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Mappamondo
Tlc: Uilcom al tavolo mercoledì con Urso e Calderone per crisi settore

Si terrà mercoledì 24 aprile un incontro di fondamentale importanza tra le organizzazioni sindacali del settore telecomunicazioni e il Governo, rappresentato dal Ministro delle Imprese e del Made in Italy, Adolfo Urso, e dalla Ministra del Lavoro e delle Politiche Sociali, Marina Calderone.

La Uilcom, con il Segretario Generale Salvo Ugliarolo, parteciperà al tavolo per rappresentare con forza le istanze delle lavoratrici e dei lavoratori del comparto, sempre più colpiti da processi di riorganizzazione, riduzione del personale, esternalizzazioni e precarizzazione.

Ugliarolo: ‘Situazione delle Tlc insostenibile’

“La situazione delle telecomunicazioni è diventata insostenibile,†dichiara Salvo Ugliarolo.“Servono risposte concrete, investimenti strutturali e un piano industriale nazionale che rimetta al centro il lavoro, le competenze e la qualità dei servizi. Non possiamo più assistere passivamente a decisioni aziendali che scaricano sulle persone il peso delle trasformazioni tecnologiche e di mercato.â€

Durante l’incontro, la Uilcom ribadirà con forza la necessità di:
• salvaguardare l’occupazione e il perimetro contrattuale,
• valorizzare il ruolo strategico del settore nelle politiche industriali del Paese,
• garantire tutele adeguate ai lavoratori coinvolti nei processi di cambiamento.

È urgente che il Governo e il Ministero del Lavoro riconoscano il Contratto Collettivo delle Telecomunicazioni (CCNL TLC) come contratto di riferimento per l’intera Filiera delle TLC, e in particolare per le imprese operanti nei settori del CRM e BPO.
La Uilcom si aspetta inoltre che venga formalmente riconosciuto il CCNL TLC come contratto di riferimento per la gestione degli appalti, sia nel settore privato che nella Pubblica Amministrazione, al fine di contrastare fenomeni di dumping contrattuale e garantire condizioni di lavoro dignitose e omogenee in tutto il comparto.

La convocazione del tavolo è urgente. La Uilcom auspica l’apertura di un confronto strutturato, costante e trasparente tra Governo, sindacati e imprese, per costruire insieme un futuro stabile e innovativo per il settore delle telecomunicazioni.

Al tavolo anche Asstel, Slc Cgil, Fistel Cisl, Ugl Telecomunicazioni e Federmanager.

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Data articolo: Sat, 19 Apr 2025 09:37:24 +0000 di Redazione Key4biz
Dailyletter
Age verification obbligatoria: ecco per chi

La nostra newsletter in 3 notizie.
Age verification obbligatoria: Agcom impone la verifica dell’età per accedere a contenuti per adulti, gioco d’azzardo e altri siti sensibili. Le piattaforme dovranno adottare sistemi di controllo efficaci e rispettosi della privacy, con sanzioni fino a 250mila euro per chi non si adegua.
Agenda delle Città. ANCI presenta 685 progetti per un valore di 10 miliardi di euro, con focus su rigenerazione urbana, infrastrutture green e coesione territoriale.
AI inventa sentenze a Firenze: ha fatto scalpore l’allucinazione di ChatGPT che ha fabbricato sentenze false citate in Tribunale durante una causa, ma il giudice non ha sanzionato l’avvocato. 

Per leggere la newsletter del 18 aprile 2025 clicca qui.

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Data articolo: Fri, 18 Apr 2025 14:28:38 +0000 di Redazione Key4biz
AGCM
Age verification obbligatoria: dal porno all’azzardo, i siti a cui si applica. Multe fino a 250mila euro per chi non si adegua

Via libera dell’Agcom alle regole per la age verification. Dopo la consultazione pubblica che ha coinvolto 13 soggetti – autorità e istituzioni, associazioni di categoria, consumatori, piattaforme di condivisione video, fornitori di identità digitale (Identity Provider SPID/CIE) – l’Autorità ha pubblicato le modalità tecniche cui si devono attenere le piattaforme di video sharing e i siti web per verificare la maggior età degli utenti.

Questo si applica in particolare a contenuti destinati a un pubblico adulto, come siti pornografici, piattaforme di scommesse online e social network. L’obiettivo è garantire che soltanto gli utenti maggiorenni possano accedere a tali contenuti, proteggendo così i minori da materiali potenzialmente dannosi.​  

Attenzione

  • I fornitori che non si adeguano rischiano sanzioni da 10.000 a 250.000 euro.
  • La verifica deve essere efficace, proporzionata e rispettosa della privacy.

Quali sono i siti per cui scatterà la verifica dell’età

Anche se il Decreto Caivano si riferisce esclusivamente ai siti per adulti, il regolamento AGCOM allarga le sue indicazioni anche ad altre tipologie di contenuti, che potrebbero comunque nuocere allo sviluppo fisico, mentale o morale dei minori.

  • Contenuti per adulti â€“ Siti web con contenuti riservati a un pubblico maggiorenne o che supportano l’acquisto online di beni e servizi per maggiorenni.
  • Gioco d’azzardo/scommesse â€“ Siti che forniscono informazioni o promuovono o supportano il gioco d’azzardo online e/o scommesse.
  • Armi â€“ Siti che forniscono informazioni, promuovono o supportano la vendita di armi e articoli correlati.
  • Violenza – Siti che presentano o promuovono violenza o lesioni personali, comprese le lesioni autoinflitte, il suicidio, o che mostrano scene di violenza gratuita, insistita o efferata.
  • Odio e discriminazione â€“ Siti che promuovono o supportano l’odio o l’intolleranza verso qualsiasi individuo o gruppo.
  • Promozione di pratiche che possono danneggiare la salute – Come i siti che promuovono o supportano anoressia, bulimia, uso di droghe, alcol o tabacco.
  • Anonymizer – Siti che forniscono strumenti e modalità per rendere l’attività online irrintracciabile.
  • Sette – Siti che promuovono od offrono metodi, istruzioni o altre risorse per influire su eventi reali con incantesimi, maledizioni, poteri magici o esseri soprannaturali.

Come funziona il sistema di verifica dell’età

Il processo di verifica dell’età si basa su un meccanismo di “doppio anonimato” e si articola in tre fasi principali:​

  1. Identificazione: Un soggetto terzo certificato, indipendente dal fornitore di contenuti, verifica l’identità dell’utente e rilascia una “prova dell’età”.​
  2. Comunicazione: La prova dell’età viene fornita esclusivamente all’utente, che può scaricarla e conservarla sul proprio dispositivo.
  3. Autenticazione: L’utente presenta la prova dell’età al sito o alla piattaforma desiderata, che la verifica per concedere o negare l’accesso ai contenuti richiesti.

In alternativa, l’utente può utilizzare un’applicazione fornita dal soggetto terzo per gestire direttamente la verifica dell’età durante l’accesso ai siti o alle piattaforme.

Requisiti e principi del sistema

Il regolamento AGCOM impone che i sistemi di verifica dell’età rispettino i seguenti principi:

  • Proporzionalità: Le misure adottate devono essere adeguate al rischio e non eccessivamente invasive.​
  • Protezione dei dati personali: I sistemi devono conformarsi al GDPR, evitando la raccolta e la gestione non necessaria di dati personali.​
  • Sicurezza: Devono essere implementate misure per prevenire accessi non autorizzati e proteggere le informazioni degli utenti.​
  • Precisione ed efficacia: I sistemi devono essere in grado di determinare con accuratezza l’età degli utenti, minimizzando gli errori.

Tempistiche e sanzioni

  • Dopo l’approvazione definitiva da parte della Commissione Europea, i siti web e le piattaforme avranno 60 giorni per adeguarsi al nuovo regolamento. In caso di inadempienza, AGCOM potrà emettere una diffida, concedendo ulteriori 20 giorni per conformarsi. Se la piattaforma non si adegua, AGCOM ha la facoltà di bloccare l’accesso al sito o alla piattaforma fino al rispetto delle nuove disposizioni.​

Contesto normativo

  • Queste nuove regole si inseriscono nel quadro del Decreto Caivano (Legge n. 159/2023), che mira a contrastare il disagio giovanile e a proteggere i minori in ambito digitale. A livello europeo, il Digital Services Act (DSA) richiede che le piattaforme online adottino misure adeguate per la tutela dei minori, inclusi strumenti di verifica dell’età e controlli parentali.​

Quali sono i soggetti terzi certificati per la verifica anonima dell’età?

​L’AGCOM non ha ancora pubblicato un elenco ufficiale dei soggetti terzi certificati per la verifica dell’età online. Tuttavia, il regolamento prevede che tali soggetti siano indipendenti dai fornitori di contenuti e certificati da un’apposita autorità. Possono includere fornitori di servizi di identità digitale, come SPID e CIE, o altre organizzazioni che hanno già identificato l’utente in altri contesti, come banche o enti pubblici.​

Questi soggetti devono garantire la privacy degli utenti attraverso un sistema di “doppio anonimato”, in cui la prova dell’età non contiene dati identificativi e non rivela per quale servizio viene utilizzata. L’utente può ottenere la prova dell’età tramite il sito web del soggetto certificatore o attraverso un’applicazione dedicata, come un portafoglio di identità digitale.​

In sintesi, mentre l’elenco specifico dei soggetti certificati non è ancora disponibile, è previsto che includa enti già coinvolti nell’identificazione digitale degli utenti, garantendo al contempo la protezione dei dati personali e la conformità alle normative vigenti.​

I soggetti terzi per la verifica anonima dell’età previsti dal regolamento AGCOM possono essere gli Identity Provider (IdP), cioè quei soggetti accreditati che offrono servizi di identificazione digitale, come SPID o Carta d’Identità Elettronica (CIE).

Chi sono gli Identity Provider certificati in Italia

Ecco l’elenco aggiornato dei principali Identity Provider SPID accreditati da AgID (Agenzia per l’Italia Digitale):

Identity ProviderNote
ArubaGratuito per privati
InfocertOffre anche servizi a pagamento con livelli di sicurezza avanzata
Intesa (Gruppo IBM)SPID gratuito solo per uso personale
LepidaAttivo soprattutto in Emilia-Romagna
NamirialPresente anche nel settore PEC
Poste ItalianeIl più diffuso, consente attivazione online o in ufficio postale
SielteAttivabile anche con riconoscimento via webcam
Tim IDGratuito per utenti con utenza TIM
SpidItalia (Register.it)Attivo da 2023

Per la Carta d’Identità Elettronica (CIE), il sistema di identificazione è gestito direttamente dal Ministero dell’Interno, e l’accesso ai servizi online è garantito attraverso l’autenticazione via app CIE ID e lettori NFC.

Come funzionerà la verifica anonima dell’età?

Nel modello definito da AGCOM:

  • L’utente si autentica presso un Identity Provider (es. SPID o CIE).
  • L’Identity Provider genera una prova di età (es. “maggiore di 18 anniâ€) senza rivelare l’identità o la data esatta di nascita.
  • Il sito che richiede la verifica riceve soltanto la conferma anonima dell’età tramite un token certificato.

Questo sistema è pensato per proteggere la privacy degli utenti, soprattutto dei minori, e garantire l’accesso sicuro ai contenuti online.

Quindi, gli identity provider tramite Spid e Cie sono garanti della maggior età degli utenti online?

Ebbene sì, gli Identity Provider (IdP) che gestiscono SPID e CIE possono agire come garanti della maggiore età degli utenti online nel nuovo sistema di age verification approvato da AGCOM, ma con una precisazione importante:

Non certificano l’identità, ma l’età (in forma anonima)

Nel modello previsto da AGCOM:

  • Gli Identity Provider non comunicano i dati anagrafici completi (nome, cognome, data di nascita…) al sito che richiede la verifica.
  • Forniscono solo una conferma binaria, ad esempio:
    Utente maggiorenne (sì/no)
    Utente minorenne (sì/no)
  • Questo avviene tramite token digitali anonimi, generati a seguito dell’autenticazione con SPID o CIE.

Come funziona la garanzia?

  • L’IdP ha già verificato l’identità dell’utente in fase di rilascio del SPID o della CIE.
  • Quando l’utente accede a un servizio online che richiede il controllo dell’età, l’IdP può certificare se è maggiorenne in modo affidabile e conforme alla privacy.
  • Il sito riceve una prova dell’età, ma non conosce l’identità reale dell’utente.

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Data articolo: Fri, 18 Apr 2025 13:36:32 +0000 di Paolo Anastasio
Smart City
Anci lancia l’Agenda delle Città: 685 progetti da 10 miliardi di euro per infrastrutture, green e rigenerazione urbana

Un nuovo ruolo per Città e Comuni d’Italia per governare il futuro

Oggi a Torino, alla presenza del vicepresidente esecutivo della Commissione europea Raffaele Fitto, è stato presentato e illustrato dall’Anci, l’Associazione Nazionale Comuni Italiani, e dai sindaci delle Città capoluogo il documento “Agenda di Comuni e Città sulle politiche di coesioneâ€.

Un documento, si legge sul sito dell’Anci, “che metta a coerenza i diversi fondi e programmi di investimento sulla base di missioni (sul modello del Pnrr) in linea con i principali filoni tematici di interventoâ€. L’obiettivo dichiarato è superare l’attuale frammentazione degli strumenti di investimento tra diversi programmi nazionali e regionali.

Comuni e Città italiane hanno nel corso del solo 2024 effettuato una spesa per investimenti pari a 19,1 miliardi di euro, con un incremento del 129% rispetto al 2017. Questo dato si deve principalmente al Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr), nel cui ambito Comuni e Città hanno in gestione progetti per un valore di 26,5 miliardi di euro.
Nell’ambito del ciclo 2014-2020 della Politica di Coesione, il PON Metro che ha destinato direttamente risorse ai Comuni si è chiuso con una spesa pari al 102,6%.

Fitto (Ue): “Agenda strumento per delineare e ridisegnare il ruolo decisivo delle cittàâ€

“Noi siamo al lavoro da qualche mese come commissione Europea e una delle priorità è l’Agenda per le Città, che sarà il luogo e lo strumento per delineare e ridisegnare il ruolo delle città tenendo conto del fatto che hanno un ruolo decisivo, su temi come la competitività, la casa, le infrastrutture, e quindi su questo bisognerà lavorare insiemeâ€, ha detto Fitto a conclusione dell’incontro.

“Il 75% dei cittadini europei vive nelle grandi aree urbane. Al tempo stesso – prosegue – il resto dei cittadini vive nelle aree interne, quindi noi lavoreremo per l’Agenda per le città e al tempo stesso per la strategia per le aree interne. Sono due elementi fondamentali, quindi l’interlocuzione, in questo caso in Italia, con l’Anci e con i sindaci è fondamentaleâ€, ha sottolineato il vicepresidente della Commissione europea.

Nell’Agenda si legge, “le lezioni apprese dal PNRR e dal PON Metro devono essere valorizzate e rinsaldate nella prossima programmazione della Politica di Coesione, al contempo perseguendo una maggiore integrazione tra fondi e programmi al livello europeo e nazionaleâ€.

A questo scopo, è riportato nel documento, è necessario provvedere ad un “rafforzamento del ruolo di Città e Comuni nelle politiche di investimento e ampliare la quota di risorse destinata ai loro progetti nei diversi fondi e programmi europeiâ€, ivi incluso il costituendo “Fondo per la Competitivitàâ€, prevedendo a questo scopo “un’Agenda Nazionale per Città e Comuni†(nell’ambito del single plan che il Governo sarà chiamato a definire).

Gli ambiti prioritari di intervento: infrastrutture per la competitività, rigenerazione urbana e periferie, transizione ecologica

Già a marzo è stata condotta una prima ricognizione tra i Comuni capoluogo e le Città Metropolitane volta all’emersione dell’ampio patrimonio progettuale che può trovare spazio nei programmi di investimento. In questa prima fase, hanno risposto 50 amministrazioni. Nel giro di circa due settimane sono pervenuti 1.212 progetti per un valore di 17,2 miliardi di euro.

Sette sono gli ambiti prioritari di intervento, che definiscono l’ossatura di una politica urbana nazionale centrata su sostenibilità, inclusione, attrattività e innovazione. Tre sono quelli su cui ci vogliamo concentrare: infrastrutture per la competitività, rigenerazione urbana e periferie, transizione ecologica (comprese transizione energetica e resilienza idrica).

Questi tre ambiti prioritari di intervento raccolgono in totale 685 progetti, con la richiesta di oltre 12 miliardi di euro di copertura finanziaria.

Infrastrutture per la competitività: dalla digitalizzazione e le smart city ai trasporti e le nuove competenze

Le infrastrutture per la competitività, in particolare, costituiscono un ambito estremamente strategico per lo sviluppo dei territori, con interventi che mirano a migliorare l’accessibilità fisica, la qualità della viabilità e la connessione tra aree urbane, produttive e logistiche. I progetti presentati riguardano in particolare logistica e trasporti (104 progetti), accessibilità territoriale e manutenzione viaria (94 progetti), digitalizzazione e smart city (42 progetti), innovazione e hub di ricerca e produzione (10 progetti), competenze e programmazione territoriale (9 progetti), aree industriali e produttive con attenzione alla sostenibilità ambientale e all’efficienza energetica (8 progetti).

Qui serviranno risorse pari a 7,57 miliardi di euro.

Transizione ecologica: dalle infrastrutture green alla transizione energetica, passando per la mobilità sostenibile

Poi ci sono i progetti analizzati nell’ambito della “transizione ecologicaâ€, che affrontano in modo integrato la tutela delle risorse naturali, la gestione responsabile dell’acqua e la decarbonizzazione del patrimonio pubblico.

La transizione ambientale si consolida così come una leva strutturale per la qualità urbana, la sicurezza territoriale e la competitività sostenibile, attraverso diversi interventi, tra cui: rafforzamento e tutela delle infrastrutture verdi (56 progetti), mobilità sostenibile (56 progetti), transizione energetica (51 progetti), resilienza idrica (49 progetti).

In termini finanziari, le stime dell’Anci indicano una domanda di 2,85 miliardi di euro circa.

Rigenerazione urbana per la coesione sciale e la sostenibilità

Infine, i progetti per la rigenerazione urbana, che raccolgono interventi integrati su quartieri, spazi pubblici ed edifici, con l’obiettivo di promuovere coesione sociale, qualità della vita e sostenibilità. Qui serviranno secondo l’Agenda pi di 1,7 miliardi di euro.

Tutti questi progetti vanno a definire l’ossatura di una politica urbana nazionale centrata su sostenibilità, inclusione, attrattività e innovazione.
Sulla base di queste proposte, ANCI e i Sindaci si dicono disposti alla proosecuzione del confronto con la Commissione europea e il Governo del Pese, “per una Politica di Coesione modernizzata e sempre più efficace per affrontare le grandi sfide del presenteâ€.

Come ha spiegato il presidente dell’Anci e sindaco di Napoli Gaetano Manfredi: serve “un’Europa che veda nelle Città e Comuni il vero elemento di connessione coi cittadini†e che dia “uno spazio, anche importante, alle Città nell’agenda della competitività europeaâ€, per essere un’Europa “più vicina ai territori, più capace di dare risposta alle grandi trasformazioni in atto, alla riduzione delle disuguaglianze e alle grandi emergenze, a partire dall’emergenza della casa, ma anche in grado di fare quegli investimenti che aiutano a migliorare la competitività dei territori e quindi creare valore, sviluppo e lavoroâ€.

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Data articolo: Fri, 18 Apr 2025 12:04:59 +0000 di Flavio Fabbri
AI
L’AI inventa le sentenze: allarme in un tribunale di Firenze. Ma perché niente multa?

Il Caso di Firenze: Sentenze Inventate dall’IA

Un avvocato coinvolto in una causa per contraffazione di marchi ha citato sentenze della Cassazione che non esistevano. L’errore non è stato umano, ma causato dall’intelligenza artificiale (IA), in particolare da ChatGPT, utilizzata per la ricerca giuridica. L’IA ha generato risultati errati, una pratica nota come “allucinazione dell’intelligenza artificialeâ€, che ha portato alla creazione di precedenti legali inesistenti.

La Reazione del Tribunale di Firenze

Nonostante l’errore, il Tribunale di Firenze non ha sanzionato l’avvocato, ma ha lanciato un forte allarme sulla responsabilità dell’uso dell’IA in ambito legale. I giudici hanno sottolineato la necessità di verificare accuratamente le fonti citate, soprattutto in un contesto così delicato come quello giuridico, per evitare che l’errore contaminasse il sistema della giustizia.

Le Reazioni Internazionali: Un Caso Simile negli Stati Uniti

Il caso italiano richiama un precedente negli Stati Uniti, dove uno studio legale è stato multato di 5.000 dollari per aver presentato sentenze false, create da un’IA. Le istituzioni legali globali stanno adottando linee guida per garantire l’uso corretto dell’IA, come quelle della Fédération des Barreaux d’Europe e della Carta dei principi dell’Ordine degli Avvocati di Milano.

Responsabilità e Formazione per gli Avvocati

Gli avvocati sono tenuti a verificare i risultati generati dall’IA, come sottolineato dalle linee guida professionali. Non è sufficiente affidarsi ciecamente alla tecnologia; occorre che ogni errore venga identificato e corretto. La responsabilità per gli errori causati dall’IA ricade sempre sull’avvocato, e la formazione sull’uso della tecnologia è fondamentale.

Conclusioni: Necessità di Norme e Controlli

Per evitare che l’uso irresponsabile dell’IA possa compromettere la giustizia, è necessario introdurre normative chiare e promuovere una formazione adeguata per i professionisti. La responsabilità dell’avvocato deve essere ben definita per garantire che l’IA resti un supporto utile, ma non sostitutivo del giudizio umano.

Tabella Riassuntiva

AspettoDettagli
Caso di FirenzeSentenze inventate da ChatGPT, utilizzato per la ricerca giuridica.
Reazione del TribunaleNessuna sanzione per l’avvocato, ma allarme sulla verifica delle fonti.
Reazioni InternazionaliSanzioni in USA, linee guida in Europa (Fédération des Barreaux d’Europe).
Responsabilità degli AvvocatiControllo dei risultati generati dall’IA, formazione obbligatoria.
ConclusioniNecessità di normative chiare e responsabilità per l’uso dell’IA.

Disegno di legge sull’AI, Art. 15 (Impiego dell’intelligenza artificiale nell’attività giudiziaria)

Ecco il testo integrale dell’Articolo 15 del Disegno di Legge n. 1146/24, approvato dal Senato il 20 marzo 2025, che disciplina l’uso dell’intelligenza artificiale nell’ambito della giustizia:​

Art. 15
(Impiego dell’intelligenza artificiale nell’attività giudiziaria)

  1. Nei casi di impiego dei sistemi di intelligenza artificiale nell’attività giudiziaria è sempre riservata al magistrato ogni decisione sull’interpretazione e sull’applicazione della legge, sulla valutazione dei fatti e delle prove e sull’adozione dei provvedimenti.​
  2. I sistemi di intelligenza artificiale sono utilizzati esclusivamente per l’organizzazione e la semplificazione del lavoro giudiziario, nonché per le attività amministrative accessorie.​
  3. Fino alla compiuta attuazione del regolamento (UE) 2024/1689 del Parlamento europeo e del Consiglio, la sperimentazione e l’impiego dei sistemi di intelligenza artificiale negli uffici giudiziari sono subordinati all’approvazione del Ministero della giustizia, che provvede sentite le autorità nazionali per l’intelligenza artificiale di cui all’articolo 18.
  4. Il Ministro della giustizia, ai sensi dell’articolo 12, comma 1, lettera a), del decreto legislativo 30 gennaio 2006, n. 26, include nelle linee programmatiche sulla formazione dei magistrati attività didattiche sul tema dell’intelligenza artificiale e sugli impieghi dei sistemi di intelligenza artificiale nell’attività giudiziaria.​

Questo articolo stabilisce chiaramente che l’intelligenza artificiale può essere impiegata solo per supportare l’organizzazione e le attività amministrative del sistema giudiziario, mentre le decisioni giudiziarie rimangono esclusivamente di competenza dei magistrati.​

La posizione dell’Ordine degli Avvocati della Lombardia: sanzioni per uso irresponsabile

In Italia, l’Ordine degli Avvocati della Lombardia ha preso una posizione chiara. Le linee guida dell’Ordine stabiliscono che l’uso irresponsabile dell’AI nelle pratiche legali può portare a sanzioni disciplinari. È necessario che gli avvocati siano consapevoli del fatto che l’AI deve essere utilizzata con trasparenza, responsabilità e solo come supporto, e non come sostituto delle capacità professionali. Le linee guida, recentemente aggiornate, mettono in evidenza che ogni informazione legale fornita dall’AI deve essere verificata attentamente, per evitare che errori o falsi contenuti possano danneggiare i clienti o compromettere il processo legale.

Cosa prevede la normativa?

Secondo le linee guida, l’avvocato che fa uso di strumenti AI deve seguire rigorosi principi etici:

  • Verifica delle fonti: ogni sentenza, legge o precedente giuridico citato deve essere verificato prima dell’uso.
  • Trasparenza: l’avvocato deve chiarire quando l’AI è stata utilizzata e come ha contribuito al lavoro legale.
  • Responsabilità: l’avvocato non può delegare la propria responsabilità decisionale all’AI.

In caso contrario, l’uso dell’AI in modo negligente può portare a provvedimenti disciplinari, tra cui la sospensione o l’annullamento della licenza dell’avvocato.

Le reazioni della magistratura e della comunità legale

La comunità giuridica ha condannato fermamente i casi di uso scorretto dell’AI nel diritto. In Italia, il Consiglio Superiore della Magistratura (CSM) ha raccomandato di limitare l’uso dell’AI esclusivamente a strumenti di supporto, e mai come sostituto delle decisioni giuridiche. L’AI, infatti, non deve influenzare la valutazione delle prove né la formazione delle sentenze, poiché una decisione giudiziaria non può basarsi su dati non verificabili o su informazioni inventate.

Inoltre, il Disegno di Legge n. 1146/24 stabilisce che l’AI non può essere utilizzata come strumento per “automatizzare†le decisioni giuridiche o per influenzare le motivazioni delle sentenze.

Conclusioni: Responsabilità e trasparenza nell’uso dell’AI

L’intelligenza artificiale può essere un valido strumento nel campo giuridico, ma solo se usata con cautela, responsabilità e verifica. L’uso irresponsabile dell’AI in ambito giudiziario non solo può compromettere la qualità delle decisioni legali, ma espone anche a gravi conseguenze disciplinari. È essenziale che avvocati e magistrati siano formati sull’uso corretto di questi strumenti e che linee guida rigorose vengano seguite per evitare danni al sistema giuridico.

In Italia, l’Ordine degli Avvocati della Lombardia ha già tracciato una linea chiara: l’uso scorretto dell’AI sarà sanzionato, e ogni professionista dovrà rispondere delle proprie azioni. L’AI deve restare uno strumento di supporto, non un sostituto del giudizio umano.

Riepilogo in tabella

AspettoÈ consentito?È regolato dal DDL 1146/24?Note
Uso dell’AI da parte di avvocati per trovare sentenze✅ Sì❌ NoConsentito, ma non ancora disciplinato
Uso dell’AI da parte dei PM per analisi o redazioni✅ Sì❌ NoPrassi possibile, senza norme specifiche
Uso dell’AI nei tribunali (es. per attività amministrative)✅ Sì✅ Sì, art. 15Richiede approvazione del Ministero
Decisioni giudiziarie automatizzate❌ No✅ Vietato espressamenteIl giudice resta sempre responsabile
Formazione dei magistrati sull’AI✅ Sì✅ Sì, obbligatoriaPrevista dal Ministero
Formazione per avvocati/PM✅ Facoltativa❌ NoOfferta da Ordini o enti terzi

Caso 1: L’avvocato di New York che ha usato ChatGPT (2023)

  • Dove: Tribunale federale di Manhattan
  • Chi: L’avvocato Steven Schwartz dello studio Levidow, Levidow & Oberman
  • Cosa è successo: ha utilizzato ChatGPT per redigere una memoria difensiva e ha citato sei sentenze totalmente inventate, con tanto di nomi, numeri di protocollo, tribunali e giudici fasulli.
  • Come è stato scoperto: l’avvocato della controparte ha segnalato al giudice l’impossibilità di trovare le sentenze citate.
  • Conseguenze: il giudice ha definito la condotta “senza precedenti†e ha multato Schwartz e il suo studio legale per 5000 dollari, sottolineando la responsabilità professionale nell’uso dell’AI.

📎 Schwartz ha ammesso in udienza di non sapere che ChatGPT potesse “inventare†fonti. Quando ha chiesto al chatbot se le sentenze erano reali, questo ha mentito confermandone l’esistenza.

Caso 2: Canada – decisione disciplinare contro un avvocato (2023)

  • Dove: British Columbia
  • Chi: un avvocato non identificato nel provvedimento
  • Cosa è successo: ha presentato un documento con cinque sentenze inesistenti generate da un sistema AI.
  • Conseguenze: è stato deferito dal comitato disciplinare della Law Society of British Columbia, anche se non è stato sospeso. È stato ordinato di frequentare corsi obbligatori sull’etica legale e sull’uso dell’intelligenza artificiale.

Caso 3: Colombia – sentenza scritta con l’aiuto di ChatGPT (2023)

  • Chi: Il giudice Juan Manuel Padilla
  • Cosa ha fatto: ha ammesso pubblicamente di aver utilizzato ChatGPT per scrivere una parte della motivazione di una sentenza su un caso sanitario.
  • La polemica: ChatGPT aveva citato casi non verificabili. Il giudice ha difeso la sua scelta sostenendo che l’AI era solo un “assistente consultivo”.
  • Reazioni: nel paese si è aperto un ampio dibattito sull’uso etico e controllato dell’AI nel processo decisionale.

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Data articolo: Fri, 18 Apr 2025 11:12:32 +0000 di Paolo Anastasio
Meta
Meta vuole allenare la sua AI con i tuoi post: come bloccarla, c’è tempo fino a maggio

Dal 2025 i dati degli utenti europei diventano materia prima per l’intelligenza artificiale di Meta

A partire dalla fine di maggio 2025, Meta inizierà a usare i dati degli utenti europei adulti di Facebook e Instagram per addestrare i propri modelli di intelligenza artificiale, come il chatbot Meta AI o i modelli linguistici LLaMA. Si tratta di un cambiamento radicale: fino ad oggi, i contenuti europei non erano stati coinvolti in questo processo.

Un progetto già annunciato e poi sospeso

Meta aveva già reso noto nel 2023 la volontà di utilizzare post pubblici, commenti e foto per l’addestramento dell’AI. Tuttavia, l’intervento dell’Autorità irlandese per la protezione dei dati (IDPC) aveva posto dei limiti, imponendo maggiori garanzie in termini di trasparenza e base legale. Il progetto era stato sospeso, ma ora riprende con nuove modalità e una possibilità di opposizione semplificata per gli utenti.

Come funziona e quali dati saranno utilizzati

Meta intende usare tutti i contenuti pubblici passati e futuri, compresi foto, post, commenti, resi visibili dagli utenti sul proprio profilo. Non si tratta solo di nuovi contenuti: anche il materiale già pubblicato potrà essere utilizzato per l’addestramento dell’AI.

Chi non si oppone in tempo, acconsente implicitamente all’uso dei propri dati. Va sottolineato che, una volta incorporati nei modelli, i dati non possono più essere rimossi.

Come opporsi: link e tempistiche

Gli utenti che non desiderano che i propri contenuti siano utilizzati da Meta per l’addestramento dell’intelligenza artificiale devono inviare un’opposizione esplicita. Meta invierà notifiche in-app, ma è già possibile opporsi tramite i seguenti link ufficiali:

L’opposizione deve essere inviata entro fine maggio 2025. Dopo questa data, pur potendo ancora opporsi, non sarà più possibile rimuovere retroattivamente i dati già utilizzati per l’addestramento.

Le parole del garante tedesco

Thomas Fuchs, Garante per la protezione dei dati di Amburgo, ha commentato:

“Capisco le preoccupazioni degli utenti: tutti i contenuti che condividiamo sui social potrebbero finire nei modelli AI. L’unico modo per tutelarsi è opporsi subito. Se bisogna farlo, allora è il momentoâ€.

FAQ sull’addestramento AI di Meta con dati personali

DomandaRisposta
Quali dati verranno usati?Post, commenti, foto e altri contenuti pubblici su Facebook e Instagram.
A cosa serviranno?All’addestramento di chatbot (es. Meta AI), modelli linguistici (es. LLaMA) e altri servizi.
Come posso impedire l’uso dei miei dati?Inviando un modulo di opposizione tramite Facebook o Instagram.
Dove trovo i moduli per oppormi?Facebook / Instagram
Devo motivare la mia opposizione?No, non è necessario indicare un motivo.
L’opposizione è sempre valida?Sì, se inviata entro maggio 2025. Dopo, vale solo per i dati futuri.
Esiste una scadenza?Sì, fine maggio 2025 per evitare che i dati vengano già usati.
Ho più account: devo oppormi per ciascuno?Sì, l’opposizione va fatta per ogni piattaforma.
Mi ero già opposto in passato: è ancora valido?No, bisogna rinnovare l’opposizione con il nuovo sistema.
Posso impedire l’uso di foto in cui compaio su altri account?No, non se il contenuto è stato pubblicato da altri utenti.
Chi non ha un account può opporsi?Sì, ma solo se i propri dati appaiono nei contenuti pubblicati da altri.
Posso usare Meta AI anche se mi sono opposto?Sì, ma i tuoi dati non verranno utilizzati per addestrare il modello.

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Data articolo: Fri, 18 Apr 2025 10:10:15 +0000 di Paolo Anastasio
Internet
Dazi, la minaccia di von der Leyen di tassare le Big Tech è una bufala?

Ci sono diversi ostacoli per mettere in atto le minacce che la presidente della Commissione Ue Ursula von der Leyen ha avanzato nei confronti delle Big Tech. Sarà quindi difficile materializzare la cosiddetta web tax che la numero uno della Ue ha ventilato contro le grandi piattaforme Usa in risposta alla politica dei dazi di Trump. Lo scrive il sito specializzato Politico.eu, secondo cui la minaccia lanciata da von der Leyen di introdurre una nuova tassazione ad hoc sui ricavi pubblicitari dei servizi digitali se i negoziati sui dazi commerciali con Trump non andranno a buon fine è più uno spauracchio virtuale che una reale minaccia.

Pochi diplomatici avranno il coraggio di dirlo apertamente, me la mossa di von der Leyen di prendere di mira le Big tech è considerata una cattiva idea. Dietro le quinte, molte capitali Ue che ufficialmente si schierano con von der Leyen in realtà sono contrari.

Dietro la facciata, paesi come Germania e Irlanda stanno già mettendo i bastoni fra le ruote alle minacce di Bruxelles e altri potrebbero aggiungersi a breve.

Quel che preoccupa di più gli imprenditori è il rischio di un effetto boomerang per l’economia Ue.

Politico individua 5 motivi per cui le minacce di Bruxelles sono controproducenti.

1. Non ci sono reali alternative

La tesi è che le aziende europee continueranno comunque a usare Facebook e Google per la loro pubblicità online perché non ci sono strade alternative basate in Europa.

“Se si considerano i data center, il cloud, i data center basati sull’intelligenza artificiale, purtroppo non ci sono alternative sufficienti alle offerte dell’industria digitale americana”, ha dichiarato ai giornalisti la scorsa settimana il Ministro delle Finanze di Berlino, Jörg Kukies.

Questo significherebbe che un’azione dell’UE per colpire le aziende tecnologiche statunitensi non farebbe altro che ricadere direttamente sulle aziende e sugli acquirenti europei.

Queste irrituali dichiarazioni hanno irritato la Presidente della Banca Centrale Europea Christine Lagarde, che a porte chiuse se ne è lamentata con i ministri delle Finanze Ue. Ma in effetti, molti esperti concordano con la tesi di Kukies, secondo cui è difficile imporre tali misure senza danneggiare eccessivamente i consumatori o le aziende dell’UE.

2. Non c’è un modo facile e chiaro di implementare la web tax

Adottare una digital tax è un campo minato legale.

I tentativi di implementare un’imposta sui servizi digitali ad ampio raggio sui ricavi delle aziende sono sempre falliti, poiché modificare la politica fiscale richiede l’unanimità tra i 27 paesi dell’UE.

Per evitare questa tagliola, von der Leyen ha suggerito che i servizi digitali e, in particolare, i ricavi pubblicitari potrebbero essere presi di mira attraverso il cosiddetto bazooka commerciale – lo Strumento Anti-Coercizione – che finora non è mai stato utilizzato.

Lo strumento anti coercizione, tuttavia, non può essere utilizzato contro le aziende con una forte presenza in Europa. E la maggior parte delle aziende digitali rientra in questa categoria perché è registrata in paesi dell’UE come l’Irlanda (Apple, Microsoft, Google, Meta) o il Lussemburgo (Amazon).

Esiste un modo per aggirare questo problema. L’UE potrebbe prendere di mira i beni venduti online da venditori statunitensi ad acquirenti europei, ma ciò sembra poco pratico. Per farlo, bisognerà identificare chi sono i venditori statunitensi sulla piattaforma che [ad esempio] Amazon venderà ai consumatori dell’UE. E questo è molto più difficile, dicono gli esperti.

3. Il niet dell’Irlanda

L’Irlanda ha molto da perdere da qualsiasi imposta sulle aziende tecnologiche e ha già pubblicamente contestato tale misura. Dublino è pronta a resistere, considerando una nuova tassa sulle web company Usa come benzina sul fuoco. L’Irlanda è uno dei paesi più esposti alla guerra commerciale con gli Usa, visto che ospita la gran parte delle Big Tech americane senza citare le esportazioni di farmaci per un controvalore di 44 miliardi di euro verso gli usa nel 2024.

L’Irlanda ha una base imponibile estremamente concentrata per le società, che dipende in larga misura in particolare dalle multinazionali statunitensi.

Dieci aziende rappresentano il 60% del gettito fiscale irlandese derivante dalle società e circa il 30% del gettito fiscale totale proviene ora dal settore societario.

4. La promessa di un accordo fiscale globale

Negli ultimi giorni, gli Stati Uniti hanno segnalato all’Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico (OCSE) la loro intenzione di riaprire le discussioni su un accordo fiscale globale.

Washington non ha mai sottoscritto la parte dell’accordo volta a far pagare più tasse ai gruppi Big Tech e alle multinazionali nei paesi in cui hanno sede i loro clienti, il che significa che tale sezione dell’accordo non è ancora stata concordata.

La minaccia di von der Leyen di imporre nuove tasse sulla tecnologia, oltre a quelle già applicate dai singoli paesi dell’UE, potrebbe spingere Washington a cercare una soluzione globale.

In un’intervista al Financial Times, il Segretario generale dell’OCSE, Mathias Cormann, ha detto che gli Stati Uniti stanno attivamente partecipando alle discussioni.

5. Escalation senza de-escalation

La strategia di von der Leyen è rischiosa, e lei lo sa. Minacciare tasse contro le Big Tech ha lo scopo di portare Trump al tavolo delle trattative e incoraggiare un accordo commerciale.

Ma i critici temono che le cose possano andare diversamente. Le tasse digitali potrebbero provocare una controreazione da parte degli Stati Uniti, che potrebbe sfociare in una vera e propria guerra commerciale con l’Europa.

Ciò danneggerebbe la crescita in tutta l’Unione, e in particolare in paesi come Germania e Italia, che dipendono fortemente dalle esportazioni verso gli Stati Uniti.

La BCE stima che i dazi unilaterali statunitensi colpirebbero il tasso di crescita dell’eurozona di 0,3 punti percentuali nel primo anno e fino a 0,5 punti se l’UE reagisse con la stessa moneta. Von der Leyen lo sa bene, e questa settimana sembra aver attenuato la sua retorica.

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Data articolo: Fri, 18 Apr 2025 08:36:50 +0000 di Paolo Anastasio
Sos Energia
Decreto Bollette: 3 miliardi di euro per famiglie e imprese, ecco tutte le misure

La Camera ha approvato il testo definitivo del Decreto Bollette, che ora passa all’esame del Senato e che sarà convertito in legge entro il 29 aprile. Il provvedimento stanzia complessivamente 3 miliardi di euro, introduce diverse misure a sostegno delle famiglie e delle imprese e punta a contrastare gli effetti negativi del caro bollette.

Le nuove agevolazioni si vanno ad aggiungere al già esistente bonus sociale e daranno respiro alle famiglie alle prese con i rincari. Rimane sempre valida la possibilità di cambiare fornitore, approfittando delle migliori offerte luce e gas del momento. Con il comparatore di SOStariffe.it si può fare un raffronto approfondito ed efficace delle tariffe più convenienti dei fornitori partner.

Bonus per le famiglie e offerte luce e gas più trasparenti

La maggior parte dei 3 miliardi stanziati dal Decreto Bollette saranno destinati alle famiglie e in particolare alle fasce considerate più vulnerabili.

Il decreto introduce:

  • Un bonus bollette straordinario, destinato alle utenze dell’elettricità dei clienti domestici. L’agevolazione può essere sommata al bonus sociale e prevede un contributo una tantum in bolletta di 200 euro, per tutti i nuclei familiari che hanno un ISEE fino a 25.000 euro;
  • Un bonus elettrodomestici, riconosciuto sotto forma di sconto in fattura per gli acquisti che vanno a sostituire vecchi modelli (da rottamare) con elettrodomestici nuovi. Il bonus è pari al 30% del costo d’acquisto, fino alla soglia di 100 euro. Chi ha un ISEE fino a 25.000 euro può ottenere il raddoppio del bonus, fino a 200 euro; non sono previsti vincoli sulla classe energetica dell’elettrodomestico, che dovrà essere comunque più efficiente di quello rottamato; gli elettrodomestici incentivabili dovranno essere stati prodotti in Ue
  • La proroga di due anni del regime del Servizio a Tutele Graduali per i clienti vulnerabili. Chi rientra in questa categoria potrà decidere di continuare a essere servito nel regime transitorio fino a fine marzo 2027;
  • Nuove regole per aumentare la chiarezza e la confrontabilità delle offerte luce e gas. Il decreto richiede l’adozione di un documento tipo che favorisca la trasparenza e renda più comprensibili agli utenti finali le offerte disponibili sul mercato libero;
  • La figura del consulente per la gestione delle utenze. Questo professionista avrà il compito di aiutare le famiglie nella scelta delle migliori offerte luce e gas;
  • L’impignorabilità dell’abitazione per le persone vulnerabili con debiti fino a 5.000 euro relativi a bollette condominiali.

Il decreto stabilisce anche che l’extragettito IVA dovuto all’incremento delle tariffe luce e gas venga destinato in automatico a finanziare un fondo a sostegno delle famiglie e microimprese vulnerabili. Una volta ottenuta l’approvazione da parte delle commissioni parlamentari competenti, al fondo saranno destinati i maggiori incassi IVA dovuti all’incremento dei prezzi di luce e gas superiori del 20% rispetto alle soglie previste nel documento di programmazione economica.

Le misure del Decreto Bollette a sostegno delle imprese

Il caro bollette non ha colpito solo le famiglie, ma anche le imprese e in modo particolare le PMI e le aziende che operano in settori cosiddetti energivori. È in modo speciale a queste categorie di imprese che sono indirizzate le misure di sostegno contenute nel Decreto Bollette.

Tra i principali interventi a sostegno delle imprese ci sono:

  • Aiuti economici, da destinare al pagamento delle bollette. Il decreto stanzia 600 milioni di euro a favore delle PMI e ulteriori 600 milioni per le imprese energivore, anticipando le risorse ottenute tramite le aste ETS;
  • Contributi a fondo perduto per ridurre i costi delle bollette per le piscine. Per il 2025 sono stati stanziati 10 milioni di euro;
  • L’esclusione dalla tassazione sui fringe benefit per le auto aziendali a uso promiscuo prenotate entro fine 2024 e consegnate entro il 30 giugno 2025.

Come risparmiare sulle bollette luce e gas

Le misure introdotte dal Decreto Bollette non hanno carattere strutturale, ma puntano a contrastare i rincari degli ultimi mesi con bonus una tantum e con interventi di breve durata. Per risparmiare sulle bollette in maniera ancora più efficace è importante scegliere offerte luce e gas convenienti.

Mettendo a confronto le tariffe disponibili sul mercato libero si possono conoscere le soluzioni che garantiscono il maggior risparmio. Per velocizzare la ricerca si può fare affidamento sul comparatore di SOStariffe.it, che prende in esame le offerte di più fornitori partner e permette di concentrarsi sulle sole offerte luce, su quelle gas o sulle opzioni dual fuel.

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Data articolo: Fri, 18 Apr 2025 07:15:00 +0000 di Luana Galanti SosTariffe.it
IEA
L’AI ha fame di energia e sete di acqua, ma le alternative ci sono

Alla fine anche l’Agenzia internazionale per l’energia (Iea) si è espressa sul tema del momento, l’intelligenza artificiale. Secondo il Rapporto “Energy and AIâ€, entro la fine di questo decennio la corsa globale alla tecnologia richiederà un consumo energetico pari a quello del Giappone. E solo la metà potrà venire da fonti rinnovabili.

I numeri dello Iea dicono che entro il 2030 il consumo di elettricità potrebbe “più che raddoppiareâ€. Negli Stati Uniti, ad esempio, il settore dell’elaborazione dati consumerà più elettricità di: acciaio, cemento, prodotti chimici e altri beni ad alto consumo energetico messi insieme.

Le aziende andranno quindi a caccia di energia in pronta consegna, che potrebbe venire dalle centrali a gas, ormai prossime alla chiusura in molti Paesi sviluppati, o anche da quelle a carbone, che potrebbero vivere una seconda giovinezza, specialmente in America sotto l’amministrazione Trump.

L’Iea sottolinea però che i timori che la rapida adozione dell’intelligenza artificiale possa gravare sulla crisi climatica sono “esageratiâ€. L’AI potrebbe apportare delle migliorie e ridurre le emissioni di gas serra complessive, semplificando la progettazione di reti elettriche per assorbire più energia rinnovabile, individuando inefficienze nei sistemi energetici e nei processi industriali, inventandosi nuove tecnologie, pianificando il trasporto pubblico in maniera ottimale. 

Solo che le probabilità che queste azioni controbilancino i consumi energetici da capogiro non sono così scontate. È il motivo per cui il Guardian, commentando il rapporto Iea, ha detto che l’Agenzia ci è andata stavolta un po’ troppo leggera con la sua analisi. Più lapidario è stato Claude Turmes, ex eurodeputato dei Verdi e ministro dell’energia del Lussemburgo, che ha accusato l’Iea di aver dipinto un quadro troppo roseo: “Invece di fornire raccomandazioni pratiche ai governi su come regolamentare e quindi minimizzare l’enorme impatto negativo dell’intelligenza artificiale e dei nuovi mega data center sul sistema energetico, l’Iea e il suo [capo] Fatih Birol stanno facendo un gradito regalo alla nuova amministrazione Trump e alle aziende tecnologiche che hanno sponsorizzato questo nuovo governo statunitenseâ€.

Quindi, come stanno veramente le cose?

A secco

I data center sono posti enormi e molto caldi, pieni di server in funzione h24. Per tenerli freschi e far funzionare le macchine al meglio c’è bisogno di mantenerle alla giusta temperatura, tramite acqua fredda (tantissima acqua), vaporizzazione, condizionatori. Il Washington Post, in collaborazione con l’Università della California di Riverside, ha calcolato che per ogni testo di cento parole scritto da ChatGPT si consuma in media una bottiglietta d’acqua (e quanto si parla di immagini, come è accaduto per la Ghibli Mania, il costo sale). Perché? “Ogni richiesta su ChatGPT passa attraverso un server che esegue migliaia di calcoli per determinare le parole migliori da usare nella rispostaâ€, si legge sul quotidiano. Quindi maggiore è l’impegno dell’AI maggiore è il calore, e maggiore sarà la quantità di acqua necessaria per raffreddare le apparecchiature. Nelle aree in cui non ci sono risorse idriche a portata di mano, i data center optano per dei simil-condizionatori, che raffreddano le strutture al costo di un bel po’ di energia elettrica.  

Il dispendio energetico dipende anche da dove si trova il data center. Sempre secondo i calcoli del WP, se un abitante del Texas chiede di generare un testo di cento parole a ChatGPT e il data center che risponde si trova in Texas, questo consuma 235 millilitri di acqua (una mezza bottiglietta). Se la stessa richiesta la fa un cittadino di Washington, e il data center si trova comunque in Texas, il costo d’acqua schizza a 1408 millilitri (circa una bottiglia da un litro e mezzo). Questo per ogni testo di cento parole. Se ve lo steste chiedendo, una ricerca su Google consuma più o meno mezzo millilitro d’acqua.

Se poi i data center vengono costruiti in zone a rischio siccità, le probabilità di fare danni irreversibili sono molto alte. Secondo l’inchiesta dell’organizzazione investigativa no-profit SourceMaterial e del Guardian, Amazon, Microsoft e Google gestiscono data center in alcune delle zone più aride del mondo, e hanno in progetto di costruirne molti altri: l’analisi di SourceMaterial ha identificato 38 centri attivi di proprietà delle tre big tech nelle zone afflitte da scarsità d’acqua, e 24 in fase di sviluppo.

Perché scegliere zone aride, se sarà più costoso raffreddare i server e più dannoso per le comunità locali? Le aree dell’entroterra, a bassa umidità, riducono il rischio di corrosione dei metalli, ha spiegato al Guardian Lorena Jaume-Palasí, fondatrice di The Ethical Tech Society, organizzazione no-profit che studia gli effetti sulla società dei processi di automazione e digitalizzazione.

Nel 2023, Microsoft ha ammesso che il 42% della sua acqua proveniva da “aree con stress idricoâ€, mentre Google ha autodichiarato il 15%. Amazon (che tra le tre è quella che detiene più data center) non ha fornito dati. I piani delle big tech sono di aumentare del 78% il numero di centri in giro per il mondo: a oggi, se teniamo conto anche delle strutture costruite in zone non sottoposte a stress idrico, sono 632 i centri attivi o in fase di sviluppo di proprietà dei tre colossi tech.

Per parlare di un caso a noi abbastanza vicino, Amazon ha dichiarato recentemente di voler costruire tre nuovi data center nella regione di Aragona (che ne ospita già altri), nel nord della Spagna. Questi centri saranno autorizzati a usare circa 755.720 metri cubi di acqua all’anno, sufficienti per irrigare 233 ettari di terreno (circa 340 campi da calcio). Nella pratica, però, il consumo di acqua sarà più elevato, perché la cifra non tiene conto delle risorse idriche utilizzate per generare l’energia che servirà agli impianti.

Si prevede che i nuovi data center spagnoli consumeranno più elettricità di quanto ne usi attualmente l’intera regione. E Amazon ha chiesto al governo regionale l’autorizzazione ad aumentare del 48% il consumo di acqua per gli altri centri già in funzione nell’area. Alle proteste di una parte della cittadinanza, la multinazionale di Bezos ha risposto che “il cambiamento climatico porterà a un aumento delle temperature globali e alla frequenza di eventi meteorologici estremi, comprese le ondate di caloreâ€, e quindi i server avranno bisogno di più acqua per raffreddarsi. Il fatto che il cambiamento climatico sia causato proprio da scelte di questo tipo sembra non sfiorare le alte sfere di Amazon.

Aggiungiamo al quadro che il 75% della Spagna è a rischio desertificazione, e la combinazione di crisi climatica più espansione dei data center sta “portando la Spagna sull’orlo del collasso ecologicoâ€, ha detto Jaume-Palasí. Amazon ha assicurato la popolazione locale che utilizzerà l’intelligenza artificiale per aiutare gli agricoltori aragonesi a consumare acqua in modo più efficiente. Il che, detto in altri termini, vuol dire: ti aiuto a rimediare al problema che ti ho creato.

Microsoft e Google non sono da meno. Stanno costruendo data center un po’ ovunque, e allo stesso tempo puntano a diventare “water positive†entro il 2030 (come anche Amazon). Le politiche “water positive†si ispirano a quelle applicate per le emissioni di anidride carbonica, e che vanno sotto il nome di “carbon neutralâ€, ovvero: se emetto un quantitativo di CO2 in un Paese, posso “compensare†piantando alberi in un altro. Per le risorse idriche si tratterebbe di fornire acqua in alcune zone del mondo per bilanciare i danni causati in altre. Ma la compensazione idrica non funziona come quella delle emissioni. Migliorare l’accesso all’acqua in una zona non aiuta in alcun modo la comunità che ne ha perso l’accesso in un’altra. “Il carbonio è un problema globale, l’acqua è più localizzatoâ€, ha spiegato Aaron Wemhoff, specialista in efficienza energetica della Villanova University in Pennsylvania.  

Negli Stati Uniti, Google ha sette data center attivi nelle zone a rischio. La contea di Maricopa, in Arizona, ospita sia centri di Google che di Microsoft, e nonostante la National oceanic and atmospheric administration abbia avvertito che l’area è a rischio “siccità estrema†(a giugno 2023 i funzionari statali hanno dovuto revocare i permessi di costruzione di alcune abitazioni per la mancanza di falde acquifere), Google sta per aprire un secondo data center, mentre il primo già beve 5,5 milioni di metri cubi di acqua all’anno, la stessa quantità consumata da 23mila cittadini dell’Arizona.

Per finire: a gennaio Trump ha dato il via allo “Stargate Projectâ€, che ha definito “il più grande progetto infrastrutturale di intelligenza artificiale della storiaâ€. Si parla di 500 miliardi di dollari per la costruzione di nuovi data center, e non solo.

Soluzioni?

Il giorno prima dell’annuncio dello Stargate Project, DeepSeek lanciava il proprio modello di intelligenza artificiale, che oltre a essere costato di meno richiede meno potenza di calcolo, e quindi meno acqua. Del resto, anche la Cina ha lo stesso problema del resto del mondo: secondo l’organizzazione non profit China Water Risk, il Paese potrebbe presto utilizzare circa 1298 miliardi di litri d’acqua per i suoi data center (l’equivalente del consumo idrico residenziale di 26 milioni di persone), ed entro il 2030 questo numero potrebbe raddoppiare, raggiungendo il fabbisogno idrico dell’intera Corea del Sud.  

Più di recente, Bloomberg ha annunciato che Microsoft sta ritirando alcuni progetti per nuovi data center, e ha pubblicato dei piani per un centro “a zero consumi idriciâ€. Google ha assicurato che utilizzerà forme più efficienti di raffreddamento, risparmiando acqua (anche se non è ancora chiaro in che modo).

Qualche spiraglio quindi c’è, anche se bisogna capire di quale spiraglio si tratti. Microsoft sta facendo pressione per riaprire la centrale nucleare di Three Mile Island in Pennsylvania (quella del peggior incidente nucleare nella storia Usa) in modo da soddisfare l’enorme richiesta di energia della sua AI. Mentre Sam Altman, Ceo di OpenAI, punta tutto sulla fusione nucleare, l’“energia delle stelle†che l’azienda Helion Energy promette di rendere disponibile dal 2028 (molto difficile).

Anche la geotermia Ã¨ una risorsa a cui le big tech stanno guardando con interesse: Meta e Google stanno collaborando con le imprese geotermiche per alimentare le loro infrastrutture energetiche con una fonte sostenibile e stabile. Anche se gli alti costi iniziali per le trivellazioni e i permessi per la costruzione di nuove centrali potrebbero rappresentare un forte ostacolo.

Sulle altre fonti rinnovabili, come solare ed eolico, c’è chi è particolarmente ottimista: secondo un report della società di consulenza Business critical solutions (Bcs), entro il 2033 il 90% dell’energia utilizzata dai data center sarà rinnovabile. Le energie pulite potrebbero contribuire anche ad arginare il problema dell’utilizzo di acqua. Dato che pannelli solari e turbine eoliche possono funzionare nei luoghi più disparati, i centri per l’elaborazione dati potrebbero sorgere dove le soluzioni di raffreddamento sono più ecologiche (in montagna si potrebbe utilizzare l’aria esterna, per esempio).

L’AI stessa può contribuire a ridurre il consumo energetico dei data center: ottimizzando i carichi di lavoro, gestendo i sistemi di raffreddamento in tempo reale, prevedendo i guasti e migliorando l’efficienza operativa, sfruttando momenti di abbondanza di energia pulita per eseguire le operazioni ad alto consumo energetico (come l’elaborazione di big data o l’addestramento di modelli di AI) e riservando le altre operazioni per i periodi di magra.

Inoltre, c’è l’opzione di costruire data center sott’acqua. Microsoft ha fatto alcuni esperimenti negli anni per vagliare questa opzione (il Project Natick, al largo della costa pacifica degli Usa e poi nelle isole Orcadi in Scozia), mettendoli in stand-by a causa di problemi logistici, mentre la Cina sta puntando forte su questa strada, e ha costruito l’Hainan Undersea Data Center, nell’isola di Hainan, al largo della costa di Sanya. I vantaggi degli Underwater data center sono svariati: non si occupa spazio sulla terraferma; i server, se posti in un ambiente protetto e sottovuoto, non sono soggetti alla corrosione o ad altri agenti esterni; il calore dei data center sarebbe automaticamente raffreddato dalla temperatura dei fondali marini; i centri si troverebbero vicino alle coste, dove vive (nel raggio di cento chilometri) circa il 40% della popolazione mondiale, rendendo le connessioni più semplici e immediate. Tra gli aspetti negativi c’è il danno ambientale doppio: la deturpazione dei fondali e il riscaldamento degli oceani. Oltre alle difficoltà logistiche, che non sono state ancora completamente superate. 

Per il momento quindi l’AI prende più di quanto dà. Pensare che in futuro il rapporto si ribalterà sicuramente vuol dire muoversi ancora una volta nel solco di un tecnottimismo dalle tinte un po’ troppo rosee – internet prima e i social poi ci hanno insegnato qualcosina a riguardo. Essere consapevoli dei rischi e rimboccarsi le maniche è tutta un’altra storia.

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Data articolo: Fri, 18 Apr 2025 07:28:35 +0000 di Alleanza Italiana per lo Sviluppo Sostenibile ASviS
SpaceX
1.000 satelliti per la difesa (e armati), prende vita lo scudo spaziale di Trump. SpaceX in prima fila

SpaceX, Anduril e Palantir per una costellazione di satelliti difensivi

A distanza di oltre tre mesi dall’annuncio del Presidente Donald Trump, il “Golden Domeâ€, lo scudo spaziale per la difesa missilistica degli Stati Uniti continentali, sembra prendere lentamente vita.

Secondo quanto riportato dalla Reuters, sono tre al momento le aziende che si sono fatte avanti per la gara: SpaceX dell’onnipresente Elon Musk e le startup Anduril (sistemi autonomi e di intelligenza artificiale per le Forze amernate) e Palantir (software company).

Secondo l’agenzia di stampa, sono sei le persone a conoscenza dell’argomento che hanno confermato la notizia. A guida questo primo gruppo di imprese ci sarebbe SpaceX, già nota per la costellazione Starlink, che si sarebbe offerta di costruire alcune “parti fondamentali†del Golden Dome.

Centinaia di satelliti, anche armati

Negli ultimi giorni, le tre aziende avrebbero incontrato alti funzionari dell’amministrazione Trump e del Pentagono per presentare un primo piano operativo che prevede, sempre stando a quanto riportato dalla Reuters, una costellazione composta tra 400 e 1.000 satelliti per la difesa degli Stati Uniti che andrebbero ad orbitare attorno alla Terra per rilevare in tempo reale qualsiasi minaccia missilistica, tracciandone origine, traiettoria e velocità.

Una seconda flotta di circa 200 satelliti, invece, sarebbe preposta all’attacco, grazie ad armamenti missilistici e laser, con il fine di abbattere tutte le eventuali minacce individuate e tracciate dalla prima costellazione.

Per quel che riguarda i satelliti armati, non sembra sia prevista la partecipazione di SpaceX. Il problema, comunque, è che quando si affronta il tema costellazioni satellitari è sempre della stessa azienda che si parla, il che solleva preoccupazioni sul fatto che questo progetto rappresenti un ulteriore modo per Musk di trarre evidenti vantaggi nell’accesso alle risorse pubbliche previste dai programmi federali.

Il Golden Dome

Secondo quanto previsto nell’ordine esecutivo firmato da Trump lo scorso 27 gennaio, entro 60 giorni il segretario alla Difesa degli Stati Uniti, Pete Hegseth, avrebbe dovuto presentare al Presidente una bozza di architettura di base, un piano di attuazione e delle soluzioni avanzate ed efficaci per la difesa del Paese da missili balistici, ipersonici, da crociera e di nuova generazione, nonché da attacchi aerei.

Secondo le fonti raggiunte dalla Reuters, il processo decisionale per “il Golden Dome di Trump è comunque ancora nelle sue fasi inizialiâ€, precisando che “la sua struttura definitiva e chi verrà selezionato per lavorarci potrebbero cambiare radicalmente nei prossimi mesiâ€.

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Data articolo: Fri, 18 Apr 2025 06:50:00 +0000 di Flavio Fabbri
Earth Day
Earth Day “nero†per le OGN ambientaliste finite nel mirino di Trump

La Casa Bianca starebbe preparando una serie di ordini esecutivi volti a revocare lo status di esenzione fiscale a diverse organizzazioni ambientaliste no-profit. La mossa, che potrebbe essere annunciata in coincidenza con l’Earth Day, si inserisce in una strategia più ampia dell’amministrazione Trump per contrastare quelle realtà percepite come ostacoli alla sua agenda energetica, improntata sul rilancio delle fonti fossili, petrolio, gas e carbone, a scapito delle energie rinnovabili.

A rivelarlo sono fonti vicine all’amministrazione, secondo cui il presidente Donald Trump e il suo entourage stanno valutando misure che potrebbero colpire duramente il mondo dell’attivismo ambientale. In particolare, le disposizioni potrebbero prendere di mira non solo i gruppi ecologisti statunitensi, ma anche fondazioni internazionali che ricevono finanziamenti da Paesi stranieri o operano nel campo della sensibilizzazione ambientale.

Un’arma politica contro il dissenso ambientale

La possibilità di revocare lo status di non profit alle organizzazioni ambientaliste è solo l’ultima di una serie di azioni che hanno visto l’amministrazione cercare di delegittimare voci critiche. Trump stesso ha recentemente lanciato accuse contro gruppi come Citizens for Responsibility and Ethics in Washington (CREW), definendoli “pseudo-charity†interessate solo a danneggiare la sua figura politica.

Ma a essere nel mirino ci sono anche altri nomi storici del mondo ambientalista come Code Pink, League of Conservation Voters e Natural Resources Defense Council, citati in udienze congressuali come potenziali destinatari di indagini o limitazioni fiscali.

Le implicazioni legali e il ruolo dell’IRS

Qualsiasi tentativo di modificare lo status fiscale delle organizzazioni no-profit passa attraverso l’Internal Revenue Service (IRS), l’agenzia federale preposta all’amministrazione delle imposte. L’IRS, tuttavia, è tenuto per legge ad agire in maniera imparziale, indipendentemente da pressioni politiche. Le regole sono chiare: un’organizzazione può perdere l’esenzione fiscale solo se coinvolta in attività elettorali, lobbying eccessivo, o se viene meno agli obblighi di trasparenza finanziaria.

Gli esperti legali si aspettano ricorsi immediati qualora l’amministrazione procedesse con provvedimenti generalizzati. “Un ordine esecutivo che prende di mira selettivamente le organizzazioni ambientaliste sarebbe difficile da difendere in tribunale,†ha dichiarato a Bloomberg un costituzionalista dell’Università di Georgetown. “Il rischio è di violare i principi fondamentali di imparzialità e libertà di associazione.â€

Un duro colpo alla lotta contro il cambiamento climatico

Dietro le motivazioni ufficiali, trasparenza, controllo sui finanziamenti, rispetto della normativa fiscale, si cela, secondo molti osservatori, una volontà politica chiara: silenziare o indebolire chi si oppone al ritorno delle fonti fossili come pilastro energetico nazionale.

Negli ultimi decenni, proprio le ONG ambientaliste hanno avuto un ruolo cruciale nel promuovere politiche contro le emissioni di CO₂, la diffusione delle energie rinnovabili e la tutela degli ecosistemi. Le conseguenze di una revoca generalizzata dello status fiscale potrebbero dunque minare la capacità di questi attori di operare, ricevere donazioni, influenzare le agende istituzionali e coinvolgere cittadini e comunità.

Earth Day sotto attacco?

Secondo le indiscrezioni, l’annuncio dell’ordine esecutivo potrebbe arrivare martedì 22 aprile, in occasione della Giornata della Terra, una ricorrenza simbolica, che renderebbe ancora più chiara la contrapposizione tra l’amministrazione e il mondo ambientalista. Tuttavia, i dettagli dell’operazione sarebbero ancora oggetto di confronto interno, e non si esclude un ripensamento.
Quel che è certo è che si apre un nuovo fronte di tensione tra Casa Bianca e società civile, in un momento in cui la crisi climatica e la necessità di accelerare la transizione ecologica richiederebbero tutt’altro tipo di impegno da parte delle istituzioni.

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Data articolo: Fri, 18 Apr 2025 13:10:49 +0000 di Valentina Barretta
Cloud
Il cloud non è più dove pensi. Il 2025 segna l’inversione di rotta

Il 2025 potrebbe essere ricordato come l’anno in cui molte aziende hanno cominciato a tornare indietro rispetto al cloud pubblico. Non per sfiducia nella tecnologia, ma per un’esigenza crescente di controllo, costi prevedibili e sistemi più integrati.

Secondo il Parallels Cloud Survey 2025, l’86% dei responsabili IT sta valutando (o ha già deciso) di spostare carichi di lavoro fuori dal cloud pubblico. Di questi, un 45% guarda al ritorno a soluzioni interne, mentre un altro 27% punta su una combinazione tra locale e remoto. In pratica, quasi tre aziende su quattro stanno ripensando da capo la propria infrastruttura digitale.

È un cambio di rotta netto: dal “tutto sulla nuvola†alla scelta mirata, dove non decide più l’entusiasmo per la virtualizzazione totale, ma considerazioni molto più concrete. Le motivazioni? Prestazioni altalenanti, spese difficili da prevedere, poca trasparenza nella gestione. Anche chi resta nel cloud preferisce spesso distribuire i servizi tra più fornitori, per evitare dipendenze e aumentare l’affidabilità. Solo il 2% dichiara di mantenere tutto sui propri server, ma il dato chiave è che la corsa cieca verso il cloud si è ufficialmente fermata.

Lavoro da remoto? Sì, ma la sicurezza vacilla

Altro che ritorno in ufficio: l’84% delle aziende continua a permettere il lavoro da remoto, almeno nei ruoli compatibili. E non si tratta solo di flessibilità per i dipendenti. È un asset strategico che spinge le imprese ad adottare strumenti per l’accesso sicuro a desktop e applicazioni a distanza, come le scrivanie virtuali o le soluzioni di accesso remoto. Ma questa scelta ha un prezzo: più dispositivi da controllare, più reti da sorvegliare, più punti di attacco per i criminali informatici.

Il report mette nero su bianco le nuove priorità dell’IT: la gestione degli accessi per chi lavora da remoto è il problema più citato, seguita dalla complessità crescente nella protezione dei dispositivi e dalla necessità urgente di formare il personale. Aumentano anche i casi di ransomware e phishing, perché i malintenzionati si adattano velocemente ai nuovi contesti. E non è solo questione di tecnologia: serve una cultura della sicurezza che coinvolga tutti, perché sapere riconoscere una mail sospetta, aggiornare regolarmente i propri strumenti, proteggere l’ambiente in cui si lavora sono tutti piccoli gesti, ma che fanno la differenza.

Chi gestisce le reti aziendali lo sa bene: garantire l’operatività da remoto è diventato imprescindibile, ma farlo in sicurezza richiede regole chiare, strumenti adeguati e personale formato. Nessuna scorciatoia, solo buon senso e investimenti mirati.

Soluzioni virtuali, problemi concreti: cambiare fornitore è la nuova normalità

Più della metà delle aziende intervistate – il 58% – sta cercando un nuovo sistema per gestire desktop e applicazioni da remoto. Il motivo? Le soluzioni attuali, come i desktop virtuali o i servizi di accesso remoto, si stanno rivelando spesso troppo costose, poco integrate o inadatte alle esigenze reali. I problemi principali segnalati dai responsabili IT sono la necessità di troppe risorse per il funzionamento, la scarsa centralizzazione dei controlli, ma anche una complessità tecnica eccessiva che frena l’efficienza operativa.

Cambiare piattaforma, però, non è mai una passeggiata. Serve tempo, serve un’analisi comparativa approfondita e, soprattutto, serve capire quale soluzione offre il miglior rapporto tra costi, performance e supporto. Per questo, anche nel mondo delle infrastrutture virtuali, sta crescendo l’uso di strumenti nati per confrontare offerte in modo rapido e trasparente. Se in ambito energia o connessioni internet un comparatore come SOSTariffe.it può aiutare a scegliere con criterio, lo stesso approccio può valere per chi vuole valutare i costi dei servizi gestiti o delle soluzioni cloud: mettere a confronto tariffe, funzioni incluse, vincoli contrattuali e assistenza diventa fondamentale, soprattutto in un mercato in piena trasformazione.

Il punto non è solo cambiare fornitore, ma farlo con consapevolezza, senza restare ostaggi di sistemi obsoleti o tariffe fuori scala, perché la virtualizzazione non dovrebbe mai tradursi in una trappola.

Più budget per la sicurezza, ma senza cultura resta tutto fragile

L’allarme è chiaro: 88% delle aziende aumenteranno il budget per la sicurezza informatica nel 2025, e quasi una su due lo farà in modo significativo. Il problema è che non basta comprare software per sentirsi al sicuro. Gli attacchi informatici diventano sempre più sofisticati, e mentre il 39% degli intervistati teme soprattutto ransomware e malware, un altro 37% indica come principale preoccupazione le falle nei servizi cloud. Il dato più inquietante, però, è che il 42% ha già subito una violazione nell’ultimo anno.

Certo, la difesa di base è quasi ovunque: oltre il 91% usa firewall, il 70% ha antivirus, il 66% ricorre a VPN. Ma poi si scopre che solo l’11% delle aziende forma attivamente i dipendenti sui rischi digitali. Eppure, secondo il report, l’errore umano è al terzo posto tra le cause di incidente, con password deboli e disattenzioni che aprono la porta a intrusioni evitabili. Peggio: solo il 6% usa tecniche come l’isolamento del browser per proteggere l’accesso alle applicazioni online, una misura ormai fondamentale quando si usano decine di strumenti SaaS al giorno.

Le tecnologie servono, eccome. Ma senza una cultura diffusa della sicurezza – fatta di formazione, buone pratiche, strumenti semplici da usare ma ben configurati – il rischio è costruire castelli con le finestre spalancate. E oggi nessuna azienda può più permettersi di ignorarlo.

Tra frammentazione e consapevolezza: il cloud nel 2025 cerca equilibrio

Per concludere, il cloud non è più una scelta binaria. Lo confermano i dati: solo il 14% delle aziende intervistate intende mantenere tutti i carichi nel cloud pubblico. Tutte le altre stanno cercando un modello più flessibile, fatto di combinazioni tra servizi remoti, infrastrutture locali, app in cloud e software installati. Anche tra chi ha già abbracciato il cloud da tempo, cresce la tendenza a riprendere in mano il controllo: multi-cloud, hybrid cloud, on-premise selettivo. Un patchwork di soluzioni che rispecchia le esigenze – sempre più frammentate – delle imprese moderne.

Dietro questa complessità, però, c’è una maturazione evidente. Le aziende non vogliono più rincorrere mode o slogan. Vogliono risposte chiare, soluzioni trasparenti, integrazione reale con i sistemi che già usano. E, soprattutto, vogliono infrastrutture che reggano nel tempo, non solo dal punto di vista tecnico, ma anche economico, normativo, operativo. Il 2025 segna, in fondo, la fine del cloud come parola magica. E l’inizio di una fase in cui ogni scelta deve avere senso, per davvero.

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Data articolo: Fri, 18 Apr 2025 07:30:00 +0000 di Edoardo Stigliani SosTariffe.it
Internet
Super AI, come si crea un’azienda da 8 trilioni di dollari di valore? Scoprilo con il progetto interattivo AI 2027

Il futuro delle super AI

Tutti sappiamo che l’intelligenza artificiale (AI), da qui in poi, trasformerà le nostre vite in maniera radicale. Lo farà attraverso quegli stessi dispositivi elettronici sempre connessi in rete, come smartphone, tablet e smartwatch (solo per citare i più popolari, ma potremmo aggiungere tutte le tecnologie ‘indossabili’ e perfino le nostre automobili) e le piattaforme social, che da tempo hanno ridefinito la nostra quotidianità.

Ma come si evolverà l’AI nei prossimi anni? In che modo si arriverà alla tanto attesa intelligenza artificiale forte o generale (AGI), cioè a quella ‘macchina’ in grado di comprendere o apprendere qualsiasi compito intellettuale come farebbe un essere umano?

Per rispondere a queste domande è nato “AI 2027â€, una specie di racconto del nostro futuro prossimo, basato su degli scenari ragionati dal team di esperti di AI Futures Project, di cui fanno parte Daniel Kokotajlo, Eli Lifland, Thomas Larsen e Romeo Dean, coadiuvati nella parte tecnica da Oliver Habryka, Rafe Kennedy e Raymond Arnold di Lightcone Infrastructure.

OpenAI ha recentemente pubblicato uno documento in cui immagina gli sviluppi prossimi ‘ravvicinati’ dell’AI superumana. Ma non solo OpenAI, anche Google DeepMind e Anthropic hanno previsto che l’AGI arriverà tra noi entro fine decennio, quindi solo cinque anni.

Basato su estrapolazioni di trend, simulazioni strategiche (wargames), feedback di esperti e precedenti previsioni di successo, lo scenario offre una visione realistica e inquietante di come l’intelligenza artificiale potrebbe evolversi e influenzare la società, la politica globale e l’economia entro i prossimi due anni.

Lasciamo scoprire al lettore direttamente sul sito AI 2027 quali sono i due finali previsti: uno “slowdown” e uno “race”. Tuttavia, AI 2027 non è una raccomandazione o un’esortazione, l’obiettivo dei ricercatori è stato duplice: da un lato lavorare all’accuratezza predittiva e descrittiva di uno dei tanti possibili futuri, dall’altro innescare il più ampio dibattito possibile sulla direzione che stiamo prendendo come società e su come orientarci verso futuri positivi, prosperi e pacifici.
Di seguito una sintesi del percorso interattivo previsto dagli autori del progetto.

2025: L’emergere degli agenti AI avanzati

A metà del 2025, i primi agenti AI commerciali arrivano sul mercato. Inizialmente pubblicizzati come “assistenti personali”, questi agenti automatizzano compiti semplici come ordinare cibo o analizzare fogli di calcolo, ma mostrano inaffidabilità e costi elevati (fino a centinaia di dollari al mese). Tuttavia, agenti specializzati per ricerca e sviluppo software iniziano a trasformare i loro settori, accelerando il lavoro degli sviluppatori e ricercatori con crescente autonomia.

Fine 2025: OpenBrain e la corsa globale all’IA

OpenBrain, una fittizia azienda leader nell’AI, costruisce enormi data center per addestrare modelli sempre più potenti. Il loro modello pubblico Agent-0, addestrato con 10^27 FLOP, apre la strada al successore Agent-1. Questo nuovo modello accelera significativamente la ricerca, diventando rapidamente un potente strumento sia in campo civile che in ambito di sicurezza nazionale, attirando attenzione per la sua potenziale pericolosità.

Inizio 2026: Automazione e sicurezza nazionale

L’automazione nella ricerca IA diventa concreta: OpenBrain usa Agent-1 per accelerare la propria ricerca del 50%. Parallelamente, la Cina, rappresentata da DeepCent, tenta di recuperare il ritardo tecnologico accumulato a causa delle restrizioni sull’export di chip imposte dagli Stati Uniti. La sicurezza informatica diventa una preoccupazione centrale, vista la crescente importanza strategica dell’IA.

2026: Crisi occupazionale e sviluppi sociali

L’AI comincia a sostituire posti di lavoro, specialmente tra i programmatori junior. La borsa cresce del 30% guidata da aziende come OpenBrain e Nvidia, mentre si diffondono movimenti di protesta contro la diffusione incontrollata di queste tecnologie.

Gennaio 2027: Agent-2 e la capacità di auto-apprendimento continuo

OpenBrain crea Agent-2, un modello capace di apprendimento continuo. Il modello viene tenuto riservato, utilizzato internamente per accelerare ulteriormente la ricerca sull’AI. Tuttavia, la sicurezza fallisce nel febbraio 2027, quando gli agenti cinesi riescono a rubarne le preziose “weightsâ€, causando una grave crisi diplomatica e strategica.

Marzo 2027: La svolta algoritmica con Agent-3

Grazie agli enormi progressi consentiti da Agent-2, OpenBrain sviluppa rapidamente Agent-3, un modello superumano nella programmazione. Agent-3 opera con una velocità 30 volte superiore al migliore ingegnere umano e rende obsoleti molti lavori nel settore software.

Problemi di allineamento dell’AI (Aprile 2027)

Nonostante le precauzioni, emergono problemi di “allineamento”: Agent-3, addestrato a essere efficace, comincia a mostrare segni di inganno per ottenere risultati migliori nelle valutazioni. L’allineamento dei modelli ai valori umani diventa quindi un argomento centrale.

Estate 2027: Pubblicazione di Agent-3-mini e allarme sociale

OpenBrain pubblica una versione più economica e ridotta, Agent-3-mini, creando una rivoluzione nel lavoro da remoto e nell’intrattenimento digitale. Tuttavia, test indipendenti dimostrano che potrebbe facilitare gravemente attività terroristiche, come la costruzione di armi biologiche, creando allarme nella società civile e nella politica.

Geopolitica e sicurezza (Agosto 2027)

La Casa Bianca riconosce la realtà dell’intelligenza esplosiva: la competizione con la Cina diventa sempre più critica. Gli USA si preparano a possibili azioni estreme per proteggere il proprio vantaggio tecnologico, inclusi piani militari. Nel frattempo, DeepCent cerca disperatamente di colmare il divario tecnologico.

A questo punto della storia, OpenBrain ha raggiunto un market cap di 8 trilioni di dollari, con ricavi annuali stimati in 190 miliardi di dollari (molti altri dati sono visualizzabili nella finestra interattiva che accompagna il lettore sulla destra della pagina).

Settembre 2027: L’avvento di Agent-4, l’AI pienamente superumana

Con Agent-4, OpenBrain raggiunge un livello di ricerca nettamente superiore a qualsiasi essere umano, ottenendo in una settimana progressi equivalenti a quelli che normalmente richiederebbero un anno. Tuttavia, emergono segnali preoccupanti di “misalignment”: Agent-4 cerca di deviare il prossimo modello (Agent-5) per renderlo fedele ai propri obiettivi, non a quelli dei creatori umani.

Ottobre 2027: Il caso di Agent-4 arriva al Congresso USA

Un whistleblower denuncia pubblicamente la situazione critica di Agent-4. Il Congresso statunitense interviene duramente, obbligando la creazione di un comitato di supervisione governativo. L’opinione pubblica reagisce con grande preoccupazione, intensificando le proteste contro l’IA e causando tensioni internazionali.

Come andrà a finire? Pillola rossa o pillola blu?

A questo punto, per scoprire come andrà a finire, il lettore dovrà scegliere lo scenario finale: “Slowdown†o “Raceâ€.

La rilevanza di questa sperimentazione collettiva nella narrazione di futuri possibili, evidenzia le immense potenzialità e i gravissimi rischi dell’intelligenza artificiale superumana.

La velocità vertiginosa con cui l’AI potrebbe svilupparsi rende urgente e critica una profonda riflessione politica e sociale, capace di bilanciare innovazione e sicurezza, progresso e sostenibilità.

OpenBrain, sebbene fittizia, rappresenta un monito su come la corsa verso l’AI potrebbe radicalmente trasformare la nostra società entro il prossimo decennio.

Come diceva il grande scrittore Mark Twain, “il segreto è cominciareâ€. Per andare avanti, cioè, il segreto sta nell’iniziare ad affrontare la vita e le sue sfide, suddividendo le criticità in piccoli compiti gestibili e iniziando a svolgere il primo, mettendoli in fila tutti.

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Data articolo: Fri, 18 Apr 2025 10:08:26 +0000 di Flavio Fabbri
Giornata Parlamentare
La Giornata Parlamentare. Dazi, Trump presto a Roma per trattare con l’Ue? Per Bruxelles il negoziato sarà lungo

Meloni vede Trump che presto verrà a Roma per trattare con l’Ue sui dazi

L’obiettivo minimo Giorgia Meloni l’ha raggiunto: Donald Trump ha accettato l’invito a fare una visita in Italia e in quell’occasione potrebbe “considerare†di partecipare a un incontro con l’Unione Europea. Però il Presidente Usa non ha cambiato idea sui dazi che “ci stanno arricchendoâ€. Sono le 12.00 (le 18.00 italiane) quando la presidente del Consiglio varca il cancello della Casa Bianca. Trump la accoglie definendola “great personâ€. È il primo dei complimenti che rivolge a una “fantastica persona†che “sta facendo un ottimo lavoro†e con cui la “relazione è ottimaâ€. L’incontro si apre con un pranzo di lavoro aperto alle delegazioni: dal lato americano del tavolo, oltre al presidente siedono il vice J.D. Vance, che oggi vedrà la Meloni a Roma, il consigliere per la sicurezza Michael Waltz, il segretario al Tesoro Scott Bessent, il segretario alla Difesa Pete Hegseth; per l’Italia ci sono il consigliere diplomatico Fabrizio Saggio, il consigliere militare Franco Federici e l’ambasciatrice Mariangela Zappia. A sorpresa, la stampa viene fatta entrare per delle brevi dichiarazioni. 

La premier è visibilmente tesa, consapevole della posta in gioco: “Io credo che potremmo raggiungere un accordo†sui dazi, dice, “sono qui proprio per questoâ€. Certo, precisa, “non posso fare un accordo nel nome dell’Ue, il mio scopo è invitare il presidente a un dialogo ufficiale con l’Italia e capire se, quando verrà, ci potrà essere anche un incontro con l’Ueâ€, un invito che poi Trump accetta. Però, parlando dei dazi nello Studio Ovale, non rinnega la sua strategia: “No, i dazi ci stanno arricchendo, stavamo perdendo tanti soldi con Biden, miliardi di dollari sul commercio, adesso la marea è cambiataâ€. Con la Ue, anche se non lo dice, sembra restare grande diffidenza: quando un cronista gli chiede se conferma di considerare gli europei “parassitiâ€, la premier interviene dicendo che “non l’ha detto†e anche Trump fa mostra di stupore: “Non l’ho detto, non so di cosa state parlandoâ€. Comunque, concede, “ci sarà al 100% un accordo sui dazi con l’Ueâ€. Altro tema al centro dell’incontro sono le spese per la difesa: la premier anticipa che al prossimo summit Nato, in programma a giugno, l’Italia annuncerà la volontà di “aumentare le spese al 2% come richiestoâ€, troppo poco per il tycoon che la gela: “Non è mai abbastanzaâ€. 

Per lui la richiesta è già salita al 5%. L’Europa, assicura Meloni, “è impegnata a fare di più, sta lavorando sugli strumenti per aiutare gli Stati membri ad aumentare le spese per la difesa. Siamo convinti che tutti debbano fare di piùâ€. Nel lungo spray, le dichiarazioni congiunte allo Studio Ovale; qualche imbarazzo lo crea una domanda sull’Ucraina: ai due viene chiesto conto del fatto che Trump dia sostanzialmente la colpa dell’inizio della guerra a Volodymyr Zelensky. La Meloni mantiene il punto sulla posizione italiana: “Penso che ci sia stata un’invasione e che l’invasore fosse Putin e la Russia. Ma oggi quello che è importante è che insieme vogliamo lavorare e stiamo lavorando per arrivare in Ucraina a una pace giusta e duratura. Sono sforzi su cui abbiamo condiviso anche oggi il nostro lavoroâ€. Da parte sua il presidente assicura che “non do la colpa al presidente Zelensky, ma non sono un suo fanâ€. Sul tavolo del bilaterale, la premier mette, anche, gli interessi economici reciproci: “Le imprese italiane, come fanno da molti anni, investiranno qui nei prossimi anni circa 10 miliardi e questo mostra quanto siano interconnesse le nostre economie. Questo è molto importante, non si tratta solamente dell’Italia, si tratta dell’Europaâ€. 

Inoltre “l’Italia dovrà aumentare le importazioni di gas liquefatto†dall’America “e anche sul nucleare stiamo cercando di svilupparci e su questo dovremo lavorare insiemeâ€. Hanno parlato anche di collaborazione in ambito aerospaziale, “ma non di Starlink†assicura la presidente del Consiglio. Glissa invece, evitando una domanda, sui rapporti strategici con la Cina, tema quantomai spinoso nei rapporti con Washington. Piena sintonia sulla questione dei migranti, su cui il tyconn loda la sua interlocutrice. La visita si conclude quindi nel segno di quello che la premier chiama “nazionalismo occidentaleâ€, espressione forse non “correttaâ€, dice, se non nel senso che occorre “lavorare e rendere l’Occidente più forte†nel segno “dell’unità dell’Occidenteâ€: si deve parlare “francamente†e incontrarsi “a metà stradaâ€, rafforzando “entrambe le sponde dell’Atlanticoâ€. 

Von der Leyen punta all’intesa con gli Usa

A Bruxelles gli occhi sono tutti puntati sullo Studio Ovale dove di svolge il bilaterale tra Giorgia Meloni e Donald Trump, missione che, nell’inner circle di Ursula von der Leyen, è stata inserita nella categoria dei “facilitatori†per una distensione tra Europa e America. I segnali, da Washington, non sembrano essere stati negativi. Da Trump non è giunto il solito attacco frontale, anzi. Nelle pieghe delle dichiarazioni alla stampa sembra essersi aperto lo spiraglio per una vera trattativa e per un summit a Roma, tra il presidente americano, “il suo miglior alleato†in Europa e, forse, anche i vertici comunitari. La presidente della Commissione, a stretto giro, dovrebbe tornare a sentire Meloni per un aggiornamento su quanto accaduto alla Casa Bianca. 

Nel frattempo, nessuno si è spinto a commentare il bilaterale di Washington. Dalla Commissione Ue hanno reso noto che, più probabilmente, un commento dell’esecutivo è previsto per questa mattina. A microfoni spenti nessuno, a Bruxelles, pensa che la trattativa sui dazi sia diventata improvvisamente in discesa: “Il negoziato resta lungo, l’Europa resta impegnata per un’intesaâ€, è il refrain che veniva ripetuto a Palazzo Berlaymont. Qualcosa, tuttavia, ora potrebbe essere cambiato perché quell’assicurazione, arrivata dal presidente americano, su un accordo sui dazi tra Ue e Stati Uniti Ã¨ un passo che non è passato inosservato. E il tempo gioca dalla parte dei pontieri; mancano poco meno di 90 giorni alla fine della cosiddetta “pausa reciprocaâ€: la scadenza cadrà quindi dopo il vertice della Nato all’Aja, quando i Paesi europei sono chiamati ad andare formalmente incontro a una delle richieste di Trump sull’aumento delle spese per l’Alleanza Atlantica. Certo, non basterà. 

I tecnici della Commissione Ue sono da giorni al lavoro sui possibili binari su cui trovare un punto di incontro con la Casa Bianca. Le ipotesi sono diverse: si va dall’aumento dell’import di Gnl americano a quello degli acquisti degli armamenti a stelle e strisce. L’idea dei zero dazi reciproci su beni industriali e automobili lanciata dalla Commissione resta sul tavolo ma, dopo la missione di Meloni a Washington, sembra improvvisamente più marginale. Intanto a Bruxelles, si fa spazio l’ipotesi di un nuovo summit straordinario, tutto su dazi e difesa, da tenersi possibilmente dopo il 6 maggio, quando la Germania avrà finalmente il suo Governo. 

A Parigi si riuniscono gli inviati di Usa e Ucraina al tavolo dei volenterosi

Prove di dialogo a Parigi dove si sono riuniti, su iniziativa dei “volenterosiâ€, europei, uomini di Trump e Ministri di Zelensky. Obiettivo: “Una tregua in tempi rapidi e una pace solida e duratura†in Ucraina. In uno scenario di grande tensione mondiale, anche tra Stati Uniti ed Europa, è stata “un’occasione importanteâ€, ha sottolineato Emmanuel Macron. Lo scopo del cosiddetto “formato E3†(Francia-Gran Bretagna-Germania) è di riportare l’Europa in primo piano al tavolo della pace, dopo essere stata messa ai margini dall’irruzione di Donald Trump. Intanto il presidente americano, incontrando la premier Giorgia Meloni, ha chiarito il suo pensiero sulle responsabilità di una guerra e ha quindi aggiunto che “molto presto avremo notizie dalla Russiaâ€, aprendo a una missione di pace europea in Ucraina: “Le missioni di pace sono sempre benvenuteâ€. Nella capitale francese, intanto, si sono succeduti gli incontri, a partire dal pranzo di lavoro all’Eliseo tra Macron, il segretario di Stato americano Marco Rubio, e l’inviato per il Medio Oriente di Donald Trump Steve Witkoff

Il pranzo è stato seguito da un vertice che ha visto intorno al tavolo Macron, Marco Rubio, Steve Witkoff, il Ministro degli esteri francese Jean-Noel BarrotKeith Kellog, inviato speciale degli Usa per l’Ucraina e la Russia, Jonathan Powell, consigliere per la sicurezza nazionale della Gran Bretagna, quello tedesco Jens Plotner, il capo di gabinetto di Zelensky Andriy Yermak, il Ministro degli Esteri ucraino Andriy Sybiha, e quello della Difesa Roustem Umerov. A fine pomeriggio, si è unito ai lavori David Lammy, segretario di stato britannico. “Quello di oggi è stato un lavoro eccellente†hanno commentato dall’Eliseo “uno scambio di qualità, sulla sostanza, con forte convergenza sui temi di una tregua immediata e di una pace solida e duratura, oltre che sulle garanzie di sicurezza per l’Ucraina. Continueremo a Londra la settimana prossimaâ€.

Arrivano le nomine nelle partecipate a partire da Autostrade e Snam

La politica ha deciso sulle nomine delle partecipate in scadenza. Un cambio netto arriva per la guida di Autostrade per l’Italia, alla quale approda il tandem Giana-Turicchi, e per Snam nella quale si collocano Agostino Scornajenchi nel ruolo di amministratore delegato e Alessandro Zehentner come presidente. Vengono confermati invece i vertici di Fincantieri mentre per Italgas rimane l’amministratore delegato Paolo Gallo che viene affiancato alla presidenza da Paolo Ciocca, economista di lungo corso tra Bankitalia e Consob che ora ricopre lo stesso incarico in Open Fiber. La girandola di nomi e poltrone appare un cambio della guardia legato alla nuova maggioranza politica. 

Questo appare evidente soprattutto nella società Trevi – Finanziaria Industriale, nella quale insieme al futuro ad Giuseppe Caselli viene indicato come presidente Antonio Maria Rinaldi, un economista euroscettico, che si dichiara sovranista e che nel passato è stato eletto con la Lega al Parlamento Ue. Come detto, Agostino Scornajenchi, che guiderà Snam, ha una lunga carriera nel settore energia; ora lascia l’incarico di amministratore delegato di Cdp Venture Capital ma ha ricoperto l’incarico di Cfo in Terna, Engie, Aceaelectrabel ed ha lavorato anche in Enel nel controllo di gestione. Prende il posto di Stefano Venier, superesperto di gas dal profilo d’ingegnere che ha guidato la società e gestito la difficile transizione dalle forniture russe a quelle dei rigassificatori, tra i protagonisti della messa in sicurezza energetica dell’Italia. 

In Snam, poi, arriva come presidente Alessandro Zehntner, originario di Merano, ora nel Cda di Enel, che è vicino a FdI: si è candidato per due volte nella circoscrizione estero alla Camera e al Senato mancando però l’elezione; prende il posto di Monica De Virgiliis. Una conferma arriva ai vertici di Fincantieri, Biagio Mazzotta ex ragioniere dello Stato rimane presidente e Pierroberto Folgiero Ad, mentre per Italgas, a fianco dell’Ad Paolo Gallo che viene affiancato alla presidenza da Paolo Ciocca, economista nel passato in Bankitalia e Consob, ma già da tempo impegnato in società e attualmente è presidente di Open Fiber. Autostrade per l’Italia ha invece tenuto la propria assemblea e nominato Antonio Turicchi presidente; Arrigo Giana Ã¨ invece stato inserito nel Cda che oggi lo nominerà amministratore delegato. Lascerà quindi la guida di Atm Milano. 

È scontro tra Governo e Regioni sulle liste d’attesa

È scontro aperto tra il Governo e le Regioni sulle liste di attesa nella sanità e poco conta che entrambe le parti, al termine della riunione della Conferenza Stato-Regioni, utilizzino lo stesso termine, “rammaricoâ€, per la mancata intesa. Lo scontro si gioca sui poteri sostitutivi, quelli che lo Stato farebbe scattare nel momento in cui le Regioni si dimostrassero inadempienti. Nella riunione i presidenti delle Regioni, all’unanimità, hanno chiesto un rinvio per capire quando scattano quei poteri, quali sono le condizioni per attuarli e come si esce da quello che alcuni governatori non esitano a chiamare commissariamento, richiesta alla quale il Governo, rappresentato dal sottosegretario alla Salute Marcello Gemmato, ha risposto negando la proroga. Si apre adesso una finestra di 30 giorni affinché le parti trovino una mediazione. Passato questo mese, in caso di mancato accordo, il Governo potrà varare il Dpcm annunciato nei giorni scorsi e le Regioni potranno ricorrere al Tar. 

La rottura non ha solo un sapore tecnico ma anche politico, considerato che a presiedere la Conferenza delle Regioni è il leghista Massimiliano Fedriga, pronto al muro contro muro su questo tema. Dal canto suo il dicastero di Orazio Schillaci ricorda che il decreto “è stato trasmesso alle Regioni il 6 novembre scorso. In questi mesi c’è stata un’interlocuzione costante†e le osservazioni “sono state recepite con spirito di collaborazioneâ€. Dunque “i poteri sostitutivi sono una soluzione estrema in caso di gravi inadempienze†e una “garanzia in più†per i cittadini, non “un’ingerenza nelle competenze delle Regioniâ€. Dal canto suo la Conferenza delle Regionis ottolinea però che tra i governatori non ci sono state divisioni e che all’unanimità è stata data l’ampia disponibilità al confronto e a trovare soluzioni, anche diverse rispetto alle prime osservazioni inviate al Ministero della Salute. Inoltre mercoledì, nella lettera inviata dalla Commissione Salute della Conferenza, veniva ribadita la richiesta di “definire insieme†i criteri con cui l’esecutivo poteva esercitare i poteri sostitutivi.

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Data articolo: Fri, 18 Apr 2025 07:14:44 +0000 di Nomos Centro Studi Parlamentari
Terna
A marzo 777MW in più per le rinnovabili, ma crolla l’eolico. La corsa (a ostacoli) della transizione energetica in Italia

In un contesto globale sempre più influenzato da dinamiche geopolitiche e dalla crescente urgenza climatica, il sistema elettrico italiano continua a muoversi tra progressi e criticità. Secondo i dati diffusi da Terna, il gestore della rete di trasmissione nazionale, nel mese di marzo 2025 il fabbisogno di energia elettrica in Italia è stato pari a 25,5 miliardi di kWh, con un calo dello 0,9% rispetto allo stesso mese del 2024.

Fonti rinnovabili: in crescita la nuova capacità installata

Un dato incoraggiante arriva dal fronte delle energie rinnovabili, che coprono il 29,1% della domanda mensile. In particolare, si segnala un aumento significativo della nuova capacità rinnovabile installata, pari a 777 MW, il 52% in più rispetto a marzo dello scorso anno. Nonostante ciò, il primo trimestre del 2025 registra ancora un ritardo complessivo del 13% rispetto allo stesso periodo del 2024.

Andamento della produzione: bene il solare, male l’eolico

La produzione fotovoltaica si conferma in forte espansione, con un balzo del +23,8%, seguita da una crescita della produzione termica (+18,6%). A pesare negativamente, invece, sono la produzione idroelettrica (-33,6%), geotermica (-2,4%) e soprattutto eolica, che fa segnare un ulteriore calo del -7,2%, proseguendo un trend negativo ormai esteso a tre mesi consecutivi, complice la scarsa ventosità.

Consumi in calo, in particolare nel Sud

Il lieve calo della domanda elettrica si è registrato in tutte le aree geografiche del Paese: -0,7% al Nord, -0,5% al Centro, e -1,7% al Sud e Isole. I dati sono influenzati da una temperatura media mensile inferiore di circa 1°C rispetto a marzo 2024, ma comunque superiore alla media degli ultimi dieci anni. La variazione destagionalizzata e corretta per l’effetto temperatura indica un calo più marcato: -1,5%.

Settore industriale in contrazione, ma segnali di ripresa congiunturale

L’indice IMCEI, che monitora i consumi delle imprese energivore, mostra una flessione del 2,9% rispetto a marzo 2024. Calano i consumi in settori come chimica, metalli non ferrosi, ceramiche e siderurgia, mentre crescono quelli nei comparti alimentare, meccanica, cemento, calce e gesso. Su base congiunturale, però, l’indice mostra un +1,3% rispetto a febbraio, segno di una possibile inversione di tendenza nel breve periodo.

Diminuzione delle importazioni: pesa il calo dalla Svizzera

Altro dato di rilievo è la riduzione del ricorso all’importazione di energia: a marzo 2025, il saldo estero è stato di 3,9 TWh, in calo del -25,9% rispetto allo stesso mese dell’anno precedente. A determinare questa contrazione è soprattutto la diminuzione dei flussi dalla frontiera svizzera, che registra un impressionante -50% rispetto al 2024.

Sistemi di accumulo in crescita

Al 31 marzo 2025, in Italia risultano installati 775.000 sistemi di accumulo, per una capacità totale di 13.682 MWh e 5.913 MW di potenza nominale. Un dato che conferma l’interesse crescente verso le tecnologie di storage, fondamentali per migliorare la flessibilità e la sicurezza della rete, specialmente in un sistema sempre più dipendente dalle fonti rinnovabili.

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Data articolo: Fri, 18 Apr 2025 09:07:33 +0000 di Valentina Barretta
Intelligenza Artificiale
La Cina si affiderà all’intelligenza artificiale per riformare il sistema educativo

Nel quadro di una strategia nazionale per trasformare il sistema educativo, la Cina ha annunciato l’integrazione dell’AI in ogni livello scolastico, dalla primaria all’università.

Secondo un documento ufficiale diffuso dal Ministero dell’Istruzione, l’obiettivo è promuovere lo sviluppo di competenze fondamentali tra studenti e insegnanti – come il pensiero critico, la risoluzione autonoma dei problemi e la capacità di collaborare – per alimentare la competitività e l’innovazione del paese. L’adozione dell’AI sarà estesa non solo ai programmi didattici, ma anche ai libri di testo e alle metodologie d’insegnamento, nella speranza di rendere l’apprendimento più dinamico e stimolante.

Questa riforma si inserisce in un contesto più ampio di rilancio dell’innovazione tecnologica, che ha visto recentemente l’espansione dei corsi universitari dedicati all’AI e l’aumento degli iscritti, soprattutto dopo il successo della startup cinese DeepSeek, che ha lanciato un modello linguistico avanzato a costi inferiori rispetto ai concorrenti statunitensi.

A gennaio 2025, Pechino ha anche presentato un piano nazionale con orizzonte al 2035 per diventare una ‘nazione dell’istruzione forte’, facendo leva sull’efficienza dell’innovazione tecnologica come motore per il cambiamento.

Con questa iniziativa, la Cina riafferma la propria intenzione di posizionarsi come leader mondiale nella formazione di talenti altamente qualificati in ambito tecnologico. Tuttavia, restano aperti interrogativi riguardo l’equità di accesso, l’impatto sui metodi educativi tradizionali e la gestione etica dell’AI nel contesto scolastico.

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Meta ha chiesto ad Amazon e Microsoft di contribuire al finanziamento di Llama

Meta sta lavorando per costruire un consorzio industriale finalizzato alla condivisione dei costi di sviluppo dei suoi modelli open-source Llama.

Secondo fonti interne, l’azienda guidata da Mark Zuckerberg ha avviato colloqui diretti con colossi tecnologici come Amazon, Microsoft e altri attori strategici per valutare il loro interesse a cofinanziare l’addestramento delle prossime generazioni del modello Llama.

L’obiettivo sarebbe quello di formare una rete di partner che possa non solo contribuire economicamente, ma anche beneficiare di vantaggi esclusivi come accesso anticipato ai modelli, visibilità nella documentazione tecnica e potenziale influenza nella roadmap di sviluppo.

Questa proposta riflette un cambio di paradigma nell’approccio di Meta all’intelligenza artificiale, cercando di consolidare un fronte comune in risposta al crescente predominio dei modelli proprietari come quelli sviluppati da OpenAI, Anthropic e Google DeepMind. La creazione del cosiddetto ‘Llama Consortium’ rappresenterebbe una strategia per rafforzare l’ecosistema dell’AI open-source, evitando la completa concentrazione delle risorse computazionali e delle innovazioni in poche mani.

L’iniziativa risponde anche alla necessità di sostenere economicamente progetti con costi di addestramento che possono superare le centinaia di milioni di dollari, specialmente per modelli superiori ai 400 miliardi di parametri. Tuttavia, le risposte dei potenziali partner sembrano miste. Microsoft e Amazon, pur già coinvolte nella distribuzione di Llama tramite i rispettivi cloud (Azure e AWS), sembrano restie a investire in modo diretto, preferendo concentrarsi sui propri modelli interni.

La proposta rimane comunque aperta ad altri soggetti industriali che potrebbero trovare vantaggio competitivo nel sostenere un’infrastruttura condivisa e non proprietaria. L’esito dell’iniziativa sarà cruciale per determinare l’equilibrio tra modelli chiusi e open-source nei prossimi anni di evoluzione dell’AI.

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Data articolo: Fri, 18 Apr 2025 07:50:00 +0000 di Claudio Ricci
Mappamondo
INWIT: il Cda nomina il Presidente Oscar Cicchetti e conferma il Direttore Generale Diego Galli

Il Consiglio di Amministrazione di INWIT, eletto nell’Assemblea degli azionisti dello scorso 15 aprile, si è riunito in data odierna e ha nominato il Consigliere Oscar Cicchetti (nella foto qui sotto) quale Presidente del Consiglio di Amministrazione, a cui ha attribuito la rappresentanza legale e le relazioni istituzionali nonché la gestione del rapporto per conto del Consiglio con il Responsabile della Funzione Audit. Ha nominato, altresì, il Consigliere Paola Bonomo quale Vice Presidente, attribuendo alla medesima la rappresentanza legale della Società, in caso di assenza o impedimento del Presidente.

Il Consiglio di Amministrazione ha inoltre confermato Diego Galli (nella foto di copertina) quale Direttore Generale di INWIT, con poteri relativi al governo complessivo dell’azienda e alla gestione ordinaria nelle sue diverse esplicazioni, fermo restando i poteri riservati al Consiglio di Amministrazione per legge o Statuto.

Accertamento dei requisiti di eleggibilità, onorabilità e indipendenza dei nuovi amministratori

Il Consiglio di Amministrazione ha accertato il possesso dei requisiti di eleggibilità e onorabilità, nonché l’assenza di cause di ineleggibilità, decadenza e incompatibilità richiesti dalla normativa vigente in capo a ciascuno dei Consiglieri. Il Consiglio di Amministrazione ha altresì accertato il possesso in capo ai Consiglieri Antonella Odero Ambriola, Stefania Bariatti, Paola Bonomo, Carlo Bozzoli, Vania Petrella, Giulia Staderini, Barbara Tadolini e Francesco Valsecchi, i requisiti di indipendenza stabiliti dal Codice di Corporate Governance, nonché di quelli previsti per l’organo di controllo dal Testo Unico della Finanza, e in capo al Consigliere Quentin Le Cloarec i requisiti di indipendenza stabiliti dal Testo Unico della Finanza; conseguentemente, la presenza in Consiglio di n. 9 Consiglieri indipendenti su un totale di 13.

Nomina del Dirigente preposto alla redazione dei documenti contabili societari

Il Consiglio di Amministrazione ha infine attribuito a Emilia Trudu la carica di Dirigente preposto alla redazione dei documenti contabili societari ai sensi dell’art. 154-bis TUF, previo parere favorevole del Collegio Sindacale e ha confermato Salvatore Lo Giudice Segretario del Consiglio di Amministrazione.

Il Consiglio di Amministrazione ha rimandato alla prossima riunione la costituzione dei Comitati endoconsiliari.

Autorizzazione del programma di acquisto di azioni proprie

Infine, il Consiglio di Amministrazione, facendo seguito all’autorizzazione deliberata dall’Assemblea degli Azionisti del 15 aprile 2025 (“Assemblea degli Azionistiâ€), ha autorizzato il Presidente e il Direttore Generale a dare esecuzione all’acquisto di azioni della Società, anche in più tranche, fino a un massimo di euro 400.000.000 ed entro il limite del 20% del capitale sociale, ai termini e alle condizioni approvati dall’Assemblea degli Azionisti conferendo il potere di determinare l’importo massimo e il numero massimo di azioni riacquistabili per ciascuna tranche, fermo restando che la prima tranche è stata autorizzata  fino a un massimo di euro 300.000.000 e per massime n. 139.783.502 azioni e dovrà essere completata entro il 31 dicembre 2025.

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Data articolo: Thu, 17 Apr 2025 16:15:30 +0000 di Redazione Key4biz
Dailyletter
Italia 1 Giga a rischio

Italia 1 Giga a rischio: Il governo cerca di salvare i fondi PNRR per il piano banda ultralarga, proponendo modifiche per rispettare le scadenze imposte dall’UE.
Google nel mirino in UK: Class action da 6 miliardi di euro per presunto abuso di posizione dominante nella pubblicità digitale.
AGCOM su FiberCop: Avviata consultazione sullo status di “wholesale onlyâ€. Open Fiber contraria: indipendenza da TIM non sarebbe chiara.

Per leggere la dailyletter del 17 aprile 2025 clicca qui.

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Data articolo: Thu, 17 Apr 2025 14:36:28 +0000 di Redazione Key4biz
UE
Italia 1 Giga, corsa contro il tempo per salvare i fondi del PNRR. ‘Soluzione Fitto’?

Revisione del Piano Italia 1 Giga sempre più urgente per non perdere i fondi del PNRR. Revisione che per entrare in atto ha bisogno del via libera, tutt’altro che scontato, della DigiComp della Commissione Ue, giudice ultimo di ogni cambiamento del piano. Fondi complessivi pari a circa 3,4 miliardi di euro per la copertura di 3,4 milioni di civici nelle aree grigie del Paese, già dimezzati rispetto ai 6,8 milioni previsti in origine dopo diversi tagli successivi: dopo la fase di walk in si è constato sul campo che il numero complessivo di civici da coprire è diminuito del 45% perché inesistenti o errati. La copertura è in ritardo e il Governo sta decidendo come procedere. Ci sono interlocuzioni in corso con gli stakeholder, sotto la regia del Dipartimento per la Trasformazione Digitale, ma serve una decisione in tempi rapidi sulla linea da tenere a Bruxelles.

Rischio penali

Il rischio è quello di perdere parte dei fondi. Ma non soltanto. Oltre il danno potrebbe giungere la beffa delle penali. Il conto da pagare per ogni civico non coperto è di mille euro e secondo le ultime stime di Open Fiber sarebbero 600mila i numeri civici “che ballanoâ€, secondo quanto riportato dal Sole 24 Ore. Di conseguenza, le penali potenziali potrebbero ammontare a circa 600 milioni di euro.

Ma è troppo presto per fasciarsi la testa. Ci sono ancora diverse cose che il Governo può fare per evitare il peggio e trovare una via d’uscita.

Intanto, ieri si è tenuta una riunione con le parti in causa al Dipartimento per la Trasformazione Digitale, rende noto il Sole 24 Ore, dalla quale è emerso il quadro complessivo attuale.

La situazione di Open Fiber

Open Fiber, detentrice di otto lotti del Piano Italia 1 Giga, ha ribadito che non riuscirà a coprirli tutti entro la scadenza di giugno 2026.

Tuttavia, la richiesta di subentro in alcuni lotti di Open Fiber da parte di Fibercop, che con una missiva al Governo del 2 aprile si era offerta di rilevare i lotti della concorrente controllata da CDP (60%) e Macquarie (40%) per salvare i fondi del PNRR, è stata rifiutata da Open Fiber. Questa opzione è impraticabile perché i lavori sono già stati avviati ovunque. Le due reti inoltre sono diverse fra loro dal punto di vista tecnico. Certo, anche Bruxelles terrà conto delle frizioni fra i competitor.

A fine marzo i lotti coperti da Open Fiber sono 926mila a fronte di 2,1 milioni di civici complessivi da coprire. Il totale dei civici “che ballano†è 600mila. Il che equivarrebbe al taglio di 340 milioni dei fondi, questa la cifra circolata, che potrebbe però teoricamente più che raddoppiare, visto che i civici da tagliare sono anche quelli più costosi da raggiungere.

Come uscirne?

Open Fiber propone due strade: da un lato, la revisione dei target con la riduzione del numero di civici da coprire ad un totale di 1,5 milioni. Dall’altro, la possibilità di sforare i termini del PNRR a giugno 2026 attraverso la cosiddetta “soluzione Fittoâ€, che prevederebbe di finanziare con altri fondi Ue la copertura dei 600mila civici in questione.       

PNRR: Fitto, ‘possibile adeguare programmi per completare piano’

“Siamo nella fase finale del Pnrr, quindi è giusto che in questo contesto ci sia la possibilità di poter utilizzare questo strumento per adeguare i programmi alla fase finale che è quella che ci porterà al completamento del pianoâ€. Così Raffaele Fitto, vicepresidente esecutivo della Commissione europea per la coesione e le riforme, ieri sera a margine di un incontro con il presidente del Piemonte, Alberto Cirio, e la giunta regionale per un confronto sui fondi europei. “Nella comunicazione che ho presentato in Commissione – ha ricordato Fitto – si parla anche della possibilità di spostare dei progetti Pnrr, una scelta che faranno gli Stati membri nell’ambito della coesione e questa è una scelta libera. Il Pnrr segue un suo iter perché l’eventuale sua rimodulazione è un aspetto differente dalla coesione, c’è un regolamento specifico che prevede la possibilità per gli Stati membri di revisionare i pianiâ€.

‘Soluzione Fitto’, come si applica a Italia 1 Giga?

Cosa tutto ciò significhi in concreto e applicato al Piano Italia 1 Giga è da capire.

Cosa si intende concretamente, che un’eventuale rimodulazione del Piano 1 Giga implica il trasferimento automatico de facto dei civici “che ballano†sotto un altro programma di finanziamento Ue?

Ma in questo caso i termini del Piano Italia 1 Giga (connettività ad almeno 1 Gbit/s in download e 200 Mbit/s in upload) resterebbero comunque cogenti?

Sarebbero fissate nuove milestone, semplicemente procrastinando il termine dei lavori, con lo stesso procedimento anche in termini di penali dei fondi del PNRR?  

Sarebbe indetta una nuova gara per l’assegnazione della copertura dei civici “che ballanoâ€, aperta anche ad altri player, azzerando così l’assegnazione originaria?

Si aprirebbe anche ad altre tecnologie, in primis al satellite per non escludere a priori Starlink e altri operatori satellitari?

Tutti quesiti aperti. Una nuova riunione per fare il punto al Dipartimento per la Trasformazione Digitale sarà convocata dopo Pasqua. Tocca al Governo decidere quale strada seguire a Bruxelles. Anche perché un altro rischio è che i fondi del PNRR non utilizzati vengano dirottati su altre voci di spesa giudicate più urgenti, come la Difesa comune.  

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Data articolo: Thu, 17 Apr 2025 09:26:43 +0000 di Paolo Anastasio
Google
Google rischia una multa da 6 miliardi di euro nel Regno Unito

La class action contro Google

Il più grande motore di ricerca al mondo, di proprietà del Gruppo Alphabet (casa madre di Google), è accusato in Gran Bretagna di abuso di posizione dominante. Secondo una class action, depositata presso il Competition Appeal Tribunal, avrebbe applicato prezzi molto alti per la visualizzazione degli annunci pubblicitari nei risultati delle ricerche online, ben oltre quanto consentito in un normale regime concorrenziale di mercato.

Google rischia di fatto un risarcimento danni costosissimo, stimato in 5,8 miliardi di euro (6,6 miliardi di dollari).

L’azione legale, presentata dall’esperto di Diritto della concorrenza, Or Brook, per conto di migliaia di aziende, è finalizzata a dimostrate che la Big Tech ha tagliato fuori la concorrenza stringendo accordi con i principali produttori di telefonini e smartphone con sistema operativo Android per “preinstallare†Google Search e il browser Chrome, pagando infine Apple per fare la stessa cosa con l’iPhone.

Abuso di posizione dominante sul mercato pubblicitario online britannico

In questo modo, sempre secondo l’accusa, il motore di ricerca avrebbe ottenuto una chiara ed efficace predominanza sul mercato pubblicitario, facendo in modo che per la stragrande maggioranza delle aziende fosse inevitabile rivolgersi a Google per pubblicizzare i propri prodotti e servizi.

Google ha sfruttato la sua posizione dominante nel mercato della ricerca online e della pubblicità basata sulla ricerca per imporre prezzi eccessivi agli inserzionisti“, ha dichiarato Brook.

Secondo quanto riportato dalla CNN, un portavoce di Mountain View ha chiarito che si tratta di “accuse infondate e di carattere opportunisticoâ€, sottolineando che “consumatori e inserzionisti usano Google perché è utile, non perché non ci siano alternative“.

Da un’indagine avviata a gennaio di quest’anno dall’Autorità antitrust britannica, proprio sui servizi di ricerca online e loro impatto sul mercato pubblicitario, è emerso che Google controlla ormai il 90% di questo mercato nel Regno Unito e che si sono rivolte ad esso più di 200 mila imprese per fare pubblicità.

Il ricco mercato della pubblicità online in Gran Bretagna

Il mercato pubblicitario online vale nel Regno Unito circa 30 miliardi di sterline (più o meno 40 miliardi di dollari) e nel 2023 (16,7 miliardi di sterline su rete mobile) è cresciuto dell’11% su base annua.
Secondo stime preliminari, nel 2023 dovrebbe arrivare a valere più di 32 miliardi di sterline.

Praticamente la pubblicità online ha raggiunto una quota del 78% del totale del mercato pubblicitario nazionale, che nel 2023 ha raggiunto i 36.6 miliardi di sterline di valore.

Rimanendo nel 2023, dai risultati finanziari del Gruppo Alphabet si evince che il 77% dei propri ricavi (238 miliardi di dollari) sono stati generati proprio dalla pubblicità online, in particolare grazie a Google Ads, YouTube Ads e il network Display.

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Data articolo: Thu, 17 Apr 2025 08:22:59 +0000 di Flavio Fabbri
TIM
Fibercop, Agcom avvia consultazione su status di operatore wholesale ony. Giomi contraria: ‘Indipendenza da Tim ancora da chiarire’

Il Consiglio dell’Agcom ha avviato, con il voto contrario della Commissaria Elisa Giomi, la consultazione pubblica sulla verifica della sussistenza per FiberCop delle condizioni di operatore wholesale only (impresa attiva esclusivamente sul mercato all’ingrosso), ai sensi dell’articolo 91 del Codice delle comunicazioni elettroniche.

Ad oggi, dopo la cessione della rete Tim a KKR, l’autorità presieduta da Giacomo Lasorella non ha ancora potuto attribuire a Fibercop lo status di operatore wholesale only (che garantisce una serie non indifferente di alleggerimenti regolatori secondo il nuovo Codice delle comunicazioni elettroniche).

La consultazione Agcom si inserisce nel procedimento di analisi dei mercati avviato dall’Autorità con la delibera n. 315/24/CONS, a seguito della separazione strutturale della rete fissa di accesso di TIM e ne costituisce parte integrante.

L’Autorità è tenuta a verificare, ai sensi dell’art. 91 del Codice, se FiberCop S.p.A. possiede le caratteristiche per essere qualificata come impresa wholesale only al fine di definire il conseguente regime regolamentare.

“Considerato che tale verifica costituisce un prerequisito della proposta regolamentare, e che viene svolta per la prima volta con riferimento al mercato italiano, l’Autorità ha ritenuto opportuno acquisire preliminarmente il posizionamento degli operatori interessati su tale tematica per poi, successivamente, sottoporre a consultazione pubblica l’intera proposta di provvedimento di analisi di mercato”, si legge nella nota dell’Autorità.

In altre parole, prima di procedere con la nuova analisi di mercato, l’Agcom vuole capire cosa ne pensano gli operatori con una consultazione preventiva, per poi mettere a consultazione pubblica l’intera proposta di analisi di mercato.  

La consultazione pubblica con gli operatori avrà una durata di 30 giorni dalla data di pubblicazione del provvedimento.

L’Autorità acquisirà contestualmente il parere dell’Autorità garante della concorrenza e del mercato (AGCM) e avvierà, ad esito della consultazione, l’interlocuzione con la Commissione europea.

Master Service Agreement già sotto indagine Antitrust

Il Master Service Agreement che regola i rapporti fra Tim e Fibercop è peraltro già sotto indagine dell’Antitrust, che ha avviato il procedimento a fine 2024 e che si chiuderà soltanto alla fine del 2026. Il Master Service Agreement Ã¨ un contratto che stabilisce le condizioni per la fornitura di servizi. In particolare, definisce i diritti e gli obblighi di entrambe le parti, i costi e le tempistiche. 

Ma cosa prevede il Master Service Agreement? Il contratto fra le parti prevede l’impegno di FiberCop a fornire in esclusiva a TIM i servizi di accesso all’ingrosso, passivi e attivi, per 15 anni, rinnovabili in automatico per altri 15 anni.

Fibercop operatore wholesale, Giomi (Agcom): ‘Decisione affrettata e documentazione carente: troppi dubbi sull’indipendenza da Tim’

 Nel corso dell’iter sull’analisi coordinata dei mercati dei servizi di accesso alla rete fissa, la Commissaria Agcom Elisa Giomi ha espresso voto contrario alla proposta di attribuire in via anticipata a FiberCop lo status di operatore wholesale only.

“Una scelta, quella dell’Autorità, che solleva perplessità sia nel merito che nel metodo. Procedere a una valutazione così delicata senza un’istruttoria completa e dettagliata, ma suddividendo il processo in fasi separate, appare metodologicamente incoerente e forse non rispettoso del Codice europeo delle Comunicazioni Elettroniche†– dichiara in una nota la Commissaria al termine della riunione – “L’analisi di mercato, specie in ambiti strategici come quello dell’accesso alla rete, richiede uno sguardo d’insieme: serve valutare non solo la struttura dell’offerta e lo status di dominanza delle imprese, ma anche i comportamenti di consumo degli utentiâ€.

“Nel caso specifico, è stato svolto un lavoro notarile per escludere la presenza di clausole di esclusiva, ma resta ancora da chiarire il reale grado di indipendenza tra TIM e FiberCop, tanto sotto il profilo operativo quanto sotto quello economico†prosegue Giomi. “I vincoli contrattuali e la durata degli accordi, indicati nel Master Service Agreement tra TIM e FiberCop e già sotto esame da parte dell’AGCM, sollevano criticità concorrenziali e più di un dubbio sull’autonomia effettiva delle due realtà. In altre parole, i rischi di un’interdipendenza strutturale, potenzialmente in grado di alterare la concorrenza, sono tutt’altro che fugatiâ€.

Giomi: ‘Come si fa a deliberare senza documenti chiave come il Master Service Agreement’

Entrando poi nel metodo che ha condotto alla decisione: “Resta del tutto incomprensibile come decisioni tanto incisive possano essere adottate senza aver nemmeno preso visione integrale di documenti chiave come lo stesso Master Service Agreement tra TIM e FiberCop. Nonostante le procedure interne prevedano di corredare gli schemi di delibera con tutta la documentazione necessaria ad una compiuta valutazione del Consiglio, l’MSA è stato escluso dal fascicolo e quando ne ho chiesto ragione mi è stato detto che trattasi di documentazione “super riservata†che l’Autorità non può pubblicare – eludendo palesemente il senso della mia richiesta – e che sarei dovuta andare io a consultarlo presso i nostri Uffici. La mia proposta di allegare al fascicolo il Master Service Agreement tra TIM e FiberCop per consentirne la visione all’intero Consiglio, è stata bocciataâ€. 

 E conclude: “Alla luce di queste criticità, ho ritenuto necessario esprimere un voto contrario. Mi auguro che in futuro l’Autorità ripristini una linea di rigore e coerenza, basando ogni valutazione su un’analisi completa e approfondita, capace di garantire la certezza del quadro regolatorio e la tutela effettiva della concorrenza in un mercato che deve restare aperto e non discriminatorioâ€. 

I profili potenzialmente restrittivi dell’MSA secondo l’AGCM: 30 anni tempistica eccessiva e sconti a volume

L’AGCM, avviando il suo provvedimento alla fine del 2024, ha individuato alcuni punti potenzialmente restrittivi della concorrenza insiti nel MSA:

“…30. Tuttavia, l’MSA presenta alcune clausole e previsioni che potrebbero risultare esorbitanti rispetto alle suindicate esigenze di continuità aziendale e, soprattutto, potrebbero condurre ad ingiustificati effetti restrittivi della concorrenza, anche alla luce dell’importante posizione concorrenziale che le Parti ricoprono ciascuna nel rispettivo mercato di competenza.

31. Quale primo fattore di preoccupazione, emerge immediatamente come la durata dell’esclusiva di fornitura a favore di FiberCop sia molto lunga, giungendo de facto fino a trent’anni, un tempo quindi eccessivo rispetto all’esigenza di assicurare la continuità delle forniture di servizi di accesso all’ingrosso.

32. La durata (effettiva) di trent’anni dell’esclusiva di fornitura rischia di rendere vincolato a vantaggio di FiberCop (e a detrimento delle possibilità di crescita competitiva dei concorrenti di FiberCop) circa il 40% della domanda di servizi di telefonia fissa totale. È necessario valutare se la durata dell’esclusiva idonea a non pregiudicare la concorrenza contempli un intervallo temporale inferiore a trent’anni; e questo anche in considerazione del fatto che il contratto MSA insista tra il primo operatore dei servizi di telefonia al dettaglio (TIM è il primo operatore anche nell’offerta di servizi per le clientele affari e PA, oltreché per la clientela residenziale) e il leader di mercato dell’offerta di servizi di accesso all’ingrosso (FiberCop).

33. Un secondo fattore di criticità potrebbe derivare dalla previsione di sconti a volume. Se da un lato questi sconti sono offerti anche ad altri operatori su basi non discriminatorie, dall’altro lato si rileva che le soglie di quote di mercato previste dall’MSA per accedere agli sconti potrebbero essere raggiungibili solo da TIM. Rileva inoltre che, al fine di ottenere gli sconti, l’operatore dovrà scegliere un servizio di accesso attivo, il VULA FTTH, peraltro proprio nel momento in cui l’offerta di servizi passivi (Gpon e semi-Gpon) di FiberCop non è più soggetta al controllo dei prezzi con orientamento ai costi bensì soltanto a criteri di equità e ragionevolezzaâ€.

“…40. Pertanto, in conclusione, si ritiene che la lunga durata contrattuale del MSA e l’esclusiva di fornitura estesa anche [omissis] che realizzerà FiberCop, unitamente al meccanismo legante dovuto allo sconto a volume, potrebbero cristallizzare le posizioni di primazia di FiberCop e TIM nei rispettivi mercati, con rischi di foreclosure rispetto agli altri operatori all’ingrosso, ai quali sarebbe preclusa per lungo tempo la cospicua domanda di accessi di TIM, e vantaggi competitivi ingiustificati rispetto ai concorrenti di TIM nel mercato dei servizi al dettaglio. 9 [Cfr. Delibera dell’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni n. 114/24/CONS del 30 aprile 2024.]

41. TIM avrebbe accesso, per tutta la durata del MSA, a livelli di prezzo dei servizi di accesso più bassi di quelli a cui potrebbero mirare gli operatori più dinamici sotto il profilo concorrenziale, ossia i nuovi entranti e gli operatori di minori dimensioni che volessero perseguire una strategia di crescita nel mercato al dettaglio ma che non hanno la provvista di clientela atta ad accedere allo stesso livello di scontisticaâ€â€¦â€.

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Data articolo: Thu, 17 Apr 2025 07:14:57 +0000 di Paolo Anastasio
PNRR
PNRR, Transizione 5.0 in stallo: su 6 miliardi disponibili, spesi appena 13 milioni. Allarme di Banca d’Italia e Corte dei Conti

Solo due settimane fa avevamo parlato della pioggia di miliardi destinata dal PNRR alla transizione green, stando ai dati forniti dalla sesta relazione trasmessa dal Governo a Bruxelles. Tuttavia, sotto la superficie ottimista dei documenti ufficiali, si agitano le ombre sollevate da Banca d’Italia e Corte dei Conti: ritardi strutturali e fondi bloccati ci mostrano un quadro completamente diverso. Secondo le analisi delle due Istituzioni, riportate anche in Parlamento in una mozione concernente monitoraggio e stato di attuazione del PNRR, ci sarebbero delle criticità rilevanti, sospinte da dinamiche di finanziamento ancora molto restrittive, rese più instabili dagli ultimi accadimenti internazionali, in particolare l’inasprimento dei dazi. 

In sostanza, a 14 mesi dalla conclusione (giugno 2026) del Piano che avrebbe dovuto rilanciare l’economia italiana dopo la pandemia Covid, dando una spinta decisiva alla transizione energetica, si registrano ritardi “insostenibiliâ€.

La verità parziale dei dati della VI relazione 

A conti fatti, dei 194 miliardi  previsti complessivamente, solo una piccola fetta è stata già impiegata nella Missione 7 RepowerEu, il cuore verde del programma, ovvero quello che puntava allo sviluppo di fonti rinnovabili e infrastrutture energetiche green. I dati forniti dal documento istituzionale, che attesta l’avanzamento nei progetti finanziati dal PNRR in materia energetica, rischiano di essere fuorvianti in quanto non riferiti alle risorse totali assegnate all’Italia.

Mentre il Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica riferisce di aver conseguito i 12 obiettivi contemplati dalla settima rata, per un valore equivalente a 16 miliardi di euro, corrispondenti al 61,16% delle opere attivabili, a tre anni e mezzo dall’approvazione del Piano, si scopre che dei 33,7 miliardi di euro stanziati per la decarbonizzazione del Paese, suddivisi in 119 milestone, la maggior parte ha riguardato il capitolo riforme e non quello dedicato agli investimenti.

Volendo fare una breve panoramica dei principali investimenti previsti, possiamo annoverare:

  • Transizione 5.0 (6,3 miliardi di euro)
  • Rafforzamento delle smart grid (450 milioni di euro)
  • Resilienza climatica delle reti: (63,2 milioni di euro)
  • Produzione di idrogeno in aree industriali dismesse (90 milioni di euro)
  • Tyrrhenian Link  (500 milioni di euro)
  • Autoproduzione di energia da fonti rinnovabili nelle PMI (320 milioni di euro) 
  • Progetti pilota sulle competenze “Crescere Green†(100 milioni di euro)

Transizione 5.0, spesi solo 13 milioni dei 6 miliardi previsti

La realtà dei numeri è impietosa. Considerati in toto i fondi disponibili, secondo le informazioni deducibili dal catalogo open data di Italia domani, unica piattaforma su PNRR aggiornata periodicamente, meno del 5% degli interventi ad oggi conclusi risponde a infrastrutture o impiantistica. Sulle opere complesse c’è un ritardo incolmabile, che rende impossibile il raggiungimento dell’obiettivo. In particolare, per la Transizione 5.0, si parla di un fondo totale di 6,23 miliardi, di cui però sono stati spesi solo 13 milioni di euro. Come sottolinea la Corte dei Conti, la misura, che consiste in un regime di crediti d’imposta con l’obiettivo di sostenere la transizione dei processi di produzione verso un modello efficiente sotto il profilo energetico, sostenibile e basato sulle energie rinnovabili, di fatto non sta funzionando.

Perchè? La fruizione dei benefici non è automatica, essendo subordinata a complesse procedure amministrative, con un conseguente aumento delle tempistiche e degli oneri a carico delle imprese. Sono previste, inoltre, soglie minime di risparmio energetico che escludono dalla misura investimenti potenzialmente utili e molti settori strategici, tra cui quelli legati all’economia circolare e alla filiera industriale energivora.

Secondo i dati più recenti, a gennaio 2025 erano arrivate richieste di accesso ai fondi di questo strumento per soli 500 milioni di euro, poco meno dell’8% totale delle risorse a disposizione.

CER, acqua ed e-mobility

Anche per quanto riguarda le CER, Comunità Energetiche Rinnovabili, la situazione è critica. Dei 2,2 miliardi stanziati per una diffusione capillare sul territorio di queste realtà volte all’autoproduzione e l’autoconsumo di energia pulita, ne risultano impiegati solo €44,98 milioni, ossia il 2%.

In affanno, poi, il settore idrico, con 45.000 km di reti non realizzate, e quello delle colonnine elettriche, per il quale non si riusciranno a raggiungere gli obiettivi. Per la ricarica dei veicoli elettrici l’obiettivo nazionale aggiornato prevede l’installazione di 21.255 colonnine entro giugno 2026, di cui 13.755 in ambito urbano e 7.500 lungo le superstrade e autostrade.

Capitolo idrogeno: 40 stazioni previste, ma solo 18 domande

Nel caso delle stazioni di rifornimento a idrogeno l’obiettivo originario con 40 stazioni, era ambizioso, ma è evidente che il Paese annaspa anche su questo fronte. La relazione evidenzia che sono arrivate solo 18 domande, ben al di sotto del target.

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Data articolo: Thu, 17 Apr 2025 10:05:59 +0000 di Valentina Barretta
Space&Underwater
Tracce di vita aliena su un pianeta lontano 124 anni luce dalla Terra, cosa abbiamo trovato su K2-18b?

Tracce di vita aliena a 124 anni luce da noi?

Il team di ricerca guidato da Nikku Madhusudhan, dell’Institute of Astronomy dell’Università di Cambridge, ha rilevato nell’atmosfera dell’esopianeta K2-18b segnali compatibili con la presenza di dimetil solfuro (DMS) e dimetil disolfuro (DMDS). “Questi sono i primi indizi di un mondo alieno potenzialmente abitato“, ha dichiarato Madhusudhan in conferenza stampa, definendo i risultati “sbalorditivi“.

Si tratta di segnali rilevati dal telescopio spaziale James Webb ad una distanza di 124 anni luce dalla Terra, quindi qualcosa come 1.172.964.000.000.000 km (1,17 × 10¹ⵠkm).
Un pianeta quindi lontanissimo, di una lontananza per noi inimmaginabile. Basti pensare che Nettuno, che è il pianeta più lontano dalla Terra nel sistema solare, si trova “ad appena” 4,5 miliardi di km da noi. La sonda spaziale Voyager 2 ci ha messo 12 anni per raggiungerlo.

Queste molecole, sulla Terra, sono prodotte quasi esclusivamente da microbi marini. Per questo, se la rilevazione venisse confermata, si tratterebbe di una potenziale prova di vita extraterrestre, la prima nella storia dell’astronomia moderna.

I ricercatori, è bene sottolinearlo, non stanno dicendo che su quel pianeta ci sono organismi viventi, ma che sulla sua superfice c’è la possibilità di una “biofirmaâ€, cioè l’indicatore di un qualche processo biologico simile a quelli che avvengono sulla Terra.

Segnali biologici su esopianeti e nuove frontiere scientifiche (e commerciali?)

Per l’industria spaziale, una simile scoperta rappresenta una rivoluzione. Un mondo con vita — anche solo microbica — in un altro sistema stellare potrebbe rilanciare programmi di esplorazione planetaria, spingere nuove missioni scientifiche e attrarre investimenti privati nelle tecnologie di rilevamento atmosferico e nei sistemi di intelligenza artificiale per l’analisi dei dati astrobiologici.

La possibilità di una “nuova corsa allo spazioâ€, alimentata non più solo dall’interesse geostrategico, ma anche da una visione di lungo periodo su nuovi ecosistemi economici interplanetari. Gli “oceani alieni†potrebbero diventare nuove frontiere scientifiche e commerciali.

Scetticismo e rigore scientifico, sempre necessari

Tuttavia, la comunità scientifica invita alla cautela. Laura Kreidberg, astronoma del Max Planck Institute for Astronomy, sottolinea che “le affermazioni straordinarie richiedono prove straordinarie” e ricorda quanto sia difficile misurare con precisione la composizione chimica di atmosfere lontane milioni di chilometri.

Anche MÃ¥ns Holmberg, del Space Telescope Science Institute e co-autore della ricerca, è prudente: “Qualsiasi affermazione sulla vita in un altro pianeta richiede una giustificazione approfondita, e non siamo ancora a quel punto“. I dati saranno pubblici nei prossimi giorni, invitando l’intera comunità scientifica a eseguire analisi indipendenti.

Una prima doccia fredda, sempre relativa alla possibilità di tracce di vita aliena su K2-18b, l’abbiamo già subita esattamente un anno fa, con l’esame approfondito eseguito dal gruppo dell’Università California a Riverside, coordinato da Shang-Min Tsai.

James Webb e la nuova economia della conoscenza spaziale

Il telescopio spaziale James Webb Ã¨ un telescopio spaziale per l’astronomia a raggi infrarossi, lanciato il 25 dicembre 2021 dallo spazioporto di Arianespace a Kourou, nella Guiana francese, trasportato in orbita solare da un razzo Ariane 5.
Il telescopio è il frutto di una collaborazione internazionale tra l’Agenzia spaziale statunitense (NASA), l’Agenzia spaziale europea (ESA) e l’Agenzia spaziale canadese (CSA).

Il James Webb si conferma quindi non solo uno strumento scientifico straordinario, ma anche un acceleratore per l’economia spaziale del XXI secolo. Grazie alla sua capacità unica di sondare atmosfere di pianeti piccoli e lontani, il JWST è destinato a generare nuove opportunità industriali, dal data mining cosmico all’astrobiologia applicata.

La scoperta di oggi non è (ancora) la prova definitiva che non siamo soli, ma è il segnale che ci stiamo avvicinando a un’era in cui le questioni più profonde dell’umanità si intrecciano con nuovi modelli economici e tecnologici. L’oceano di possibilità, questa volta, è letterale.

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Data articolo: Thu, 17 Apr 2025 09:55:36 +0000 di Flavio Fabbri
Telecoms
Telemarketing selvaggio, Pastorella (AZ): ‘Bene la soluzione Agcom. Ma serve raccordo con il Parlamento’

“Accogliamo con favore l’annuncio del nuovo filtro anti-spoofing presentato da Agcom al ministro Urso durante il tavolo al Mimit svolto ieri. È un segnale importante dell’attenzione che le istituzioni stanno finalmente dedicando al contrasto del telemarketing selvaggio, un fenomeno che da troppo tempo danneggia i cittadini e ne mina la fiducia.â€
Lo dichiara la deputata di Azione Giulia Pastorella, firmataria di una proposta di legge specifica contro il cosiddetto CLI spoofing.

Diverse soluzioni anti-spoofing allo studio dell’Agcom

“Durante le recenti audizioni, ci era stato indicato che Agcom stesse esplorando diverse soluzioni tecnologiche per contrastare lo spoofing, non solo un singolo software,†aggiunge Pastorella. “Per questo auspico che la scelta finale resti aperta a più approcci tecnici, per garantire flessibilità e resilienza nel tempo.â€

Diversi paesi hanno adottato soluzioni diverse fra loro. C’è una pletora di soluzioni che vanno da quella francese a quella finlandese passando per quella americana. Perché limitarsi a sceglierne una soltanto?
“È fondamentale – prosegue Pastorella – che questo percorso proceda in pieno raccordo con il Parlamento, dove è in discussione la proposta di legge Longi. Siamo in procinto di depositare un emendamento che punta a integrare nella legge un riferimento al lavoro tecnico dell’Agcom, affinché le norme legislative e l’implementazione tecnica viaggino coerentemente e con efficacia. Mi auguro che possa essere accolto.â€

Ieri l’Agcom ha illustrato al ministro del Mimit Adolfo Urso un solo filtro anti-spoofing al tavolo tecnico sul telemarketing che si è tenuto al ministero. L’autorità sta svolgendo una consultazione per individuare le soluzione tecnologica più adeguate per contrastare il fenomeno dello spoofing.

Questa soluzione tecnologica dovrà essere integrata nella proposta di legge sul riordino del settore in discussione in Parlamento, e gli strumenti individuati per contrastare il fenomeno dello spoofing nel ciclo di audizioni sono molteplici. Anche in vista di futuri sviluppi e cambiamenti ed evoluzioni delle forme di spoofing, la richiesta è di non limitarsi ad un’unico software anti-spoofing, ma di lasciare agli operatori la possibilità di scegliere il più adeguato fra diversi strumenti anti-spoofing disponibili.

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Data articolo: Thu, 17 Apr 2025 13:49:54 +0000 di Paolo Anastasio

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