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#motociclismo #news #insella.it
Hanno il cerchio davanti da 19" e permettono di affrontare anche il fuoristrada leggero, ma sono anche facili e divertenti da usare sulle strade di tutti i giorni: ecco le nuove tuttofare che puntano al trono della Benelli TRK 702
Le crossover hanno acceso e riacceso la voglia di andare in moto a tanti motociclisti: prendiamo per esempio la Benelli TRK che, prima con la 502 e ora con la 702 (qui la nostra prova completa), sta facendo numeri da record. D'altronde è la perfetta tuttofare: facile da guidare, brillante nelle prestazioni, gustosa anche in coppia e con bagagli e, ciliegina sulla torta, costa pure poco. La concorrenza, però, è sempre più agguerrita e l'offerta si amplia di anno in anno: da 600 a 900 cm3, da 5.540 a 16.690 euro, nel 2025 sono in arrivo 5 nuovi modelli per fronteggiare il dominio della regina di Pesaro.
Il marchio di Hangzhou ha rafforzato la gamma delle crossover con la nuova 700MT ADV, versione più votata ai lunghi viaggi. Il design riprende quello di molti modelli della famiglia CFmoto, ma qui le forme della carenatura sono belle voluminose per offrire un buon riparo dall'aria (in più c'è il cupolino regolabile). Di serie ci sono i fari a LED, manopole e sella riscaldabili, tubolari paramotore, paramani e cavalletto centrale. Il motore di questa novità lo conosciamo: si tratta di un bicilindrico frontamarcia da 693 cm3 dotato di raffreddamento a liquido e cambio a sei rapporti. La potenza massima è di 68 CV a 9.500 giri/min, mentre la coppia di 60 Nm a 6.000giri/min.
Il telaio in acciaio è abbinato a cerchi a raggi tubeless con l'anteriore da 19" e il posteriore da 17" e a un comparto sospensioni soddisfacente: forcella a steli rovesciati da 41 mm regolabile nell'idraulica e monoammortizzatore con regolazione del precarico e dell'estensione. Il serbatoio ha una capienza di 20 litri, mentre il peso è abbastanza elevato se consideriamo i 226 kg a secco. L'elettronica invece è da pollice in su: controllo di trazione, ABS e una moderna strumentazione TFT a colori da 5" con connessione per lo smartphone e possibilità di navigare con le mappe direttamente proiettate sul display. Molto allettante il prezzo: 6.690 euro f.c.
Tanti aggiornamenti estetici e grandi novità tecniche per la nuova Multistrada V2, che per il 2025 si presenta con un look più filante e snello, a partire dai gruppi ottici frontali a LED (la abbiamo già provata). Cupolino e parabrezza regolabile sono stati rivisti per migliorare la protezione dell'aria ad ogni andatura, ma c'è anche una nuova posizione di guida più confortevole. La rivoluzione riguarda motore e ciclistica: il V2 è di nuova generazione e perde la distribuzione desmodromica in nome del più tradizionale richiamo delle valvole a molla per avere intervalli di manutenzione più lunghi. Cilindrata di 890 cm3, potenza di 115,6 CV a 10.750 giri e coppia di 92,1 Nm a 8.250 giri.
Il telaio ora è un monoscocca in alluminio, come sulla Multistrada V4, e le sospensioni della versione S sono a controllo elettronico. A tal proposito, qui la tecnologia non manca: quick shift bidirezionale 2.0, cinque Riding Mode, ABS cornering, Ducati Traction Control (DTC), Ducati Wheelie Control (DWC), Engine Brake Control (EBC), cruise control e presa USB integrata nella plancia. Il peso è contenuto in 199 kg con il serbatoio da 19 litri vuoto. Impegnativo il prezzo, a conferma di una moto premium con contenuti premium: si parte da 16.690 euro per la base offerta solo in rosso e si sale a 19.390 euro per la S che aggiunge la tinta Storm Green. Disponibile anche una versione per patente A2 depotenziata a 35 kW con uno sconto di 1.000 euro sul listino.
Apprezzatissima da tanti biker, la X-Cape si rinnova nella sostanza per offrire un pacchetto più completo su tutti i fronti (qui trovate tutti i dettagli). L'estetica è molto legata alla 650, ma su questa nuova generazione troviamo un nuovo sistema di regolazione del cupolino. Nuovo anche il motore bicilindrico parallelo, che cresce di cubatura e di potenza, ora rispettivamente 693 cm3 e 71 CV a 8.500 giri/min. Come in passato la ciclistica è solida e fa affidamento su un telaio in acciaio, forcellone in alluminio, forcella Marzocchi a steli rovesciati da ben 50 mm completamente regolabile e su un monoammortizzatore Kayaba con regolazione nel precarico e nell'estensione.
I cerchi hanno misure 19" all'anteriore e 17" al posteriore, ma è possibile scegliere se averli in lega o a raggi (quest'ultima configurazione ha un sovraprezzo di 400 euro). Le gomme sono firmate Pirelli (Scorpion Rally STR), mentre i freni sono Brembo con supporto dell'ABS Bosch disinseribile al posteriore. L'elettronica è semplice ma troviamo comunque un maxi cruscotto TFT a colori da 7" dotato di sistema di navigazione integrato, prese USB e USB-C. Il peso è di 213 kg a secco, mentre l'altezza della sella può variare da 82 a 84,5 cm da terra a seconda della versione. Tre le colorazioni disponibili e confermato il prezzo di 7.190 euro franco concessionario.
Occhi puntati sulla rinata tuttofare cinese che punta dritta al trono delle vendite con un prezzo shock di 5.540 euro franco concessionario. Cifre d'attacco e contenuti rilevanti per la SRT 600 SX, che si presenta con uno stile avventuriero e non troppo appariscente. I fari sono a LED, i paramani sono di serie ma il cupolino di piccole dimensioni non è regolabile. In ogni caso, la posizione di guida è accogliente con la sella posta a 81 cm da terra. Il motore bicilindrico parallelo ha una cilindrata di 554 cm3 per una potenza massima di 56 CV, prestazioni poco impegnative e ideali anche per chi ha meno esperienza con le due ruote. Ciclistica solida con telaio a traliccio in acciaio, forcella a steli rovesciati regolabile nell'idraulica, ammortizzatore regolabile nel precarico, cerchi a raggi tubeless 19"-17" e impianto frenante con all'anteriore due pinze radiali a quattro pistoncini e dischi da 320 mm.
La dotazione di serie comprende anche paramani, paramotore in alluminio e manopole e sella riscaldabili su tre livelli. L'acceleratore è a cavo, ma c'è comunque il controllo di trazione, l'ABS (disinseribile al posteriore) e due mappe motore. Il cruscotto, invece, è completamente digitale: un display da 5" affiancato da una presa a 12 V e da una doppia presa USB+USB-C. Tre i colori disponibili per il 2025 e un prezzo di 5.540 euro che comprende anche il bauletto da 43 litri in alluminio. Le borse laterali sono un optional da 795 euro. Qui trovate il nostro test approfondito con tanto di rilevamenti.
Anche Voge ha rafforzato la sua armata di crossover con il debutto della nuova Valico 625 DSX, molto legata esteticamente alla 525. Ritroviamo una carenatura voluminosa e un ampio cupolino regolabile in altezza su due posizioni. Tra le dotazioni di serie si aggiungono i paramani, l'impianto di illuminazione full LED con luci DRL ed il cavalletto centrale. Il motore bicilindrico parallelo cresce di cilindrata, ora a 581 cm3, e si porta dientro un notevole aumento di potenza e coppia, rispettivamente 63 CV e 57 Nm. La ciclistica è stata pensata anche per affrontare del fuoristrada leggero, infatti i cerchi a raggi con anteriore da 19" montano gomme Metzeler Touratec. Troviamo poi il telaio in acciaio, le sospensioni KYB e l'impianto frenante Nissin con ABS disinseribile. Scende il peso, ora 191 kg a secco. Rivisto il cruscotto con una nuova grafica a colori: si tratta di un display LCD, ben leggibile in tutte le condizioni di luce e dotato di connettività Bluetooth e navigazione turn-by-turn. Aggressivo il prezzo di listino che parte da 6.390 euro f.c. Se volete saperne di più, qui trovate l'articolo completo.
Rispetto alle precedenti edizioni è stato aumentato il numero di tappe e la copertura territoriale è ancora più ampia
Se desiderate provare uno degli ultimi modelli Triumph questa è l’occasione giusta: parte il Best of British Tour 2025, l’iniziativa della Casa di Hinckley che porterà in giro per tutta la Penisola i suoi modelli più iconici, per farveli provare quasi… a domicilio. 11 tappe in tutta Italia con 12 moto disponibili per i test ride, gratuiti e della durata di 30 minuti.
Rispetto alle precedenti edizioni è stato aumentato il numero di tappe e la copertura territoriale è ancora più ampia. In Sicilia, dopo il grande successo dell’anno scorso, gli appuntamenti sono addirittura raddoppiati. Il tour esordirà ad Acireale nel weekend del 22-23 marzo, e la settimana successiva sarà a Palermo il 29 e 30 marzo. Poi il 5 e 6 aprile l’inedita tappa di Cagliari per il BOB che per la prima volta sbarcherà in Sardegna, quindi il 12 e 13 aprile un appuntamento ormai diventato classico a Castel Gandolfo, nella zona dei Castelli Romani.
Dal 25 al 27 aprile un’occasione unica per provare i modelli della gamma 2025 su strada e in pista presso il Misano World Circuit “Marco Simoncelliâ€, per l’EICMA Riding Fest, dove saranno disponibili le roadster Street Triple 765 RS e Speed Triple 1200 RS, oltre alla sportiva Daytona 660.
Nel mese di maggio ci si troverà per la prima volta a Fadalto nel weekend del 10-11, al quale seguiranno i due importanti eventi della Biker Fest International di Lignano Sabbiadoro (15-18 maggio) e del Passo della Raticosa (24-25 maggio), regno degli smanettone bolognesi e fiorentini. Ultima tappa del calendario Best of British Tour è Alessandria, il 7 e 8 giugno, ma gli appassionati del segmento adventure potranno provare le Tiger 900 e 1200 e le Scrambler 400 e 1200 nelle due date di HAT AdventourFest, a Ponte di Legno il 14 e 15 giugno e a Sestriere il 28 e 29 giugno.
Le prenotazioni online sono già aperte, basta collegarsi a questo link: https://tour.triumph.it/
Il format dei test prevede prove di una durata massima di 30 minuti con un responsabile dello staff Triumph che guiderà ciascun gruppo lungo percorsi stradali appositamente studiati. È possibile registrarsi anche in loco, sulla base delle moto disponibili, rivolgendosi allo staff Triumph o tramite il QR Code dedicato, ma la registrazione online è vivamente consigliata per evitare code, tempi d’attesa e selezionare luogo, orario e modello della prova. Può partecipare chiunque a patto che sia maggiorenne, abbia la patente in corso di validità e disponga di abbigliamento adeguato, in particolare il casco.
1. 22/23 marzo: ACIREALE
2. 29/30 marzo: PALERMO
3. 5/6 aprile: CAGLIARI
4. 12/13 aprile: CASTEL GANDOLFO
5. 25/27 aprile: EICMA RIDING FEST – MISANO ADRIATICO
6. 10/11 maggio: FADALTO
7. 15/18 maggio: BIKER FEST INTERNATIONAL – LIGNANO SABBIADORO
8. 24/25 maggio: PASSO DELLA RATICOSA
9. 7/8 giugno: ALESSANDRIA
10. 14/15 giugno: HAT ADVENTOURFEST PONTE DI LEGNO
11. 28/29 giugno: HAT ADVENTOURFEST SESTRIERE
MODELLI A DISPOSIZIONE
TRIDENT
STREET TRIPLE 765 RS
SPEED TRIPLE 1200 RS
SPEED TWIN 900
SPEED TWIN 1200
SCRAMBLER 1200 XE
TIGER SPORT 660
TIGER 900 GT PRO
TIGER 1200 GT PRO
ROCKET 3 R STORM
In questi mesi gli appassionati si sono scatenati cercando di immaginare quale moto monterà per prima il nuovo V3 turbo Honda. Ecco le quattro ipotesi più convincenti!
Il motore V3 Turbo di Honda rappresenta un'innovazione significativa nel panorama motociclistico. La sua architettura a tre cilindri, combinata con un sistema di sovralimentazione gestito elettricamente, promette di offrire prestazioni elevate e una guidabilità eccezionale. La configurazione del motore, con i cilindri disposti a V, consente di ottenere un propulsore compatto e leggero, caratteristiche fondamentali per una moto maneggevole e reattiva. L'adozione di un turbocompressore, inoltre, permette di incrementare la potenza e la coppia, garantendo un'erogazione fluida e vigorosa a tutti i regimi. Una volta visto a EICMA, però, la domanda è sorta spontanea: su quale moto "sta meglio"? Vediamo le ipotesi più belle che si sono viste.
Il designer Kar Lee, fondatore di Kardesign e con sede in UK, ha ipotizzato una bella crossover stradale, un modello che potrebbe avere senso con questo motore, non solo per l'architettura leggera che la contraddistinguerebbe, ma anche per quanto riguarda le opportunità di mercato: il segmento crossover è senza dubbio il più fiorente, e una nuove V3 sovralimentata potrebbe essere accolta molto positivamente in quasi tutti i mercati globali.
Il designer Muzza.nz, che trovate su Instagram ha dato una interpretazione interessante di ciò che si potrebbe fare con il motore Honda V3 sovralimentato, ed è una interpretazione interessante: in chiave supermoto. Rischia di essere troppo cattiva? I giapponesi non hanno comunicato né potenza, né coppia del loro motore, tantomeno le sue caratteristiche, per cui è difficile fare delle previsioni. Ma una certezza c’è: ne verrebbe fuori qualcosa di emozionante, ed incredibilmente divertente! Le linee di questa ipotesi, poi, sono pulite, filanti e perfettamente in linea con la pulizia estetica del V3 di Tokyo.
Questa volta a "giocare" sul V3 Honda è la rivista giapponese Young Machine che, partendo dalla notizia che la casa ha registrato il nome V3R ha ipotizzato una bella sportiva. Il disegno dei suoi grafici è affascinante, bisogna capire però quanto reale. Il concept presentato a EICMA 2024, infatti, era inserito in uno "scheletro di moto" composto da un telaio a traliccio in acciaio, con forcella e un forcellone monobraccio derivati dalla CB1000R. Il design, essenziale e moderno, fa pensare una moto ad alte prestazioni ma non estrema. Eppure la verità è che Honda ha sempre utilizzato le moto sportive come vessillo tecnologico e mai come ora, con un motore sovralimentato, l'idea di utilizzarlo su una carenata ha senza dubbio senso. Le sportive, da sempre, e non solo in Honda rappresentano il banco di prova per le tecnologie più avanzate e innovative, il terreno ideale per sperimentare soluzioni inedite e audaci.
L'ultima ipotesi, ma non per importanza, arriva dal sito Motorradonline, che ha pubblicato uno sketch realizzato ancora dal designer Kardesign. Secondo questa interpretazione, il motore V3 Turbo di Honda potrebbe equipaggiare una maxinaked, una moto potente e muscolosa, ideale per chi cerca prestazioni elevate e un look aggressivo. Kardesign proponte una moto con linee tese e affilate, un telaio a traliccio in evidenza e un motore ben in vista. Si tratta dell'ipotesi forse più scontata, non solo perché lo stesso motore venne appunto presentato su una ciclisitica che ricordava quella di una naked ma anche perché attualmente, "in casa" Honda ha proprio una ciclistica che potrebbe essere perfettamente trasposta, quella della Hornet 1000..
La presenza di acqua nel carburante non è un problema da sottovalutare: può causare gravi danni al motore. Ecco come riconoscere i sintomi e anche come ottenere il giusto risarcimento
La presenza di acqua nel serbatoio carburante è, come facile intuire, un serio rischio per il motore. Un conto è una gocciolina caduta mentre si fa rifornimento (o magari una minima percentuale data dalla condensa e dall’umidità ), un altro è invece l’immissione nel serbatoio di carburante annacquato, cioè “allungato†dal gestore della stazione di servizio per aumentare i propri guadagni (cosa che capita non così di rado, specialmente all’estero). Vediamo allora quali sono i pericoli e i sintomi che potrebbero segnalare la presenza di acqua nel carburante, per poi concentrarci sulle azioni da intraprendere per ottenere un giusto risarcimento in caso di danni.
L’acqua nel carburante altera le proprietà della benzina, rendendo la combustione irregolare e causando problemi che vanno ben oltre una semplice diminuzione delle prestazioni. Tra i rischi principali troviamo:
Ciò detto, i principali sintomi per riconoscere la presenza di acqua nel carburante includono:
La cosa importante è intervenire subito ed interrompere la marcia non appena si sospetti (o si abbia la certezza) di aver fatto rifornimento con benzina annacquata. Il consiglio rimane quello di rivolgersi ad un meccanico per effettuare una diagnosi approfondita e, se necessario, procedere con una pulizia del sistema di alimentazione. Sintetizzando, gli interventi da eseguire saranno i seguenti:
1) Svuotamento del serbatoio e rimozione del carburante contaminato
Il primo passo consiste nel svuotare completamente il serbatoio del carburante. Questo permette di eliminare non solo l'acqua, ma anche la miscela contaminata di benzina che potrebbe compromettere il funzionamento del motore.
2) Sostituzione dei filtri e pulizia
Dopo lo svuotamento, con ogni probabilità andrà sostituito il filtro del carburante. Ricambio che, fortunatamente, ha costi irrisori…
3) Controllo e pulizia degli iniettori
Gli iniettori, essendo direttamente responsabili della spruzzatura del carburante all’interno dei cilindri, possono subire effetti negativi dall'acqua presente nel sistema. Un intervento di pulizia degli iniettori, effettuato tramite appositi additivi o un'operazione meccanica di pulizia, è fondamentale.
4) Verifica del sistema di alimentazione
Infine, una volta completata la pulizia, è indispensabile effettuare una verifica accurata dell'intero sistema di alimentazione, incluso il controllo del funzionamento della pompa carburante e l'esecuzione di test diagnostici.
Ora veniamo al risarcimento. Nel caso in cui la benzina annacquata abbia causato danni al motore, è essenziale conoscere i propri diritti e le modalità per ottenere un risarcimento. I passaggi fondamentali da seguire includono:
1) Documentare il problema: bisogna conservare la ricevuta del rifornimento e, se possibile, campioni di carburante da far analizzare ed annotare tempestivamente tutti i sintomi riscontrati, come difficoltà di avviamento o calo delle prestazioni.
2) Effettuare una diagnosi tecnica: ci si rivolge quindi ad un'officina o ad un tecnico specializzato che possa attestare la presenza di acqua nel carburante e quantificare i danni causati al motore così da ottenere una perizia tecnica, documento fondamentale per eventuali richieste di risarcimento.
3) Contattare il distributore o la stazione di servizio: buona cosa è, se possibile, presentare il problema riscontrato e richiedere, formalmente, spiegazioni e soluzioni. Spesso, una prima richiesta può portare a una risoluzione amichevole della questione.
4) Avviare una procedura di risarcimento: se il dialogo diretto non dovesse dare esiti positivi, rivolgersi a un legale o a un'associazione di consumatori per valutare le opzioni legali disponibili. La perizia tecnica, unitamente alla documentazione raccolta, costituirà il principale elemento di prova per ottenere il risarcimento dei danni subiti.
TVS si prepara a entrare nel mercato delle crossover con la nuova Apache RTX 300 ADV. Un modello che punta a l turismo e all'off-road leggero. Vediamo come è fatta
TVS Motor ha recentemente depositato il brevetto per la nuova Apache RTX 300 ADV, segnando l'ingresso del costruttore indiano nel segmento delle moto adventure. Dopo averla mostrata brevemente all'Auto Expo 2025, e dopo che alcune immagini della moto in versione di produzione sono state rubacchiate e pubblicate in rete, la casa motociclistica ha ufficialmente "bloccato" il nome. La Apache RTX 300 ADV, stando ai disegni allegati ala richiesta di brevetto, si presenta come una adventure tourer, con un'impostazione che privilegia il comfort e la capacità di carico per i lunghi viaggi, senza rinunciare a una certa attitudine all'off-road leggero. Il design, caratterizzato da una mezza carena con parabrezza alto e un portapacchi posteriore, suggerisce una moto pensata per il turismo a lungo raggio. La posizione di guida, con manubrio rialzato e sella a due livelli, promette comfort anche dopo molte ore in sella.
Dal punto di vista tecnico, la TVS Apache RTX 300 ADV è equipaggiata con sospensioni a lunga escursione e ruote da 19 pollici all'anteriore e 17 pollici al posteriore, una configurazione tipica delle crossover più apprezzate. L'impianto frenante prevede due dischi con ABS a doppio canale disinseribile. Il motore è il nuovo RT-XD4 da 299 cm³, un monocilindrico raffreddato a liquido con distribuzione DOHC a 4 valvole per cilindro, capace di circa 35 CV e 28,5 Nm di coppia. La trasmissione è a sei marce, con frizione antisaltellamento e quickshifter. La strumentazione è affidata a un display TFT a colori, con connettività Bluetooth e integrazione dell'app SmartXonnect, per la gestione di musica, notifiche e navigazione.
Quando arriverà ? Quasi certamente ci attendiamo una presentazione al prossimo EICMA!
Il peso è un parametro molto importante nella scelta della motocicletta, soprattutto per chi è alle prime armi. Ma quali sono i modelli più leggeri che posso guidare con la patente A2? Scopriamoli insieme
Il peso influisce sulla guidabilità , ma si fa sentire ancora di più in situazioni di emergenza come una frenata improvvisa, perdite di controllo o se vi è caduta la moto da ferma e dovete rialzarla. Soprattutto se vi state avvicinando al mondo delle due ruote, la leggerezza è una fattore chiave per mettersi in sella in serenità e senza timore, ecco perché abbiamo selezionato le 5 moto da patente A2 più leggere che possiate trovare oggi sul mercato. Il peso di riferimento è a secco, quindi con il serbatoio vuoto e la moto prova di liquidi (olio e raffreddamento).
Andando in ordine crescente, al 5° posto c'è la CFmoto 300NK con un peso a secco di 142 kg. Questa naked cinese, moderna e dinamica, ha i fari a LED e un cruscotto TFT a colori per monitorare i parametri di marcia. Il telaio a traliccio in acciaio abbraccia un motore monocilindrico raffreddato a liquido da 292 cm3 e 27,9 CV di potenza massima a 8.750 giri/min ed è supportato da una forcella a steli rovesciati da 37 mm. I freni sono entrambi a disco e i cerchi da 17". Ridotta anche l'altezza della sella che si trova a 79,5 cm da terra, mentre il prezzo è di 3.790 euro f.c.
142 kg di peso a secco anche per la tutto fare italiana, ideale per chi occasionalmente ama immergersi nella natura (se siete curiosi di sapere come va, qui trovate la nostra prova). Le forme sono minimali, quasi schelettriche. Ci sono sospensioni a lunga escurione, gomme tassellate, cerchi a raggi con anteriore da 19" e una sella lunga e stretta per governare il mezzo in ogni situazione. Fuoristrada si, ma la Alp X è stata progettata anche per un utilizzo urbano, motivo per cui troviamo anche i fari a LED, il cruscotto TFT a colori e un motore mono facile facile, raffreddato a liquido e con una cilindrata di 348 cm3. La potenza si ferma a 35 CV, quindi può essere guidata con la A2, mentre il prezzo è di 5.790 euro.
Il gradino più basso del podio va alla Honda CB300R, modern classic giapponese da 137 kg a secco. Il design è strettamente legato alla sorella maggiore a quattro cilindri CB650R e le finiture sono eccellenti. Si fa notare il faro circolare a LED ancorato alla forcella a steli rovesciati Showa SFF-BP da 41 mm con pinza radiale a quattro pistoncini. In più l'ABS a due canali è supportato dalla piattaforma inerziale IMU per una frenata ottimale in tutte le situazioni. Prestazioni brillanti per il motore a singolo cilindro da 31,4 CV dotato di raffreddamento a liquido e cambio a 6 rapporti. Sella a 79,9 cm da terra, prezzo 5.590 euro, quattro le colorazioni disponibili. Qui l'articolo con tutte le informazioni.
Segue un’altra giapponese, la Kawasaki W230 con 133 kg. Classicità ai massimi livelli con il sue linee semplici e senza tempo: serbatoio a goccia, silenziatore a collo di bottiglia e cerchi a raggi cromati con anteriore da 18" e posteriore da 17". Non mancano dettagli più moderni in nome della sicurezza come il faro davanti a LED, i freni a disco e la presenza dell'ABS su entrambi gli assi. Il motore monocilindrico a due valvole è raffreddato ad aria e ha una cilindrata di 233 cm3. La potenza è contenuta come il peso: 18 CV a 7.000 giri/min. Il prezzo è di 4.990 euro.
E infine, la più leggera di tutte con 128 kg a secco: la Mondial Spartan 250, una piccola scrambler che stupisce anche per il prezzo di 2.990 euro. La sella si trova ad un'altezza di 80 cm da terra, ma i fianchi snelli agevolano l'appoggio dei piedi a terra per motociclisti di tutte le taglie. Davanti troviamo un faro a LED circolare e una forcella a steli tradizionali da 37 mm, dietro doppio ammortizzatore. I cerchi a raggi sono entrambi da 17" e i freni a disco con ABS. Super accessibili anche le prestazioni: il motore monocilindrico raffreddato a liquido ha una potenza di 16,3 CV, ma il cambio è a 6 rapporti. Qui la nostra prova della sorella 125 con cui condivide la ciclistica.
La 3½ fu un modello all’avanguardia, capace di prestazioni brillanti, consumi contenuti e ottima guidabilità . Frutto del genio di Franco Lambertini rimase praticamente immutata per oltre un decennio
Il modello 3½ è forse quello che più ha segnato la storia non solo della Moto Morini ma anche di molti motociclisti ad inizio carriera tra la metà degli anni ‘70 e quella degli ‘80. Per tanti la prima moto “veraâ€, leggera e maneggevole ma con prestazioni di rilievo, tanto che per diversi anni fu la migliore della sua categoria. Diversi i motivi del suo successo, non ultimo il fatto che a quei tempi da 18 fino a 21 anni era consentito guidare moto di cilindrata non superiore a 350 cm³, e quello era anche il limite oltre il quale scattava un sensibile aumento dell’Iva e quindi del prezzo: nel 1973 per una cilindrata compresa fra 351 e 500 era del 12% anziché del 18%, e nel 1977 sarebbe salita al 14% per moto entro i 350 cm³ e al 35% per quelle fra 351 e 500 cm³.
Cliccate qui invece per la 250 2C, un modello dimenticato che aveva una resa superiore alla 3 1/2
Ecco l'ing Franco Lambertini con il suo progetto "originale"
L’eccellente qualità e costi di acquisto e di gestione contenuti, insieme a una linea piacevole e prestazioni brillanti, furono alla base del successo di una moto che nei tempi migliori venne prodotta in 6000 esemplari l’anno.
L’intuizione fu alla fine degli anni ‘60 in un periodo di grandi cambiamenti: per la Moto Morini con la scomparsa nel 1969 del suo fondatore Alfonso Morini, e per il mondo motociclistico in generale a seguito dell’arrivo delle Case giapponesi con modelli pluricilindrici di grossa (per i tempi) cubatura. Arrivavano le Honda CB 750, 350 e 500, la Kawasaki Z 900, andavano nella stessa direzione le altre Case italiane; la Moto Morini non poteva imbarcarsi in progetti economicamente così impegnativi e si lanciò in quella che allora era una media cilindrata.
A fare la differenza con le concorrenti c'era il geniale bicilindrico a V. Semplice ma con tante soluzioni innovative per il mondo delle moto
L’uomo della Provvidenza fu Franco Lambertini, che aveva lavorato in Ferrari e alla MWM: rispose all’annuncio pubblicato sul quotidiano “Il Resto del Carlino†nel quale l’azienda bolognese cercava un tecnico motorista e dopo il primo colloquio gli venne richiesto di mostrare le sue qualità progettando in due giorni un propulsore con determinate caratteristiche stabilite dall’Ufficio Tecnico. Venne scelto tra gli altri candidati e il primo lavoro affidatogli, nel 1970, fu il potenziamento della Corsano Regolarità , moto da fuoristrada con un palmarès glorioso ma oramai in debito di potenza rispetto alle due tempi della concorrenza. Lambertini progettò una nuova parte termica con criteri automobilistici, impiegando una testa piatta con la camera di combustione ricavata nel pistone, la cosiddetta testa Heron, e condotti ad alta turbolenza, ottenendo lusinghieri risultati.
Il primo lavoro di Lambertini in Morini fu sul motore del Corsaro RegolaritÃ
Gli stessi concetti furono applicati con successo sul 350 cm³ richiestogli subito dopo dalla proprietà Moto Morini. Il primo bicilindrico della Casa bolognese che fino a quel momento aveva prodotto soltanto monocilindrici al massimo da 250 cm³. Un motore con numerosi elementi di innovazione, in parte derivati dall’esperienza automobilistica di Lambertini. Venne concepito secondo un principio di modularità in modo che dallo stesso progetto fosse possibile estrapolare numerose altre versioni, come avvenne successivamente per le 500 e 250 cm³ bicilindriche, e per le 125 e 250 cm³ monocilindriche. Le fusioni dei carter erano più o meno le stesse ma cambiavano le lavorazioni, e siccome si trattava di un motore a V, per le versioni monocilindriche c’era soltanto il foro per il cilindro anteriore ma non quello posteriore. Lambertini scelse una apertura della V di 72°, ritenuta il miglior compromesso per il contenimento degli ingombri e delle vibrazioni rispetto a quello che si sarebbe potuto ottenere con un V di 90° o un bicilindrico parallelo.
Ecco la Sport prima serie, oggi la versione più ricercata dai collezionisti ma la posizione di guida è scomoda
Nell’ottica di contenere i costi di produzione, per il cilindro anteriore e quello posteriore venne impiegato lo stesso gruppo termico ruotato di 180°, per cui lo scarico posteriore usciva all’indietro; la distribuzione era a due valvole con aste e bilancieri, e l’albero a camme al centro della V, soluzione preferita alle quattro valvole con albero a camme in testa per motivi di economia.
Non erano gli unici elementi innovativi: i due cilindri raffreddati ad aria vennero tenuti sfalsati sul piano longitudinale in modo che anche quello posteriore venisse investito dal flusso refrigerante, c’erano l’accensione elettronica e il cambio a sei marce, a quel tempo ancora poco diffusi.
La prima serie con freni a tamburo è ancora oggi una moto godibilissima da usare, e la posizione di guida è più comoda che sulla Sport
L’avviamento era a pedivella e solo diversi anni dopo sarebbe stato adottato anche quello elettrico, per la verità non troppo efficiente. In realtà Lambertini fin da subito aveva proposto l’idea di avere l’avviamento elettrico, ma la direzione di Morini la bocciò: si pensava che i motociclisti “veri†non l’avrebbero apprezzata perché troppo automobilistica. Invece i motociclisti apprezzarono subito il magico bottoncino, ma ormai era tardi per modificare il motore in modo da predisporre un avviamento elettrico efficiente…
Per quanto riguarda la ciclistica venne realizzata una struttura a doppia culla chiusa in tubi d’acciaio, con sospensione posteriore a due ammortizzatori e una classica forcella telescopica. Il primo esemplare della nuova serie venne esposto al salone di Milano del 1971 ed entrò in produzione nel 1973. Era la versione GT, e l’anno successivo, il 1974, fu affiancata dalla Sport, con manubrio basso e sella dotata di rialzo posteriore: 35 CV 8200 giri/minuto per la prima, 39 CV a 8500 giri/minuto la seconda. Velocità massima rispettivamente 166 e oltre 170 km/h. Andava più forte della contemporanea Yamaha 350 bicilindrica due tempi raffreddata ad aria.
I freni erano a tamburo e le ruote a raggi ma nel 1976 quello anteriore venne sostituito da un più efficiente disco Grimeca di 260 mm Ø con pinza a due pistoncini, e con la possibilità di richiedere come optional anche il secondo disco anteriore. L’anno successivo sarebbero arrivate anche le ruote in lega di alluminio, sempre di produzione Grimeca.
Pochissime le evoluzioni nel corso di 10 anni, per lo più estetiche con l'arrivo di un cupolino e successivamente modifiche anche alla coda
La Moto Morini 3½ venne prodotta dal 1973 al 1983 senza cambiare più di tanto: vennero adottate pedane arretrate, un diverso serbatoio, fiancate e codino in plastica, il fanale quadrato invece che tondo, nelle ultime versioni anche un cupolino e un accenno di carenatura per la verità non troppo azzeccati, arrivarono il freno a disco posteriore e divenne di serie il secondo anteriore, ma fondamentalmente la 3½ rimase pressoché uguale a se stessa.
Fu sostituita dalla 350 K2 che si differenziava a livello estetico ed aveva qualche cavallo in più ma manteneva la stessa base; l’ultimo atto con l’acquisizione della Moto Morini da parte del Gruppo Cagiva, quando il glorioso motore 350 venne montato su una ciclistica strettamente derivata dalla Cagiva Freccia per una moto denominata Dart. Ma a quel punto la storia era ormai agli sgoccioli.
La K2 aveva una linea appesantita molto anni 80. Oggi è poco richiesta
La Dart era una Cagiva Freccia C9 dotata del motore bicilindrico 350... Oggi è molto richiesta
Lo stesso motore venne impiegato anche per la versione fuoristrada Kanguro e la custom Excalibur, e fu proprio la Kanguro 350 (qui sotto) a sbarrare la strada alla 500 Turbo. Il progetto di una moto con turbocompressore sviluppato da Lambertini doveva permettere alla bicilindrica Morini di confrontarsi alla pari con le maxi moto giapponesi che alla fine degli anni ’70 viaggiavano verso cilindrate di 900 e 1000 cm³, ma l’azienda poteva portare avanti un solo modello nuovo all’anno e su indicazione dei concessionari fermò la geniale Turbo, che pure aveva riscosso grande successo quando era stata mostrata al Salone di Milano 1981, per lasciare spazio alla enduro, nel segmento che avrebbe dominato gli anni successivi.
La Morini costava il giusto e anche oggi le quotazioni restano sempre a portata di mano. Le Sport dei primi anni 70 sono le più ricercate, e possono arrivare a 6.000 euro. Anche la prima serie stradale con freno a tamburo è ricercata e ha quotazioni intorno ai 5.000 euro. I modelli fini anni 70 si trovano tra i 3.000 e i 4.000 euro quelli anni 80 anche meno. Unica eccezione per la Dart che ebbe poco successo ma oggi piace e veleggia oltre i 6.000 euro.
Dopo la Tiger Sport 800, è evidente che il nuovo propulsore maggiorato finirà anche su diversi altri modelli che ora montano il tre cilindri 660, in particolare sulla Trident
Triumph ha sviluppato una versione di 798 cm³ del suo motore tre cilindri e l’ha già fatta debuttare sulla Tiger Sport 800. È evidente che il nuovo propulsore maggiorato finirà anche su diversi altri modelli che ora montano il tre cilindri 660, e in particolare sulla Trident, la naked nata nel 2021 che porta un nome storico ed è uno dei modelli di punta della gamma. La conferma viene da questa fotografia di un prototipo sorpreso nel corso di un test in Spagna, guidato dal pilota di endurance Alex Toledo che normalmente corre per la Kawasaki.
Ovviamente non è possibile verificarne la cubatura ma tutto fa pensare che si tratti proprio dell’evoluzione più muscolosa del modello attuale. A colpo d’occhio sembra non sia cambiato niente perché la silhouette è sempre quella, ma guardando con attenzione emergono numerosi dettagli indicativi. È comparso un piccolo parabrezza, è stato rivisto il disegno del faro e sembra essere leggermente più voluminoso anche il serbatoio, nella parte superiore, mentre lo spoiler del motore probabilmente è lo stesso della Tiger Sport 800. Sembra diverso anche lo scarico e questo non stupisce, vista la maggiore cubatura, ma comunque come nella versione di minor cilindrata si sviluppa tutto sotto il motore ed esce sul fianco destro. È cambiata anche la forcella, come già è cambiata nell’ultima versione della 660, e l’impianto frenante è quello della Tiger Sport 800, mentre i cerchi sono quelli della Street Triple 765.
Considerato che l’ultima versione della Trident 660, quella del 2025, è stata aggiornata con l’adozione dell’ABS cornering e il Traction Control cornering, è evidente che anche la 800 avrà la stessa dotazione elettronica
Per quanto riguarda il motore, non dovrebbe discostarsi troppo da quello della Tiger Sport 800 per il quale vengono dichiarati 115 CV. Molti più degli 81 CV della Trident 660, anche se potrebbe esserci una piccola riduzione per ottenere un’erogazione più generosa ai bassi regimi.
La RSV è stata una pietra miliare nella storia della Casa di Noale perché fu il primo passo nell’ambito delle grosse cilindrate
Rimbalza dall’America la notizia che Aprilia ha depositato la richiesta di registrazione del marchio RSV 1000. Quel nome identificava non l’attuale RSV4 a quattro cilindri, ma la gloriosa bicilindrica a V prodotta dal 1998 al 2008: se il Gruppo Piaggio lo ha riesumato evidentemente si sta pensando a un modello nuovo che in qualche modo ne riprenda l’eredità . Magari usando il motore bicilindrico a V che attualmente viene prodotto in Cina nell’ambito della partnership Zonsen Piaggio.
Quella moto – la RSV 1000 originale – è stata una pietra miliare nella storia della Casa di Noale perché fu il primo passo nell’ambito delle grosse cilindrate: prima c’erano soltanto ciclomotori, scooter e moto sportive di 125 e 250 cm³ con motori a due tempi, per quanto dalle prestazioni brillantissime, oppure le monocilindriche fuoristrada Tuareg e Pagaso.
Ecco la prima RSV Mille
Il marchio era già diventato uno dei più importanti a livello mondiale ed era il momento di inserirsi nel mercato delle maximoto, ma significava un passo molto lungo sia a livello tecnico, sia a livello di immagine che bisognava costruire di sana pianta: a quel tempo Aprilia non era percepita dagli appassionati come un costruttore di motociclette, ma di scooter e motoleggere. Forse è anche per quello che la RSV 1000 venne pensata nel 1993 ma entrò in produzione solo cinque anni più tardi, nel 1998. Non si poteva sbagliare nulla, a rischio di bruciarsi.
Nacque con l’idea di una moto sportiva ma non troppo esasperata, l’obiettivo era rubare una fetta di mercato alla Honda VFR che allora spopolava. Però mentre la giapponese era una quattro cilindri a V, gli italiani optarono per un bicilindrico, decisi a ottenere una moto più stretta, più leggera e con una erogazione più vigorosa in basso. In azienda una esperienza approfondita su propulsori del genere non c’era e ci si appoggiò alla Rotax: il progetto venne sviluppato in collaborazione con gli austriaci (da cui già si prendevano i motori 2 tempi per le 125), ai quali venne affidata la costruzione in serie.
Il motore sviluppato da Aprilia con l'austriaca Rotax era compatto e moderno
Già allora Aprilia era “avanti†e volle qualcosa di tecnicamente avanzato, con soluzioni all’avanguardia. Venne scelto un bicilindrico a V longitudinale di 60°, più “chiuso†dei classici Ducati a V di 90° perché questo angolo consentiva una maggiore compattezza e una progettazione del telaio più libera. La cilindrata di 997,6 cm³ era determinata da misure di alesaggio e corsa superquadre, 97 x 67,5 millimetri, per avere una maggiore propensione agli altri regimi, cioè a potenze elevate. La distribuzione a quattro valvole per cilindro era comandata da un doppio albero a camme in testa che riceveva il movimento da un sistema misto ingranaggi/catena, per l’accensione c’erano due candele in ogni testata così da avere una combustione veloce nonostante l’alesaggio elevato.
Per smorzare le vibrazioni c'era il sistema AVDC con due contralberi, coperto da brevetto Aprilia. L’alimentazione avveniva tramite due corpi far fallati di 51 mm Ø e l’iniezione era gestita elettronicamente ed impiegava un iniettore per cilindro. La RSV 1000 fu anche la prima moto di serie a montare un dispositivo anti-saltellamento, aveva la frizione multi disco in bagno d’olio a comando idraulico, il cambio era a sei marce, la lubrificazione con due pompe dell’olio trocoidali e il raffreddamento a liquido.
La prima versione aveva una potenza di 128 CV a 9250 giri/minuto e una coppia di 10,5 kgm a 7000 giri/minuto all’albero, valori che sarebbero saliti considerevolmente nelle serie successive: nel 2004 la RSV 1000 R Nera prodotta in appena 200 esemplari e con abbondante uso di carbonio, magnesio, titanio e alluminio forgiato arrivò al tetto di 145 CV alla ruota, 6 in più rispetto alla versione “base†contemporanea, e pesava meno di 170 kg contro i 185 del modello standard. Un bel salto, visto che questa prima versione si fermava a 214 kg a secco.
All’avanguardia anche la ciclistica, incentrata su un telaio in lega di alluminio a doppio trave inclinato che si dimostrò uno dei migliori della categoria: la RSV 1000 ha sempre avuto fama di una guidabilità eccellente, che continuò ad essere un punto di forza anche quando nell’andar degli anni il motore perse di competitività . Aveva una forcella Öhlins a steli rovesciati di 43 mm Ø e la sospensione posteriore a leveraggi con il forcellone in alluminio, soluzione cara all’Aprilia che l’aveva impiegata anche sulla RS 125. Freni Brembo naturalmente, davanti due dischi di 320 mm Ø e dietro uno di 220 mm Ø, con ruote in lega di 17†e pneumatici rispettivamente 120/70 e 190/50.
I giudizi della stampa furono molto buoni ma era necessario costruire una credibilità motociclistica, per la quale venne presa la decisione di correre nel mondiale Superbike. È per questo motivo che nel 1999 venne lanciata la RSV 1000 SP, soli 150 esemplari necessari per ottenere l’omologazione per il campionato. Le differenze erano parecchie, addirittura l’alesaggio era stato portato a 100 mm e la corsa a 63,4 mm ottenendo una cilindrata effettiva di 995,8 cm³, c’erano corpi farfallati più grossi e l’airbox in fibra di carbonio, erano diversi gli alberi a camme e lo era pure la struttura del telaio, modificato nella rigidità torsionale (aumentata del 20%), negli attacchi motore e nel forcellone, per consentire lo spostamento del baricentro e l’allungamento del passo. In Superbike la RSV 1000 corse dal 1999 al 2002, a volte fu protagonista ma non riuscì mai a svettare come era nelle aspettative. Il miglior risultato fu il terzo posto in campionato conquistato da Troy Corser nel 2000. Nel 2002 ottiene il quarto posto con Noriyuki Haga e in molti pensano che il 2003 avrebbe potuto essere l'anno della consacrazione, ma Aprilia decide di puntare tutto sullo nuova classe MotoGP ma RS Cube è un progetto sfortunato e l'impegno in SBK finisce.
Significativi i cambiamenti della versione di serie nel corso degli anni. La seconda serie del 2000 aveva già le sovrastrutture ridisegnate, il serbatoio in nylon e non più in metallo, il motore era posizionato più in alto nel telaio e il perno forcellone più in basso, i freni restarono Brembo ma si passò alla Serie Oro con pinze Triple Bridge, e la potenza venne leggermente incrementata.
Con la seconda serie la RSV 1000 cambia nome (non più Mille) e anche faccia
Un altro grosso passo nel 2003 con la terza serie che vide la potenza salire a 138,7 CV (102 kW), l’adozione dei comandi freno e frizione con pompa radiale, una nuova carenatura e sul modello Factory anche i cerchi in alluminio forgiato, sospensioni Öhlins davanti e dietro e particolari in carbonio. Nuovo il telaio, con il baricentro più basso e il forcellone sagomato per consentire un migliore il passaggio del doppio scarico. Ridisegnate nuovamente le sovrastrutture e i fari passarono da uno a due, mentre per quanto riguarda il motore si passò ad una accensione con candela unica, vennero adottate valvole di scarico di maggiore diametro e nuovi alberi a camme, oltre ad impiegare la lega di magnesio per carter frizione e coperchi punterie, da cui il motore prese il nome di Magnesium.
Nel 2006 la quarta serie con valvole di aspirazione più grandi che portarono la potenza a 143 CV (105 kW), venne frazionata la carenatura per facilitarne lo smontaggio e il codone divenne più snello e più slanciato verso l’alto, ma oramai la gloriosa RSV 1000 era alla fine della corsa: nel settembre 2008 venne presentata la RSV4, che l’anno dopo sarebbe arrivata dai concessionari mandandola in pensione.
Però resta da vedere cosa si nasconda dietro quella registrazione del marchio RSV 1000 cui si accennava all’inizio: a volte ritornano. Bisognerà vedere sotto che forma.
I 30 milioni di euro stanziati per gli incentivi 2025 erano di fatto rimasti “bloccati†a causa dell’impossibilità da parte dei concessionari di accedere al portale e, quindi, richiedere lo sconto. Ora che il sito è di nuovo operativo, conviene affrettarsi
Già in difficoltà (ad eccezione delle micro-car, che hanno invece registrato qualche immatricolazione in più), il mercato degli elettrici dall’inizio di quest’anno è stato ulteriormente “ostacolato†dalla mancata riattivazione del portale ministeriale dedicato alla gestione degli incentivi. I soldi c’erano, ma il sito messo a disposizione dei concessionari era bloccato. Nonostante i 30 milioni di euro messi a disposizione per il 2025, i bonus per l’acquisto di moto e scooter elettrici sono infatti rimasti “inaccessibiliâ€: il problema non riguardava i fondi, ma, appunto, il portale attraverso cui i concessionari avviano le pratiche di “rimborsoâ€. In pratica, nessun rivenditore, fino ad oggi, si assumeva il rischio di praticare uno sconto che poi sarebbe potuto diventare difficile da recuperare.
Una situazione già evidenziata dal presidente di Confindustria ANCMA Mariano Roman che, in più occasioni, aveva chiesto “una rapida riapertura al fine di favorire l’applicazione ordinata della normaâ€. Richiesta finalmente accolta dato che, da quanto si apprende, il portale è finalmente tornato operativo e, con esso, la possibilità di accedere effettivamente ai bonus. Ora che il portale è tornato operativo, conviene affrettarsi. Facciamo un breve ripasso…
Gli incentivi statali riguardano moto, scooter, tricicli e quadricicli elettrici e ibridi, (nonostante quest’ultimi non esistano al momento sul mercato). Le cifre sono interessanti:
NB: gli sconti vanno calcolati sul prezzo praticato dal concessionario senza IVA, che verrà poi calcolata ed aggiunta al prezzo incentivato.
Le pratiche burocratiche per ottenere lo sconto vengono fatte dal concessionario, chi compra deve solo pagare. Ma fate attenzione, ci sono alcune regole da rispettare per ottenere i contributi: eccole.
- Per ottenere il bonus al 40% bisogna rottamare una moto o uno scooter omologati Euro 0/1/2/3.
- Il veicolo rottamato deve essere intestato da almeno 12 mesi a chi sta comprando lo scooter elettrico. Può anche essere di un familiare purché sia “conviventeâ€, cioè abiti nella stessa casa.
- Il veicolo da rottamare deve essere consegnato al concessionario contestualmente all’acquisto del nuovo veicolo.
- Per avere i contributi si possono rottamare anche i ciclomotori, ma devono essere regolarmente targati: non vanno bene quelli senza targa o con la vecchia targhetta a 5 caratteri.
- Gli incentivi valgono per acquistare qualsiasi veicolo di categoria L (moto, scooter, tricicli e quadricicli): si può rottamare una moto a benzina per comprare un quadriciclo elettrico, ma anche un quadriciclo a benzina per una moto elettrica e così via.
- I bonus sono riservati solo ed unicamente ai privati, quindi niente società di sharing. Una decisione presa appunto per scongiurare il rischio delle autoimmatricolazioni e dei km zero. I bonus valgono anche se si acquista il veicolo in leasing.
- La piattaforma messa a disposizione dal Ministero è operativa, i consumatori possono acquistare moto e scooter approfittando degli incentivi fino ad esaurimento dei fondi.