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In Italia conosciamo molto bene l'Aprilia RS 250 e la Suzuki RGV 250 Gamma, ma non sono le uniche ultime 250 a 2 tempi. Dal Giappone ricordiamo anche le sportive di Yamaha, Kawasaki e Honda, ma sono rarità solo per pochi
Negli anni '90 le moto a miscela hanno raggiunto il loro apice in termini di prestazioni: le neonate sportive 600 4 cilindri (ve le raccontiamo con nostalgia qui) iniziavano ad incuriosire i giovani smanettoni, ma solo le 250 a 2 tempi riuscivano a farti provare le emozioni di una moto da Gran Premio. Il mercato italiano era dominato da due modelli ancora oggi iconici e ricercatissimi, l'Aprilia RS 250 e la Suzuki RGV 250 Gamma, ma pochi fortunati sono riusciti ad importare dal Giappone anche le avversarie di Yamaha, Kawasaki e Honda: ve le presentiamo tutte!

La prima serie della RS 250 con livrea replica Reggiani (foto di Iconic Motorbike Auction)
La "duemmezzo" della casa di Noale è ancora oggi oggetto del desiderio di tanti appassionati. La prima generazione venne presentata al Salone di Colonia del 1994: una vera e propria race replica della 250 GP con cui correva Max Biaggi nel motomondiale. La carenatura era avvolgente e le colorazioni ispirate alle moto da gara la rendevano ancora più affascinante. Il marchio di fabbrica di questa sportiva, però, era il doppio silenziatore sul lato di destra che dava voce al bicilindrico a V raffreddato a liquido da 249 cm3, alesaggio x corsa di 50 x 50,6 mm. Storia curiosa: il blocco, in realtà , non è Aprilia. La casa di Noale provò a svilupparne uno derivato da quello della 250 GP ma, visti i costi elevati, la difficoltà di sviluppo e l'imminente uscita di scena della Suzuki RGV 250 Gamma, decise di stringere un accordo con il marchio di Hamamatsu. Il V2 ad ammissione lamellare, quindi, era giapponese ma costruito con specifiche del costruttore italiano.

Le forme della seconda serie sono cambiate notevolmente: la si riconosce per il codino "a goccia" (foto di Iconic Motorbike Auction)
Grazie ai due carburatori Mikuni da 34 mm la potenza massima arrivava a 70 CV a 11.900 giri/min. Di qualità anche la ciclistica, che faceva affidamento su un telaio a doppia trave in alluminio, forcellone a banana, forcella WP a steli rovesciati da 40 mm e impianto frenante Brembo. La seconda (e ultima) generazione entra in scena nel 1998: la base tecnica è stata quasi completamente confermata se non per la forcella, qui una Marzocchi da 41 mm, per il mono regolabile ora nell’interasse e per la dimensione della gomma anteriore, 120/60-17" prima era 110/70-17". Inoltre, a causa delle normative antiquinamento la 250 di Aprilia perse un cavallo di potenza massima.

La RGV 250 Gamma è una piccola moto da GP, soprattutto nello stile (foto di Iconic Motorbike Auction)
La sigla RG fa parte della storia di Suzuki già dagli anni '70, quando la casa di Hamamatsu si difendeva a gomiti alti nelle principali categorie del Motomondiale. Per iniziare a sentir parlare di RGV, però, bisogna aspettare il 1988, quando venne presentata la 250 Gamma mossa per la prima volta da un motore bicilindrico a V. La moto era molto legata al "suo decennio", infatti il cerchio posteriore aveva la classica misura da 18". La RGV 250 Gamma più evoluta, invece, è arrivata nel '91: un mini moto da gran premio con telaio in alluminio, forcella a steli rovesciati, doppio silenziatore, forcellone a banana, ruote entrambe da 17" e carenatura da vera sportiva. Il motore a V di 90° nasceva con una potenza di 45 CV, cresciuta fino a 62 CV a 11.000 giri/min sulla versione di cui vi stiamo parlando: i carburatori, infatti, passarono da 32 a 34 mm e venne introdotta una nuova valvola di scarico SAPC.

La TZR 250 "di nuova generazione": in Italia ce ne sono pochissime (foto di Iconic Motorbike Auction)
La 250 a 2 tempi di Iwata è stata tra le meno diffuse in assoluto, in particolare la versione denominata 3XV. Questa serie è stata presentata nel 1991 e, a differenza delle sue antenate abbandonò il motore bicilindrico parallelo per far spazio ad un più moderno V2. La TZR 250 si ispirava tantissimo alle 500 GP, in particolare nell'estetica caratterizzata da forme squadrate e voluminose per permettere al pilota di chiudersi facilmente in carena. Azzeccata anche la scelta di mettere un silenziatore per lato. La potenza massima si fermava a 45 CV, scelta strategica di Yamaha per renderla più sfruttabile su strada. La ciclistica però era di riferimento perché il telaio Deltabox in alluminio era compattissimo (l'interesse era il più corto della categoria) e davanti spiccava una forcella a steli rovesciati da 39 mm regolabile.

La Kawasaki KR-1 è tra le meno note, ma anche lei è stata venduta in Europa (foto di Classic Motorcycle Mechanics)
Anche la verdona a 2 tempi è una vera rarità perché la produzione di tutti i modelli (dal 1988 al 1992) è stata inferiore alle 10.000 unità in tutto il mondo. La KR-1 era caratterizzata da una linea molto bilanciata e da prestazioni eccellenti: il telaio in alluminio abbracciava un motore bicilindrico con alesaggio x corsa di 56 mm x 50.6 mm e, grazie ai due carburatori Keihin PWK 28, la potenza arrivava a 52 CV a 10.500 giri/min. Nel 1991, la casa di Akashi presenta le versioni S e R, con quest'ultima valorizzata da due Keihin PWK 35 che garantivano un'incremento di 3 CV, un telaio più rigido e gomme più grandi. Peccato la KR-1 non si sia mai troppo evoluta, infatti anche gli ultimi modelli prodotti montavano dettagli "old style" come la forcella a steli tradizionali.

La NSR 250 R è stata profondamente aggiornata da Honda: la MC21 è tra le più rivoluzionarie (foto di Iconic Motorbike Auction)
In questa lista di leggendarie 250 2 tempi non poteva mancare la NSR 250 R che, ufficialmente, non arrivò mai in Italia. Uno dei modelli più prelibati, soprattutto in termini di contenuti tecnici, è l'MC21 del 1990: rispetto al predecessore, i tecnici giapponesi hanno rivisto profondamente il progetto per renderlo più competitivo e sofisticato. Il motore bicilindrico a V conferma le misure 54 x 54,5 mm di alesaggio x corsa e introduce sensori come il GPS (che in questo caso sta per Gear Postion Sensor, per la lettura della marcia inserita). Sulla NSR 250 R debutta anche la centralina PGM-III in grado di analizzare la guida e attuare strategie ancora più sofisticate. Il risultato è una potenza massima di 45 CV a 9.500 giri/min. Di prim'ordine anche la ciclistica, a partire dal telaio perimetrale in alluminio rivisto nelle sezioni e dal forcellone bibraccio a banana (diventato monobraccio con la generazione successiva), che ha permesso una notevole riduzione dell'interasse.
Ad EICMA la Casa inglese ha esposto le rinnovate Bonneville Bobber, T100, T120 e la nuova Trident 800, ma queste sono solo alcune delle novità : nel 2026 arriveranno anche le Street Triple 765 RX e Moto 2, la Tiger Sport 800 Tour e altre versioni speciali
Accanto al lancio di nuovi modelli, per il 2026 Triumph rinfresca la propria gamma con aggiornamenti alla famiglia delle Bonneville, rinnovate nell’elettronica con un pacchetto più ricco e raffinato e nella dotazione, con lo scopo di migliorare il comfort di guida. Protagoniste di questa evoluzione sono la Scrambler 900 e la Bonneville Speedmaster, affiancate da aggiornamenti mirati anche per T100, T120, T120 Black e Scrambler 1200 XE. Fa il suo debutto la Trident 800, secondo modello ad equipaggiare il tre cilindri in linea di 798 cm³, mantenendo fede allo stile modern classic della sorella 660. Infine, arrivano le raffinatissime Street Triple 765 RX e Moto 2 Edition, la Tiger Sport 800 si presenta con un nuovo allestimento pensato per viaggiare e le Tiger 900 e 1200 in versione Alpine e Desert sono più complete e raffinate che mai. Vediamo ora nel dettaglio tutte le novità che popoleranno la famiglia Triumph nel 2026.
Tutta la gamma Bonneville 2026 guadagna di serie ABS e Traction Control con funzione cornering, gestiti da una piattaforma inerziale con logiche riviste e aggiornate. Arrivano poi il cruise control di serie, una presa USB-C e illuminazione full-LED con DRL. Attenzione anche allo stile: le T100, T120 e T120 Black sfoggiano nuove verniciature rifinite a mano e una grafica circolare sui pannelli laterali con logo Bonneville in argento o oro.
La Scrambler 900, oltre agli aggiornamenti appena descritti per il 2026, vede un telaio rivisto nelle geometrie, nuove sospensioni Showa e impianto frenante con pinze radiali all'avantreno. Arrivano anche nuovi cerchi in alluminio con l’obiettivo di ridurre le masse non sospese e aumentare la maneggevolezza della moto.
La più classica della Bonneville ha un nuovo serbatoio da 14 litri che aumenta l’autonomia, oltre a una linea ridisegnata. Troviamo poi una sella più ampia e un nuovo manubrio che rende la posizione di guida più rilassata. Il cruise control è ora di serie e i cerchi in alluminio alleggeriscono ulteriormente la ciclistica, migliorando la maneggevolezza. Per la prima volta sarà possibile depotenziarla per la patente A2.
Mantiene la stessa base tecnica e ciclistica la Bonneville Bobber m.y. 2026, ma riceve – oltre ai suddetti aggiornamenti elettronici – un nuovo serbatoio che ne esalta il profilo muscoloso, con un nuovo tappo, pannelli laterali e cover ridisegnati. Nuovo anche il faro a LED circolare, mentre la sella è più larga e può essere regolata sia in altezza (standard 69 cm da terra), sia in avanti o indietro. Infine, arrivano due inedite colorazioni: Interstellar Blue e Sapphire Black, che vanno ad affiancare le Satin Mineral Grey, Satin Sapphire Black e Jet Black. Il prezzo è di 16.695 euro f.c. Ve ne parliamo approfonditamente qui.
Il secondo modello ad equipaggiare il tre cilindri inglese di 798 cm³ è la Trident 800, una classica stradale che riprende le linee della sorella minore 660, sempre frutto delle sapienti mani del designer italiano Rodolfo Frascoli. Nello specifico, il propulsore in questa configurazione impiega tre corpi farfallati ed è stato rivisto lato aspirazione per ottimizzare la risposta ai medi e alti regimi. I suoi valori sono di 115 CV e 85 Nm, ed è abbinato a un cambio elettronico bidirezionale. Ad abbracciare il propulsore un telaio in acciaio di nuova concezione, sostenuto da sospensioni Showa.
All’anteriore troviamo una forcella con steli rovesciati di 41 mm di diametro regolabile in compressione ed estensione, mentre al posteriore lavora un monoammortizzatore regolabile in precarico ed estensione. L’impianto frenante vede all’avantreno due dischi di 310 mm di diametro, mentre al retrotreno è presente un disco singolo. Il peso in ordine di marcia è di 198 kg. Non mancano ABS e controllo di trazione con funzione cornering, tre modalità di guida, cruise control e luci full-LED. Ma per tutte le caratteristiche vi rimandiamo al nostro articolo di presentazione.
Pochi giorni dopo EICMA, la Casa inglese ha presentato delle versioni speciali Alpine e Desert dei modelli adventure Tiger 900 e Tiger 1200. Si tratta di allestimenti pensati per mettere in risalto le specifiche vocazioni dei modelli, con la versione Alpine orientata al turismo e la Desert focalizzata sul fuoristrada. Cambiano le colorazioni, con livree dedicate per ognuno dei modelli, mentre per le 900 sia Desert sia Alpine arriva di serie un terminale di scarico firmato AkrapoviÄ. Le Tiger 1200 invece offrono di serie selle riscaldate per pilota e passeggero, oltre al sensore dell’angolo cieco visibile sugli specchi retrovisori e il Lane Change Assist, che segnala il possibile salto di corsia involontario. Tutti i modelli Tiger 1200 mantengono l'Active Preload Reduction, che può abbassare la moto fino a 20 mm in fase di arresto. Tutte le differenze e le foto di ogni modello le trovate qui.
La nuova Triumph Tiger Sport 800 Tour offre un pacchetto "chiavi in mano" a chi ama macinare km. Sono infatti di serie in questo allestimento le valigie laterali rigide in tinta con la carrozzeria, il top box capace di ospitare due caschi e completo di schienalino imbottito per il passeggero e la piastra portapacchi in alluminio. Ci sono poi selle comfort per pilota e passeggero, le manopole riscaldate, i paramani, il cavalletto centrale e il sistema TPMS per il monitoraggio della pressione degli pneumatici. La versione Tour si riconosce per due livree dedicate che giocano con dettagli dorati: la Matt Cobalt Blue (blu opaco) e la più vivace Carnival Red. Il peso, con tutto questo equipaggiamento montato (bagagli compresi), sale a 232 kg in ordine di marcia. Il prezzo è di 14.195 euro, con arrivo nelle concessionarie previsto per marzo 2026.
Sulla base tecnica della Street Triple RS Triumph ha presentato le versioni RX e Moto 2 Edition, entrambe rivolte alla guida sportiva in pista. Cambiano però diverse componenti: per quanto riguarda l’ergonomia arrivano semimanubri clip-on, mentre a livello ciclistico troviamo all'avantreno una raffinata forcella a steli rovesciati Öhlins NIX30, regolabile in compressione, estensione e precarico, con un'escursione di 115 mm. Al posteriore lavora un monoammortizzatore Öhlins STX40 con serbatoio separato, anch'esso totalmente regolabile.
Confermati il telaio a doppia trave in alluminio e il motore tre cilindri in linea di 765 cm³, lo stesso propulsore che equipaggia le moto del campionato mondiale Moto2, di cui Triumph è fornitore unico dal 2019. In questa configurazione stradale eroga una potenza massima di 130 CV a 12.000 giri e una coppia di 80 Nm a 9.500 giri. Ci sono piattaforma inerziale, ABS e controllo di trazione cornering, oltre a diverse modalità di guida.
Triumph Street Triple 765 Moto 2 Edition
La Street Triple 765 RX sarà disponibile dai primi mesi del 2026 al prezzo di 14.395 euro, mentre la più esclusiva Moto 2 Edition (con tantissime componenti dedicate) sarà prodotta in una serie limitata di soli 1.000 esemplari. Il prezzo? 16.195 euro. Qui l’articolo completo con tutte le caratteristiche tecniche e le gallery.
Vivacità , semplicità e praticità hanno contribuito al grande successo dei tuboni, primo tra tutti il mitico Malaguti Fifty. Ecco i 5 modelli più interessanti che hanno contribuito a scrivere l'era d'oro dei ciclomotori
L'era dei cinquantini è stata tra le più vivaci nella storia delle due ruote (qui i 6 modelli più gettonati): dalle moto da regolarità , ai mitici trial, dalle mini-bike agli stesini passando dagli intramontabili tuboni, così chiamati per il telaio composto da un tubo che fungeva anche da serbatoio. Non sono stati i 50ini più stilosi mai costruiti, e neanche quelli più veloci, eppure con il loro aspetto vivace e al grande praticità di utilizzo sono diventate delle vere e proprie icone. Primo tra tutti il Malaguti Fifty che, oltre ad aver contribuito al successo del marchio italiano, ha ispirato tanti altri costruttori.
Ancora una volta ingolositi dalla lettura "Cinquantini... due ruote in libertà " di Alberto Pasi e Vittorio Crippa, scopriamo i 5 tuboni più interessanti.

Dal 1974 al 1997 sono stati costruiti ben 250.000 Fifty, un successo incredibile che ha permesso a Malaguti di evolvere profondamente il progetto nel corso degli anni. Pensate che le ultime versioni erano equipaggiate con monoammortizzatore, raffreddamento a liquido e ammissione lamellare. La primissima generazione non si discostava dalla concorrenza, ma brillava per cura del dettaglio, stile e solidità . Nel '76 arriva il Fifty HF, disponibile sia con freno anteriore a tamburo che a disco, aveva i parafanghi in plastica, ammortizzatori inclinati e sella in microfibra. Questa particolare serie culmina nel 1979 con una versione speciale che rende omaggio alla scuderia Lotus di Formula 1: la Black Fifty Special (BFS, che vedete in foto).

Nei primi anni '70, la Demm lancia sul mercato il suo modaiolo tubone, il Rotary. Questo modello si faceva notare per le colorazioni metallizzate, la sella comodissima, il manubrio a corna di bue, una generosa gomma posteriore e il serbatoio integrato nella trave centrale. Il motore era a quattro marce e offriva prestazioni interessanti e buona affidabilità . Con 9 anni di attività e svariate evoluzioni tecniche, il Rotary viene sostituito dal Panther XL, più moderno e dinamico.

Il primo tubone di Garelli debutta nel 1975 al Salone di Milano. Un mix di colori e cromature abbinate a rifiniture eccellenti e tanta solidità . Questo modello non presenta grandi particolarità ma, grazie all'estesa rete di concessionari della casa italiana, riesce comunque ad ottenere buoni numeri di vendita. Il motore monocilindrico aveva il cambio a quattro rapporti, ma nel 1977 arriva anche una versione automatica a due velocità , addirittura più economica. Il suo successo è costante, tanto che il progetto viene aggiornato con il freno a disco e il cambio a 5 marce.

Il marchio di Arcore decide di seguire la moda dei tuboni e nel '75 presenta il CB1. Questo modello si distingueva dalla concorrenza per il particolare telaio a doppio tubo (anziché singolo), con le due travi parzialmente coperte da una superficie in plastica. Robusto e brillante il motore a quattro marce, che viene sostituito nella seconda generazione del 1978.

Questo modello di Noale nasce come ciclomotore "mini chopper", che però non ha così tanto appeal tra i giovani appassionati. Il progetto non viene totalmente abbandonato ma riconvertito in tubone, che negli anni successivi stavano spopolando. Il rinato Selvaggio ha lo stesso telaio che questa volta funge anche da serbatoio, motore F. Morini a quattro marce e scarico cromato che guarda il cielo. Lo stile non gli manca, ma non è abbastanza per farsi riconoscere tra gli agguerriti concorrenti.
Informazioni e immagini: "Cinquantini... due ruote in libertà " di Alberto Pasi e Vittorio Crippa
Per alcuni, Von Dutch è solo un marchio d'abbigliamento in voga nei Duemila. Per gli appassionati di moto, è prima di tutto Kenny Howard, uno dei personaggi più folli, geniali e controversi della Kustom Kulture americana...
Dopo esserci addentrati nel mondo della decorazione artigianale, parlando di pinstriping e airbrush, è giunto il momento di approfondire la storia di una delle icone assolute della Kustom Kulture: Kenny "Von Dutch" Howard.
Kenny nasce nel 1929 a Los Angeles. Figlio d’arte, eredita dal padre Wally - già pittore di insegne - la passione per colori e pennelli. Già a 10 anni maneggia gli attrezzi del mestiere e impara così a "letterare" con mano ferma sulla cartellonistica commerciale. Kenny è talentuoso, ma anche «stubborn as a Dutchman», come dicono in famiglia: è testardo come un olandese. Il nomignolo “Dutch†nasce così e gli rimarrà appiccicato per tutta la vita...
Anche se il prefisso “Von†lo aggiungerà più tardi, come firma artistica, il destino di Kenny sembra tracciato ancor prima che arrivi l'adolescenza.
Al compimento dei 15 anni, "Dutch" decide di abbracciare la sua altra passione: la meccanica. Trova lavoro nell'officina di motociclette di George Beerup e risale proprio a quel periodo di formazione il primo scatto di Kenny su una moto: è il 1946 e la protagonista è una Indian Scout con manubrio alto, forcella a balestra, doppi scarichi e un'elegante serbatoio cromato di fattura inglese.
Von Dutch su Indian Scout, 1946
Ispirandosi al pioniere Tommy "The Greek" Hrones, attivo nella Bay Area della California settentrionale, Kenny decide di applicare il suo estro decorativo alle moto sulle quali lavora e - a partire dal 1950 - può dedicarsi con costanza a questa attività . Da questo momento Howard esiste soltanto nella veste del suo alter ego: Von Dutch. Bazzica da un’officina all’altra con un piccolo bus, attrezzato come laboratorio, dipingendo e "stripando" ciò che capita.
Nel 1952 Von Dutch passa all'officina di CB Clausen, dove lavora esclusivamente su motociclette. Risale a questo periodo la sua seconda creazione su base Scout, preparata con un kit di conversione Crocker OHV . Lavora anche per George Barris, George Cerny ed è al fianco di Dean Jeffries quando questi avvia la propria carriera. Solo nel 1960, Von Dutch finisce sotto l'ala di Bud Ekins: pilota, stuntman (La Grande Fuga, Bullitt, NdR.) e collezionista verace, Ekins ha infatti bisogno di mani capaci e menti creative, per restaurare e mantenere il suo plotone di mezzi...
La Indian Scout convertita Crocker OHV, 1952 circa
Concluso il rapporto con Bud, Von Dutch torna a bordo del suo bus-laboratorio e trova, di nuovo, un certo periodo di sosta a metà degli Anni 70. Lavora per il "Cars of the Stars and Planes of Fame Museum" di Jim Brucker svolgendo un incarico analogo a quello che lo vide impegnato con Ekins. Qui, Dutch si trova a contatto con un altro grande nome della Kustom Kulture: Ed Roth, il quale costruisce scenografie e insegne per la collezione, oltre ad essere tra i principali "fornitori" delle auto stipate nel museo, derivate proprio dalla cessata attività dei Roth Studios (1970). L'avventura del Cars of the Stars and Planes of Fame Museum termina nel 1979 e Von Dutch finisce per parcheggiare il proprio autobus nei pressi di un ranch di proprietà di Brucker. Vi rimane per i restanti tredici anni, gli ultimi della sua vita...
Il bus-laboratorio che per Von Dutch fu anche casa
Trapano a colonna, piccolo tornio... sul bus di Von Dutch non mancava nulla
Kenny "Von Dutch" Howard morì nel 1992 - a soli 63 anni - per complicazioni legate al fegato conseguenti all'abuso d'alcool. Come un autentico "free bird", parafrasando un classico statunitense, le sue ceneri vennero disperse nell’Oceano Pacifico.
Il "marchio di fabbrica" al quale è associato più di frequente è il Flying Eyeball, l'occhio "volante" entrato nel mito della cultura custom. Non un tema del tutto originale, ma di certo esclusivo nel modo in cui Von Dutch ha saputo declinarlo, ricordando lo stile cartoonistico di Basil Wolverton.
Il Flying Eyeball secondo l'interpretazione di Von Dutch
Ma Von Dutch non è stato solo pinstriping: fabbro, costruttore di coltelli e decoratore d'armi da fuoco, nel 1958, costruisce la famosa “Mare’s Legâ€, un Winchester modificato ad hoc per la serie TV "Wanted: Dead or Alive" e portato in scena da Steve McQueen.
Steve McQueen posa brandendo la Mare's Leg
Per quanto il suo nome faccia drizzare le antenne ai bikers, certamente una delle imprese che ancora oggi ne alimentano il mito si lega alle quattro ruote. Il modo in cui Von Dutch ha saputo lavorare a mano libera la leggendaria Pontiac Firebird “Blue Velvet†del 1979, ornandola con due strisce parallele perfettamente "tirate" - lunghe più di 5 metri per lato - racconta molto della sua abilità e meticolosità .
Pontiac Firebird “Blue Velvetâ€, 1979
Pontiac Firebird “Blue Velvetâ€, dettaglio dipinto a mano
Nonostante una massiccia dose di talento sul quale monetizzare, Von Dutch fu sempre uno spirito anti-commerciale. Detestava la routine del mercato, raddoppiava i prezzi per tenere lontani troppi clienti e spesso fuggiva dal successo. Preferiva vivere al margine, con libertà totale e senza compromessi.

Cartellonistica pubblicitaria del brand Von Dutch
Dopo la sua morte, le figlie trasformarono il nome Von Dutch in un marchio di abbigliamento; un destino commerciale che lui, probabilmente, avrebbe detestato...
Negli ultimi anni Oberdan Bezzi ha disegnato il futuro di tanti marchi, ma un posto speciale lo riserva sempre per Moto Guzzi. Ecco cosa ha immaginato in questo 2024
Oberdan Bezzi è un designer con una passione verace per le due ruote e un grande talento. Sul suo blog e sui canali social, dove si firma con lo pseudonimo di Obiboi, ha pubblicato nel corso degli anni tanti concept basati su modelli di diverse case, ma nel suo cuore Guzzi occupa un posto speciale e alla casa di Mandello dedica sempre molto spazio. Ecco le sue migliori idee realizzate in questo 2024, qui invece una selezione di Guzzi che ha disegnato negli anni scorsi.
Una scrambler semplice e accessibile, con motore monocilindrico da 350 cm3 raffreddato ad aria, ruote da 19" e 18" leggermente tassellate e un design essenziale. La Eaglet Scrambler punta su un prezzo competitivo e un'estetica classica, senza rinunciare a componenti di qualità . Sarebbe una rivale interessante delle varie Royal Enfield HNTR 350 e della nuova Honda GB350S...
Un omaggio alla leggendaria Le Mans, con un design che reinterpreta le forme del modello originale in chiave moderna. La V100 Le Mans Classic è una sportiva pura, con il motore della V100 Mandello da 115 CV e una ciclistica raffinata.
Una naked di media cilindrata con motore bicilindrico Aprilia da 660 cm3. La F 66 è proposta in due versioni: la S, più stradale e confortevole (in gallery), e la SX (qui sopra), con un'impostazione più sportiva. Entrambe puntano su un design moderno e una dotazione tecnica di alto livello.
Il motore Aprilia da 660 cm3 la fa da padrone anche qui, solo in chiave più offroad come alternativa alla Tuareg. La F 66 SCR offre un'esperienza di guida votata al fuoristrada, senza rinunciare al comfort e alla versatilità .
Con l'elettrico dovremo fare i conti nei prossimi anni, anche una casa tradizionalista come Guzzi. Ecco dunque la E-AGLE una moto moderna e "concreta" e usabile esattamente come un mezzo tradizionale caratterizzata da un linea contemporanea, pulita ed elegante, come da tradizione della casa di Mandello.
Economico, leggero, potente ed affidabile: il bicilindrico 4 valvole disegnato da Lambertini aveva davvero tutto per sbaragliare la concorrenza. Eppure, con la nuova gestione Ducati, il progetto fu abbandonato. La sua storia rimane però viva nel cuore dei suoi ideatori
Negli anni Ottanta Moto Morini si trovò, come tante altre, di fronte alla necessità di rinnovare la propria gamma “verso l’altoâ€, cioè aumentando la cilindrata dei propri motori. Fu, più precisamente, sulla fine del marzo 1985 quando Franco Lambertini, geniale progettista dei modelli più riusciti della casa bolognese (tra cui la mitica 3 1/2 e la mai nata 500 Turbo), iniziò a mettere su carta i primi schizzi di un motore che, se tutto fosse andato come previsto, avrebbe potuto segnare un’epoca.
Progettato per essere compatibile con le strutture in lamiera d’acciaio che fungevano da telaio e supporto per il cannotto di sterzo, il nuovo bicilindrico vide la luce al banco prova nel gennaio 1986. Con squadra e compasso - al tempo i moderni sistemi CAD non esistevano - Lambertini mise nero su bianco ogni singolo dettaglio, dando vita ad un bicilindrico a V di 67° e 4 valvole per cilindro da 720 cm3. L’alesaggio e la corsa, rispettivamente di 84 e 65 mm, promettevano prestazioni elevate: 85 CV a 8.500 giri. Raffreddato a liquido, aveva i perni di biella disposti in modo da farlo funzionare come un V di 90° con perno unico, cambio a 6 rapporti derivato da quello della precedente 500 e frizione in bagno d’olio con recupero automatico del gioco. Qui in alto un prototipo di stradale dotato di questo nuovo propulsore.
Oltre che per il peso “contenuto†a 53 kg, il motore si faceva notare anche per l’ottimo rapporto costi/prestazioni: appena 2 milioni di lire per una potenza che poteva rivaleggiare con modelli molto più costosi. In pieno stile Morini, quello appena nato si configurava quindi come un motore efficiente, resistente ed economico: un progetto che si profilava assai promettente…

Ecco un dettaglio del nuovo motore inserito in una ciclistica della Cagiva Elefant
Nel frattempo però, il quadro generale, per Moto Morini, cambiò radicalmente: la signora Morini, stanca delle tensioni sindacali, cedette l'azienda ai Castiglioni, cosa che, tra le tante, segnò anche la fine del progetto a quattro valvole, il cui sviluppo fu quasi immediatamente interrotto.
Il motore già realizzato fu però sottoposto nel 1987, cioè solo un anno dopo, a una prova dimostrativa di ben 20 ore alla Ducati, dando in quell’occasione ulteriore riprova delle sue potenzialità . “E’ una durata molto alta per un motore ancora sperimentale, fin quasi eccessiva - ricordava il tecnico Luciano Negroni che partecipò al progetto - ma noi motoristi eravamo tranquilli e infatti il motore si comportò benissimo, erogando 84 CV abbondanti ad oltre 8.500 giri per tutto il tempo, mostrando una bella coppia e senza vibrareâ€. Considerato poi che, come rimarcato da Negroni, si trattava di un propulsore che di sviluppo puro non aveva fatto neanche una decina di ore ed in tutto non sarà stato in moto più di 100 ore, la prova non potè che evidenziarne nuovamente le incredibili potenzialità . Eppure, o forse proprio per quello, “i responsabili Ducati - racconta il motorista - guardarono l’ultima curva rilevata al banco e con stupore generale ci dissero di spegnere e di non volerlo più vedere in giroâ€.
Dopo la prova tecnica al banco Ducati, solo Castiglioni volle vederlo propriamente in azione: così Negroni s’inventò in quattro e quattr’otto un telaio a piastre imbullonate con motore portante: “Era febbraio e Castiglioni voleva vedere una moto finita per paragonarla alla Elefant, ma tutto venne archiviato prima ancora di andare su stradaâ€. Lambertini però era curioso e, “un po’ un camuffa†usci con la versione da gara della Elefant. Come andò? “La Morini andava alla grande, favorita dal rapporto peso/potenza e anche in gara sarebbe stata favorita grazie ai bassi consumiâ€. Ma non se ne fece nulla...

Abortire il 4 valvole Morini fu un errore. Il Ducati 750 era meno potente di circa 10 CV, più fragile e ben più costoso (3 milioni contro i 2 sopra ricordati). E poi il peso: “con le fusioni a conchiglia - ricorda l’ingegnere - si sarebbe potuti scendere sotto i 50 kg. Girava tutto su bronzine, con pistoni fusi della Mondial, non c’era niente di speciale ma i tanti mesi passati a pensarlo avevano dato i suoi fruttiâ€. Se ci si fosse dedicati ancora, quello dei 100 CV sarebbe stato un traguardo certamente raggiungibile. Un vero peccato…
Se siete alla ricerca di un usato da comprare a buon prezzo per sostituire l'auto in città allora dovete puntare sugli scooter 125: l'offerta è abbondante e le quotazioni basse
Per muoversi veloci in città col traffico, tagliando i consumi di benzina della famiglia, non c’è nulla di meglio che sostituire l’auto con uno scooter 125. Questi modelli, infatti, si guidano con la patente B, quindi non c’è bisogno di spendere soldi per fare la A da moto (un altro bel risparmio). E poi non richiedono una grande esperienza, pesano poco e hanno prestazioni sempre gestibili. Tutte queste qualità fanno sì che se ne vendano molti, quindi l’offerta sul mercato dell’usato è sempre abbondante. Ecco i modelli da comprare: Honda PCX 125, Honda SH Mode 125, Kymco Like 125, Kymco People One, Kymco People S, Peugeot Belville, Piaggio medley, Piaggio Liberty, Suzuki Burgman 125, SYM Crox, SYM HD2, SYM Joyride, Vespa Sprint, Yamaha D’Elight, Yamaha Xenter
Il PCX di Honda è tra gli scooter più venduti in Europa. Merito dell’ottima qualità generale e delle sue molte doti: sella bassa da terra, ciclistica a punto, un buono spazio sottosella (ci sta un integrale senza problemi) e dotazione ricca. Il motore è brillante e parsimonioso: fin dalla prima versione è stato dotato di sistema Start & stop e l’ultima serie del 2021 (in foto) ha anche il controllo di trazione.
Stile Giapponese
Il parabrezza basso (tipico degli scooter sportivi jap) protegge poco. La sella è comoda, ma lo spazio sulla pedana è limitato dal grosso tunnel centrale.
Prezzi da 700 a 2.200 euro
Il Mode è la versione compatta e semplificata dell’SH, ha la sella bassa, le ruote alte da 16 pollici e la pedana piatta come il fratello maggiore. Nel vano sottosella ci sta un casco jet. Dal 2021 ha di serie anche il sistema di accensione con smart key e la presa USB per ricaricare i cellulari. Motore brillante Il motore eSP+ raffreddato a liquido è brillante e consuma poco. I freni sono a disco e tamburo con sistema combinato (ma senza ABS). La qualità è Honda e lo scooter è affidabile, le quotazioni sono basse.
Prezzi da 1.000 a 2.300 euro
L'Honda SH è il best seller incontrastato anche tra i veicoli usati e non è difficile vedere versioni di parecchi anni fa vendute ancora a prezzi elevati. Ben costruito e con una buona dotazione di serie, dal 2013 ha di serie Start & stop e ABS, dal 2017 la smart key e dal 2020 il controllo di trazione, mentre bauletto e parabrezza sono sempre inclusi nel prezzo. Maneggevole quasi come una bicicletta, ha la pedana piatta, un motore brillante e affidabile e sospensioni adatte alla città . Buone la frenata e le sospensioni.
Prezzi da 1.200 a 3.000 euro
Il Kymco Like ha un aspetto retrò, dimensioni contenute e la sella bassa, comoda per il pilota ma poco accogliente per il passeggero. La pedana è piatta e il vano sottosella è discreto: ci sta un casco jet. La frenata è affidata a un sistema combinato (non ABS) che attiva automaticamente i due dischi anche se si aziona un solo comando. Le sospensioni sono un po’ rigide: le buche sulle strade rovinate si sentono. Molto buona invece la maneggevolezza. Il motore è tranquillo, però consuma poco.
Prezzi da 1.200 a 1.700

Il People One è il più leggero tra i “ruote alte†Kymco offre finiture curate e un comfort più che buono. La pedana piatta è stretta, ci sta poco, ma lo scooter veniva offerto con bauletto e parabrezza di serie. Il motore raffreddato ad aria è poco assetato. Le sospensioni sono semplici ma tutto sommato efficaci, come i freni. Leggero e poco impegnativo, sguscia agile e rapido tra le auto in coda. Il raggio di sterzo ridotto permette di manovrare in spazi stretti.
Prezzi da 900 a 1.800 euro

Il People S ha una carrozzeria realizzata con plastiche di qualità e offre spazio a sufficienza anche per i piloti più alti. Il motore spinge quanto basta e consuma poco, le sospensioni sono robuste ma un po’ secche e i freni sono entrambi a disco con ABS di serie. Nella dotazione ci sono pure bauletto, parabrezza e paramani e nel sottosella ci sta un casco integrale. In città è maneggevole e facile da guidare. Le ruote da 16 pollici danno sicurezza sulle buche e la tenuta di strada è sempre sicura, anche quando aumenta la velocità .
Prezzi da 1.300 a 2.000 euro
Il “ruote alte†Belville ha debuttato nel 2017 e rimane un’alternativa molto valida ai più conosciuti best seller italiani e giapponesi. Ben fatto e curato come tutti gli scooter Peugeot, ha una sella ampia e comoda, pedana piatta, sottosella spazioso (ci sta un casco integrale), presa USB dietro lo scudo per ricaricare i cellulari e la strumentazione digitale. Il motore a iniezione è raffreddato a liquido. La frenata agisce su un disco e un tamburo e l’ABS è solo sulla ruota anteriore.
Sospensioni ok
In sella si sta comodi, il motore spinge con decisione fin dai primi metri e le sospensioni assorbono bene il pavé cittadino. Ok anche la frenata.
Prezzi da 1.100 a 1.800 euro
D i taglia più grande rispetto al Liberty, il Piaggio Medley ha la pedana piatta, un vano sottosella capiente (ci stanno addirittura due caschi integrali) ed è molto curato. L’aggiornamento del 2020 ha riguardato il motore e piccoli dettagli, ma già la versione datata 2016 monta ABS e start & stop e mantiene i consumi sempre sotto controllo.
Sella bassa
La sella è bassa, la pedana ben sagomata permette di appoggiare bene i piedi a terra. Nel traffico è agile e ben piantato a terra. Il motore è brillante e consuma poco, i freni a disco sono efficaci.
Prezzi da 1.500 a 2.600 euro
A pprezzato per l’agilità e l’estrema maneggevolezza, il Liberty in quest’ultima versione è equipaggiato con il motore 3 valvole a iniezione raffreddato ad aria che consuma pochissimo (fa oltre 30 km con un litro in città ). Le sospensioni sono semplici ma efficaci, ha un freno a disco anteriore e un economico tamburo posteriore. Nel sottosella ci sta un casco jet. Dal 2016 monta ABS a un canale che “lavora†solo sul disco davanti.
Sempre docile
La posizione di guida è comoda, ma la sella ha un’imbottitura un po’ dura. La partenza da fermo è docile e senza strappi.
Prezzi da 1.200 a 2.000 euro
Fratello minore del 400, il Burgman 125 offre una sella bassa e comoda, abbondante spazio per le gambe e un sottosella da record: ci stanno due caschi integrali. Ok i freni con ABS di serie, mentre lo scudo e il parabrezza riparano a sufficienza da freddo e pioggia.
Frena bene
Il motore è sufficientemente brillante. La frenata è decisa ed efficace, le sospensioni incassano abbastanza bene le buche e garantiscono un discreto comfort mentre le ruote piccole garantiscono una buona maneggevolezza.
Prezzi da 1.200 a 2.000 euro
Leggero e grintoso, il Sym Crox se la cava benissimo anche nel traffico cittadino più “difficileâ€. Il frontale con doppio faro e scudo spiovente protegge poco, mentre sono belli da vedere il manubrio a vista e i paramani di serie. I freni sono a disco e tamburo, le sospensioni robuste e adatte a tutti i tipi di fondo stradale, la pedana piatta è larga e ben sfruttabile.
Accelerazione tranquilla
L’accelerazione è bella progressiva fino alla massima velocità e le ruote larghe danno sicurezza sulle rotaie del tram e anche sui pavé. Nel traffico è agile e il manubrio stretto permette di infilarsi tra le auto.
Prezzi da 700 a 1.200 euro
Costruito con cura e con plastiche di buona qualità , il Sym HD2 monta un brillante motore raffreddato a liquido e offre spazio a sufficienza per piloti di tutte le taglie. Sulla pedana piatta e ampia si può caricare senza problemi uno zaino, mentre nel sottosella ci sta un casco jet. Il bauletto e il parabrezza erano spesso compresi nel prezzo. L’HD2 risponde con prontezza al comando del gas, la stabilità è ottima ed è preciso nel tenere le traiettorie. Le sospensioni sono ben tarate e le buche si sentono poco.
Prezzi da 800 a 1.500 euro
Lo “storico†GT compatto di SYM è stato a listino per oltre 20 anni con poche modifiche. Tra le sue numerose doti, l’ampio sellone con poggiaschiena per pilota e passeggero e la pedana piatta e larga. Meno bene il sottosella, lungo ma poco profondo, che comunque può ospitare due caschi jet. Il motore riprende senza indecisioni, la frenata è adeguata alle prestazioni ma le sospensioni economiche fanno sentire le buche. In mezzo al traffico si muove senza problemi, grazie alla buona agilità .
Prezzi da 800 a 2.000 euro

La più sportiva tra le Vespa di taglia piccola ha la carrozzeria in metallo, il faro anteriore poligonale, la pedana piatta e le ruote “grandiâ€: nelle ultime versioni infatti sono entrambe da 12â€. Monta un brillante motore a 3 valvole e ha una sella ampia e comoda. Il vano sottosella è discreto. Le sospensioni lavorano bene, mentre i freni sono a disco e tamburo.
Va bene anche per i più alti
La posizione di guida è comoda e naturale, con spazio abbondante per le gambe dietro lo scudo. La Sprint è agile nei cambi di direzione, ha una ciclistica a punto che digerisce bene anche il pavé e un motore brillante.
Prezzi da 1.900 a 3.700 euro
Nato con motore da 114 cm3, il D'Elight dal 2017 monta un monocilindrico 125 che garantisce più accelerazione, ma resta sempre poco assetato. È assemblato con cura e realizzato con plastiche di buona qualità . Le dimensioni sono ridotte (è lungo 180 cm e pesa 101 kg) ma lo spazio per il pilota non è male. Nel sottosella ci sta un casco jet, mentre la pedana piatta è corta.
Molto agile
Adatto a tutti, ha sella bassa da terra e comoda. In strada è agilissimo e curva in un fazzoletto, il motore spinge bene, le sospensioni sono discrete e i freni adeguati alle prestazioni.
Prezzi da 1.100 a 1.700 euro
Lo Xenter vanta un monoammortizzatore montato in posizione orizzontale che assorbe bene le buche, ma toglie spazio al vano sottosella che infatti può accogliere solo un paio di guanti e poco più (per questo il bauletto è di serie). La sella è comoda e ben imbottita, la pedana piatta e ampia: c’è spazio per caricare una confezione da 6 bottiglie d’acqua. Il motore garantisce ottime prestazioni e consumi limitati, la frenata del disco anteriore è efficace, mentre il tamburo posteriore va strizzato a dovere.
Ciclistica ok
Nel traffico lo Xenter è a suo agio: il peso contenuto lo rende rapido nei cambi di direzione. Quando la strada si libera, le ruote da 16 pollici danno sicurezza in velocità .
Prezzi da 900 a 2.100 euro
Le ebike sono una valida alternativa a moto e scooter in parecchi contesti. In questa guida vi spieghiamo caratteristiche, pregi e difetti di questi mezzi
Si tratta di biciclette con l’aggiunta di un motore elettrico che supporta la pedalata muscolare per ridurre lo sforzo. Questa soluzione è stata ideata da Yamaha nel 1989 e fornisce l’aiuto del motore elettrico solo in combinazione con la pedalata.
Rispetto alla bici tradizionali sono dotate di un sistema elettrico, detto anche kit, che è formato da 6 componenti principali.
- Motore elettrico: ha potenza nominale massima di 250 W e può essere montato nel movimento centrale o nei mozzi delle ruote.
Il motore elettrico Polini è uno die più apprezzati
Trasmette la potenza in base al livello di assistenza selezionato, di solito variabile tra 3 e 5 (in alcuni casi sono personalizzabili), con le modalità più basse l’aiuto del motore elettrico è limitato ma così si ha maggiore autonomia, le modalità più alte forniscono maggiore aiuto (fino al 400% dello sforzo impresso sui pedali) e permettono anche di superare le salite più impegnative.
- Batterie: alimentano il motore elettrico. Sono al litio e hanno capacità variabili da 200 a oltre 1.000 Wh. Possono essere integrate nei tubi del telaio (per lo più quello obliquo), permettendo così un migliore bilanciamento dei pesi e limitando anche l’impatto estetico. Per risparmiare sui costi possono anche essere esterne al telaio, per lo più posizionate nel portapacchi posteriore. Sono per lo più removibili e si ricaricano dalle normali prese di casa in 3-8 ore.
Sui modelli più economici le batterie sono nel portapacchi posteriore
- Interfaccia del sistema: costituita da comandi e cruscotto, a volte sono integrati a volte separati, con pulsanti vicini alle manopole per consentirne l’azionamento senza togliere le mani dal manubrio. Gli schermi del cruscotto sono digitali e riportano le informazioni principali, come chilometri percorsi, autonomia, modalità di assistenza alla pedalata utilizzata e così via. Sui modelli più raffinati sono dei veri computer, collegabili tramite app allo smartphone, dispositivo che su alcuni modelli può sostituire del tutto il cruscotto.
- Centralina di controllo: gestisce l’intero sistema elettrico, dalla carica della batteria fino al tipo di erogazione della potenza.
- Sensori di rilevamento: forniscono alla centralina informazioni per regolare l’erogazione dell’assistenza alla pedalata. Sono di tre tipi e rilevano la velocità della pedalata (o cadenza), lo sforzo applicato sui pedali dal ciclista (o coppia) e la velocità . Sui modelli di maggiore pregio sono presenti tutti e tre i tipi.
Per avere il supporto elettrico è sufficiente attivare il sistema e iniziare a pedalare. La spinta del motore sarà erogata in base alla modalità di assistenza selezionata e terminerà in automatico quando si smette di pedalare o si superano i 25 km/h.
Per i Codice della Strada le ebike sono equiparate ai velocipedi, ossia alle bici tradizionali, e come tali devono rispettare tutte le norme previste per i modelli muscolari, inclusa la presenza dei dispositivi di segnalazione visiva (luci, catarifrangenti) e acustica (campanello) e di un impianto frenante efficiente.
Le bici elettriche non sono immatricolate (niente libretto), non hanno l’obbligo di assicurazione RC (responsabilità civile), né di bollo e targa. Per guidarle non c’è bisogno di patente né di casco.
Dal punto di vista tecnico, il Codice stabilisce che il motore deve avere al massimo una potenza nominale continua di 250 W (500 W se adibite a trasporto merci), entra in funzione soltanto in presenza della pedalata e sospende l’aiuto solo quando la velocità arriva a 25 km/h o il ciclista smette di pedalare. L’acceleratore è vietato, ma è ammesso un tasto per muoversi senza pedalare fino alla velocità di 6 km/h, è il cosiddetto walk assist.
Volete provare una ebike? Ecco i demo ride di Yamaha!
Come le muscolari, le e-bike sono disponibili in molte varianti pensate per usi specifici.
Per la città ci sono tre tipi di modelli.
Folding o pieghevoli caratterizzate da differenti sistemi che permettono di ripiegarle per metterle comodamente nel baule dell’auto o trasportarle come se fossero dei trolley sui mezzi di trasporto pubblici.
Le Folding si possono caricare comodamente nel bagagliaio dell'auto
City bike sono caratterizzate da una posizione di guida comoda, ruote grandi per incassare senza problemi le buche e, sui modelli più raffinati, da sospensioni (alle volte solo davanti).
Cargo bike, sono bici pensate per il trasporto merci nell’ultimo miglio, hanno ampi cassoni oppure grandi portapacchi èer caricare merce di ogni genere. Sulla base delle cargo bike sono stati sviluppati anche modelli allestiti per il trasporto di bambini.
Per il tempo libero le ebike si dividono in quattro grandi famiglie.
-Touring sono le bici da viaggio, quindi comode e robuate, dotate di un’ottima autonomia (oltre i 100 km) e una ciclistica che punta soprattutto sulla stabilità . Le più raffinate sono dotate di sospensioni.
- Gravel combina le caratteristiche di una mountain bike con quelle di una bici da corsa, in maniera tale da poter percorrere strade sterrate (non off road vero e proprio) a velocità maggiori senza il rischio di incappare in problemi alla ciclistica e alla meccanica.
- eMTB sono bici da fuoristrada si dividono in hardtail (monoammortizzate) o biammortizzate (o full suspended) e possono avere ruote di diverso diametro, per privilegiare più o meno stabilità e maneggevolezza. La tendenza dei produttori è di allestire le eMTB con diametri da 29†all’anteriore e posteriore oppure con 29†all’anteriore e 27,5†al posteriore.
- eRoad sono delle vere e proprie bici da corsa dotate di motore elettrico. Sono leggere, hanno ciclistiche raffinate e motori e batterie compatti per evitare di fare aumentare troppo il peso.
I prezzi variano dai 500 a oltre 10.000 euro. I costi di ricarica sono irrisori (pochi centesimi di euro), le spese di manutenzione paragonabili a quelle della bici muscolari con l’aggiunta di un esborso per il controllo del sistema elettrico e per eventuali maggiori usure di pastiglie e pattini dei freni, catena o pneumatici. La sostituzione delle batterie può costare dai 200 euro in su.
I produttori di bici a pedalata assistita sono centinaia, inclusi i costruttori di bici tradizionali che ormai hanno quasi tutti una linea elettrica. L’offerta è variegata e comprende dai piccoli artigiani che assemblano esemplari unici su misura a multinazionali del ciclo presenti con diversi marchi e listini decine modelli. Tra i marchi italiani più noti ricordiamo Askoll, Atala, Bottecchia, Ciclo MBM, Ducati, Fantic, Lombardo e Thok. Tra quelli stranieri citiamo Bergamont, Cannodale, Decathlon, Flyer, Focus, Haibike, Husqvarna, KTM, Lapierre, Orbea, Riese&Mulle, Scott, Specialized e Trek.
A muovere le e-bike sono i sistemi elettrici, detti anche kit, di solito forniti da produttori specializzati. I più diffusi sono realizzati da Bosch e Shimano, ma sono diffusi anche quelli di Bafang, Brose, Yamaha e Fazua. I kit made in Italy più conosciuti sono Polini, Olieds e Zehus. Alcuni produttori di e-bike sviluppano da sé i kit.
Agili e pratiche in città come le bici muscolari, le e-bike sono meno faticose da usare e consentono una velocità media superiore. Il supporto elettrico permette a tutti di effettuare tragitti più lunghi e impegnativi, come quelli con salite ripide. Il tutto a emissioni zero e con bassi costi di gestione.
Le bici elettriche pesano di più, se la batteria si scarica si fatica di più. Non avendo targa né documenti per i ladri sono facili da rivendere e visto quanto possono costare non è affatto una buona notizia.
Aumentare la velocità massima e fare in modo che il motore funzioni senza pedalare sono alcune delle modifiche che si sarebbe tentati di fare. Sono ovviamente vietate dalla legge, perché in questo modo si trasforma la ebike in un veicolo motorizzato in grado di muoversi autonomamente. Se si viene sopresi alla guida di ebike truccate le forze dell’odine possono contestare, la mancanza di casco (qui le norme sull'obbligo del casco), assicurazione (qui le norme sull'RC obbligatoria) e targa, oltre al mancato rispetto delle norme per le ebike (potenza, funzionamento del motore). Il conto può superare i 2000 euro.
Per la serie “pillole di Rossiâ€, il Dottore torna a parlare dei suoi duelli al limite con Marquez. Ricorda i sorpassi in Argentina e l’indimenticabile collisione nell’ultima S di Assen
Valentino Rossi torna a parlare della rivalità con Marquez ripercorrendo due degli episodi più “caldiâ€: Argentina e Assen, gare che hanno segnato la tensione tra i due campioni e portato ad una frattura irreparabile.
Il Dottore comincia raccontando la strategia di gara che lo portò alla rimonta in Argentina: “Se te gli recuperi tre decimi al giro, guardi quanti giri mancano… mancano cinque giri, gli recupero tre decimi al giro, lo prendo a metà dell’ultimo. Giro veloce all’ultimo, al penultimo… sorpasso Lorenzo, sorpassato Dovizioso… e comincio a fare i giri veloci uno dietro l’altro e lo vedo che si avvicina, adesso lo prendoâ€. Come tutti sappiamo, il momento decisivo arriva però in curva quando Marquez “tenta†il contatto: “lo passo nella curva destra e lui ha detto: l’unica possibilità che ho è andargli addosso. Cioè lui cerca di stendermi, pieno, nonostante fossi già tutto davanti…â€. L’accusa la conosciamo tutti e, ancora una volta, Rossi non nasconde la frattura: “Da lì il nostro rapporto è andato in frantumi. Lui continuava a far finta di andare d’accordo con me…â€.
A distanza di mesi, Assen regala il secondo atto della sfida. “Facciamo una gara della madonna - ricorda Rossi - lui, io, lui, andiamo via, ma lui è tosto, non mi molla e siamo arrivati all'ultima S e io ho detto guarda lui sicuramente ci prova, io provo a entrare più forte possibile, stacco proprio più forte possibile, vedo come va, stacco forte, la butto dentro ma già non so se ci stavo, ma lui nonostante io faccio questa staccata esagerata lui proprio mi viene addosso un'altra volta perché lui comunque ti viene addosso. E mi ha buttato fuoriâ€. Esattamente come il tifo del pubblico di quel giorno, il racconto Valentino qui si fa concitato: “Solo che io appena naturalmente l'ho sentito arrivarmi addosso, a parte che non è che c'avevo tanta scelta, sono andato dritto, ho tagliato la S e ho vintoâ€.
Al termine della gara Marc, racconta Valentino, "aveva una faccia che non gli avevo mai visto prima". “facile vincere così - mi dice - se tagliâ€. “E io gli ho detto, Marc, se mi vieni addosso nell'ultima S e mi butti nella ghiaia io cosa devo fare? Devo farti vincere?
L'epilogo che tutti conosciamo avvenne a Sepang...
E poi cosa accadde? Valentino Rossi vs Marc Marquez - Stoner: "Lo ha sbattuto fuori dal mondiale
Una scuola di minimoto pensata per avvicinare i bambini al mondo delle due ruote. La Polini Minibike School Cup 2026 si rivolge ai giovanissimi tra i 5 e i 9 anni: oltre al tesseramento, compresi nell’iscrizione ci sono il noleggio delle moto, delle tute e dei caschi. Ecco i dettagli
Organizzata da OPES motori minimoto, la Polini Minibike School Cup 2026 è una scuola minimoto pensata per avvicinare i bambini al mondo delle due ruote in modo educativo, sicuro e divertente. Un progetto ideato per bambini dai 5 ai 9 anni che desiderano muovere i primi passi in pista seguiti da uno staff qualificato. La scuola prevede 6 eventi ufficiali, ognuno dei quali strutturato in 6 turni. L’iscrizione comprende il noleggio della moto, la tessera associativa e tutto ciò che serve per montare in sella in totale sicurezza. Vediamo i dettagli.
La stagione 2026 prevede 6 eventi ufficiali, svolti in concomitanza con il Trofeo OPES, offrendo alle famiglie un contesto organizzativo serio, professionale e stimolante. Ogni evento è strutturato con 6 turni di attività il sabato, dedicati all’apprendimento e alla pratica, seguiti dalla manifestazione della domenica, momento conclusivo di condivisione.
L’iscrizione alla Polini Minibike School Cup 2026 è una formula completa e senza pensieri, che comprende:
• Noleggio Minimoto Polini 910S
• Tessera assicurativa Opes Oro motori e licenza.
• Tuta e casco
• 2 coppie di gomme
• Assistenza tecnica ufficiale Polini
• Cappellino e t-shirt Polini
Il costo complessivo per l’intera stagione è di 1.990,00 euro + IVA.
Per garantire la massima equità sportiva, assicura Polini, tutte le minimoto sono identiche e vengono assegnate tramite estrazione a ogni manifestazione, permettendo ai bambini di concentrarsi esclusivamente sulla guida e sul divertimento. Al termine di ogni evento è prevista una premiazione dedicata Polini, perchè, anche questo è importante, impegno e progressi dei partecipanti vanno sempre premiati.
Per tutti i dettagli e per procedere all’iscrizione (che apriranno da gennaio 2026), è possibile scrivere a Alessandro: info@opesmotori.it, telefonare al numero 347 5851702 o visitare il sito www.opesmotori.it