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#motociclismo #news #insella.it
I cinesi vorrebbero rilevare la struttura racing che impegna Acosta e Binder nel mondiale con un progetto ad ampio raggio. Dorna può facilitare l'operazione, avvallando il ritorno della Cina in calendario.
Fino ad adesso il team MotoGP di KTM si è salvato dalla “scure†di Bajaj, che però sembra determinata a mettere nel mirino anche il motorsport, dopo la produzione. Il costruttore indiano, che ha salvato Mattighofen dal fallimento, vuole infatti tagliare il 50% dei costi, incidendo così sui 60 milioni di euro di investimenti annuali nelle corse motociclistiche. Sembrerebbe che alla nuova proprietà non vada giù l'idea che in Austria circa 2mila persone siano impiegate nel racing, più che nel produrre moto per il mercato.
Il reparto corse di KTM però non è certo un asset da mettere in liquidazione, soprattutto per quanto riguarda il suo gioiello più prezioso: la MotoGP. Si tratta di ben due team, che valgono altrettanti slot nel motomondiale e un insieme di competenze e strutture d'eccellenza.
E qui si innesta l'interesse della cinese CFMoto, che invece è molto interessata all'approccio ready to race del marchio con cui collabora da diversi anni. I cinesi hanno grandi ambizioni: diventare il primo costruttore cinese in MotoGP.
Gunther Steiner (ex Haas Formula 1) dal 1° gennaio rileverà il team Tech3, ma la squadra factory invece è ancora potenzialmente sul mercato, dispone di due piloti di primo livello come Pedro Acosta e Bard Binder, tecnici qualificati e materiale tecnico assolutamente futuribile. In particolare il nuovo motore da 850cc, che sarebbe già in avanzata fase di sviluppo. Certo che per proseguire, servono soldi e i cinesi hanno un capitale importante. Forse non vogliono spendere 100 milioni per prendere il pacchetto completo, ma un conto è valutare a un prezzo inferiore l'asset, un conto è non avere la disponibilità per sedersi a trattare. Anche perché produrre tutto da zero non solo potrebbe costare molto, ma non è detto che i risultati siano accettabili e CFMoto non sembra intenzionata a calcare il palcoscenico mondiale per fare figuracce.
CFMoto dispone di 9mila dipendenti e un fatturato di oltre 2,4 miliardi di dollari all'anno scorso, circa 10 volte il valore di soli 8 anni fa. Sono numeri impressionanti, oltre al fatto che CFMoto controlla ancora il 2% di Pierer Mobility e ha prodotto migliaia di KTM/Husqvarna in Cina. La partnership con KTM ha inoltre preso già da tempo anche la via del motorsport e appena l'anno scorso David Alonso e il team Aspar hanno vinto il titolo Moto3 con una KTM marchiata CFMoto.
Il disegno di CFMoto è a lungo termine e si inserisce nel tentativo, studiato con Dorna/Liberty Media, di riportare il motomondiale in Cina, una prospettiva che potrebbe realizzarsi già nel 2027. I dirigenti spagnoli hanno già fatto visita nel Paese e agli stabilimenti di CFMoto, per discutere con i manager del marchio asiatico un piano che possa dare la giusta visibilità agli eventuali sforzi economici di CFMoto.
Il re degli scooter continua ad evolversi: per il 2026 arriva un nuovo cruscotto TFT a colori, un frontale più affilato e una sella più comoda. Mettiamolo a confronto con la generazione passata per scoprire come e quanto è migliorato
Il best seller degli scooter di Honda continua ad evolversi, per il 2026 sfoggia importanti aggiornamenti per riconfermarsi il Re del mercato italiano (qui l'analisi completa). Stiamo ovviamente parlando dell'SH 125i e 150i (i due modelli condividono quasi tutto tranne la cilindrata del motore): per analizzare ancora più nel dettaglio come è cambiato, vi proponiamo questo confronto fotografico con il model year 2024, per vosualizzare meglio tutt ele differenze.
Esteticamente e tecnicamente, l'SH rimane fedele alla sua storia. Come potete vedere scorrendo la slide qui sopra, sono state confermate le forme che da sempre contraddistinguono questo scooter giapponese. I motori a 4 tempi non cambiano, ma tre le novità quasi invisibili troviamo un vano più spazioso e dotato di presa USB-C nel retro scudo e un'imbottitura della sella rivista in nome del comfort. Qui sotto invece abbiamo un confronto più dettagliato del frontale, dove ci sono importanti novità .
I nuovi Honda SH 125i e 150i cambiano la linea e assomiglian di più al fratello maggiore 350i, in particolare nella zona anteriore: il blocco faro principale si trova sempre in basso e ha forme un po' più spigolose. Questo design più affilato è stato usato anche per gli indicatori di direzione, più sottili, e per la luce di posizione sul manubrio che ha un profilo sportivo.

A livello tecnologico abbiamo un nuovo cruscotto, già prima era digitale, più precisamente un LCD con sfondo scuro e scritte chiare, ora è diventato un TFT a colori da 4,2", ricchissimo di informazioni e dotato di connettività per gestire musica, chiamate e anche il navigatore, funzionalità essenziali per chi si muove tutti i giorni in città .
Quando si parla di autovelox, autorizzazione e omologazione sono due cose ben diverse, ma molti Comuni a quanto pare sembrano ignorarlo. Per il Tribunale di Imperia è applicabile la condanna aggravata per lite temeraria. Tradotto: chi insiste contro la Cassazione, paga doppio
Per i corpi di polizia locale la situazione si complica: continuare a difendere le multe per eccesso di velocità elevate con autovelox non omologati può costare caro. E non si parla solo di spese processuali, ma anche di risarcimenti per danni.
Non è un’ipotesi astratta, ma una possibilità ormai concreta, come dimostra quanto accaduto a metà ottobre al Tribunale di Imperia. In quell’occasione - ve ne parlavamo qui - il giudice chiamato a decidere sull’appello di un Comune già sconfitto in primo grado aveva infatti formulato una proposta conciliativa che suonava più come un avvertimento: rinunciare al ricorso, oppure rischiare la condanna per lite temeraria prevista dall’articolo 96 del Codice di procedura civile. In altre parole, la partita potrebbe chiudersi con la vittoria del cittadino e spese compensate, ma se l’ente insistesse, la condanna sarebbe pressoché inevitabile.
Il Comune, forte della circolare n. 0000995 del Ministero dell’Interno (emanata lo scorso 23 gennaio), continuava a sostenere la presunta equivalenza tra autorizzazione e omologazione.
Il giudice, però, è stato chiaro: la Cassazione si è già espressa più volte in modo univoco, e oggi l’esito di una lite simile è scontato. Continuare su questa strada equivarrebbe a un comportamento improntato a mala fede o colpa grave, cioè proprio ciò che fa scattare la condanna aggravata.
L’articolo 96 del Codice di procedura civile mira a scoraggiare le cause pretestuose o fondate su tesi ormai superate. In questi casi, il giudice può condannare la parte soccombente:
Un meccanismo che, di fatto, introduce un effetto deterrente nei confronti delle amministrazioni che continuano a resistere nelle cause sugli autovelox non omologati. Una linea difensiva, peraltro, suggerita dalla stessa circolare ministeriale di gennaio, redatta dopo il parere dell’Avvocatura dello Stato.
C’è poi un altro aspetto, non secondario: per chi decide di insistere in giudizio, si profila anche un rischio contabile poichè la Corte dei Conti potrebbe infatti chiedere il risarcimento del danno erariale a chi abbia deliberatamente scelto di resistere in giudizio, causando la condanna dell’amministrazione. Non solo: con sempre più verbali annullati, gli enti locali non possono più inserire a bilancio con certezza gli introiti - spesso rilevanti - provenienti dalle sanzioni per eccesso di velocità . In un quadro tanto confuso, appare ormai inevitabile una soluzione legislativa chiara e definitiva, che metta ordine una volta per tutte nel tema dell’omologazione degli strumenti di controllo elettronico. Cosa più volte promessa ma mai fatta…
Autovelox sotto esame: censimento nazionale e multe a rischio annullamento
Benelli ha rinnovato la TRK 702, insieme alla sorella TRK 702 X (due tra le crossover più amate in Italia e in Europa). Approfittando del passaggio all’omologazione Euro 5+ ,sono stati rivisti alcuni particolari, migliorando il comfort di marcia e rendendo la TRK ancora più sfruttabile in tutte le situazioni.
Lo schermo TFT da 5†è chiaro, intuitivo e “connessoâ€. Con l’app dedicata Carbit Ride si gestisce anche il navigatore, utile in viaggio
Non cambiano il bicilindrico da 698 cm3 e 70 CV (ora Euro 5+) e il telaio a traliccio in acciaio abbinato a una forcella non regolabile con steli da 41 mm e a un monoammortizzatore regolabile in estensione e precarico molla. Migliora il comfort di marcia per il pilota (grazie al cupolino più ampio) ma anche per il passeggero, grazie alla nuova sella e al portapacchi spostato in basso.
La dotazione di serie si arricchisce: oltre a fari full LED, portapacchi, paramani, schermo TFT da 5†con connessione Bluetooth e prese USB/USB-C, arrivano sella e manopole riscaldabili e le barre paracolpi in acciaio. Per il lancio e fino al 30 settembre inoltre il classico “tris†di valigie in alluminio è compreso nel prezzo fino a fine anno.
In sella alla TRK 702 si sta comodi, la posizione di guida è naturale e la sella a 79 cm da terra la rende facile da gestire per piloti di ogni taglia. In movimento si apprezza invece la protezione del cupolino più ampio ed efficace. Il bicilindrico ha un’erogazione progressiva e lineare: ai bassi regimi non entusiasma, come in allungo (dove si sente qualche vibrazione su manubrio e pedane), mentre ai medi si rivela piacevolmente vigoroso, restando comunque sempre facile da gestire. La ciclistica si conferma efficace a patto di guidarla in modo “rotondoâ€: le sospensioni tarate sul morbido, perfette in viaggio o in città , non amano le manovre brusche e si può intervenire solo sul monoammortizzatore. Bene il cambio, morbido e preciso negli innesti, e anche la frenata: all’anteriore è un po’ poco grintosa all’inizio, ma è sempre modulabile e con po’ di decisione in più sulla leva è efficace in ogni situazione.
La versione 2025 della “best seller†TRK 702 ha una dotazione più ricca ed è più confortevole per pilota e passeggero. Non cambiano il motore da 70 CV (ora Euro 5+) e la ciclistica
| Motore | bicilindrico 4 tempi |
| Cilindrata (cm3) | 698 |
| Raffreddamento | a liquido |
| Alimentazione | a iniezione |
| Cambio | a 6 marce |
| Potenza CV (kW)/giri | 70(51,5)/8000 |
| Freno anteriore | a doppio disco |
| Freno posteriore | a disco |
| Velocità massima (km/h) | nd |
| Altezza sella (cm) | 79 |
| Interasse (cm) | 150,5 |
| Lunghezza (cm) | 220 |
| Peso (kg) | 232 |
| Pneumatico anteriore | 120/70 - 17" |
| Pneumatico posteriore | 160/60 - 17" |
| Capacità serbatoio (litri) | 20 |
| Riserva litri | 4 |
La naked media Z650 S di Kawasaki per il nuovo anno è stata rinnovata nell'estetica, nella dotazione tecnologica e nella posizione di guida. Annunciato il prezzo, che resta competitivo
Per il 2026 la Casa di Akashi, oltre ad aver presentato la nuovissima crossover KLE 500, ha rinnovato gran parte della sua gamma, specie quella delle naked con aggiornamenti a Z900, Z1100 e Z650 S. Quest'ultima rappresenta la porta di accesso alla famiglia delle nude "da grandi", e per il 2026 ha ricevuto aggiornamenti volti a renderla esteticamente più accattivante, più confortevole e tecnologicamente avanzata.
Dal punto di vista estetico, la Z650 S adotta linee più decise e ricercate, con sovrastrutture più corpose e un frontale completamente ridisegnato che integra fari full LED, insieme al nuovo gruppo ottico posteriore e agli indicatori di direzione. Nuova anche la strumentazione con display TFT a colori da 4,3 pollici, con luminosità automatica in base alla luce ambientale. Il pilota può scegliere tra due grafiche per il contagiri e grazie alla compatibilità con l’app Rideology può connettere lo smartphone per accedere a funzioni aggiuntive e monitorare i dati di guida.
Cambia la posizione di guida: le pedane sono state riposizionate, mentre il manubrio “fat-bar†offre ora una posizione più rialzata e naturale. Le selle di pilota e passeggero sono completamente nuove: quella del pilota è più ampia e meglio imbottita (+15 mm rispetto alla versione standard), mentre quella del passeggero guadagna 20 mm in larghezza e 10 mm di spessore in più. A listino figurano anche due alternative: la sella Style e la Ergo Fit ribassata di 20 mm.
Sotto il serbatoio batte il noto bicilindrico parallelo da 649 cm³, ora dotato di controllo di trazione di serie. L’erogazione è stata ottimizzata per offrire più coppia ai medi regimi, mentre la frizione assistita e antisaltellamento rende le scalate più fluide. Una nuova copertura della ventola del radiatore convoglia l’aria calda verso il basso, migliorando il comfort nelle situazioni urbane. Il sistema di scarico integra un sensore O2 per ridurre le emissioni, e tra gli accessori figura anche il quickshifter.
Il telaio è un'unità tubolare in acciaio sostenuta all'avantreno da una forcella a steli tradizionali di 41 mm di diametro e al posteriore da un monoammortizzatore collegato al forcellone tramite link. L’impianto frenante si affida a doppi dischi anteriori da 300 mm e a un disco posteriore da 220 mm, con ABS Continental di ultima generazione.
La Kawasaki Z650 S viene offerta ad un prezzo di 7.490 euro franco concessionario in tre colorazioni:
La nuova naked vintage di Suzuki ha fascino da vendere, ma il bicilindrico da 776 cm³ spinge come promette? L'abbiamo messa alla prova, ecco tutti i dati
Suzuki si lancia nel segmento delle naked vintage con un modello che non passa inosservato, ispirato alla leggendaria GS 1000 che correva nel campionato AMA nei primi anni '80. La nuova GSX-8TT è la versione con la linea più retrò di una famiglia che comprende anche la GSX-8T e capostipite GSX-8S, unendo un'estetica ricercata a una sostanza meccanica decisamente moderna. Il cupolino squadrato "bikini" e il puntale definiscono un'identità forte, ma sotto questa veste si nasconde il brillante bicilindrico parallelo da 776 cm³ già apprezzato su altri modelli della casa. La promessa è quella di una moto divertente, veloce e godibile. Ma i numeri confermano le sensazioni? Vediamo com'è fatta e, soprattutto, come va secondo i rilevamenti del nostro Centro Prove.
Il bicilindrico parallelo da 776 cm³, che sulla carta dichiara 83 CV, si conferma un motore brillante anche al banco prova. I nostri rilevamenti alla ruota mostrano valori robusti, ma ciò che colpisce è la curva di erogazione: il picco di coppia arriva a soli 5.600 giri, ben prima di quanto dichiarato (6.800 giri). Questo si traduce in una spinta corposa e immediata fin dai bassi regimi, rendendo la 8TT reattiva e appagante nell'uso stradale, perfetta per uscire veloci dalle curve senza dover strapazzare il cambio.
La GSX-8TT non è solo bella da guardare, è anche veloce. Lo scatto da fermo è ottimo: i 3,48 secondi per raggiungere i 100 km/h sono un tempo di tutto rispetto, merito anche di un cambio elettronico bidirezionale ben tarato. La velocità massima di oltre 207 km/h effettivi la rende idonea anche ai trasferimenti autostradali, dove il piccolo cupolino offre una protezione discreta. Molto buoni anche i dati di ripresa da 50 km/h, che confermano l'elasticità del motore: per coprire i 400 metri le bastano 12,76 secondi.
L'impianto frenante Nissin, con doppio disco anteriore da 310 mm, si comporta bene. Lo spazio di arresto rilevato di 40,5 metri da 100 km/h è un buon dato per la categoria. Nella guida reale, questo si traduce in una frenata potente, precisa e ben modulabile, che infonde sicurezza anche quando si alza il ritmo e si cerca una guida più aggressiva.
Nonostante le prestazioni vivaci, il bicilindrico Suzuki sa essere anche discretamente parco nei consumi. I dati rilevati sono in linea con la concorrenza: in autostrada a velocità di codice si percorrono oltre 21 km/l e nell'uso extraurbano si sfiorano i 28 km/l. Grazie al serbatoio da 16 litri (rilevati dal nostro centro prove), l'autonomia è da vera viaggiatrice, capace di superare i 340 km a 120 km/h, permettendo lunghe gite fuori porta senza l'ansia del rifornimento.
I 191 kg a secco confermano la sensazione di una moto leggera e agile, facile da gestire non solo in velocità , ma anche nella vita di tutti i giorni. Questa leggerezza si sente tutta nella guida, rendendo la 8TT agile e reattiva nei cambi di direzione. Il prezzo di 11.560 euro è leggermente superiore alla sorella 8T, ma giustificato dalla dotazione estetica e tecnica.
La GSX-8TT si distingue per i suoi tratti retrò: oltre al già citato cupolino, spiccano dettagli come la cornice metallica del faro tondo, gli specchietti alle estremità delle manopole (studiati per migliorare la visuale) e la sella con cuciture rosse a contrasto con i cerchi. La sostanza però è moderna: il telaio è in acciaio, la forcella una KYB rovesciata da 43 mm e il monoammortizzatore (anch'esso KYB) è regolabile nel precarico. L'elettronica è completa: tre mappature motore, controllo di trazione regolabile su tre livelli (e disattivabile) e acceleratore ride-by-wire. Le ruote in lega da 17 pollici montano pneumatici Dunlop Sportmax RoadSport 2.
La posizione in sella è azzeccata, leggermente caricata sull’avantreno per invitare a una guida aggressiva, ma senza risultare scomoda. Il serbatoio da 16 litri (maggiorato rispetto ai 14 della 8S per ottenere una "bombatura" più vintage) permette di stringere bene la moto tra le gambe. Il bicilindrico parallelo si conferma vivace e pieno ai medi regimi, offrendo un avantreno preciso e un'ottima reattività tra le curve. L’elettronica lavora in maniera discreta, supportando il pilota senza mai togliere il piacere di guida, e il cambio elettronico si dimostra preciso e veloce. Le gomme Dunlop di primo equipaggiamento offrono un grip valido, e supportano bene una moto che si è rivelata equilibrata, divertente e molto ben fatta.
Per i 25 anni del suo maxi scooter, Yamaha lancia una versione con livrea e finiture dedicate. Arriverà nei primi mesi del 2026
Il 2026 segna un traguardo significativo per Yamaha: il 25° anniversario del TMax, il modello che ha di fatto inaugurato il segmento dei maxi scooter sportivi ad alte prestazioni. Per celebrare questo quarto di secolo di evoluzione, la casa di Iwata introduce una versione speciale, denominata TMax 25th Anniversary. Questo modello celebrativo sarà disponibile esclusivamente per l'anno 2026, distinguendosi dal modello Tech Max standard per una serie di dettagli estetici e finiture specifiche, mantenendo invece invariata la consolidata base tecnica.
La versione 25th Anniversary si caratterizza per una personalizzazione estetica che richiama le prime serie del Tmax. La colorazione principale è un'inedita livrea in Dark Gray Metallic opaco, abbinata ai caratteristici pannelli laterali a "boomerang", realizzati per questa edizione in tonalità Light Gray Metallic opaco. L'allestimento celebrativo include ulteriori elementi distintivi: la sella riceve un nuovo rivestimento specifico in colorazione rosso scuro, sul quale è stato applicato il logo dell'anniversario stampato a caldo. Completano la dotazione estetica il paramotore, che presenta una finitura anodizzata trasparente, e i cerchi monoblocco da 15 pollici, che adottano per una finitura nera.
Sella... infuocata!
Dal punto di vista tecnico e ciclistico, il TMax 25th Anniversary conferma integralmente la dotazione del modello standard. Il telaio rimane la struttura in alluminio pressofuso, mentre il propulsore è il noto bicilindrico parallelo da 562 cm³. I dati dichiarati non subiscono variazioni, con una potenza di 47 CV e una coppia massima di 55 Nm. Mentre la dotazione comprende ABS cornering, controllo di trazione, due mappature motore, sella e manopole riscaldate, parabrezza regolabile elettricamente, cruscotto con schermo TFT dotato di navigatore e sistema di accensione con telecomando keyless.
Anche il peso in ordine di marcia con il pieno di carburante è confermato in 219 kg. Il nuovo Yamaha TMax 25th Anniversary sarà disponibile presso la rete di concessionari a partire dal primo trimestre del 2026. Il prezzo di listino è stato fissato in 13.999 euro, posizionandosi 500 euro al di sopra della versione TMax standard 2026 e 1.700 euro al di sotto dell'allestimento Tech Max.
In Europa la 1100 arrivò solo in Germania e nei mercati del nord, purtroppo non in Italia che dovette "accontentarsi" della 750. Eppure la Zephyr 1100 era un bel gioiellino pieno di... coppia, grazie a un incredibile quattro cilindri a due valvole
Dopo il successo della naked Zephyr 400 (qui la sua incredibile storia), e della 750 (1990), Kawasaki lanciò nel 1992 la Zephyr 1100, una maxi-naked con una impostazione ingegneristica molto partiolatr. Questo modello da 1.062 cm3 fu destinato primariamente al mercato interno giapponese, poi arrivò in diversi mercati esteri, in particolare la Germania e i Paesi Nordici, ma non venne mai importato ufficialmente in Italia, dove si decise di puntare solo sulla 750, per motivi di costi e "psicologici" all'epoca le moto 1200 erano considerate quasi un eccesso. In ogni caso la 750 fu un mezzo flop, chissà invece come sarebbe andata la 1200...
Presentata al Tokyo Motor Show nel 1991, il suo cuore era un motore quattro cilindri con una genesi tecnica specifica: il basamento derivava dall'unità a quattro cilindri raffreddata a liquido della maxi GT Voyager 1200. I tecnici Kawasaki scelsero di riprogettare la parte superiore del propulsore per adottare un sistema di raffreddamento ad aria. Questo richiese la riduzione dell'alesaggio a 73,5 mm (da 78,0 mm), ottimizzando così il passo tra i cilindri per un efficiente smaltimento del calore e ottenendo così la cilindrata di 1.062 cm3.

Ecco la Voyager con il suo motore 1200 raffreddato a liquido
Dopo la "cura" il 4 cilindri Voyager scende a 1100 cm3 e sfoggia il raffreddamento ad aria
Una scelta progettuale determinante per il quattro cilindri della Zephyr 1100 fu l'adozione di sole due valvole per cilindro, nonostante la distribuzione fosse a doppi albero in testa, soluzione ottimale per le 4 valvole per cilindro. Tale configurazione permise di adottare una camera di combustione emisferica; alternativa alla soluzione classica della quattro valvole con camera a tetto, una soluzione che pur favorendo le prestazioni agli alti regimi, può innescare fenomeni di battito in testa ai bassi regimi sui motori raffreddati ad aria. L'obiettivo dei tecnici Kawasaki era ottenere coppia robusta e gestibile a regimi medio-bassi, quindi per garantire una combustione ottimale su un alesaggio così ampio, il motore fu dotato con due candele per cilindro.
Il motore era capace di 93 CV a 8.000 giri/min e una coppia di 9,1 kgm a 7.000 giri/min. La messa. punto fu concepita per offrire una spinta immediata, con una pronta risposta già a 1.500 giri che andava a crescere parecchio già appena oltre i 3.000. Il telaio fu dimensionato in funzione del propulsore, bello poi il forcellone in alluminio con sezione a 'H' rovesciata, dotato di eccentrici per il tensionamento della catena, che garantiva una maggiore rigidità strutturale rispetto alla Zephyr 750. La moto rimase in produzione, includendo varianti come la RS con cerchi a raggi, fino al 2006, contraddistinta dall'utilizzo delle colorazioni che richiamavano le moto storiche Kawasaki, come le celebri livree Fireball e Yellow Ball (qui sotto) che poi abbiamo ritrovato sulla Z 900 RS. Ma da noi come detto, purtroppo, non arrivò mai.

A Milano Honda ha finalmente "vestito" il suo V3 inserendolo in nel corpo di una grintosissima naked. La livrea camou però nascondeva parecchie doti della moto. Ci abbiamo pensato noi...
In occasione di EICMA 2025, Honda ha svelato il V3R 900 E-Compressor Prototype (ne parliamo qui), un concept che anticipa la strategia della casa giapponese per una futura gamma di moto sovralimentate. Il prototipo è stato sviluppato attorno al un motore a tre cilindri a V con bancata a 75° raffreddato a liquido, con una cilindrata di 900 cm3. Il tratto distintivo di questa unità è l'adozione di un compressore gestito da un motore elettrico, una soluzione tecnica inusuale, applicata per la prima volta su un motore motociclistico. Non si tratta di un volumetrico ad azionamento meccanico rigido, né di un classico turbocompressore mosso dai gas di scarico, bensì di un dispositivo in grado di controllare in maniera indipendente la pressione dell’aria in aspirazione. Il costruttore dichiara che tale architettura consentirà una erogazione di coppia robusta fin dai bassi regimi.
La livrea del prototipo era studiata per confondere la vista...
L'uso del compressore elettrico fornisce ai progettisti maggiore libertà nella disposizione dei componenti interni del motore. Questo facilita la razionalizzazione degli ingombri e supporta la centralizzazione delle masse, aspetto cruciale per la dinamica della moto. Inoltre, in questa specifica configurazione, l'uso di un compressore elettrico elimina la necessità di un intercooler. Dal punto di vista estetico e stilistico, la moto si distingue per la presenza di carene laterali asimmetriche e l'introduzione del nuovo logo "Honda Flagship Wing" sul serbatoio, emblema che debutterà sui futuri modelli top di gamma.
Ecco il nuovissimo motore a 3 cilindri a V dotato di compressore elettrico
Il design della moto a EICMA era volutamente nascosto da una pesante colorazione camouflage. Abbiamo provato a immaginare e ad applicare alcune proposte grafiche alternative, che spaziano dalle combinazioni Tricolour (bianco, rosso, blu) storiche, a total black opachi con inserti fluo per evidenziare i dettagli tecnici. Come provocazione c'è pure una versione in verde che somiglia un po' troppo a quello di una rivale di Akashi...
Queste opzioni mirano a enfatizzare le forme della naked e la sua "cattiveria", rendendola sportiva abbastanza per un debutto in serie. Il modello V3R è attualmente un prototipo; pertanto, Honda non ha ancora fornito dati tecnici definitivi, ma dicerto quello che vediamo è molto vicino alla moto definitiva che vedremo a EICMA 2026, nelll'attesa, gustatevi la nostra gallery!
Beh, così in verde forse è un po' troppo Kawa...
Nella gamma V7 la Sport è quella con un po' più di potenza e coppia e il bicilindrico, in modalità Sport, offre un’ottima risposta. Ma quanto fa e quanto consuma davvero? Ecco i nostri rilevamenti
La Sport è la versione più raffinata delle stradali V7 e si presenta con la classica livrea Verde Legnano (in alternativa c'è anche il Grigio Lario) che contraddistingueva l’antenata. Il bicilindrico a V di 853 cm3 della V7 con raffreddamento ad aria e distribuzione a due valvole si comporta bene ma, messo alla prova, quanto fa e quanto consuma? Ecco tutti i dati del nostro Centro Prove.
Il bicilindrico a V di 853 cm3 della V7 ha camme ridisegnate per un'alzata maggiore delle valvole, cassa filtro più grande (+ 27%) e un impianto di scarico con tre sonde lambda per rispettare la Euro 5+. Grazie a questi interventi Guzzi promette più grinta che, secondo i nostri rilevamenti si traduce in questi dati:
Il telaio a doppia culla in acciaio è lo stesso di tutte le V7, mentre al posto della forcella telescopica degli altri modelli sulla Sport c'è una nuova unità a steli rovesciati da 41 mm di diametro. I freni sono dischi da 320 mm e pinze monoblocco a 4 pistoncini ad attacco radiale griffati Brembo. Numeri che si traducono in:
Unitamente al peso, il bicilindrico si comporta bene anche dal punto di vista dei consumi, a patto ovviamente di non tirargli troppo il collo. La capacità del serbatoio è 19,5 litri per una buona autonomia: