, ma con un Le Mans III, portato fino a 1160cc. Abbiamo vinto tutte le gare dell'italiano e poi abbiamo vinto anche nell'europeoâ€.
Sempre in team di Le Mans, nel 2021 i Guareschi hanno realizzato una special chiamata GCorse Classic 992, per celebrare i 100 anni della casa di Mandello del Lario. Il motore 850 a V è cresciuto fino appunto a 992 cc, sono stati montati nuovi pistoni stampati da 90mm, bielle Carrillo, un albero a camme speciale e un albero motore alleggerito e bilanciato. Altre modifiche: ingranaggi a denti dritti per la trasmissione, carburatori Dell'Orto da 40mm, trasmissione finale CARC con rapporto corto e il doppio scarico Zard in titanio. Sospensioni Ohlins, pinze freno Biting, dischi da 330 mm e ruote a raggi Behr, che ospitano pneumatici tubeless.

Ecco la GCorse Classic 992 in fase di ultimazione nell'officina Guareschi
L'esperienza vissuta nell'italiano ha portato Moto Guzzi a ideare un trofeo espressamente dedicato ai propri clienti, in gara con la V7 III adeguatamente kittata. Ovviamente la preparazione è stata sviluppata da GCorse. Il kit è composto da cupolino, semi manubri, pedane, sella, scarico personalizzato, sospensioni Ohlins, dischi maggiorati, valvole aspirazione in titanio, una mappatura dedicata. “Ci stiamo preparando per la settima edizione. I costi sono piuttosto contenuti: la moto viene 9.000 euro, il kit 4.500, con 1.600 ci si iscrive a tutto il campionato. Sono gare fino a un'ora e mezza, partenza stile Le Mans, non ci sono pit stop e abbiamo anche una notturna. Due anni fa a Misano abbiamo avuto 37 equipaggi, è una festa. In pista si menano, ma poi recuperano nel dopo garaâ€. In gara non ci sono pause, ma poi si recupera nel dopo: bevute, pane e salame tutti insieme, tanto divertimento. “Ci sono molti motoclub, è un bel modo per stare insiemeâ€.

Lo storico marchio giapponese Meguro è tornato in vita grazie a Kawasaki (che aveva acquisito l’azienda nel 1964) con questa bellissima S1: una piccola stradale derivata dalla W230, ma nettamente più lussuosa e ispirata alla Meguro SG (uno dei modelli più famosi della casa). La S1 è una moto compatta, con una sella a soli 74 cm da terra e un peso di 143 kg in ordine di marcia, inferiore a tutte le concorrenti. Lo stile è classicissimo: parafanghi ampi e protettivi, terminale di scarico “a bottigliaâ€, cruscotto con due strumenti analogici, cerchi a raggi con ruota anteriore da 18â€, pneumatici stretti, pinza assiale a due pistoncini, fari (a LED) e indicatori di direzione tondi, così come gli specchietti. Le finiture sono “ricche†e curate fin nei minimi dettagli, quanto e forse più che sulla “sorella maggiore†W800 (anch’essa ispirata alle Meguro anni 60).
Classici anche gli strumenti a lancetta, con l’aggiunta del piccolo display per l’orologio e il contachilometri
La meccanica e la ciclistica sono classiche quanto le linee. Sotto il serbatoio a goccia da 12 litri borbotta un monocilindrico raffreddato ad aria da 233 cm³, 18 CV e 18,6 Nm di coppia a 5.800 giri. Il telaio è un monoculla sdoppiato in tubi d’acciaio, la forcella ha steli da 37 mm con soffietti di gomma e i due ammortizzatori sono regolabili nel precarico molla. Poche le concessioni alla modernità : l’iniezione elettronica, l’avviamento elettrico, l’ABS, la presa USB e il piccolo display LCD su cui sono riportati l’ora e i km percorsi.
Il monocilindrico da 233 cm3 ha il raffreddamento ad aria, la distribuzione monoalbero a due valvole, è dotato di iniezione elettronica e “beve†poco
Stretta e bassa, ma abbastanza lunga da starci bene anche in due, la S1 sembra costruita per le taglie minute: in realtà , anche chi è sul metro e 80 si trova bene, con le gambe non troppo piegate e una corretta triangolzione tra manubrio, sella (a soli 74 cm da terra) e pedane. A freddo il motore raffreddato ad aria è rumoroso, poi si normalizza. La spinta ai bassi è leggera, ma i giri salgono in modo lineare, non ci sono “picchi†improvvisi né buchi fastidiosi, poi, tra i 4.000-5.000 giri e fino ai 7.000, l’erogazione diventa più corposa. Piace il cambio, preciso e fluido tra una marcia e l’altra anche quando si usa parecchio, mentre la frizione è morbida da azionare. La ciclistica è azzeccata: la S1 è maneggevole nello stretto grazie all’ampio angolo di sterzo ed è agile nel misto per via del peso e del baricentro bassi e delle sospensioni ben tarate sia per la guida tra le curve sia sulle buche. Buona la frenata, potente e gestibile e con un ABS ben tarato.
Leggera, agile e piacevole da guidare, la piccola “classica†di Kawasaki sfoggia finiture di lusso
| Motore | monocilindrico 4 tempi |
| Cilindrata (cm3) | 233 |
| Raffreddamento | ad aria |
| Alimentazione | a iniezione |
| Cambio | a 6 marce |
| Potenza CV (kW)/giri | 18(12,9)/7000 |
| Freno anteriore | a disco |
| Freno posteriore | a disco |
| Velocità massima (km/h) | nd |
| Altezza sella (cm) | 74 |
| Interasse (cm) | 141,5 |
| Lunghezza (cm) | 212,5 |
| Peso (kg) | 143 |
| Pneumatico anteriore | 90/90 - 18" |
| Pneumatico posteriore | 110/90 - 17" |
| Capacità serbatoio (litri) | 12 |
| Riserva litri | nd |
Batosta a novembre per le nuove immatricolazioni che fanno segnare un meno 14 per cento sullo stesso mese dello scorso anno
Brutto colpo a novembre, che chiude quest’anno con un pesante -14,5% sullo stesso mese dell’anno scorso. A farsi sentire in modo significativo sono gli effetti del surplus di immatricolazioni di “fine serie†registrato proprio a fine 2024 per l’allora imminente entrata in vigore dello standard Euro 5+. Il tutto, va detto, a fronte però di un andamento complessivo 2025 che si ferma a un più “realistico†-2,8%. Ma guardiamo i numeri più nel dettaglio.
Ottobre era andato bene: Mercato moto e scooter: ottobre in positivo, in vetta non cambia niente
Dopo due mesi di crescita, il mercato segna una flessione del 14,5% corrispondente a 15.630 unità vendute. L'inversione di tendenza è imputabile in prima battuta agli scooter che, se fino ad ora avevano sostenuto il mercato, si sono fermati a novembre a quota 8.826 immatricolati, equivalenti ad un - 4,8%. Male, va detto, anche le moto, che perdono 23,6 punti percentuali con sole 5.986 unità immatricolate. Nulla di nuovo per i ciclomotori, sempre in calo, e che a novembre registrano solo 818 unità per una flessione del 30,2%.
Tempo di tirare le somme: il mercato di novembre pesa circa il 5% del totale annuo, pertanto il parziale negativo impatta limitatamente sui volumi complessivi: i primi nove mesi dell'anno registrano infatti un calo del 2,82% (era il 2,17% a ottobre), con 334.056 veicoli messi in strada. Il mercato rimane ancorato agli scooter, che spuntano un incremento dell'8,11% e 191.155 veicoli immatricolati; segnano il passo le moto, che perdono 13,23 punti percentuali e targano 129.910 mezzi. I ciclomotori, infine, perdono circa un quarto del loro mercato (-24,55%) e fanno registrare 12.991 unità . In ogni caso, il mercato 2025, se confrontato con il 2023 segna a novembre, come anticipato, un incremento dell'1,8%.
Male anche gli elettrici che, nel penultimo mese dell'anno, subiscono una flessione del 32,28% e 470 unità vendute, dopo due mesi consecutivi di segno più. Guardando al totale, l’anno rimane in territorio negativo, anche se con percentuali meno pesanti (-15,44%) e 8.159 mezzi messi in strada.
Non va meglio quadricicli, che dal mese di giugno non sono più riusciti a tornare in territorio positivo: novembre segna un calo del 38,63% e 1.185 unità vendute. Sull'anno si registra un diverso andamento tra i quadricicli elettrici (-0,82% e 12.478 unità ), sostenuti a primavera dagli incentivi Ecobonus, e le minicar a motorizzazione termica (-43,57% e 3.355 unità ), anch'esse appesantite dagli effetti del fine serie.
Poche nuove per quanto riguarda la classifica delle moto più vendute nel corso del 2025. Rimangono salde sul podio le GS di BMW e la Transalp di Honda, a conferma che il segmento adventure rimane il preferito degli italiani...
| # | Marca | Modello | Segmento | Immatricolazioni |
| 1 | BMW | R 1300 GS | Adventure | 3.759 |
| 2 | BMW | R 1300 GS Adventure | Adventure | 2.864 |
| 3 | Honda | XL 750 Transalp | Adventure | 2.857 |
| 4 | Yamaha | Tracer 9 | Turismo | 2.768 |
| 5 | Yamaha | MT -07 | Naked | 2.645 |
| 6 | Honda | Africa Twin | Adventure | 2.606 |
| 7 | CF Moto | 450 MT | Adventure | 2.333 |
| 8 | Ducati | Multistrada V4 e V4S | Turismo | 2.139 |
| 9 | Yamaha | Tènèrè 700 | Adventure | 2.099 |
| 10 | Benelli | TRK 702 e 702 X | Adventure | 2.093 |
Anche in fatto di scooter ci sono poche novità : la classifica dei più venduti rimane dominata da Honda e dai suoi SH, seguiti dall'X-ADV e, in quanta piazza, dal Liberty di Piaggio.
| # | Marca | Modello | Immatricolazioni |
| 1 | Honda Italia | SH 125 | 18.647 |
| 2 | Honda Italia | SH 350 | 10.987 |
| 3 | Honda Italia | SH 150 | 9.927 |
| 4 | Honda | X -ADV 750 | 7.640 |
| 5 | Piaggio | Liberty 125 ABS | 7.432 |
| 6 | Kymco | People S 125 | 6.336 |
| 7 | Honda Italia | ADV 350 | 5.816 |
| 8 | Kymco | Agility 125 S | 5.325 |
| 9 | Voge | Sfida SR 16 | 5.309 |
| 10 | Yamaha | XMAX 300 | 4.943 |
Non offre “aiutini†elettronici, ma ha un gran bel motore e una ciclistica a punto. E i prezzi nel mercato dell'usato sono interessanti
Il motore 4 cilindri è una “bombaâ€, ha quasi 130 CV “veri†(rilevati da noi alla ruota) e soprattutto spinge molto forte anche a regimi bassi e medi. Tra le curve ci si può quindi concentrare sulla guida, usando poco il cambio che, peraltro, è sempre rapido e preciso. Molto efficace anche la frenata: l’impianto con pinze freno ad attacco radiale è potente, ma anche ben dosabile. L’avantreno è preciso, tiene le traiettorie impostate dal pilota senza sgarrare. Anche in velocità la stabilità è molto buona. Di qualità le sospensioni: la forcella a steli rovesciati è completamente regolabile, il monoammortizzatore nel precarico e in estensione.
L’unico sistema elettronico è l’ABS, non c’è nemmeno il controllo di trazione. Non è un fulmine nell’impostare le curve, per farla rendere al meglio ci vuole una guida “di corpoâ€. Agli alti regimi il motore trasmette qualche vibrazione di troppo. Il cruscotto digitale è affollato e poco leggibile.
La strumentazione completamente digitale fornisce al pilota tutti i dati che servono, ma è molto “affollata†e per consultarla bisogna abbassare lo sguardo, perché è montata quasi a ridosso del manubrio.
Per essere una naked ad alte prestazioni, la Z 1000 da usata ha quotazioni piuttosto interessanti. L’affidabilità complessiva di questo modello fa sì che se ne trovino parecchie sul mercato, per lo più in buone condizioni. La rivendibilità è molto buona e anche i concessionari la ritirano senza problemi per le permute. Prezzi da: 4800 euro a 7.800 euro.
Il maxi della casa taiwanese è ben fatto e dotato di un raffinato e potente motore bicilindrico. Ma quanto fa davvero? Ve lo diciamo grazie ai dati del nostro centro prove
Il pezzo forte di Kymco è l’AK 550, spinto da un motore bicilindrico a quattro tempi di 550 cm³ capace di dare belle soddisfazioni. Ma quanto fa veramente? Ecco tutti i dati del nostro centro prove.
Leggermente più potente del TMax Yamaha, che bene o male resta sempre il riferimento della categoria, ma con una maggiore propensione a girare in alto, e con una coppia massima leggermente inferiore. Comunque è un gran bel motore, generoso e sempre pronto nella risposta. E molto divertente.
Che fosse più assetato di uno scooterino da diporto era ovvio, ma a conti fatti il consumo è ragionevole per la sua cilindrata e le sue prestazioni. Certo, un conto è andare a spasso e un conto spremere tutto: se si calca la mano la musica cambia.
Il serbatoio contiene un pieno di 13 litri e permette di percorrere in totale:
Spazio di arresto:
Nella sua categoria è un senatore, caratterizzato da una linea piacevole e allineata alle tendenze stilistiche del momento, così come lo è la base tecnica. È spinto da un bicilindrico parallelo a corsa lunga – le misure di alesaggio e corsa sono 69,0 X 73,6 mm – di 550,1 cm³ effettivi, con distribuzione doppio albero a camme in testa a quattro valvole per cilindro, frizione multidisco in bagno d’olio, cambio di velocità a variatore continuo e trasmissione finale a cinghia dentata. Alimentazione a iniezione elettronica ed accensione elettronica sono uno standard per qualunque veicolo.
Nel sottosella c'è spazio per un casco integrale e altri oggetti
È l’anello di collegamento tra moto e scooter si diceva, infatti il motore è fisso nel telaio in alluminio e non basculante come negli scooterini, e le sospensioni sono da moto. All’anteriore una forcella telescopica con grossi steli di 41 mm Ø, al posteriore un forcellone monobraccio oscillante. Le misure di ruote e freni sono adeguate: davanti un pneumatico 120/70-R15 con due dischi di 270 mm Ø controllati da pinze Brembo, dietro un 160/60-R15 e un disco di 260 mm Ø che serve anche per lo stazionamento. La frenata è controllata da ABS Bosch 9.1 a due canali, sull’AK 550 Premium addirittura è stato introdotto l’ABS cornering.
Le misure sono da maxi: lunghezza 2200 mm, larghezza 795 mm e altezza 1450 mm, con un generoso interasse di 1580 mm. La sella a due piani è a 790 mm da terra, un’altezza che permette a chiunque di toccare con i piedi, tanto più che i fianchi sono stretti e agevolano il passaggio delle gambe.
La versione base ha un taglio più sportivo e questo ha portato a uno scudo più aerodinamico che non protegge completamente dall’aria, mentre il Premium garantisce una protezione assoluta. In entrambi i casi la posizione in sella è la stessa ed è azzeccata, si sta comodi ma si riesce a guidare anche di buon passo aiutandosi con il corpo, c’è spazio per scorrere avanti o indietro, e per stare più rilassati nelle lunghe percorrenze lo schienalino è regolabile su tre posizioni.
Il bello viene tra le curve perché il maxi Kymco riserva qualche piacevole sorpresa: è lungo e questo garantisce una eccellente stabilità , il suo terreno più favorevole è il misto medio e veloce con curve da raccordare a velocità comprese tra 70 e 100 km/h, la ciclistica ha un eccellente equilibrio e il baricentro basso rende tutto facile. Quello che non ci si aspetterebbe è che se la cava bene anche nello stretto nonostante l’interasse, si muove armoniosamente tra le curve e solo nei tornanti c’è da lavorare un po’ di più. Ma sempre nell’ambito di un quadro molto positivo. Viene in aiuto il motore non solo perché spinge forte, ma per la dolcezza della trasmissione che permette di dosarlo in tutte le situazioni. Molto bene anche la frenata, e con quell’impianto non c’è da stupirsi…
Le dimensioni importanti chiaramente non agevolano nel traffico serrato, ma la dolcezza della risposta del motore e della ciclistica permette comunque di trovarsi a proprio agio.
Valide fino al 31 dicembre, le iniziative “Nate per correre†e “Interessi in fumoâ€, prevedono contributi sul prezzo di acquisto e piani di finanziamento agevolati. Ecco come funzionano…
Insieme ai generosi sconti dedicati a (quasi) tutti i modelli in gamma, KTM ha scelto di estendere fino a fine anno anche le promozioni dedicati alle Enduro EXC MY24 e MY25. Valide fino al 31 dicembre, le iniziative “Nate per correre†e “Interessi in fumoâ€, prevedono contributi sul prezzo di acquisto nonché piani di finanziamento agevolati. Vediamo di cosa si tratta.
“Nate per correre†prevede un contributo fino a 1.500 euro sul prezzo di listino per i MY24 e MY25, mentre “Interessi in fumo" - sviluppata in collaborazione con KTM Finance - permette di comprare una nuova KTM Enduro 2025 con un piano di finanziamento semplice e trasparente: 30 rate da 340 euro ciascuna con TAN 0% (tasso fisso) e TAEG 2,81% (tasso fisso). Le iniziative, sottolineano da KTM, interessano qualsiasi modello, incluse le prestigiose versioni speciali.
Grazie alla combinazione delle due promozioni, sarà possibile salire in sella alla KTM 300 EXC 2025 versando un anticipo di 1.190 euro, cui seguiranno 30 rate da 340 euro ciascuna con TAN 0% (tasso fisso) e TAEG 2,81% (tasso fisso). Chi invece preferisce il 4 Tempi può acquistare una 350 EXC-F SIX DAYS 2025 con un anticipo di 2.680 euro. Anche in questo caso il piano di finanziamento prevede 30 rate da 340 euro ciascuna con TAN 0% (tasso fisso) e TAEG 2,81% (tasso fisso).
Per maggiori dettagli, vi consigliamo di consultare il sito internet ufficiale o rivolgervi direttamente ad una concessionaria KTM.
La 3½ fu un modello all’avanguardia, capace di prestazioni brillanti, consumi contenuti e ottima guidabilità . Frutto del genio di Franco Lambertini rimase praticamente immutata per oltre un decennio
Moto Morini a EICMA 2025 ha attirato l'interesse di tanti appassionati proponendo la nuova 3 ½ Sport, che si ispira alla moto che, negli anni 70, fu un caposaldo della casa (allora) bolognese. Vale la pensa ripercorrerne la storia...
Il modello 3½ è forse quello che più ha segnato la storia non solo della Moto Morini ma anche di molti motociclisti ad inizio carriera tra la metà degli anni ‘70 e quella degli ‘80. Per tanti la prima moto “veraâ€, leggera e maneggevole ma con prestazioni di rilievo, tanto che per diversi anni fu la migliore della sua categoria. Diversi i motivi del suo successo, non ultimo il fatto che a quei tempi da 18 fino a 21 anni era consentito guidare moto di cilindrata non superiore a 350 cm³, e quello era anche il limite oltre il quale scattava un sensibile aumento dell’Iva e quindi del prezzo: nel 1973 per una cilindrata compresa fra 351 e 500 era del 12% anziché del 18%, e nel 1977 sarebbe salita al 14% per moto entro i 350 cm³ e al 35% per quelle fra 351 e 500 cm³.
Cliccate qui invece per la 250 2C, un modello dimenticato che aveva una resa superiore alla 3 1/2
Ecco l'ing Franco Lambertini con il suo progetto "originale"
L’eccellente qualità e costi di acquisto e di gestione contenuti, insieme a una linea piacevole e prestazioni brillanti, furono alla base del successo di una moto che nei tempi migliori venne prodotta in 6000 esemplari l’anno.
L’intuizione fu alla fine degli anni ‘60 in un periodo di grandi cambiamenti: per la Moto Morini con la scomparsa nel 1969 del suo fondatore Alfonso Morini, e per il mondo motociclistico in generale a seguito dell’arrivo delle Case giapponesi con modelli pluricilindrici di grossa (per i tempi) cubatura. Arrivavano le Honda CB 750, 350 e 500, la Kawasaki Z 900, andavano nella stessa direzione le altre Case italiane; la Moto Morini non poteva imbarcarsi in progetti economicamente così impegnativi e si lanciò in quella che allora era una media cilindrata.
A fare la differenza con le concorrenti c'era il geniale bicilindrico a V. Semplice ma con tante soluzioni innovative per il mondo delle moto
L’uomo della Provvidenza fu Franco Lambertini, che aveva lavorato in Ferrari e alla MWM: rispose all’annuncio pubblicato sul quotidiano “Il Resto del Carlino†nel quale l’azienda bolognese cercava un tecnico motorista e dopo il primo colloquio gli venne richiesto di mostrare le sue qualità progettando in due giorni un propulsore con determinate caratteristiche stabilite dall’Ufficio Tecnico. Venne scelto tra gli altri candidati e il primo lavoro affidatogli, nel 1970, fu il potenziamento della Corsano Regolarità , moto da fuoristrada con un palmarès glorioso ma oramai in debito di potenza rispetto alle due tempi della concorrenza. Lambertini progettò una nuova parte termica con criteri automobilistici, impiegando una testa piatta con la camera di combustione ricavata nel pistone, la cosiddetta testa Heron, e condotti ad alta turbolenza, ottenendo lusinghieri risultati.

Il primo lavoro di Lambertini in Morini fu sul motore del Corsaro RegolaritÃ
Gli stessi concetti furono applicati con successo sul 350 cm³ richiestogli subito dopo dalla proprietà Moto Morini. Il primo bicilindrico della Casa bolognese che fino a quel momento aveva prodotto soltanto monocilindrici al massimo da 250 cm³. Un motore con numerosi elementi di innovazione, in parte derivati dall’esperienza automobilistica di Lambertini. Venne concepito secondo un principio di modularità in modo che dallo stesso progetto fosse possibile estrapolare numerose altre versioni, come avvenne successivamente per le 500 e 250 cm³ bicilindriche, e per le 125 e 250 cm³ monocilindriche. Le fusioni dei carter erano più o meno le stesse ma cambiavano le lavorazioni, e siccome si trattava di un motore a V, per le versioni monocilindriche c’era soltanto il foro per il cilindro anteriore ma non quello posteriore. Lambertini scelse una apertura della V di 72°, ritenuta il miglior compromesso per il contenimento degli ingombri e delle vibrazioni rispetto a quello che si sarebbe potuto ottenere con un V di 90° o un bicilindrico parallelo.
Ecco la Sport prima serie, oggi la versione più ricercata dai collezionisti ma la posizione di guida è scomoda
Nell’ottica di contenere i costi di produzione, per il cilindro anteriore e quello posteriore venne impiegato lo stesso gruppo termico ruotato di 180°, per cui lo scarico posteriore usciva all’indietro; la distribuzione era a due valvole con aste e bilancieri, e l’albero a camme al centro della V, soluzione preferita alle quattro valvole con albero a camme in testa per motivi di economia.
Non erano gli unici elementi innovativi: i due cilindri raffreddati ad aria vennero tenuti sfalsati sul piano longitudinale in modo che anche quello posteriore venisse investito dal flusso refrigerante, c’erano l’accensione elettronica e il cambio a sei marce, a quel tempo ancora poco diffusi.
La prima serie con freni a tamburo è ancora oggi una moto godibilissima da usare, e la posizione di guida è più comoda che sulla Sport
L’avviamento era a pedivella e solo diversi anni dopo sarebbe stato adottato anche quello elettrico, per la verità non troppo efficiente. In realtà Lambertini fin da subito aveva proposto l’idea di avere l’avviamento elettrico, ma la direzione di Morini la bocciò: si pensava che i motociclisti “veri†non l’avrebbero apprezzata perché troppo automobilistica. Invece i motociclisti apprezzarono subito il magico bottoncino, ma ormai era tardi per modificare il motore in modo da predisporre un avviamento elettrico efficiente…
Per quanto riguarda la ciclistica venne realizzata una struttura a doppia culla chiusa in tubi d’acciaio, con sospensione posteriore a due ammortizzatori e una classica forcella telescopica. Il primo esemplare della nuova serie venne esposto al salone di Milano del 1971 ed entrò in produzione nel 1973. Era la versione GT, e l’anno successivo, il 1974, fu affiancata dalla Sport, con manubrio basso e sella dotata di rialzo posteriore: 35 CV 8200 giri/minuto per la prima, 39 CV a 8500 giri/minuto la seconda. Velocità massima rispettivamente 166 e oltre 170 km/h. Andava più forte della contemporanea Yamaha 350 bicilindrica due tempi raffreddata ad aria.
I freni erano a tamburo e le ruote a raggi ma nel 1976 quello anteriore venne sostituito da un più efficiente disco Grimeca di 260 mm Ø con pinza a due pistoncini, e con la possibilità di richiedere come optional anche il secondo disco anteriore. L’anno successivo sarebbero arrivate anche le ruote in lega di alluminio, sempre di produzione Grimeca.
Pochissime le evoluzioni nel corso di 10 anni, per lo più estetiche con l'arrivo di un cupolino e successivamente modifiche anche alla coda
La Moto Morini 3½ venne prodotta dal 1973 al 1983 senza cambiare più di tanto: vennero adottate pedane arretrate, un diverso serbatoio, fiancate e codino in plastica, il fanale quadrato invece che tondo, nelle ultime versioni anche un cupolino e un accenno di carenatura per la verità non troppo azzeccati, arrivarono il freno a disco posteriore e divenne di serie il secondo anteriore, ma fondamentalmente la 3½ rimase pressoché uguale a se stessa.
Fu sostituita dalla 350 K2 che si differenziava a livello estetico ed aveva qualche cavallo in più ma manteneva la stessa base; l’ultimo atto con l’acquisizione della Moto Morini da parte del Gruppo Cagiva, quando il glorioso motore 350 venne montato su una ciclistica strettamente derivata dalla Cagiva Freccia per una moto denominata Dart. Ma a quel punto la storia era ormai agli sgoccioli.
La K2 aveva una linea appesantita molto anni 80. Oggi è poco richiesta
La Dart era una Cagiva Freccia C9 dotata del motore bicilindrico 350... Oggi è molto richiesta
Lo stesso motore venne impiegato anche per la versione fuoristrada Kanguro e la custom Excalibur, e fu proprio la Kanguro 350 (qui sotto) a sbarrare la strada alla 500 Turbo. Il progetto di una moto con turbocompressore sviluppato da Lambertini doveva permettere alla bicilindrica Morini di confrontarsi alla pari con le maxi moto giapponesi che alla fine degli anni ’70 viaggiavano verso cilindrate di 900 e 1000 cm³, ma l’azienda poteva portare avanti un solo modello nuovo all’anno e su indicazione dei concessionari fermò la geniale Turbo, che pure aveva riscosso grande successo quando era stata mostrata al Salone di Milano 1981, per lasciare spazio alla enduro, nel segmento che avrebbe dominato gli anni successivi.

La Morini costava il giusto e anche oggi le quotazioni restano sempre a portata di mano. Le Sport dei primi anni 70 sono le più ricercate, e possono arrivare a 6.000 euro. Anche la prima serie stradale con freno a tamburo è ricercata e ha quotazioni intorno ai 5.000 euro. I modelli fini anni 70 si trovano tra i 3.000 e i 4.000 euro quelli anni 80 anche meno. Unica eccezione per la Dart che ebbe poco successo ma oggi piace e veleggia oltre i 6.000 euro.
Questo Zontes 368 D è uno scooter che sorprende. A prima vista sembra un 125, per via delle dimensioni compatte, poi si scopre che è un midi grintoso con un motore monocilindrico da 368 cm3 con ben 38,7 CV.
La carrozzeria sfoggia linee eleganti, plastiche robuste e ben accoppiate, con inserti bicolori. Nel frontale spiccano il gruppo ottico a LED e il cupolino basso fumé che, insieme al piccolo spoiler sul codino, sottolineano la sua personalità “sportivaâ€.
La strumentazione utilizza un display TFT ben leggibile e curato, con varie grafiche fra cui scegliere. Si connette allo smartphone e fa da navigatore
Il telaio è a doppia culla, la forcella telescopica e al posteriore ci sono due ammortizzatori regolabili nel precarico. L’impianto frenante sfoggia pinze ad attacco radiale e un valido ABS a due canali. è di serie anche il controllo di trazione, mentre i cerchi da 15†e 14†offrono il giusto mix tra stabilità e maneggevolezza. Il cruscotto TFT offre molte info, si connette al cellulare, ha il navigatore e visualizza anche la pressione delle gomme. L’avviamento è keyless, con il telecomando inserito in un braccialetto, mentre il freno di stazionamento è sul manubrio. Buona la capacità di carico: il sottosella accoglie un casco integrale e ci sono due vani nel retroscudo stretti, ma profondi.
Il vano sottosella può ospitare solo un caschetto jet, ma è dotato di un morbido rivestimento che evita di graffiare la calotta
Ha una posizione di guida naturale: si è ben inseriti a bordo e i piedi si possono tenere anche in posizione avanzata. Il feeling è istantaneo: ti aspetti di guidare un compatto, ma la spinta è degna di un maxi. Nel traffico è agile: il peso ridotto, il motore brillante e la trasmissione ben tarata lo rendono scattante e divertente. Premendo il pulsante sul blocchetto destro si può passare dalla mappa Eco (a basso consumo) alla Sport, ma la differenza nell’erogazione è poca. La ciclistica è stabile, la frenata potente. La sella dura e gli ammortizzatori tarati sul rigido riducono il comfort sui fondi sconnessi. La città è il suo “terreno di caccia†preferito, ma in autostrada tiene i 130 al’ora di velocità di crociera senza problemi a parte l’aria sul busto che non ha alcuna protezione.
Look sportivo, finiture curate, dotazione ricca: il nuovo 368 D è uno scooter compatto con prestazioni da maxi
| Motore | monocilindrico 4 tempi |
| Cilindrata (cm3) | 368 |
| Raffreddamento | a liquido |
| Alimentazione | a iniezione |
| Cambio | automatico |
| Potenza CV (kW)/giri | 38,7(28,5)/7500 |
| Freno anteriore | a disco |
| Freno posteriore | a disco |
| Velocità massima (km/h) | nd |
| Altezza sella (cm) | 77 |
| Interasse (cm) | 157 |
| Lunghezza (cm) | 220 |
| Peso (kg) | 193 |
| Pneumatico anteriore | 120/70 - 15" |
| Pneumatico posteriore | 140/70 - 14" |
| Capacità serbatoio (litri) | 17 |
| Riserva litri | 1,8 |
Il MIT si difende da un'ingiunzione prendendo di mira le sentenze della Cassazione sull'omologazione degli Autovelox, ma cambierà poco o nulla...
La questione degli autovelox torna al centro del dibattito dopo la lettera con cui il Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, il 21 novembre, ha replicato a una diffida presentata dalla società Ci.ti.esse Srl, specializzata nella fornitura di sistemi di controllo del traffico tra cui gli autovelox.
Ci.ti.esse ha messo in mora il Ministero per non aver emanato il decreto tecnico previsto dal Regolamento di esecuzione del Codice della Strada per procedere all'omologazione degli autovelox. Dal canto suo, il MIT si mantiene però fermo sulla propria interpretazione, arrivando a sottolineare come la prosecuzione dei ricorsi potrebbe persino configurare lite temeraria. Un “punto di vista†quasi opposto a quello della Cassazione. La questione è piuttosto complicata: cerchiamo di fare chiarezza…
Uno dei punti centrali della posizione del MIT riguarda l’articolo 192 del Regolamento del Codice della Strada, che stabilisce che i dispositivi per l’accertamento delle infrazioni possono essere resi utilizzabili tramite omologazione oppure approvazione. In pratica, secondo il Minister, approvazione e omologazione sarebbero equivalenti sul piano funzionale. In più non esisterebbe alcun obbligo di emanare ulteriori decreti tecnici per rendere legittimi gli strumenti approvati. Per gli enti locali si tratta di un passaggio rilevante perché confermerebbe la piena legittimità degli apparecchi “approvatiâ€, che continuano a essere ampiamente utilizzati dalle Polizie Locali in tutta Italia.
Dal canto suo, Ci.ti.esse Srl, cioè il fornitore di apparecchiature nonché società ricorrente, aveva citato ordinanze della Cassazione che evidenziano come omologazione e approvazione non possano essere pratiche equiparabili e quindi, in mancanza di omologazione le multe degli Autovelox non sono regolari.
Il MIT sostiene però che tali sentenze non rappresentino un orientamento univoco. Inoltre, secondo il Ministero, quelle pronunce non tengono conto delle norme successive al 1992, in cui il legislatore parla esplicitamente di strumenti “omologati o approvatiâ€. La Cassazione, di contro, nelle sue ultime ordinanze continua invece a ribadire l’opposto. Emblematica in tal senso la recente pronuncia in merito ad un ricorso presentato dal Comune di Ventimiglia. In quell’occasione, la corte aveva dichiarato manifestamente infondato il ricorso, invitando l’ente a rinunciare anche a tutti gli altri e confermando così una linea già tracciata nelle precedenti ordinanze: “l’approvazione ministeriale non equivale all’omologazioneâ€.
Una semplice lettera del Ministero non è equiparabile come valore alle sentenze della Corte di Cassazione, pertanto la diatriba approvazione/omologazione resta tuttora in sospeso. O meglio: le sentenze ci sono e parlano chiaro, mentre una soluzione definitiva da parte del legislatore non appare nemmeno all'orizzonte.
Continental lancia il successore del TKC 80. Il nuovo pneumatico è stato sviluppato con un battistrada e una mescola rinnovati, pensati per le moderne crossover
Continental introduce sul mercato il nuovo TKC 80 2, la seconda generazione del suo pneumatico dedicato al segmento delle moto travel enduro e adventure. Il lancio avviene dopo oltre quarant'anni di presenza del modello TKC 80. L'obiettivo del costruttore di pneumatici è rispondere alla crescente domanda di esperienze fuoristrada, tenendo in considerazione l'evoluzione delle crossover, che sono sempre più potenti e richiedono coperture con prestazioni superiori, in particolare in termini di stabilità su strada e trazione. Il TKC 80 2 si posiziona come il prodotto più performante di Continental per l'utilizzo off-road.
Il pneumatico è stato sviluppato ex novo per rispondere alle esigenze delle moto di ultima generazione. Le principali innovazioni riguardano il disegno del battistrada, che presenta tasselli più grandi e ridisegnati, elementi di contatto aggiuntivi tra spalla e battistrada, tasselli laterali sfalsati e geometrie ottimizzate. Queste modifiche sono state implementate per migliorare l'aderenza meccanica su superfici sconnesse e favorire l'autopulizia in presenza di fango, sabbia o ghiaia. Grazie a un'area di contatto ampliata, è stata ricercata una maggiore stabilità sia in rettilineo sia in curva. I tasselli della gomma anteriore sono inclinati in avanti per migliorare l'azione frenante in fuoristrada, mentre quelli del posteriore sono orientati in direzione opposta per favorire la trazione in accelerazione.
Una delle caratteristiche chiave del TKC 80 2 è la costruzione ottimizzata della carcassa, specificamente progettata per un bilanciamento di utilizzo 50% su strada e 50% fuoristrada. Questa configurazione è pensata per garantire stabilità anche a pieno carico e ad alta velocità , oltre che per migliorare l'assorbimento delle asperità del terreno, contribuendo al comfort di marcia. Anche la mescola è nuova, sviluppata con l'obiettivo di offrire un equilibrio tra grip, resistenza all'usura e durata nel tempo. La tecnologia RainGrip di Continental è stata impiegata per garantire sicurezza anche su strade bagnate e fredde. Secondo quanto indicato da Raphael Michels, Product Manager Motorcycle Tires di Continental, "la nuova mescola flessibile si adatta alla micro-ruvidità dell'asfalto, mantenendo un'aderenza definita come eccellente, mentre il disegno del battistrada è stato concepito per unire la flessibilità necessaria per la tenuta sul bagnato all'elevata rigidità dei tasselli, utile per la stabilità e l'aderenza meccanica".
Il TKC 80 2 è disponibile in una vasta gamma di misure: quattro per l'anteriore (da 19 e 21 pollici) e sei per il posteriore (da 17 e 18 pollici), per garantire la compatibilità con le principali crossover di marchi come BMW, KTM, Honda, Yamaha e Ducati. Il pneumatico sarà disponibile dalla primavera 2026.