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Tennis a cura di Daniele Fiori
Coppa Davis, oggi l’Italia in semifinale: il Belgio è una mina vagante | Programma, orari e diretta tv

Bologna spera in un’altra grande giornata di tennis. Oggi l’Italia scende in campo nella semifinale di Coppa Davis contro il Belgio: nonostante le assenze di Jannik Sinner e Lorenzo Musetti, l’obiettivo alla portata degli azzurri è la terza finale consecutiva. Inutile nascondersi: la squadra guidata da Filippo Volandri è la favorita e può puntare a giocarsi un’altra Insalatiera nella finalissima in programma domenica. Ai quarti contro l’Austria, prima Matteo Berrettini e poi soprattutto Flavio Cobolli hanno dimostrato di avere la forma giusta. E il pubblico della SuperTennis Arena tutto a tifare azzurri può essere un fattore determinante. Il Belgio sulla carta è un avversario abbordabile, tutti si aspettavano una semifinale contro la Francia: proprio per questo, però, non va sottovaluto.

La squadra belga è una mina vagante. E ha già fatto vittime illustri: prima dei transalpini, si è guadagnata il pass per Bologna eliminando l’Australia. L’artefice principale di questa impresa è il 23enne Raphael Collignon, oggi numero 86 al mondo. È reduce da una stagione pessima: 8 vittorie e 10 sconfitte nel circuito Atp. Eppure nella già citato match contro l’Australia fu in grado di battere prima Alex De Minaur e poi Aleksandar Vukic. Anche a Bologna ha battuto il più quotato Corentin Moutet, seppur approfittando di una follia del francese nel momento decisivo del secondo set. Insomma, il succo del discorso è che Matteo Berrettini dovrà fare molta attenzione: salvo sorprese, sarà lui il singolarista numero 2 schierato da Volandri, il primo a rompere il ghiaccio come nei quarti contro l’Austria.

Berrettini, seppure ancora lontano dalla versione che raggiunse la Top 10, con il suo servizio e la sua esperienza può gestire Collignon, spegnere ogni velleità di ribaltone. Inutile aggiungere che il suo match è il più delicato: una vittoria darebbe all’Italia la tranquillità necessaria per raggiungere la finale. Nello specifico, darebbe una grande spinta a Flavio Cobolli, che sicuramente giocherà il secondo singolare contro il numero 1 belga, Zizou Bergs. Il 23enne azzurro numero 22 al mondo, dopo un autunno difficile, a Bologna ha messo subito in mostra il suo miglior tennis. Un segnale incoraggiante: questo Cobolli può battere Bergs, numero 43 al mondo che ha avuto nelle ultime settimane l’acuto dei quarti a Shanghai. L’Italia, non va dimenticato, può contare in caso di necessità anche sulla carta del doppio: se Andrea Vavassori e Simone Bolelli dovessero scendere in campo nel match decisivo, sarebbero i favoriti contro la coppia belga Gille-Vliegen ma anche in caso di eventuali cambi di formazione. Insomma, la bilancia pende dalla parte degli azzurri: il tutto però andrà dimostrato sul campo, come non sono riuscite a fare Francia e Australia.

Oggi Italia-Belgio, semifinale di Coppa Davis | Il programma

Venerdì 21 novembre: Italia – Belgio

  • Ore 16, primo match singolare: Matteo Berrettini vs Raphael Collignon
  • A seguire, secondo match singolare: Flavio Cobolli vs Zizou Bergs
  • A seguire (se necessario), match di doppio: Bolelli/Vavassori vs Gille/Vliegen

Coppa Davis, dove vedere oggi in tv Italia-Belgio

Le partite della Coppa Davis 2025 sono trasmesse in Italia in diretta tv in chiaro su Supertennis (canale 64 del digitale terrestre) e in streaming su supertennis.tv e sulla piattaforma SuperTenniX. Oggi, venerdì 21 novembre, la semifinale tra Italia e Belgio è visibile in diretta tv anche su Rai 1 e su RaiSport (a seconda degli orari), così come in streaming su RaiPlay.

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Data articolo:Fri, 21 Nov 2025 05:27:34 +0000
Cronaca a cura di F. Q.
Test Medicina, foto online prima della fine dell’esame. Il ministero: “Pronti ad annullare le prove dei responsabiliâ€

Video e foto dei test d’ammissione ai corsi di laurea in Medicina, Odontoiatria e Veterinaria sono circolati online e sui social prima della fine dell’esame, provocando la reazione del ministero dell’Università e della Ricerca, che minaccia di annullare le prove dei candidati responsabili. “Tutte le immagini degli esami attualmente in circolazione saranno trasmesse agli atenei, per mezzo della Conferenza dei rettori, affinché possano essere individuati i responsabili e ripristinato il pieno rispetto delle procedure previste, incluso l’annullamento della prova, come prevede il regolamento”, fa sapere ufficiosamente il ministero, specificando che “continua il monitoraggio in corso per segnalare anche nuovi contenuti eventualmente pubblicati”.

Sulla vicenda interviene anche la Crui, la Conferenza dei rettori, con una nota firmata dalla presidente Laura Ramaciotti: “Totale intransigenza verso chi diffonde e pubblica online o con qualsiasi mezzo le immagini degli esami per l’accesso a Medicina, Odontoiatria e Veterinaria. Sono certa che tutti gli atenei adotteranno la massima fermezza nell’individuazione dei responsabili di questi atti per ripristinare il rispetto di tutte le procedure. In alcuni casi gli atenei sono già tempestivamente intervenuti ritardando e annullando i compiti. Le università vigileranno perché questi fatti non si ripetano”, afferma.

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Data articolo:Thu, 20 Nov 2025 21:15:56 +0000
Cronaca a cura di F. Q.
I bambini della famiglia che vive nel bosco a Chieti andranno in comunità

I tre bambini della famiglia anglo-australiana che vive senza elettricità, acqua e gas nella casa nel bosco nella provincia di Chieti dovranno lasciare l’abitazione e trasferirsi in una comunità educativa, dove resteranno insieme alla madre per un periodo di osservazione. Lo prevede un provvedimento del tribunale per i minorenni dell’Aquila, eseguito oggi con l’intervento di assistenti sociali e forze dell’ordine.

La vicenda era finita all’attenzione della Procura minorile dell’Aquila lo scorso anno, dopo un ricovero ospedaliero dei bambini a seguito di un’intossicazione da funghi. Un controllo dei carabinieri nella casa aveva portato a una segnalazione che aveva comportato la sospensione della potestà genitoriale, senza però interrompere l’affidamento dei minori alla famiglia.

Con il nuovo provvedimento, tuttavia, i bambini dovranno stare nella comunità indicata dal tribunale, mentre la madre resterà al loro fianco. I genitori ribadiscono che la loro scelta non nasce da negligenza, ma dal desiderio di vivere a contatto con la natura, tutelando il legame con i figli e con gli animali. La vicenda ha attirato l’attenzione dei media nazionali e dei social, dove oltre 30mila persone hanno firmato una petizione online a sostegno della famiglia, arrivata a Palmoli, il piccolo paese di circa 800 abitanti nel Chietino.

La scelta dei genitori di vivere lontano dai centri urbani, senza collegamenti a elettricità, acqua e gas, ha scatenato un acceso dibattito tra chi sostiene lo stile di vita alternativo e chi lo critica. I genitori hanno sempre difeso la decisione di crescere i figli – una bambina di 8 anni e due gemelli di sei – immersi nella natura, optando per l’istruzione domestica con l’aiuto di un’insegnante privata molisana.

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Data articolo:Thu, 20 Nov 2025 20:59:27 +0000
Politica a cura di Thomas Mackinson
Ecco il documento riservato con cui il Garante Privacy voleva spiare i suoi stessi dipendenti

Ecco il documento incriminato, quello che ha causato le prime dimissioni al Garante della Privacy. Il segretario generale Angelo Fanizza le ha rassegnate questa sera, poche ore dopo la pubblicazione della notizia che rischia di travolgere definitivamente l’Autorità, di certo la sua credibilità. Un atto interno, protocollato alle 11:22 del 4 novembre 2025, in cui Fanizza ordina al dirigente della sicurezza informatica, Cosimo Comella, di acquisire con “effetto immediato†una mole immensa di dati interni dell’Autorità. Non un controllo mirato: tutte le email dei dipendenti, gli accessi VPN, le cartelle condivise, gli spazi di rete, i sistemi documentali, fino ai sistemi di sicurezza. E poi l’ordine più grave: “evitare che si verifichi la sovrascrittura dei log su tutti i sistemiâ€. Significa congelare ogni traccia di attività dei lavoratori per anni. L’intera operazione doveva essere copiata “su uno o più DVD†e consegnata direttamente al segretario generale. Tutto “riservato e interpersonaleâ€.

È il cortocircuito perfetto: l’Autorità che dovrebbe difendere la privacy degli italiani chiede di violare quella dei suoi stessi dipendenti. E non per fini istituzionali dichiarati: nelle ore successive i lavoratori scopriranno che il vero obiettivo era trovare chi parlava con i giornalisti. È questo il detonatore della rivolta che porta l’assemblea ad approvare all’unanimità la richiesta di dimissioni del Collegio.

La risposta di Comella, protocollata il 5 novembre alle 13:04, è un documento destinato a rimanere nella storia dell’ente. Il dirigente blocca tutto, spiegando che l’ordine configurerebbe “una violazione del diritto costituzionale alla segretezza della corrispondenza†e delle norme sulla protezione dei dati. Ricorda che il Garante ha sanzionato decine di aziende per aver fatto esattamente ciò che ora chiede di fare ai suoi tecnici: accedere alle email dei lavoratori senza base giuridica, monitorare gli accessi, trattenere log oltre i limiti. Senza una richiesta dell’autorità giudiziaria – scrive – è illegale.

Comella richiama le Linee Guida del 2007, che vietano l’accesso ai messaggi email dei dipendenti senza garanzie, e il provvedimento “metadati†del 6 giugno 2024, che fissa a 21 giorni la conservazione dei log, salvo accordi sindacali o autorizzazione dell’Ispettorato del Lavoro. Fanizza chiedeva la conservazione integrale di 24 anni di dati, e il blocco totale dei log. Un ordine incompatibile con qualsiasi norma vigente.

Poi c’è la parte tecnica, quasi surreale: per copiare i dati richiesti servirebbero 20.000 DVD, circa 4.000 ore di lavoro – un anno e mezzo di un tecnico dedicato – e oltre 100 terabyte di spazio, con la necessità di una piattaforma capace di analizzarli. Una richiesta tecnicamente ingestibile e giuridicamente proibita, come sottolinea Comella: “Costituirebbe una paradossale violazione di norme emanate dallo stesso Garanteâ€, con un danno reputazionale “immensoâ€.

Il documento si chiude con una nota amara: il dirigente, in partenza per ferie, mette a disposizione due referenti “di elevata professionalità†per eventuali “analisi forensiâ€, ribadendo però che una simile richiesta “non può essere accoltaâ€.

I dipendenti esplodono in un applauso di cinque minuti per Comella. Questa sera, davanti all’evidenza di quell’ordine, Fanizza ha lasciato l’incarico. In serata il Collegio del Garante ha diramato una nota nella quale sostiene di essere completamente estraneo all’iniziativa del segretario Generale mentre i lavoratori che erano riuniti in assemblea non è così. Fanno anzi sapere che “lo stesso Collegio ha confermato di esserne a conoscenza” durante l’assemblea che proprio per questo è culminata con una richiesta di dimissioni di tutti e quattro i garanti.

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Data articolo:Thu, 20 Nov 2025 20:04:34 +0000
Sport News a cura di Domenico Cannizzaro
Olimpia Milano-Hapoel Tel Aviv, la protesta davanti al Forum contro la squadra israeliana: “Oggi partita, gli altri giorni genocidioâ€

Bandiere palestinesi, striscioni e cori al grido di “vergogna, vergogna”. Decine di manifestanti, giovedì 20 novembre, hanno protestato davanti all’Unipol Forum di Assago contro la presenza della squadra israeliana dell’Hapoel Tel Aviv (che, per la cronaca, sfida il team di casa, l’Olimpia Milano, nel match di Eurolega). “Israele usa la pallacanestro per ripulire la propria immagine. Lo fa anche con il calcio e il ciclismo. E ciò è intollerabile”. Su uno striscione campeggia la scritta: “Giovedì partita, lunedì genocidio”.

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Data articolo:Thu, 20 Nov 2025 19:41:22 +0000
Cronaca a cura di F. Q.
Femminicidio di Sofia Stefani, ergastolo all’ex vigile Giampiero Gualandi. La pm: “Ennesimo narcisista diventato assassinoâ€

La Corte d’Assise di Bologna ha condannato all’ergastolo Giampiero Gualandi, 64enne ex comandante della polizia locale di Anzola dell’Emilia (Bologna), per l’omicidio volontario aggravato dell’ex collega Sofia Stefani, 33 anni, con cui aveva una relazione extraconiugale. Il verdetto è arrivato dopo sette ore di camera di consiglio. La Corte ha accolto la richiesta dell’accusa, rappresentata dalla procuratrice aggiunta Lucia Russo, mentre la difesa di Gualandi avrebbe voluto la riqualificazione del reato in omicidio colposo. Riconosciuta l’aggravante del legame affettivo con la vittima, mentre è caduta quella dei futili motivi. Le motivazioni della sentenza saranno depositate entro novanta giorni.

Sofia Stefani fu uccisa il 16 maggio 2024 al comando di Anzola, nell’ufficio di Gualandi, da un proiettile partito dalla pistola d’ordinanza dell’uomo: per la difesa si è trattato di un colpo partito accidentalmente, per la Procura, invece, di un femminicidio deliberato. “Sofia ha condiviso il destino di tante donne che hanno abbracciato l’uomo sbagliato“, ha detto la pm nella sua requisitoria, definendo il vigile “l’ennesimo narcisista che si è trasformato in assassino”, uccidendo l’amante “perché non riusciva più a controllarla e a governarla”. La Corte ha stabilito un risarcimento di 600mila euro a testa per i genitori di Sofia Stefani, Angela Querzè e Bruno Stefani, di 500mila euro per il fidanzato, Stefano Guidotti, e di 30mila euro per il Comune di Anzola.

“Quando c’è una sentenza di ergastolo e succedono delle cose di questo genere la società ha fallito. Però per Sofia credo che fosse giusto avere giustizia. Mia figlia non c’è più, per noi il lutto prosegue e proseguirà per tutta la vita, ma credo che lei si meritasse giustizia e quindi che la sentenza sia giusta”, ha commentato la madre Angela Querzè. “Penso che la manipolazione su Sofia c’è stata, è stata davvero molto pesante, molto reiterata. La sentenza però ha fatto giustizia, ma ripeto, mi dispiace perché quando la società fallisce in questo modo la responsabilità è di tutti noi. Quindi Sofia non c’è più e noi abbiamo cercato solamente di darle voce”, ha aggiunto.

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Data articolo:Thu, 20 Nov 2025 19:28:53 +0000
Politica a cura di Thomas Mackinson
Crolla il Garante della Privacy: si dimette il segretario Fanizza. L’assemblea dei lavoratori sfiducia l’intero collegio

Il Segretario Generale Angelo Fanizza si è dimesso. La decisione arriva dopo una riunione straordinaria di questa mattina in sala Rodotà che ha esposto il Garante della Privacy a uno dei momenti più imbarazzanti della sua storia istituzionale. Fanizza aveva ordinato al dirigente della sicurezza informatica Cosimo Comella di acquisire tutte le email dei dipendenti dal marzo 2001 — 24 anni di corrispondenza — insieme agli accessi VPN, cartelle condivise e il blocco dei log. L’obiettivo dichiarato: trovare chi stava parlando con Report e il Fatto Quotidiano su questioni delicate riguardanti il Garante.

Una richiesta illegale e illegittima che contraddice completamente la missione dell’Autorità, che ha sanzionato decine di aziende per aver fatto esattamente questo. Comella ha risposto il giorno dopo rifiutandosi di eseguire l’ordine significherebbe una “paradossale violazione delle norme emanate dallo stesso Garante”. Inoltre ha aggiunto Comella che dal punto di vista tecnico servirebbero 20mila DVD, 4.000 ore di lavoro, un anno e mezzo per la sola masterizzazione.

Quando la risposta di Comella è stata letta in assemblea di fronte a 140-150 dipendenti presenti, tutta la sala si è alzata in piedi applaudendolo per 5 minuti. Nella pausa, i lavoratori hanno votato all’unanimità la richiesta di dimissioni sia del collegio dirigente che di Fanizza. Durante il dibattito Fanizza aveva sbottato cercando di coinvolgere il collegio, ma nessuno ha risposto. C’è stato anche un tentativo di accesso non autorizzato ai server durante la caccia alla talpa. Le dimissioni di Fanizza sono il primo passo verso la ricomposizione della crisi.

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Data articolo:Thu, 20 Nov 2025 19:27:36 +0000
Mondo a cura di Valerio Cattano
Sei dem invitano l’esercito a non obbedire a ordini illegali, Trump invoca per loro la pena di morte

“COMPORTAMENTO SEDIZIOSO, PUNIBILE CON LA MORTE!â€. Come è nello stile del presidente Donald Trump, la pubblicazione sul suo social, Truth, è tutta in maiuscolo. In questo modo il capo della Casa Bianca invoca la pena capitale per sei esponenti democratici che avevano esortato i militari a non ubbidire a ordini illegali provenienti dall’amministrazione in carica. La reazione è stata sdegnata e preoccupata allo stesso tempo: qualcuno ha ricordato che durante la rivolta della sua base a Capitol Hill, il 6 gennaio 2021, Trump difese i cori della sua base che inneggiavano all’impiccagione del vice presidente Pence, perchè aveva ratificato la vittoria di Joe Biden a dispetto della narrazione del leader repubblicano che parlava di brogli elettorali.

Ma chi sono questi esponenti della “sedizioneâ€? Si tratta dei senatori Elissa Slotkin, ex analista della CIA e veterana della guerra in Iraq, e Mark Kelly, ex astronauta e veterano della Marina, assieme a Jason Crow, Maggie Goodlander, Chris Deluzio e Chrissy Houlahan. Nel video che hanno pubblicato, i dem non parlano di episodi specifici e si rivolgono direttamente ai membri dell’esercito e dell’intelligence affermando che l’amministrazione Trump sta mettendo queste istituzioni contro il popolo americano, minacciando i principi della Costituzione degli Stati Uniti.

“Sappiamo che in questo momento siete sottoposti a un enorme stress e a una forte pressione. Le nostre leggi sono chiare: potete rifiutare ordini illegaliâ€, ha detto Kelly. Slotkin ha aggiunto: “Abbiamo bisogno che difendiate le nostre leggi, la nostra Costituzione. Non abbandonate la naveâ€. Dopo che il presidente aveva pubblicato il suo commento, il senatore dem Chris Coons, che fa parte della sottocommissione per gli stanziamenti del Senato alla Difesa, ha replicato: “Chiedere l’esecuzione di senatori e membri del Congresso è un comportamento agghiacciante che dovremmo aspettarci da autoritari come Orban o Putin, non dal presidente degli Stati Uniti. Ogni esponente repubblicano deve condannare queste frasiâ€.

I democratici della Camera hanno definito le frasi su Truth “minacce di morte disgustose e pericolose†e invitano Trump a “cancellare immediatamente questi post squilibrati sui social media e ritrattare la sua retorica violenta prima che faccia uccidere qualcunoâ€. Il leader della minoranza Hakeem Jeffries, il capogruppo democratico Katherine Clark e il presidente del Caucus democratico Pete Aguilar hanno aggiunto di essersi messi in contatto con la polizia di Capitol Hill per assicurarsi che i deputati e le loro famiglie non corrano pericoli.

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Data articolo:Thu, 20 Nov 2025 19:15:03 +0000
Zonaeuro a cura di F. Q.
“Una vergognosa autocensuraâ€, “la destra Ue vuole insabbiare i problemi dell’Italiaâ€: le reazioni all’annullamento della missione dell’Eurocamera

Gli alleati progressisti protestano, le opposizioni di sinistra insorgono, mentre la destra italiana gongola dopo il blitz col quale il presidente del Partito Popolare Europeo, Manfred Weber, ha chiesto e ottenuto, col sostegno dell’estrema destra, l’annullamento della missione della commissione per le libertà civili del Parlamento europeo (LIBE) per verificare la situazione dello stato di diritto e la libertà di stampa in Italia. Uno stop che, confermano fonti vicine al dossier, ha lo scopo di non disturbare il governo di Giorgia Meloni nell’anno del referendum sulla giustizia, dato che gli eurodeputati si sarebbero concentrati su questioni legate anche alla libertà di stampa e, appunto, la giustizia.

Per farlo, il Ppe si è sganciato dalla cosiddetta maggioranza Ursula e ha chiesto l’appoggio dell’estrema destra. E non è la prima volta dall’inizio della nuova legislatura europea, così da provocare la reazione dei partiti progressisti che si sono alleati con la famiglia popolare. “La destra italiana sta fallendo i suoi obiettivi di governo, ha paura e cerca continui nemici . Oggi blocca la missione del Parlamento europeo per monitorare la situazione dello stato di diritto e della stampa in Italia. Di cosa ha paura?”, chiede Nicola Zingaretti, capodelegazione Pd al Parlamento europeo. Il suo compagno di partito e vicepresidente proprio della commissione LIBE, Alessandro Zan, rincara la dose: “In Italia, a causa del governo Meloni, esistono evidenti problemi di stato di diritto e rispetto dei diritti fondamentali, come già accertato dal gruppo di monitoraggio sullo stato di diritto della Commissione LIBE di cui sono membro. Le destre stanno cercando di insabbiare il nostro lavoro e il Ppe si è alleato con l’estrema destra, venendo meno ai patti stipulati con i gruppi progressisti in un accordo già siglato. Questo comportamento irresponsabile mina la credibilità del Parlamento europeo e indebolisce le azioni a sostegno dello stato di diritto, dei diritti fondamentali, della lotta alla corruzione, dell’indipendenza dalla magistratura, della stampa e dei diritti delle persone Lgbtqia+. La missione rappresentava la naturale conseguenza di questi allarmanti dati, ed era stata approvata e condivisa da S&D, Ppe, Renew, Verdi e Sinistra. Tuttavia, i popolari si sono tirati indietro, e ora le destre vogliono mettere tutto sotto il tappeto“.

Dure anche le opposizioni, con il Movimento 5 Stelle che parla per bocca di Gaetano Pedullà, anche lui membro della commissione LIBE: “La Conferenza dei Presidenti del Parlamento europeo ha affossato una missione per verificare il rispetto dello stato di diritto in Italia. Rivela una vergognosa autocensura orchestrata dai gruppi politici di destra per salvare il governo Meloni. Il Ppe ha infatti cambiato posizione rispetto a quanto già votato e approvato nella Commissione per le libertà civili, la giustizia e affari interni del Parlamento europeo. La missione, infatti, era stata già approvata dai coordinatori di questa Commissione con il voto favorevole dell’eurodeputata tedesca Lena Dupont. La missione dava seguito all’audizione dello scorso mese di maggio promossa dal working group sulla democrazia, lo stato di diritto e i diritti fondamentali presieduto dall’ex premier belga Sophie Wilmès. Adesso capiamo perché Fratelli d’Italia e Lega stanno votando tutte quelle ‘marchette’ alle multinazionali proposte dal Ppe, in cambio vogliono mettere una museruola sulla progressiva contrazione in Italia dell’indipendenza della stampa, della magistratura e delle libertà civili, sociali e democratiche. Ma così facendo è l’istituzione stessa del Parlamento europeo a perdere ogni briciolo di credibilità perché dimostra inaccettabili doppi standard”.

Si esulta invece sulla sponda destra dell’emiciclo, con l’eurodeputato di Fratelli d’Italia, Nicola Procaccini, secondo cui “la Conferenza dei Capigruppo dell’Eurocamera ha dimostrato che oggi per le sinistre non è più facile come un tempo utilizzare le missioni parlamentari all’estero per fini politici. Ora che le maggioranze sono cambiate la questione gli si è ribaltata contro”.

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Data articolo:Thu, 20 Nov 2025 19:14:20 +0000
Cronaca Nera a cura di F. Q.
“Nessuno di noi aveva compreso la gravità del fattoâ€, uno dei ragazzi in carcere per il pestaggio dello studente si dice “sconvoltoâ€

Dopo due giorni di carcere, il clamore e la condanna unanime, forse tra i ragazzini, arrestati per aver pestato brutalmente un studente per rapinarlo a Milano, comincia a farsi largo un po’ di consapevolezza. “Nessuno di noi aveva compreso la gravità del fatto” ripete in carcere, come riporta l’Ansa, uno dei due 18enni arrestati il 18 novembre, assieme a tre 17enni, per il tentato omicidio nella zona della movida milanese di corso Como. La vittima, uno studente bocconiano di 22 anni, pestato con violenza e poi accoltellato, ha lesioni permanenti.

Il ragazzo poco più che maggiorenne, italiano e con genitori di origine egiziana, accusato di aver fatto da “palo” e detenuto come l’amico a San Vittore, ha incontrato in carcere il suo difensore, l’avvocata Elena Patrucchi. “Ha ripetuto più volte – ha spiegato la legale – che lui era lontano dagli altri e che era assolutamente convinto che fosse solo una zuffa di poco conto. Quando ha saputo, invece, dopo del tempo, che era stato usato il coltello, è rimasto sconvolto ed è sconvolto anche ora. Ha detto ancora – ha aggiunto la legale – che secondo lui nessuno aveva compreso la gravità del fatto”. Secondo l’accusa il giovane sarebbe stato una sorta di palo e avrebbe partecipato quindi all’azione. Inoltre che la vittima fosse grave emerge chiaramente dalle intercettazioni in cui il branco di augurava la morte del ragazzo.

L’indagato risponderà venerdì alle domande della giudice per le indagini preliminari Chiara Valori, che in mattinata a San Vittore interrogherà anche l’altro maggiorenne, difeso da Giovanni Giovanetti, mentre i tre 17enni, anche loro tutti residenti a Monza, assistiti dai legali Gaetano Della Valle e Luca Favero e detenuti nel carcere minorile Beccaria, saranno sentiti dal gip del Tribunale per i minorenni. Qualcuno degli arrestati, da quanto si è saputo, sta pensando anche di scrivere una lettera alla famiglia della vittima dell’aggressione.

L’altro maggiorenne, stando alla ricostruzione nelle indagini della Polizia e del pm Andrea Zanoncelli – passata per le analisi delle telecamere, ma anche per intercettazioni ambientali che sono, in pratica, delle confessioni – ha inferto materialmente quelle due coltellate, che hanno causato le lesioni polmonari e spinali al 22enne, “rimasto paraplegico”.

I tre minori, invece, sono accusati di aver sferrato calci e pugni, anche quando il giovane era inerme a terra, ma tutti e cinque gli arrestati rispondono del tentato omicidio. In quattro per concorso “morale”, perché avrebbero “rafforzato” il proposito dell’accoltellatore. Anzi, si legge negli atti, non solo hanno “abbandonato” lo studente “sanguinante” in strada, ma hanno “proseguito la loro serata”. Nessuno “è apparso turbato” per quelle violenze culminate “nell’accoltellamento”, manifestando così, scrivono i magistrati, “adesione alla condotta criminosa”.

Ridevano, poi, come evidenziato sempre nelle ordinanza, quando dicevano, tra le altre cose, che il 22enne sarebbe rimasto “paralizzato” e che speravano morisse, con una “ilarità” che dimostra tutta la loro “disumana indifferenza”. E non basta perché, come risulta soprattutto dalle intercettazioni ambientali in Questura dopo le perquisizioni di fine ottobre, erano anche pronti a “cimentarsi nuovamente”, scrive la gip Valori, nello “sfogare” quella loro violenza “gratuita” per portarsi a casa la prossima volta più di una banconota da 50 euro.

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Data articolo:Thu, 20 Nov 2025 18:57:45 +0000
Cronaca a cura di Alberto Sofia
“Dichiarare nulli i contratti tra Leonardo e le sue controllate con Israeleâ€: il ricorso delle Ong contro la vendita di armi
“Dichiarare nulli i contratti stipulati da Leonardo Spa e le sue controllate con lo Stato di Israele, relativamente alla vendita e alla fornitura di armi all’IDF, le forze armate dello Stato d’Israele“. Con questo obiettivo, lo scorso 29 settembre un gruppo di ong – AssoPacePalestina, A Buon Diritto, ATTAC Italia, ARCI, ACLI, Pax Christi, Un Ponte Per – e la dottoressa Hala Abulebdeh o Abu Lebdeh, cittadina palestinese (rappresentate e difese dagli Avvocati Luca Saltalamacchia e Veronica Dini, affiancati dagli Avvocati Michele Carducci e Antonello Ciervo), hanno depositato al Tribunale civile di Roma un atto di citazione notificato a Leonardo ed allo Stato italiano. “Abbiamo ribattezzato la nostra campagna In nome della legge’. Giù le armi, Leonardo” perché per noi questo ricorso è una richiesta di obbedienza. Noi abbiamo l’articolo 11 della Costituzione, una legge sul commercio delle armi, la 185/1990, ancora in vigore seppur sotto attacco. E c’è la normativa internazionale. Bisogna che tutti rispettino queste norme. Difendiamo il diritto di giustizia, l’unico potere di chi il potere non ce l’ha”, ha rivendicato Raffaella Bolini, vicepresidente Arci, nel corso di una conferenza stampa a Roma.
Secondo quanto denunciato dalle associazioni, la vendita e la fornitura di armi a Israele da parte di Leonardo Spa sarebbe in contrasto anche con quanto previsto nei Codici etici e negli strumenti di due diligence della stessa Leonardo Spa: “Sul sito web della Leonardo viene anche chiarito che l’azienda non solo si impegna a rispettare i codici etici, ma anche che è pronta ad assumersi le proprie responsabilità nel caso in cui siano infranti. Siamo qui per sfidare Leonardo e il governo italiano, dato che il ministero dell’Economia e delle Finanze è azionista di maggioranza, con una partecipazione del 30%: vediamo le carte”, rivendica Marco Bersani di ATTAC Italia. E ancora: “Se per qualcuno nel nostro governo il diritto internazionale ‘vale fino a un certo punto‘, per noi vale sempre. E questo ricorso è un modo per dire che esistono ancora delle regole”.
Un atto necessario, secondo le associazioni, di fronte agli oltre 70mila morti a Gaza e a un “genocidio che è in corso tutt’ora”, come ha rivendicato Luisa Morgantini, di AssoPace Palestina. E di fronte a quanto avviene in Cisgiordania. “Se il Tribunale civile di Roma riconoscerà la nullità dei contratti di fornitura di armi, Leonardo e lo Stato italiano non potranno più garantire sostegno militare ad Israele”, spiegano i ricorrenti. Allo stesso modo viene così richiesto alla magistratura che sia vietata la futura vendita di armi e di tecnologie militari a Israele, in particolare “quelle ad oggi utilizzate nelle operazioni di terra e di cielo contrarie al diritto internazionale, condotte contro la popolazione palestinese”. “Abbiamo individuato una serie di contratti che, pur non essendo pubblici sul piano documentale, ci risultano essere quelli collegati alle azioni militari portate avanti dall’IDF a Gaza come in Cisgiordania”, ha precisato l’avvocato Ciervo, a margine della conferenza. In particolare, ha sottolineato il legale Luca Saltalamacchia, “parliamo sia di veicoli, come aerei o elicotteri, sui quali vengono addestrati piloti che poi salgono sugli F35 ed F16 per bombardare la Striscia, ma non solo”. Perché le associazioni ricorrenti sottolineano quali siano gli ordini che Leonardo ha verso Israele: “Finora disponiamo di documenti relativi a componenti per velivoli F-35 prodotti principalmente attraverso la filiale britannica di Leonardo. Allo stesso modo Leonardo continuerà a effettuare riparazioni e a fornire pezzi di ricambio per la flotta di velivoli M-346. Poi ci sono i radar di difesa a corto raggio e anti-drone: nel luglio 2022, Leonardo ha acquisito la società israeliana RADA Electronic Industries, che ha partecipato allo sviluppo di “Iron Fistâ€, un sistema di protezione attiva montato sui nuovi veicoli corazzati da combattimento (AFV) dell’IDF, gli Eitan a otto ruote”.
E ancora, precisa il team legale, “Leonardo. attraverso le sue controllate con sede negli Stati Uniti, supporta la mobilità dei veicoli pesanti dell’IDF fornendo speciali autocarri a due assi. E ci sono anche i cannoni navali 76/62 Super Rapido MF prodotti negli stabilimenti della controllata OTO Melara a La Spezia, in Italia, utilizzati per armare le nuove corvette della Marina israeliana. Ma soprattutto i componenti per bombe GBU-39: ovvero le alette che si dispiegano dopo il lancio, consentendo alla bomba GBU-39 di essere guidata con estrema precisione verso il suo obiettivo”. Di fronte a quanto dichiarato dall’ad di Leonardo Roberto Cingolani, che aveva minimizzato sui contratti pregressi e bollato come “false le accuse a Leonardo sulle forniture a Israele”, Saltalamacchia ha replicato: “Leonardo si difende dicendo ‘io ho avuto un’autorizzazione quindi lo faccio, se questa cosa non si poteva fare doveva pensarci lo Stato’. Ma nonostante ci siano delle autorizzazione amministrative, non è detto che quello che viene autorizzato non possa essere annullato da un magistrato nel caso vengano violati i diritti soggettivi di terzi soggetti”. E ancora: “Rispetto alla responsabilità di Leonardo sulle sue controllate, dire come ha fatto l’ad di non poter fare nulla perché soggiace a leggi di altri ordinamenti è vero in parte, perché anche in Italia esistono regole che governano i gruppi societari. Ci sono obblighi della capogruppo, considerati in modo dettagliato anche nel codice etico di Leonardo. È una scusa che non regge”.

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Data articolo:Thu, 20 Nov 2025 18:25:43 +0000
Mondo a cura di Luisiana Gaita
Paura alla Cop 30 del Brasile, incendio nella zona dei padiglioni dei Paesi: partecipanti evacuati, nessun ferito

Momenti di paura alla Cop 30 del Brasile: un incendio è divampato nello spazio della Zona Blu, dove si svolgono i negoziati che si stanno portando avanti – tra mille difficoltà – a Belém. È accaduto intorno alle 18 (alle 14 ora locale), in quella che dovrebbe essere la giornata che precede la chiusura. Le fiamme e il fumo si sono propagati nella zona dei padiglioni dei vari Paesi, proprio dietro il padiglione dell’Italia, nei pressi dell’ingresso della Cop. I partecipanti al vertici sono stati fatti evacuare verso la Green Zone, dall’altra parte del complesso che ospita la Conferenza delle Parti sul clima. Evacuata anche la sala stampa dove stavano lavorando reporter provenienti da tutto il mondo. Tra loro anche diversi giornalisti italiani. Contemporaneamente agenti della sicurezza e personale delle Nazioni Unite sono intervenuti, cercando di spegnere le fiamme con gli estintori. Sul posto anche i vigili del fuoco, che hanno messo in sicurezza l’area. Intorno alle 14.30, il ministro del Turismo brasiliano, Celso Sabino, ha dichiarato che l’incendio era sotto controllo. Il governo di Pará, invece, ha riferito che non ci sono stati feriti, ma non sono ancora note le cause che hanno provocato l’incendio.

Video X e @andre_grieco

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Data articolo:Thu, 20 Nov 2025 18:13:40 +0000
Media a cura di Serenella Bettin
L’inchiesta di FarWest (Rai 3) sul panino Camogli: “Venduto negli Autogrill a 8 euro, ne costa 1,66 euroâ€

Negli Autogrill viene venduto a 8 euro. Ma all’azienda simbolo delle nostre autostrade, il celebre Camogli, costa poco più di 1 euro. Prodotto per giunta da una ditta di pulizie. A rivelarlo è la seconda parte dell’inchiesta di Andrea Sceresini e Claudia Carotenuto, in onda domani sera a FarWest, il programma condotto da Salvo Sottile tutti i venerdì in prima serata su Rai 3. “Come molti altri panini Autogrill – spiegano dalla redazione – il Camogli in realtà è uno snack preconfezionato, che fino al 2024 era prodotto in una fabbrica di Teramo, la Richetti spaâ€.

Un panino che in alcuni punti ristoro arriva a costare anche 8 euro e 70 centesimi, ma che all’azienda costa esattamente 1 euro e 66 centesimi, come certificato da una bolla di spedizione di cui FarWest è in possesso. “Una cifra talmente bassa – raccontano da FarWest – che per poter mantenere in piedi la produzione, la Richetti è stata costretta a subappaltarla a una cooperativa di pulizie, i cui lavoratori operavano con un “contratto pirata”, che non prevedeva, peraltro, la manipolazione del cibo, guadagnando meno di quattro euro lordi all’ora.

“La Richetti – spiega l’inviato Sceresini – ha subappaltato la commessa del panino a questa azienda, la Red srl di San Benedetto del Tronto (Ascoli Piceno) con un contratto multiservizi per pagare poco i collaboratori. La Richetti ha sempre risposto che Autogrill pagava pochissimo un panino e questo era l’unico modo per mantenere la commessa. L’Apollo per dire anche 1 euro e 11â€.

Una situazione protrattasi per anni, fino all’anno scorso e che ha consentito al colosso della ristorazione di ottenere sul suo snack guadagni del 500%. Dopo diverse vertenze il sindacato è riuscito a ottenere salari dignitosi anche per i lavoratori della cooperativa, causando la fine della collaborazione tra Richetti e Autogrill. La prima parte dell’inchiesta, invece, andata in onda il 10 ottobre scorso, ha messo in luce una realtà dell’azienda fatta di “sfruttamento del lavoro e condizioni igieniche spesso inaccettabiliâ€.

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Data articolo:Thu, 20 Nov 2025 18:09:59 +0000
Zonaeuro a cura di Gianni Rosini
Dalla ‘maggioranza Ursula’ alla ‘maggioranza Giorgia’: tutte le volte che Ppe ed estrema destra si sono alleate in Ue (facendo infuriare la sinistra)

Nonostante le lunghe contrattazioni per la formazione della nuova ‘maggioranza Ursula’ al Parlamento Ue, nel Partito Popolare Europeo la voglia di staccarsi dalla storica alleanza centrista con socialisti e liberali e dare inizio a una nuova stagione insieme alla destra non è svanita. Soprattutto in quella fazione del partito che fa capo a Manfred Weber e Antonio Tajani. Un’aspirazione che si è di nuovo palesata mercoledì pomeriggio, quando il presidente del Ppe ha compiuto un blitz in conferenza dei presidenti per chiedere l’annullamento della missione della Commissione per le libertà civili, la giustizia e gli affari interni del Parlamento europeo (LIBE), programmata già da due mesi, in Italia. Il timore, come scritto da Ilfattoquotidiano.it, era quello di disturbare l’esecutivo italiano su temi delicati come la giustizia, proprio nei giorni in cui la Corte di cassazione ha dato il via libera ai quattro quesiti sul referendum che si terrà con ogni probabilità a marzo, e libertà di stampa. Missione compiuta, quella di Weber, grazie all’appoggio dell’estrema destra. Ma non è la prima volta che il Ppe chiede o offre aiuto all’ala più conservatrice e nazionalista dell’Eurocamera, scatenando le proteste del resto della ‘maggioranza Ursula‘.

Il primo episodio di cedimento dell’annunciato “cordone sanitario” intorno alle destre risale al settembre 2024, quando i Popolari hanno votato, facendo approvare la risoluzione, insieme ai Conservatori (Ecr), Patrioti e Sovranisti per riconoscere Edmundo González Urrutia come legittimo presidente del Venezuela, non riconoscendo quindi la vittoria di Nicolas Maduro. Un episodio che sancì la nascita di quella che venne ribattezzata ‘maggioranza Venezuela‘, la stessa che portò sempre Ppe ed Ecr a unirsi per candidare l’opposizione venezuelana al Premio Sakharov per la libertà di pensiero. Riconoscimento che andò proprio agli oppositori del governo di Caracas.

Si passa poi alla fine del 2024, quando è il momento di votare sul bilancio 2025 dell’Unione europea. Nel corso del lungo processo decisionale, molti eurodeputati del Ppe, tra cui anche il capogruppo Weber, hanno sostenuto col proprio voto diversi emendamenti presentati dai Sovranisti per ridurre i finanziamenti all’Agenzia europea per i diritti fondamentali, per finanziare la costruzione di muri alle frontiere e per istituire campi di espulsione per i richiedenti asilo.

Sempre un anno fa, il Ppe, con l’appoggio dell’estrema destra, riuscì a far approvare dalla Plenaria, con 371 voti favorevoli, 240 contrari e 30 astenuti, il rinvio di un anno dell’applicazione del regolamento sulla deforestazione e un alleggerimento delle limitazioni. In quell’occasione, i Popolari dovettero ritirare 6 dei 15 emendamenti proposti per annacquare il regolamento, ma si videro comunque approvare tutti gli altri, tranne uno. Tra quelli che ricevettero il via libera dal Parlamento ce ne era ad esempio unoche introduceva la categoria di Paese “senza rischio”, a fianco a quelli a basso, medio e alto rischio. Si tratta di Stati dai quali poter importare prodotti senza nuovi obblighi. In particolare, nella categoria “nessun rischio†rientrerebbero Paesi “o parti di essi†in cui “lo sviluppo delle aree forestali è rimasto stabile o è aumentato rispetto al 1990†e dove è stato siglato l’Accordo di Parigi sul clima “e le convenzioni internazionali sui diritti umani e sulla prevenzione della deforestazioneâ€.

Passano otto mesi e si arriva al luglio scorso. Oggetto dello scontro era la nomina dell’eurodeputato di Fratelli d’Italia, Alessandro Ciriani, a relatore per il dossier legislativo sulla lista Ue dei cosiddetti Paesi terzi sicuri. Un tema di importanza primaria per l’Italia che fin dal novembre 2023, quando è stato siglato il protocollo d’intesa con Tirana, ha cercato di spingere il cosiddetto modello Albania per la gestione dei migranti fin dentro i palazzi dell’Ue. E in questo processo diventa fondamentale la definizione di “Paese terzo sicuro” all’interno del nuovo quadro normativo Ue. Un allargamento delle maglie, come auspicato dalla destra, che accelererebbe le procedure di espulsione per i richiedenti asilo. Ipotesi che non piace, però, ai partiti progressisti alleati del Ppe, secondo i quali il rischio è quello di violare le tutele individuali e abbassare gli standard di protezione internazionale. Nessun problema, invece, per i Popolari che a luglio hanno così deciso di schierarsi con le destre e nominare Ciriani relatore del dossier. Una mossa che, per le sinistre, ha rappresentato la prima rottura di quel “cordone sanitario” intorno all’estrema destra annunciato in primis proprio da Manfred Weber.

Passano quattro mesi ed ecco che il Ppe decide di giocarsi una nuova svolta improvvisa a destra. Nel corso della mini-plenaria del 13 novembre si vota il compromesso promosso dal Ppe sulla semplificazione delle direttive sugli obblighi di due diligence e reportistica ambientale per le aziende. Ad esempio, nel testo si legge che gli obblighi di due diligence (dovuto controllo preventivo) dovrebbero applicarsi a grandi società con più di 5mila dipendenti e un fatturato annuo superiore a 1,5 miliardi di euro. Paletti che esonerano così la maggior parte delle società. E anche quelle che rientrerebbero negli standard previsti non saranno comunque più tenute a preparare un piano di transizione per rendere il loro modello di business in linea con gli obiettivi dell’accordo sul clima di Parigi, ma potranno essere soggette a sanzioni pecuniarie per il mancato rispetto dei requisiti di sostenibilità ambientale e sociale lungo la loro intera catena di approvvigionamento. Anche in tema di direttiva sulla rendicontazione ambientale si alza la soglia del campo di applicazione, limitandola alle aziende con oltre 1.750 dipendenti e un fatturato netto annuo superiore a 450 milioni di euro che dovranno redigere relazioni sociali e ambientali. Solo le imprese che rientrano in questo ambito saranno inoltre tenute a fornire relazioni sulla sostenibilità in linea con la tassonomia, ovvero la classificazione degli investimenti sostenibili dell’Ue. Una deregulation, secondo l’ala progressista del Parlamento, che favorirebbe le aziende nell’aggiramento degli standard ambientali e sul rispetto dei diritti umani sul luogo di lavoro. Non un problema, invece, per i Popolari intenti a smantellare il Green Deal tanto caro, nello scorso mandato, a Ursula von der Leyen. Così, raccolte le posizioni degli alleati progressisti, hanno deciso di allearsi con la destra. Risultato: il Parlamento ha approvato con 382 voti a favore, 249 contrari e 13 astenuti.

“Oggi è un giorno positivo per le imprese e la competitività europee – si leggeva in una nota del gruppo dei Popolari poco dopo il voto – Un anno fa, il Ppe aveva promesso agli elettori di ridurre la burocrazia, semplificare le normative esistenti ed eliminare gli oneri inutili per le aziende europee. Oggi abbiamo mantenuto la promessa. Abbiamo rimesso la competitività all’ordine del giorno e dimostrato che l’Europa può essere sia sostenibile che competitiva”. Ma questo secondo voltafaccia aveva di nuovo scatenato le proteste dei Socialisti: “Oggi, in una votazione sul pacchetto Omnibus sulla sostenibilità, il gruppo conservatore del Ppe e i gruppi di estrema destra del Parlamento hanno unito le forze per eliminare la responsabilità delle aziende per i danni che causano alle persone e al pianeta – si replicava in una nota del gruppo S&D – Il gruppo si impegna a semplificare le leggi per semplificare la vita di cittadini e imprese, ma non sosterrà un programma di deregolamentazione incontrollata, che distruggerebbe gli standard e le regole europee che abbiamo adottato democraticamente molto di recente. Ci rammarichiamo che il Ppe abbia deciso di uscire dalla maggioranza filoeuropea per unirsi all’estrema destra scettica sul clima ed euroscettica”. I Socialisti ancora non sapevano, o forse sì, che quella di giovedì scorso non sarebbe stata l’ultima svolta a destra dei loro alleati. Tanto che nel campo conservatore si è iniziato a parlare di una nuova ‘maggioranza Giorgia‘ che sta man mano sostituendo la ‘maggioranza Ursula’.

X: @GianniRosini

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Data articolo:Thu, 20 Nov 2025 17:54:22 +0000
Calcio a cura di F. Q.
A processo il presidente del Napoli Aurelio De Laurentiis per falso in bilancio: i casi Manolas e Osimhen

Il controverso caso delle plusvalenze per le compravendite di due giocatori del Napoli ha un primo punto fermo giudiziario. Il giudice per l’udienza preliminare di Roma ha rinviato a giudizio il presidente del Napoli, Aurelio De Laurentiis, per il reato di falso in bilancio in relazione alle annate 2019, 2020 e 2021. Oltre al presidente il giudice ha mandato a giudizio il suo braccio destro, Andrea Chiavelli e la società calcistica. Al centro del procedimento presunte plusvalenze fittizie nella compravendita dalla Roma del difensore Kostas Manolas nell’estate del 2019 e dell’acquisto dell’attaccante Victor Osimhen nel 2020 dalla squadra francese del Lille.

L’inchiesta sulla compravendita dell’attaccante nigeriano è stata spostata nell’agosto 2023 da Napoli alla Procura della Capitale, perché è a Roma che fu approvato il bilancio del Napoli calcio. Osimhen, capocannoniere e trascinatore del Napoli di Spalletti che ha vinto il terzo scudetto, arrivò dal Lille per una cifra complessiva di 71 milioni e 250mila euro. L’acquisto più costoso della storia del club di De Laurentiis. Il Napoli però pagò solamente 50 milioni al Lille, mentre 21 milioni furono valutati i cartellini girati ai francesi del portiere greco Orestis Karnezis e di tre giovani calciatori poi letteralmente spariti dai radar. I loro nomi sono Luigi Liguori, Claudio Manzi e Ciro Palmieri. Proprio sulla valutazione di questi calciatori mai più visti in Serie A si è concentrata gran parte dell’indagine.

Nell’ambito della giustizia sportiva, ad aprile 2022 il tribunale federale aveva prosciolto il Napoli e De Laurentiis. Il procedimento Figc era stato poi riaperto solamente per la Juventus in seguito agli elementi emersi dall’inchiesta Prisma dei pm di Torino. Il nuovo processo sportivo aveva portato ai 10 punti di penalizzazione per il club bianconero nella stagione di Serie A 2022/23. Il procuratore federale della Figc, Giuseppe Chinè, chiederà ora gli atti alla procura di Roma. Precedentemente, in sede sportiva, la procura federale chiese 11 mesi di inibizione per il patron dei partenopei, ma appunto il tribunale federale assolse lui e la società.

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Data articolo:Thu, 20 Nov 2025 17:49:48 +0000
Giustizia a cura di F. Q.
Escluse le aggravanti per il triplice femminicidio di Roma, ma Giandavide De Pau è stato condannato all’ergastolo

Uccise tre donne, gettando la città di Roma nel panico per il sospetto di un serial killer. A quasi tre anni di distanza è stato all’ergastolo Giandavide De Pau, l’uomo accusato del triplice femminicidio di Li Yanrong, Yang Yun Xiu e Marta Lucia Castano Torres avvenuto il 17 novembre del 2022 nel quartiere Prati. È quanto deciso dalla Corte d’Assise di Roma per i delitti delle tre donne uccise a coltellate dall’imputato. Inflitto il fine pena mai con isolamento diurno per tre anni ma senza l’aggravante della crudeltà. I giudici della terza Corte d’Assise di Roma hanno riconosciuto invece le aggravanti dei futili motivi futili motivi e dalla premeditazione.

La procura di Roma aveva chiesto l’ergastolo e tre anni di isolamento diurno. L’imputato in passato era stato l’autista del boss Michele Senese. “Sicuramente impugneremo la sentenza. Non ci convince il profilo della imputabilità e quindi della capacità di intendere di volere così come non ci convincono le aggravanti e in particolar modo la premeditazione†commentano l’avvocato Alessandro De Federicis difensore di De Pau.

De Pau, con precedenti per droga, armi, violenza sessuale, lesioni, ricettazione, violazione di domicilio e due ricoveri psichiatrici, era stato individuato in zona Primavalle con ancora addosso vestiti macchiati di sangue. La svolta sulle indagini era arrivata grazie ad alcune testimonianze raccolte dalle forze dell’ordine e probabilmente dalla segnalazione della sorella. De Pau, dopo un interrogatorio durato sette ore in cui aveva raccontato alcuni particolari agli inquirenti, ed era stato trasferito nel carcere di Regina Coeli.

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Data articolo:Thu, 20 Nov 2025 17:48:36 +0000

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