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News n. 1
Moto usate vintage: belle spendendo poco Moto usate vintage: belle spendendo poco

Le moto con linee moderne vi hanno stufati? Compratevi una “classica†con meccanica moderna ma ben nascosta sotto linee retrò. I modelli con qualche anno sulle spalle costano poco e si fanno buoni affari

massimo.miliani

Le moto modern classic piacciono tanto e la moda non sembra rallentare. Ci sono modelli che hanno ormai oltre 15 anni sulle spalle, sono quasi d'epoca nonostante motori e ciclistiche comunque attuali. Vista l'età si trovano a prezzi piuttosto interessanti, vi facciamo qualche esempio qui sotto. Scegliete quello che preferite! 

Ducati GT1000

Prodotta dal 2006 al 2010, è la stradale classic secondo Ducati. Il motore 1000 raffreddato ad aria è irregolare ai bassi regimi, ma ai medi ha grinta da vendere e allunga bene agli alti regimi. La posizione di guida è comoda, il busto è leggermente inclinato e le braccia ben distese ad impugnare il largo manubrio. In curva è precisa anche se va guidata di corpo, agendo con decisione per farla scendere in piega. I freni sono efficaci ma il comfort però è limitato dalla rigidità delle sospensioni, in particolare i due ammortizzatori dietro. Soffre anche il passeggero.


Cosa controllare


Qualche problemuccio qui e là delle parti elettriche, con le classiche spie che non si accendono; comunque nulla di grave. Controllate lo stato dei silenziatori, esposti agli urti. Il comando della frizione duro può essere ammorbidito montando l’attuatore del catalogo Ducati performance.


Quotazioni

 da 3.500 a 6.000 euro




Moto Guzzi V7 Classic

La prima serie della V7 (prodotta dal 2007 al 2012) è una tranquilla stradale, facile da guidare e maneggevole. Il motore ha pochi cavalli (38,5 rilevati alla ruota), ma più che sufficienti per cavarsela in città. La V7 va bene anche per qualche gitarella senza  troppa fretta e accoglie più che dignitosamente il passeggero.
I freni non sono male, le finiture sufficienti anche se c’è troppa plastica. Deludono un po’ il cambio (lento e non sempre preciso) e la sospensione posteriore rigida e decisamente in difficoltà sui pavé.


Cosa controllare


Non spaventatevi se vedete tracce d’olio sul foro di scarico della marmitta. D’obbligo invece un controllo generale sulla funzionalità dell’impianto elettrico (fari, frecce, spie sul cruscotto). Controllate con cura la carrozzeria che può soffrire per le vibrazioni del motore. La ruggine può attaccare i dischi freno e l’impianto di scarico. Problemi anche all’impianto di iniezione (spegnimenti etc etc).


Quotazioni

 da 2.000 a 3.800 euro
 

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Harley-Davidson Sportster

Gli esemplari più vecchi della “piccola†Harley-Davidson si trovano ormai a prezzi poco impegnativi. Da scegliere i modelli dal 2004 in avanti perché il motore è montato su supporti in gomma che smorzano efficacemente le vibrazioni. I modelli precedenti invece trasmettono vibrazioni e “pulsazioni†molto fastidiose.
La 883 è facile da guidare e abbastanza agile, nonostante il peso. Il motore è tranquillo e ben gestibile, mentre i freni sono da strizzare con decisione, perché faticano a rallentare gli oltre 250 kg in ordine di marcia. Mettete in conto anche il cambio lento e rumoroso.


Punti deboli 


Le Harley originali “come mamma le ha fatte†non esistono: chi compra queste moto primo o poi le personalizza. Bisogna vedere a chi si è affidato e se ha usato accessori originali oppure no. In generale le moto troppo pasticciate o “fatte in casa†sono da evitare perché possono dare noie. Occhio agli scarichi aperti: possono causare problemi alle valvole di scarico se l’alimentazione non è ben regolata. Buttate un occhio allo stato dei freni e al libretto dei tagliandi: l’assistenza H-D costa cara, ma è una garanzia.


Quotazioni

 da 3.000 a 7.500 euro

Kawasaki ZRX 1200

È una Kawa al 100%: il carattere sportivo non le manca. L’assetto è rigido e i freni con pinze a sei pistoncini mordono forte. Il motore 1200 spinge come una furia già da 4.000 giri e sale rapido di giri.
La distanza tra sella e pedane è ridotta, chi è sopra il metro e ottanta è costretto a piegare troppo le gambe. In movimento la ZRX è stabile e precisa ma poco agile: va “convinta†a scendere in piega agendo con decisione su pedane e manubrio, ma risulta sempre lenta nei cambi di direzione. Il motore beve parecchio. In città è un po’ impacciata.


Punti deboli


Il discorso è analogo alla CB 1300: la ZRX è una moto di sostanza, capace di digerire chilometraggi elevati. Occhio solo allo stato dei dischi (stressati dalle pinze a sei pistoncini) e a quello delle sospensioni, in particolare i due ammortizzatori. Silenziatore esposto agli urti.


Quotazioni

 da 1.000 a 2.000 euro
 


Kawasaki W650

Bella, affidabile e maneggevole, la W 650 è una stradale “da passeggioâ€, comoda e ospitale anche per il passeggero. Il motore bicilindrico è ben gestibile e va bene anche per chi ha poca esperienza, ma non chiedetegli prestazioni elevate e grinta da sportiva. Il peso da noi rilevato era di 204 kg in ordine di marcia: da fermo la W 650 si manovra quindi senza difficoltà, la sella bassa e il manubrio largo facilitano le cose.
I freni sono discreti: dietro c’è un tamburo poco potente mentre il disco davanti è efficace. Intorno ai 5.000 giri si sentono delle vibrazioni che alla lunga diventano fastidiose. Le sospensioni sono morbide e mal digeriscono la guida “d’attaccoâ€.


Cosa controllare


I sostegni del faro davanti soffrono le vibrazioni trasmesse dal motore e possono rompersi. Occhio ai freni: il tamburo può essere “cotto†dopo 20.000 km, il disco dopo 30.000 km. Anche gli ammortizzatori (di tipo economico) vanno KO dopo poco tempo (20.000 km).


Quotazioni

 da 1.500 a 3.500 euro


Triumph Bonneville

Un classico della gamma Triumph. La prima serie prodotta dal 2001 al 2013, nel corso degli anni ha subito poche modifiche: la più importante è stata l’aumento della cilindrata (da 790 a 865 cm3). La “Bonnie†è una moto valida, buona per la città e per qualche gita o viaggio poco impegnativo. Anche se non è un “fuscello†(218 kg rilevati), in movimento è agile e facile da manovrare.
Il bicilindrico inglese è piuttosto tranquillo, regolare nel trasmettere i cavalli, sale di giri senza fretta e consuma il giusto. L’impianto frenante è sufficiente, ma il disco davanti fatica un po’ a gestire la mole della moto. Rigida la sospensione posteriore, buona la sistemazione del passeggero. Finiture discrete, ma non di lusso.


Punti deboli 


Le cromature sono “sensibili†alla ruggine: occhio soprattutto a fari, ruote e carter motore. Possibile formazione di condensa all’interno del cruscotto. Controllate la frizione: se innesta le marce in maniera brusca può essere la campana deformata. Gli scarichi sulle moto Euro 3 possono cuocere e assumere una colorazione azzurrognola. I carburatori (se ci sono) vanno sincronizzati in caso di  problemi di avviamento a freddo.

 
Quotazioni

 da 2.000 a 4.500 euro
 

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Yamaha XJR 1300

L’aspetto è grintoso e il motore 1300 non delude: è fluido ma bello “sveglio†sin dai regimi medio-bassi ed è capace di buone prestazioni. La XJR però è anche molto confortevole: le sospensioni sono morbide (quindi poco adatte alla guida sportiva) e assorbono bene buche e pavé, mentre la sella da parte sua non delude, larga il giusto, ben imbottita e ospitale anche per il passeggero che ha tanto spazio a disposizione.
La grossa cilindrata si fa sentire dal benzinaio: i consumi sono sempre alti, difficile andare oltre i 14/15 km/litro. Ottime le finiture: verniciature e componentistica sono di tipica qualità “giapponese†(cioè elevata).


Cosa controllare


Possibili perdite d’olio dal sistema idraulico della frizione. Occhio anche alla testata: l’ammortizzatore di sterzo è collegato ad essa e col passare del tempo le sollecitazioni a cui è sottoposta possono danneggiare la guarnizione della testata. Qualche raro caso di problema alla ruota libera del motorino di avviamento. Occhio anche agli ammortizzatori (si “scaricano†in fretta) mentre gli specchietti si allentano facilmente.


Quotazioni

 da 1.500 a 6.800 euro

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giggio
Gio, 13/09/2012 - 09:16
Interessante questo pezzo! Ma quanto è brutta la Ducati... chi se la piglia?
e ti assicuro che ha prestazioni (motore e telaio) esaltanti. Insomma, va bene per chi vuole girare in incognito, per poi lasciare di stucco buona parte delle naked medie su qualsiasi misto, ma anche in autostrada (ha 92 CV e oltre 9 kgm)
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topomoto
Gio, 13/09/2012 - 10:10
Preferisco la Kawasaki
XXXYYY
Gio, 13/09/2012 - 11:01
Interessanti queste mini-guide! Se non altro mi hanno evitato di andare a provare una Kawasaki ZRX 1200 (sono ben più alto dei 180 cm...)
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malo
Gio, 13/09/2012 - 12:34
Le moto vintage sono le mie preferite, in effetti poi gli usati hanno prezzi ragionevoli! A me piacciono la Kawasaki.
Lorro
Gio, 13/09/2012 - 19:02
Possessore entusiasta dell'Eddie Lawson replica, la bellissima R, vorrei specificaste che la valutazione può variare non dai mille ai duemila € ma dai mille ai seimila. Inoltre vorrei sfatare la leggenda della seduta un pò bassa: ho montato una sella gunfighter della Corbin (che è ancora più bassa dell'originale), sono alto 1,83 e non giro con le ginocchia rannicchiate! Certo non siamo al cospetto di una KTM ma la seduta della moto è molto comoda e solo il passeggero, quello si, sta un pò "rannicchiato". Per il resto...grande moto e prestazioni, grande affidabilità e grande fascino! Dimenticavo d dire che faccio mediamente, con una moto vera, i 18 Km al litro senza risparmiare troppo il mio polso. Insomma, per consumi sfido minori cilindrate e tutti i maxi scooter e per prestazioni....mi sono tolto grandi soddisfazioni anche con moto più sportive e potenti!
enzorock
Gio, 13/09/2012 - 23:23
I prezzi di questi modelli usati non sono quelli da voi indicati! Assolutamente impossibile, ad esempio, traovare una Bonneville al di sotto dei 4500/5000 euro! Altro che 2000!!! Anche la Sportster a 3000 euro!!! Ma quando mai? Mi dispiace ma sono errori gravi, non dovreste farli. Con rispetto Enzo
Moto usate
Data articolo: Tue, 09 Dec 2025 14:13:48 +0000
News n. 2
Honda SH 350, è davvero più veloce? Ecco tutta la verità (con i dati) Honda SH 350, è davvero più veloce? Ecco tutta la verità (con i dati)

L'Honda SH  Ã¨ un punto di riferimento tra gli scooter fin dal 2007. Il più potente è il 350i che offre prestazioni brillanti e una stabilità eccellente. Ma come si comporta davvero nella giungla urbana? Ecco tutti i rilevamenti

massimo.miliani

La famiglia degli SH è da sempre in testa alle classifiche di vendita e infatti il 350 tra i midi scooter è il più gettonato. Tante le qualità, che il nostro centro prove ha messo messo su bianco con i dati delle prestazioni. Eccole qui sotto.

Accelerazione e ripresa

  • Velocità massima: 124,5 km/h
  • Accelerazione 0-100 km/h: 9,9 secondi
  • Accelerazione 0-400 metri: 17,1 secondi
  • Accelerazione 0-1000 metri: 35,1 secondi
  • Ripresa da 50 km/h in 400 metri: 15,2 secondi
  • Ripresa da 50 km/h in 1000 metri: 33,1 secondi
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Beve poco

  • Autostrada: 17,9 km/l
  • Extraurbano: 29,9 km/l
  • A 90 km/h: 30,1 km/l
  • A 120 km/h: 18,8 km/l
  • Consumo massimo: 14,1 km/l
  • Autonomia a 120 km/h: 165,6 km
  • Autonomia massima: 124,3 km

Nonostante le prestazioni brillanti, l'SH 350i si dimostra parco nei consumi, consentendo di percorrere lunghe distanze senza dover ricorrere troppo spesso al rifornimento.

Potenza, coppia e peso

Potenza massima: 23,1 CV/17,2-7.000 giri

Coppia massima: 2,62 kgm/27,7 Nm-5400 giri

Peso: 172,5 kg

Prezzo

L'Honda SH 350i è disponibile a 5.990 euro, un prezzo competitivo, considerando le sue prestazioni, la sua dotazione e la sua affidabilità. Il bauletto da 37 litri incluso nella dotazione di serie aumenta ulteriormente la sua praticità e il suo valore.

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Il parabrezza è offerto di serie e si apre con la smart-key

Come va

La posizione di guida dell'SH 350i è naturale e confortevole, grazie alla sella ampia e al manubrio alto e vicino al pilota. La pedana piatta offre ampio spazio per i piedi e permette di caricare anche un piccolo zaino. Il parabrezza, soprattutto per i piloti pià alti, può risultare un po' vicino al casco risultando così un po' scomodo, soprattutto quando piove. Il telaio a semi doppia culla in tubi d'acciaio dell'SH 350i è leggero e rigido, e garantisce una buona stabilità anche alle alte velocità. I due ammortizzatori posteriori sono regolabili nel precarico molla su cinque posizioni e offrono un buon compromesso tra comfort e sportività, anche se in città possono risultare un po' rigidi.

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Sicuro e ben dotato

L'impianto frenante dell'SH 350i è all'altezza delle prestazioni. I due dischi freno garantiscono spazi di arresto contenuti e l'ABS interviene in modo efficace e poco invasivo. Il sistema di lampeggio delle frecce in caso di frenata brusca, poi, aumenta ulteriormente la sicurezza attiva. L'Honda SH 350i è dotato di serie di tutto ciò che serve per muoversi in città e fuori porta con comfort e sicurezza. Oltre al bauletto da 37 litri, cisono le luci a LED, paramani, parabrezza alto e una smart key per l'avviamento senza chiave.

Vivere con la moto
5990
Data articolo: Tue, 09 Dec 2025 10:03:40 +0000
News n. 3
Suzuki RGV Γ 500: con Kenny Roberts Jr il canto del cigno Suzuki RGV Γ 500: con Kenny Roberts Jr il canto del cigno

Nel 2000 il prototipo di Hamamatsu riuscì a conquistare il mondiale, interrompendo il dominio Honda che durava dal 1994. Meno potente della rivale, aveva il suo punto di forza nella maneggevolezza

guiss

Le vittorie mondiali di Suzuki nella classe regina del motociclismo sportivo in questo ultimo quarto di secolo sono state solo due: il campionato conquistato da Joan Mir con la GSX-RR nel 2020 e quello di due decenni prima, vinto da Kenny Roberts Junior con la RGV Γ 500. In entrambe le occasioni si è trattato di affermazioni sporadiche, ma con moto decisamente “indovinate†sotto il profilo tecnico. La Gamma in particolare è stata l'ultima esponente della saga delle due tempi di Hamamatsu nel motomondiale, l'ultima capace di rompere il dominio di Honda, al tramonto della categoria.


Una storia vincente

Suzuki può giustamente vantarsi di essere stata la prima casa a vincere con il due tempi nella classe regina del motomondiale. È il 1971 e il neozelandese Jack Findley riscrive i libri di storia in occasione del Gran Premio dell’Ulster. Seguono poi le tante affermazioni di Barry Sheene, i successi dei nostri Marco Lucchinelli e Franco Uncini, le gesta impagabili di Kevin Schwantz.

La prima RGV Gamma nasce nel 1987 in sostituzione della precedente RG con cilindri in quadrato: appare sulla scena insieme all'arrivo in Europa del grande campione texano. Con lui divide equamente vittorie e delusioni: il motore è un superquadro (56x50,6) con aspirazione lamellare nel carter. Solo dieci anni più tardi il propulsore V4 bialbero cambia quote, diventando perfettamente quadro (54x54). La moto è una delle più versatili della griglia ma, dopo il ritiro di Schwantz, Suzuki brancola nel buio tanto sul fronte della leadership in pista che deella direzione tecnica da intraprendere. Tre anni trascorrono senza successi ed è solo con il 1999 che il progetto di Hamamatsu torna a essere vincente.


Cambio di passo

La nuova Suzuki porta la sigla di progetto XR89 e viene rivoltata come un calzino nelle geometrie da Warren Willing, che la rende ancora più maneggevole. Il neo guru proviene dal team di Kenny Roberts e dalla fallimentare esperienza del progetto homemade voluto dal californiano con la sua KR prodotta in collaborazione con Tom Walkinshaw. Willing porta in Suzuki tanta voglia di innovare e anche Junior, fino ad allora considerato sostanzialmente “solo†il figlio del vulcanico padre. La coppia funziona e già nel 1999 la RGV si mostra competitiva. I 180 cavalli espressi non la spingono alle velocità maturate sul dritto dalla Honda NSR, ma la nuova distribuzione dei pesi rende la moto molto efficace. Le masse vengono portate maggiormente verso l'anteriore (54% contro 46% al posteriore), le sospensioni Showa vengono sostituite da delle Öhlins. L'alimentazione a carburatori ha già abbandonato i Mikuni dalla stagione precedente in favore dei più performanti Keihin da 36mm di diametro. La linea, che cerca di sfruttare al meglio l'aerodinamica, può piacere o meno: è inconfondibile con il grande codone che guarda all'ingiù e che diventa un marchio di fabbrica anche per le GSX-R di produzione. Il peso è di 132 chilogrammi.

Il successo arriva già nel gran premio di apertura della stagione, con Kenny Roberts Junior che riesce a imporsi su Carlos Checa e Mick Doohan, bissando il successo anche nella successiva gara in Giappone. L'uscita di scena del 5 volte campione del mondo australiano a Jerez de la Frontera per infortunio trasforma il mondiale in un affare a due tra il californiano e Alex Criville. A fine stagione Roberts Jr. però non riesce a recuperare sullo spagnolo e una Honda globalmente più performante: chiude staccato di 47 punti, con 4 vittorie all'attivo.

L'anno buono

La ricetta per l'anno 2000 non cambia: maneggevolezza invece di potenza bruta. La NSR vanta una quindicina di cavalli in più, ma i 185 espressi dalla Suzuki sono più che sufficienti, grazie a una curva di erogazione migliorata tra i 5000 e i 9000 giri/min e a un allungo che riesce finalmente a spingersi oltre il muro dei 14.000 giri/min. L'angolo tra i cilindri – con misure di alesaggio x corsa ora di 54,0x54,5- viene allargato, portandolo da 70° a 80°, in modo da alloggiare meglio i pacchi lamellari. Viene anche rivista la configurazione di scoppio: si torna al big-bang, che favorisce la trazione ai medi regimi, anche se permane qualche problema di consumo gomma dovuto all'eccesso di freno motore. Suzuki sperimenta la soluzione da 16,5†per la ruota anteriore, ma si decide poi di mantenere la 17†per l'intero campionato.

La stagione parte bene quanto la precedente, o forse meglio. Junior centra due vittorie e un secondo posto nelle prime quattro gare. Mentre Valentino Rossi apprende i segreti della mezzo di litro, Max Biaggi non trova la quadra con la sua Yamaha e Alex Criville è l'ombra del campione del 1999, il pilota Suzuki prende il largo in classifica. Nel corso della stagione la sua RGV Γ si dimostra una moto molto efficace sul bagnato e il californiano è bravo a giocarsi bene tutte le carte a proprio favore. Anche nel 2000, Roberts Jr. vince “solo†4 gare, ma arriva altrettante volte secondo al traguardo e va sempre a punti, con l'eccezione di un solo ritiro. Nel gran premio del Brasile Kenny si laurea campione, a vent'anni di distanza esatti dal successo di suo padre.


 

Verso il futuro

Il 2001 è l'ultimo anno di vita della RGV Gamma, che però non onora al meglio il numero uno sul cupolino. Arriva solo una vittoria e nemmeno per mano del campione in carica, ma del compagno di squadra Sete Gibernau. In Suzuki la mente è già rivolta all'anno successivo e alla prima quattro tempi della nuova era MotoGP. La GSV-R non avrà gran fortuna e otterrà un solo successo – sul bagnato, con Vermeulen nel 2006- nella sua lunga carriera. Ma questa è un'altra storia.

Sport e piloti
Data articolo: Tue, 09 Dec 2025 09:51:58 +0000
News n. 4
Cinquantini enduro e motard più cattivi con le marmitte a serpentone Polini Cinquantini enduro e motard più cattivi con le marmitte a serpentone Polini

Le nuove marmitte For Race 2 sono state completamente riprogettate con l’obiettivo di offrire il massimo in termini di prestazioni

malo

Per togliersi delle soddisfazioni nell’enduro e nel motard ci vogliono motori con dei cavalli e pure un buon tiro in basso, cosa non semplicissima da ottenere quando si ha a disposizione una cilindrata di soli 50 cm³. Polini Motori vi dà una mano con le nuove marmitte For Race 2, completamente riprogettate con l’obiettivo di offrire il massimo in termini di prestazioni. 

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Scarichi a serpentone

Sono destinati ai motori Minarelli AM6 e Derbi 50 a due tempi ed hanno una conformazione a serpentone, cioè passano alti così da non rischiare di toccare sotto nelle “pieghe†più accentuate o nei passaggi su fondi molto scabrosi. Il disegno è stato studiato in modo che si adattino ai telai dei principali marchi impegnati in questo segmento, così da rendere semplice il montaggio. I tecnici del reparto esperienze bergamasco li hanno progettati con l’attenzione ad ottenere una risposta pronta e un buon tiro ai regimi medi e alti.

Acciaio e alluminio

Gli scarichi sono in lamiera di acciaio e sono dotati di un nuovo silenziatore finale in alluminio anodizzato nero con fondello ricavato dal pieno, smontabile per facilitare la sostituzione del materiale fonoassorbente; sul silenziatore e su uno scarico il logo Polini For Race inciso al laser.

Sono prodotti in sei modelli, per le moto di cinque costruttori: codice 200.0501 Fantic, codice 200.0503 Rieju, codice 200.0504 Derbi, codice 200.0505 Sherco, mentre per la Beta ci sono sia il codice 200.0506 (Beta ES) e che il codice 200.0507 (Beta E3/E4). I prezzi al pubblico partono da 268 € più Iva.

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Parti speciali
Data articolo: Mon, 08 Dec 2025 13:05:47 +0000
News n. 5
Voglia di fuoristrada per il 2026? Ecco le crossover 500 a meno di 8.000 euro Voglia di fuoristrada per il 2026? Ecco le crossover 500 a meno di 8.000 euro

Sono perfette per chi vuole imparare ad andare in fuoristrada, ma risultano divertenti anche per chi ha già una buona esperienza

RiccardoVilla

Quando parliamo di moto dedicate ai patentati con A2, si pensa subito a modelli facili rivolti a chi ha poca esperienza. Se però si passa alla categoria delle Adventure, il discorso in parte cambia: questi modelli vanno bene anche per chi ha esperienza e in fuoristrada ci sa andare ma è alla ricerca di un mezzo leggero e con prestazioni gestibili senza fatica. Ecco quindi cinque modelli guidabili con la patente A2, con cerchio anteriore da 21â€, pesi inferiori ai 200 kg, spiccate doti fuoristradistiche e... buon prezzo!

CFMOTO 450MT

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La 450 MTè  uno dei modelli più interessanti del produttore cinese. Si tratta di una adventure spinta dal bicilindrico parallelo di 449 cm3 che ritroniamo anche sulla sportiva SR, sulla naked NK e sulla cruiser CL-C. Dotato di fasatura a 270 gradi e 47 CV di potenza massima, è inserito all’interno di un telaio in tubi di acciaio. Di qualità il reparto sospensioni, che vede unità Kayaba regolabili nell’idraulica e nel precarico, con forcella a steli rovesciati di 41 mm di diametro e monoammortizzatore con serbatoio separato. L’impianto frenante è firmato J.Juan e utilizza due dischi: 320 mm davanti e 240 mm dietro, con ABS disinseribile per la guida in fuoristrada. I cerchi sono a raggi: 21†l’anteriore e 18†il posteriore, con pneumatici leggermente tassellati. Il peso è di 173 kg a secco.

Prezzo: 5.990 euro f.c.


Kove 450 Rally

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Sognare non costa nulla... per questo motivo abbiamo inserito in questa rassegna anche la Kove 450 Rally che ha un prezzo decisamente superiore rispetto a tutte le altre.

Si tratta però di un modello specialistico praticamente pronto gara, ma comunque adatta per imparare a guidare in offroad. È spinta da un motore monocilindrico di 449 cm3 accreditato di 42 CV a 8.000 giri/min., inserita in un telaio a doppia trave in acciaio, a cui quale sono abbinate una forcella a steli rovesciati di 43 mm regolabile nell'idraulica e un monoammortizzatore con link progressivo. L'escursione è da vera moto da rally, nella versione Hight è di 305 mm all'avantreno e 300 mm al retrotreno. Le ruote sono a raggi, l’anteriore da 21†e la posteriore da 18â€, con pneumatici tassellati rispettivamente 90/90 e 140/80. Il peso dichiarato è di appena 155 kg in ordine di marcia.

Prezzo: 9.690 euro f.c.

Moto Morini ALLTRHIKE

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Anche la Casa di Trivolzio entra nel segmento con la ALLTRHIKE, una Adventure pensata per il fuoristrada anche impegnativo. È spinta da un bicilindrico in linea di 450 cm3, con 4 valvole per cilindro con una potenza massima di 44,2 CV a 8500 giri/min. Il telaio è a traliccio in acciaio, mentre il forcellone è in alluminio. Completamente regolabili le sospensioni, con forcella KYB a steli rovesciati da 41 mm di diametro ed escursione ruota di 210 mm e monoammortizzatore con escursione di 190 mm. L’impianto frenante vede un disco di 320 mm all’avantreno e uno di 255 mm al retrotreno, con ABS disinseribile. I cerchi sono a raggi da 21†l’anteriore e 18†il posteriore, mentre il peso è di 170 kg a secco.È disponibile in versione standard o "High Equipped" con paramani, sella e manopole riscaldate.

Prezzi: 5.890 - 6.140 euro f.c.

Rieju Aventura 500

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Si tratta di una adventure spinta da un bicilindrico parallelo frontemarcia con 47 CV di potenza massima, distribuzione a doppio albero a camme in testa, otto valvole, iniezione elettronica, raffreddamento a liquido e cambio a sei marce. Un’unità progettata sulla falsariga del twin parallelo di Honda, che equipaggia la gamma 500 della Casa dell’Ala. A livello ciclistico la Rieju Aventura sfoggia un telaio in tubi d’acciaio, abbinato a sospensioni con escursione di 190 mm: dietro un forcellone in alluminio con unico ammortizzatore centrale, davanti una forcella a steli rovesciati di 43 mm di diametro. I dischi freno sono a margherita: l’anteriore da 298 mm, il posteriore da 240 mm, entrambi con ABS. Le ruote a raggi montano pneumatici tassellati nelle misure 90/90-21†davanti e 150/70-18†dietro. Il peso è di 190 kg in ordine di marcia.

Prezzo: 7.920 euro f.c.

Royal Enfield Himalayan 450

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La Himalayan 450, fra le cinque, è la più essenziale nello stile e nell’estetica. È spinta da un monocilindrico raffreddato a liquido di 452 cc, con cambio a 6 marce, acceleratore ride-by-wire e due riding mode (Eco e Performance). La potenza massima è di 40 CV a 8.000 giri/min. Il telaio è una struttura a doppia trave in acciaio, su cui “lavorano†una forcella a steli rovesciati di 43 mm di diametro e un monoammortizzatore regolabile nel precarico, entrambi con 200 mm di escursione. L’impianto frenante è composto da un disco anteriore da 320 mm e uno posteriore da 270 mm. I cerchi sono a raggi: 21†l’anteriore e 17†il posteriore. Il peso dichiarato è di 196 kg a secco. 

Prezzo: a partire da 5.900 euro f.c.

Da sapere
Data articolo: Mon, 08 Dec 2025 11:52:08 +0000
News n. 6
Kawasaki Square Four 750, la storia sconosciuta del mostro giapponese 4 cilinrdi 2 T Kawasaki Square Four 750, la storia sconosciuta del mostro giapponese 4 cilinrdi 2 T

Kawasaki aveva sviluppato una meravigliosa 750 cm³ a due tempi quattro cilindri in quadrato stradale, ma le norme Usa sulle emissioni inquinanti cancellarono il suo sviluppo

malo

Oramai di acqua sotto i ponti ne è passata tanta, ma non si finisce mai di scoprire storie interessanti. Dal Giappone rimbalza la notizia che all’inizio degli anni ‘70 la Kawasaki aveva sviluppato una meravigliosa 750 cm³ a due tempi quattro cilindri in quadrato stradale. Una bomba che rimase inesplosa a causa del Muskie Act statunitense, la legge sul controllo delle emissioni inquinanti: vennero introdotti limiti sui gas di scarico ritenuti troppo restrittivi per un motore a due tempi, al punto che nel 1973 la Casa di Akashi decise di abbandonare il progetto quando era oramai in dirittura di arrivo.

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Tre modelli in sviluppo

C'erano tre diverse moto allo studio, che avrebbero dovuto dare continuità al grande successo della Z1 900. Uno era una sei cilindri di 1000 cm³, un altro era caratterizzato dal motore Wankel che in quel momento aveva suscitato notevole interesse presso tutti i costruttori, il terzo era il mostro di 750 cm³ a due tempi quattro cilindri in quadrato; la stessa disposizione che negli anni successivi si sarebbe affermata tra le 500 da Gran Premio, con Suzuki.

Due carburatori o iniezione

Il motore di Hamamatsu però aveva l’ammissione controllata da dischi rotanti mentre in quello della Kawasaki era controllata dal movimento del pistone. Le due bancate, anteriore e posteriore, erano collegate da una catena e ruotavano nello stesso senso, e l’ordine di scoppio con gli alberi motore sfasati di 90° l’uno dall’altro portava a quattro fasi attive per ogni giro, garantendo una notevole fluidità di erogazione.

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Un’architettura del genere porta però a difficoltà di collocazione dei carburatori, e per questo motivo ce n’erano due soltanto, e ognuno di essi alimentava una coppia di cilindri.  Gli scarichi uscivano di fianco e confluivano in due marmitte, una per lato, entrambe con due uscite indipendenti. Si stava già considerando l’ipotesi di un’alimentazione a iniezione che per quei tempi sarebbe stata una scelta avanzatissima. L’avviamento era elettrico ma il motore era dotato anche di kick starter. 

Aveva 75 CV

Gli ingegneri avevano già ottenuto una potenza rilevante, 75 CV, ed avevano già iniziato a sviluppare anche una versione da corsa, ma nel 1973 il progetto venne fermato.

Non ebbero fortuna nemmeno gli altri due studi: il motore Wankel aveva diversi problemi che portarono alla decisione di abbandonarlo, mentre il sei cilindri non aveva un temperamento grintoso conforme agli standard Kawasaki di quel periodo e fece la stessa fine.

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Storie di moto
Data articolo: Mon, 08 Dec 2025 10:55:00 +0000
News n. 7
I bike park per e-mtb: quanto costano, dove sono e per chi sono I bike park per e-mtb: quanto costano, dove sono e per chi sono

Offrono percorsi in fuoristrada con differenti gradi di difficoltà e tanti servizi che rendono le giornate in sella alle bici elettriche ancora più divertenti. Ecco i migliori d'Italia

Stefano Panzeri

I bike park sono veri e propri parchi divertimenti per le due ruote a pedali, con percorsi caratterizzati da difficoltà crescenti identificate dai colori verde, blu, rosso e nero. Tracciati affiancati spesso da percorsi studiati per affinare tecniche specifiche o da itinerari escursionistici per pedalare in relax. In più offrono numerosi servizi, come il nolo di e-bike, caschi e kit di protezione, tour guidati, officine di riparazione e bike hotels con proposte su misura per i ciclisti. Qui sotto trovate una carrellata delle migliori strutture presenti lungo la Penisola: Amiata Freeride Bikepark, Mottolino di Livigno, Bike Park Val di Sole, Cimone Bike Park, Kronplatz Bike Park Brunico, Maggiora Bike Park, Sellata Trail Center, Vittoria Park.

Amiata Freeride

Si pedala immersi nella faggeta Amiatina raggiunta tramite seggiovia o shuttle (20 euro circa) per poi scendere scegliendo uno dei 10 trail, comprese due “nere†impegnative, la Dirty Sanchez con passaggi tra rocce vulcaniche e l’Amante, 2 km di pura adrenalina. Per i piccoli c’è il Fun Park con tre linee (verde, rossa e nera), per i principianti l’8 Volante e la Froggy e per gli altri tracciati con crescente difficoltà e aree tecniche come la Jump e l’Hip Hop. Alternative apprezzate sono la vicina Pump Track di Castel di Piano, i tracciati escursionistici sui sentieri dell’Amiata e i bike tour lungo le strade bianche toscane pedalando sulle colline della Val d’Orcia o alla scoperta di borghi e mare della Maremma. I prezzi variano da 7,5 euro per una risalita ai 28 euro della giornata (23 per i junior), ma ci sono diverse opzioni da scegliere. Numerosi i servizi: dal nolo fino alla bike school. 
amiatafreeridebikeresort.com

Bikepark Mottolino di Livigno

La struttura nel “piccolo Tibet†è tra le più apprezzate dai bikers nazionali e stranieri, in particolare da quelli che amano il downhill. A richiamarli sono soprattutto le piste estreme come la Black Eye, con pendenza del 31,9%, e la Sic58, già trail del Downhill World Championship. In alternativa ci sono altri 12 percorsi con differenti difficoltà, le linee speciali come la Jump Area e la Slopestyle Area e innumerevoli percorsi escursionistici immersi nella natura. Ottima la qualità dei servizi. Il giornaliero costa 40 euro, ma ci sono anche il mattiniero (29,50 euro), il pomeridiano (34 euro) e pacchetti all inclusive vantaggiosi.
www.mottolino.com

Bike Park Val di Sole

Paradiso dei bikers nel cuore del Trentino, con molti servizi bike friendly e 4 tracciati spettacolari, compresa la celebre “nera†Black Snake che dal 2006 è sede fissa della Coppa del Mondo di Mountain Bike. Altrettanto emozionante la Wilde Grizzly, pista “rosso-nera†riservata agli esperti, e le due suggestive rosse Golden Eagle e White Wolf. Oltre alle piste del bike park si può salire in telecabina da Commezzadura fino a quota 2.000 metri per affrontare il trail enduro o per ristorarsi nei rifugi Solander ed Orso Bruno. Per i meno esperti ci sono le ciclabili a valle e il vicino Bike Park Ponte Tonale. Il giornaliero è di 44 euro, ma si può risparmiare con il pass di 2 ore (33 euro) o il pomeridiano e il mattutino (39 euro). Sconti per Junior e bambini. 
www.centrobikevaldisole.com

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Bike Park Val di Sole

Cimone Bike Park 

Nel cuore dell’appennino modenese c’è un comprensorio dedicato agli amanti degli sport invernali, del trekking e del ciclismo. Immerso nel Parco Regionale del Frignano, il bike park si snoda sulle pendici del Monte Cimone offrendo diversi percorsi con quattro livelli di difficoltà (facile, intermedio, medio-difficile e difficile) per un totale di 375 km di lunghezza. Si raggiunge con le seggiovie di Sestola e dal Lago della Ninfa o con gli shuttle con porta bici e comprende diverse infrastrutture per l’accoglienza turistica e per l’assistenza ai biker, nonché servizi come il noleggio di bici a pedalata assistita. Il bike pass di 27 euro (22 i ragazzi), scende a 19 per il mattiniero e a 18 per il pomeridiano. Disponibili anche pacchetti soggiorno interessanti. 
www.cimonesci.it

Kronplatz Bike Park Brunico

Nel comprensorio del Plan de Corones nel cuore delle Dolomiti, il Kronplatz è immerso in uno scenario unico al mondo da godersi uno dei 18 trail raggiungibili dai 5 impianti di risalita che portano fino a 2.275 metri. Percorsi corti e lunghi (da 491 a 7.446 metri di sviluppo), con diversi livelli di difficoltà e differenti fondi artificiali e naturali per divertirsi nella modalità preferita. Per rilassarsi si può optare anche per i molti percorsi cicloturistici pensati per godersi la scenografia montana a ritmo lento. Possibilità di nolo, di corsi personalizzati e pernottamento in bike hotel. Il giornaliero costa 49 euro, ma ci sono pacchetti scontati per più giorni (incluso lo stagionale a 299 euro) e riduzioni per gli under 16. 
www.kronplatz.com

Maggiora Bike Park

Tempio del Motocross italiano con lo spettacolare circuito del “Mottaccio del Balmone†che ospita il MXGP of Italy, la struttura del novarese offre spazio e risorse anche agli amanti delle MTB. Ai percorsi dedicati a Trail ed Enduro all’interno del parco del Fenera si aggiungono tracciati specifici per praticare il dirt jump e lo slope style per tutti i livelli, due pump track e linee salti con drop, step-up e un big airbag. Si possono fare corsi tecnici, escursioni guidate e...un tuffo in piscina. Disponibile il noleggio di e-MTB. Per accedere è necessario sottoscrivere una tessera annuale di 10 euro e pagare l’ingresso giornaliero di 10 euro, con un extra di 5 euro per “volare†sull’airbag. 
maggiorapark.com

Sellata Trail Center

È in Basilicata il primo bike park del Sud Italia. Situato all’interno del Parco Nazionale dell'Appennino lucano, offre oltre 100 km di tracciati immersi nella natura e 5 single track per gli amanti dell’enduro, del freeride e del downhill. Si va da percorsi escursionistici a piste con tratti tecnici e ripidi con fondo roccioso dedicate ai più esperti. Ci sono attrattive nelle vicinanze, come il “volo dell’angelo†nel borgo di Pietrapertosa e il percorso dei ponti tibetani di Sasso di Castalda. Proposte escursioni guidate a pedali, il nolo delle bici, lo shuttle per la risalita e altri servizi utili. Il giornaliero costa 30 euro, la mezza giornata 20 euro. 
www.sellata.info

Vittoria Park

Più piccolo e con offerta inferiore alla concorrenza, il Park di Brembate (BG) si raggiunge con facilità dalle principali città del Nord Italia e offre tracciati tecnici artificiali dove testare la propria abilità. Ci sono la Pump Track con fondo ondulato e curve sopraelevate, l’Airbag Trick dove provare le tecniche di salto sicuri di un atterraggio morbido, la Bike Skill Area per apprendere le basi del freestyle, il Drop per imparare a fare i salti o l’Hard Uphill per avventurarsi in salita con la MTB. A questi si aggiungono i percorsi con fondo sassoso, pavé e ghiaia, il circuito gravel e quello dedicato alle bici da corsa. I prezzi partono da 14 euro per la mezza giornata infrasettimanale e arrivano ai 20 euro per il full day nel weekend. Molti i servizi presenti, inclusi il noleggio di e-bike, del casco e dei kit di protezione e corsi tecnici personalizzati.  
int.vittoria.com


 

Green Planet
Data articolo: Mon, 08 Dec 2025 10:21:44 +0000
News n. 8
Tutte le nuove moto di Kawasaki per il 2026 Tutte le nuove moto di Kawasaki per il 2026

La Casa di Akashi ha rinnovato e migliorato modelli storici come Z650, Z900, Z900 RS, oltre alle maxi Z1100, Z1100 SE, ZX-10R ed RR. C’è poi il grande ritorno della KLE 500, offerta ad un prezzo parecchio interessante. Vediamole una per una

RiccardoVilla

Z650 S

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La “piccola†di Akashi si aggiorna per il nuovo anno introducendo svariate migliorie, a partire dalla posizione di guida. Le pedane sono state riposizionate, il manubrio rialzato e le nuove selle sono state progettate per incrementare il comfort: quella del pilota è più ampia e imbottita (+15 mm), mentre la seduta passeggero cresce di 20 mm in larghezza e 10 mm in spessore. Cambia anche l’estetica, con un design più muscoloso che riprende i tratti della sorella maggiore Z900, con frontale ridisegnato dotato di fari, indicatori e fanaleria full LED. Debutta anche un display TFT da 4,3†con luminosità automatica e doppia grafica per il contagiri, compatibile con l’app Rideology. Il motore resta il bicilindrico parallelo da 649 cm³, ora equipaggiato con controllo di trazione di serie e con un’erogazione rivista per enfatizzare la coppia ai medi. Il telaio a traliccio in acciaio è di nuova concezione, mentre la frenata è affidata a due dischi anteriori di 300 mm e uno posteriore di 220 mm, entrambi sorvegliati da ABS. Per tutte le caratteristiche vi rimandiamo al nostro articolo di presentazione.

Z900 RS

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La Kawasaki Z900 RS si aggiorna per il model year 2026 senza perdere il suo fascino neoretrò. Il quattro cilindri di 948 cm³ è stato ottimizzato per offrire maggiore fluidità ai bassi e una risposta più pronta agli alti, con un nuovo terminale di scarico e nuovi collettori. Tra le novità spiccano i corpi farfallati ride-by-wire, il cruise control e un pacchetto elettronico avanzato basato su piattaforma inerziale a sei assi, oltre al cambio elettronico bidirezionale. Confermata la ciclistica con forcella a steli rovesciati di 41 mm regolabile nell’idraulica e monoammortizzatore con leveraggio orizzontale. La frenata è affidata a pinze radiali che mordono dischi di 300 mm all’anteriore. Disponibile anche la versione SE, che si distingue per la sospensione posteriore Öhlins con regolazione remota del precarico, impianto frenante Brembo con tubi in treccia e una livrea dedicata ispirata alla storica Z1 “Fireballâ€. Tutte le caratteristiche le trovate qui.

Z1100 SE

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Erede della mitica Z1000, la Z1100 SE 2026 si aggiorna sotto numerosi e differenti aspetti per restare al passo con i tempi e con una concorrenza sempre più agguerrita. Cuore del progetto è il quattro cilindri in linea di 1.099 cm³, propulsore cresciuto in cubatura grazie a una corsa più lunga di 3 mm rispetto a quello della Z1000 e a un volano più pesante per migliorare la spinta ai medi e la risposta alle richieste di potenza. Nonostante l’aumento di cubatura, i CV erogati sono però “solo†136 (6 in meno della sua antenata) a 9.000 giri. Cresce invece la coppia: 113 Nm a 7.600 giri. Non cambia rispetto alla Z1000 la ciclistica, con telaio in alluminio supportato da una forcella a steli rovesciati SFF-BP di 41 mm e da un monoammortizzatore posteriore con schema horizontal back-link. La novità più interessante riguarda l’arrivo della versione SE, arricchita da una tinta più aggressiva e accessori dedicati agli amanti della guida sportiva: impianto frenante Brembo con pinze monoblocco ad attacco radiale, dischi dedicati, tubi in treccia d’acciaio e monoammortizzatore posteriore Öhlins S46 con precarico regolabile da remoto. Sia su questa top di gamma che sulla versione base c’è una nuova posizione del manubrio, più avanzata di 13 mm e più larga di 22 mm, per esaltare il controllo e la connessione con il mezzo. Per tutte le caratteristiche tecniche ecco il nostro articolo di presentazione.

ZX-10R

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Per il 2026, la Kawasaki Ninja ZX-10R si evolve parecchio, migliorando l’elettronica, la ciclistica, le prestazioni e l’aerodinamica. Il cuore dell’aggiornamento è infatti nel frontale: la carenatura è stata ridisegnata e ora integra appendici aerodinamiche di nuova concezione, i gruppi ottici sono più compatti rispetto al passato mentre la presa d’aria è riposizionata. Il cupolino è poi stato ridisegnato per ridurre la resistenza aerodinamica. Il motore resta il collaudato quattro cilindri in linea di 998 cm³, che ora ottiene l’omologazione Euro 5+, senza – a detta di Kawasaki – perdere nulla in termini di prestazioni (non ancora dichiarate dalla Casa). Sul fronte della ciclistica non ci sono stravolgimenti: viene infatti confermato il telaio a doppio trave in alluminio pressofuso con forcellone bibraccio. Le sospensioni Showa (BFF all’anteriore e BFRC Lite al posteriore), sviluppate in collaborazione con la sezione racing di Kawasaki, ricevono tarature ottimizzate per la guida tra i cordoli. Sia per la 10R che per la più sportiva 10RR arriva di serie l’ammortizzatore di sterzo elettronico Öhlins a doppio tubo, utile per garantire la massima stabilità nelle staccate più violente e alle massime velocità. Per tutte le informazioni, cliccate qui.

KLE 500

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La KLE500 di Kawasaki è il modello che segna il ritorno della Casa di Akashi nel segmento delle crossover-adventure di media cilindrata, una fascia di mercato molto combattuta e ricca di proposte.
Nasce per un utilizzo strada/fuoristrada e a spingerla c’è il motore bicilindrico parallelo di 451 cm³ e 45,4 CV (ok quindi per la patente A2) che abbiamo già avuto modo di apprezzare su Z500, Ninja 500 ed Eliminator. Dotato di raffreddamento a liquido e distribuzione bialbero, è abbinato a un cambio a sei rapporti, gestito da una frizione servoassistita con antisaltellamento, che evita i bloccaggi della ruota posteriore se si scala marcia troppo velocemente. Il telaio è a traliccio in acciaio, sostenuto da una forcella a steli rovesciati di 41 mm non regolabile e da un monoammortizzatore collegato al forcellone tramite un leveraggio Uni-Track. L’escursione concessa è rispettivamente di 210 mm per la ruota davanti e di 196 mm per quella dietro. Il serbatoio ha una capienza di 16 litri, che dovrebbero essere sufficienti per concedere una discreta autonomia, mentre il peso dichiarato in ordine di marcia è di 194 kg. Sarà disponibile nelle concessionarie nei primi mesi del 2026 in due versioni: Standard o SE. I prezzi sono rispettivamente 6.390 euro e 6.990 euro. Per tutte le caratteristiche vi rimandiamo al nostro articolo dedicato.

EICMA 2025
Vivere con la moto
Data articolo: Mon, 08 Dec 2025 09:13:21 +0000
News n. 9
Effetto on-off del motore: cause e rimedi per un problema fastidioso Effetto on-off del motore: cause e rimedi per un problema fastidioso

La moto risponde bruscamente alle aperture del gas e il piacere di guida svanisce. Avete mai sentito parlare di questo fastidioso fenomeno? Vediamo di che si tratta, quali sono le cause e quali i rimedi

Riccardo Casarini

L'avvento dell'iniezione elettronica ha rivoluzionato il modo in cui le moto erogano potenza. Tuttavia questa tecnologia ha portato con sé un fenomeno fastidioso che, per quanto sia stato mitigato rispetto ai suoi albori, è possibile riscontrare talvolta ancora oggi: l'effetto on-off. In molti sapranno già di che si tratta, ma anche per chi fosse digiuno del concetto, è facile ricorrere all’immaginazione: pensate di aprire delicatamente il gas e, invece di sentire una progressiva accelerazione, il motore risponde bruscamente, proprio come se avesse un “interruttore†al posto dell'acceleratore.

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BMW K100 (1983): la prima moto di serie dotata di iniezione elettronica. In questo caso una Bosch L-Jetronic...

Perché si verifica l’effetto ON-OFF 

Le cause principali di questo comportamento sono in breve legate alla complessità dei sistemi di iniezione elettronica. La centralina - il "cervello" della moto - gestisce infatti l'iniezione del carburante in base a una serie di parametri ma, se questi parametri non sono ottimizzati o se i sensori che li rilevano sono difettosi, l'erogazione potrebbe diventare irregolare. Un esempio classico ci porta al cosiddetto TPS (Throttle Position Sensor) che rileva la posizione della valvola a farfalla. Se questo sensore fondamentale non funziona correttamente, la centralina riceve informazioni errate circa l’afflusso di aria nei condotti di aspirazione e in tutta risposta… inietta una quantità di carburante inappropriata. A scagionare invece il sensore di posizione, nel caso di un'aspirazione con condotti multipli (quindi moto pluricilindriche) potrebbe essere proprio la mancata sincronizzazione dei corpi farfallati i quali, aprendosi in tempi diversi, potrebbero causare scompensi nell'erogazione. Altro fattore cruciale è poi la taratura degli iniettori. Pensiamo agli iniettori come fossero dei “dosatori†di carburante nebulizzato, la cui apertura è temporizzata ciclicamente: se questi non spruzzano la necessaria quantità di carburante nel momento corretto, si possono creare dei vuoti di potenza, percepiti dal pilota come degli scatti. Da ultimo, la qualità del carburante e un anticipo di accensione non corretto (in termini spicci: lo scoccare della scintilla in relazione alla posizione del pistone) possono anch'essi influenzare la combustione e contribuire all'effetto on-off. Un carburante di bassa qualità può contenere impurità che ostruiscono gli iniettori o alterano la miscela aria-carburante. Così come un anticipo di accensione eccessivo può invece provocare una combustione precoce, generando picchi di pressione che si traducono in una erogazione irregolare.

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Funzionamento schematico di un sistema a iniezione diretta, in cui l'iniettore agisce direttamente sulla camera di scoppio (photo courtesy Bosch)

Ci stiamo riferendo, come avrete immaginato, a moto prettamente di serie: apportare modifiche (specie a scarico e aspirazione) potrebbe di per sé cambiare, anche in peggio, la risposta del nostro propulsore. In tal caso toccherà sicuramente lavorare di elettronica per compensare il “misfattoâ€, ma a questo arriveremo dopo… 

È infine importante precisare come le case motociclistiche abbiano comunque fatto notevoli progressi nella risoluzione dell'effetto on-off, grazie a sensori più precisi, mappe di iniezione più sofisticate e sistemi come il Ride by Wire, che elimina il collegamento meccanico tra la manopola del gas e la valvola a farfalla. Grossolanamente, potremmo dire che le moto post 2015 offrono un'erogazione della potenza più fluida e progressiva. Ma non sono mancate nel frattempo eccezioni… 

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Con i carburatori - prima dell'avvento dell'iniezione elettronica - l'alimentazione era totalmente meccanica e sfruttava principi fisici quali depressione ed emulsione. Un sistema complesso, perfezionato nel tempo, talvolta impreciso... ma esente dall'effetto on-off  

Conseguenze sulla guida

Oltre a rendere la guida meno piacevole, un'erogazione della potenza così brusca ha un impatto significativo che, in determinate condizioni, può arrivare a compromettere la sicurezza. Senza scomodare “casi limiteâ€, un'accelerazione improvvisa può infatti provocare slittamenti della ruota posteriore soprattutto su fondi scivolosi o con pneumatici usurati. Inoltre, la necessità di dosare continuamente l'acceleratore può complicare (non di poco) la gestione del mezzo in alcuni frangenti cruciali della guida, quali l’uscita di curva, specie dove il motore è mantenuto "in coppia".

Come si risolve

Anzitutto è fondamentale verificare, tramite diagnosi computerizzata, che la mappatura della centralina segua gli standard previsti dalla casa, che tutti i sensori siano correttamente calibrati (inclusi il famigerato TPS) e che non presentino anomalie. Non è da escludere inoltre la necessità di:

  • sincronizzare il corpo farfallato

  • verificare timing e portata degli iniettori 

  • regolare l'anticipo di accensione

L'utilizzo di un carburante di alta qualità è poi un ulteriore elemento per assicurare una buona combustione. Nel caso però in cui tutto risulti “in ordineâ€, allora occorre prevedere soluzioni alternative per mitigare o eliminare l'effetto on-off: la più efficace è la rimappatura della centralina nell’ottica di una sua ottimizzazione. Per dirla con più precisione, supponendo che il setting previsto dalla casa madre sia quello migliore possibile, potrebbe essere necessario “ingrassare†la carburazione standard, sacrificando leggermente emissioni e performance, ma migliorando l’erogazione. 

Una mappatura "dinamica" su bancoa  a rulli, eseguita su BMW R1200

I nostri consigli 

Le raccomandazioni da tenere a mente sono sempre le solite e riguardano la corretta conservazione della vostra moto, ma è bene non darle mai per scontate…

  • Manutenzione regolare: controllare e sostituire olio, filtri e candele al chilometraggio indicato dalla costruttore
  • Benzina di qualità: possibilmente, rifornirsi sempre presso il vostro benzinaio “di fiduciaâ€, utilizzando carburante di buona qualità
  • Affidarsi a un professionista: per interventi più complessi come la rimappatura della centralina, la sincronizzazione dei corpi farfallati o la taratura degli iniettori, rivolgersi a un meccanico specializzato
Tecnica
Data articolo: Mon, 08 Dec 2025 09:05:15 +0000
News n. 10
Quanti fallimenti per KTM: la prima volta che a salvarla fu Pierer Quanti fallimenti per KTM: la prima volta che a salvarla fu Pierer

La casa austriaca fini a gambe all'aria 30 anni fa, allora fu salvata da Stefan Pierer che l'ha portata ad essere il maggior costruttore europeo e poi di nuovo al fallimento

guiss

KTM ha vissuto nel 2025 una fase di grave crisi che si è risolta con l'acquisto da parte degli indiani di Bajaj, non è la prima tempesta che la casa austriaca attraversa nella sua storia quasi centenaria: già nel 1991 era stata dichiarata fallita.


Le origini

Anno 1934, Mattighofen, Austria: l’ingegnere Hans Trunkenpolz apre la sua officina di manutenzione e riparazione per auto e moto. Nel 1951, il tecnico austriaco si cimenta prima nella progettazione e realizzazione di una bicicletta sportiva, quindi di una moto leggera. Si chiama R100 e ha una cilindrata di 98 cm3. A questo punto la strada di Trunkepolz incrocia quella di Ernst Kronreif, che si offre di amministrare l’azienda: nasce a questo punto la KTM, acronimo di Kronreif (Und) Trunkenpolz Mattighofen. Il primo internazionale arriva alla Sei Giorni del 1956, con una 125 e nel giro di vent'anni la casa austriaca ha in catalogo più di 40 modelli. Nel 1974 il russo Guennady Moiseev si laurea campione del mondo motocross nella duemmezzo, è il primo alloro iridato della casa austriaca.


Diffusione in Italia e crisi

Nel nostro Paese le fortune di KTM si uniscono a quelle di Arnaldo Farioli, che nel 1969 vince il campionato italiano con la 125 e diventa importatore. Bergamo diventa la “capitale†italiana del marchio austriaco e nel primo anno di attività Farioli riesce a vendere più di 300 moto: le enduro austriache diventano l'oggetto dei desideri dei piloti nostrani e più in generale degli appassionati del tassello.

Nei primi anni ’80 le KTM sono tra le prime off-road ad adottare il raffreddamento a liquido e i freni a disco anteriori e posteriori, la casa si afferma come uno dei marchi più innovativi. Nel 1987 arriva un altro cambiamento epocale: l’introduzione dei motori a quattro tempi, mentre viene interrotta definitivamente la produzione di ciclomotori e scooter, in contemporanea alle prime difficoltà finanziare. La situazione sembra migliorare nel 1987 con la trasformazione di KTM in società per azioni e l’arrivo di nuovi capitali, nel 1989 la famiglia Trunkenpolz – dopo la morte del fondatore- cede la proprietà alla GIT Trust Holding, guidata dall'ex politico austriaco Josef Taus. Di nuovo le biciclette giocano un ruolo importante nella storia del marchio: si punta quasi tutto sul settore (unitamente ai radiatori), ma le perdite finanziarie sono ingenti e il fondo è costretto a chiedere la liquidazione della società nel dicembre del 1991 con per un buco equivalente a 70 milioni di euro.


La prima rinascita

Le banche decidono di dividere le quattro linee di business – moto, biciclette, utensili e radiatori – in quattro aziende separate. Per questo le bici KTM non hanno più niente a che vedere con KTM Sportmotorcycle GmbH se non, per l’appunto, il logo. La divisione motori viene acquisita nel 1992 da un giovane ingegnere – all'epoca 32enne- Stefan Pierer.

Il rilancio passa attraverso un motore che diventerà storico: la sigla è LC4, la moto che segna la rinascita è la Duke 620, nel 1994. Nel 1996 le KTM iniziano a essere “colorate†di arancione. La scelta spetta a Gerald Kisha, socio di Pierer, che vuole rinnovare profondamente il marchio anche nell'immagine. Si decide di puntare sulle corse, sull'aggressività, su linee moderne e scelte tecniche coraggiose. Come per i marchi giapponesi, fedeli nell'off-road a un determinato colore, anche in KTM si vuole puntare a una identità precisa, simobolizzata dal colore arancio. 

A fine anni '90, si affianca al motore LC4 il bicilindrico LC8, reso celebre dal trionfo alla Dakar di Fabrizio Meoni, con la neonata 950. KTM vincerà il più importante rally del pianeta dal 2001 al 2019, senza soluzione di continuità. Nel frattempo arrivano anche i titoli nel motocross: nel 1996 il primo mondiale della nuova gestione (Shayne King, 125), primo alloro dall'ultimo successo dell'americano Trampas Parker nel 1989, dal 2000 in poi Mattighofen diventa il marchio di riferimento. Nel 2010, ancora una volta, c'è un italiano di successo a incrociare la propria storia con quella di KTM: Antonio Cairoli vince il mondiale MX1 con la SX-F 350, ne conquisterà altri 5 con il marchio austriaco.


Shopping e gigantismo

Gli ultimi 15 anni di KTM sono segnati anche da numerose acquisizioni, quasi tutte di marchi “sovrapponibili†al brand austriaco. Dopo che nel 1995 Pierer aveva acquisito Husaberg, nel 2013 compra Husqvarna da BMW, nel 2019 Gas Gas. Nel 2022 infine entra in MV Agusta, primo marchio decisamente orientato alla strada. Nel frattempo KTM ha fatto il suo ingresso anche in MotoGP: tanti i soldi spesi, pochi i risultati. Al 2024 nessun mondiale vinto in 8 anni di attività, successi nei gp che si contano sulla punta delle dita di due mani. Va decisamente meglio nelle categorie minori, con oltre 15 titoli conquistati tra mondiali piloti, costruttori (anche con marchi associati) e team.


La crisi del 2025

Nel 2023 sorgono nuovi problemi, ancora una volta legati al mercato bici: Pierer, che possiede già il brand Raymon, decide di acquisire Felt, un marchio statunitense. Inoltre, dal momento che non può usare il marchio KTM sulle bici, sviluppa e-bike a marchio Husqvarna e GASGAS. Viene costruita una fabbrica-magazzino in Bulgaria che costa da sola 40 milioni di euro e stabilimenti in Colombia, Brasile, Argentina, Filippine. L'attività sportiva come sempre supporta l'immagine del marchio con ingenti spese. Il venduto è incoraggiante: oltre 150mila bici, ma quando il mercato si satura i magazzini traboccano di invenduto. Pierer cede sia Raymon che Felt, restano soltanto le e-bike Husqvarna e GASGAS. Anche sul fronte moto le cose non vanno meglio perché l'invenduto nei magazzini della casa è di 265.000 pezzi. La procedura fallimentare porta a sacrificare MV Agusta e parte dell'attività sportiva e alla fine arrivano gli indiani a salvare la casa austriaca.

Storie di moto
Ktm
Data articolo: Sun, 07 Dec 2025 23:42:26 +0000


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