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#motociclismo #news #insella.it
Valide fino al 31 dicembre, le iniziative “Nate per correre†e “Interessi in fumoâ€, prevedono contributi sul prezzo di acquisto e piani di finanziamento agevolati. Ecco come funzionano…
Insieme ai generosi sconti dedicati a (quasi) tutti i modelli in gamma, KTM ha scelto di estendere fino a fine anno anche le promozioni dedicati alle Enduro EXC MY24 e MY25. Valide fino al 31 dicembre, le iniziative “Nate per correre†e “Interessi in fumoâ€, prevedono contributi sul prezzo di acquisto nonché piani di finanziamento agevolati. Vediamo di cosa si tratta.
“Nate per correre†prevede un contributo fino a 1.500 euro sul prezzo di listino per i MY24 e MY25, mentre “Interessi in fumo" - sviluppata in collaborazione con KTM Finance - permette di comprare una nuova KTM Enduro 2025 con un piano di finanziamento semplice e trasparente: 30 rate da 340 euro ciascuna con TAN 0% (tasso fisso) e TAEG 2,81% (tasso fisso). Le iniziative, sottolineano da KTM, interessano qualsiasi modello, incluse le prestigiose versioni speciali.
Grazie alla combinazione delle due promozioni, sarà possibile salire in sella alla KTM 300 EXC 2025 versando un anticipo di 1.190 euro, cui seguiranno 30 rate da 340 euro ciascuna con TAN 0% (tasso fisso) e TAEG 2,81% (tasso fisso). Chi invece preferisce il 4 Tempi può acquistare una 350 EXC-F SIX DAYS 2025 con un anticipo di 2.680 euro. Anche in questo caso il piano di finanziamento prevede 30 rate da 340 euro ciascuna con TAN 0% (tasso fisso) e TAEG 2,81% (tasso fisso).
Per maggiori dettagli, vi consigliamo di consultare il sito internet ufficiale o rivolgervi direttamente ad una concessionaria KTM.
La 3½ fu un modello all’avanguardia, capace di prestazioni brillanti, consumi contenuti e ottima guidabilità . Frutto del genio di Franco Lambertini rimase praticamente immutata per oltre un decennio
Moto Morini a EICMA 2025 ha attirato l'interesse di tanti appassionati proponendo la nuova 3 ½ Sport, che si ispira alla moto che, negli anni 70, fu un caposaldo della casa (allora) bolognese. Vale la pensa ripercorrerne la storia...
Il modello 3½ è forse quello che più ha segnato la storia non solo della Moto Morini ma anche di molti motociclisti ad inizio carriera tra la metà degli anni ‘70 e quella degli ‘80. Per tanti la prima moto “veraâ€, leggera e maneggevole ma con prestazioni di rilievo, tanto che per diversi anni fu la migliore della sua categoria. Diversi i motivi del suo successo, non ultimo il fatto che a quei tempi da 18 fino a 21 anni era consentito guidare moto di cilindrata non superiore a 350 cm³, e quello era anche il limite oltre il quale scattava un sensibile aumento dell’Iva e quindi del prezzo: nel 1973 per una cilindrata compresa fra 351 e 500 era del 12% anziché del 18%, e nel 1977 sarebbe salita al 14% per moto entro i 350 cm³ e al 35% per quelle fra 351 e 500 cm³.
Cliccate qui invece per la 250 2C, un modello dimenticato che aveva una resa superiore alla 3 1/2
Ecco l'ing Franco Lambertini con il suo progetto "originale"
L’eccellente qualità e costi di acquisto e di gestione contenuti, insieme a una linea piacevole e prestazioni brillanti, furono alla base del successo di una moto che nei tempi migliori venne prodotta in 6000 esemplari l’anno.
L’intuizione fu alla fine degli anni ‘60 in un periodo di grandi cambiamenti: per la Moto Morini con la scomparsa nel 1969 del suo fondatore Alfonso Morini, e per il mondo motociclistico in generale a seguito dell’arrivo delle Case giapponesi con modelli pluricilindrici di grossa (per i tempi) cubatura. Arrivavano le Honda CB 750, 350 e 500, la Kawasaki Z 900, andavano nella stessa direzione le altre Case italiane; la Moto Morini non poteva imbarcarsi in progetti economicamente così impegnativi e si lanciò in quella che allora era una media cilindrata.
A fare la differenza con le concorrenti c'era il geniale bicilindrico a V. Semplice ma con tante soluzioni innovative per il mondo delle moto
L’uomo della Provvidenza fu Franco Lambertini, che aveva lavorato in Ferrari e alla MWM: rispose all’annuncio pubblicato sul quotidiano “Il Resto del Carlino†nel quale l’azienda bolognese cercava un tecnico motorista e dopo il primo colloquio gli venne richiesto di mostrare le sue qualità progettando in due giorni un propulsore con determinate caratteristiche stabilite dall’Ufficio Tecnico. Venne scelto tra gli altri candidati e il primo lavoro affidatogli, nel 1970, fu il potenziamento della Corsano Regolarità , moto da fuoristrada con un palmarès glorioso ma oramai in debito di potenza rispetto alle due tempi della concorrenza. Lambertini progettò una nuova parte termica con criteri automobilistici, impiegando una testa piatta con la camera di combustione ricavata nel pistone, la cosiddetta testa Heron, e condotti ad alta turbolenza, ottenendo lusinghieri risultati.

Il primo lavoro di Lambertini in Morini fu sul motore del Corsaro RegolaritÃ
Gli stessi concetti furono applicati con successo sul 350 cm³ richiestogli subito dopo dalla proprietà Moto Morini. Il primo bicilindrico della Casa bolognese che fino a quel momento aveva prodotto soltanto monocilindrici al massimo da 250 cm³. Un motore con numerosi elementi di innovazione, in parte derivati dall’esperienza automobilistica di Lambertini. Venne concepito secondo un principio di modularità in modo che dallo stesso progetto fosse possibile estrapolare numerose altre versioni, come avvenne successivamente per le 500 e 250 cm³ bicilindriche, e per le 125 e 250 cm³ monocilindriche. Le fusioni dei carter erano più o meno le stesse ma cambiavano le lavorazioni, e siccome si trattava di un motore a V, per le versioni monocilindriche c’era soltanto il foro per il cilindro anteriore ma non quello posteriore. Lambertini scelse una apertura della V di 72°, ritenuta il miglior compromesso per il contenimento degli ingombri e delle vibrazioni rispetto a quello che si sarebbe potuto ottenere con un V di 90° o un bicilindrico parallelo.
Ecco la Sport prima serie, oggi la versione più ricercata dai collezionisti ma la posizione di guida è scomoda
Nell’ottica di contenere i costi di produzione, per il cilindro anteriore e quello posteriore venne impiegato lo stesso gruppo termico ruotato di 180°, per cui lo scarico posteriore usciva all’indietro; la distribuzione era a due valvole con aste e bilancieri, e l’albero a camme al centro della V, soluzione preferita alle quattro valvole con albero a camme in testa per motivi di economia.
Non erano gli unici elementi innovativi: i due cilindri raffreddati ad aria vennero tenuti sfalsati sul piano longitudinale in modo che anche quello posteriore venisse investito dal flusso refrigerante, c’erano l’accensione elettronica e il cambio a sei marce, a quel tempo ancora poco diffusi.
La prima serie con freni a tamburo è ancora oggi una moto godibilissima da usare, e la posizione di guida è più comoda che sulla Sport
L’avviamento era a pedivella e solo diversi anni dopo sarebbe stato adottato anche quello elettrico, per la verità non troppo efficiente. In realtà Lambertini fin da subito aveva proposto l’idea di avere l’avviamento elettrico, ma la direzione di Morini la bocciò: si pensava che i motociclisti “veri†non l’avrebbero apprezzata perché troppo automobilistica. Invece i motociclisti apprezzarono subito il magico bottoncino, ma ormai era tardi per modificare il motore in modo da predisporre un avviamento elettrico efficiente…
Per quanto riguarda la ciclistica venne realizzata una struttura a doppia culla chiusa in tubi d’acciaio, con sospensione posteriore a due ammortizzatori e una classica forcella telescopica. Il primo esemplare della nuova serie venne esposto al salone di Milano del 1971 ed entrò in produzione nel 1973. Era la versione GT, e l’anno successivo, il 1974, fu affiancata dalla Sport, con manubrio basso e sella dotata di rialzo posteriore: 35 CV 8200 giri/minuto per la prima, 39 CV a 8500 giri/minuto la seconda. Velocità massima rispettivamente 166 e oltre 170 km/h. Andava più forte della contemporanea Yamaha 350 bicilindrica due tempi raffreddata ad aria.
I freni erano a tamburo e le ruote a raggi ma nel 1976 quello anteriore venne sostituito da un più efficiente disco Grimeca di 260 mm Ø con pinza a due pistoncini, e con la possibilità di richiedere come optional anche il secondo disco anteriore. L’anno successivo sarebbero arrivate anche le ruote in lega di alluminio, sempre di produzione Grimeca.
Pochissime le evoluzioni nel corso di 10 anni, per lo più estetiche con l'arrivo di un cupolino e successivamente modifiche anche alla coda
La Moto Morini 3½ venne prodotta dal 1973 al 1983 senza cambiare più di tanto: vennero adottate pedane arretrate, un diverso serbatoio, fiancate e codino in plastica, il fanale quadrato invece che tondo, nelle ultime versioni anche un cupolino e un accenno di carenatura per la verità non troppo azzeccati, arrivarono il freno a disco posteriore e divenne di serie il secondo anteriore, ma fondamentalmente la 3½ rimase pressoché uguale a se stessa.
Fu sostituita dalla 350 K2 che si differenziava a livello estetico ed aveva qualche cavallo in più ma manteneva la stessa base; l’ultimo atto con l’acquisizione della Moto Morini da parte del Gruppo Cagiva, quando il glorioso motore 350 venne montato su una ciclistica strettamente derivata dalla Cagiva Freccia per una moto denominata Dart. Ma a quel punto la storia era ormai agli sgoccioli.
La K2 aveva una linea appesantita molto anni 80. Oggi è poco richiesta
La Dart era una Cagiva Freccia C9 dotata del motore bicilindrico 350... Oggi è molto richiesta
Lo stesso motore venne impiegato anche per la versione fuoristrada Kanguro e la custom Excalibur, e fu proprio la Kanguro 350 (qui sotto) a sbarrare la strada alla 500 Turbo. Il progetto di una moto con turbocompressore sviluppato da Lambertini doveva permettere alla bicilindrica Morini di confrontarsi alla pari con le maxi moto giapponesi che alla fine degli anni ’70 viaggiavano verso cilindrate di 900 e 1000 cm³, ma l’azienda poteva portare avanti un solo modello nuovo all’anno e su indicazione dei concessionari fermò la geniale Turbo, che pure aveva riscosso grande successo quando era stata mostrata al Salone di Milano 1981, per lasciare spazio alla enduro, nel segmento che avrebbe dominato gli anni successivi.

La Morini costava il giusto e anche oggi le quotazioni restano sempre a portata di mano. Le Sport dei primi anni 70 sono le più ricercate, e possono arrivare a 6.000 euro. Anche la prima serie stradale con freno a tamburo è ricercata e ha quotazioni intorno ai 5.000 euro. I modelli fini anni 70 si trovano tra i 3.000 e i 4.000 euro quelli anni 80 anche meno. Unica eccezione per la Dart che ebbe poco successo ma oggi piace e veleggia oltre i 6.000 euro.
Questo Zontes 368 D è uno scooter che sorprende. A prima vista sembra un 125, per via delle dimensioni compatte, poi si scopre che è un midi grintoso con un motore monocilindrico da 368 cm3 con ben 38,7 CV.
La carrozzeria sfoggia linee eleganti, plastiche robuste e ben accoppiate, con inserti bicolori. Nel frontale spiccano il gruppo ottico a LED e il cupolino basso fumé che, insieme al piccolo spoiler sul codino, sottolineano la sua personalità “sportivaâ€.
La strumentazione utilizza un display TFT ben leggibile e curato, con varie grafiche fra cui scegliere. Si connette allo smartphone e fa da navigatore
Il telaio è a doppia culla, la forcella telescopica e al posteriore ci sono due ammortizzatori regolabili nel precarico. L’impianto frenante sfoggia pinze ad attacco radiale e un valido ABS a due canali. è di serie anche il controllo di trazione, mentre i cerchi da 15†e 14†offrono il giusto mix tra stabilità e maneggevolezza. Il cruscotto TFT offre molte info, si connette al cellulare, ha il navigatore e visualizza anche la pressione delle gomme. L’avviamento è keyless, con il telecomando inserito in un braccialetto, mentre il freno di stazionamento è sul manubrio. Buona la capacità di carico: il sottosella accoglie un casco integrale e ci sono due vani nel retroscudo stretti, ma profondi.
Il vano sottosella può ospitare solo un caschetto jet, ma è dotato di un morbido rivestimento che evita di graffiare la calotta
Ha una posizione di guida naturale: si è ben inseriti a bordo e i piedi si possono tenere anche in posizione avanzata. Il feeling è istantaneo: ti aspetti di guidare un compatto, ma la spinta è degna di un maxi. Nel traffico è agile: il peso ridotto, il motore brillante e la trasmissione ben tarata lo rendono scattante e divertente. Premendo il pulsante sul blocchetto destro si può passare dalla mappa Eco (a basso consumo) alla Sport, ma la differenza nell’erogazione è poca. La ciclistica è stabile, la frenata potente. La sella dura e gli ammortizzatori tarati sul rigido riducono il comfort sui fondi sconnessi. La città è il suo “terreno di caccia†preferito, ma in autostrada tiene i 130 al’ora di velocità di crociera senza problemi a parte l’aria sul busto che non ha alcuna protezione.
Look sportivo, finiture curate, dotazione ricca: il nuovo 368 D è uno scooter compatto con prestazioni da maxi
| Motore | monocilindrico 4 tempi |
| Cilindrata (cm3) | 368 |
| Raffreddamento | a liquido |
| Alimentazione | a iniezione |
| Cambio | automatico |
| Potenza CV (kW)/giri | 38,7(28,5)/7500 |
| Freno anteriore | a disco |
| Freno posteriore | a disco |
| Velocità massima (km/h) | nd |
| Altezza sella (cm) | 77 |
| Interasse (cm) | 157 |
| Lunghezza (cm) | 220 |
| Peso (kg) | 193 |
| Pneumatico anteriore | 120/70 - 15" |
| Pneumatico posteriore | 140/70 - 14" |
| Capacità serbatoio (litri) | 17 |
| Riserva litri | 1,8 |
Il MIT si difende da un'ingiunzione prendendo di mira le sentenze della Cassazione sull'omologazione degli Autovelox, ma cambierà poco o nulla...
La questione degli autovelox torna al centro del dibattito dopo la lettera con cui il Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, il 21 novembre, ha replicato a una diffida presentata dalla società Ci.ti.esse Srl, specializzata nella fornitura di sistemi di controllo del traffico tra cui gli autovelox.
Ci.ti.esse ha messo in mora il Ministero per non aver emanato il decreto tecnico previsto dal Regolamento di esecuzione del Codice della Strada per procedere all'omologazione degli autovelox. Dal canto suo, il MIT si mantiene però fermo sulla propria interpretazione, arrivando a sottolineare come la prosecuzione dei ricorsi potrebbe persino configurare lite temeraria. Un “punto di vista†quasi opposto a quello della Cassazione. La questione è piuttosto complicata: cerchiamo di fare chiarezza…
Uno dei punti centrali della posizione del MIT riguarda l’articolo 192 del Regolamento del Codice della Strada, che stabilisce che i dispositivi per l’accertamento delle infrazioni possono essere resi utilizzabili tramite omologazione oppure approvazione. In pratica, secondo il Minister, approvazione e omologazione sarebbero equivalenti sul piano funzionale. In più non esisterebbe alcun obbligo di emanare ulteriori decreti tecnici per rendere legittimi gli strumenti approvati. Per gli enti locali si tratta di un passaggio rilevante perché confermerebbe la piena legittimità degli apparecchi “approvatiâ€, che continuano a essere ampiamente utilizzati dalle Polizie Locali in tutta Italia.
Dal canto suo, Ci.ti.esse Srl, cioè il fornitore di apparecchiature nonché società ricorrente, aveva citato ordinanze della Cassazione che evidenziano come omologazione e approvazione non possano essere pratiche equiparabili e quindi, in mancanza di omologazione le multe degli Autovelox non sono regolari.
Il MIT sostiene però che tali sentenze non rappresentino un orientamento univoco. Inoltre, secondo il Ministero, quelle pronunce non tengono conto delle norme successive al 1992, in cui il legislatore parla esplicitamente di strumenti “omologati o approvatiâ€. La Cassazione, di contro, nelle sue ultime ordinanze continua invece a ribadire l’opposto. Emblematica in tal senso la recente pronuncia in merito ad un ricorso presentato dal Comune di Ventimiglia. In quell’occasione, la corte aveva dichiarato manifestamente infondato il ricorso, invitando l’ente a rinunciare anche a tutti gli altri e confermando così una linea già tracciata nelle precedenti ordinanze: “l’approvazione ministeriale non equivale all’omologazioneâ€.
Una semplice lettera del Ministero non è equiparabile come valore alle sentenze della Corte di Cassazione, pertanto la diatriba approvazione/omologazione resta tuttora in sospeso. O meglio: le sentenze ci sono e parlano chiaro, mentre una soluzione definitiva da parte del legislatore non appare nemmeno all'orizzonte.
Continental lancia il successore del TKC 80. Il nuovo pneumatico è stato sviluppato con un battistrada e una mescola rinnovati, pensati per le moderne crossover
Continental introduce sul mercato il nuovo TKC 80 2, la seconda generazione del suo pneumatico dedicato al segmento delle moto travel enduro e adventure. Il lancio avviene dopo oltre quarant'anni di presenza del modello TKC 80. L'obiettivo del costruttore di pneumatici è rispondere alla crescente domanda di esperienze fuoristrada, tenendo in considerazione l'evoluzione delle crossover, che sono sempre più potenti e richiedono coperture con prestazioni superiori, in particolare in termini di stabilità su strada e trazione. Il TKC 80 2 si posiziona come il prodotto più performante di Continental per l'utilizzo off-road.
Il pneumatico è stato sviluppato ex novo per rispondere alle esigenze delle moto di ultima generazione. Le principali innovazioni riguardano il disegno del battistrada, che presenta tasselli più grandi e ridisegnati, elementi di contatto aggiuntivi tra spalla e battistrada, tasselli laterali sfalsati e geometrie ottimizzate. Queste modifiche sono state implementate per migliorare l'aderenza meccanica su superfici sconnesse e favorire l'autopulizia in presenza di fango, sabbia o ghiaia. Grazie a un'area di contatto ampliata, è stata ricercata una maggiore stabilità sia in rettilineo sia in curva. I tasselli della gomma anteriore sono inclinati in avanti per migliorare l'azione frenante in fuoristrada, mentre quelli del posteriore sono orientati in direzione opposta per favorire la trazione in accelerazione.
Una delle caratteristiche chiave del TKC 80 2 è la costruzione ottimizzata della carcassa, specificamente progettata per un bilanciamento di utilizzo 50% su strada e 50% fuoristrada. Questa configurazione è pensata per garantire stabilità anche a pieno carico e ad alta velocità , oltre che per migliorare l'assorbimento delle asperità del terreno, contribuendo al comfort di marcia. Anche la mescola è nuova, sviluppata con l'obiettivo di offrire un equilibrio tra grip, resistenza all'usura e durata nel tempo. La tecnologia RainGrip di Continental è stata impiegata per garantire sicurezza anche su strade bagnate e fredde. Secondo quanto indicato da Raphael Michels, Product Manager Motorcycle Tires di Continental, "la nuova mescola flessibile si adatta alla micro-ruvidità dell'asfalto, mantenendo un'aderenza definita come eccellente, mentre il disegno del battistrada è stato concepito per unire la flessibilità necessaria per la tenuta sul bagnato all'elevata rigidità dei tasselli, utile per la stabilità e l'aderenza meccanica".
Il TKC 80 2 è disponibile in una vasta gamma di misure: quattro per l'anteriore (da 19 e 21 pollici) e sei per il posteriore (da 17 e 18 pollici), per garantire la compatibilità con le principali crossover di marchi come BMW, KTM, Honda, Yamaha e Ducati. Il pneumatico sarà disponibile dalla primavera 2026.
La filiale italiana rinnova l’iniziativa che garantisce una serie di vantaggi sugli interventi di manutenzione “invernaleâ€
Adesso che è inverno si gira molto meno in motocicletta, dunque può essere il momento migliore per lasciarla ferma qualche giorco e fare un po’ di manutenzione. Per chi possiede una Triumph, la filiale italiana rinnova l’iniziativa Triumph Easy Winter, il programma di manutenzione che garantisce una serie di vantaggi sugli interventi che si rendessero necessari e permette di viaggiare in sicurezza e senza temere brutte sorprese.
L’offerta, valida fino al 28 febbraio 2026, prevede un prezzo fisso agevolato per la manutenzione di base presso tutte le concessionarie aderenti, diverso a seconda del modello:
Gamma 400 cm³ 120 €
Gamma Modern Classic sopra i 400 cm³ 150 €
Gamma tre cilindri sotto i 900 cm³ 150 €
Gamma tre cilindri oltre 900 cm³ 150 €
2500 cm³ 180 €
Volendo, non è nemmeno necessario portare personalmente la moto in officina. Contattando una concessionaria Triumph è possibile prenotare l’intervento online prendendo l’appuntamento di manutenzione, oppure usufruire del servizio di Pick Up & Delivery: la moto viene prelevata da casa del proprietario e riconsegnata dopo l’intervento, con un piccolo sovrapprezzo.
Nerva ha presentato il nuovo Spark e un’evoluzione "turistica" del noto Cargo. Vediamo come sono fatti
Riflettori puntati sul debutto di Spark, presentato in due differenti versioni. La prima è la L1e-B, equivalente a un 50 cm³, con 3 kW nominali e 5 kW di picco. La seconda è la L3e-A1, equivalente a un 125 cm³, con 4,5 kW nominali e 7 kW di picco. Entrambe si distinguono per essere pioniere nell’adozione di una batteria estraibile BYD LFP, soluzione che combina, oltre alla comodità , una durabilità quattro volte superiore alla media del mercato.

Contestualmente, ha debuttato anche il nuovo Nerva Aura, evoluzione urbana del modello Cargo. Un modello progettato per chi lavora, con un’autonomia di 140 km e 2 ore di ricarica. Anche in questo caso, le batterie - con 5 anni di garanzia -sono Blade LFP di BYD.
Nerva, lo ricordiamo, collabora strettamente con BYD, leader mondiale nella produzione di veicoli elettrici e batterie. Tutti i modelli del marchio utilizzano infatti accumulatori BYD LFP con cinque anni di garanzia. Inoltre, come accennato sopra, i modelli EXEII, Lift, Cargo e Aura adottano le batterie Blade di nuova generazione. Altro elemento distintivo è il ricorso al motore centrale, soluzione meno comune nel settore ma ideale per avere una tenuta di strada precisa.
La casa francese aveva mostrato il concept nel 2024 e adesso è arrivata la versione destinata ad andare in produzione, con motore elettrico e telaio in alluminio che fa anche da carrozzeria
Ritorna il Peugeot 103 ma non c’entra niente con il ciclomotore del 1971 che in Francia aveva furoreggiato, e da noi aveva conosciuto un notevole successo. Il nome è lo stesso ma identifica un veicolo completamente nuovo: il marchio francese aveva mostrato il concept Project SPx nel 2024 e adesso è arrivata la versione destinata ad andare in produzione, con motore elettrico e telaio in alluminio che fa anche da carrozzeria.
Poco in comune con il primo 103...
Un ciclomotore vero, non uno scooter, ma non ha i pedali come il suo predecessore. Pesa 103 kg ed ha la sospensione posteriore monoammortizzatore con forcellone monobraccio e leveraggi progressivi; molto meglio del nonno che dietro era rigido e davanti aveva una esile forcellina con soltanto le molle. Qui c’è una forcella vera, una Kayaba con steli di 37 mm Ø, e il freno non è a tamburo ma a disco.
Anche per quanto riguarda il motore siamo su un altro pianeta: non più un monocilindrico a due tempi di 50 cm³ ma propulsori elettrici, secondo le tendenze più recenti. La versione corrispondente a un cinquantino endotermico dispone di una batteria estraibile da 1,6 kWh ed ha una autonomia di 45 km, in alternativa c’è quella corrispondente a un 125 cm³ nella quale la batteria estraibile è da 2,2 kWh e l’autonomia sale a 65 km.
Il cruscotto TFT da 5†offre tutte le informazioni necessarie, per chi vuole qualcosa di più Peugeot Motocycles offre due kit di accessori dedicati: parabrezza, coprigambe e pedane laterali compongono il Pack Protect e rendono il viaggio più piacevole soprattutto nella stagione invernale; il Pack Comfort è composto da un supporto smartphone Quad Lock, un bauletto semirigido GIVI, una sella premium e un coprisella, rende il ciclomotore più pratico nell’uso quotidiano.
Il cruscotto ha uno schermo a colori di buone dimensioni
Con una scelta attenta all’ecologia il Peugeot 103 viene costruito con materiali riciclati, e facendo attenzione a impiegare il minor numero di componenti possibile, e viene prodotto in Francia con un contenimento delle emissioni inquinanti legate al trasporto. La commercializzazione è prevista per la seconda metà del 2026, ancora da definire il prezzo.
Durante il nostro viaggio in Cina abbiamo avuto occasione di visitare la sede di Benda Motorcycles e confrontarci con Xie Zhongqing, titolare di Benda Motorcycles, che ci ha raccontato quali sono le ambizioni del marchio e le strategie commerali per il mercato europeo
Il nostro viaggio in Cina, dopo la visita alla nuova sede di Morbidelli, ci ha portati nel cuore produttivo di Benda Motorcycles, un brand cinese fondato nel 2016 ad Hangzhou, una grossa città che si trova vicino alla costa est del paese, circa 200 km a sud di Shanghai. Un’azienda molto giovane, che in pochi anni si è affermata nel settore motociclistico grazie a un approccio innovativo alla propria gamma cruiser, che vede modelli caratterizzati da un design moderno ma con spirito classico, una qualità costruttiva e delle finiture superiore alla concorrenza cinese e modelli tecnicamente interessanti.
Nel 2022 la collaborazione con il gruppo Keeway (che distribuisce in 105 paesi e in tutti i continenti) ha segnato l’espansione del brand a livello internazionale. Attualmente Benda è presente in oltre 16 paesi, tra cui Italia, Spagna e Stati Uniti.
Il quartier generale di Benda si trova nell’area industriale di Hangzhou, un polo che racchiude produzione, ricerca e sviluppo caratterizzato da una struttura moderna e dinamica. Differentemente da quanto percepito in altre aziende più grosse (CFMOTO, Morbidelli, Zonsen), l’impressione è che Benda sia una grande famiglia, una realtà lavorativa dove le interazioni fra i vari reparti e dipendenti siano molto più forti e presenti che in altre realtà , dove -anche per ragioni logistiche e dimensionali- vengono meno. I numeri di Benda di fatti non sono stellari; parliamo di circa 100.000 moto l’anno. La produzione di Zonsen, per fare un esempio, va moltiplicata per dieci! Durante la visita abbiamo avuto occasione di conoscere con Xie Zhongqing, titolare di Benda Motorcycles, che ci ha raccontato come è nato il brand, quali e quanti sono i motori prodotti (c’è anche un sei cilindri in linea!), le ambizioni per il futuro e la strategia di marketing europea che prevede anche il debutto nel mondo delle corse!
Perché il nome BENDA? Qual è il suo significato?
Benda è un nome molto conosciuto nell’industria motociclistica cinese. Per molti giovani motociclisti, è quasi diventato il simbolo delle cruiser. In cinese, il nome “Benda†racchiude un significato che si adatta perfettamente allo spirito di mobilità e viaggio. Il prefisso “Ben†significa “muoversi in avanti, correreâ€; mentre “Da†significa “raggiungere, ottenere†o “essere aperto e luminosoâ€. Abbiamo combinato questi due elementi in “Bendaâ€, che suona allo stesso modo sia in cinese che in inglese...un bel vantaggio! In Cina di solito scegliamo i nomi in base al loro significato, mentre in Occidente i brand spesso derivano dai nomi dei fondatori. Per noi, Benda riflette la nostra filosofia: non solo osiamo innovare, ma lo facciamo fino in fondo, passando a tutta velocità dall’idea alla produzione.
Benda è un marchio creativo dal punto di vista dell’ingegneria e del design. Qual è l’ispirazione dietro questa filosofia? C’è qualche marchio da cui traete ispirazione?
La nostra filosofia è quella di costruire un ponte tra il passato e il futuro della storia e della cultura motociclistica. Non vogliamo solo arricchire una cultura che dura da oltre cento anni, ma anche spingere i confini ed essere pionieri nello sviluppo del design e della tecnologia delle moto del futuro.
Dove vengono progettati e costruiti i prodotti Benda? In Cina o altrove?
Attualmente, tutti i nostri modelli sono fabbricati e prodotti nel nostro stabilimento di Hangzhou, in Cina. Per quanto riguarda il design, abbiamo due studi di progettazione: uno in Cina e l’altro in Austria. Lavoriamo insieme al design di ogni singolo modello.
Quali sono le ambizioni del marchio? Dove puntate?
La nostra visione è che Benda diventi un marchio leader mondiale nel design dell’automotive. Benda è un marchio di designer, il nostro fondatore infatti è un talentuoso designer industriale. Vogliamo che Benda rappresenti la voce della Cina nel mondo delle motociclette: mostrare la nostra filosofia di design, la nostra estetica e la nostra capacità di definire cosa sia una moto. Miriamo a costruire uno stile unico e riconoscibile per Benda, che le persone in tutto il mondo possano amare e portare avanti, proprio come Triumph, Ducati o Indian. Questo è il nostro obiettivo a lungo termine. Nel breve periodo, in Europa il nostro obiettivo principale è guadagnare fiducia: da parte dell’industria, dei nostri concessionari, rivenditori, media, professionisti e, soprattutto, dei motociclisti.
In Europa, qual è la vostra strategia di prodotto e marketing? E i vostri obiettivi a medio termine?
L’Europa è un mercato fondamentale per noi. Per rendere Benda un marchio veramente globale, dobbiamo vincere qui. È il mercato con i motociclisti più esperti, le normative più severe e la concorrenza più agguerrita , ed è proprio per questo che è così importante. Alla fine del 2023 abbiamo collaborato con un’agenzia specializzata per analizzare il mercato europeo e definire la nostra strategia d’ingresso. L’idea chiave è semplice: guadagnare fiducia. È la base di tutto ciò che facciamo. Partiamo dal segmento in cui eccelliamo, le cruiser, per costruire una leadership in quell’ambito. Da lì ci espanderemo gradualmente in altre categorie come sportbike, ADV e naked/stradali, completando la nostra gamma.
Allo stesso tempo continueremo a innovare, portando sul mercato prodotti rivoluzionari con tecnologie ibride ed elettriche. Vogliamo che Benda sia percepita come un marchio che definisce il futuro della guida grazie a tecnologia e design.
E i vostri obiettivi a medio termine?
A medio termine prevediamo di creare team locali nei principali mercati europei (Germania, Italia, Francia, Spagna, Regno Unito e Polonia) dedicati a marketing, vendite, assistenza e community, per servire direttamente motociclisti e concessionari.
Vi concentrerete ancora su cruiser, custom e bobber, o esplorerete nuovi segmenti?
Le cruiser sono la nostra specialità , quindi continueremo sicuramente a svilupparle. Tuttavia, non ci fermeremo qui. Tutti noi del team siamo motociclisti appassionati e vogliamo esplorare nuovi segmenti, o addirittura crearne di inediti, per offrire moto ancora più emozionanti.
Quanti motori producete e su quali modelli vengono utilizzati?
Produciamo sette unità : un quattro cilindri in linea di 700 cm³ che equipaggia la LFC700, ma ora è in sviluppo anche una versione da 550 cm³ conforme agli standard globali di alte prestazioni. Motore a sei cilindri in linea da 1700 cm³, previsto con sistema EM-DCT a doppia frizione, sarà destinato ai modelli touring di lusso. Motore V4 di 950 e 500 cm³ BD300-15 V-Twin – 298cc, 22,5 kW. Equipaggia la maggior parte dei modelli Benda e ha dato origine alle serie V250 e V125. V-Twin CVT da 350cc raffreddato a liquido – 25 kW a 8500 rpm, 31 Nm a 6500 rpm, con albero di bilanciamento e trasmissione a cinghia. V-Twin da 691,6cc raffreddato a liquido – utilizzato sulla Rock 707, sviluppato internamente, con sistema di frizione elettronica BEC MK II.
Molti produttori asiatici usano le corse per costruire la loro immagine. Avete progetti simili?
Sì, ci abbiamo pensato seriamente e siamo già in contatto con alcuni team professionali in Europa. Le attività racing sono più legate alle nostre linee sportbike e ADV, più orientate alle prestazioni.
Stiamo valutando di lanciare modelli da competizione per partecipare a gare reali, accumulare esperienza e rafforzare l’immagine del brand. Successivamente, trasferiremmo quelle tecnologie nei modelli di serie. Naturalmente, le corse richiedono molti investimenti, quindi per noi non si tratta solo di competere, ma di sviluppare prodotti migliori e rafforzare il marchio. Il piano dettagliato è ancora in fase di valutazione.
Avete presentato nuovi motori: potete raccontarci la vostra strategia di prodotto per il futuro?
La nostra tecnologia motoristica punta a spingere le prestazioni al limite, restando sostenibile. Da un lato, la nostra tecnologia ibrida permette di avere motori di piccola cubatura ma con grandi prestazioni;
dall’altro rappresenta la nostra esplorazione verso un futuro a basse emissioni. Siamo partiti con moto retrò per principianti e ci stiamo spostando verso cilindrate superiori. La Cina è dove sviluppiamo la tecnologia, l’Europa è dove la testiamo, la validiamo e la mostriamo.
Ci sono sfide (costi, affidabilità , ecc.) ma crediamo che il nostro approccio stia già creando un nuovo modello per i marchi cinesi che puntano al mercato premium.
Quanto è importante il mercato europeo nella vostra strategia globale?
L’Europa è un mercato chiave: forse non il più grande per volumi, ma certamente il più maturo, competitivo ed esigente. Riuscire a fare bene qui significherà rafforzare il nostro team e dimostrare al mondo ciò che Benda può fare.
Pulizia, batteria e gomme: ecco la guida pratica per conservare la moto in inverno ed evitare brutte sorprese (e conti salati) al primo avvio in primavera
Con l’arrivo del freddo e del sale sulle strade, per molti motociclisti arriva il momento, spesso doloroso, di mettere la moto a riposo. Non basta però girare la chiave, chiudere la serranda del garage e arrivederci a marzo. Un rimessaggio invernale trascurato è la causa principale dei problemi meccanici di inizio stagione: batterie morte, serbatoi arrugginiti e gomme ovalizzate sono i classici "regali" che nessuno vorrebbe trovare sotto l’albero. Ecco quindi una checklist ragionata per preparare la vostra compagna di viaggio al lungo sonno invernale, assicurandosi che sia pronta a ripartire al primo raggio di sole primaverile.
Il primo passo è paradossalmente quello più ignorato: la pulizia. Mettere via una moto sporca significa lasciare che fango, polvere dei freni e residui stradali lavorino indisturbati per mesi, intaccando le finiture metalliche e le sovrastrutture. Una lavata approfondita è d'obbligo, facendo attenzione ad asciugare bene ogni zona della moto (specialmente pinze freni e dischi) per evitare che l'umidità ristagni. Una volta asciutta, una bella passata di lubrificante sulla catena e sui cavi proteggerà le parti mobili dall'ossidazione.
Passiamo al "cuore del problema": i liquidi.
Se c'è una componente che soffre il freddo e l'inattività , quella è la batteria. Lasciarla collegata per tre o quattro mesi senza accendere la moto significa trovarla "a terra" (o deteriorata in modo irreversibile) in primavera. La soluzione ideale è un mantenitore di carica intelligente, che la tiene in vita senza stressarla. Se non avete una presa di corrente in garage, smontate la batteria e portatela in casa, in un luogo asciutto e temperato, ricaricandola almeno una volta al mese.
Lasciare la moto ferma nella stessa posizione per lungo tempo grava sugli pneumatici, che rischiano di ovalizzarsi nel punto di contatto (il termine tecnico preciso è: flat spotting).
Lasciare la moto all'aperto in inverno la espone a rischi come danni da umidità soprattutto per l'impianto elettrico, componenti congelati e degradazione da UV di plastica e vernice.
Se il rimessaggio al chiuso non è fattibile, procuratevi un telo coprimoto di alta qualità , impermeabile e traspirante che può ridurre al minimo questi rischi e prevenire la formazione di condensa che può portare a pericolose ossidazioni dei contatti elettrici e all'arrugginimento delle parti metalliche..