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#motociclismo #news #insella.it
La Casa cinese anche quest’anno presenta tantissime novità , dalla crossover Rino 900, alle adventure 450 e 800 RX fino al prototipo di una café racer con motore V4. Vediamole una per una
QJ Motor è presente da ormai qualche anno sul mercato italiano, offrendo ottimi prodotti ad un prezzo concorrenziale. La gamma moto cresce di anno in anno e il 2026 non sarà da meno, dato che a EICMA 2025 ha presentato numerose novità , dalle crossover-adventure Rino 900, RX 450 ed RX 800 alla cruiser SRV 400VS, fino allo scooter SQ 350 e alla motard COV 125 dedicata ai più giovani. Ma accanto a questi modelli pronti ad arrivare sul mercato, c'è anche il prototipo di una café racer con motore V4. Vediamo ora nel dettaglio tutte le novità 2026 di QJ Motor.
QJ Motor popola anche il segmento delle motard presentando ad EICMA la nuova COV 125. Questa novità si presenta con un look accattivante, linee moderne impreziosite da una colorazione rosso sgargiante e foderi anodizzati oro della forcella. È spinta da un monocilindrico raffreddato a liquido di 125 cm³, per il quale la Casa dichiara 15 CV “pieni†erogati a 9.500 giri/min. Sul fronte ciclistico spiccano i cerchi a raggi e la forcella a steli rovesciati, abbinati a un telaio in acciaio con forcellone bibraccio nello stesso materiale. L’impianto frenante sfoggia dischi a margherita: di 320 mm l’anteriore e di 220 mm il posteriore. La sella si trova a 89 cm da terra e il peso dichiarato in ordine di marcia è di 115 kg.
Si tratta del primo midiscooter della Casa cinese ed è spinto da un motore monocilindrico di 330 cm³ raffreddato a liquido, capace di erogare 29 CV, abbinato a una trasmissione automatica tradizionale. Le ruote sono entrambe da 16†per garantire la massima stabilità su pavé e asfalti sconnessi, mentre l’impianto frenante offre due dischi, entrambi sorvegliati da ABS. Di serie anche il controllo di trazione, una sicurezza in più sui fondi scivolosi. Di livello la dotazione tecnologica, che prevede avviamento keyless, display LCD con connessione, luci full-LED e dashcam integrata. Qui ve lo raccontiamo nel dettaglio. Il prezzo ufficiale non è ancora noto, ma resterà sotto i 5.000 euro.
È una custom di dimensioni non eccessive e guidabile con la patente A2, dato che il suo motore bicilindrico a V di 385 cm³ eroga 35,4 CV di potenza massima a 8.000 giri. Esteticamente le linee sono da vera bobber, con cerchi da 16 pollici, serbatoio “a goccia†da 16 litri, parafanghi corti, doppio scarico sovrapposto sul lato destro e faro circolare. La forcella è a steli rovesciati, mentre l’impianto frenante prevede poi un disco di 300 mm all’anteriore e uno di 240 mm al posteriore, entrambi sorvegliati da un sistema ABS a due canali. Qui trovate tutte le caratteristiche.
Questa adventure firmata QJ Motor si chiama 450RX e promette grandi doti in off-road, con un occhio di riguardo alla facilità di guida grazie a dimensioni e peso contenuti. I cerchi sono entrambi a raggi da 21 e 18 pollici, le sospensioni a lunga escursione e il motore è un’unità bicilindrica parallela di 449,5 cm³, capace di erogare 48 CV a 9.500 giri. Si colloca nel segmento delle adventure medie guidabili con patente A2, ed offre una dotazione super completa: ABS, controllo di trazione, display TFT a colori connesso e luci full-LED. Sarà disponibile nei primi mesi del 2026 a un prezzo – ci dicono – inferiore ai 6.000 euro. Tutte le caratteristiche le trovate nel nostro articolo di presentazione.
Evoluzione della SRT 800 introdotta due anni fa, la 800RX presentata da QJ Motor ad EICMA 2025 adotta un motore bicilindrico parallelo di 799 cm³, accreditato di una potenza massima di 99,3 CV a 9.000 giri. Il telaio è un’unità a traliccio in acciaio, sostenuta da sospensioni Marzocchi a lunga escursione e regolabili nell’idraulica. Da buona adventure, i cerchi sono a raggi: di 21 pollici l’anteriore e 18 pollici il posteriore, e calzano pneumatici mediamente tassellati. Il serbatoio da 21 litri di capienza promette lunghe percorrenze, mentre il peso è contenuto: 179 kg a secco. Completa la dotazione: ABS, controllo di trazione disinseribile, avviamento keyless, luci full-LED e display TFT di 7 pollici con connessione. Per tutte le caratteristiche, ecco il nostro articolo di presentazione.
Si tratta di una crossover nata dalle mani di C-Creative, lo studio di design di Giovanni Castiglioni e Adrian Morton (entrambi ex MV Agusta). È alimentata da un motore a tre cilindri in linea di 900 cm³, in grado di erogare una potenza massima di circa 120 CV a 10.000 giri e circa 92 Nm di coppia. Ad abbracciare il propulsore un telaio misto in acciaio-alluminio, sostenuto da sospensioni Marzocchi regolabili. I cerchi sono in lega: 19 pollici l’anteriore e 17 pollici il posteriore, mentre l’impianto frenante è firmato Brembo.
QJ Motor ha anche presentato la Eqvvs 600, una café racer costruita attorno al suo motore V4 di 561 cm³, che sulla cruiser SRV600V esprime 68 CV di potenza massima. Si tratta di un modello affascinante e dalle linee molto ricercate, sviluppato su un telaio a ponte in alluminio. Non abbiamo altre informazioni in merito, dato che la Eqvvs è ancora un prototipo.
In programma a Verona dal 23 al 25 gennaio, l’edizione 2026 del Motor Bike Expo promette centinaia di espositori, test ride, aree tematiche dedicate a viaggio, personalizzazione e fuoristrada, talk, incontri con professionisti del settore e, ovviamente, test ride di tantissimi modelli. Vi anticipiamo qualcosa…
Conto alla rovescia per l’edizione 2026 del Motor Bike Expo, come sempre in scena a Veronafiere dal 23 al 25 gennaio 2026. Per tutti i dettagli, così come per il programma “completo†è ancora presto, ma qualcosa possiamo anticiparvelo fin da subito.
La manifestazione prevede la partecipazione di oltre 700 espositori distribuiti in più di 120.000 m², suddivisi tra otto padiglioni tematici e sei aree esterne dedicate alle attività dinamiche. Anche per il 2026 sono confermate le proposte che da sempre caratterizzano l’evento, come corsi di guida, dimostrazioni, incontri con i protagonisti del motociclismo nazionale ed internazionale e, immancabili, test ride dei modelli in arrivo. Ma non finisce qui: il programma include anche workshop, talk e momenti di confronto con figure di riferimento del settore, dai piloti ai preparatori, oltre a responsabili delle aziende e organizzatori di raduni e viaggi. Non mancherà , è chiaro, la possibilità per i visitatori di acquistare accessori, abbigliamento tecnico e prodotti per la personalizzazione.
Tra le sezioni più attese figurano le aree dedicate al viaggio, al fuoristrada, alla customizzazione e alle competizioni. Come da tradizione, ci saranno anche spazi per scooter e motorini, un’area orientata alla cultura urbana con musica e installazioni, oltre alle zone shopping e alla sezione dedicata all’usato. E, siccome girare tra i padiglioni, fare acquisti e provare moto mette sempre fame, all’interno del quartiere fieristico sarà ovviamente disponibile anche un’ampia scelta di proposte food & beverage. Tutti ingredienti, insomma, per un’edizione davvero ricca. Come accennato, nelle prossime settimane arriveranno maggiori dettagli e informazioni: ovviamente, vi terremo aggiornati.
Off Road Champions 2025 si compone di 208 pagine a colori con le immagini degli appuntamenti più importanti della specialità : Campionati Assoluti d’Italia, Campionato Mondiale FIM EnduroGP, Sei Giorni Italia
È arrivato alla 35ª edizione Off Road Champions, Il libro che raccoglie tutta la stagione dell’enduro realizzato da Dario Agrati, storica firma della specialità , in collaborazione con Dalila Agrati. Hanno collaborato anche importanti personaggi dell’enduro, con il contributo storico dell’indimenticato Carlo Mayr, scomparso di recente.
Off Road Champions 2025 si compone di 208 pagine a colori con le immagini degli appuntamenti più importanti della specialità : Campionati Assoluti d’Italia, Campionato Mondiale FIM EnduroGP, Sei Giorni Italia a Bergamo con la strepitosa vittoria dell'Italia in Maglia Azzurra nel Trofeo Mondiale, Trofeo Junior, Classifica di Club.
C’è spazio anche per argomenti un po’ differenti, come il capitolo Moments of Waw, oppure FIM Enduro Vintage Trophy in cui a trionfare è stata la Germania ma l'Italia in Maglia Azzurra è rimasta sempre in grande evidenza, si parla anche del Campionato Europeo a squadre per nazioni vinto dall’Italia, per concludere con le classifiche iridate finali.
Per chi vuole scendere ancora più nel dettaglio, il libro racconta i sette Gran Premi del Mondiale FIM EnduroGP e presenta i protagonisti delle varie classi.
Per gli appassionati oramai è un classico, una raccolta di tutti i temi che hanno caratterizzato la stagione dell’enduro, da conservare come archivio. È possibile riceverlo per posta richiedendolo a ml@pp-communication.com , al prezzo di 36 € comprese le spese di spedizione.
Presente su tutti gli impianti di scario omologati, il Db killer è un elemento fondamentale per ridurre a norma di legge le emissioni sonore. Chi lo toglie rischia multe pesanti, ecco tutto quello che c'è da sapere
Montato su tutti i terminali, a prescindere che siano di serie oppure aftermarket, il dB Killer meccanico che serve a ridurre le emissioni sonore della moto. A fini dell'omologazione, infatti, lo scarico deve rientrare entro un limite di emissioni misurate in decibel.
In base alla normativa Europea, il limite massimo per i motocicli, con motore a scoppio superiore ai 175 cm3 è fissato tra i 75 e gli 80 dB.
Gli argomenti per chiedere l’applicazione dell’art. 72 sono:
Le moto con linee moderne vi hanno stufati? Compratevi una “classica†con meccanica moderna ma ben nascosta sotto linee retrò. I modelli con qualche anno sulle spalle costano poco e si fanno buoni affari
Le moto modern classic piacciono tanto e la moda non sembra rallentare. Ci sono modelli che hanno ormai oltre 15 anni sulle spalle, sono quasi d'epoca nonostante motori e ciclistiche comunque attuali. Vista l'età si trovano a prezzi piuttosto interessanti, vi facciamo qualche esempio qui sotto. Scegliete quello che preferite!
Prodotta dal 2006 al 2010, è la stradale classic secondo Ducati. Il motore 1000 raffreddato ad aria è irregolare ai bassi regimi, ma ai medi ha grinta da vendere e allunga bene agli alti regimi. La posizione di guida è comoda, il busto è leggermente inclinato e le braccia ben distese ad impugnare il largo manubrio. In curva è precisa anche se va guidata di corpo, agendo con decisione per farla scendere in piega. I freni sono efficaci ma il comfort però è limitato dalla rigidità delle sospensioni, in particolare i due ammortizzatori dietro. Soffre anche il passeggero.
Qualche problemuccio qui e là delle parti elettriche, con le classiche spie che non si accendono; comunque nulla di grave. Controllate lo stato dei silenziatori, esposti agli urti. Il comando della frizione duro può essere ammorbidito montando l’attuatore del catalogo Ducati performance.
da 3.500 a 6.000 euro

La prima serie della V7 (prodotta dal 2007 al 2012) è una tranquilla stradale, facile da guidare e maneggevole. Il motore ha pochi cavalli (38,5 rilevati alla ruota), ma più che sufficienti per cavarsela in città . La V7 va bene anche per qualche gitarella senza troppa fretta e accoglie più che dignitosamente il passeggero.
I freni non sono male, le finiture sufficienti anche se c’è troppa plastica. Deludono un po’ il cambio (lento e non sempre preciso) e la sospensione posteriore rigida e decisamente in difficoltà sui pavé.
Non spaventatevi se vedete tracce d’olio sul foro di scarico della marmitta. D’obbligo invece un controllo generale sulla funzionalità dell’impianto elettrico (fari, frecce, spie sul cruscotto). Controllate con cura la carrozzeria che può soffrire per le vibrazioni del motore. La ruggine può attaccare i dischi freno e l’impianto di scarico. Problemi anche all’impianto di iniezione (spegnimenti etc etc).
da 2.000 a 3.800 euro
Gli esemplari più vecchi della “piccola†Harley-Davidson si trovano ormai a prezzi poco impegnativi. Da scegliere i modelli dal 2004 in avanti perché il motore è montato su supporti in gomma che smorzano efficacemente le vibrazioni. I modelli precedenti invece trasmettono vibrazioni e “pulsazioni†molto fastidiose.
La 883 è facile da guidare e abbastanza agile, nonostante il peso. Il motore è tranquillo e ben gestibile, mentre i freni sono da strizzare con decisione, perché faticano a rallentare gli oltre 250 kg in ordine di marcia. Mettete in conto anche il cambio lento e rumoroso.
Le Harley originali “come mamma le ha fatte†non esistono: chi compra queste moto primo o poi le personalizza. Bisogna vedere a chi si è affidato e se ha usato accessori originali oppure no. In generale le moto troppo pasticciate o “fatte in casa†sono da evitare perché possono dare noie. Occhio agli scarichi aperti: possono causare problemi alle valvole di scarico se l’alimentazione non è ben regolata. Buttate un occhio allo stato dei freni e al libretto dei tagliandi: l’assistenza H-D costa cara, ma è una garanzia.
da 3.000 a 7.500 euro
È una Kawa al 100%: il carattere sportivo non le manca. L’assetto è rigido e i freni con pinze a sei pistoncini mordono forte. Il motore 1200 spinge come una furia già da 4.000 giri e sale rapido di giri.
La distanza tra sella e pedane è ridotta, chi è sopra il metro e ottanta è costretto a piegare troppo le gambe. In movimento la ZRX è stabile e precisa ma poco agile: va “convinta†a scendere in piega agendo con decisione su pedane e manubrio, ma risulta sempre lenta nei cambi di direzione. Il motore beve parecchio. In città è un po’ impacciata.
Il discorso è analogo alla CB 1300: la ZRX è una moto di sostanza, capace di digerire chilometraggi elevati. Occhio solo allo stato dei dischi (stressati dalle pinze a sei pistoncini) e a quello delle sospensioni, in particolare i due ammortizzatori. Silenziatore esposto agli urti.
da 1.000 a 2.000 euro

Bella, affidabile e maneggevole, la W 650 è una stradale “da passeggioâ€, comoda e ospitale anche per il passeggero. Il motore bicilindrico è ben gestibile e va bene anche per chi ha poca esperienza, ma non chiedetegli prestazioni elevate e grinta da sportiva. Il peso da noi rilevato era di 204 kg in ordine di marcia: da fermo la W 650 si manovra quindi senza difficoltà , la sella bassa e il manubrio largo facilitano le cose.
I freni sono discreti: dietro c’è un tamburo poco potente mentre il disco davanti è efficace. Intorno ai 5.000 giri si sentono delle vibrazioni che alla lunga diventano fastidiose. Le sospensioni sono morbide e mal digeriscono la guida “d’attaccoâ€.
I sostegni del faro davanti soffrono le vibrazioni trasmesse dal motore e possono rompersi. Occhio ai freni: il tamburo può essere “cotto†dopo 20.000 km, il disco dopo 30.000 km. Anche gli ammortizzatori (di tipo economico) vanno KO dopo poco tempo (20.000 km).
da 1.500 a 3.500 euro
Un classico della gamma Triumph. La prima serie prodotta dal 2001 al 2013, nel corso degli anni ha subito poche modifiche: la più importante è stata l’aumento della cilindrata (da 790 a 865 cm3). La “Bonnie†è una moto valida, buona per la città e per qualche gita o viaggio poco impegnativo. Anche se non è un “fuscello†(218 kg rilevati), in movimento è agile e facile da manovrare.
Il bicilindrico inglese è piuttosto tranquillo, regolare nel trasmettere i cavalli, sale di giri senza fretta e consuma il giusto. L’impianto frenante è sufficiente, ma il disco davanti fatica un po’ a gestire la mole della moto. Rigida la sospensione posteriore, buona la sistemazione del passeggero. Finiture discrete, ma non di lusso.
Le cromature sono “sensibili†alla ruggine: occhio soprattutto a fari, ruote e carter motore. Possibile formazione di condensa all’interno del cruscotto. Controllate la frizione: se innesta le marce in maniera brusca può essere la campana deformata. Gli scarichi sulle moto Euro 3 possono cuocere e assumere una colorazione azzurrognola. I carburatori (se ci sono) vanno sincronizzati in caso di problemi di avviamento a freddo.
da 2.000 a 4.500 euro
L’aspetto è grintoso e il motore 1300 non delude: è fluido ma bello “sveglio†sin dai regimi medio-bassi ed è capace di buone prestazioni. La XJR però è anche molto confortevole: le sospensioni sono morbide (quindi poco adatte alla guida sportiva) e assorbono bene buche e pavé, mentre la sella da parte sua non delude, larga il giusto, ben imbottita e ospitale anche per il passeggero che ha tanto spazio a disposizione.
La grossa cilindrata si fa sentire dal benzinaio: i consumi sono sempre alti, difficile andare oltre i 14/15 km/litro. Ottime le finiture: verniciature e componentistica sono di tipica qualità “giapponese†(cioè elevata).
Possibili perdite d’olio dal sistema idraulico della frizione. Occhio anche alla testata: l’ammortizzatore di sterzo è collegato ad essa e col passare del tempo le sollecitazioni a cui è sottoposta possono danneggiare la guarnizione della testata. Qualche raro caso di problema alla ruota libera del motorino di avviamento. Occhio anche agli ammortizzatori (si “scaricano†in fretta) mentre gli specchietti si allentano facilmente.
da 1.500 a 6.800 euro
L'Honda SH è un punto di riferimento tra gli scooter fin dal 2007. Il più potente è il 350i che offre prestazioni brillanti e una stabilità eccellente. Ma come si comporta davvero nella giungla urbana? Ecco tutti i rilevamenti
La famiglia degli SH è da sempre in testa alle classifiche di vendita e infatti il 350 tra i midi scooter è il più gettonato. Tante le qualità , che il nostro centro prove ha messo messo su bianco con i dati delle prestazioni. Eccole qui sotto.
Nonostante le prestazioni brillanti, l'SH 350i si dimostra parco nei consumi, consentendo di percorrere lunghe distanze senza dover ricorrere troppo spesso al rifornimento.
Potenza massima: 23,1 CV/17,2-7.000 giri
Coppia massima: 2,62 kgm/27,7 Nm-5400 giri
Peso: 172,5 kg
L'Honda SH 350i è disponibile a 5.990 euro, un prezzo competitivo, considerando le sue prestazioni, la sua dotazione e la sua affidabilità . Il bauletto da 37 litri incluso nella dotazione di serie aumenta ulteriormente la sua praticità e il suo valore.
Il parabrezza è offerto di serie e si apre con la smart-key
La posizione di guida dell'SH 350i è naturale e confortevole, grazie alla sella ampia e al manubrio alto e vicino al pilota. La pedana piatta offre ampio spazio per i piedi e permette di caricare anche un piccolo zaino. Il parabrezza, soprattutto per i piloti pià alti, può risultare un po' vicino al casco risultando così un po' scomodo, soprattutto quando piove. Il telaio a semi doppia culla in tubi d'acciaio dell'SH 350i è leggero e rigido, e garantisce una buona stabilità anche alle alte velocità . I due ammortizzatori posteriori sono regolabili nel precarico molla su cinque posizioni e offrono un buon compromesso tra comfort e sportività , anche se in città possono risultare un po' rigidi.
L'impianto frenante dell'SH 350i è all'altezza delle prestazioni. I due dischi freno garantiscono spazi di arresto contenuti e l'ABS interviene in modo efficace e poco invasivo. Il sistema di lampeggio delle frecce in caso di frenata brusca, poi, aumenta ulteriormente la sicurezza attiva. L'Honda SH 350i è dotato di serie di tutto ciò che serve per muoversi in città e fuori porta con comfort e sicurezza. Oltre al bauletto da 37 litri, cisono le luci a LED, paramani, parabrezza alto e una smart key per l'avviamento senza chiave.
Nel 2000 il prototipo di Hamamatsu riuscì a conquistare il mondiale, interrompendo il dominio Honda che durava dal 1994. Meno potente della rivale, aveva il suo punto di forza nella maneggevolezza
Le vittorie mondiali di Suzuki nella classe regina del motociclismo sportivo in questo ultimo quarto di secolo sono state solo due: il campionato conquistato da Joan Mir con la GSX-RR nel 2020 e quello di due decenni prima, vinto da Kenny Roberts Junior con la RGV Γ 500. In entrambe le occasioni si è trattato di affermazioni sporadiche, ma con moto decisamente “indovinate†sotto il profilo tecnico. La Gamma in particolare è stata l'ultima esponente della saga delle due tempi di Hamamatsu nel motomondiale, l'ultima capace di rompere il dominio di Honda, al tramonto della categoria.
Suzuki può giustamente vantarsi di essere stata la prima casa a vincere con il due tempi nella classe regina del motomondiale. È il 1971 e il neozelandese Jack Findley riscrive i libri di storia in occasione del Gran Premio dell’Ulster. Seguono poi le tante affermazioni di Barry Sheene, i successi dei nostri Marco Lucchinelli e Franco Uncini, le gesta impagabili di Kevin Schwantz.
La prima RGV Gamma nasce nel 1987 in sostituzione della precedente RG con cilindri in quadrato: appare sulla scena insieme all'arrivo in Europa del grande campione texano. Con lui divide equamente vittorie e delusioni: il motore è un superquadro (56x50,6) con aspirazione lamellare nel carter. Solo dieci anni più tardi il propulsore V4 bialbero cambia quote, diventando perfettamente quadro (54x54). La moto è una delle più versatili della griglia ma, dopo il ritiro di Schwantz, Suzuki brancola nel buio tanto sul fronte della leadership in pista che deella direzione tecnica da intraprendere. Tre anni trascorrono senza successi ed è solo con il 1999 che il progetto di Hamamatsu torna a essere vincente.
La nuova Suzuki porta la sigla di progetto XR89 e viene rivoltata come un calzino nelle geometrie da Warren Willing, che la rende ancora più maneggevole. Il neo guru proviene dal team di Kenny Roberts e dalla fallimentare esperienza del progetto homemade voluto dal californiano con la sua KR prodotta in collaborazione con Tom Walkinshaw. Willing porta in Suzuki tanta voglia di innovare e anche Junior, fino ad allora considerato sostanzialmente “solo†il figlio del vulcanico padre. La coppia funziona e già nel 1999 la RGV si mostra competitiva. I 180 cavalli espressi non la spingono alle velocità maturate sul dritto dalla Honda NSR, ma la nuova distribuzione dei pesi rende la moto molto efficace. Le masse vengono portate maggiormente verso l'anteriore (54% contro 46% al posteriore), le sospensioni Showa vengono sostituite da delle Öhlins. L'alimentazione a carburatori ha già abbandonato i Mikuni dalla stagione precedente in favore dei più performanti Keihin da 36mm di diametro. La linea, che cerca di sfruttare al meglio l'aerodinamica, può piacere o meno: è inconfondibile con il grande codone che guarda all'ingiù e che diventa un marchio di fabbrica anche per le GSX-R di produzione. Il peso è di 132 chilogrammi.
Il successo arriva già nel gran premio di apertura della stagione, con Kenny Roberts Junior che riesce a imporsi su Carlos Checa e Mick Doohan, bissando il successo anche nella successiva gara in Giappone. L'uscita di scena del 5 volte campione del mondo australiano a Jerez de la Frontera per infortunio trasforma il mondiale in un affare a due tra il californiano e Alex Criville. A fine stagione Roberts Jr. però non riesce a recuperare sullo spagnolo e una Honda globalmente più performante: chiude staccato di 47 punti, con 4 vittorie all'attivo.

La ricetta per l'anno 2000 non cambia: maneggevolezza invece di potenza bruta. La NSR vanta una quindicina di cavalli in più, ma i 185 espressi dalla Suzuki sono più che sufficienti, grazie a una curva di erogazione migliorata tra i 5000 e i 9000 giri/min e a un allungo che riesce finalmente a spingersi oltre il muro dei 14.000 giri/min. L'angolo tra i cilindri – con misure di alesaggio x corsa ora di 54,0x54,5- viene allargato, portandolo da 70° a 80°, in modo da alloggiare meglio i pacchi lamellari. Viene anche rivista la configurazione di scoppio: si torna al big-bang, che favorisce la trazione ai medi regimi, anche se permane qualche problema di consumo gomma dovuto all'eccesso di freno motore. Suzuki sperimenta la soluzione da 16,5†per la ruota anteriore, ma si decide poi di mantenere la 17†per l'intero campionato.
La stagione parte bene quanto la precedente, o forse meglio. Junior centra due vittorie e un secondo posto nelle prime quattro gare. Mentre Valentino Rossi apprende i segreti della mezzo di litro, Max Biaggi non trova la quadra con la sua Yamaha e Alex Criville è l'ombra del campione del 1999, il pilota Suzuki prende il largo in classifica. Nel corso della stagione la sua RGV Γ si dimostra una moto molto efficace sul bagnato e il californiano è bravo a giocarsi bene tutte le carte a proprio favore. Anche nel 2000, Roberts Jr. vince “solo†4 gare, ma arriva altrettante volte secondo al traguardo e va sempre a punti, con l'eccezione di un solo ritiro. Nel gran premio del Brasile Kenny si laurea campione, a vent'anni di distanza esatti dal successo di suo padre.

Il 2001 è l'ultimo anno di vita della RGV Gamma, che però non onora al meglio il numero uno sul cupolino. Arriva solo una vittoria e nemmeno per mano del campione in carica, ma del compagno di squadra Sete Gibernau. In Suzuki la mente è già rivolta all'anno successivo e alla prima quattro tempi della nuova era MotoGP. La GSV-R non avrà gran fortuna e otterrà un solo successo – sul bagnato, con Vermeulen nel 2006- nella sua lunga carriera. Ma questa è un'altra storia.
Le nuove marmitte For Race 2 sono state completamente riprogettate con l’obiettivo di offrire il massimo in termini di prestazioni
Per togliersi delle soddisfazioni nell’enduro e nel motard ci vogliono motori con dei cavalli e pure un buon tiro in basso, cosa non semplicissima da ottenere quando si ha a disposizione una cilindrata di soli 50 cm³. Polini Motori vi dà una mano con le nuove marmitte For Race 2, completamente riprogettate con l’obiettivo di offrire il massimo in termini di prestazioni.
Sono destinati ai motori Minarelli AM6 e Derbi 50 a due tempi ed hanno una conformazione a serpentone, cioè passano alti così da non rischiare di toccare sotto nelle “pieghe†più accentuate o nei passaggi su fondi molto scabrosi. Il disegno è stato studiato in modo che si adattino ai telai dei principali marchi impegnati in questo segmento, così da rendere semplice il montaggio. I tecnici del reparto esperienze bergamasco li hanno progettati con l’attenzione ad ottenere una risposta pronta e un buon tiro ai regimi medi e alti.
Gli scarichi sono in lamiera di acciaio e sono dotati di un nuovo silenziatore finale in alluminio anodizzato nero con fondello ricavato dal pieno, smontabile per facilitare la sostituzione del materiale fonoassorbente; sul silenziatore e su uno scarico il logo Polini For Race inciso al laser.
Sono prodotti in sei modelli, per le moto di cinque costruttori: codice 200.0501 Fantic, codice 200.0503 Rieju, codice 200.0504 Derbi, codice 200.0505 Sherco, mentre per la Beta ci sono sia il codice 200.0506 (Beta ES) e che il codice 200.0507 (Beta E3/E4). I prezzi al pubblico partono da 268 € più Iva.
Sono perfette per chi vuole imparare ad andare in fuoristrada, ma risultano divertenti anche per chi ha già una buona esperienza
Quando parliamo di moto dedicate ai patentati con A2, si pensa subito a modelli facili rivolti a chi ha poca esperienza. Se però si passa alla categoria delle Adventure, il discorso in parte cambia: questi modelli vanno bene anche per chi ha esperienza e in fuoristrada ci sa andare ma è alla ricerca di un mezzo leggero e con prestazioni gestibili senza fatica. Ecco quindi cinque modelli guidabili con la patente A2, con cerchio anteriore da 21â€, pesi inferiori ai 200 kg, spiccate doti fuoristradistiche e... buon prezzo!
La 450 MTè uno dei modelli più interessanti del produttore cinese. Si tratta di una adventure spinta dal bicilindrico parallelo di 449 cm3 che ritroniamo anche sulla sportiva SR, sulla naked NK e sulla cruiser CL-C. Dotato di fasatura a 270 gradi e 47 CV di potenza massima, è inserito all’interno di un telaio in tubi di acciaio. Di qualità il reparto sospensioni, che vede unità Kayaba regolabili nell’idraulica e nel precarico, con forcella a steli rovesciati di 41 mm di diametro e monoammortizzatore con serbatoio separato. L’impianto frenante è firmato J.Juan e utilizza due dischi: 320 mm davanti e 240 mm dietro, con ABS disinseribile per la guida in fuoristrada. I cerchi sono a raggi: 21†l’anteriore e 18†il posteriore, con pneumatici leggermente tassellati. Il peso è di 173 kg a secco.
Prezzo: 5.990 euro f.c.
Sognare non costa nulla... per questo motivo abbiamo inserito in questa rassegna anche la Kove 450 Rally che ha un prezzo decisamente superiore rispetto a tutte le altre.
Si tratta però di un modello specialistico praticamente pronto gara, ma comunque adatta per imparare a guidare in offroad. È spinta da un motore monocilindrico di 449 cm3 accreditato di 42 CV a 8.000 giri/min., inserita in un telaio a doppia trave in acciaio, a cui quale sono abbinate una forcella a steli rovesciati di 43 mm regolabile nell'idraulica e un monoammortizzatore con link progressivo. L'escursione è da vera moto da rally, nella versione Hight è di 305 mm all'avantreno e 300 mm al retrotreno. Le ruote sono a raggi, l’anteriore da 21†e la posteriore da 18â€, con pneumatici tassellati rispettivamente 90/90 e 140/80. Il peso dichiarato è di appena 155 kg in ordine di marcia.
Prezzo: 9.690 euro f.c.
Anche la Casa di Trivolzio entra nel segmento con la ALLTRHIKE, una Adventure pensata per il fuoristrada anche impegnativo. È spinta da un bicilindrico in linea di 450 cm3, con 4 valvole per cilindro con una potenza massima di 44,2 CV a 8500 giri/min. Il telaio è a traliccio in acciaio, mentre il forcellone è in alluminio. Completamente regolabili le sospensioni, con forcella KYB a steli rovesciati da 41 mm di diametro ed escursione ruota di 210 mm e monoammortizzatore con escursione di 190 mm. L’impianto frenante vede un disco di 320 mm all’avantreno e uno di 255 mm al retrotreno, con ABS disinseribile. I cerchi sono a raggi da 21†l’anteriore e 18†il posteriore, mentre il peso è di 170 kg a secco.È disponibile in versione standard o "High Equipped" con paramani, sella e manopole riscaldate.
Prezzi: 5.890 - 6.140 euro f.c.
Si tratta di una adventure spinta da un bicilindrico parallelo frontemarcia con 47 CV di potenza massima, distribuzione a doppio albero a camme in testa, otto valvole, iniezione elettronica, raffreddamento a liquido e cambio a sei marce. Un’unità progettata sulla falsariga del twin parallelo di Honda, che equipaggia la gamma 500 della Casa dell’Ala. A livello ciclistico la Rieju Aventura sfoggia un telaio in tubi d’acciaio, abbinato a sospensioni con escursione di 190 mm: dietro un forcellone in alluminio con unico ammortizzatore centrale, davanti una forcella a steli rovesciati di 43 mm di diametro. I dischi freno sono a margherita: l’anteriore da 298 mm, il posteriore da 240 mm, entrambi con ABS. Le ruote a raggi montano pneumatici tassellati nelle misure 90/90-21†davanti e 150/70-18†dietro. Il peso è di 190 kg in ordine di marcia.
Prezzo: 7.920 euro f.c.
La Himalayan 450, fra le cinque, è la più essenziale nello stile e nell’estetica. È spinta da un monocilindrico raffreddato a liquido di 452 cc, con cambio a 6 marce, acceleratore ride-by-wire e due riding mode (Eco e Performance). La potenza massima è di 40 CV a 8.000 giri/min. Il telaio è una struttura a doppia trave in acciaio, su cui “lavorano†una forcella a steli rovesciati di 43 mm di diametro e un monoammortizzatore regolabile nel precarico, entrambi con 200 mm di escursione. L’impianto frenante è composto da un disco anteriore da 320 mm e uno posteriore da 270 mm. I cerchi sono a raggi: 21†l’anteriore e 17†il posteriore. Il peso dichiarato è di 196 kg a secco.
Prezzo: a partire da 5.900 euro f.c.
Kawasaki aveva sviluppato una meravigliosa 750 cm³ a due tempi quattro cilindri in quadrato stradale, ma le norme Usa sulle emissioni inquinanti cancellarono il suo sviluppo
Oramai di acqua sotto i ponti ne è passata tanta, ma non si finisce mai di scoprire storie interessanti. Dal Giappone rimbalza la notizia che all’inizio degli anni ‘70 la Kawasaki aveva sviluppato una meravigliosa 750 cm³ a due tempi quattro cilindri in quadrato stradale. Una bomba che rimase inesplosa a causa del Muskie Act statunitense, la legge sul controllo delle emissioni inquinanti: vennero introdotti limiti sui gas di scarico ritenuti troppo restrittivi per un motore a due tempi, al punto che nel 1973 la Casa di Akashi decise di abbandonare il progetto quando era oramai in dirittura di arrivo.
C'erano tre diverse moto allo studio, che avrebbero dovuto dare continuità al grande successo della Z1 900. Uno era una sei cilindri di 1000 cm³, un altro era caratterizzato dal motore Wankel che in quel momento aveva suscitato notevole interesse presso tutti i costruttori, il terzo era il mostro di 750 cm³ a due tempi quattro cilindri in quadrato; la stessa disposizione che negli anni successivi si sarebbe affermata tra le 500 da Gran Premio, con Suzuki.
Il motore di Hamamatsu però aveva l’ammissione controllata da dischi rotanti mentre in quello della Kawasaki era controllata dal movimento del pistone. Le due bancate, anteriore e posteriore, erano collegate da una catena e ruotavano nello stesso senso, e l’ordine di scoppio con gli alberi motore sfasati di 90° l’uno dall’altro portava a quattro fasi attive per ogni giro, garantendo una notevole fluidità di erogazione.
Un’architettura del genere porta però a difficoltà di collocazione dei carburatori, e per questo motivo ce n’erano due soltanto, e ognuno di essi alimentava una coppia di cilindri. Gli scarichi uscivano di fianco e confluivano in due marmitte, una per lato, entrambe con due uscite indipendenti. Si stava già considerando l’ipotesi di un’alimentazione a iniezione che per quei tempi sarebbe stata una scelta avanzatissima. L’avviamento era elettrico ma il motore era dotato anche di kick starter.
Gli ingegneri avevano già ottenuto una potenza rilevante, 75 CV, ed avevano già iniziato a sviluppare anche una versione da corsa, ma nel 1973 il progetto venne fermato.
Non ebbero fortuna nemmeno gli altri due studi: il motore Wankel aveva diversi problemi che portarono alla decisione di abbandonarlo, mentre il sei cilindri non aveva un temperamento grintoso conforme agli standard Kawasaki di quel periodo e fece la stessa fine.