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News n. 1
Yamaha Tracer 900 usata: pregi, difetti e cosa controllare Yamaha Tracer 900 usata: pregi, difetti e cosa controllare

Il motore tre cilindri spinge forte a tutti i regimi, la maneggevolezza è molto buona e la dotazione completa. Quotazioni interessanti ma occhio alla trasmissione, il motore la stressa parecchio

massimo.miliani

Punti di forza

Il motore tre cilindri Yamaha è compatto e piacevolissimo da usare: riprende bene già da 2.000 giri, spinge forte ai medi regimi (6.000 giri) e sfoggia un allungo da sportivo fino agli 11.000 giri. La posizione di guida è comoda, inoltre il manubrio si può avanzare o arretrare di 10 mm e la sella si può regolare a 84,5 e a 86 cm. La dotazione di serie è ricca: paramani, cavalletto centrale e presa 12V, oltre a tre mappature motore, controllo di trazione e ABS. Le sospensioni della prima serie sono regolabili in estensione e precarico. Con la GT del 2018 invece arrivano una forcella completamente regolabile, il cruise control (finalmente) e le manopole riscaldabili. La ciclistica è a punto e molto svelta: la Tracer scende in piega quasi come una naked. Convince anche la frenata, potente e controllabile.

Punti deboli

Le gomme di primo equipaggiamento (Dunlop Sportmax D222) non sono granché e vanno in crisi se si guida (molto) sportivamente. Il parabrezza protegge appena quanto basta: per viaggiare sul serio, soprattutto in autostrada, meglio montarne uno più ampio e protettivo. 

Prima dell'acquisto controllate bene:

  • Collettori di scarico: sono esposti agli urti e ai sassi “sparati†dalla ruota davanti: controllate che non ci siano segni o ammaccature evidenti.
  • Radiatore: anche il radiatore è poco protetto: controllate che non abbia segni “sospettiâ€. Una griglia parasassi è utile.
  • Cambio: già in origine non è tra i più morbidi, quindi non spaventatevi. Una frizione regolata a dovere migliora la situazione.
  • Parabrezza: spesso viene sostituito con uno più ampio. Chiedete sempre che vi diano anche quello originale.
  • Kit trasmissione: con il “supermotore†della Tracer è facile farsi prendere la mano: catena, corona e pignone sono spesso “stressatiâ€.

 

I rilevamenti

  • Velocità massima: 210,3 km/h
  • Accelerazione 0 - 400 metri: 11,8 sec.
  • Consumo extraurbano: 23,8 km/litro
  • Peso: 197,5 kg

Quanto costa una Tracer 900 usata

  • 2022 9.300 euro
  • 2021 8.400 euro
  • 2020  7.700 euro
  • 2019  7.300 euro
  • 2018  6.800 euro
  • 2017  6.100 euro
  • 2016  5.600 euro
  • 2015  5.100 euro

 

La Tracer da nuova è tra le crossover più a buon mercato, considerando anche tutto quello che offre di serie. Per questo anche le quotazioni dell’usato non sono esagerate, ma in ogni caso si tratta di un modello che tiene bene il valore. Per la prima versione il deprezzamento è stato basso, ma va anche meglio con la “nuova†presentata nel 2018 che ha subito avuto un ottimo successo di vendite.

Moto usate
Data articolo: Tue, 30 Dec 2025 16:00:52 +0000
News n. 2
Ducati Multistrada V4 è la più veloce? i dati veri di velocità massima potenza e accelerazione Ducati Multistrada V4 è la più veloce? i dati veri di velocità massima potenza e accelerazione

È una delle crossover più vendute sul nostro mercato, merito anche di un motore molto potente e una ciclistica raffinata. I dati del nostro centro prove lo confermano: la Multi V4 vola!

malo

La Multistrada V4 è il modello Ducati di maggiore successo e stabilmente nella top ten delle moto più vendute ed è anche il top delle crossover, con prestazioni brucianti che la pongono al limite alto del segmento. Ecco quelle rilevate dal nostro Centro Prove per la versione Multistrada V4 S.

Potenza e Coppia

  • Potenza massima: 148,0 CV alla ruota
  • Coppia massima: 111,52 Nm

“Come te non c’è nessuna†in questa categoria. È una bomba, ma con una erogazione fluida e generosa e l’elettronica a tenere tutto sotto controllo.. 

Velocità massima e accelerazione

Ovviamente prestazioni al top della categoria. Con tutti quei cavalli non ci si poteva aspettare niente di meno.

  • Velocità massima: 234,3 km/h
  • Accelerazione 0-400 metri: 11,12 secondi
  • Accelerazione 0-1000 metri: 21,08 secondi
  • Accelerazione 0-100 km/h: 3,41 secondi 

Consumi

È il punto debole della Multistrada V4. D’altronde se si vogliono tanti cavalli, bisogna dare loro da bere.

  • In autostrada: 16,0 km/l
  • Uso extraurbano: 18,4 km/l
  • A 90 km/h: 20,1 km/l
  • A 120 km/h: 17,4 km/l

Il serbatoio da 20,5 litri garantisce una buona autonomia, permettendo lunghi tragitti senza frequenti soste per rifornimento: 356,7 km a 120 km/h.

Peso

238 kg

Non è un fuscello, eppure nella guida non si sente.

Come è fatta

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Touring adventure sì ma fino a un certo punto: la Multistrada V4 è una moto che sulle strade tutte curve può dare del filo da torcere alle sportive, può andare a passeggio ma se avete voglia di spalancare il gas le emozioni sono garantite. 

Il motore V4 Granturismo di 1158 cm³ ha abbandonato la distribuzione desmodromica, sostituita da una tradizionale nella quale le valvole sono richiamate da molle, con il risultato di una maggiore regolarità ai bassi regimi e un intervallo più lungo per il controllo del gioco valvole, addirittura 60.000 km. Non vi preoccupate, le prestazioni non ne hanno sofferto: un tiro in basso che permette di uscire a testa alta dalle curve anche se si è tenuta una marcia in più, e da 7500 fino a quasi 11.000 giri/minuto una spinta da Luna Park. 

Aiuti da MotoGP

L’elettronica naturalmente è di grande aiuto e i dispositivi ci sono tutti, da quattro riding mode a controllo di trazione, anti impennata, ABS cornering, quickshifter bidirezionale e la piattaforma inerziale a sei assi a gestire il tutto. Spicca l’adozione di due radar (opzionale), uno per il cruise control adattivo e l’altro per il monitoraggio dell’angolo cieco, con LED arancioni sugli specchietti che in caso di pericolo si accendono.

La V4 S ha le sospensioni elettroniche

La ciclistica è all’altezza del resto. Telaio monoscocca in alluminio e forcellone a due bracci con quote caratteristiche degne di una sportiva: cannotto di sterzo inclinato di 24,5° e 102,5 mm di avancorsa. Spiccano le sospensioni Skyhook semi attive adottate sulla versione S, mentre quelle della V4 “base†sono meccaniche completamente regolabili. La forcella è a steli rovesciati di 50 mm Ø, la sospensione posteriore è dotata di funzione Autolevelling che riconosce il carico e regola autonomamente l’altezza ideale.

Stabile in frenata

Il risultato si può sintetizzare in una guidabilità di alto livello nonostante la lunga escursione della forcella tipica delle “enduroneâ€. Colpisce l’avantreno decisamente più sportivo delle concorrenti di categoria, sorprendentemente agile nonostante la ruota anteriore di 19“, e nonostante un peso significativo; il motore controrotante in questo senso dà grossi vantaggi. Dopo un po’ viene naturale allungare la frenata fin dentro le curve, con la sicurezza che viene dall’ABS cornering, così come è facile equilibrarsi grazie all’impeccabile connessione comando del gas-ruota posteriore.

Di alto livello anche l’impianto frenante: davanti due dischi di 330 mm Ø con pinze Brembo Stylema M4.32 e dietro un disco di 265 mm Ø con pinza a due pistoncini. Potenti e modulabili, forse qualcuno potrebbe chiedere un po’ di cattiveria in più ma è bene ricordare che si tratta pur sempre di una moto touring. Nonostante il carattere brillante se la cava molto bene anche nei lunghi viaggi con bagaglio e passeggero, la rumorosità di marcia è modesta, la protezione dell’aria eccellente e le vibrazioni estremamente contenute. 

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Ora scalda meno 

Il motore per la sua conformazione tende a scaldare la seduta del pilota ma il problema è stato molto ridotto: nelle soste al semaforo la bancata dei cilindri posteriori si spegne automaticamente, mentre in movimento le ampie feritoie ai lati del propulsore e le appendici aerodinamiche di fronte alle gambe del pilota deviano l’aria calda. Sì, è proprio una gran bella moto. Fosse un po’ meno assetata sarebbe perfetta. 

Vivere con la moto
Data articolo: Tue, 30 Dec 2025 13:00:00 +0000
News n. 3
Valentino Rossi, la Skiffer, il carcerato, i vigili, la Polleria... tutte le trovate geniali del Dottore Valentino Rossi, la Skiffer, il carcerato, i vigili, la Polleria... tutte le trovate geniali del Dottore

Dalla bambola gonfiabile per prendere in giro Biaggi all'ultimo mondiale celebrato con la maglietta "gallina vecchia fa buon brodo": le gag di Valentino sono passate alla storia

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È iniziato tutto con una bambola, e da lì in poi è stato un crescendo di gag memorabili: Valentino Rossi non è un campione inimitabile solo per i risultati ottenuti in pista, ma anche per come ha celebrato alcune delle sue affermazioni più importanti.

L'inizio di una rivalità

La prima esultanza fuori dagli schemi risale al gran premio d'Italia 1997, quando Valentino, al Mugello, festeggia la vittoria in classe 125 portando a spasso nel giro di rientro una bambola gonfiabile ribattezzata per l'occasione "Skiffer" (qui sopra). 

Non è tanto un omaggio alla super modella Claudia Schiffer, ma una presa in giro di Max Biaggi, che al tempo era stato “paparazzato†con Naomi Campbell. Bisogna ricordare che nel 1997 Max era già un tre volte campione del mondo avviato verso il quarto titolo, e l'irriverenza di Valentino, appena alla sua quarta vittoria nel motomondiale, denota un certo carattere.

Titoli, sponsor e improvvisate

Il 1997 si chiude con un gigantesco numero uno sulla schiena di Rossi e l'inequivocabile scritta “uord cenpionâ€; prima c'era stato un Valentino vestito da Robin Hood sul podio di Donington, l'anno successivo le gag continuano anche in 250. Dopo il gp di Catalogna, i giornalisti si affannano a capire se la Polleria Osvaldo esista davvero: si tratta di un fantomatico sponsor che Rossi sfoggia, tanto nelle scritte quanto con un enorme pollo/mascotte. 

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Ecco Rossi con il pollo mascotte della polleria Osvaldo

Ma ci sono anche vere e proprie improvvisate, come nel gp di Spagna a Jerez, quando Rossi fa tappa in un bagno chimico sotto le tribune dei tifosi in delirio. “Quando scappa scappa†si giustifica il pesarese. Anche l'avventura in duemmezzo si conclude con un titolo e in Brasile arriva la relativa gag: in moto con Rossi sale un angelo custode a grandezza naturale.

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Une delle gag preferite dal Dottore: la capatina al bagno a Jerez

Senza perdere l'allegria

Anche in classe regina Rossi non perde la verve del periodo adolescenziale: nel 2002 al Mugello due improbabili vigili lo multano per eccesso di velocità, nello stesso anno Vale festeggia il quarto titolo mondiale con il fan club vestito da nazionale brasiliana di calcio. VR46 alza al cielo una copia ben riuscita della coppa del mondo.

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Altra scenetta mitica: Rossi multato per eccesso di velocità al Mugello


A volte le scenette servono anche a rispondere con un sorriso a certe critiche: a Brno nel 2003, Vale finge — con tanto di palla al piede e aiutato da due personaggi travestiti da carcerati — di colpire una pietra con il piccone. Rossi sale sul podio con il berretto da carcerato, in risposta a chi lo dava in crisi dopo quattro gare senza vittoria.

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Rossi carcerato, cioè condannato a vincere


Altra polemica rispedita al mittente è quella dell'anno successivo, quando Valentino — in occasione del gran premio della Malesia — si arma di spazzolone per pulire la pista dopo la vittoria. È la risposta ironica alla penalità (6 secondi sul tempo in qualifica) inflittagli in Qatar la settimana prima, quando alcuni membri dello staff di Rossi avevano gommato con uno scooter quella che sarebbe stata la casella di partenza di Rossi. E mentre alcuni membri del fan club guardavano divertiti il Dottore esibirsi nell'ennesima sceneggiata, ai box Jeremy Burgess mostrava una maglietta con la scritta “impresa di pulizie La Rapida, per togliere lo sporco dalla MotoGPâ€.

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Rossi fa ammenda e pulisce la pista, inaugurando l'impresa di pulizie La Rapida

Altri cinque anni

Le esultanze particolari di Rossi arrivano fino al nono titolo, festeggiato con l'inequivocabile maglietta che porta la scritta “Gallina vecchia fa buon brodoâ€, ma ce ne sono parecchie altre prima: Una t-shirt “che spettacolo†per il primo titolo con Yamaha, i sette nani l'anno dopo per il settimo mondiale vinto. E poi ancora il bowling umano di Jerez 2007, o l'ottavo titolo “scusate il ritardoâ€, certificato dal notaio Ottavio Ottaviani.

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Rossi festeggia a modo suo il nono titolo. Allora non sapeva che sarebbe stato anche l'ultimo

Sport e piloti
Data articolo: Tue, 30 Dec 2025 12:11:41 +0000
News n. 4
Cagiva Aletta Rossa 125, l'ottimismo degli anni 80 Cagiva Aletta Rossa 125, l'ottimismo degli anni 80

Vagamente ispirata alle grosse enduro stile Dakar, l’Aletta Rossa interpreta alla perfezione i nuovi orizzonti anni Ottanta: è comoda e ha personalità. Da qui il successo nelle vendite

Riccardo Allegro

Cagiva Aletta Rossa

Mentre le automobili diventano sempre più lussuose e accessoriate, negli anni Ottanta le moto da regolarità che fino a quel momento avevano fatto sognare i teenager cedono il passo a modelli stradali ispirati a quelli da pista e alle enduro più adatte all'asfalto che all'off-road impegnativo. È in questo scenario che Cagiva, appena fondata dai fratelli Castiglioni (era il 1978) lancia nel 1983 un modello destinato a segnare un’epoca: moderna e all’avanguardia, l’Aletta Rossa è pensata per un “pubblico giovane e dinamicoâ€, come scrivevano i pubblicitari dell’epoca, voglioso di montare in sella a moto moderne ed altrettanto dinamiche. 

La nascita dell'Aletta Rossa

Il 1983 segna l’arrivo della Cagiva Aletta Rossa, un modello innovativo che introduce un importante aggiornamento tecnico per il segmento delle moto enduro: il raffreddamento a liquido. Sviluppato dall’ingegner Egisto Cataldi, il sistema è applicato al motore monocilindrico 2 tempi da 124,63 cm³, già montato sulla SXT 125 ma ora potenziato. La pompa dell’acqua da 56 mm e l’ammissione lamellare, insieme alla lubrificazione separata olio/benzina con pompa Mikuni a portata variabile, ne aumentano le prestazioni. Con il carburatore Dell’Orto PHBL 24 BD, l'Aletta Rossa raggiunge una potenza di oltre 15 CV a 7000 giri/min, permettendo alla moto di toccare una velocità massima di circa 114 km/h. Il cambio è a 6 marce, la frizione, multidisco, in bagno d’olio. 

Ciclistica 

Avanzata la ciclistica: il telaio è in acciaio a doppia culla chiusa, derivato da quello della SXT (una buona enduro raffreddata ad aria che ebbe un discreto successo), ma abbinato sull’Aletta ad una forcella telescopica idraulica Llobe davanti e ad un forcellone oscillante “Soft Damp†con monoammortizzatore idropneumatico regolabile al posteriore. L’impianto frenante vede invece al lavoro un disco da 240 mm morso da pinza Brembo all’anteriore e un tamburo da 125 al posteriore. Le ruote, di serie in acciaio WM, sono da 21" e da 18", con la possibilità di montare anche cerchi Akront in alluminio.
 

Una pubblicità dell'epoca con le 125 di successo di Cagiva: la Aletta Electra a sinistra e la Aletta Rossa a destra

Design e strumentazione

Il design è “modernoâ€, con un serbatoio inclinato verticalmente e un faro rettangolare racchiuso da un cupolino che richiama le enduro da competizione in stile Dakar. Ampi i parafanghi. La sella, comoda e lunga, adatta anche all’utilizzo in due, sottolinea una certa vocazione per i tragitti più lunghi. Tre le clorazioni disponibili: rossa, con telaio e sella neri, bianca oppure nera, sempre con telaio e sella rossi. Ricca la strumentazione, con - inusuale per le enduro - contagiri, tachimetro, conta km e una miriade di spie da “maxi†moto. 
 

Il cruscotto era molto ricco per gli standard dell'epoca

Vendite

Il successo commerciale è immediato: solo nell’autunno del 1983 vengono ricevuti ben 12.000 ordini, segno che Cagiva, con l’Aletta, è riuscita a interpretare nel modo corretto i desideri e le passioni dell’epoca. 
 

Evoluzioni e versioni Successive

Forte del successo riscosso con l’Aletta, nel 1984 Cagiva presenta al pubblico la sua “evoluzioneâ€, forte di alcuni aggiornamenti estetici come le nuove grafiche e decalcomanie, la sella con la scritta “ARâ€, il radiatore maggiorato e le pedane passeggero imbullonate al telaio. Anche la forcella Llobe viene affiancata da una nuova opzione Marzocchi. 
Battezzata “Ala Rossaâ€, la sorellona dell’Aletta, spinta dal più corposo monocilindrico 4 tempi da 343,3 cm³ e 27 CV, viene pensata , come suggerito dal claim “la preferita di papàâ€, per un pubblico più maturo, elemento che è probabilmente il motivo del suo scarso successo. Sorte analoga toccherà al prototipo della Aletta Rossa 200, modello pensato per il mercato americano, equipaggiato, almeno nella teoria, con lo stesso motore WSTX con cilindrata portata a 190,38 cm3, ma destinato ad essere accantonato per lasciar spazio alle Elefant 125 e 200. Ulteriore dimostrazione che l’Aletta andava benissimo per i più giovani e non tanto, come sperò Cagiva, per i motociclisti più “navigatiâ€. 
 

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Quotazioni

Tra gli usati si trovano parecchie occasioni. I prezzi variano in base all’anno, al chilometraggio e alle condizioni. Gli appassionati di restauro e chi, in generale, con chiavi inglesi e attrezzi se la cava bene, possono trovare numerose occasioni anche sotto i mille euro. Per modelli invece già rimessi a nuovo, si sale anche oltre i 3.000 euro. 

Storie di moto
Data articolo: Tue, 30 Dec 2025 11:16:10 +0000
News n. 5
Bosch guarda oltre i radar: le moto diventano "connesse" Bosch guarda oltre i radar: le moto diventano "connesse"

Dai radar alla “comunicazione condivisaâ€, la sicurezza su due ruote è pronta a fare un nuovo salto in avanti. Bosch immagina un futuro in cui le moto dialogano tra loro, scambiando dati su traffico, asfalto e pericoli imminenti. Un’evoluzione tecnologica che punta a ridurre i tempi di reazione e, quindi, gli incidenti…

Riccardo Allegro

Bosch guarda oltre i radar

Che Bosch sia ad oggi uno dei principali attori nello sviluppo dei sistemi di assistenza alla guida non è certo una novità. Guardando oltre le tecnologie già disponibili, la multinazionale tedesca immagina un futuro in cui le moto non si limiteranno a “leggere†ciò che accade davanti a loro, bensì comunicheranno tra loro tramite software basati su cloud, contribuendo attivamente alla prevenzione degli incidenti. Una strada insomma molto simile a quella già imboccata dalle auto a guida autonoma. A spiegarlo è Geoff Liersch, responsabile della divisione Two-Wheeler & Powersports di Bosch…

Dalle moto “premium†agli scooter

In tre decenni, la tecnologia ha fatto passi da gigante. Alla fine del 2024 Bosch ha infatti presentato un nuovo pacchetto di sistemi di assistenza, vale a dire la seconda generazione degli Advanced Rider Assistance Systems (ARAS), che debutteranno in produzione sulla KTM 1390 Super Adventure S Evo MY 2026 equipaggiata con cambio semi-automatico AMT. 

Ve ne parlavamo qui: Ecco le ultime "diavolerie" Bosch: la moto frena e rallenta da sola

L’obiettivo è però quello di portare questa tecnologia anche su modelli più “accessibili†seguendo un percorso già visto in passato.  Per Liersch, tali soluzioni non sono infatti destinate esclusivamente alle maxi-enduro o alle granturismo. Anzi, potrebbero trovare applicazione anche nel segmento degli scooter di grossa cilindrata, soprattutto in mercati in cui il traffico è spesso intenso e caotico. Leggasi paesi asiatici.

Moto connesse tra loro

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Il vero salto concettuale, però, potrebbe arrivare con la comunicazione tra moto tramite cloud. Secondo Liersch, le moto del futuro potrebbero condividere informazioni su condizioni dell’asfalto, cambiamenti meteo o pericoli improvvisi, avvisando i motociclisti con segnali acustici prima ancora che il rischio diventi visibile. Il principio è simile a quello delle app di navigazione riserva alle auto, ma con una differenza sostanziale: i dati non verrebbero inseriti manualmente, bensì raccolti direttamente da appositi sensori . “Queste informazioni possono essere inserite in un database e fornite al motociclista che segueâ€, spiega Liersch. “Un altro esempio è una buca sul manto stradale.  La prima moto che la affronta la segnala anche (magari attraverso un sensore alle sospensioni), Funzioni semplici, ma fondamentali quando si va in motoâ€. Un altro ambito in cui la comunicazione tra moto potrebbe fare la differenza è la guida in gruppo. Bosch ha già sviluppato una funzione di Group Ride Assist, integrata nell’Adaptive Cruise Control, che regola automaticamente la velocità in base alla distanza dalla moto più vicina, evitando “buchi†nella formazione. Ma il potenziale, secondo Liersch, è ben più ampio: “Se le moto fossero connesse, prima ancora di frenare potrei dire a quella dietro ‘stiamo per frenare. Il tempo di reazione sarebbe pari a zero, e questo aprirebbe scenari interessanti: distanze più ridotte e una gestione del gruppo molto più fluida, grazie ai dati condivisi tra le motoâ€.

Una tecnologia già pronta (ma costosa)

Dal punto di vista tecnico, Bosch sottolinea come gran parte dell’infrastruttura sia già disponibile. I sistemi ARAS introdotti nel 2024 dialogano costantemente con ECU, piattaforma inerziale (IMU) e controllo di stabilità, offrendo una comprensione completa del comportamento della moto. “La tecnologia esisteâ€, conferma Liersch. “Funziona davvero molto bene. Ma non siamo ancora al punto in cui i costi permettano una diffusione di massa sul mercatoâ€. Ma c’è dell’altro: nel lungo periodo, Bosch immagina una connessione diretta veicolo-veicolo, senza passare dal cloud. Una soluzione che, però, richiederà ancora tempo: “Prima dobbiamo vedere questa tecnologia diffondersi anche sulle automobiliâ€. Discorso tempistiche (e costi) a parte, la direzione si direbbe ormai chiara… 

Chiara ormai da tempo: Gli 8 sistemi che secondo Bosch cambieranno la vita ai motociclisti


 

abcde
Mar, 30/12/2025 - 11:33
non comprerò mai un'auto e ancora peggio una moto con queste porcherie a bordo. PS. fa venire il magone vedere questo articolo vicino a quello dell'aletta rossa.
News
Data articolo: Tue, 30 Dec 2025 10:20:53 +0000
News n. 6
Benzina vecchia cosa fare? I rischi e i consigli per evitare danni Benzina vecchia cosa fare? I rischi e i consigli per evitare danni

Si tratta di un tema estremamente importante per la salute delle nostre moto. Dipaniamo la matassa soffermandosi sui rischi connessi e sui consigli da seguire

malo

Anche la benzina, a modo suo, invecchia! Il tempo di decadimento oltre il quale perde le sue caratteristiche chimiche ottimali (anche con stoccaggio corretto) non supera infatti i 6/8 mesi. L’evaporazione è quindi solo uno dei problemi anche se, nel caso di vecchi motori 2T alimentati a miscela, ciò comporta “l’aggravante†di una variazione nel rapporto olio/benzina. Gli aspetti da considerare sono quindi molteplici e non si limitano alla sola volatilità. Vediamoli.

Sedimenti, ossidazione e altre magagne

Certo, l’elevata volatilità della benzina fa sì che a mantenersi siano solo le sue componenti più pesanti, le quali, così scomposte, tenderanno a creare dei sedimenti. E va da sé, ciò non si sposa bene con la pulizia di elementi come rubinetti e pompe della benzina (peggio ancora per getti e iniettori) anche al di là dell’utilizzo di filtri appositi. Inevitabilmente, la struttura del carburante varia, facendo venir meno anche l’azione degli additivi presenti. In breve, si perderà volume, ottani e additivi; mentre si “guadagnerà†una sporcizia potenzialmente dannosa a breve o lungo termine. Il colpo di grazia arriva poi dal fatto che la benzina scomponendosi può sviluppare umidità e, se la nostra moto è dotata di serbatoio in acciaio, la cosa può riservarci ulteriori e sgradite sorprese con la formazione di ruggine.

Occhio alla ruggine!

Nel caso sopracitato, il rischio è intuibile: la presenza di umidità comporta l’insorgenza di fenomeni di ossidazione che vanno ad aggredire il metallo. Il serbatoio, dunque, potrebbe iniziare un progressivo e irreversibile percorso di deterioramento che sarà sanabile solamente con trattamenti specifici. Non sono rari infatti gli interventi di ripristino con decapanti e resine. Anche i serbatoi in resina e materiale plastico, però, hanno il loro tallone d’Achille: si tratta in questo caso dei componenti metallici interni, proprio come le pompe a immersione. Queste sono solitamente delicate, anche se dotate di filtro interno, che una volta riempitosi di ruggine finissima, potrebbe otturare la pompa stessa causandone la mancata lubrificazione (funzione svolta proprio dalla benzina). E gli ottani?

Accensione? Solo se al momento giusto

Il potere antidetonante della benzina è determinato dal numero di ottani. Il punto di innesco corretto è garantito, anche, dalla presenza di un alto numero di ottani; specie nei motori più compressi. Va da sé che la perdita di ottani potrebbe comportare, a seconda delle caratteristiche del propulsore, un’accensione anticipata che darebbe luogo al cosiddetto “battito in testaâ€, condizione molto pericolosa per ogni motore, in quanto intacca direttamente i materiali di testa e pistone, con ripercussioni notevoli (a seconda dell’entità del fenomeno) anche sul piede di biella e sull’imbiellaggio in generale.   

Cosa fare

Alcuni consigli pratici per mettersi al riparo da eventuali noie

  • nei periodi di fermo, mantieni il più alto possibile il livello del serbatoio;
  • se utilizzi delle taniche, verifica che siano ben sigillate;
  • evita sbalzi di temperatura importanti ed esposizione a luce diretta;
  • avvia comunque il mezzo con cadenza regolare;
  • impiega additivi specifici per il mantenimento della benzina.
Vivere con la moto
Data articolo: Tue, 30 Dec 2025 09:32:04 +0000
News n. 7
Usato di qualità, Honda Africa Twin: pregi, difetti e prestazioni rilevate Usato di qualità, Honda Africa Twin: pregi, difetti e prestazioni rilevate

La prima serie dell'Africa twin è comoda e facile da guidare, l'icona dell'enduro stradale è costruita con cura e se la cava bene ovunque. Attenzione alle ossidazioni di scarico e cerchi. Le quotazioni sono alte

massimo.miliani

Punti di forza

La posizione di guida naturale mette a proprio agio sin dal primo momento. Su strada l’Africa Twin è piacevole e poco impegnativa da guidare, grazie anche all’erogazione vigorosa del bicilindrico, soprattutto ai medi regimi. Nonostante la ruota da 21 pollici, l’agilità è buona come la frenata, sempre gestibile. L’Africa Twin se la cava bene sugli sterrati come sui tratti più impegnativi (dove però richiede una buona esperienza). Le sospensioni di qualità incassano buche e pavé senza problemi. Bene il cambio, sia quello “tradizionale†sia quello DCT a doppia frizione che può funzionare anche in automatico. I modelli 2018 hanno un’elettronica più ricca con 4 riding mode e controllo di trazione su sette livelli, mentre le versioni DCT hanno in più la “funzione†G che migliora l’erogazione in offroad.

Punti deboli

I più “sportivi†potrebbero chiedere un pizzico di cattiveria in più dal motore. La sella alta può mettere in difficoltà chi è diâ€gamba cortaâ€, mentre chi è sopra il metro e 80 soffre un po’ a velocità autostradali per la limitata protezione del parabrezza (non regolabile). Il cruscotto della prima serie in pieno sole si legge male.

Prima dell’acquisto controllate bene

  • Trasmissione: controllate bene corona e catena: se la moto ha fatto parecchio fuoristrada, la trasmissione può essere “alla frutta†e quindi da sostituire. Occhio anche allo stato di usura della frizione.
  • Scarico: segnalati alcuni casi di ossidazione dello scarico e della bulloneria. Ossidati a volte anche i cerchi a raggi.
  • Meglio originale: l’Africa Twin si presta alle elaborazioni, soprattutto in chiave più fuoristradistica. Gli esemplari troppo “pasticciati†però perdono valore.
  • Avviamento: il pulsante di avviamento ha contatti delicati, che a volte si ossidano e impediscono di mettere in moto. Il pezzo va cambiato.
  • Spegnimenti: qualche caso di spegnimento in moto del motore: si risolve con un reset della centralina.

 

I rilevamenti

  • Velocità massima: 202,39 km/h
  • Accelerazione 0 - 400 metri: 12,5 sec.
  • Consumo extraurbano: 25 km/litro
  • Peso: 229,5 kg


Quanto costa una Honda Africa Twin usata

  • 2022 11.400
  • 2021 10.600
  • 2020 9.800
  • 2019 9.400
  • 2018 8.600
  • 2017 8.100
  • 2016 7.300

L’Africa Twin è il classico “assegno circolareâ€. E' stata un grande successo sin dall’inizio ed è tuttora una delle moto più vendute in Italia: le quotazioni rimangono quindi alte, anche se l’offerta sul mercato è buona. Qui sopra, ecco i valori medi delle versioni con cambio tradizionale. Per i modelli con cambio DCT (decisamente più comodo nell’uso stradale e quotidiano) mettete in conto circa 700 euro in più.

Moto usate
Data articolo: Tue, 30 Dec 2025 08:53:52 +0000
News n. 8
Manovre da fermo, 8 consigli per non cadere Manovre da fermo, 8 consigli per non cadere
Spostare una moto da fermi non è sempre semplice. Il peso elevato e le dimensioni possono rendere difficile la manovra, soprattutto se il pilota non ha un fisico "bestiale". Ecco alcuni consigli per effettuare la manovra senza rischi
massimo.miliani

Manovre senza rischi

Le moto, soprattutto le moderne crossover e i grossi scooter, hanno un peso elevato e non tutti sono in grado di “gestirliâ€, soprattutto nelle manovre da fermo. Spostare una moto dal cavalletto è un'operazione che richiede una certa attenzione, pena il rischio di farla cadere e provocare danni anche costosi. Ecco alcuni consigli che vi permetteranno di muovere la vostra moto in completa sicurezza.

Visuale completa

Toglietevi il casco, è sempre meglio avere una visuale completa. I guanti, invece, teneteli: offrono un grip maggiore rispetto alla mano nuda.

Due dita sempre sul freno

Quando muovete la vostra moto fate attenzione a mantenere sempre due dita sulla leva del freno, vi aiuterà a smorzare sul nascere ogni tentativo di movimento “spontaneo†della moto.

Sempre in folle

Non spostate la moto in marcia e con frizione tirata. Molto meglio la folle: la mano destra potrà impugnare solo la manopola ed evitare bloccaggi improvvisi.

Cavalletto laterale

Non spostare mai la moto col cavalletto laterale inserito: gli effetti leva possono essere rischiosissimi. La regola è: via il cavalletto e spostate la moto tenendola leggermente inclinata verso di voi.

Usate il corpo

Non tenete tutto il peso sul manubrio ma aiutatevi anche con il corpo. Distribuire parte del peso sull'anca, magari appoggiandola al serbatoio, è una buona tecnica per fare meno fatica e avere un maggior controllo.

Spinta

l corpo usatelo anche per aiutarvi a spingere il mezzo. Sarete più rapidi e senza dubbio più agili nei movimenti, invece di fare solo forza con le braccia.

Conoscenza

Studiate la vostra moto e saggiatene il punto di equilibrio. Tenetela dritta e cercate di capire quando il peso la fa piegare dall'altra parte rispetto a voi. Niente come la pratica può rendervi sicuri negli spostamenti da fermo.

Sterzo a battuta

Quando girate la moto da ferma, provate sempre a girare completamente lo sterzo, renderà la moto leggermente più stabile. Non azionate mai il freno anteriore quando girate a destra, il rischio è quello di bloccare lo sterzo.
Consigli di guida
Data articolo: Tue, 30 Dec 2025 08:23:25 +0000
News n. 9
Storie di fuoriclasse immortali: Mick Doohan, dall’inferno ai 5 mondiali consecutivi Storie di fuoriclasse immortali: Mick Doohan, dall’inferno ai 5 mondiali consecutivi

Mick Doohan è stato protagonista di un'epoca, quella dei piloti americani e australiani, ha vinto 5 titoli mondiali consecutivi in classe 500 e dominato tutta la seconda metà degli anni '90. Ecco la sua storia

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Gli inizi

Michael Doohan nasce a Brisbane il 4 giugno 1965, e infatti, molti anni più tardi tra i suoi soprannomi ci sarà Thunder from Down Under, il tuono australiano. Mick è l'ultimo di tre fratelli – tutti con qualche trascorso nelle moto â€“ e mostra subito un carattere e una capacità non indifferenti sulle due ruote. Suo padre ha un concessionario Honda, i figli crescono scorrazzando su un ovale costruito per farli divertire e imparare il dirt track. Mick, che vincerà tutto, ma proprio tutto con la casa dell'ala dorata, in realtà nel suo esordio mondiale corre per Yamaha, in superbike. Dopo qualche stagione nei trofei nazionali, a 23 anni ottiene infatti due wild card. Le sfrutta al meglio con la moto di Iwata in Giappone e nella gara di casa: tre successi in quattro manche. Le selle di Yamaha nel motomondiale in vista del 1989 però sono già tutte occupate e a quel punto Honda decide di non farselo sfuggire.

 

 

Dall'esordio all'incidente

Per Doohan l'esordio non è semplicissimo: la NSR 500 è una belva intrattabile, almeno per Mick che è un rookie. Mentre Eddie Lawson e Wayne Gardner volano, lui fatica, ma il debuttante non ci mette moltissimo a capire la categoria: ottiene un terzo posto in Germania, a metà campionato. Poi non sale più sul podio, ma fa più punti del compagno di squadra, che si infortuna.

Il 1990 non inizia tanto meglio, ma nel corso della stagione Mick inizia a ingranare e nelle ultime due gare dell'anno centra un primo e un secondo posto. Ancora una volta la sua classifica è migliore di quella di Gardner, che fa fatica a difendere il ruolo di capo squadra. L'anno successivo è quello della consacrazione ad alti livelli: lui, Rainey e Schwantz danno vita a un campionato bellissimo, che Mick perde per soli 9 punti (sarebbe addirittura appena uno senza gli scarti).

 

Il 1992 sembra l'anno giusto: Rainey è in crisi con il telaio della Yamaha, La NSR invece è una arma formidabile nelle mani di Mick. L'australiano vince le prime 4 gare consecutive, poi arrivano due secondi posti e un altro successo. Niente sembra poterlo fermare, ma nelle prove di Assen, Doohan patisce un terribile incidente. Ricoverato in loco, viene “rapito†nottetempo dal dottor Costa, che gli evita una possibile amputazione della gamba destra e si prende cura del suo recupero. Le immagini della fuga – a cui si unisce anche Kevin Schwantz, pure lui infortunato – e dell'ingessatura delle due gambe insieme, fanno il giro del mondo e diventano storia. Mick lotta contro il tempo e a nemmeno due mesi dall'incidente torna in sella per difendere l'esiguo vantaggio su Rainey. Conclude al dodicesimo posto in Brasile, al sesto in Sudafrica, perde il titolo per appena 4 punti.

Per evitare l'amputazione delal gambe, il Dottor Costa fa portare Mick Doohan in Italia prendendosi cura della sua riabilitazione

 

Rinascita e dominio

Il 1993 è un anno difficile, ma prima della fine dell'anno Mick riesce a tornare al successo. Oltre al classico stile di guida “di traversoâ€, con il busto spostato verso l'interno della moto, Doohan sviluppa un'altra peculiarità: frena con un comando al manubrio, posto sulla sinistra, che può azionare con il pollice. Il piede destro infatti non è più in condizione di esercitare una corretta pressione sul pedale.

La classica posizione di guida di Doohan, con il pollice sinistro ad azionare il preno posteriore

 

Il 1994 segna l'addio dello sponsor Rothmans, ma nella livrea HRC Doohan finalmente vincerà il primo titolo. Senza più Rainey, ritiratosi per l'incidente che lo ha lasciato sulla sedia a rotelle, e con un Kevin Schwantz acciaccato per i molti infortuni della sua carriera, l'australiano è un vero rullo compressore: 9 vittorie e altri 5 podi su 14 gare, vittoria del mondiale con 143 punti di vantaggio su Luca Cadalora. Gli anni successivi non sono molto differenti. Nel 1996 solo Alex Criville riesce a infastidirlo in qualche occasione: come a Jerez, gara incredibilmente terminata con l'invasione di pista da parte del pubblico e la caduta dello stesso spagnolo, o a Eastern Creek, dove i due arrivano ai ferri corti e vanno entrambi a terra. Nel 1997 Doohan vince addirittura 12 gare su 15, record che rimarrà imbattuto fino al 2014, quando sarà Marc Marquez a riscriverlo. Nel 1998 è Max Biaggi a dargli filo da torcere, ma al termine del campionato arriva il quinto titolo consecutivo in classe regina. Non è un record, ma poco ci manca perché solo Valentino Rossi lo eguaglierà e solo Giacomo Agostini lo aveva battuto.

 

Il nuovo incidente e il ritiro

Nel 1999, ancora una volta durante le prove, ma in questa occasione a Jerez de la Frontera, terzo gp stagionale, cade e si frattura nuovamente la gamba, in una caduta a 180 chilometri orari. Alla veloce curva 4 si teme il peggio, con il pilota che per qualche momento perde anche conoscenza. A quasi 34 anni (per l'epoca non pochissimi), e con un infortunio patito dove si era fatto molto male già 7 anni prima, per Mick arriva il momento di dire basta: anche perché la moglie Seline aspetta un figlio. Jack diventerà poi pilota di automobilismo, rimanendo nel motorsport ma in un contesto più sicuro rispetto alle due ruote. Attualmente il figlio ventenne di Mick è pilota di riserva della Alpine F1, sempre seguito attentamente dal padre.

Sport e piloti
Data articolo: Tue, 30 Dec 2025 08:06:24 +0000
News n. 10
Moto usata, il trucco che non conosci per controllare i chilometri veri Moto usata, il trucco che non conosci per controllare i chilometri veri

Un usato con pochi chilometri spesso  Ã¨ un affare... solo per i truffatori! Ecco come controllare tramite il Portale dell’automobilista che tutto sia in regola

malo

Per tanti concessionari, “scalare†i chilometri è una (brutta) abitudine. Per bloccare questo “viziettoâ€, dal 2018 i centri di revisione devono annotare i chilometri dei veicoli controllati. Un dato che chiunque può verificare prima di fare un acquisto tramite il Portale dell’Automobilista. Ecco come si fa.

Controllare i chilometri con il numero di targa

Il Portale dell’Automobilista consente a tutti di vedere, dopo avere inserito la targa, i chilometri registrati da un veicolo alla revisione. Si può sapere subito la percorrenza rilevata all’ultima revisione della moto, ma non basta: i malintenzionati possono “taroccare†il contakm e poi sottoporre la moto a un’altra revisione che registra il nuovo dato. Bisogna quindi cercare lo storico delle revisioni: ecco la procedura da seguire.

Ci vuole lo Spid

Per consultare tutti i dati forniti dal Portale dell’Automobilista bisogna accedere come utente registrato: può farlo solo chi è in possesso dello SPID (il sistema di identità digitale) che permette di accedere ai servizi di tutti i portali degli uffici pubblici italiani. Eseguito l’accesso con lo SPID, basta cliccare sulla voce: “Accesso ai servizi†e poi su quella “Verifica revisioni effettuateâ€:

Compare così lo storico delle revisioni effettuate a partire da giugno 2018 e i chilometri a cui sono state effettuate. A questo punto il gioco è fatto: basta osservare i dati registrati. Se i km diminuiscono “misteriosamente†siete di fronte a un truffa bella e buona.

I furbetti sfruttano la prima revisione

Il sistema offerto dal Portale è senza dubbio efficace, l’unico problema è la scadenza delle revisioni: la prima si fa dopo ben 4 anni dalla prima immatricolazione, un periodo durante il quale può accadere di tutto. In questi 48 mesi è decisamente più facile scalare i numeri del contachilometri per i malintenzionati e farla franca. In seguito i controlli si fanno ogni 2 anni e diventa tutto più difficile.

Un bug semplifica la vita

È un peccato che un servizio fondamentale come la verifica delle revisioni con i chilometraggi sia accessibile solo con lo SPID (che è ancora poco diffuso). Fortunatamente, per il momento, un difetto del Portale dell’Automobilista, permette di accedere anche senza SPID: basta inserire in Google la frase “verifica revisioni effettuate†e si arriva subito al sistema che permette di fare i controlli.

Cosa rischia  chi “trucca†il contakm?

Chi manomette un contachilometri è un truffatore e rischia grosso. Le vittime posso citarlo in giudizio davanti al giudice civile per ottenere la risoluzione del contratto, cioè ottenere indietro i soldi restituendo il veicolo. Se l’alterazione è minima e il giudice non lo ritiene “graveâ€, si può comunque chiedere una riduzione del prezzo di vendita.

I truffatori rischiano anche dal punto di vista penale

Chi si accorge di una manomissione del contachilometri può presentare una denuncia alla Polizia, ai Carabinieri o farla depositare dal suo avvocato presso la Procura della Repubblica.A questo punto, verranno avviate le indagini e le prove degli illeciti saranno acquisite dalla Polizia giudiziaria. La vittima dovrà poi nominare un avvocato che, nel corso dell’eventuale processo penale, chiederà il risarcimento del danno patito dal suo assistito.

Vivere con la moto
Data articolo: Mon, 29 Dec 2025 23:36:19 +0000


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