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News n. 1
Moto Morini: un 2026 con grandi classici. Ecco tutte le novità Moto Morini: un 2026 con grandi classici. Ecco tutte le novità

Nella gamma  Moto Morini tornano grandi nomi del passato: le dual sport Kanguro Rally ed Enduro puntano alla fascia entry level, così come la 3 ½ Sport e la bagger Rumble. Vediamo allora tutte le novità del prossimo anno

RiccardoVilla

Moto Morini ha presentato quattro modelli dedicati a giovani e nostalgici che sfoggiano i nomi di alcuni dei suoi storici modelli. 

La Kanguro 300 è una dual sport compatta e leggera, è spinta da un monocilindrico di 300 cm³ con 34 CV di potenza massima, ha sospensioni a lunghissima escursione (250 mm per asse) e un design azzeccato, sarò proposta in versione Rally, con parabrezza, paramani e semicarena, oppure Enduro, dedicata all'off road. 

Debutta poi un nuovo bicilindrico a V di 60° di 350 cm³ che sarà montato sulla 3 ½ Sport, reinterpretazione in chiave moderna del celebre modello degli anni '70, e la Rumble, una bagger dalle linee classiche pensata anch'essa per i giovani. Ma procediamo con ordine e vediamo nel dettaglio tutte le novità del Marchio.

3 ½ Sport

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L’avevamo vista lo scorso anno ed ora arriva in versione definitiva la 3 ½ Sport, una stradale classica ispirata al modello degli anni Settanta, entrato nella storia per le soluzioni geniali introdotte dal progettista Franco Lambertini. Il design riprende le linee caratteristiche della 3 ½ originale, reinterpretandole in chiave moderna. La struttura prevede un telaio monotrave a doppia culla in acciaio abbinato a un forcellone in alluminio, mentre il motore è un bicilindrico a V di 60° di 350 cm³ in grado di erogare 32 CV di potenza massima. Il raffreddamento è a liquido, l’alimentazione a iniezione e il cambio a sei rapporti. L’altezza della sella ad appena 79,5 cm da terra la rende adatta anche a motociclisti di gamba non particolarmente lunga, mentre il peso a secco di 154 kg promette una buona maneggevolezza. Arriverà nel primo semestre del 2026, qui trovate l’articolo dedicato.

Rumble

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Sulla stessa base tecnica della stradale 3 ½ Sport, la Casa di Trivolzio presenta anche la bobber Rumble. Le linee sono arrotondate, con faro tondo a LED, la strumentazione circolare e carenatura in stile bagger. Tra i principali elementi distintivi ci sono le ruote da 16 pollici con pneumatici di grosse dimensioni, il serbatoio da 16 litri e il doppio terminale di scarico che corre parallelo al terreno. Cuore della Rumble è un raffinato bicilindrico a V di 60° di 350 cm³ in regola con la patente A2, condiviso con la 3 e mezzo Sport, così come il telaio in acciaio. Le dimensioni sono compatte e la moto promette di essere amica dei neofiti: sella ad appena 73 cm da terra e un peso di 175 kg a secco.

Kanguro 300

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Con la Kanguro Moto Morini rilancia uno dei suoi modelli storici, una dual sport pensata per l’uso misto strada e fuoristrada. Ispirata al modello degli anni ’80, è spinta da un monocilindrico di 300 cm³ raffreddato a liquido con 34 CV di potenza massima a 9.000 giri. La ciclistica si basa su un telaio in acciaio sostenuto da una forcella a steli rovesciati di 41 mm di diametro e da un monoammortizzatore centrale collegato al forcellone tramite un leveraggio Pro-Link. Su entrambi gli assi l’escursione concessa è di 250 mm, con regolazioni per precarico e smorzamento. È disponibile in due versioni: Rally più adventure, l’altra Enduro più spartana, senza fronzoli per il fuoristrada vero. Arriveranno nel 2026, qui potete leggere tutto di loro.

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La versione Enduro è dedicata all'off road, anche impegnativo

X-Cape 700 ADV-R

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Questa non è una novità vera e propria ma si tratta di una versione speciale con componentistica off road della crossover di Moto Morini. La prima differenza rispetto al modello standard è estetica e riguarda la livrea con inserti oro che riprendono la colorazione dei cerchi. Ci sono poi tanti accessori pensati per affrontare il fuoristrada, come le barre di protezione laterali, la slitta paramotore in acciaio, la griglia di protezione del radiatore, sella e cupolino in stile rally e il terminale di scarico SC Project omologato.

EICMA 2025
Vivere con la moto
Data articolo: Fri, 12 Dec 2025 09:14:58 +0000
News n. 2
Suzuki Hayabusa usata: quale comprare? Suzuki Hayabusa usata: quale comprare?

Tre generazioni di un mito da 300 all'ora. Affidabile e comoda, ma occhio ai costi di manutenzione e alle modifiche non omologate. Ecco quale scegliere

massimo.miliani

Un mito in tre atti

Quando Suzuki lanciò la prima Hayabusa nel 1999, il mondo delle due ruote iniziò a fare i conti con velocità prima di allora inimmaginabili. Non era solo una questione di tachimetro che sfiorava i 300 km/h o di un’estetica studiata in galleria del vento che divideva le opinioni: era nata una "iper-tourer" capace di macinare chilometri con una facilità disarmante. Oggi, sul mercato dell'usato, ci troviamo di fronte a tre generazioni ben distinte, ognuna con il suo carattere.

La prima Busa

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La prima serie (1999-2007) è quella "dura e pura". Con il suo 4 cilindri da 1.299 cm³ e 175 CV, è un pezzo di storia privo di controlli elettronici. È una moto maschia, scorbutica se paragonata agli standard odierni, e spesso si trova con molti chilometri sulle spalle. Va considerata più come un oggetto da collezione che come una moto da usare tutti i giorni. 

La seconda serie

La vera regina del mercato dell'usato è però la seconda generazione (2008-2016). Qui la cilindrata sale a 1.340 cm³, i cavalli toccano quota 197 e la coppia diventa quella di un rimorchiatore (155 Nm). Suzuki ha lavorato di fino su telaio e raffreddamento, rendendola più guidabile e "matura". Il consiglio per chi cerca la sostanza? Puntate dritti ai modelli dal 2013 in poi: hanno ricevuto l'ABS di serie e pinze freno monoblocco Brembo.

La nuova Hayabusa

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Infine, c'è la terza generazione (dal 2021). Rientrata in listino dopo una pausa dovuta alle normative Euro 4, è un concentrato di tecnologia moderna con piattaforma inerziale, controllo di trazione evoluto e cambio elettronico, pur "fermando" la potenza a 190 CV. È la migliore e, ovviamente, la più moderna da guidare, ma visto l'interesse, i prezzi dell'usato sono ancora piuttosto alti.

Cosa controllare prima di staccare l'assegno

La buona notizia è che il motore della Hayabusa è un vero mulo: se trattato bene, è praticamente indistruttibile. Tuttavia, ci sono dei punti deboli da verificare con attenzione. Sulle prime serie bisogna accertarsi che sia stato eseguito il richiamo al tendicatena della distribuzione (fondamentale per non distruggere il motore) e controllare lo stato del cambio e della frizione che tendeva a strappare. Per tutte le generazioni, un occhio di riguardo va al mono posteriore: dopo i 40.000 km l'unità originale tende a "sedersi" e perdere efficacia, quindi mettete in conto una revisione o una sostituzione, magari con un componente aftermarket di qualità (spesso si trovano usate già dotate di Öhlins).

Inutile dire che parecchie Hayabusa, per via delle performance "di base", sono state utilizzate per elaborazioni e gare di ogni tipo. Ecco, forse questo tipo di esemplari andrebbe evitato in fase di valutazione dell'usato

Occhio ai tagliandi...

Attenzione poi al portafogli quando si parla di tagliandi: la manutenzione ordinaria è robusta. Il controllo gioco valvole previsto ogni 24.000 km richiede parecchia manodopera (Suzuki stima circa 3,7 ore solo per l'ispezione), il che si traduce in fatture "belle cariche". Se la moto che state puntando è vicina a questo chilometraggio e il lavoro non è documentato, trattate sul prezzo. 

... e ai prezzi

Si parte dai circa 3.000 euro per una prima serie molto vissuta, ma per un esemplare sano della seconda generazione (2008-2012) servono almeno 8.000 euro. Le più ambite restano le "Gen 2" successive al 2013 con ABS: per portarsene a casa una con meno di 30.000 km servono tra i 9.500 e i 12.500 euro. La terza serie viaggia ancora su cifre importanti, sopra i 15.000 euro. In definitiva, il miglior compromesso tra prezzo, prestazioni e sicurezza è la Hayabusa prodotta tra il 2013 e il 2016: moderna quanto basta, sicura grazie all'ABS e con quel motore infinito che ha fatto la storia, senza dover spendere una fortuna.

Moto usate
Data articolo: Fri, 12 Dec 2025 09:00:46 +0000
News n. 3
Avere 18 anni negli anni 70: le moto che sognavamo Avere 18 anni negli anni 70: le moto che sognavamo

C’erano la Ducati Desmo, l’Harley-Davidson SS (quella nata da Aermacchi), la CB Four di Honda, la Morini 3½, l’MV Agusta 350 Sport e, più rara da noi, la Yamaha RD. Ecco 6 modelli anni Settanta tra più desiderati dai 18enni di allora

Riccardo Allegro

Il successo delle 350

Negli anni Settanta, in Italia, le 350 ebbero un’enorme successo. Per legge, i diciottenni potevano infatti guidare solo modelli fino a 350 cm3, le maxi da 500 e 750 restavano fuori portata,  economica e legale. Sì, perché le 350, oltre a rientrare nei limiti di età previsti per legge, godevano anche di IVA agevolata beneficiando anche del contingentamento delle importazioni giapponesi che proteggeva i “nostri†costruttori. Una situazione che, evidentemente, favoriva i modelli di media cilindrata “nazionaliâ€.  spesso derivati da motori progettati negli anni ’50. Non solo: la concorrenza giapponese - che pur era presente nostro paese, seppur a piccoli lotti - stimolava innovazione e ricerca di nuove soluzioni. Allo stesso tempo, gli Stati Uniti rappresentavano un mercato di sbocco importante, dove le medie cilindrate erano sempre più richieste ed apprezzate. Fu in questo questo contesto che nacque il “mito†delle 350 italiane, vere protagoniste dei sogni dei diciottenni di allora… 

Ducati Desmo

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Presentata nel 1973, la Ducati Desmo introdusse per la prima volta l’accensione elettronica. E già questo bastava a renderla oggetto di desiderio per molti. M c’era molto di più. Il monocilindrico a coppie coniche progettato da Taglioni, destinato a scomparire nel 1975 a favore del bicilindrico parallelo, si confermò uno degli ultimi esempi di pura sportività all’italiana. La Desmo era compatta e leggera: interasse di 1.360 mm, altezza sella 735 mm, peso a vuoto 128 kg.Una piuma.  La ciclistica, da buona Ducati, era di alto livello: telaio monotrave, forcella Marzocchi con steli da 35 mm, ammortizzatori regolabili e, sugli ultimi esemplari, anche il freno a disco anteriore e la forcella Ceriani. Il motore, alesaggio 76 mm e corsa 75 mm, aveva ovviamente la distribuzione desmodromica che impediva lo sfarfallamento delle valvole. Compressione 9,5:1, potenza 29 CV a 8.500 giri, cambio a 5 marce con comando a destra e frizione multidisco in bagno d’olio. La guida era appagante: ciclistica precisa, motore pronto sin dai bassi regimi e cambio ben rapportato. Tuttavia (qualche difetto l’aveva anche lei) l’affidabilità era limitata, con vibrazioni capaci di allentare bulloneria e danneggiare componenti. Richiedeva manutenzione assidua e, a voler essere pignoli nel trovale altre pecche, l’uso autostradale a velocità elevate era “sconsigliatoâ€. Esteticamente, i gusti son gusti ma questo è innegabile, rimane uno degli esempi più riusciti di Borgo Panigale. 

Harley-Davidson SS

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Nata dalla storica Aermacchi, la SS 350 fu prodotta dal 1972 al 1974 in 3.441 esemplari e segnò la piena integrazione della casa italiana sotto il controllo americano. Il motore era il classico monocilindrico 4 tempi Aermacchi, con circa 25 CV, caratterizzato da coppia disponibile ai bassi regimi e affidabilità superiore rispetto alle versioni precedenti. Il telaio a doppia culla chiusa sostituì il monotrave con motore appeso, migliorando stabilità e rigidità. Anche lei aveva l’avviamento elettrico (benchè considerato spesso inaffidabile), mentre il cambio era posizionato a sinistra. Interasse di 1.430 mm e peso di 167 kg conferivano una certa imponenza, evidenziata dalla grande sella e dal serbatoio da 13 litri. La forcella Ceriani da 32 mm risultava morbida, così come gli ammortizzatori Sebac regolabili, mentre i tamburi da 180 mm non brillavano in frenata. La SS era pensata per il turismo: motore morbido e poco incline a girare alto, guida comoda, coppia in basso e cambi fluidi tra i 4.000 e i 5.000 giri. Nel complesso - chi l’ha avuta lo ricorderà - risultava piacevole per passeggiate a ritmo tranquillo, ma non offriva certo la sportività delle Aermacchi precedenti né tantomeno doti dinamiche simili a quelle della Desmo appena ricordata.

Honda CB Four

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La CB Four rivoluzionò la categoria con il primo motore quattro cilindri nella 350. Negli anni Settanta si impose rapidamente, conquistando un buon numero di appassionati grazie in particolare ad affidabilità e comfort. Dotata di freno a disco anteriore, avviamento elettrico e finiture superiori alla media europea, la CB garantiva prestazioni adeguate senza sacrificare la facilità d’uso. Certo, c’erano comunque note stonate: il motore richiedeva regimi mediamente elevati per esprimere pienamente la sua potenza e la ciclistica presentava limiti strutturali, come la forcella troppo morbida, gli ammortizzatori sottodimensionati e, in generale,  quote ciclistiche non ideali che di fatto penalizzavano agilità e stabilità in curva. Non per nulla, molti esemplari venivano modificati con manubrio più basso, olio forcella più denso, molle spessorate e - magari -  scarico 4-in-1 per migliorare comportamento e risposta. Ve detto comunque che, nel complesso, la CB Four, che piacque, introdusse un nuovo modo di viaggiare: sereno, comodo e affidabile e, questo si dimostrò un aspetto vincente, una manutenzione ridotta al minimo.

Qui ve la raccontavamo per bene: E i 4 cilindri furono per tutti... Storia della Honda CB 350 Four

Moto Morini 3½

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La 3½, progettata da Franco Lambertini, fu considerata una delle 350 più piacevoli da guidare. Entrata in produzione nel 1973, combinava soluzioni moderne e semplicità costruttiva: teste piatte con camere di scoppio nei pistoni, distribuzione a cinghia, cambio a 6 marce e rubinetto benzina elettromagnetico.  Il motore a V di 72° garantiva coppia e allungo notevoli, con prestazioni superiori a molte 4 tempi concorrenti. Telaio a doppia culla, sospensioni Marzocchi e freni Grimeca erano garanzia di solidità e precisione, mentre l’assenza di avviamento elettrico (presente invece, come abbiamo visto, su Ducati, Honda e H-D) non penalizzava l’affidabilità.  Le versioni Sport del 1975 introdussero piccoli aggiornamenti capaci di incrementare la potenza di 4-5 CV ma, al contrario delle ultime versioni a disco, le prime serie a tamburo sono oggi rare le più rare e, anche, le più ricercate.

Qui vi spiegavamo il perchè: Moto Morini 3½, perché è stata una moto geniale

MV Agusta 350 Sport

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Prodotta tra il 1970 e il 1974 in circa 30.000 esemplari, la 350 Sport fu la bicilindrica più riuscita di casa MV in quegli anni. Il motore a aste e bilancieri, derivato dalla 250 ma con alesaggio maggiorato e cambio rinforzato, era brillante e potente, seppur rumoroso, con vibrazioni evidenti dovute al manovellismo a 180°. Telaio in lamiera stampata, forcella con soffietti e componentistica semplice ma solida si rivelarono vincenti: la 350 era stretta e bassa, simile nelle dimensioni alla Ducati ma più pesante di circa 20 kg. L’avviamento era a  pedale, la trasmissione e la frizione ben modulabili, anche sensibili al calore e la frenata capce, seppur “gravosa†sulla forcella, che tendeva ad affossarsi. La 350 Sport restava una moto spartana ma sportiva, “old styleâ€, si potrebbe dire,  apprezzata per la guida divertente e la personalità distintiva del marchio. Nel 1975 fu sostituita dalla Ipotesi 350, più squadrata ma con prestazioni simili. Un’altra moto. 

Yamaha RD

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Anche nota come R5, la Yamaha RD arrivò in Italia con cilindrata iniziale di 357 cm3, poi ridotta a 347 cm3 per questioni fiscali. Pur rara nel nostro mercato, ebbe diffusione significativa all’estero, distinguendosi come una delle due tempi più veloci della categoria. Le prime RD hanno infatti origini negli anni ’60, ma è nel decennio successivo che conquistarono i mercati esteri, diventando tra le moto più veloci della categoria. In Francia, Germania, Inghilterra e soprattutto negli USA furono vendute in buoni numeri, mentre in Italia restano rare. Le normative antinquinamento segnarono la fine della versione originale e portarono all’introduzione del motore raffreddato a liquido nelle versioni successive. Il motore a due tempi, con lamelle sull’aspirazione, garantiva erogazione fluida e spinta consistente dai 6.000 ai 8.500 giri. Cambio a 6 marce e frizione morbida erano senza dubbio i suoi punti d forza. La ciclistica, nata per il mercato USA, era leggera e nervosa: la forcella e gli ammortizzatori “esili†richiedevano una certa attenzione, specialmente in curva. Nonostante questo, la RD restava veloce, maneggevole e dal carattere marcato. L’affidabilità era da giapponese ma, al contrario della Honda, richiedeva interventi periodici su candele, silenziatori e testate.

Storie di moto
Data articolo: Thu, 11 Dec 2025 14:10:33 +0000
News n. 4
In moto sotto la pioggia: ci vuole calma e sangue freddo In moto sotto la pioggia: ci vuole calma e sangue freddo

Le piogge forti e improvvise sono sempre più diffuse. Ecco alcuni consigli per non minimizzare i rischi quando guidiamo la nostra moto o il nostro scooter sull'asfalto bagnato

malo

Coprirsi bene

Sembrerà scontato ma in caso di pioggia è fondamentale avere un abbigliamento adeguato. 
- Avere con sé una tuta antipioggia è sempre utile (soprattutto in caso di pioggia leggera), guidare con i vestiti fradici d’acqua non è il massimo, nemmeno per la sicurezza.

- Ancora più importante (e spesso sottovalutato) è indossare il casco integrale: le gocce di pioggia che arrivano sul viso alle alte velocità, infatti, sono fastidiose, fanno male e soprattutto possono compromettere la visibilità del pilota. 

- Mani zuppe significano meno “feeling†con leva freno e frizione: i guanti impermeabili sono indispensabili.

 

Studiate le vostre gomme

Gli asfalti sono tutti diversi e, a seconda delle condizioni atmosferiche, possono offrire una tenuta diversa.

Il caso più eclatante è dato dall'asfalto drenante che anche in caso di pioggia torrenziale permette una tenuta più che discreta perché elimina i depositi di acqua sulla carreggiata. 

Se girate in città, invece, il discorso è diverso: lo sporco delle strade cittadine, il manto stradale mediamente più rovinato (per non parlare del pavè e delle rotaie dei tram, entrambi insidiosissimi e scivolosi) pretendono molta più attenzione. Per scoprire qual è il livello di grip offerto dalle vostre gomme (se sono invernali è meglio), un test semplice e quello di provare a frenare col posteriore a bassa velocità e in un luogo privo di traffico: prima si blocca la ruota (o prima entra in funzione l'abs, se la vostra moto ne è provvista) e più l'asfalto è scivoloso!

Occhio anche allo stato di consumo delle gomme: le scanalature presenti sul battistrada servono per permettere all’acqua di fuoriuscire dai lati limitando l'effetto di aquaplaning e garantire così il massimo dell’aderenza possibile. Se gli pneumatici sono consumato, addio scanalature e addio aderenza.


Prudenza e movimenti dolci

Col bagnato è fondamentale avere una guida “rotonda†e il più possibile neutra: non strizzate il manubrio ed evitate il più possibili forti accelerazioni o brusche frenate, in modo da non determinare bruschi trasferimenti di carico. Usate entrambi i freni, cercando di dosare la forza in egual misura sull'anteriore e sul posteriore. Inutile dirlo ma, in caso di pioggia, non bisogna esagerare col gas: anche se le gomme delle moto ne sono meno soggette rispetto a quelle delle auto, alle alte velocità (soprattutto con gli pneumatici sportivi con pochi intagli) possono comunque innescare il temutissimo aquaplaning.


Occhio alla... vista

Le gocce che bagnano la visiera e, soprattutto, l'appannamento provocato dalla pioggia possono limitare di molto la visibilità. Se il vostro casco è sprovvisto di visierina antiappannamento, un buon trucco è quello di aprire leggermente la visiera permettendo un corretto passaggio dell'aria. Un ulteriore aiuto alla visibilità è l'utilizzo di occhiali con lenti gialle o arancioni, dei colori che in caso di pioggia aiutano rendere più nitida la vista. Infine, cercate di utilizzare sempre abbigliamento dotato di inserti ad alta visibilità: è bene inoltre ricordare che la scarsa visibilità colpisce anche gli altri utenti della strada, cioè potrebbero essere in difficoltà e non vedervi: rendersi sempre visibili è il miglior modo per evitare rischi.
 

Stare nel punto “giusto†della strada

È sempre meglio guidare al centro della propria carreggiata, zona dove il pilota riesce con più facilità evitare gli imprevisti e a farsi vedere meglio.

 

La segnaletica orizzontale è scivolosa

Le linee bianche che delimitano le corsie così come tutti gli altri elementi verniciati sull'asfalto, se bagnati diventano ancora più scivolosi: evitiamoli!

Ci si stanca di più

Richiedendo molta più concentrazione, la guida sotto la pioggia è più stancante: prendersi delle pause in caso di lungo viaggio è dunque altamente consigliato.

All’inizio è più pericoloso

La pioggia, specialmente quella che chiude un periodo di lunga siccità contribuisce a lavare i depositi accumulatisi sull’asfalto, come fango, benzina e smog. Nella fasi iniziali della pioggia l'asfalto è ancora più scivoloso, conviene aspettare un po’ prima di mettersi alla guida, altrimenti procedete con ancora più attenzione.

Consigli di guida
Data articolo: Thu, 11 Dec 2025 11:50:44 +0000
News n. 5
Legge di bilancio 2026, con questa novità le assicurazioni saranno più care Legge di bilancio 2026, con questa novità le assicurazioni saranno più care

Nel testo definitivo della manovra di bilancio 2026 spunta un emendamento che può far schizzare i costi dell’RC auto. Tra le misure approvate c’è infatti un aumento delle imposte sulla polizza conducenti, con impatto diretto sulle nostre tasche. Vediamo perché

Riccardo Allegro

Arriva la stangata

Il pacchetto di interventi proposto per finanziare la legge di bilancio prevede tra le altre cose un giro di vite fiscale che coinvolge anche le assicurazioni auto. In particolare, la norma approvata da Fratelli d’Italia getta le basi per aumentare le tasse legate alla polizza RC auto, facendo di nuovo leva sulle garanzie accessorie e sulle coperture collegate. L’obiettivo dichiarato è raccogliere nuove risorse per coprire le esigenze del bilancio statale, ma il conto, come sempre, rischia di ricadere sui consumatori.

Cosa cambia

In pratica, come già vi preannunciavamo qui, aumenterà l’imposizione fiscale sulle polizze infortuni del conducente, con conseguente rincaro generale per l’intero premio. Ovvio infatti che le compagnie, messe di fronte a possibili esborsi retroattivi o a un carico fiscale maggiore, scaricheranno l’aumento sugli assicurati. L’emendamento prevede che, dal gennaio 2026, l’imposta applicata alla garanzia infortuni salga dal 2,5% al 12,5%. Una crescita di dieci punti percentuali che, secondo le stime, porterebbe allo Stato circa 100 milioni di euro all’anno. Il tutto, lo ricordiamo, in un contesto in cui già i premi hanno registrato rialzi significativi (+6 % nel 2025 per le auto secondo alcuni osservatori) ed in cui l’RC auto resta in Italia una delle più costose d’Europa.

abcde
Gio, 11/12/2025 - 20:37
Che tirino pure la corda, così si andrà via senza assicurazione. Anche senza i loro tagliandini la macchina o la moto si accende lo stesso. Poi in caso di multa non si paga e si tiene un bel bastone nel baule in caso di contestazioni. È ora che le loro cagate se le paghino loro sulla loro pelle
Politica e trasporti
Data articolo: Thu, 11 Dec 2025 11:10:44 +0000
News n. 6
Il 2026 sarà l’anno dei nuovi motori. Ecco perché e cosa bolle in pentola Il 2026 sarà l’anno dei nuovi motori. Ecco perché e cosa bolle in pentola

Il nuovo anno ci porterà tanti nuovi motori, talvolta piuttosto originali nell’architettura e destinati a usi diversissimi

malo

C’è grande fermento per quanto riguarda la tecnica e motociclistica: sono in arrivo numerosi motori di nuova concezione, talvolta piuttosto originali nell’architettura, e destinati a usi diversissimi. A EICMa si è visto di tutto e non è cosa scontata visto che progettare un motore da cima a fondo è una cosa piuttosto complessa. Ma l’arrivo in grande stile dei cinesi ha dato una bella scossa al settore, con una esplosione di proposte nuove e interessanti. Vediamo allora cosa bolle in pentola…

BMW F 450 GS, manovelle a 135° 

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Arriverà a febbraiola BMW F 450 GS, crossover di cilindrata medio piccola della Casa di Monaco, e sarà il primo modello della gamma F 450 a montare il nuovo motore bicilindrico parallelo raffreddato a liquido di 420 cm³. Le prestazioni sono al limite massimo che consente di guidarla con la patente A2: 48 CV (35 kW) a 8750 giri/minuto. Caratteristica particolarissima di questo motore è lo sfalsamento dei perni di manovella di 135°, che porta ad intervalli di scoppio irregolari: 225° e 495°. Una asincronia che determina un’erogazione più vigorosa ai bassi regimi, e un suono allo scarico molto personale. Il motore della F 450 si distingue anche per l’adozione della Easy Ride Clutch (ERC), una frizione centrifuga automatica prodotta dalla FCC che in combinazione con il cambio quickshifter permette di fare a meno dell’uso della leva, che pure resta presente.

Benda, boxer ibrido

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Dici boxer e tutti pensano a BMW. Invece questa volta è la cinese Benda, che al salone CIMA di Chongqing ha svelato il concept P 51: il propulsore con i cilindri contrapposti di soli 250 cm³, “integrato†da un motore elettrico aggiuntivo. Insieme dovrebbero raggiungere una potenza complessiva di 62,5 CV. È molto originale anche la scelta della trasmissione completamente automatica, e con una trasmissione finale a catena invece che ad albero cardanico come sarebbe più logico per un propulsore che ha l’albero motore longitudinale.

Il progetto boxer Benda comunque non si ferma qui: ne arriveranno altri di maggiore cilindrata e verosimilmente più convenzionali, privi di servomotore elettrico. Il primo avrà una cilindrata di 700 cm³ e il raffreddamento a liquido come il 250, ma i cilindri non saranno esattamente contrapposti: Benda ha dichiarato che l’angolo sarà di 170° invece dei 180° canonici, e questo determinerà una sequenza di scoppi asincroni, oltre a lasciare una maggiore luce a terra per evitare di toccare sull’asfalto in piega..

Benda sei cilindri in stile tedesco 

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I cinesi stanno sviluppando nuovi motori a tutto spiano e tra di essi c’è anche un sei cilindri in linea che richiama fortemente quello dei modelli BMW K 1600. Il propulsore tedesco ha una cubatura effettiva di 1649 cm³ ma Benda dovrebbe arrivare addirittura a 1700 cm³, ed ha annunciato che impiegherà un cambio elettromeccanico a doppia frizione (EM-DCT). Per il momento però non sono state diffuse altre informazioni e tantomeno specifiche tecniche.

CFMoto V4 SR-RR, un V4 per battere Ducati 

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Già all’EICMA 2024 CFMoto aveva presentato questo V4 di altissime prestazioni chiamato V.04 Core of Speed e nel 2025 allo stesso salone ha portato il concept della moto completa, denominata CFMoto V4 SR-RR. Siamo nell’ambito delle supersportive spinte, le specifiche tecniche sono quelle di un propulsore di grandi prestazioni: quattro cilindri a V di 90°  con albero motore controrotante, le misure di alesaggio e corsa 81,0 mm x 48,4 mm sono superquadre, adeguate per raggiungere alti regimi, e conducono a una cilindrata effettiva di 997 cm³. Bielle e valvole sono in titanio, i bilancieri hanno rivestimento DLC. Su ciascun lato del motore c’è una catena di distribuzione che aziona direttamente un albero a camme di aspirazione, mentre quelli di scarico sono comandati indirettamente. Il raffreddamento a liquido prevede linee separate tra le due bancate dei cilindri, così come già avviene nei motori V4 da corsa della KTM, della quale CFMoto è partner. 

Si parla di 212 CV (156 kW) a 14.500 giri/ minuto e 114 Nm a 12.500 giri/minuto per la versione di serie conforme alla Euro 5+, alla pari delle concorrenti più accreditate. Se ne verrà realizzata una versione per correre in Superbike i numeri potrebbero salire ancora.

Honda – Motore V3 con compressore elettrico

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Il motore lo avevate già visto all’EICMA del 2024, e all’edizione 2025 è arrivata anche la moto completa. La Honda non ha diffuso molti dati a proposito del suo motore tre cilindri a V con compressore elettrico ma si tratta di un progetto interessantissimo. L’angolo tra i due cilindri anteriori e quello posteriore è di 75° e la cilindrata è di 900 cm³, come ha confermato la stessa Casa giapponese dopo che la voce era già trapelata. Si parla di una potenza superiore ai 100 CV e di una coppia intorno a 100 Nm, ma soprattutto di una elevata efficienza termica che potrebbe tradursi in consumi ed emissioni ridottissimi. Quello visto a Milano era solo un concept denominato V3R 900 E-Compressor ma nel 2026 dovrebbe venire presentata la moto di produzione. Secondo quanto dichiarato dalla Honda “prestazioni del motore e in particolare l’accelerazione saranno pari a quelle di un motore da 1200 cm³, ma sarà una moto più snella e leggera, e con consumi inferioriâ€.

MV Agusta 5 cilindri a “Uâ€

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A Milano la Casa di Varese ha sorpreso tutti presentando il nuovo motore cinque cilindri a V, un progetto innovativo del quale però sono state diffuse soltanto poche e approssimative informazioni. È arrivata qualche notizia in più a metà novembre ma sempre con il contagocce. Il nuovo propulsore verrà prodotto in varie cilindrate comprese fra 800 e 1150 cm³ e nella versione più spinta dovrebbe arrivare a 240 CV e 135 Nm, con regimi fino a 16.000 giri/minuto.

C’è un piccolo giallo per quanto riguarda l’architettura: si tratta di un motore “a V†vero, cioè con un solo albero motore, oppure la disposizione è con i cilindri in quadrato aperti a V e due alberi motore, uno per la bancata anteriore e l’altro per quella posteriore? A riguardo la Casa ha fatto dichiarazioni contrastanti, dunque il mistero rimane. Attendiamo curiosi.

QJ Motor Rino 900 ADV, il ritorno dei 3 cilindri

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Il motore tre cilindri in linea progettato dai cinesi si era visto per la prima volta nel febbraio 2025, non se ne sa molto ma dovrebbe essere dotato di cambio automatico AMT, la cilindrata sarà intorno ai 900 cm³ ed è prevedibile una potenza intorno ai 100 CV. All’EICMA 2025 i cinesi hanno presentato anche la moto completa, un concept adventouring denominato Rino 900 ADV.

Poiché dello stesso Gruppo cinese Qianjiang fa parte anche la Benelli, ci si aspetta che il nuovo motore equipaggi anche le prossime versioni dei modelli TnT, Trek e Tornado.

ZXMoto: 2, 3 e 4 cilindri 

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Spunta un nuovo contendente su una scena già affollata: il nuovo arrivato è ZXMoto, costruttore cinese fondato da poco ma molto agguerrito. Al Salone di Milano ha esposto un motore tre cilindri in linea progettato internamente per il quale vengono dichiarate prestazioni interessantissime: fino a 150 CV (110 kW) a 13.000 giri/minuto per una cilindrata di 819 cm³. La nuova bomba ha misure di alesaggio e corsa 80 x 54,3 mm e un rapporto di compressione elevatissimo, 14:1. La distribuzione è doppio albero a camme in testa a quattro valvole per cilindro, il raffreddamento a liquido e l’alimentazione a iniezione elettronica, le bobine di accensione sono integrate dei cappucci delle candele. Il peso è di 55 kg. Dovrebbe disporre di una coppia di 85 Nm a 10.500 giri/minuto. Sono già stati allestiti tre concept sui quali potrebbe venire impiegato: la ZXMoto 820 ADV (moto adventure), la ZXMoto 820 R (moto naked) e la ZXMoto 820 RR (moto sportiva). Sempre ZXmoto ha poi presentato anche un motore 500 4 cilindri utilizzato per sportive come la 500RR qui sotto e naked.

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Lo stesso costruttore a Milano ha poi esposto anche un bicilindrico boxer (qui sotto) molto vicino a quelli BMW, annunciato per il 2027. La cilindrata sarà intorno a 1000 cm³ e la potenza dovrebbe aggirarsi sui 100 CV. È dotato di raffreddamento a liquido e trasmissione ad albero, è previsto che il cambio sia automatico. Probabilmente verrà impiegato sulla ZXMoto 1000 ADV, una moto adventouring annunciata per il 2027.

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singletv
Ven, 12/12/2025 - 10:23
Io sono sempre stato affascinato dai motori Bicilindrici a V frontemarcia ( tipo Ducati) fin dai primi mitici americani Indian e Harley .... ma anche dai primi 4 cilindri Honda degli anni 80 !!!!
News
Data articolo: Thu, 11 Dec 2025 10:17:19 +0000
News n. 7
Ecobonus moto e scooter: nel 2026 si cambia Ecobonus moto e scooter: nel 2026 si cambia

Gli incentivi per moto e scooter elettrici torneranno nel 2026, ma con regole più rigide. Dalla fine delle prenotazioni “fai-da-te†dei dealer alla “riserva†obbligatoria, fino all’addio definitivo ai bonus dal 2027

Riccardo Allegro

Gli incentivi rimangono gli stessi

Il 2026 sarà un anno di transizione per il settore delle due ruote elettriche. La Legge di bilancio ha confermato lo stanziamento di 30 milioni di euro destinati all’acquisto di ciclomotori e motocicli alimentati a batteria, quindi facenti parte delle categorie L1e a L7e, esattamente come avvenuto negli ultimi anni. Resta invariata anche la formula dell’incentivo: 30% del prezzo fino a 3.000 euro, oppure 40% fino a 4.000 euro in caso di rottamazione di un veicolo da Euro 0 a Euro 3. Fin qui, tutto come sempre. Ma è sul “come†verranno erogati gli incentivi che il quadro cambia radicalmente.

Regole più rigide per ottenere il bonus

Gli emendamenti attualmente inseriti nella Legge di bilancio 2026 puntano a correggere alcune distorsioni che negli ultimi anni hanno penalizzato consumatori e una parte della rete di vendita. La novità più significativa riguarda i concessionari: non potranno più prenotare gli incentivi a proprio nome senza aver ancora venduto il veicolo. Per accedere al bonus, sarà infatti obbligatorio caricare sulla piattaforma dedicata un contratto di vendita o, perlomeno, un preordine reale. Una mossa pensata per evitare accaparramenti e “magazzini virtuali†che sottraevano risorse ai clienti finali. Seconda regola: sparisce l’accesso per le persone giuridiche. L’ecobonus diventa un affare esclusivamente per i privati. Nessun incentivo, quindi, per flotte, aziende o altri soggetti societari.

Una quota riservata alle due ruote

Altra novità. Negli ultimi anni gran parte dei fondi destinati alla mobilità elettrica era stata letteralmente “dragata†dai quadricicli, lasciando ben poco a moto e scooter. Per evitare che la storia si ripeta, il nuovo testo prevede una riserva minima: almeno un terzo dell’intero importo dovrà essere assegnato alle due ruote elettriche. Una tutela necessaria per evitare che i fondi si esauriscano in poche ore, come già accaduto.

Un 2026 di passaggio. E dopo?

C’è però un punto che cambia tutto: salvo nuovi interventi politici, il 2026 sarà l’ultimo anno di incentivi per i veicoli di categoria L. Dal 2027, infatti, non è previsto alcun rifinanziamento del fondo. Cosa che, visti gli scarsi risultati finora ottenuti dalla due ruote elettriche (siamo intorno ad un -15% rispetto lo scorso anno), non potrà che peggiorare ulteriormente la situazione...

Gli elettrici proprio non vanno: A novembre vendite di moto e scooter a picco, ma c'è il trucco

Green Planet
Data articolo: Thu, 11 Dec 2025 09:00:36 +0000
News n. 8
SWM: il 2026 porta moto vintage, crossover, scooter, motard e naked. Eccole una per una SWM: il 2026 porta moto vintage, crossover, scooter, motard e naked. Eccole una per una

La Casa varesina per il 2026 rinnova la propria gamma con diverse novità, a partire dalla crossover super dotata Versante 550 alla dual sport Super Six, sino agli scooter Venturo e C-Fly. Vediamole nel dettaglio

RiccardoVilla

SM 125 e 500

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Modelli più celebri della gamma SWM, le motard SM 125 e 500 ricevono per il 2026 nuove livree caratterizzate da colori sgargianti e grafiche sportive, pensate proprio per esaltarne il DNA racing. Oltre alle colorazioni, le due moto saranno vendute di serie con paramani Acerbis e terminale di scarico G.P.R omologato per l’utilizzo su strada. Vengono poi confermati tutti gli aggiornamenti del precedente model year, a partire dal restyling con frontale tutto nuovo dalle linee moderne e con gruppi ottici full-LED. Nessuna modifica anche per quanto riguarda la tecnica, che vede telaio tubolare in acciaio, cerchi a raggi di 17 pollici con coperture stradali e motore monocilindrico quattro tempi. Ma per tutte le caratteristiche e le differenze fra i vari modelli vi rimandiamo al nostro articolo di presentazione.

Hoku 125 e 400

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Nascono sulla stessa base tecnica con telaio a traliccio in acciaio, forcellone bibraccio e forcella a steli rovesciati di 41 mm di diametro le naked Hoku 125 e 400 di SWM. Cambia ovviamente il motore, monocilindrico bialbero di 124,7 cm³ e 15 CV per la Hoku 125, bicilindrico parallelo di 401 cm³ e 42 CV per la Hoku 400. Entrambe montano dischi di 220 mm al posteriore e 300 mm all'anteriore sorvegliati da ABS, ma cambia la pinza: radiale Brembo per la 400, assiale per la 125. Interasse, lunghezza e altezza della sella da terra valgono,per entrambe, rispettivamente: 136 cm, 204,5 cm e 79 cm. Il serbatoio ha una capienza di 16 litri, mentre il peso dichiarato in ordine di marcia è di 136 kg (Hoku 125) e 154 kg (Hoku 400). Per il 2026 entrambe le moto verranno offerte a prezzi ancor più vantaggiosi: 2.990 euro la ottavo di litro, 4.290 euro la 400.

Versante 550

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SWM sbarca nel segmento delle crossover-adventure con la Versante 550, una moto dalle linee muscolose e dal design moderno. Nasce sulla base tecnica del motore bicilindrico frontemarcia di 494 cm³ che abbiamo già visto su alcuni modelli della gamma SWM, accreditato in questa versione di una potenza massima di circa 50 CV. Un valore insolito, dato che è di poco superiore al limite dei 48 CV imposto dalla legge per poter rientrare nei vincoli della patente A2. È probabile che, una volta in commercio, la Versante arriverà in versione “A2 Readyâ€. Sul fronte ciclistico troviamo poi sospensioni KYB regolabili, impianto frenante J.Juan con ABS disinseribile e cerchi a raggi di 19 e 17 pollici. La sella si trova a 81 cm da terra, mentre il peso dichiarato in ordine di marcia si attesta sui 210 kg. Per tutte le caratteristiche tecniche trovate qui il nostro articolo dedicato. Il prezzo è super interessante: 5.490 euro!

Super Six 650

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Accanto alla Versante, SWM ha portato alla scorsa EICMA un modello altrettanto interessante: la Super Six 650. Si tratta di una scrambler che riprende nelle linee e nei colori i modelli storici degli anni ‘70 di SWM ed è spinta dal monocilindrico monoalbero quattro tempi di 644 cm³ raffreddato aria/olio in grado di erogare una potenza massima di 39,5 CV e 50 Nm di coppia. Il telaio è a doppia culla in acciaio, con forcella a steli tradizionali di 43 mm di diametro regolabile nell’idraulica e un monoammortizzatore posteriore collegato direttamente al forcellone. L’impianto frenante offre due dischi: di 320 mm l’anteriore e 240 mm il posteriore, entrambi sorvegliati da ABS.

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Disponibile in due versioni: la Super Six è votata al fuoristrada vero grazie ai cerchi a raggi di 21†l’anteriore e 18†il posteriore con canale stretto e pneumatici tassellati nelle misure 90/90 e 130/70 al posteriore; la Six è invece più adatta ad un utilizzo anche stradale grazie a cerchi da 19â€-17†con pneumatici 100/90 e 130/80 meno artigliati, oltre ad un’altezza della sella da terra più contenuta: 83 cm. Il peso cala a 177 kg.

Venturo 125 - 300

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SWM propone questo scooter-adventure in due versioni, entrambe con motore monocilindrico: di 125 cm³ e circa 12 CV o di 276 cm³ con 27 CV di potenza massima a 7.500 giri. La ciclistica è condivisa e troviamo una forcella a steli rovesciati e un doppio ammortizzatore posteriore regolabile nel precarico. L’escursione su entrambi gli assi è di 127 mm. L’impianto frenante vede due dischi: 240 mm il diametro di quello anteriore, 220 quello del posteriore. Sull’ottavo di litro agisce un sistema combinato, mentre sul 300 è presente l’ABS. Le luci sono a LED, il display è digitale e c’è il sistema start&stop. Ve lo raccontiamo meglio qui.

C-Fly 125

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Accanto allo scooter-crossover Venturo, SWM propone il ruote alte C-Fly, caratterizzato da linee semplici ma moderne e da soluzioni pratiche come l’ampia pedana piatta e la sella spaziosa a soli 79 cm da terra. I cerchi sono da 16 e 14 pollici mentre il motore è un monocilindrico quattro tempi di 125 cm³, raffreddato ad aria e in grado di sviluppare una potenza massima di 10,3 CV a 7.500 giri. L’impianto frenante vede due dischi, entrambi sorvegliati da ABS, che ricordiamo non essere obbligatorio sugli ottavo di litro. Di serie vengono offerti anche il controllo di trazione, la fanaleria full-LED, l’avviamento keyless, il cruscotto digitale e un bauletto posteriore. Il prezzo è davvero super: 2.290 euro!

EICMA 2025
Vivere con la moto
Swm
Data articolo: Thu, 11 Dec 2025 08:54:59 +0000
News n. 9
Collaudatori mitici... Guareschi: "La Desmosedici piegava le pedane e ustionava le braccia" Collaudatori mitici... Guareschi: "La Desmosedici piegava le pedane e ustionava le braccia"

Vittoriano Guareschi ricorda le esperienze "terribili" con la Desmosedici e fa un confronto con il presente: "Ai miei tempi non c'era l'elettronica, ora si lavora di fino. Stoner? Gli ho visto fare cose irripetibili"

guiss

La professione del collaudatore è antica quanto quella del pilota. Sicuramente è meno celebrata, anche se le eccezioni non sono mancate. Il nome di Marcellino Lucchi per esempio diventò famoso a fine anni '90, quando con l'Aprilia 250 riuscì a vincere un memorabile gran premio d'Italia davanti a Valentino Rossi. Michele Pirro è un altro tester tra i più famosi, anche in virtù dei tanti campionati italiani conquistati come pilota e della sua capacità di passare dalle MotoGP alle superbike senza perdere mai competitività al massimo livello. Vittoriano Guareschi è stato due volte vicecampione mondiale nella supersport (nel 1997 perse il titolo su Paolo Casoli per un solo punto) e per una quindicina di anni ha fatto il tester, portando al debutto moto leggendarie come la Desmosedici GP. Oggi il mestiere è molto diverso, come lui stesso ci ha confermato.

Vittoriano Guareschi a destra insieme a Capirossi e all'ing Prezioni padre della Desmosedici


Le prime MotoGP

“Il lavoro del collaudatore è cambiato così tanto che è quasi un altro lavoro. Vent'anni fa era pionieristico. Il compito del tester era quello di verificare se la moto stava dritta, se perdeva olio. Le prime MotoGP avevano una potenza specifica mai vista. Honda era pronta, ma per tutti gli altri, anche Aprilia che aveva fatto una moto con un motore derivato dalla F1, la preoccupazione principale era legata i materiali e a come mettere insieme tutta quella potenza su una moto, che non aveva elettronica. Mi ricordo che la prima Ducati era qualcosa di incredibile. La GP2 non stava con la ruota davanti a terra fino alla quarta marcia, a 320 all'ora si deformava la ruota per effetto della forza centrifuga. Quelle moto le facevano provare al tester per non uccidere il pilota [ride, ndr]â€.

La Desmosedici GP2 era un toro "impazzito"...


La prima Desmosedici

I ricordi sulla prima Ducati da gran premio per Vittoriano sono comunque positivi. “La moto era nata sotto una buona stella. Il punto è che c'era tanta attesa, le aspettative erano molto alte. Mi ricordo che la prima volta dovevamo andare a Vallelunga a girare, ma un giornalista mi aveva chiamato già prima, dicendomi che era venuto a conoscenza del fatto che era stato programmato il test. Così, alla fine si decise di andare a Clermont-Ferrand, da Michelin, per evitare troppi sguardiâ€. L'impianto del costruttore francese è molto particolare, con diverse piste che si intersecano, la possibilità di provare in diverse configurazioni. “D'altronde a noi in quel frangente interessava capire se la moto stava insieme e da quel punto di vista funzionava. Ma all'inizio la GP2 metteva paura: il telaio fletteva, flettevano persino le pedane. Usciva una quantità di aria ustionante sulle braccia, il radiatore non sfogava. Venne fatto un grande lavoro in galleria del vento per studiare i flussi, per capire come togliere l'aria caldaâ€.


Il grande Loris

Guareschi elogia quanto fatto da Capirossi con la prima Desmosedici, che il neo-acquisto Ducati riuscì a portare al successo già nell'anno del debutto. Era il 2003 e vinse il gran premio di Catalogna al Montmelò: era la sesta gara della stagione. “Il primo anno Loris compì un vero e proprio miracolo. Per quella moto serviva un leone e lui la guidò da vero leone, anche passando sopra tanti problemi, era l'unico modo possibile e lui da quel punto di vista aveva una marcia in più rispetto agli altriâ€. In Ducati, Capirex vinse 7 gran premi, e visse a cavallo di due ere: prima e dopo l'avvento dell'elettronica; inoltre corse sia con il mille che con l'ottocento.

Nel 2003 Capirossi riesca a portare alla vittoria la Desmosedici

L'avvento dell'elettronica

Guareschi nel corso della sua carriera di collaudatore ha percorso circa 100mila chilometri, era una epoca in cui non c'erano tutte le limitazioni di oggi. “A una media di 15-20 mila l'anno. Si girava tanto, anche se principalmente su un paio di piste. Ducati aveva scelto il Mugello per l'estate e Jerez de la Frontera per l'inverno, che poi erano le stesse piste di Aprilia. Era utile girare insieme, avevamo un riscontro. Nel 2004 e soprattutto nel 2005 arrivò l'elettronica, la gestione del motore iniziò a passare di lì. Ma era un mondo tutto nuovo. Eravamo abituati a fare tutto con la manopola del gas. E all'inizio non c'era freno motore regolato dall'elettronica, c'era solo l'antisaltellamentoâ€. La differenza con il presente è disarmante, non solo comparando tra di loro le moto sportive. “L'anno scorso sono andato a un track day Aprilia, c'era Massimo Rivola, gli ho chiesto di farmi girare un po'. Alla fine ho preso la Tuono, che non è estrema, ma mi sono trovato su una moto che si guida quasi da sola. La sua elettronica è dieci volte più avanzata rispetto alle MotoGP del 2011. Non parlo delle prime, ma di moto che hanno dodici-tredici anni. Non senti interventi, non percepisci tagli di potenza, l'erogazione è lineare. Il cornering abs è qualcosa di incredibileâ€.


Un cambio epocale

Ovviamente sarebbe sciocco provare a cercare di capire se i piloti di oggi sono più o meno forti di quelli di un tempo. Sicuramente le moto si guidano in maniera diversa. “Immagino un pilota di adesso alle prese con una MotoGP dell'epoca. O è molto cauto o al secondo giro è in ortopedia. Poi, chi è forte è forte con ogni moto. Diciamo che una volta eri bravo se riuscivi a passare sopra i problemi, oggi probabilmente lo sei se metti a frutto la sensibilità che hai in sella, se riesci a comunicare ai tecnici le tue sensazioni, di modo che riescano a settare la moto di conseguenza, anche a livello elettronico. C'è meno spazio per il pilota ignorante".


I più grandi talenti

Detto di Capirossi, che sapeva guidare una moto davvero difficile, il premio per il pilota più talentuoso va a Stoner, che senza mezzi termini Guareschi definisce “allucinante. L'elettronica? Ci pensava lui, faceva cose fuori dal mondo, si inventava aiuti che non c'erano. Gli ho visto fare la Casanova-Savelli in seconda a 17mila giri, per portare il motore volutamente fuori coppia, oppure girare alla Bucine con 35 bar di pressione sulla gomma posteriore per essere in grado di gestire la botta del motore. Non gli serviva l'antispin, se lo faceva da sé. E faceva tutto con naturalezza. Lo dicevano anche a me: prova a girare come lui, ma io con il cavolo che mi ci mettevo. Il punto è che quello che riusciva a fare lui funzionava solo per lui perché era un pilota unico. E guidava una moto che era complicatissima da portare al limiteâ€.

Stoner a sinistra era capace di cose incredibili con la Desmosedici. A destra il compianto Nicky Hayden

Il futuro della MotoGP

“L'occhio†di un pilota che ha fatto il collaudatore e il preparatore come Guareschi è utile anche per farsi un'idea su cosa succederà nel futuro, con i nuovi regolamenti. “Credo che con l'avvento dei motori 850 tutti andranno a cercare la potenza. Quando la MotoGP passò da 1000 a 800 cc, la maggior parte dei costruttori pensavano che l'importante sarebbe stato avere una moto gestibile. Tutti a parte Ducati, dove decisero di fare cavalli. Insieme a tanti altri elementi, quella scelta permise di essere competitivi. Con le 850 credo che si andrà di nuovo a cercare potenzaâ€. Sarà la pietra tombale sul motore 4 in linea? “Il 4 in linea ha il problema che è difficile da raffreddare, perché c'è meno spazio tra i cilindri e quindi è un motore che deve mangiare più aria e ai livelli a cui siamo il problema non scomparirà. Con questo regolamento non so cosa ci si potrà inventare, forse si potrà provare a chiudere un po' la V per rendere il motore più compatto, vedremoâ€.

Sport e piloti
Data articolo: Thu, 11 Dec 2025 08:00:00 +0000
News n. 10
Ducati Monster 821 usata: pregi, difetti e cosa controllare della sportiva per tutti Ducati Monster 821 usata: pregi, difetti e cosa controllare della sportiva per tutti
  • La 821 è forse la Monster più equilibrata: comoda, con un motore grintoso e una ciclistica da pista adatta anche per andare a passeggio
massimo.miliani

Punti di forza

La 821 nasce sulla scia della Monster 1200, dalla quale riprende l’impostazione stilistica e tecnica, a partire dal faro e dal telaio a traliccio, ma “troncoâ€, imitando il semitelaio anteriore in uso sulle sportive Ducati del tempo. A differenza della “milledueâ€, questa Monster non è scorbutica e impegnativa, pur conservando il carattere di una vera Ducati: tra le curve è velocissima, le pennella come una sportiva e il motore raffreddato a liquido spinge con progressione e una bella cattiveria, nonostante la potenza non sia esagerata (97 CV rilevati).

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La Monster ha sempre avuto il faro tondo, ma nella 821 le luci di posizione sono a LED. La forcella a steli rovesciati da 43 mm non è regolabile

Il reparto sospensioni piace per il suo equilibrio: capaci di assorbire bene le buche, sono sostenute e abbastanza scorrevoli nella guida allegra. Sportiva la posizione in sella (che è regolabile in altezza), ma meno caricata sul manubrio rispetto ai modelli precedenti. Di qualità la dotazione elettronica con mappe motore, ABS e controllo di trazione ancora oggi perfetti per l’uso su strada. Due le versioni: la prima del 2014 e la seconda del 2017, aggiornata alla normativa Euro 4.

Punti deboli

Le vibrazioni “da Ducati†sono immancabili, soprattutto su sella e manubrio quando si sfrutta a fondo il motore. Il bicilindrico desmodromico è una goduria da usare, ma scalda parecchio, in particolare sul lato destro perché i grossi collettori di scarico corrono proprio vicino alla caviglia. Potente il freno posteriore della 821, ma per farlo lavorare sul serio va strizzato con forza. 

I rilevamenti

  • Velocità massima: 218,70 km/h
  • Accelerazione 0-100 km/h: 3,80 s
  • Accelerazione 0-400 m: 12,0 s
  • Accelerazione 0-1000 m: 22,60 s
  • Ripresa 0-400 m (da 50 km/h in 6a): 13,30 s
  • Ripresa 0-1000 m (da 50 km/h in 6a): 24,50 s
  • Potenza massima alla ruota: 97,72 CV (72,87 kW) a 9.500 giri/min
  • Coppia massima alla ruota: 79,61 Nm (8,12 kgm) a 7.900 giri/min
  • Frenata da 100 km/h: 37,30 m
  • Peso: 194,0 kg
  • Consumo autostrada: 19,80 km/l
  • Consumo extraurbano: 16,20 km/l
  • Consumo a 90 km/h: 24,80 km/l
  • Consumo a 120 km/h: 20,60 km/l
  • Consumo al massimo: 9,30 km/l

Prima dell'acquisto controllate bene:

  • Tagliandi – Oltre all’ispezione accurata, per valutare una moto è fondamentale controllare il libretto della manutenzione programmata: serve a verificare se è stata curata a dovere e se sono stati eseguiti tutti i richiami.
  • Cuscinetti – Quelli di sterzo tendono ad accumulare sporco e, col tempo, ad arrugginirsi.
  • Frizione – Può accadere che il cavo sia da sostituire se la leva risulta dura da azionare. Verificate con attenzione anche che il sistema non slitti sotto sforzo.
  • Batteria – Se lasciata inutilizzata, la batteria tende a scaricarsi anche in tempi brevi, situazione che peggiora se la moto viene parcheggiata all’aperto.
  • Richiami e guasti – Su alcuni modelli è stato sostituito il sistema ride-by-wire. Inoltre, tra il 2018 e il 2019 il perno della leva del cambio è stato oggetto di un richiamo ufficiale.

Quotazioni

Come tutte le Monster, la 821 mantiene quotazioni dell’usato elevate (specie negli allestimenti top). Anche perché è stata l’ultima, assieme alla 1200, a sfoggiare il telaio a traliccio in tubi.  Dal 2014 al 2020: da 5.000 a 8.500 euro.

Moto usate
Data articolo: Wed, 10 Dec 2025 13:45:08 +0000


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