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La piazza è la stessa di 87 anni fa. Era il 18 settembre del 1938. Giorno nel quale Benito Mussolini, all’apogeo della sua effimera gloria, annunciava la necessità del razzismo e il varo delle misure legislative antisemite. Si chiamava Piazza dell’Unità prima di essere ribattezzata Piazza d’Unità D’Italia nel 1955. Una piazza ‘imperiale’ dove risuonarono parole indegne che avrebbero provocato sofferenze, discriminazioni e deportazioni. Dare al dolore la parola dovrebbe essere il compito di tutta politica. Missione delicata, forse impossibile perché solo chi abita il dolore o allora forse solo il silenzio perché il dolore non parla, tace in attesa delle parole smarrite o quelle da creare per la circostanza. A questo dovrebbe servire una piazza degna di questo nome e luogo per antonomasia della politica intesa come partecipazione e possibile cura del dolore collettivo e personale, cioè unico. Dare al dolore la parole sapendo che il dolore non parla. In questa tragica dicotomia si gioca la credibilità di ogni politica che non sia una tragica e aggiornata continuazione di leggi razziali.
Il dolore sussurra al cuore oppresso perché il dolore, ogni dolore, è inedito e non riproducibile. Il cuore degli ebrei che avevano convissuto per decenni tra mille difficoltà . Un cuore è oppresso dal dolore perché a poche centinaia di metri da questa piazza ce n’è un’altra. L’hanno chiamata con un nome che avrebbe dovuto accogliere coloro arrivano per salvarci. Si chiama Piazza della libertà per chi sfida il tempo, le frontiere, la geografia, la storia e la libertà che si traduce in giustizia, ascolto e condivisione. Tra Piazza dell’Unità d’Italia e i magazzini abbandonati dove a stento sopravvivono i rifugiati, in linea d’aria sono poche centinaia di metri.
Si tratta nondimeno di due mondi paralleli, uno imperiale e l’altro marcato dal dolore che cerca senza fine le parole per essere udibile. Finché il dolore diventa silenzio, quello della morte, così come accaduto qualche settimana or sono. Uno dei mondi è finto e l’altro tace perché pochi sanno raccoglierne l’eredità .
E gli dice di spezzarsi che poi sarebbe l’unica risposta degna per chi rischia di permettere al dolore di creare, appunto, parole spezzate. Sono le frontiere delle storie crocifisse e cioè spezzate da un dolore che arriva senza annunciarsi. Parole che avrebbero potuto evitare di tradire chi scompare nei deserti, nel mare e sulle mille rotte della libertà . Nel Sahel, a Gaza, nel Sudan e nel Congo e nelle altre guerre dimenticate solo dolori senza parole, mutilate per sete di potere e il dio denaro, necrofilo.
Date al dolore la parola, il dolore non parla, sussurra al cuore oppresso e gli dice di spezzarsi (William Shakesperare, Macbeth, IV, 3)
La Piazza d’Italia imperiale, dell’Unità d’Italia a Trieste, in un giorno annuvolato, avvolge turisti e passanti con una musica da valzer, come fosse già la festa di capodanno a Vienna. Una coppia di sposi novelli profitta per esibire gli abiti di cerimonia con qualche foto ricordo. Poco lontano, alcuni amici africani propongono improbabili libri da vendere alla distratta platea di mattina. Accanto al molo passa un giovane con la famiglia e il capo rivestito di alloro. Certamente un neolaureato fiero del suo percorso accademico.
Rimane la bella piazza imperiale che, il 18 settembre del 1938, era gremita di persone che a migliaia acclamavano le parole, senza dolore, di Mussolini.
Trieste, 18 dicembre 2025
L'articolo La piazza è quella di Mussolini, imperiale e tragica. A poche centinaia di metri, quella dei rifugiati proviene da Il Fatto Quotidiano.
Mamma mia che fatica! Ogni anno che passa mi sembra sempre più difficile compilare questo elenco del meglio e del peggio visto in tv. Saranno gli anni che passano… ma non tanto per me, soprattutto per una televisione che appare sempre più vecchia, sempre meno incline al nuovo. E le difficoltà nascono non tanto nel trovare il meglio (suvvia! in un anno intero qualcosa di buono viene fuori), ma nel definire il peggio perché anche spiccare verso il basso su una base di bruttezza così intensa e diffusa diventa un’impresa.
Partiamo dunque da qui, togliamoci il pensiero.
1. Sul podio degli orrori, i gradini decideteli voi, non può mancare Domenica in nella stagione del suo cinquantesimo anniversario. E’ evidente che portare avanti un programma per mezzo secolo è un’impresa. Dagli anni della sua nascita e da quelli del suo splendore, quando a condurla c’era Corrado, Damato, Baudo o Boncompagni e gli ospiti erano gli attori, i registi, i musicisti più famosi e interessanti, è cambiato tutto. E’ cambiata la televisione, le sue forme di consumo, il pubblico e persino la domenica che forse non esiste più. Ma che tristezza vedere quello che era un palcoscenico scintillante di luci, di colori, di giochi, di balli sostituito da un misero studio da tv locale riempito di buoni sentimenti e chiacchiere. Chiacchiere e distintivo, come diceva quel tale… Infatti c’è anche un inutile dibattito per giustificare la presenza di Cerno.
2. Un posto sul podio va riservato più che a un programma o a un personaggio a una strana faccenda. Come saprete, qualche settimana dopo l’inizio Ballando con le stelle ha subito un piccolo spostamento nel palinsesto passando dalle 20.40 alle 21.30 del sabato. Motivo? Lo straordinario successo in quella fascia di access prime time di Affari tuoi, il programma dei pacchi abilmente condotto da Stefano De Martino. Poiché la battaglia del sabato sera tra Rai 1 e Canale 5 è quest’anno particolarmente avvincente, giocata sui decimali, si è pensato che la presenza di un traino molto popolare potesse consentire a Ballando di superare il competitor. Ora io non sono un fan sfegatato di Ballando con le stelle, troppe chiacchiere, troppi conflitti artificiosi. Ma vivaddio, che un programma solido, collaudato, basato su un format internazionale, un talent con un suo contenuto interessante, il ballo, per contrastare le baracconate di Canale 5, debba chiedere aiuto al traino dei pacchi, è un segno che il mondo va al contrario (anche se Vannacci di questo non si è accorto).
3. L’ultimo dei momenti peggiori del 2025 potrebbe stare anche nell’altro settore, quello del meglio. Mi spiego: io apprezzo molto Massimo Cacciari come filosofo e come opinionista politico, ma il massimo dell’entusiasmo me lo scatena quando si arrabbia e definisce le opinioni o le decisioni altrui “puttanateâ€. Puttanate è una parola un po’ desueta, andava forte ai tempi del mio liceo ( anni sessanta per capirci), in seguito sostituita da altri termini: cazzate (sempre verde), stronzate, minchiate (molto attuale). Per cui quando lo sento pronunciare con la sua inflessione veneta quella parola un po’ vintage lo trovo irresistibile.
Un bel mattino della scorsa primavera è stato costretto a ripeterla più volte nel corso del programma di informazione di Rai 3 ReStart condotto con esibito accento toscano da Annalisa Bruchi. A lei e agli altri ospiti che stavano spiegando i motivi per cui si deve continuare il riarmo per impedire che la Russia invada tutta l’Europa fino a Lisbona, Cacciari oppone una sola obiezione: sono solo puttanate ed è vergognoso che simili puttanate vengano date in pasto all’opinione pubblica. Al ché l’acutissima conduttrice si oppone rivelando che questa è nientemeno che la posizione di un fantomatico ambasciatore americano presso la Nato. Ecco, ribadisce Cacciari, sono proprio puttanate, creando la giusta aura di ridicolo attorno alle certezze spacciate nei talk show.
E ora passiamo alla lavagna dei buoni.
1. Sul più bel programma dell’anno non c’è dubbio. The winner is senza dubbio e alla grande lo spettacolo omaggio al padre di Paolo Jannacci realizzato al teatro degli Arcimboldi e trasmesso su Rai 3 il 27 agosto, non proprio una data felice. E’ il programma più bello perché per una volta la tv si fa semplice testimone di un evento senza imporre le sue scelte, i suoi tempi, i suoi ritmi, i suoi personaggi. Così, sfilano sul palcoscenico, accanto ad artisti famosi, musicisti ignoti al grande pubblico con pezzi dimenticati del grande Enzo, A un certo punto arriva anche Ornella Vanoni che interpreta un Ma mi di un’intensità straordinaria, da pelle d’oca. Ecco, se vogliamo davvero ricordare Ornella, valgono più quei tre minuti del suo ultimo Ma mi di tutte le parole in libertà dette e scritte in occasione della sua scomparsa.
2. Poi non si può rinunciare a una menzione per Crozza e la sua banda, in cui spicca sempre più la bravura di Andrea Zalone. Una menzione per il coraggio, la pervicacia, l’insistenza della sua denuncia delle malefatte e del malcostume della politica. Qualcuno sostiene che si ride meno quest’anno e forse è vero. Forse viene sacrificata un po’ di comicità a vantaggio dell’analisi delle contraddizioni, dell’indignazione, dello svelamento dell’assurdo. Comunque i discorsi del ministro Urso e la psicobanalisi di Recalcati valgono da soli il prezzo del biglietto.
3. Infine tra le cose belle non posso fare ameno di ricordare un episodio. E’ la sera della finale di Champions ed è finita come tutti sanno. Nel corso dello speciale dopopartita su Sky Federica Masolin nel ruolo di conduttrice dialoga con Luis Enrique grande vincitore della partita. Ma con lui, si sa, il discorso non può non cadere sulla tragedia della morte della figlia ancora bambina, sul quel suo terribile vissuto affrontato con grane nobiltà d’animo. Ma la Masolin che è in dolce attesa, comprensibilmente, non regge l’emozione e scoppia in un pianto che non esibisce, cercando di uscire dall’inquadratura. A risolvere la delicata situazione, prendendo in mano l’intervista, ci pensa, da gran signore, Esteban Cambiasso. Ecco: qualche volta capita di imbattersi davvero nella tv verità .
L'articolo Il meglio e il peggio della Tv 2025 – Domenica in, i pacchi, le sfuriate: difficile scegliere cosa spicca per bruttezza proviene da Il Fatto Quotidiano.
di Serena Cavalletti*
Questo post vuole essere una lettera aperta rivolta ai ragazzi, alle ragazze e alle famiglie che si trovano, come mio figlio e noi genitori, di fronte alla scelta non semplice della scuola superiore.
“Sono piccoli†diciamo quasi tutti ed è vero: se il percorso è stato lineare hanno altri due anni di scolarità obbligatoria, ma devono dividersi, diramarsi in strade nuove, cercando un criterio che orienti e supporti questa scelta. Già da novembre ci siamo immersi in un vortice di open day, studente per un giorno, laboratori di greco, grafica e robotica, proposte allettanti sulla settimana corta, sulle curvature o addirittura di percorsi quadriennali: una rosa di offerte talmente vasta e interessante da frastornare. Per la prima volta da madre ho parlato con le altre famiglie presenti e ho avuto l’opportunità di cambiate prospettiva, dall’interno all’esterno dell’ambiente didattico, dalla tecnica professionale di docente e di analista delle politiche ministeriali, alla sua percezione e ricaduta.
Bene, io ho riflettuto e tra i criteri che si possono usare per affrontare questa scelta ne salverei uno solo: scegliete l’ambito in cui sentite di poter fiorire, sviluppare al meglio le vostre capacità , dare a voi stessi e al mondo la parte migliore. Solo questo conta. Lasciate perdere la prospettiva, il futuro è da scrivere e in evoluzione così rapida che oggi non possiamo dire quali saranno le professioni che farete tra cinque anni e quelle che verranno pian piano a sparire.
Tenete l’orizzonte aperto, pretendete dalla scuola l’esercizio del pensiero, la fatica sul piano della riflessione, la capacità di produrre un’intelligenza collettiva. Rifiutate la competizione, l’individualismo rende deboli, la cooperazione rende comunità , fatene pratica, vi permetterà un giorno di contare. Dubitate dei percorsi brevi. La scuola quadriennale non è pensata per voi, compiace Confindustria e il bisogno di manodopera iperspecializzata, pronta nell’immediato, che le aziende non vogliono prendersi l’incomodo di formare. Lo fanno anche nei Paesi in via di sviluppo con quella che chiamano Internazionalizzazione del sistema (un milione di euro nel 2025) così le aziende che delocalizzano troveranno il personale già formato anche nella lingua italiana e noi qui davanti ai cancelli.
Ma attenzione, guardatelo per quello che è, il mondo del lavoro: un ambiente fluido in cui niente resta com’è, vi sarà più prezioso aver imparato a imparare, aver sviluppato la capacità di ragionare e discernere, che aver appreso una tecnica sola e preparatevi a difendere la preziosità della vostra vita, di ciò che siete, a ricostruire una relazione dialogica e paritaria con il datore. Se sarete preparati a questo avrete la capacità di riappropriarvi di diritti che stanno erodendo facendovi credere che lavorerete solo piegati da ricatti contrattuali o impiegando la vostra laurea a precarizzare gli altri.
Rifiutatevi; e impegnatevi già da ora, in quanto studenti e studentesse, a mantenere un intenso contatto con la realtà , pretendete dalla scuola che vi supporti in questo, ne fate parte, siate soggetto della storia e non elementi assoggettati, esercitate il diritto di protesta, apprendete ogni forma non violenta e soprattutto la disobbedienza, che è una grande virtù ed è ciò che fa tremare il sistema: possono tentare di rendervi schiavi dei consumi, ma non possono obbligarvi a consumare, possono indurvi a dividere le persone per il colore della pelle, per il genere o l’orientamento sessuale, ma voi non siete obbligati a farlo, a scuola sarete tutti insieme e di questo potrete fare un valore perché siete titolari di un diritto fondamentale che quello alla felicità e si è felici quando si è uniti, attivi, partecipi.
Si è felici quando si è trovato l’ambito che attiva il flusso, questa è la teoria di Mihà ly, che da psicologo si è chiesto che cosa renda felici le persone e ha scoperto che non è la ricchezza, nemmeno il tempo vuoto né la mancanza di fatica: è uno stato di totale immersione in un’attività che ci gratifica, che ci fa perdere la cognizione del tempo e ci fa sentire davvero vivi. Ecco, cari ragazzi e ragazze, caro figlio mio, scegliete di fiorire, cercate quel seme dentro di voi, non smettete mai di coltivarlo, il resto conta poco, anzi per niente.
*Docente componente del Consiglio Superiore della Pubblica Istruzione
L'articolo Lettera aperta ai ragazzi di terza media: nella scelta delle superiori, tenete aperto l’orizzonte. E dubitate delle scorciatoie proviene da Il Fatto Quotidiano.
Il 2025 ha sancito la fine di un’era: quella di un pianeta sincronizzato, nata dall’illusione che la vittoria della guerra fredda diventasse l’asse portante di un assetto occidentalizzato attraverso la globalizzazione. La realtà è esattamente l’opposto: un mondo poliritmico, dove ogni continente vive secondo un proprio tempo storico. Al centro di questa frattura, due movimenti opposti definiscono la nuova epoca: il ritorno all’isolazionismo armato degli Stati Uniti e l’ascesa sistemica dei BRICS+ come architrave di un ordine alternativo che va da Brasilia a Shanghai.
Questa asimmetria temporale è la cartina di tornasole del caos sistemico attuale. Comprenderla è la chiave per interpretare il 2025 e anticipare il 2026. In Europa la consapevolezza di questa realtà è, ahimè, assente.
Nessuna regione ha vissuto il 2025 con l’intensità dell’America Latina. il vero evento epocale è stato duplice: il Brasile, presiedendo simultaneamente G20 e BRICS+, ha compiuto un atto di “diplomazia della sovrapposizione”, dimostrando di poter operare in tutti i forum globali mentre ne costruiva uno nuovo. La COP30 a Belém, sotto l’egida brasiliana, ha posizionato l’Amazzonia e la giustizia climatica come pilastri dell’agenda dei BRICS+. Questo non è soft power: è potere strutturale. Il Brasile ha usato la sua presidenza per accelerare l’operatività della Nuova Banca di Sviluppo (NDB), promuovere l’uso di valute locali nel commercio intra-blocco e lanciare un’iniziativa per la sicurezza alimentare e climatica del Sud Globale. I BRICS+ non sono più una reazione all’Occidente; sono il sistema operativo attraverso cui il Brasile e altri giganti demografici gestiscono la loro ascesa.
Mentre il Brasile moltiplicava le sue alleanze, gli Usa sceglievano di isolarsi. Questo ritiro non è solo geopolitico; è sistemico. Washington non partecipa più alla costruzione di nuove istituzioni globali, le diserta o le sabota. Il problema è che, nel vuoto creatosi, i BRICS+ stanno costruendo un nuovo sistema. Il rifiuto americano di riformare le quote del FMI e della Banca Mondiale ha spinto dozzine di paesi verso la NDB e i meccanismi di swap valutari dei BRICS+.
L’Europa vive in un tempo sospeso, paralizzata dalla scelta impossibile tra un protettore americano che si ritira e l’opposizione al vicino eurasiatico (la Russia) che è parte integrante dell’ecosistema BRICS+ in espansione. L’Ue osserva con crescente ansia come l’agenda dei BRICS+ – sicurezza alimentare ed energetica, sviluppo infrastrutturale, transizione climatica “non punitiva” – stia diventando irresistibile per i suoi vicini in Africa e Balcani. L’Europa è tagliata fuori da questo circuito finanziario e politico alternativo, e la sua stagnazione produttiva la rende poi un partner sempre meno attraente per il Sud Globale in movimento. L’Europa rischia di diventare un’isola di relativo benessere in declino in un mondo che sta adottando altri standard.
L’Asia vive in un altro secolo e fornisce la potenza motrice dei BRICS+. La Cina non è solo un membro; ne è il principale finanziatore, il fulcro tecnologico e il propugnatore dei commerci. L’India è il contrappeso democratico e demografico, il ponte con il mondo anglosassone e il garante che il blocco non diventi un’alleanza antioccidentale. Insieme, forniscono la massa critica economica, tecnologica e militare che rende i BRICS+ credibili. I successi asiatici in produttività , descritti dai dati del 2025, sono la garanzia di sostenibilità del progetto. I BRICS+ offrono all’Asia un mercato interno protetto, rotte commerciali alternative (via Iran, Russia, Africa) e un peso collettivo nelle negoziazioni climatiche e tecnologiche con l’Occidente. È la proiezione del sistema della loro ascesa.
Per l’Oceania, l’espansione dei BRICS+ ridefinisce la geografia della pressione strategica. Paesi come le Fiji o Papua Nuova Guinea guardano con interesse crescente alla NDB per finanziare l’adattamento climatico, un’area in cui i tradizionali donatori occidentali sono percepiti come lenti e insufficienti. Australia e Nuova Zelanda si trovano a navigare in un Pacifico dove l’influenza cinese (nel quadro BRICS+) e le offerte di cooperazione climatica del Brasile competono direttamente con la loro tradizionale leadership. Il “vicinato” strategico si allarga: non è più solo il Sud-Est asiatico, ma l’intero emisfero Sud che si coordina tramite i BRICS+.
I dati del 2025 sul sorpasso produttivo asiatico spiegano perché i BRICS+ non sono un’utopia. Hanno un motore economico reale e dinamico. La stagnazione europea e l’isolazionismo americano creano un vuoto di domanda e di investimento. I BRICS+, con la loro crescita sostenuta, stanno creando un circuito economico integrato: materie prime dall’Africa e America Latina, trasformazione manifatturiera e tecnologia dall’Asia, finanziamento dalla NDB, consumo da una borghesia in espansione in tutti i paesi membri. È un embrione di globalizzazione parallela, con standard e istituzioni propri.
La domanda per il 2026 diventa quindi: assisteremo alla cristallizzazione di due sistemi globali parzialmente integrati?
La sfida non è più immaginare un tempo condiviso con un unico orologiaio, l’Occidente, ma prevenire che la desincronizzazione dei tempi storici degeneri in uno scontro frontale tra due sistemi, uno vecchio ed uno emergente. Il successo o il fallimento dei BRICS+ come piattaforma di governance concreta – al di là della retorica – sarà il fattore determinante della stabilità mondiale nel prossimo decennio. L’Europa, immobile, rischia di essere il terreno di scontro, non più l’attore.
L'articolo Gli Usa si isolano, l’Ue sta ferma, i Brics+ ne approfittano: il 2025 ha cambiato l’ordine mondiale proviene da Il Fatto Quotidiano.
Un escursionista romano è stato ricoverato in gravissime condizioni all’ospedale Santa Chiara di Trento, dopo essere caduto in un crepaccio sulla Marmolada. Il 31enne stava percorrendo sugli sci un traverso a una quota di 2.700 metri circa, sotto Punta Rocca, quando un distacco di neve lo ha travolto, rovesciandolo oltre un balzo di roccia, in uno dei numerosi crepacci presenti.
La chiamata al 112 – comunica il Soccorso alpino e speleologico del Trentino – è arrivata intorno alle 13.45 da parte degli amici che si trovavano inizialmente con lui, ma che non avevano più sue notizie da circa mezz’ora. La Centrale unica di emergenza ha allertato la Stazione Alta Fassa del Soccorso alpino e chiesto l’intervento dell’elicottero che, durante un primo sorvolo, ha subito individuato la valanga che scaricava dentro un crepaccio.
La ricerca con unità cinofile e dieci operatori portata avanti lungo tutto il corso del pomeriggio ha riguardato sia la valanga nel suo insieme che il fondo del crepaccio. Il giovane è stato infine individuato all’interno del crepaccio, in un punto estremamente profondo. L’elicottero ha dunque sbarcato sul posto l’equipe sanitaria, mentre i soccorritori presenti procedevano alla difficoltosa estrazione dello sciatore, che è stato elitrasportato d’urgenza dapprima in piazzola a Canazei, dov’è stato intubato, e successivamente, in gravi condizioni, all’ospedale Santa Chiara di Trento. L’intervento di ricerca e soccorso si è concluso alle 17.30.
Immagine d’archivio
L'articolo Escursionista 31enne travolto da una valanga sulla Marmolada: recuperato in un crepaccio, è gravissimo proviene da Il Fatto Quotidiano.
Raccoglievano fondi umanitari per la Palestina, ma la gran parte di quel denaro sarebbe andato ad Hamas. Anzi, secondo la Procura e la Digos di Genova, gli attivisti e le associazioni che ruotavano intorno a Mohamed Hannoun, arrestato ieri insieme ad altre otto persone, “monopoliste†della raccolta fondi per Gaza, che sarebbero state addirittura “una cellula di Hamas in Italiaâ€. Realtà come la Associazione benefica di solidarietà con il popolo palestinese di Genova e la più recente Associazione benefica la cupola d’oro di Milano, in grado di raccogliere 7,2 milioni di euro a partire dal 2001, “incassate per per tre quarti da associazioni vicine ad Hamasâ€. Per il gip Silvia Carpanini, Hannoun era il leader del gruppo, “tutto deve essere avallato da lui†dice un militante, e sarebbe stato pronto a fuggire in Turchia e uno dei suoi uomini più fidati, Mousa Dawoud, detto Abu Falastine, avrebbe fatto riferimento alla “cancellazione†di tutti i dati informatici dell’associazione.
Ma c’è un aspetto che rende l’operazione coordinata dalla Direzione nazionale antimafia una novità nel panorama dell’antiterrorismo italiano: gran parte delle prove su cui si fonda l’indagine sono state raccolte, selezionate e fornite da uno Stato estero, ovvero dall’autorità giudiziaria israeliana, che in molti casi ha fornito documentazione durante operazioni belliche. È Israele, insomma, a comunicare allo Stato italiano che “il 71% delle donazioni sono andate a organizzazioni caritatevoli†finanziate da Hannoun e dai suoi sodali, sarebbero direttamente controllate da Hamas, e dunque entità terroristiche. Come è sempre un report israeliano a suggerire la diretta affiliazione di Hannoun all’organizzazione, appartenenza sempre negata dal diretto interessato che invece non ha mai negato di esserne simpatizzante. Ecco perché all’indomani degli arresti, il suo legale Dario Rossi si esprime così: “Questa non è una vicenda giudiziaria, Hannoun è un caso politico. Stanno provando a tappargli la bocca per farlo smettere di esprimere dissenso contro Israeleâ€.
L’accusa che ha portato ieri all’arresto di Hannoun, fra i leader più noti delle proteste Pro Pal degli ultimi due anni, è in parte una riedizione di contestazioni simili che erano già state archiviate in passato. Rispetto ad allora, gli inquirenti hanno raccolto intercettazioni e rapporti con alcuni esponenti di spicco di Hamas, anche dopo il 7 ottobre del 2023. Fra questi ci sono “incontri di Hannoun con Ismail Haniyeh, leader di Hamas ucciso per mano israeliana nel 2024â€, oltre che contatti con esponenti di spicco, come Osama Alisawi, ministro del governo di Hamas nella striscia di Gaza, definito dagli attivisti italiani “il nostro rappresentante lìâ€. Hannoun ha anche un nipote giornalista, Muhammad Hawad, arrestato con l’accusa di essere un finanziatore di Hamas: “Lavorare per Hamas e la Palestina porta onore a ogni essere umano libero e dignitoso – dice di lui lo zio – Muhammad è un eroe, uno dei leoni di Hamasâ€.
A dimostrazione di questi legami pericolosi tra la leadership Hamas e il gruppo italiano, la Digos cita un’intercettazione: “Noi ci sacrifichiamo con i soldi e il tempo, ma loro con il sangueâ€, dice in Awad, fratello di Hannoun, il 9 agosto 2024. A rispondergli è uno dei militanti arrestati, Abu Falastine: “La maggior parte di quelli che comandano a Gaza… loro senza di noi vanno avanti? Senza quelli dall’estero non andrebbero avantiâ€. Abu Falastine spiega di “aver espresso il desiderio di restare a Gaza a combattere, ma di aver ricevuto disposizioni in merito dal leader di Hamas, Haniyeh: “Mi ha detto, Gaza non ha bisogno di uomini, rimani lì, perché il tuo posto non sarà mai rimpiazzatoâ€.
Nelle conversazioni registrate emerge anche un diffuso disprezzo dei militanti italiani per Fatah, fazione palestinese opposta ad Hamas, e l’Anp. Il suo leader, Abu Mazen, viene definito da Abu Falastine “un bastardoâ€. Un altro degli indagati definisce gli affiliati a Fatah “traditori†e “informatori†dei “cani sionistiâ€. Un altro degli indagati, Ryad Al Bustanji, compare in una foto sequestrata da un pc in tenuta mimetica e lanciarazzi, insieme a un gruppo di militanti delle Brigate al Qassam, ala militare di Hamas. Perquisizioni ieri sono state eseguite a Genova, dove vive Hannoun e ha sede la sua associazione, a Milano, dove ha sede l’associazione gemella Cupola d’oro, oltre che a Roma, Firenze, Bologna, Torino, Lodi, Monza, Bergamo, Modena e in Brianza. Nel blitz sono stati sequestrati 200mila euro in contanti, gran parte dei quali trovati nella sede milanese del gruppo.
Il cuore delle contestazioni riguarda però i finanziamenti: 7,2 milioni dal 2001. Oltre 2 milioni di euro, una stima definita “prudenteâ€, avrebbero viaggiato in contanti, attraverso valigette e container di aiuti, via Egitto e Turchia, o attraverso Giordania e Qatar. Sarebbero state pagate anche tangenti all’esercito egiziano: “Chiedono 2500 euro per ogni camion e 400 per ogni soldato di scorta. L’associazione ha dovuto da 86mila euro di mazzettaâ€. A proposito degli aiuti inviati a Gaza, è indicativa una conversazione fra Suleiman Hijazi, stretto collaboratore di Hannoun, e la moglie, captata dagli inquirenti il 9 gennaio del 2024 nella macchina della coppia: “Non sono affidabili per quello che diciamo per i progetti, la maggior parte dei soldi vanno…â€, dice la donna. “Alla Muquawama (Hamas)â€, risponde lui. “La maggior parte?â€, replica lei. “Quasi tutto!â€.
I finanziamenti andavano a pioggia a un vasto numero di associazioni caritatevoli di Gaza e della Cisgiordania, che però nella prospettazione accusatoria sarebbero stati vicine ad Hamas. Un passaggio, quest’ultimo, che sarà sicuramente oggetto delle contestazioni difensive, sia per l’arco temporale contestato (dal 2001 al 2025), sia perché di fatto gli inquirenti italiani si basano su documenti israeliani: “Tali ultimi documenti sono per la maggior parte stati acquisiti dall’esercito israeliano (Idf) nel corso di operazioni militari: 1) Defensive Shields, realizzata all’inizio degli anni 2000 do o una serie di attacchi armati operati da gruppi palestinesi contro Israele, durante la Seconda Intifada, e Sword of Iron dopo i fatti del 7 ottobre 2023. Si tratta dunque di atti extraprocessuali, acquisiti dall’autorità estera nel corso di operazioni militari e poi trasmessi all’autorità giudiziaria italiana tramite i canali della cooperazione. Come evidenziato dal pm, non esistono norme nel nostro ordinamento che espressamente regolino l’acquisizione nel procedimento penale di tale tipo di documentazione; va quindi fatto riferimento ai principi generali che regolano le prove (…) per cui possono essere acquisiti nel procedimento italiano, sempre che non sussistano ipotesi di inutilizzabilità per essere stati acquisiti in violazione di divieti di legge a tutela di principi fondamentali del nostro ordinamentoâ€.
A metà degli anni Duemila il tribunale di Genova aveva già smontato le accuse ad Hannoun. Un precedente richiamato nell’ordinanza genovese: “La pretesa del pm di far discendere la contestazione dalla asserita commistione tra Hamas e le associazioni umanitarie, ritenute il braccio economico-assistenziale di una unitaria organizzazione terroristica (…) è argomento appena sufficiente per una analisi politica o sociale del fenomeno, ma non appare così circostanziato da fondare una decisione giudiziariaâ€. Il gip inoltre escludeva che “il sostegno economico alle famiglie degli attentatori, svolto peraltro non direttamente ma attraverso la mediazione di altre associazioni umanitarie, integri ex sé il reato di partecipazione e finanziamento ad associazioni dedite al terrorismoâ€.
Architetto di 62 anni, da oltre trenta in Italia, Hannoun è un volto noto delle proteste Pro Pal, ed ha avuto contatti nel tempo con diversi esponenti politici italiani, legati al Movimento Cinque stelle e alla sinistra: “Per accuse identiche a quelle di oggi è giù stato archiviato nel 2010, perché del tutto infondate – dice il suo legale Dario Rossi – si tratta di un attivista che da anni fornisce supporto a scuole, orfani e ospedali da trent’anni. A Gaza Hamas rappresenta il governo, dunque è certo che chi porta aiuti abbia a che fare con l’ala politica dell’organizzazione. La realtà è che stanno provando a zittirlo. Altrove, negli Usa, gente che fa le sue stesse attività è stata arrestata. Spero che non si arrivi a questo anche in Italiaâ€.
L'articolo Genova: i corrieri, i soldi ad Hamas, le foto nei cellulari e i documenti israeliani. Cosa c’è nell’ordinanza che ha portato a 9 arresti proviene da Il Fatto Quotidiano.
Due coltellate al ventre e al fianco, la fuga. Poi la confessione. Bruno Petrone, 18 anni, giovane promessa del calcio campano, è finito in ospedale in gravi condizioni dopo essere stato accoltellato da un gruppo di almeno quattro persone: una spedizione contro di lui avvenuta in via Bisignano, quartiere Chiaia, la zona della movida di Napoli affollatissima nel venerdì sera festivo. In serata si sono costituiti due degli aggressori: a confessare il ferimento materiale è stato un ragazzo di 15, mentre ha 17 anni uno dei suoi complici.
Il pm della procura minorile li interrogherà nelle prossime ore. Al momento non è chiaro il movente dell’episodio anche se prevale l’ipotesi di una vendetta consumata per una vecchia lite avvenuta nella stessa zona. La banda dei giovanissimi si è evidentemente sentita braccata dalle indagini dei carabinieri, e due dei quattro si sono consegnati alle forze dell’ordine. Il ferimento è avvenuto dopo l’una di notte: il 18enne stava passeggiando con alcuni amici quando sono arrivati gli aggressori, a volto coperto, a bordo di due scooter. Si sono avventati sul loro bersaglio, accoltellandolo due volte, per poi fuggire. Il giovane è rimasto sul selciato ed è stato subito soccorso da una ambulanza: nell’ospedale San Paolo è stato sottoposto a un lungo intervento chirurgico che ha comportato l’asportazione della milza. La prognosi resta riservata, ma le condizioni del ferito si sono stabilizzate e con il passare delle ore dai medici trapela cauto ottimismo.
I militari hanno anzitutto ascoltato i giovani che erano in compagnia di Bruno e poi i suoi familiari. Il 18enne, originario del basso Lazio, vive con i genitori nel centro di Napoli, dividendosi tra lo studio e l’attività calcistica. Passate al setaccio le immagini delle numerose telecamere di sorveglianza esistenti nel quartiere, da cui molto probabilmente sono emersi elementi che hanno consentito ai carabinieri di stringere il cerchio. Così due aggressori si sono consegnati e non è escluso che nelle prossime ore possano fare la stessa scelta anche gli altri due.
Le stradine dei “baretti” di Chiaia sono già state in passato scenario di episodi di violenza, e per alcuni mesi qui è stata istituita dal prefetto Michele di Bari una delle “zone rosse” cittadine, con la possibilità di allontanare soggetti ritenuti pericolosi. All’indomani del ferimento del 18enne, però, il comitato Chiaia Viva e Vivibile torna a invocare maggiori controlli: “Per noi residenti il senso di insicurezza si amplifica. I fatti parlano chiaro: è fondamentale che le istituzioni garantiscano presidi delle forze dell’ordine fino alla chiusura dei locali”.
Bruno Petrone gioca nella squadra di Angri che milita tra i dilettanti del campionato di Eccellenza, dopo aver esordito lo scorso anno in serie C con il Sorrento come centrocampista. Ricorda il sindaco di Angri, Cosimo Ferraioli: “Bruno è un giovane di passione che ha scelto lo sport come crescita, non certo la strada della violenza. A lui e alla sua famiglia va l’abbraccio sincero di tutta la città e del mondo sportivo locale”. E il presidente della sua squadra, Claudio Anellucci, lo descrive così: “Un ragazzo perbene, un giovane atleta che stava semplicemente vivendo la sua età e che oggi si ritrova a lottare dopo aver subito un atto di violenza assurda e inaccettabile”.
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È morta a 90 anni, all’ospedale di Rapallo, Fernanda Contri. Fu avvocata, prima donna giudice della Corte costituzionale, prima donna a ricoprire incarichi apicali a Palazzo Chigi, ministra, componente del Consiglio superiore della magistratura, punto di riferimento nel diritto di famiglia, nella tutela dei minori e dei diritti fondamentali.
Nata a Ivrea ma trasferitasi a Genova con la famiglia, in gioventù fu campionessa provinciale di getto del peso. Sposò Giorgio Bruzzone, ex partigiano, il cui padre, un avvocato socialista genovese, ai tempi della seconda guerra mondiale aiutò molti ebrei. Nel 1985 venne nominata giudice aggregata della Corte costituzionale, l’anno successivo fu eletta dal Parlamento in seduta comune al Consiglio superiore della magistratura, dove fece parte del Comitato Antimafia e fu vicepresidente della Sezione disciplinare e presidente della IV Commissione referente.
La sua esperienza e il suo profilo istituzionale la portarono a Palazzo Chigi. Nel giugno 1992, su nomina del presidente del Consiglio Giuliano Amato, divenne segretaria generale della Presidenza del Consiglio dei ministri: fu la prima donna a ricoprire questo incarico. Negli anni successivi, sarà poi sentita come persona informata sui fatti nell’ambito dei processi sulla trattativa Stato-mafia.
Nell’aprile 1993 entrò nel governo Ciampi come ministra per gli Affari sociali. Da ministra si occupò di politiche per l’immigrazione, assistenza sociale e aiuti umanitari, lavorando in particolare sull’emergenza legata alla guerra nella ex Jugoslavia. Predispose un disegno di legge sui principi di tutela dei diritti del minore e avviò un progetto organico sulla disciplina della condizione giuridica dello straniero in Italia.
Il 4 novembre 1996 venne nominata giudice costituzionale dal presidente della Repubblica Oscar Luigi Scalfaro e il 14 dicembre 2004 ha presieduto per la prima volta la Corte costituzionale. Il 14 febbraio 2005, essendo la giudice più anziana di nomina e di età , ha presieduto un’udienza pubblica della Corte costituzionale, prima donna in Italia. È cessata dalla carica il 6 novembre 2005.
Cordoglio per la morte di Contri è arrivato dal presidente della Regione Liguria Marco Bucci e dalla sindaca di Genova Silvia Salis. “La sua carriera – ha detto – è un esempio di integrità , rigore giuridico e passione civile, che ha lasciato un segno profondo nelle nostre istituzioni e nella società ”. Andrea Orlando (Pd) l’ha ricordata come “giurista raffinata e attenta alla dimensione sociale del dettato costituzionale. E’ stata, naturalmente, direi, una donna di sinistra e prima ancora un’antifascista, per convinzioni e per sangue. Senza protagonismi, è stata però a suo modo una militante curiosa e appassionata”.
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Pisa-Juventus è anche la partita di Louis Thomas Buffon. L’attaccante nerazzurro figlio del portiere leggenda bianconera. Difficilmente lo si vedrà in campo, anche se il 17enne è già stabilmente in prima squadra e ha esordito in Serie A. Una traiettoria diversa da quella del padre Gigi, non solo per il ruolo. Louis Thomas infatti è partito dalla Juve e ha deciso di lasciarla quando era ancora un bambino. Mentre per ora ha scelto la Nazionale della Repubblica Ceca per evitare le pressioni della maglia azzurra.
La decisione di vestire la maglia ceca è stata spiegata dallo stesso Louis all’epoca della prima convocazione con l’Under 18: “Ho parlato con la mia famiglia e insieme abbiamo deciso che sarebbe stato meglio per la carriera calcistica e per il mio sviluppo giocare per la Repubblica Cecaâ€. Una scelta maturata con lucidità e non definitiva: per ora ha prevalso la nazionalità della mamma, Alena Seredova. Ma c’è ancora tempo per scegliere l’Italia, semmai arriverà una convocazione in Nazionale maggiore.
Sul percorso del figlio è intervenuto più volte anche Buffon padre, chiarendo il peso del cognome e le difficoltà iniziali. Raccontando l’esperienza alla Juventus da bambino, l’ex portiere ha ricordato: “Lui inizia a giocare che aveva 8 anni e me lo chiede la Juve. Lui dopo un anno e mezzo mi fa: ‘Papà , non mi diverto più’â€. Una fase complessa, segnata da ritmi intensi e da una pressione precoce. “A quell’età c’è bisogno di libertà , di vita socialeâ€, ha spiegato Buffon, accompagnando il figlio nella scelta di fermarsi. Quando l’esperienza bianconera si è chiusa definitivamente, il messaggio è stato netto: “Tu torni a casa però con la Juve ci mettiamo una pietra sopraâ€.
Il distacco dal calcio è stato lungo. “Lui per quattro anni, anche per ribellione, non fa nienteâ€, ha raccontato Buffon, sottolineando come Louis sia arrivato ai 14 anni con tempi di maturazione molto diversi dai suoi: “Io a 14 anni ero già in giro per l’Italia e l’Europa con la Nazionaleâ€. La ripartenza è arrivata dalla CBS – nota squadra amatoriale di Torino – e poi dal Pisa, fino all’esordio tra i professionisti. Anche la scelta della nazionale è stata ponderata per proteggerlo: “In azzurro il peso del cognome l’avrebbe schiacciato, avrebbero potuto dire che era un raccomandatoâ€, ha spiegato Buffon. “Così, invece, avrà modo di gestirsi con serenità . E, quando avrà l’età , nulla gli impedirà di scegliere l’Italiaâ€. Ora Louis Thomas Buffon è alla vigilia dei 18 anni, già protagonista tra i grandi e con una storia ancora tutta da scrivere. Partendo, chissà , da questo Pisa-Juve.
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Al Via del Mare esplode la polemica dopo il gol che apre la sfida tra Lecce e Como. Al 20esimo del primo tempo i lariani passano in vantaggio grazie a una grande giocata di Nico Paz: il numero 10 si libera della marcatura di Ramadani, si gira rapidamente e conclude di potenza. Il tiro, deviato dalla spalla di Tiago Gabriel, sorprende Falcone e vale lo 0-1.
L’azione scatena però le proteste furibonde del Lecce. Eusebio Di Francesco contesta il modo in cui Nico Paz si è liberato del centrocampista giallorosso, accusandolo di aver allargato il braccio durante il contrasto. L’arbitro Matteo Marchetti, dopo il controllo della sala Var, convalida la rete. Una decisione che manda su tutte le furie il tecnico salentino.
La tensione non si placa dopo il gol. Di Francesco protesta con veemenza a bordocampo e si scaglia anche contro il quarto uomo. Marchetti, dopo l’ennesima discussione, estrae il cartellino rosso ed espelle l’allenatore del Lecce, che lascia l’area tecnica continuando a indicare l’arbitro e chiedendo spiegazioni sul mancato fischio.
La partita, però, prende definitivamente la strada del Como. La squadra di Fabregas, tornata alla vittoria dopo due sconfitte consecutive, dilaga nella ripresa e si impone 3-0 grazie ai gol di Ramon e Douvikas. Prestazione brillante dei biancoblù, trascinati da un Nico Paz dominante, che salgono momentaneamente al sesto posto solitario con 27 punti. Per il Lecce, invece, arriva la terza sconfitta nelle ultime sei gare di Serie A.
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Il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite si riunirà lunedì pomeriggio a New York per una sessione d’emergenza, a seguito del riconoscimento del Somaliland da parte di Israele. Lo riporta il Jerusalem Post, secondo cui la sessione si terrà su richiesta della Somalia. Ieri, il premier Benjamin Netanyahu ha annunciato il riconoscimento ufficiale del Somaliland, rendendo Israele il primo Stato membro delle Nazioni Unite a riconoscere la nazione come Stato indipendente e sovrano. Turchia, Arabia Saudita e Qatar hanno condannato la decisione di Israele: il ministero degli Esteri turco ha definito illegale la mossa di Israele, affermando che tali azioni mirano a creare instabilità . L’Arabia Saudita ha affermato che è stata “un’azione che rafforza le misure secessioniste unilaterali”. Anche il Qatar ha criticato Tel Aviv, affermando che la sua decisionemina la sovranità e l’integrità territoriale della Somalia.
Sul fronte palestinese, Hamas ha avvertito che non tollererà alcuno spostamento forzato dei palestinesi verso il paese. In un comunicato pubblicato sul proprio sito, il movimento ha dichiarato: “Ribadiamo il nostro totale rifiuto dei piani dell’occupazione di trasferire con la forza il nostro popolo, incluso l’uso del Somaliland come destinazione per il popolo di Gaza”. Il movimento ha definito il riconoscimento israeliano come “un precedente pericoloso e un tentativo inaccettabile di ottenere una falsa legittimità da parte di un’entità fascista che occupa la terra di Palestina”.
“Il fatto che il governo del criminale di guerra Netanyahu abbia riconosciuto un’amministrazione separatista in Somalia riflette la profondità dell’isolamento internazionale dell’entità sionista, a causa dei crimini genocidi commessi contro il nostro popolo nella Striscia di Gaza“, ha affermato Hamas. Il movimento ha invitato a “rafforzare questo isolamento, sia popolare sia ufficiale, e continuare gli sforzi internazionali per chiedere responsabilità ai suoi leader per crimini contro l’umanità ”. Hamas ha infine definito l’iniziativa israeliana come una “maliziosa politica sionista volta a frammentare i paesi arabi, destabilizzarli e interferire nei loro affari interni, al servizio del progetto coloniale sionista”.
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Alcune centinaia di persone sono arrivate nel pomeriggio di sabato 27 dicembre in piazza Cavour, a Milano, a un presidio per protestare contro gli arresti disposti dalla magistratura genovese contro nove presunti finanziatori di Al Fatah. “La solidarietà non è terrorismo” è scritto su uno striscione. Oltre a bandiere palestinesi quelle di Potere al Popolo e dei Slai Cobas e altri movimenti. “Liberi subito, liberi tutti”, era scritto su un altro striscione. Successivamente il corteo ha percorso via Senato ed è arrivato in corso Buenos Aires. Cori contro Giorgia Meloni e Benjamin Netanyahu.
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“Oggi si scrive una pagina buia per tutti i cittadini“. Dopo averla criticata pubblicamente e aver avvertito dei rischi, l’Associazione Magistrati della Corte dei Conti reagisce così all’approvazione definitiva da parte del Senato della riforma che indebolisce il controllo della magistratura contabile. Che è “chiamata dalla Costituzione a garantire che le risorse pubbliche siano destinate ai servizi alla collettività e non siano sprecate, per imperizia o corruzione“, ricorda in una nota. La riforma “segna un passo indietro nella tutela dei bilanci pubblici e inaugura una fase in cui il principio di responsabilità nella gestione del denaro dei cittadini risulta sensibilmente indebolito“.
“Da oggi – prosegue l’Associazione – in presenza di grave colpa, il danno arrecato alle finanze pubbliche sarà risarcibile solo entro il limite massimo del 30% del pregiudizio accertato. La parte restante non verrà recuperata e resterà a carico della collettività “. “Ulteriori forti preoccupazioni – proseguono i magistrati – suscitano l’introduzione di meccanismi di esonero automatico dalla responsabilità , legati al silenzio della Corte dei conti in sede di controllo di legittimità o di parere. In questo modo, l’assenza di una pronuncia esplicita della Magistratura contabile rischia di trasformarsi in una giustificazione automatica, piegando tali funzioni a logiche di esclusione della responsabilità piuttosto che di miglioramento dei servizi. La riforma incide negativamente sui principi di legalità , responsabilità e buon andamento dell’amministrazione, sanciti dalla Costituzione, e solleva un tema centrale di equità : le risorse pubbliche appartengono a tutti e la loro tutela richiede forme di responsabilità effettive e credibili”.
“Una maggiore efficienza dell’amministrazione non si ottiene riducendo il ruolo della Magistratura contabile, ma valorizzando il presidio indipendente e imparziale a garanzia del corretto utilizzo del denaro pubblico”, conclude l’Associazione.
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Momenti di panico allo stadio Tardini nel finale dell’anticipo tra Parma e Fiorentina. La partita, persa 1-0 dai viola, è passata improvvisamente in secondo piano quando Roberto Piccoli si è accasciato al suolo dopo un durissimo scontro di gioco, facendo calare il silenzio sugli spalti e in campo.
L’attaccante della Fiorentina è rimasto a terra nell’area del Parma dopo un contatto con il portiere Corvi. L’azione, inizialmente proseguita, è stata subito fermata dall’arbitro Guida, che ha interrotto il gioco per permettere l’ingresso dei sanitari. Per alcuni minuti l’apprensione è stata massima: Piccoli non si muoveva e l’intervento dello staff medico ha richiesto tempo, mentre le immagini televisive venivano coperte per la gravità del momento.
Lo spavento è stato grande, ma fortunatamente l’allarme è rientrato. Dopo le cure sul terreno di gioco, l’attaccante viola è riuscito a rialzarsi, lasciando il campo sulle proprie gambe tra gli applausi del pubblico del Tardini. Gli accertamenti immediati hanno escluso conseguenze serie: per Piccoli si è trattato soltanto di una forte botta al torace. Le condizioni del giocatore non destano preoccupazione.
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Stop and go: è l’imprevedibile Etna. Parte, si ferma e poi riparte e torna nuovamente a fermarsi con le sua spettacolare attività eruttiva: un nuovo episodio di fontana di lava è iniziato al cratere di Nord-Est alle 15:15, l’attività , segnala l’Ingv-Oe di Catania, è aumentata molto repentinamente, producendo getti di lava alte 300-400 metri e una colonna eruttiva carica di materiale piroclastico, che si è alzata alcuni chilometri sopra la cima dell’Etna per poi essere spinta dal vento verso ovest. Alle 15:45 l’attività ha cominciato a diminuire, e la fontana è passata a forti esplosioni con bolle di lava, che hanno lanciato materiale piroclastico grossolano fino alla base del cono e oltre. Al momento persiste un’emissione di cenere intermittente. Rispetto al precedente fenomeno quest’ultimo, osserva l’Ingv-Osservatorio etneo, è stata più energetico, con fontane più alte e una colonna eruttiva più densa. Nel contempo è continuata una modesta attività esplosiva dalla bocca apertasi sul fianco orientale della Voragine, che sta producendo un continuo pennacchio di cenere alto qualche centinaio di metri. Questa attività è tuttora in corso.
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Il tentato rapimento, il calcio all’inguine e la fuga. A Vancouver, in Canada, un uomo ha provato a rapire una bambina di 11 anni. Secondo quanto riporta People, l’episodio si è verificato lo scorso 15 dicembre. La bambina aveva appena terminato di giocare a calcio con gli amici e si stava dirigendo a piedi verso casa: Jerson Hartman, questo il nome dell’indagato, la teneva d’occhio e ha iniziato a seguire la piccola accelerando sempre più il passo. La bambina ha notato l’uomo mascherato e, sentendosi a disagio, ha iniziato a urlare chiedendo aiuto.
In pochi istanti Hartman ha raggiunto la ragazzina e, strattonandola da un gomito, le ha intimato di stare in silenzio, quindi ha gettato a terra il telefono dell’11enne per far sì che non potesse chiamare la polizia. La bambina si è però divincolata dalla stretta dell’uomo e gli ha sferrato un calcio all’inguine, colpendolo nelle parti basse.
Grazie al colpo assestato, la bambina è riuscita a fuggire. Hartman, infatti, ha lasciato la presa e la ragazzina è scappata, rifugiandosi a casa di un’amica. Lì, al sicuro, la piccola ha chiamato la polizia per denunciare il malvivente. Gli agenti hanno rintracciato Hartman. L’uomo è stato arrestato con l’accusa di tentato rapimento.
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