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#motociclismo #news #insella.it
Usare ogni giorno la moto o lo scooter, anche solo per il tragitto casa-lavoro, fa fare "ginnastica" al cervello e mantiene in forma anche il corpo. Lo ha scoperto un gruppo di ricercatori giapponesi
Siete stufi di sentirvi dire che "la moto è pericolosa" da amici, parenti e conoscenti occasionali? Inutile rispondere che è un modo di muoversi più pratico ed economico dell'auto (molti italiani lo hanno capito) o peggio ancora parlare di passione: in genere, chi spara sentenze di questo tipo non è mai salito in moto e non potrebbe capire. Ma adesso abbiamo finalmente un argomento forte per rispondere, e arriva da una fonte al di sopra di ogni sospetto: alcuni anni fa il team di ricercatori che ha sviluppato Brain Training (il famoso gioco per Nintendo DS che "allena la mente") ha scoperto che andare in moto o in scooter è un formidabile esercizio per il cervello e ha anche benefici effetti sul corpo!
Con una serie di esperimenti su un campione di uomini di mezza età , il team di ricercatori guidato da Ryuta Kawashima (unico "vero" motociclista del gruppo e ispiratore del test) ha verificato scientificamente che utilizzare regolarmente la moto apporta benefici reali sia dal punto di vista della reattività cognitiva sia dal punti di vista dell’attenzione. Per dimostrarlo hanno riunito un gruppo eterogeneo di uomini che sapessero guidare la moto, ma non ne avessero più guidata alcuna negli ultimi dieci anni. La metà di queste persone nei due mesi successivi ha potuto utilizzare per i propri spostamenti solo la moto; gli altri (il cosiddetto "gruppo di controllo") hanno invece continuato a utilizzare i mezzi abituali (auto e bicicletta).
Dopo due mesi, le persone che hanno utilizzato solo la moto hanno manifestato una capacità cognitiva superiore del 50% a quella del gruppo di controllo. Per la precisione, hanno dimostrato una maggiore memoria e una migliore elasticità mentale. In più, i "biker di ritorno” hanno manifestato una maggiore attenzione sul lavoro e uno stato di maggiore benessere generale. Il motivo, secondo i ricercatori, è da attribuirsi al fatto che guidare una moto è più faticoso di guidare qualsiasi altro mezzo di trasporto. Questa fatica nel corso del tempo si trasforma in allenamento mentale e psicofisico: i risultati si sentono nella vita di tutti i giorni.
Fin qui l'esperimento del gruppo di Brain Training, ma c'è anche altro. C'è chi sostiene che andare in moto avrebbe effetti positivi persino sulla vita dei diabetici cronici: l'esercizio fisico continuio e poco stressante di chi va in moto equivale all'esercizio che si fa in palestra, riducendo i dosaggi di insulina necessari per condurre una vita normale. Attenzione: per viaggiare sicuri, meglio avere sempre a portata di mano qualcosa da mangiare, per evitare problemi di ipoglicemia. Ma in ogni caso si sta meglio.
E quindi... tutti in moto!
Dall’agile Ossa di Terence Hill alla pachidermica Tuareg di Bud Spencer, passando per le bellissime Scrambler dei cattivi e, ovviamente, la leggendaria Dune Buggy con cappottina gialla, Altrimenti ci arrabbiamo… èanche un piccolo scrigno di meraviglie motoristiche…
Bastano le prime tre o quattro note per ritrovarsi immediatamente lì. Uscito nel 1974 e diretto da Marcello Fondato, Altrimenti ci arrabbiamo… è forse il film che più di tutti ha cementato l’immaginario legato alla coppia Bud Spencer & Terence Hill. Una pellicola vista e rivista in TV, fino alla nausea, forse, ma che non ci ha mai davvero annoiati, anzi… I ruoli sono quelli di sempre: uno orso, burbero e imponente; l’altro agile, furbo e con quell’aria angelica che preannuncia guai. E sberle. La trama, la consociamo tutti, ruota attorno a una Dune Buggy (rigorosamente “rossa con cappottina gialla”) distrutta dagli scagnozzi del Boss locale. Da lì la tempesta di sberle (sì, ci ripetiamo ma nel film se conteranno almeno 10mila) divenuta leggendaria. Accanto alla celebre quattro ruote (di cui parleremo poi), Altrimenti ci arrabbiamo… è però anche un piccolo scrigno di meraviglie motociclistiche: la Ossa 250 di Terence Hill, la Motozodiaco Tuareg di Bud Spencer e perfino le Ducati Scrambler usate dalla banda dei cattivi. Ve le ricordate? No? Allora vi aiutiamo noi!
Nel celebre spezzone del film, Terence Hill mette in scena un duello rusticano insieme a Bud Spencer (ne parliamo sotto) in sella a una OSSA 250 AE73 Enduro, mentre i cattivi sono in sella a Ducati Scrambler. La moto appartiene alla storica marca spagnola nata a Barcellona nel 1924 come azienda specializzata nella produzione di attrezzature cinematografiche (in partcilare inventò un dispositivo da accoppiare ai proiettori e brevettato per dare ai film muti l’audio) e convertitasi poi alla produzione motociclistica nel secondo dopoguerra. Negli anni ’60 e ’70 OSSA godeva di un grande successo sia in Europa che negli Stati Uniti, proprio grazie a modelli come la 250 E73 di Terence. Nel 1974 - quando Altrimenti ci arrabbiamo… uscì nelle sale - era un modello nuovissimo e considerato tra i migliori della sua epoca: monocilindrica, 250 cm3, 2 tempi e una velocità massima dichiarata di 130 km/h. Una moto leggera, nervosa e perfetta per le fughe acrobatiche di un Terence Hill in grande spolvero. Accanto alla sua, nel film compaiono anche altre Ossa 250 e diverse Ducati Scrambler, tutte nelle mani della gang che tenta invano di fermarlo.
Se la Ossa di Terence è perfettamente coerente con il suo stile agile e snello, la moto di Bud Spencer sembra costruita apposta per il suo fisique du rôle. E invece no: la Motozodiaco Tuareg era un mezzo di serie, prodotto in piccola quantità dalla bolognese Autozodiaco. Una casa nata nel 1968 grazie a Mario Zodiaco, inizialmente impegnata nella compravendita d’auto e poi, come vedremo, nella costruzione di dune buggy su base Volkswagen Maggiolino (la celebre serie Deserter). Nel 1973 Autozodiaco fece una breve incursione nelle due ruote con l’iconica Tuareg, una moto pensata per la sabbia. Rientrava nel filone statunitense delle moto da spiaggia, ossia quei mezzi compatti con ruote larghe e tozze che negli USA avevano preso piede parallelamente a modelli come la Suzuki RV e la Honda Monkey. La Tuareg, nella versione 223-2 vista nel film, era una vera “progenitrice del quad”: ruote tassellate, motore monocilindrico due tempi da circa 250 cm3, accensione a strappo “da tagliaerba” (con starter elettrico opzionale), trasmissione a puleggia di tipo agricolo e circa 100 km/h di velocità massima. Insomma, un mezzo tanto assurdo quanto scenografico. Non stupisce che Bud sembri dominarla con la stessa naturalezza con cui dispensa ceffoni.
Nel film, dicevamo prima, la gang che insegue Terence Hill cavalca una serie di moto decisamente più “classiche”, tra cui, oltre ad alcune Ossa 250, anche un paio di bellissime Ducati Scrambler. Antenata del modello attuale, quella di allora era tutta un’altra cosa. Curioso il fatto che la prima Ducati denominata Scrambler fosse una 250 nata tra il 1961 e il '62 destinata agli USA: ruote artigliate, scarico libero, un manubrio alto e uno scarno impianto elettrico. La Scrambler italiana arriverà solo qualche anno dopo, precisamente nel 1968, col nuovo motore denominato 'carter larghi', ovvero con gli attacchi al telaio più distanziati in senso trasversale, e un nuovo telaio più robusto e strutturato che furono alla base di una nuova serie di motociclette declinate in più versioni. Tra queste c'erano appunto anche le Scrambler, commercializzate nelle cilindrate di 250 (74 x 57,8 mm) e 350 (76 x 75 mm). Al Salone di Milano del 1969 si aggiunse a queste la versione di 450 cm3 (86 x 75 mm), in pratica una 'tre e mezzo' col pistone più grosso. Visivamente le si riconosceva per il colore del serbatoio: giallo per la 250, arancio per la 350 e giallo (diverso dal 250) per il 450. Una gran moto che seppe farsi amare nonostante i tanti (perchè ce n’erano parecchi) difetti. Di lei e della sua storia ve ne parlavamo qui: Ducati Scrambler, storia di un successo di 50 anni fa
Nel film, lo sappiamo, tutto nasce da una Dune Buggy Puma, la famosa “rossa con cappottina gialla”. Autozodiaco - cioè la stessa casa della Tuareg - era specializzata in questo mondo sin dalla fine degli anni ’60, quando il fenomeno delle dune buggy esplose grazie alla straordinaria intuizione di Bruce F. Meyers. Fu lui, nel 1964, a progettare la Meyers Manx, cioè la prima vera buggy commerciale: carrozzeria in vetroresina, meccanica Volkswagen Maggiolino, passo corto, parafanghi alti e un design che univa richiami alla Kubelwagen e alla piccola italiana “Jolly”. La Manx ebbe un successo travolgente, venduta prima in pochissimi pezzi e poi in migliaia di kit destinati a tutto il mondo, benché spesso imitata, o meglio, copiata, da varie aziende estere, come la EMPI e molte altre. Fu così che in breve tempo le buggy divennero un’icona pop, fino a gareggiare persino nella celebre Baja 1000. L’ondata statunitense arrivò anche in Italia e affascinò Mario Zodiaco, che diede vita ai modelli Deserter e poi alla Puma vista nel film…
Se siete alla ricerca di un usato da comprare a buon prezzo per sostituire l'auto in città allora dovete puntare sugli scooter 125: l'offerta è abbondante e le quotazioni basse
Per muoversi veloci in città col traffico, tagliando i consumi di benzina della famiglia, non c’è nulla di meglio che sostituire l’auto con uno scooter 125. Questi modelli, infatti, si guidano con la patente B, quindi non c’è bisogno di spendere soldi per fare la A da moto (un altro bel risparmio). E poi non richiedono una grande esperienza, pesano poco e hanno prestazioni sempre gestibili. Tutte queste qualità fanno sì che se ne vendano molti, quindi l’offerta sul mercato dell’usato è sempre abbondante. Ecco i modelli da comprare: Honda PCX 125, Honda SH Mode 125, Kymco Like 125, Kymco People One, Kymco People S, Peugeot Belville, Piaggio medley, Piaggio Liberty, Suzuki Burgman 125, SYM Crox, SYM HD2, SYM Joyride, Vespa Sprint, Yamaha D’Elight, Yamaha Xenter
Il PCX di Honda è tra gli scooter più venduti in Europa. Merito dell’ottima qualità generale e delle sue molte doti: sella bassa da terra, ciclistica a punto, un buono spazio sottosella (ci sta un integrale senza problemi) e dotazione ricca. Il motore è brillante e parsimonioso: fin dalla prima versione è stato dotato di sistema Start & stop e l’ultima serie del 2021 (in foto) ha anche il controllo di trazione.
Stile Giapponese
Il parabrezza basso (tipico degli scooter sportivi jap) protegge poco. La sella è comoda, ma lo spazio sulla pedana è limitato dal grosso tunnel centrale.
Prezzi da 700 a 2.200 euro
Il Mode è la versione compatta e semplificata dell’SH, ha la sella bassa, le ruote alte da 16 pollici e la pedana piatta come il fratello maggiore. Nel vano sottosella ci sta un casco jet. Dal 2021 ha di serie anche il sistema di accensione con smart key e la presa USB per ricaricare i cellulari. Motore brillante Il motore eSP+ raffreddato a liquido è brillante e consuma poco. I freni sono a disco e tamburo con sistema combinato (ma senza ABS). La qualità è Honda e lo scooter è affidabile, le quotazioni sono basse.
Prezzi da 1.000 a 2.300 euro
L'Honda SH è il best seller incontrastato anche tra i veicoli usati e non è difficile vedere versioni di parecchi anni fa vendute ancora a prezzi elevati. Ben costruito e con una buona dotazione di serie, dal 2013 ha di serie Start & stop e ABS, dal 2017 la smart key e dal 2020 il controllo di trazione, mentre bauletto e parabrezza sono sempre inclusi nel prezzo. Maneggevole quasi come una bicicletta, ha la pedana piatta, un motore brillante e affidabile e sospensioni adatte alla città . Buone la frenata e le sospensioni.
Prezzi da 1.200 a 3.000 euro
Il Kymco Like ha un aspetto retrò, dimensioni contenute e la sella bassa, comoda per il pilota ma poco accogliente per il passeggero. La pedana è piatta e il vano sottosella è discreto: ci sta un casco jet. La frenata è affidata a un sistema combinato (non ABS) che attiva automaticamente i due dischi anche se si aziona un solo comando. Le sospensioni sono un po’ rigide: le buche sulle strade rovinate si sentono. Molto buona invece la maneggevolezza. Il motore è tranquillo, però consuma poco.
Prezzi da 1.200 a 1.700

Il People One è il più leggero tra i “ruote alte” Kymco offre finiture curate e un comfort più che buono. La pedana piatta è stretta, ci sta poco, ma lo scooter veniva offerto con bauletto e parabrezza di serie. Il motore raffreddato ad aria è poco assetato. Le sospensioni sono semplici ma tutto sommato efficaci, come i freni. Leggero e poco impegnativo, sguscia agile e rapido tra le auto in coda. Il raggio di sterzo ridotto permette di manovrare in spazi stretti.
Prezzi da 900 a 1.800 euro

Il People S ha una carrozzeria realizzata con plastiche di qualità e offre spazio a sufficienza anche per i piloti più alti. Il motore spinge quanto basta e consuma poco, le sospensioni sono robuste ma un po’ secche e i freni sono entrambi a disco con ABS di serie. Nella dotazione ci sono pure bauletto, parabrezza e paramani e nel sottosella ci sta un casco integrale. In città è maneggevole e facile da guidare. Le ruote da 16 pollici danno sicurezza sulle buche e la tenuta di strada è sempre sicura, anche quando aumenta la velocità .
Prezzi da 1.300 a 2.000 euro
Il “ruote alte” Belville ha debuttato nel 2017 e rimane un’alternativa molto valida ai più conosciuti best seller italiani e giapponesi. Ben fatto e curato come tutti gli scooter Peugeot, ha una sella ampia e comoda, pedana piatta, sottosella spazioso (ci sta un casco integrale), presa USB dietro lo scudo per ricaricare i cellulari e la strumentazione digitale. Il motore a iniezione è raffreddato a liquido. La frenata agisce su un disco e un tamburo e l’ABS è solo sulla ruota anteriore.
Sospensioni ok
In sella si sta comodi, il motore spinge con decisione fin dai primi metri e le sospensioni assorbono bene il pavé cittadino. Ok anche la frenata.
Prezzi da 1.100 a 1.800 euro
D i taglia più grande rispetto al Liberty, il Piaggio Medley ha la pedana piatta, un vano sottosella capiente (ci stanno addirittura due caschi integrali) ed è molto curato. L’aggiornamento del 2020 ha riguardato il motore e piccoli dettagli, ma già la versione datata 2016 monta ABS e start & stop e mantiene i consumi sempre sotto controllo.
Sella bassa
La sella è bassa, la pedana ben sagomata permette di appoggiare bene i piedi a terra. Nel traffico è agile e ben piantato a terra. Il motore è brillante e consuma poco, i freni a disco sono efficaci.
Prezzi da 1.500 a 2.600 euro
A pprezzato per l’agilità e l’estrema maneggevolezza, il Liberty in quest’ultima versione è equipaggiato con il motore 3 valvole a iniezione raffreddato ad aria che consuma pochissimo (fa oltre 30 km con un litro in città ). Le sospensioni sono semplici ma efficaci, ha un freno a disco anteriore e un economico tamburo posteriore. Nel sottosella ci sta un casco jet. Dal 2016 monta ABS a un canale che “lavora” solo sul disco davanti.
Sempre docile
La posizione di guida è comoda, ma la sella ha un’imbottitura un po’ dura. La partenza da fermo è docile e senza strappi.
Prezzi da 1.200 a 2.000 euro
Fratello minore del 400, il Burgman 125 offre una sella bassa e comoda, abbondante spazio per le gambe e un sottosella da record: ci stanno due caschi integrali. Ok i freni con ABS di serie, mentre lo scudo e il parabrezza riparano a sufficienza da freddo e pioggia.
Frena bene
Il motore è sufficientemente brillante. La frenata è decisa ed efficace, le sospensioni incassano abbastanza bene le buche e garantiscono un discreto comfort mentre le ruote piccole garantiscono una buona maneggevolezza.
Prezzi da 1.200 a 2.000 euro
Leggero e grintoso, il Sym Crox se la cava benissimo anche nel traffico cittadino più “difficile”. Il frontale con doppio faro e scudo spiovente protegge poco, mentre sono belli da vedere il manubrio a vista e i paramani di serie. I freni sono a disco e tamburo, le sospensioni robuste e adatte a tutti i tipi di fondo stradale, la pedana piatta è larga e ben sfruttabile.
Accelerazione tranquilla
L’accelerazione è bella progressiva fino alla massima velocità e le ruote larghe danno sicurezza sulle rotaie del tram e anche sui pavé. Nel traffico è agile e il manubrio stretto permette di infilarsi tra le auto.
Prezzi da 700 a 1.200 euro
Costruito con cura e con plastiche di buona qualità , il Sym HD2 monta un brillante motore raffreddato a liquido e offre spazio a sufficienza per piloti di tutte le taglie. Sulla pedana piatta e ampia si può caricare senza problemi uno zaino, mentre nel sottosella ci sta un casco jet. Il bauletto e il parabrezza erano spesso compresi nel prezzo. L’HD2 risponde con prontezza al comando del gas, la stabilità è ottima ed è preciso nel tenere le traiettorie. Le sospensioni sono ben tarate e le buche si sentono poco.
Prezzi da 800 a 1.500 euro
Lo “storico” GT compatto di SYM è stato a listino per oltre 20 anni con poche modifiche. Tra le sue numerose doti, l’ampio sellone con poggiaschiena per pilota e passeggero e la pedana piatta e larga. Meno bene il sottosella, lungo ma poco profondo, che comunque può ospitare due caschi jet. Il motore riprende senza indecisioni, la frenata è adeguata alle prestazioni ma le sospensioni economiche fanno sentire le buche. In mezzo al traffico si muove senza problemi, grazie alla buona agilità .
Prezzi da 800 a 2.000 euro

La più sportiva tra le Vespa di taglia piccola ha la carrozzeria in metallo, il faro anteriore poligonale, la pedana piatta e le ruote “grandi”: nelle ultime versioni infatti sono entrambe da 12”. Monta un brillante motore a 3 valvole e ha una sella ampia e comoda. Il vano sottosella è discreto. Le sospensioni lavorano bene, mentre i freni sono a disco e tamburo.
Va bene anche per i piĂą alti
La posizione di guida è comoda e naturale, con spazio abbondante per le gambe dietro lo scudo. La Sprint è agile nei cambi di direzione, ha una ciclistica a punto che digerisce bene anche il pavé e un motore brillante.
Prezzi da 1.900 a 3.700 euro
Nato con motore da 114 cm3, il D'Elight dal 2017 monta un monocilindrico 125 che garantisce più accelerazione, ma resta sempre poco assetato. à assemblato con cura e realizzato con plastiche di buona qualità . Le dimensioni sono ridotte (è lungo 180 cm e pesa 101 kg) ma lo spazio per il pilota non è male. Nel sottosella ci sta un casco jet, mentre la pedana piatta è corta.
Molto agile
Adatto a tutti, ha sella bassa da terra e comoda. In strada è agilissimo e curva in un fazzoletto, il motore spinge bene, le sospensioni sono discrete e i freni adeguati alle prestazioni.
Prezzi da 1.100 a 1.700 euro
Lo Xenter vanta un monoammortizzatore montato in posizione orizzontale che assorbe bene le buche, ma toglie spazio al vano sottosella che infatti può accogliere solo un paio di guanti e poco più (per questo il bauletto è di serie). La sella è comoda e ben imbottita, la pedana piatta e ampia: c’è spazio per caricare una confezione da 6 bottiglie d’acqua. Il motore garantisce ottime prestazioni e consumi limitati, la frenata del disco anteriore è efficace, mentre il tamburo posteriore va strizzato a dovere.
Ciclistica ok
Nel traffico lo Xenter è a suo agio: il peso contenuto lo rende rapido nei cambi di direzione. Quando la strada si libera, le ruote da 16 pollici danno sicurezza in velocità .
Prezzi da 900 a 2.100 euro
Prodotta in pochi esemplari e mai omologata per l'uso stradale, la MGS-01 ha sbancato la Battle of Twins nella versione preparata dalla GCorse. All'apice dell'evoluzione erogava 170 cavalli di potenza e 114 Nm di coppia
La MGS-01 Corsa è una moto circondata da un'aura leggendaria, anche perché non è mai stata prodotta in versione stradale, alimentando a dismisura il desiderio dei guzzisti. La maggior parte degli appassionati l'ha potuta solo intravedere e ammirare nella versione speciale, portata vittoriosamente in gara a Daytona da Gianfranco Giareschi nella leggendaria Battle of Twins.
Nata da un’idea di Giuseppe Ghezzi e prodotta in seguito ufficialmente dal marchio di Mandello del Lario, la MGS-01 era un vero e proprio capolavoro di tecnica che reinterpretava in modo originale il concetto di moto da pista. Era una sportiva fisica e brutale, costruita intorno al V2 raffreddato ad aria, dotato di distribuzione a quattro valvole per cilindro, della Daytona 1000 IE. Il propulsore era stato sviluppato dal celebre Dottor John, il preparatore e dentista statunitense John Wittner.

Ecco la MGS-01 co il motore Big Bore sviluppato dall'ing Mariani che vince a Daytona nel 2007
La moto, che Moto Guzzi metteva in commercio a 25mila euro, sarebbe rimasta però poco più che un esercizio di stile confinata alle competizioni nazionali, se non fossero entrati in gioco i fratelli Guareschi, che si misero in testa di andare a gareggiare nel mitico catino americano di Daytona. “Mio fratello al tempo correva nell'italiano e nell'europeo – spiega Vittoriano-, la moto era valida e io quel motore lo conoscevo abbastanza bene. Il primo anno ci limitammo abbastanza nella preparazione. Sistemammo la distribuzione, che poteva dare qualche problema e migliorammo il rapporto di compressione, ma senza esagerare, perché quello era un motore difficile da raffreddare e non volevamo correre troppi rischi. Rifacemmo la mappa e riuscimmo a ottenere 135 cavalli, 7 in più rispetto al motore di partenza. Dalla Guzzi ci arrivò un cambio sperimentale, con rapporti più lunghi”.
Il pacchetto sospensioni era firmato Ohlins: una forcella a steli rovesciati da 43mm, presa in prestito dall’Aprilia Rsv 1000 R e un mono abbinato a uno splendido forcellone scatolato in alluminio al posteriore. Il passo era di 1423 millimetri, un buon valore e il peso piuttosto contenuto per una moto “vecchia scuola”: 192 chili.
Fiduciosi, incoscienti o maghi dell'arte di arrangiarsi, i Guareschi andarono a correre davanti a un pubblico di decine di migliaia di tifosi con una formazione ridotta all'osso, sia come materiale umano che tecnico. “Avevamo una moto, punto. Ci portammo due leve e due pedane, ma non erano contemplati incidenti. Una scivolata al massimo. Avevo una grande fiducia nel pilota. Per quanto riguarda l'affidabilità , mi ricordo che mio fratello mi aveva detto preoccupato: limito a 9200. Gli avevo risposto: spostalo a 9400”. O la va o la spacca, insomma.

La Bike Week di Daytona è un evento che fa storia a sé. “Difficile da immaginare per chi non c'è stato. C'è un clima incredibile, tantissima gente, si respira una passione incredibile. E poi Daytona è Daytona. Io ci avevo corso la 100 miglia nel 1996-97, per Yamaha. La pista è talmente semplice che andare forte non è per niente facile. Devi lavorare sui dettagli, devi capire soprattutto come affrontare bene la sopraelevata: il punto di entrata, di uscita, a che altezza stare. Bisogna riuscire a mettersi dietro a qualcuno che va forte e imparare”.
Gianfranco detto Guaro fece al meglio il proprio lavoro: successo in entrambe le gare dedicate ai bicilindrici, una doppietta nella Battle of Twins memorabile, che ebbe l'effetto di stuzzicare diversi appetiti, perché la concorrenza a breve sarebbe diventata importante. Nel frattempo l'accoppiata si aggiudica anche il Trofeo Supertwins italiano, al termine di una stagione ricca di vittorie, nonostante un peso non proprio piuma.
“Nel 2007 sapevamo che sarebbe arrivata la Ducati e che si sarebbe alzata l'asticella. Gli interventi furono decisamente più pesanti”. Il limite di cilindrata, per regolamento, era di 1350 centimetri cubici. “Noi eravamo a 1260, per cui ci andammo a prendere gli ultimi cc lavorando sull'alesaggio, non c'era spazio sulla corsa. Il motore poi nella seconda versione era raffreddato ad acqua. Ma il lavoro fu davvero importante. Modificammo le testate, le valvole [cresciute fino a 36mm dagli 31 originali, ndr], cambiammo i corpi farfallati, arrivammo ad avere 170 cavalli”. Anche la coppia era notevole, 114 newtonmetri a 6400 giri, di cui quasi 90 disponibili già a 2800 giri/minuto. La centralina elettronica era fornita da Marelli. Lo scarico, prodotto da Hpe, adottava una configurazione due-in-uno e terminava in un silenziatore singolo collocato sotto al codino monoposto.
Ancora una volta la MGS-01 Corsa sbaragliò la concorrenza nella BoT, con Gianfranco alla guida. à la vittoria numero 3332 di una Moto Guzzi in competizioni ufficiali. Guaro riuscì anche a classificarsi secondo nella categoria Sound of Thunder, che per regolamento ammetteva moto Superbike.

La vittoria aveva suscitato un grande clamore e stuzzicato una curiosità incredibile, che però in un certo senso...rimase insoddisfatta. “Mi ricordo che quando tornammo – chiude Vittoriano- i giornalisti la volevano provare. Ci mettemmo d'accordo con una testata per andare a fare una prova al Mugello, ma non durò tanto. Al primo giro scesero le valvole, gioco finito. Avevamo fatto i conti giusti giusti sui chilometri che quel motore avrebbe retto!”.
Suzuki Indonesia propone questa piccola naked dalle linee affilate spinta da un monocilindrico di 147 cm³ e circa 19 CV. La particolarità ? Oltre che nell'estetica è nel telaio
Arriva dall’Indonesia questa particolare proposta di Suzuki, evoluzione estrema del concetto introdotto dall'Honda Super Cub (qui un'interpretazione proprio della casa dell'ala dorata).
Questa naked super compatta e snella è caratterizzata da linee moderne e forme insolite per il genere motociclistico dato che al posto del serbatoio non c’è nulla. Non si tratta però di una moto elettrica, questa curiosa forma deriva dalla scelta telaistica fatta dai progettisti che hanno adottato un telaio a doppia culla che si sviluppa verso il basso, lasciando quindi libera la parte superiore della moto.
In foto il telaio della Honda Winner, che adotta un'architettura simile a quello della Suzuki Satria Pro.
Il serbatoio è invece collocato al di sotto della seduta, così da far spazio al motore. Questo è un monocilindrico quattro tempi di 147 cm³, raffreddato a liquido e con cambio a sei marce azionato da una frizione antisaltellamento. La potenza massima dichiarata si aggira attorno ai 19 CV. La Satria Pro monta ruote di 17 pollici con cerchi a canale stretto, mentre l’impianto di frenata prevede dischi sia all’anteriore sia al posteriore.
Nonostante la cilindrata contenuta, la naked di Suzuki offre un allestimento moderno: strumentazione digitale con connessione, avviamento keyless, luci a led e presa di ricarica USB.
Data la cilindrata e la particolaritĂ del veicolo difficilmente troverĂ mercato in europa, ma se mai dovesse arrivare in versione 125 cmÂł e, visti i pochi fronzoli, ad un prezzo super aggressivo... ipotizziamo 2.500 euro, la valutereste come mezzo da utilizzare tutti i giorni per gli spostamenti urbani?
Kawasaki ha scelto di prorogare la promozione a interessi zero dedicata alla gamma 2025. Fino al 31 dicembre si potrà accedere a condizioni di finanziamento chiare, vantaggiose e prive di costi aggiunti. Ecco come funziona…
Kawasaki Italia ha annunciato la proroga della promozione a interessi zero dedicata alla gamma MY25. Grazie all’iniziativa, realizzata in collaborazione con Findomestic e valida a questo punto fino al 31 dicembre, sarà possibile accedere a condizioni di finanziamento chiare, vantaggiose e prive di costi aggiuntivi. Vediamo come funziona.
Non cumulabile con altre promo, ad eccezion fatta per quella attiva sulla Kawasaki Z900, la promozione prevede la possibilità di finanziamento fino a 7.000 euro a interessi zero. Zero per davvero, considerando che, come il TAN, anche il TAEG è dello 0%. Ci sono 0 euro di imposta di bollo/sostitutiva, 0 euro di spese di istruttoria pratica , 0 di spese di comunicazioni periodiche e 0 euro di costi di incasso e gestione rata, con la prima posticipata di 2 mesi dalla sottoscrizione.
Tutto questo significa che non ci sono interessi e quindi alla fine si restituisce solo e unicamente la cifra chiesta in prestito, un bel vantaggio per il consumatore.
Il TAN, cioè il Tasso Annuo Nominale, rappresenta il tasso d’interesse base applicato al finanziamento. Si tratta di una percentuale calcolata sull’importo prestato, che però non include costi accessori, come spese amministrative o assicurative. Questo indicatore fornisce una visione del costo "puro" del denaro preso in prestito, ma non il costo complessivo. Esempio: Per un finanziamento di 10.000 euro con un TAN del 5%, gli interessi annuali ammontano a 500 euro, senza considerare eventuali spese aggiuntive.
Il TAEG invece, cioè il Tasso Annuo Effettivo Globale, offre una visione più completa del costo effettivo del finanziamento. Oltre agli interessi, include tutte le spese accessorie come istruttoria, incasso delle rate, premi assicurativi obbligatori e altri oneri correlati che, come abbimao visto, nel caso dell’offera Kawasaki sono tutte a zero.
La Casa cinese punta in alto svelando la adventure 1000MT-X e il prototipo di una supersportiva con motore V4 e aerodinamica attiva. Novità anche per la 800 MT, sulla quale debuttano sospensioni a controllo elettronico, e 675 NK, che nella versione GP è più ricca e raffinata. Vediamo una per una le novità CFMoto 2026
CFMOTO è una azienda nata nel 1989 ad Hangzhou, una città situata a circa 200 km ad ovest di Shanghai, dove tutt’oggi risiedono il quartier generale e il polo produttivo e logistico dell'azienda. Si tratta di una delle Case cinesi leader nel segmento delle grosse cilindrate, e lo testimoniano le novità 2026 presentate poche settimane fa ad EICMA. Il prototipo della supersportiva SR-RR V4 ha catalizzato l'attenzione di stampa e pubblico grazie al poderoso motore V4 di 997 cm³ e oltre 210 CV di potenza, tenuti a bada da una ciclistica di prim'ordine e da un'aerodinamica attiva con ali mobili. Sempre sul fronte delle grosse cilindrate, CF ha tolto i veli alla 1000 MT-X una adventure spinta da un bicilindrico di 1.000 cm³ con potenza massima di 113 CV, elettronica completa, sospensioni regolabili e un ricco equipaggiamento. La crossover 800 MT guadagna poi sospensioni a controllo elettronico, mentre la naked 675 NK in versione GP è una perfetta arma per divertirsi in pista. Arriva anche uno scooter 125, adatto al commuting urbano. Scopriamo nel dettaglio tutte le novità .
Si tratta di uno scooter di piccole dimensioni pensato principalmente per gli spostamenti urbani, vista la buona capacità di carico offerta dall’ampia pedana piatta e dal vano sottosella di dimensioni generose. Perfetto anche per chi è alle primissime armi, l’SC-F ha una sella vicina al terreno, dimensioni compatte, un peso molto contenuto e di serie offre ABS e controllo di trazione, due validissimi aiuti elettronici che possono scongiurare spiacevoli cadute in caso di fondo stradale scivoloso.
Il motore è un monocilindrico di 125 cm³ raffreddato a liquido e con una potenza massima di 15 CV, quindi guidabile già a 16 anni con la patente A1 o a 18 con la B. Completano la dotazione i freni a disco, l’avviamento keyless e la doppia presa USB nel vano portaoggetti collocato nel retroscudo.
La crossover media ci CFMoto, spinta dal bicilindrico di 799 cm³ e 91 CV, si rinnova per il 2026 con un aggiornamento tecnico importante: arrivano infatti sospensioni a controllo elettronico completamente regolabili, in luogo delle precedenti unità KYB a regolazione manuale. Viene confermato il resto della tecnica, con telaio in tubi di acciaio e forcellone bibraccio in alluminio, così come l’impianto frenante che vede schierati due dischi anteriori di 320 mm con pinze radiali J.Juan, affiancati da un disco posteriore di 260 mm. I cerchi montano pneumatici Michelin con misure 110/80 R19 all’anteriore e 150/70 R17 al posteriore, scelta che privilegia l’utilizzo stradale. Il peso in ordine di marcia è di 231 kg, mentre l’altezza della sella è di 82,5 cm. Tutte le caratteristiche tecniche le trovate qui.
La CFMoto 675NK GP è un prototipo basato sulla naked 675 NK di serie ma pensato ed accessoriato per l’utilizzo in pista. Alla base c’è il motore tre cilindri in linea di 675 cm³ e 90 CV di potenza massima, abbracciato dal telaio a traliccio in acciaio della versione standard, ma a corredo questa volta ci sono sospensioni Öhlins regolabili, impianto frenante Brembo, terminale di scarico Akrapovič e cerchi in lega di 17 pollici alleggeriti. L’aerodinamica è stata rivisitata per massimizzare le performance ed esaltare le linee affilate, con l’aggiunta di parecchi particolari in fibra di carbonio. La dotazione elettronica comprende Quickshifter, frizione antisaltellamento, traction control e ABS a due canali. Tra gli altri elementi di rilievo si segnalano la strumentazione TFT a colori, la fanaleria full LED e la connettività Bluetooth e Wi-Fi tramite l’app CFMoto Ride. Qui trovate il nostro articolo dedicato.
Dopo il successo della 800 MT-X, la Casa cinese ha deciso di puntare al segmento delle maxi adventure presentando a EICMA 2025 la 1000 MT-X. Esteticamente la moto riprende le linee della sorella minore, ma si differenzia per soluzioni tecniche dedicate al fuoristrada “vero”. Prima fra tutte, l'introduzione del serbatoio sdoppiato, che ha l'obiettivo di centralizzare le masse, mentre il parafango alto e le protezioni in alluminio per motore e coppa dell’olio sono pensate per affrontare il fuoristrada anche più impegnativo. Cuore della 1000 MT-X è un inedito bicilindrico di 1.000 cm³ con corpi farfallati ride-by-wire, due riding mode e cambio elettronico bidirezionale.
La potenza massima dichiarata è di 113 CV a 8.500 giri, con un picco di coppia di 105 Nm a 6.250 giri.
La ciclistica si basa su un telaio a traliccio in acciaio con forcellone in alluminio, abbinato a sospensioni KYB completamente regolabili. I cerchi sono a raggi, di 21” l'anteriore e 18” il posteriore, e montano pneumatici adatti all’uso “misto” strada-fuoristrada. L’impianto frenante, firmato Brembo, impiega pinze M4.32 e pompa semi-radiale. La strumentazione vede un display TFT verticale di 7” con mirroring per la navigazione; la fanaleria è full-LED e la dotazione di serie prevede parabrezza regolabile elettricamente, cruise control, sella e manopole riscaldabili. Per tutti i dati tecnici e le caratteristiche vi rimandiamo al nostro articolo di presentazione.
Non è solo un esercizio di stile, ma un prototipo vero e proprio che segna l’arrivo di CFMOTO nel segmento delle supersportive e, in un futuro non troppo lontano, nel mondiale Superbike.
Uno degli aspetti più innovativi del progetto è l’aerodinamica attiva: le appendici frontali regolano in tempo reale angolo e incidenza in base alla velocità e alle condizioni di guida, migliorando carico, aderenza e penetrazione aerodinamica.
La struttura del telaio, per ora ancora in fase di studio, sembra ispirarsi a una configurazione front-frame con la sezione anteriore ancorata ai cilindri del motore. Questo è un quattro cilindri a V di 997 cm³, con oltre 210 CV di potenza. L’Azienda non ha rivelato ancora dettagli, ma sappiamo che il peso è inferiore ai 200 kg, quindi il rapporto peso/potenza è sotto la soglia di 1 kg/CV. Il comparto sospensioni è previsto attivo, mentre lo scarico Akrapovič in titanio conferma l’intento di posizionare la SR-RR V4 nel segmento alto della categoria.
Nel pieno rispetto della legge, molte app di navigazione sono in grado di segnalare la presenza di autovelox sulle strade. Ecco le meglio recensite
Ottime ed insostituibili, le mappe di Google vanno benissimo per orientarsi, trovare i percorsi migliori (magari da fare in moto) e conoscere e segnalare la posizione esatta di distributori di benzina e rilevatori di velocità , compresi quelli mobili. Per chi non lo sapesse, basta infatti cliccare sul tasto “+”della schermata principale (quello che durante la navigazione è racchiuso in un triangolo giallo bordato di rosso) e, tra le tante disponibili (cantieri, incidenti, polizia, etc), scegliere appunto l’opzione “autovelox mobile”. In questo modo, si contribuisce a segnalare la presenza dei dispositivi e a condividerla con tutti gli altri utenti. Tuttavia, benché permetta di segnalare la presenza dei dispositivi mobili, l’app di Google non permette di ricevere avvisi circa la loro presenza sulla strada. A tal fine, gli utenti Android (pare che per il momento su iOS non sia possibile farlo) possono sopperire a tale mancanza integrando TomTom Amigo. Disponibile su Google Play Store l’app include infatti una modalità di sovrapposizione che si integra con Google Maps. Per farlo, basta scaricare e installare l’applicazione, attivare i servizi di localizzazione e le indicazioni vocali e la modalità di sovrapposizione nelle impostazioni. In questo modo, si riceveranno notifiche sugli autovelox durante l’utilizzo di Google Maps.

Oltre a Google Maps esistono però altre app utili alla segnalazione e all’avviso degli autovelox lungo il percorso, compresi i dispositivi mobili. Vediamo le più scaricate e le meglio recensite.
Prima di passare in rassega le principali app, un aspetto importante da considerare riguarda la normativa vigente. Secondo l’articolo 45 del Codice della strada (comma 9-bis), infatti, “è vietata la produzione, la commercializzazione e l’uso di dispositivi che, direttamente o indirettamente, segnalano la presenza e consentono la localizzazione delle apparecchiature di rilevamento”. Niente paura: le app qui sotto operano nel pieno rispetto della legge fornendo indicazioni generiche su zone potenzialmente a rischio. Un’escamotage un po’ sibillino ma che funziona perfettamente, considerato che, di fatto, queste app si limitino a fornire informazioni preventive, in modo da non compromettere le attività di controllo. Inoltre, va ricordato, tale normativa è stata ulteriormente integrata con il Decreto del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti dell’11 aprile 2024, che ha introdotto nuove regole sull’uso degli autovelox in Italia imponendo che le postazioni di rilevamento della velocità siano segnalate in modo chiaro e visibile.
L’app permette di visualizzare tutor, autovelox fissi e mobili direttamente sulla mappa, anche offline. Basta scaricarla, attivare “Conta su di me” e autorizzare l’accesso alla posizione: subito dopo, ogni volta che ci si avvicina ad un autovelox si riceverà un avviso sonoro e visivo.
Qui l’idea è quella di una “community attiva” che, con la partecipazione di tutti, rende l’esperienza di guida più sicura. Gratuita ed assai apprezzata, Waze è un’app che sfrutta le segnalazioni in tempo reale degli altri utenti della strada per segnalare non solo gli autovelox ed i dispositivi di rilevamento ma anche eventuali incidenti, code, cantieri e blocchi stradali.
Anch’essa disponibile sia per Android che per Apple, Coyote non solo segnala gli autovelox, ma fornisce anche informazioni aggiornate sui limiti di velocità e sul traffico in tempo reale. Un po’ come fa Waze, anche Coyote punta tutto sulla sua community: gli utenti condividono costantemente le condizioni della strada, garantendo avvisi in tempo reale, con un anticipo di circa 30 km.
Da citare anche Radarbot, altra app molto apprezzata per la segnalazione dei tutor e dei rilevatori di velocità . Con un semplice tocco sul pulsante in basso a destra, che diventa rosso quando attivo, è possibile attivare l’avviso immediato. Radarbot è disponibile in versione gratuita (con qualche banner pubblicitario) e in versione Premium, a pagamento.
Le moto storiche possono usufruire di alcune agevolazioni, come quelle del bollo ridotto. Ecco come si fa ad ottenere questa riduzione e quanto si paga regione per regione
Le moto d’epoca sono una grande passione che però tra restauro e manutenzione ordinaria richiede tempo e denaro. Su qualcosa però si può risparmiare perché per legge le moto storiche pagano un bollo ridotto o addirittura possono non pagarlo. Il bollo però è di competenza regionale per cui importi e anche modalità variano a secondo di dove si risiede.Vediamo cosa prevede la legge.
Le moto a partire dai 20 anni sono considerate “storiche” e possono usufruire del bollo agevolato.
â—Ź Quelle con 30 e piĂą anni non pagano se non sono utilizzate su strada; se utilizzate, pagano una tassa di circolazione ridotta.
● La questione si complica per le moto da 20 ai 29 anni che pagano il bollo ridotto del 50% se in possesso del “certificato di rilevanza storica” emesso dal Registro Storico FMI o dall’ASI (Automotoclub Storico Italiano) e riportato sul libretto di circolazione. Altrimenti pagano il bollo normale.
La procedura si può fare direttamente online sul sito della Federazione (qui la sezione dedicata), dipende però dalle condizioni “burocratiche” della moto. In ogni caso per aspirare a questo riconoscimento il mezzo deve essere originale e in condizioni mlto buone. Per iniziare occorre iscriversi a un club FMI oppure iscriversi al direttamente online (70 euro). La pratica invece costa 80 euro.
- Se la moto ha tutti i documenti in regola, la pratica effettivamente si può fare online, basta caricare sul portale le “carte” richieste e la procedura parte senza intoppi. Gli esperti della Federazione valuteranno lo stato della moto e la sua originalità attraverso le foto e se tutto è a posto concederanno l’attestazione di storicità .
- Se invece la moto non ha tutti i documenti in regola oppure sulla carta di circolazione sono riportati dati tecnici che non corrispondono a quelli della moto in questione (cosa che effettivamente accadeva negli anni 50 e 60 del secolo scorso, la pratica permetteva alle case di risparmiare sull’omologazione…), allora oltre a caricare una documentazione specifica sul portale, bisognerà far arrivare a proprie spese un esperto della Federazione perché possa valutare dal vivo lo stato della moto.
Il certificate di storicità si può ottenere anche attraverso l’ASI (Automoclub Storico Italiano), per farlo occorre iscriversi a un club federato ASI (l’elenco è sul sito) dopodiché avviare la pratica attraverso la segreteria del club. L’esame della moto può essere fatto tramie foto oppure dal vivo dagli esperti del club.
Questa pratica non è da confondere con le pratiche per ottenere la Targa d'Oro ASI, che invece certifica l'originalità e l'eccellente qualità delle condizioni in cu si trova il mezzo. In questo caso i requisiti di conservazione sono superiori, ovviamente anche con la Targa d'oro di ha diritto ai bolli ridotti.
30 anni: 12,50 euro.
20-29 anni: riduzione del 50%
con certificato di rilevanza storica.
30 anni: 10,33 euro.
20-29 anni: riduzione del 50%
con certificato di rilevanza storica.
30 anni: 13,00 euro.
20-29 anni: riduzione del 50%
con certificato di rilevanza storica.
30 anni:
10,33 euro. Totalmente esenti se iscritti in uno dei registri ASI e storico FMI e con certificato di storicitĂ annotato sulla carta di circolazione.
20-29 anni:
riduzione del 50% se in possesso del certificato di rilevanza
storica riportato a libretto.
30 anni: 10,33 euro.
20-29 anni: riduzione del 50%
con certificato di rilevanza storica.
30 anni: 11,36 euro.
20-29 anni: riduzione del 50%
con certificato di rilevanza storica.
30 anni: 11,36 euro.
20-29 anni: riduzione del 50%
con certificato di rilevanza storica.
30 anni: 11,36 euro.
20-29 anni: riduzione del 50%
con certificato di rilevanza storica.
30 anni: se il certificato di storicità è riportato a libretto non si paga nulla, altrimenti il bollo è di 20 euro.
20-29 anni: esenzione totale dal bollo se iscritti nei registri ASI e Federazione Motociclistica Italiana e il certificato di storicità risulta annotato sulla carta di circolazione. In Lombardia vale anche l’iscrizione al Registro ACI Storico, l’esenzione si ottiene compilando un modulo specifico che poi va inviato per posta o via mail-PEC.
30 anni:
Pagano Euro 11,15 euro
20-29 anni: nessuna esenzione
segnalata (sito regione)
30 anni: 10,33 euro.
20-29 anni: riduzione del 50%
con certificato di rilevanza storica.
30 anni: 20,00 euro.
20-29 anni: riduzione del 50% con certificato di rilevanza storica. Quelli senza certificazione hanno una tariffa scontata del 10%.
30 anni: 20,00 euro.
20-29 anni: riduzione del 50%
con certificato di rilevanza storica.
30 anni: 10,33 euro.
20-29 anni: riduzione del 50% con certificato di rilevanza storica.
30 anni: 10,33 euro.
20-29 anni: riduzione del 50%
con certificato di rilevanza storica.
30 anni: 11,93 euro.
20-29 anni: riduzione del 50%
con certificato di rilevanza storica.
30 anni: 10,33 euro.
20-29 anni: riduzione del 50%
con certificato di rilevanza storica.
30 anni: 10,33 euro.
20-29 anni: se in possesso del certificato di rilevanza storica tassa di circolazione di 10,33 euro. Se a uso commerciale – con certificato di rilevanza storica – pagano la tassa di possesso ridotta del 50%.
30 anni: 10,33 euro.
20-29 anni: riduzione del 50%
con certificato di rilevanza storica. Tassa ridotta del 10% se iscritti nei Registri Storici ex art.60 CdS oppure nei Centri specializzati riconosciuti dalla Regione.
30 anni: 10,33 euro.
20-29 anni: esenti se in possesso del certificato di rilevanza storica o iscritti a registri.
30 anni: 10,33 euro.
20-29 anni: esentati se in possesso del certificato di rilevanza storica.
Per decenni abbiamo misurato la potenza in cavalli vapore, ma con il declino dei motori a combustione, anche nel linguaggio comune si è adattato ed è cambiato
Nel linguaggio comune la potenza dei mezzi a motore viene espressa in cavalli, ma da qualche tempo, soprattutto con l'avvento dei motori elettrici, si è fatto largo l'uso dei kilowatt, non solo nei manuali o sulle schede informative. Ma qual è la differenza e perché è giusto usare l'una, piuttosto che l'altra unità di misura?
Iniziamo con il dire che il cavallo vapore non è ascrivibile alle unità di misura del sistema metrico decimale. Ha derivazione anglosassone, dove ancora si usano piedi, galloni, once e appunto cavallo vapore, HP per Horse Power in Inghilterra, che diventa CV in Italia, PS per Pferdestärke in Germania. Dopo che per decenni si sono per usate misure del cavallo diverse, è stata almeno unificata la definizione: il CV è la potenza necessaria per sollevare 75 kg alla velocità di 1 metro/secondo. Da qui 1 CV = 735,5 W = 0,735 kW.
Il sistema metrico decimale si è invece evoluto nel tempo in quello che è oggi il Sistema Internazionale, che a partire da poche quantità fondamentali ricava tutte le grandezze derivate. Per esempio: la potenza, che si può scrivere come prodotto di una forza per una velocità , si scrive come Newton x metro/secondo. Ma la forza non è una grandezza primaria, perché a sua volta si può esprimere come massa per accelerazione: quindi kilogrammo x metro/secondo al quadrato. Risultato: la potenza ha come unità di misura fondamentali kilogrammo x metro /secondo elevato alla terza. A questa espressione, per comodità , si assegna un nome: in questo caso Watt, in onore di James Watt, l’inventore della macchina a vapore. Per le macchine di uso comune, dato che il Watt è relativamente piccolo, si usa spesso il multiplo chilowatt (kW).
L'utilizzo del watt non richiede la correzione tramite coefficienti e infatti gli ingegneri lo preferiscono, più immediato e pratico. Ma è anche un valore più basso: il buon “vecchio” cavallo a vapore insomma fa fare più bella figura! Per i nostalgici comunque si prospettano tempi duri: come il kilogrammetro è stato abbandonato per la coppia in favore del Newton metro, anche per i cavalli si andrà verso...l'estinzione, in un futuro sempre più elettrico.