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Giustizia a cura di Giovanna Trinchella
Processo Rigopiano, l’allarme sulla prescrizione del pg di Perugia. L’avvocato di parte civile: “Grande ritardoâ€

Sul nuovo processo d’appello sulla tragedia dell’hotel Rigopiano (deciso dalla Cassazione poco meno di un anno fa) potrebbe calare la scure della prescrizione. A segnalarlo con forza è il procuratore generale di Perugia, Paolo Barlucchi, che ha richiamato la “problematicità del doppio termine di prescrizione†legato al complesso percorso giudiziario iniziato a Pescara e approdato in Umbria dopo la decisione della Suprema corte. Un rischio concreto, secondo l’avvocato Romolo Reboa, legale di alcuni familiari delle vittime: “Questo processo è arrivato a Perugia con grande ritardo: purtroppo le famiglie rischiano di pagare cara la tempistica e l’organizzazione del giudizio che si ebbe a Pescara, che criticai fortemente. Purtroppo, il tempo mi sta dando ragione”.

L’hotel Rigopiano di Farindola (Pescara) il 18 gennaio 2017 fu travolto e distrutto da una valanga poche ore dopo il terremoto che si registro in Centro Italia. L’indagine fu molto complessa: si indagò sulle responsabilità di Comune e provincia e Regione, sull’omessa pianificazione territoriale di una Legge del 1992 e la carta valanghe approntata in ritardo. Accertamenti sulla strada provinciale n.8 che non era stata liberata dalla neve impedendo agli ospiti dell’hotel, che avrebbero avuto la possibilità di lasciarlo dopo le scosse di terremoto, di andare via perché era rotta una turbina spazzaneve. Si indagò sull’allarme dato in ritardo e quello che era stato ignorato. Secondo gli ermellini sarebbe stato possibile prevenire il disastro. Le 29 vittime vittime erano ospiti della struttura e dipendenti, undici i superstiti tirati fuori dalla neve e dalle “macerie†della struttura dai soccorritori che lavorarono giorno e notte per salvare più persone possibile, mentre l’Italia teneva il fiato sospeso.

Il peso dei ritardi e la nuova cornice fissata dalla Cassazione

Il processo d’appello bis è stato disposto dopo la decisione della Suprema Corte, depositata nelle 158 pagine delle motivazioni del 3 dicembre 2024. La Cassazione ha stabilito che la tragedia “si poteva prevenire†e che ciò “era possibile e dovutoâ€, indicando come elemento cardine la mancata pulizia della strada provinciale che conduce all’albergo. Se quella via fosse stata sgomberata la mattina del 18 gennaio 2017, quando gli ospiti tentarono di lasciare la struttura, la tragedia non si sarebbe verificata. Accogliendo parzialmente il ricorso della Procura generale dell’Aquila, la Corte aveva disposto un nuovo giudizio per dieci imputati, tra cui sei funzionari della Regione Abruzzo inseriti che erano stati assolti nei primi due gradi di giudizio. Gli ermellini avevano chiesto ai giudici umbri di valutare per loro le accuse di disastro colposo e lesioni plurime colpose.

Chiesta l’esclusione di Primavera dall’appello

Gli avvocati di Emilio Primavera, ex direttore del Dipartimento di Protezione civile della Regione Abruzzo, hanno chiesto la sua esclusione dal nuovo giudizio. Per la Cassazione l’ingegnere doveva essere nuovamente imputato, ma i legali Vittorio Manes e Augusto La Morgia sostengono che debba essere confermata l’assoluzione ottenuta in primo grado a Pescara. Secondo la difesa, l’ingegnere — in carica da meno di due anni prima della tragedia — non avrebbe comunque potuto redigere in tempo la Carta valanghe (Clpv), un documento che, come confermato dai periti del Tribunale, richiede almeno quattro anni solo per la fase preliminare. I lavori, secondo le stime, si sarebbero conclusi due anni e mezzo dopo il gennaio 2017. Di conseguenza, affermano i legali, “non è possibile predicare alcuna prevedibilità dell’evento” rispetto alla condotta del dirigente.

Le richieste delle parti civili e il nuovo appuntamento in aula

Nell’udienza del 25 novembre scorso, le parti civili hanno presentato richieste in linea con quelle del sostituto procuratore generale Paolo Barlucchi, confermando la volontà di mantenere il perimetro accusatorio indicato dalla Cassazione. Il processo riprenderà lunedì 1° dicembre: un calendario che procede, ma che continua a fare i conti con i tempi oggettivamente stretti imposti dal rischio prescrizione. Per le famiglie delle vittime, il timore è che dopo otto anni dalla tragedia la giustizia possa sfumare non per le conclusioni dibattimentali, ma perché troppo tempo è passato. “Le famiglie rischiano di pagare — ha ribadito Reboa — i ritardi accumulati in origine e un sistema che ancora una volta non garantisce risposte nei tempi dovuti”. Un rischio che, per chi ha perso tutto a Rigopiano, sarebbe l’ennesimo peso da sopportare.

La storia del processo

In primo grado furono condannati il sindaco di Farindola Ilaria Lacchetta (due anni e otto mesi); i dirigenti della Provincia di Pescara D’Incecco e Di Blasio (tre anni e quattro mesi ciascuno); sei mesi ciascuno per l’ex gestore Di Tommaso ed il geometra Giuseppe Gatto. In quella occasione l’accusa di disastro colposo cadde per molti dei principali imputati, tra i quali l’ex prefetto, per il quale il pool della procura coordinato dal procuratore capo Giuseppe Bellelli e composto dai sostituti procuratori Anna Benigni e Andrea Papalia, aveva chiesto 12 anni; l’ex presidente della Provincia di Pescara Antonio Di Marco, per il quale erano stati chiesti sei anni.

Erano stati assolti anche tecnici e dirigenti regionali in uno scenario, secondo l’articolato impianto accusatorio, di diffuse responsabilità su vari fronti, dai permessi di costruzione dell’albergo, alla gestione dell’emergenza di quei giorni drammatici sul fronte delle condizioni atmosferiche, alla gestione dei soccorsi, fino ad una presunta vicenda di depistaggio in merito alla telefonata di Gabriele D’Angelo, dipendente dell’albergo e una delle vittime, che aveva allertato la Prefettura sulla situazione di pericolo, fatta sparire.

Tre condanne in più, compresa quella dell’ex prefetto di Pescara, Francesco Provolo, in secondo grado. In appello era stata parzialmente riformata la sentenza. La condanna di maggior rilievo era stata quella di Provolo, assolto in primo grado, al quale i giudici avevano inflitto 1 anno e otto mesi per falso ideologico e rifiuto di atti di ufficio. Sentenza ribaltata anche per Enrico Colangeli, tecnico comunale, e Leonardo Bianco, dirigente della Prefettura di Pescara, entrambi assolti in primo grado. Confermate in appello 22 assoluzioni. Il verdetto della Corte d’appello dell’Aquila aveva stabilito quindi un totale di 8 condanne confermando le condanne inflitte in primo grado per il sindaco di Farindola Ilario Lacchetta, per i dirigenti della Provincia Paolo D’Incecco e Mauro Di Blasio, per il tecnico Giuseppe Gatto e per l’ex gestore dell’hotel Bruno Di Tommaso. Per l’ex capo di gabinetto della Prefettura Leonardo Bianco, la Corte aveva disposto una condanna di un anno e 4 mesi mentre per il tecnico Colangeli la pena era stata di due anni e 8 mesi. Poi era intervenuta la Cassazione e il nuovo processo.

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Data articolo:Thu, 27 Nov 2025 20:13:56 +0000
Politica a cura di F. Q.
Schlein: “Serve salario minimo, lo conferma anche il rapporto Svimez. Ma la destra continua a bloccarloâ€

“Oggi il rapporto Svimez chiarisce che il potere d’acquisto dei salari degli italiani è sceso di 10 punti dal 2021, specialmente al sud, meno al nord 8,2. In altri paesi quello che ha aiutato le famiglie a reggere il peso dell’inflazione e il caro bollette è stato il salario minimo che qui ancora dobbiamo approvare, perché la destra continua a bloccare la nostra iniziativa, quella delle opposizioni, che porteremo avanti”. Lo ha detto la segretaria del Pd Elly Schlein a margine della presentazione de “Il libro segreto di Casapound” di Paolo Berizzi a Roma.

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Data articolo:Thu, 27 Nov 2025 19:29:42 +0000
Politica a cura di Redazione Politica
Atreju, Meloni: “Sì al duello con Schlein, ma ci sia anche Conteâ€. Ok del leader 5S. La segretaria Pd: “La premier scappa, allora porti Salviniâ€

“Sono pronta a confrontarmi con l’opposizione, ma ritengo che al confronto debba partecipare anche Giuseppe Conte“. Giorgia Meloni fa la mossa del cavallo nella partita a scacchi sul dibattito con i leader del centrosinistra ad Atreju, la festa di Fratelli d’Italia in programma dal 6 al 14 dicembre a Roma. Mercoledì la segretaria del Pd Elly Schlein aveva accettato l’invito alla kermesse, a condizione però di poter duellare in un faccia a faccia con la premier: un modo per rivendicare il ruolo di numero uno della coalizione. Il mattino dopo, al Fatto, il presidente M5s ha però chiesto parità di trattamento: “Anche io l’anno scorso, quando ero stato invitato ad Atreju, avevo sondato la disponibilità della premier Meloni per un confronto diretto con me”, ma “quella disponibilità allora non mi venne data“, ha ricordato. Così la capa del governo ne approfitta per ributtare la palla nel campo avversario, evidenziando i disaccordi interni al centrosinistra. Meloni afferma che il leader M5s deve partecipare al confronto “per due ragioni: la prima è che Giuseppe Conte, a differenza di Elly Schlein, anche negli anni passati è venuto ad Atreju senza imporre alcun vincolo. Lo ha fatto anche da presidente del Consiglio”, riconosce. “La seconda”, aggiunge, “è che non spetta a me stabilire chi debba essere il leader dell’opposizione, quando il campo avverso non ne ha ancora scelto uno. Atreju è sempre stata una casa aperta al dialogo, anche con chi la pensa diversamente”, conclude.

Una sfida che il presidente pentastellato accetta dopo pochi minuti: “Avevo sondato la possibilità di un confronto con Meloni ad Atreju anche nelle precedenti edizioni e mi fu risposto di no. Ora leggo che la premier accetta di confrontarsi a patto che sul palco ci siamo sia io che Schlein. Per me va sempre bene confrontarsi e dirsi le cose come stanno. Anche in “trasferta”, davanti a un pubblico che ho rispettato anche quando ero presidente del Consiglio e Fratelli d’Italia non era forza di maggioranza. Non mi sottraggo certo oggi. Ci sono!”, scrive in sui social. La leader Pd invece, ospite di Piazzapulita, non si mostra entusiasta dell’ipotesi e accusa la premier di voler fuggire dal confronto: “Mi dispiace che Giorgia Meloni abbia rifiutato di fare il confronto con me. Tanto più che l’anno scorso, prima delle Europee, aveva accettato di farlo. Mi viene da chiedere che cosa sia cambiato. Forse oggi faccio più paura, visti i risultati elettorali”, provoca, riferendosi alle regionali vinte in Puglia e Campania. “Se vuole fare il confronto di coalizione, portasse anche Matteo Salvini. E se vuole portare anche Tajani noi portiamo anche Fratoianni e Bonelli. È ridicolo“, accusa.

Così da Fratelli d’Italia il responsabile Organizzazione Giovanni Donzelli sfrutta l’assist: “Dispiace che Elly Schlein abbia anche quest’anno alla fine declinato l’invito ad Atreju. Come sempre la nostra festa è aperta a chiunque a prescindere da idee politiche e posizionamento culturale. Il confronto per noi è il sale dell’impegno politico e tutti gli ospiti sono ben accolti e graditi”, scrive. “Giorgia Meloni con disponibilità aveva anche accettato di cambiare l’impianto storico della festa per fare un confronto con Schlein e Conte, vista la disponibilità da entrambi dimostrata. Se questo non è possibile andiamo avanti con gli ospiti che parteciperanno senza porre condizioni e che ringraziamo per questo. Quando l’opposizione avrà un leader unico e riconosciuto da tutti saremo felici di accogliere ad Atreju un confronto diretto tra Giorgia Meloni e il leader individuato”, conclude provocatoriamente.

L’invito ad Atreju è stato rivolto a tutti i capipartito d’opposizione, compresi quelli di Europa Verde e Sinistra italiana (riuniti in Parlamento nell’Alleanza Verdi e Sinistra) Angelo Bonelli e Nicola Fratoianni. Il primo ha accettato e sarà a un dibattito con il ministro delle Imprese Adolfo Urso, mentre Fratoianni ha declinato ringraziando: “Con la destra il confronto lo faccio in Parlamento. Ma ogni scelta vale, ringrazio per l’invito cortese. Lascio il posto a un giornalista, perché se ogni tanto la premier si offrisse alle domande sarebbe una buona cosa”, provoca. Dalla kermesse gli rispondono acidi: “Fratoianni, Atreju non morde: non serviva scappare. Da noi c’è posto per tutti”.

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Data articolo:Thu, 27 Nov 2025 19:26:10 +0000
Politica a cura di F. Q.
Roberto Cingolani (Leonardo): “La guerra non sta finendo, buon momento per investire sulla difesa. Altrimenti ci sterminanoâ€

“Sono in conflitto di interesse, ma vi dico chiaramente che se c’è un momento in cui bisogna investire sulla difesa, è questo perché non sta finendo la guerra, sta iniziando la guerra nuova”. Parola di Roberto Cingolani, amministratore delegato di Leonardo, campione nazionale nel settore difesa e aerospazio. L’ex ministro della Transizione Ecologica nel governo Draghi (sponsorizzato al tempo da Beppe Grillo) ha perorato l’acquisto di armi e strumenti di difesa durante la presentazione del Michelangelo Dome, una tecnologia basata sull’intelligenza artificiale. Nel contesto della guerra in Ucraina, Cingolani ha citato “18.000 casi di attacco ibrido all’anno nelle grandi nazioni”, prima di mettere in guardia: “I prossimi anni di pace apparente potrebbero essere gli anni necessari a chi attacca da sempre per sviluppare armi che sono difficili da neutralizzare”, aggiunge.

Cingolani l’ha detto in premessa: “sono in conflitto di interessi”. Lunedì scorso Leonardo ha ceduto in borsa il 2,2%, ma non è stata la sola. L’indice del settore, lo Stoxx Aerospace & Defence, ha iniziato la settimana perdendo l’1,7%, dopo il -3% di venerdì, toccando i minimi da fine agosto. Il pressing degli Stati uniti per chiudere il conflitto in Ucraina ha rallentato la corsa dei titoli della difesa europei. L’indice europeo in una settimana è arretrato del 7,8 per cento. Ma giova ricordare come l’indice Stoxx Europe Total Market Aerospace & Defense, resta su livelli superiori di quasi il 200% rispetto a quelli precedenti l’invasione russa dell’Ucraina nel febbraio 2022.

Nel suo discorso, Cingolani ha ricordato come “la pace va difesa, ma ha un costo, non è gratuita”. Se in futuro “il discorso diventasse serio, quello che temono ali servizi segreti, dovremo essere pronti a proteggere i nostri paesi, lo standard della vita occidentale”, ha proseguito il manager di Leonardo. Che a un certo punto ha virato su toni apocalittici: secondo Cingolani l’Occidente dovrà unire le forze per realizzare delle tecnologie adeguate, “sennò ci sterminano”. Il motivo? L’assenza di scrupoli del nemico. “Noi abbiamo ancora dei vincoli etici che vogliamo rispettare e non sacrificheremo mai mille giovani al giorno – ha dichiarato l’amministratore delegato di Leonardo – mentre i nostri avversari se ne fregano”. Dunque, conclude Cingolani, “se noi intendiamo rispettare le regole di etica della civiltà occidentale, noi dobbiamo mettere su queste tecnologie, sennò ci sterminano“. Eppure non viene mai nominata la Russia.

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Data articolo:Thu, 27 Nov 2025 19:16:17 +0000
Politica a cura di Andrea Giambartolomei
Vescovo, pastore valdese, Anpi, Cgil, cittadini in piazza: Torino si mobilita contro l’espulsione dell’imam decisa da Piantedosi. Lettera inviata a Mattarella

Cittadini di San Salvario, quartiere multietnico al centro di Torino, rappresentanti religiosi e civici, nessuna bandiera, neanche quelle palestinesi. Con un presidio alla moschea di via Saluzzo, giovedì sera, una parte della società civile di Torino ha manifestato solidarietà a Mohamed Shahin, imam su cui pende un provvedimento di espulsione per le frasi pronunciate nel corso di una manifestazione per Gaza il 9 novembre. In questi giorni, cattolici e valdesi impegnati nel dialogo interreligioso, la sezione dell’Anpi del quartiere, la Cgil e altri ancora hanno chiesto la revoca del decreto firmato dal ministro dell’Interno Matteo Piantedosi in persona dopo l’interrogazione della deputata torinese di Fratelli d’Italia, Augusta Montaruli. Shahin è al momento nel Centro di permanenza per il rimpatrio (Cpr) a Caltanissetta, lontano da famiglia e avvocati.

Una serie di personalità legate alla rete torinese del dialogo cristiano-islamico, tra cui il vescovo di Pinerolo Derio Olivero (presidente della Commissione Cei per l’ecumenismo e il dialogo), rappresentanti della Chiesa valdese (con il pastore valdese Francesco Sciotto) e il coordinamento dei centri islamici, ha scritto una lettera al presidente della Repubblica Sergio Mattarella. Hanno ricordato sì che, nel corso della manifestazione, l’imam ha affermato di ritenere gli attacchi di Hamas “non una violenza, ma una reazione ad anni di oppressioneâ€, ma anche che “l’imam aveva già rettificato e cui aveva fatto seguito un comunicato congiunto†dei rappresentanti delle diverse comunità religiose cittadine (cattolici, valdesi, ebrei e musulmani) contro l’intolleranza e per la pace.

La rete del dialogo interreligioso e anche l’Anpi sottolineano come l’eventuale espulsione di Shahin metta a rischio anni di dialogo e progettualità a cui l’imam partecipa in prima persona: “La moschea di via Saluzzo è sempre stata aperta e collaborativa – si legge nella nota del circolo Anpi del quartiere –. Ha ospitato iniziative che hanno coinvolto tutte le comunità religiose e laicheâ€. “Come la maggior parte dei centri culturali islamici della Città di Torino, la moschea di via Saluzzo è sempre stata aperta e collaborativa, ospitando iniziative che hanno coinvolto tutte le comunità, laiche e religiose, testimoniando concretamente e giorno dopo giorno l’impegno sincero della sua direzione, dell’imam e di tutti i fedeli nel senso del rispetto delle leggi, della pace e della cooperazione civile e interculturaleâ€, si legge nella lettera della rete del dialogo. Conferma Sergio Velluto, presidente del concistoro della chiesa valdese (il consiglio dei fedeli) e componente del comitato interfedi della città: “La cosa stupisce perché era molto conosciuto. Pochi mesi fa c’è la giornata delle moschee aperte, dove siamo stati accolti dall’imam Shahin. Da anni gestisce una delle moschee più integrate e attive nel dialogo interreligioso. Proprio la sua moschea aveva chiesto di diffondere la Costituzione italiana scritta in arabo ai suoi fedeli. Lui ha espresso opinioni sue, ma arrivare a deportare una persona come lui per delle opinioni è preoccupanteâ€.

L’imam italiano Gabriel Iungo (in passato finito nell’occhio del ciclone per aver rilanciato una vignetta sulle stragi del 7 ottobre), in un lungo post di Facebook ha denunciato un paradosso: “‘Per ragioni di sicurezza’ legate a dichiarazioni problematiche – pure rettificate – andrebbe a discapito proprio di quella sicurezza che si vorrebbe tutelare, in un quartiere ed in periferie dove figure come la sua operano da anni, in stretta collaborazione con istituzioni e forze dell’ordine, come riferimenti educativi essenziali anche per arginare criminalità e disagio giovanileâ€. Ha ricordato inoltre come, nel corso di tante manifestazioni a sostegno della causa palestinese, la sinagoga di Torino non sia mai stata “oggetto di aggressioni o episodi antisemiti†anche per il “fatto di avere come ‘vicini di casa’ comunità islamiche responsabili, moderate e moderatriciâ€, prive di “predicatori d’odio, facinorosi o estremisti violentiâ€.

“Al di là di eventuali violazioni, che spetta all’autorità giudiziaria verificare – premette la Cgil in un comunicato –, chiediamo il rientro immediato a Torino di Shahin e l’immediata revoca del provvedimento di espulsione. Stigmatizziamo l’uso di strumenti amministrativi finalizzati alla gestione dell’immigrazione che troppo spesso sono utilizzati come strumenti di razzializzazione del dissenso, effetti del clima che il decreto sicurezza ha generato nel nostro paeseâ€.

Le autorità di polizia ritengono Shahin “una minaccia concreta, attuale e grave per la sicurezza dello Statoâ€, è scritto nel decreto firmato da Piantedosi. Secondo quanto riportato, Shahin è un esponente della Fratellanza musulmana in Italia e questo lo metterebbe a rischio nell’Egitto guidato dal generale Al-Sisi, che ha preso il potere con un golpe un anno dopo l’elezione, nel 2012, di Mohammed Morsi, leader dell’organizzazione. Sempre secondo quanto riportato dal provvedimento, Shahin avrebbe “intrapreso un percorso di radicalizzazione religiosa connotata da una spiccata ideologia antisemita†e risulta “in contatto con soggetti noti per la visione violenta dell’Islamâ€: i suoi comportamenti sarebbero quindi una “minaccia sufficientemente grave per la sicurezza dello Stato†e si teme che “agevoli in vario modo organizzazioni o attività terroristicheâ€. Un punto di vista diverso rispetto a quello delle persone impegnate nel dialogo tra fedi. Già due anni fa, l’8 novembre 2023, le autorità negarono a Shahin la cittadinanza italiana per “ragioni di sicurezza dello Statoâ€. Di fronte a questo quadro, però, agli avvocati dell’imam risulta soltanto un procedimento pendente per un blocco stradale.

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Data articolo:Thu, 27 Nov 2025 18:47:18 +0000
Calcio a cura di Lorenzo Vendemiale
La fuga dei piedi buoni: i talenti dell’Italia Under17 terza ai Mondiali stanno già giocando all’estero

Per una nazionale che rischia di non andare a Usa 2026 e saltare la terza edizione di fila, c’è un’altra Italia che ai Mondiali ci va, facendo pure bella figura: l’Under17 guidata da Massimiliano Favo ha conquistato uno storico terzo posto ai Mondiali di categoria in Qatar, battendo ai rigori nella finalina di consolazione il Brasile campione in carica. Non è la prima squadra giovanile azzurra che fa segnare ottimi risultati di recente.

L’Under20 poche settimane fa si era fermata agli ottavi (sempre meglio che non qualificarsi proprio), ma veniva comunque da un secondo, un quarto e un terzo posto di fila. L’Under19 ha fatto due semifinali e una vittoria nelle ultime tre edizioni degli Europei. Adesso si aggiunge l’Under17 con questo storico bronzo, miglior piazzamento di sempre. È il solito discorso dei giovani che ci sono, ma che si perdono nella fase della crescita: tant’è vero che se in queste prime categorie gli azzurrini primeggiano ancora, cominciano a faticare già in Under21 (la nostra rappresentativa non si qualifica alle Olimpiadi dal 2008 e ora sta rischiando di non andare ai prossimi Europei, dove non vinciamo dal 2004), per poi sprofondare proprio a livello maggiore. Segno che evidentemente – oltre ad una serie di questioni tattiche e di sviluppo del calcio giovanile – nel sistema italiano c’è anche, e tanto, un problema di maturazione, dovuto allo scarso spazio e tempo concesso ai nostri talenti nei vari campionati, per quelle che sono le logiche stantie con cui vengono gestiti i club.

Nell’exploit dell’Under17, però, c’è anche un altro elemento di novità, che merita una riflessione. Innanzitutto, l’Italia che ha così ben figurato tra i pari età in Qatar ha in rosa diversi italiani di cosiddetta “seconda generazioneâ€, e sappiamo quanto questo possa arricchire le potenzialità di una squadra: si pensi a ciò che accade nel calcio da anni con Francia, Olanda, Inghilterra, ma più di recente in un’altra disciplina anche all’atletica italiana. Non solo: alcuni azzurrini, tra cui quasi tutti i migliori, non giocano nemmeno in Italia ma già all’estero. È il caso ad esempio di Luca Reggiani e Samuele Inacio (quest’ultimo figlio d’arte, dell’ex attaccante Inacio Pià), considerati i due prospetti più interessanti, che dalla scorsa estate si sono accasati in Germania al Borussia Dortmund, uno dei club più rinomati d’Europa per la capacità di lanciare talenti. Oppure di Jean Makumbu, che ha fatto tutta la trafila in Francia e oggi è in forza al Reims, con cui potrebbe esordire un giorno in Ligue1, il campionato che più di tutti dà spazio ai giovani. E ancora Dauda Idrissa, nato a Brescia ma trasferitosi presto con la famiglia in Inghilterra, dove ha già fatto l’esordio in prima squadra al West Bromwich Albion e firmato un contratto professionistico.

In un calcio italiano vecchio, quasi morto, la fuga dei cervelli (o in questo caso bisognerebbe dire dei piedi) all’estero rischia di essere un fenomeno sempre più diffuso e anche necessario. Non dobbiamo nemmeno vergognarcene, ma quasi augurarcelo: abbiamo citato l’esempio del valore aggiunto che hanno portato gli italiani di seconda generazione all’atletica, potremmo fare qui invece quello del rugby, dove la rinascita della nazionale è coincisa anche con la rinuncia al progetto autarchico delle accademie e la constatazione che i nostri giocatori crescevano meglio all’estero. È quello che si spera potrà capitare ai vari Inacio, Reggiani &Co., in società serie, che credono nei giovani, sanno quando aspettarli e come lanciarli, per arrivare poi un giorno a dare un contributo alla nazionale. Mentre da noi facciamo tutto il contrario (basta pensare alla gestione recente di Simone Pafundi, che veniva considerato il miglior talento della nuova generazione e invece si perso tra prestiti e contratti). Se il calcio italiano è ormai incapace di produrre, crescere o forse persino riconoscere il talento, non resta che augurarci lo facciano altrove. Che ci salvino gli altri dalla nostra mediocrità.

X: @lVendemiale

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Data articolo:Thu, 27 Nov 2025 18:43:44 +0000
Giustizia a cura di F. Q.
Omicidio Nada Cella, le difese puntano a far cadere le accuse: “Cecere innocente, Soracco estraneoâ€

Dopo le richieste dell’accusa, è stato il turno delle difese di parlare ai giudici che dovranno esprimersi sull’omicidio di Nada Cella, la segretaria massacrata il 6 maggio 1996 nello studio del commercialista Marco Soracco. Cuore dell’udienza le arringhe dei difensori dei principali imputati: Anna Lucia Cecere, l’ex insegnante accusata di essere l’autrice del delitto per cui è stato chiesto l’ergatsolo, e Soracco, per il quale la Procura ha chiesto una condanna a quattro anni per favoreggiamento.

A prendere la parola per prima è stata l’avvocata Gabriella Martin, che insieme al collega Giovanni Roffo difende Cecere. L’ex insegnante, ha sottolineato la legale, “non ha commesso il fatto†e non può diventare “un capro espiatorio perché il clamore e l’indignazione portano alla necessità di trovare un colpevoleâ€. La difesa ha messo in luce le presunte falle dell’impianto accusatorio: secondo Martin e Roffo, Cecere e Cella non si conoscevano e non esisteva alcun legame, neppure nascosto, con il commercialista Soracco. Nessuno, inoltre, ha collocato l’ex insegnante nello studio il giorno dell’omicidio, e persino il bottone rinvenuto sulla scena non corrisponde a quelli della sua abitazione.

L’avvocata ha ribadito che la partenza da Chiavari dell’imputata non era una fuga, ma legata alla volontà di completare l’ultimo anno integrativo per ottenere il diploma quinquennale e iscriversi all’università. Cecere aveva mezzi sufficienti per vivere e lavorare, e il suo carattere e comportamento non corrispondono a chi avrebbe potuto compiere un omicidio. Non emerge alcun movente plausibile, e secondo la difesa “è doveroso individuare non una verità, ma la verità, che si fonda su certezzeâ€. Martin ha aggiunto: “In questo processo sono emersi elementi confusi che non vanno oltre il ragionevole dubbio. Le emozioni non possono sostituire i fatti e le prove. Non esiste prova certa né indizi concordati che colleghino Cecere all’omicidio, né direttamente né indirettamenteâ€.

La difesa ha sottolineato che quel giorno Nada Cella era già sotto stress e non voleva recarsi nello studio di Soracco per motivi personali, mentre Cecere stava andando a lavorare a Santa Margherita Ligure. La legale ha concluso chiedendo la libertà della sua assistita, “una donna innocente ingiustamente accusataâ€.

A intervenire subito dopo è stato l’avvocato Andrea Vernazza, difensore di Marco Soracco. Vernazza ha respinto con fermezza le accuse di favoreggiamento, sottolineando che il commercialista è stato a sua volta una vittima della vicenda e che non vi sono prove che possa aver nascosto informazioni sull’autore del delitto. “Soracco non ha mai ritardato a chiamare i soccorsi e non aveva alcun interesse a favorire Cecere, che anzi lo odiava e detestavaâ€, ha dichiarato il legale. Vernazza ha messo in discussione la solidità delle prove e ha respinto l’idea che Soracco potesse custodire segreti: “Soracco è sempre stato stimatissimo, non c’è alcun elemento concreto che dimostri segreti da custodireâ€.

Dubbi sono stati sollevati anche sull’alterazione della scena del crimine: la spillatrice indicata come arma del delitto sarebbe stata usata dalla scientifica durante le indagini, mettendo in discussione l’integrità delle prove raccolte. Vernazza ha inoltre criticato il lavoro della criminologa Antonella Delfino Pesce, che con l’avvocata Sabrina Franzone ha riletto le carte della vecchia indagine. Secondo la difesa, Pesce si sarebbe presentata come studentessa, senza rivelare di svolgere indagini difensive, rendendo illegittime le prove da lei raccolte.

La parola passerà nuovamente alla difesa di Cecere il 4 dicembre, mentre il 18 dicembre è prevista la sentenza. In questo processo, che riapre un caso vecchio di quasi trent’anni, le difese puntano a smontare l’impianto accusatorio, sottolineando la mancanza di prove certe e la necessità di una verità fondata sui fatti.

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Data articolo:Thu, 27 Nov 2025 18:31:34 +0000
Sport a cura di Giuseppe Pietrobelli
Criticità sulla pista da bob di Innsbruck dopo la ristrutturazione: annullate le gare di slittino e skeleton

La pista per il bob, lo skeleton e lo slittino di Igls, nei pressi di Innsbruck, ha superato solo parzialmente la fase di avvio agonistico dopo un pesante intervento di ristrutturazione. Così si disputeranno solo le gare di coppa del mondo del bob, mentre sono state annullate quelle di skeleton e slittino. Si tratta della pista che era stata indicata come possibile alternativa alla “Eugenio Monti†di Cortina, la cui costruzione (costo 124 milioni di euro) ha costituito uno dei tanti scandali delle Olimpiadi invernali italiane che si terranno a febbraio 2026. Rendere agibile l’impianto austriaco per le gare, infatti, avrebbe richiesto un intervento di una trentina di milioni di euro, un quarto della somma di denaro pubblico speso in Italia. A cose fatte Igls ha però dimostrato di non aver superato tutte le criticità a conclusione di lavori durati una ventina di mesi, anche a causa della mancanza di tempo. Se non fosse stato concluso positivamente il cantiere di Cortina, Fondazione Milano Cortina 2026 aveva valutato l’ipotesi di disputare le gare dei Giochi all’estero, non tanto a Innsbruck, quanto a Lake Placid, negli Stati Uniti, il vero “piano B†alternativo alla “Eugenio Montiâ€.

A dire di no alle gare di coppa del mondo sono stati per primi gli slittinisti, il che ha comportato il trasferimento delle gare a Winterberg, in Germania. La Federazione Internazionale di Slittino (Fil) ha bloccato le gare a causa di un’insufficiente aderenza ai requisiti tecnici, in particolare all’altezza della curva 14. Saranno ora necessari interventi per sistemare la struttura. Situazione analoga, ma con motivazioni legate anche allo scarso tempo per la sistemazione dell’impianto e per le prove, è venuta dallo skeleton. La seconda tappa di Coppa del mondo è stata cancellata dal comitato esecutivo della Federazione internazionale (Ibsf) dopo una votazione degli atleti. Trenta di loro si sono detti contrari a gareggiare, mentre 21 erano disposti a farlo. Secondo la dichiarazione ufficiale, la decisione è stata presa “a causa del ridotto tempo a disposizione degli atleti per testare e conoscere il tracciatoâ€, dopo un confronto con la loro rappresentante Elisabeth Vathje e le giurie di gara. La prossima tappa della Coppa di skeleton, che si svolge in concomitanza con quella di bob, è in programma dal 12 dicembre a Lillehammer in Norvegia.

Restano invece confermate a Igls le gare di bob, per le quali i requisiti tecnici e di sicurezza hanno superato l’esame. Igls è un impianto storico per gli sport di scivolamento che ha ospitato due edizioni dei Giochi invernali, nel 1964 e nel 1976.

CORTINA CHIEDE SOLDI ALLA REGIONE VENETO. Intanto a Cortina si è disputata la prima tappa della Coppa del mondo di bob e skeleton sul nuovo impianto olimpico. Praticamente non c’era pubblico, visto che l’area mantiene l’aspetto di un cantiere. Gli atleti hanno però portato a compimento le loro gare a distanza di 18 anni dalle ultime che vennero disputate nel 2007. Adesso l’appuntamento si sposta alla fase olimpica. Il Comune di Cortina deve però pensare ai problemi economici di gestione della pista. La Regione Veneto si è già impegnata con 4,5 milioni di euro (a sostegno anche di altre opere nell’Ampezzano), ma non basteranno.

Durante il consiglio comunale il sindaco Gianluca Lorenzi ha ammesso: “E’ un tema che affronteremo con il nuovo presidente Alberto Stefani, perché si tratta di una situazione che non può essere sottovalutataâ€. Il primo cittadino ha anche ammesso che, contrariamente a quanto previsto dal dossier di candidatura olimpica, “le province autonome di Trento e Bolzano non hanno firmato la convenzione per la gestione della pista dopo le Olimpiadiâ€. L’ex sindaco Giampietro Ghedina, che fu in prima linea durante la candidatura, ha ricordato che l’impegno era di un sostegno economico per un periodo di 15 anni. Alla prova dei fatti sia il Trentino che l’Alto Adige hanno lasciato Cortina da sola, anche perché si sono resi inutilizzabili i Fondi di confine, che non possono essere impiegati in spese di gestione, ma solo nel finanziamento di progetti.

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Data articolo:Thu, 27 Nov 2025 18:26:16 +0000
Lobby a cura di Redazione Economia
Ponte sullo Stretto, perché la Corte dei Conti ha detto no: violate due direttive Ue su ambiente e appalti. E c’è il nodo tariffe

Ci sono la violazione di due direttive europee tra cui quella relativa alla conservazione di habitat naturali e la mancanza del parere dell’Autorità di regolazione dei trasporti sul piano tariffario dietro il no della Corte dei Conti al visto di legittimità e alla registrazione della delibera Cipess sul via libera al ponte sullo Stretto di Messina. Dalle 33 pagine di motivazioni, depositate giovedì dalla Sezione centrale di controllo di legittimità, emerge che i magistrati contabili contestano innanzitutto il superamento della valutazione ambientale negativa attraverso la procedura “Iropi”, quella a cui si ricorre quando ci sono imperative motivazioni di rilevante interesse pubblico che giustificano un progetto anche se ci sono criticità. Il secondo profilo riguarda i contratti con il general contractor Eurolink, di cui è capofila WeBuild: la loro “riattivazioneâ€, con aggiornamento dei corrispettivi e radicale modifica delle condizioni economiche, viola l’articolo 72 della direttiva appalti. Abbastanza per fermare il provvedimento che avrebbe dovuto segnare il via ai cantieri dell’opera simbolo del governo Meloni.

Il giudizio arriva al termine di un’istruttoria durante la quale il Collegio ha chiesto chiarimenti a Palazzo Chigi, ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, ministero dell’Ambiente, Tesoro e società Stretto di Messina, senza ottenere risposte ritenute sufficienti a superare i rilievi. Ora il Mit “prende atto delle motivazioni” e fa sapere che “continua l’iter per la realizzazione del collegamento tra Calabria e Sicilia, anche alla luce della positiva collaborazione con la Commissione europea”. Tecnici e giuristi, assicura il dicastero guidato da Matteo Salvini, “sono già al lavoro per superare tutti i rilievi e dare finalmente all’Italia un Ponte unico al mondo per sicurezza, sostenibilità, modernità e utilità”. Mercoledì l’ad della Stretto di Messina, Pietro Ciucci, in audizione aveva espresso “fiducia e determinazione” nel fatto che di potere ottenere una “registrazione piena” nella convinzione di “aver operato nel completo rispetto delle norme generali e speciali italiane ed europee relative alla realizzazione del ponte”.

La violazione della direttiva Habitat

Il primo fronte riguarda la decisione di superare il parere negativo della Commissione tecnica VIA-VAS, che nel 2024 aveva rilevato criticità gravi per tre siti Natura 2000. Il governo ha scelto di ricorrere alla procedura “Imperative reasons of overriding public interest”, prevista dalla direttiva Habitat solo in casi eccezionali. Ma per la Corte l’uso della deroga non è stato adeguatamente motivato né accompagnato da un’istruttoria tecnica conforme ai criteri europei. La relazione Iropi approvata dal Consiglio dei ministri il 9 aprile 2025, osservano i giudici, è priva di firma, data e, soprattutto, di una valutazione autonoma da parte delle amministrazioni competenti (in particolare il Mase). Non dimostra l’assenza di soluzioni alternative, che la direttiva impone di analizzare in modo approfondito “alla luce degli effetti sugli habitat e sulle specie” e non solo sulla base degli studi prodotti dal soggetto proponente.

La Corte contesta anche la qualificazione dei “motivi imperativi di interesse pubblico”. Il governo ha fondato la deroga sulle ricadute economiche del Ponte, sull’aumento dell’accessibilità e sull’integrazione territoriale fra Calabria e Sicilia. Ma per l’Unione europea, ricorda la Corte, quelle motivazioni non consentono di prescindere dal parere della Commissione: si può procedere solo in presenza di ragioni legate alla salute pubblica, alla sicurezza o a impatti ambientali di primaria importanza. Ragioni che non sono state dimostrate. A ciò si aggiunge la carenza del confronto con Bruxelles: la Dg Environment, con una lettera del 15 settembre, aveva chiesto chiarimenti specifici su diversi profili critici, ma il Mase ha fornito una risposta giudicata “meramente riproduttiva” dei pareri VIA, senza nuovi elementi. Nel complesso, secondo il Collegio, la fase Iropi “non risulta coerente con il riparto delle competenze e con i criteri stringenti della direttiva”.

I contratti riattivati senza rifare la gara

Il secondo pilastro della decisione riguarda i contratti già affidati negli anni Duemila e poi caducati con la messa in liquidazione della Stretto di Messina. Il decreto-legge 35/2023 ha “rianimato†la concessione e consentito allo Stato di ripristinare gli accordi con i soggetti aggiudicatari responsabili della progettazione definitiva, esecutiva e della realizzazione dell’opera. Insieme a Eurolink sono stati riattivati i rapporti con il Project Management Consultant e con il Monitore ambientale.

Per la Corte questa operazione non rispetta l’articolo 72 della direttiva Appalti, che consente modifiche contrattuali senza nuova gara solo in casi circoscritti e entro un limite massimo del 50% del valore iniziale, e comunque solo quando tali modifiche non avrebbero potuto attrarre nuovi potenziali concorrenti. Qui avviene l’opposto. L’elemento decisivo è il mutamento delle condizioni economiche: l’opera non è più finanziata in project financing, come previsto nel 2003-2006, ma interamente con fondi pubblici, come stabilito dalle leggi di bilancio 2024 e 2025. Una trasformazione che “avrebbe potuto attrarre ulteriori partecipanti” e che quindi rende obbligatoria una nuova procedura competitiva.

Non solo: gli aggiornamenti dei corrispettivi riconosciuti al general contractor (oltre 10,5 miliardi) e alle altre strutture tecniche sono stati accolti senza che il Cipess o il Mit verificassero nel merito l’aderenza ai criteri dell’articolo 72. Né nel piano economico-finanziario né nella documentazione allegata, rileva il Collegio, esiste un’analisi che dimostri in che misura gli aumenti siano imputabili a inflazione o revisioni tecniche e non costituiscano invece modifiche sostanziali che alterano l’equilibrio contrattuale originario. Per questo l’intera operazione è ritenuta incompatibile con il diritto Ue.

Il Piano economico finanziario senza basi

Un ulteriore punto critico è quello del piano tariffario su cui si basa il Piano economico-finanziario. La delibera Cipess ha escluso la necessità di acquisire il parere dell’Autorità di regolazione dei trasporti, perché il Ponte sarebbe assimilabile a una “strada extraurbana di categoria B” e quindi fuori dal perimetro di competenza dell’autorità. La Corte smonta questa lettura: ricorda che l’articolo 37 del decreto 201/2011 attribuisce ad ART un ruolo generale e trasversale nella definizione dei criteri tariffari su tutte le infrastrutture soggette a pedaggio, indipendentemente dalla classificazione stradale.

Secondo i giudici, l’esclusione di ART e del Nucleo di consulenza per l’Attuazione delle linee guida per la regolazione dei servizi di pubblica utilità ha indebolito l’istruttoria sul Piano, soprattutto perché le tariffe proposte sono solo “provvisorie” e costruite su stime di traffico non consolidate. La Corte contesta anche l’argomentazione introdotta dal Mit nella fase finale dell’istruttoria, secondo cui il pedaggio non avrebbe funzione remunerativa, essendo l’opera interamente finanziata dallo Stato: il decreto-legge 35/2023 impone comunque che ricavi e tariffe concorrano alla sostenibilità economico-finanziaria del progetto.

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Data articolo:Thu, 27 Nov 2025 18:13:34 +0000
Scienza a cura di F. Q.
Astronauta italiano selezionato per la missione sulla Luna. Chi sarà? Cristoforetti e Parmitano candidati naturali

Il prossimo passo dell’Europa verso la Luna vedrà protagonista un astronauta italiano. Non si sa ancora chi sarà ma i candidati principali sono Samantha Cristoforetti e Luca Parmitano. Entrambi vantano un curriculum di altissimo livello nell’Agenzia Spaziale Europea (ESA) e hanno già partecipato ai programmi di esplorazione lunare della NASA, come Artemis, e alle attività legate al Lunar Gateway. L’annuncio di un italiano o un’italiana come componente della missione Artemis è stata data durante la Conferenza Ministeriale dell’ESA, svoltasi a Brema: gli altri due europei saranno un o una francese e un tedesco. L’incontro ministeriale, che si svolge ogni tre anni, è un momento cruciale per definire le priorità politiche, scientifiche e finanziarie dell’agenzia spaziale europea. Qui vengono stabiliti i principali investimenti, approvati i programmi futuri e distribuite le responsabilità industriali tra i paesi membri, con l’obiettivo di rafforzare il ruolo dell’Europa nell’esplorazione spaziale internazionale.

Luca Parmitano, 45 anni, è stato il primo italiano a comandare la Stazione Spaziale Internazionale (ISS) e ha completato missioni di lunga durata nello spazio, accumulando centinaia di giorni orbitando attorno alla Terra. La sua esperienza comprende anche attività extraveicolari complesse, che lo hanno reso un astronauta di riferimento a livello internazionale. Samantha Cristoforetti, 46 anni, è stata la prima donna europea a guidare l’ISS e ha partecipato a missioni di grande rilievo scientifico, distinguendosi per capacità tecniche, leadership e visibilità mediatica. Entrambi rappresentano dunque candidati naturali per portare il tricolore italiano sulla superficie lunare.

La decisione finale non sarà però solo tecnica: fattori politici, diplomatici e operativi giocheranno un ruolo chiave. L’ESA dovrà anche coordinare i tempi con il programma Artemis della NASA, che prevede missioni lunari con equipaggio nei prossimi anni. Per questo motivo, la scelta potrebbe dipendere non solo dall’esperienza individuale, ma anche da logiche di collaborazione internazionale e disponibilità operativa. Il programma lunare europeo ha ambizioni a lungo termine: non si tratta solo di mandare uomini sulla Luna, ma di garantire un accesso autonomo e sostenibile alla superficie lunare. Ciò significa progettare e realizzare infrastrutture complesse, dai moduli abitabili alle centrali di potenza, fino a sistemi di comunicazione e navigazione avanzati. Queste strutture saranno fondamentali non solo per missioni scientifiche, ma anche per la futura esplorazione umana di lungo periodo, aprendo la strada a basi permanenti e a nuove opportunità di ricerca e sviluppo tecnologico.

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Data articolo:Thu, 27 Nov 2025 18:08:32 +0000
Politica a cura di Youssef Taby
“L’incontro per gli studenti sulla violenza contro le donne usato per parlare di foibe con esponenti di Fdiâ€: il caso a Roma

Un appuntamento scolastico contro la violenza sulle donne si è trasformato in un evento politico. È quanto accaduto questa mattina al liceo Amaldi, nel VI Municipio di Roma, quando alcune classi sono state portate a uno spettacolo al teatro di Tor bella monaca sulle foibe preceduto da interventi istituzionali di Fratelli d’Italia. Sul palco si sono alternati sei esponenti del partito: Nicola Franco, presidente del Municipio; Emanuele Giuliani, presidente del Consiglio municipale; Mariantonietta La Polla, presidente della Commissione Pari opportunità; Pietro Dominici, presidente della Commissione Lavori pubblici; il consigliere capitolino Federico Rocca e il deputato Marco Perissa, presidente della federazione romana di FdI.

L’iniziativa era stata presentata come un incontro sul Giorno del Ricordo e sulla violenza contro le donne, ma secondo gli studenti il senso dell’evento è cambiato già dai primi minuti. Lo spettacolo, tratto dal libro “10 febbraio. Dalle foibe all’esodoâ€, raccontava storie di donne coinvolte nelle vicende del confine orientale. Ma, stando a quanto raccontato dagli studenti presenti, l’attenzione si è concentrata subito sui partigiani, “descritti in modo unilaterale, e sulla presenza politica quasi esclusiva degli esponenti di FdI”.

“Siamo entrati e sono partiti i saluti istituzionali. Hanno parlato delle violenze sulle donne e poi delle foibe, ma in modo strumentale. Le protagoniste erano quasi tutte figlie di carabinieri, militari o fascisti. I partigiani venivano descritti solo come violentatori o aguzzini. Anche chi non segue la politica se ne è accorto. Alla fine sembrava più uno spettacolo sulla ferocia dei partigiani che sul tema femminileâ€, racconta a ilfattoquotidiano.it uno studente.

Il collettivo studentesco Astra ha attaccato duramente: “L’incontro, nato per parlare della violenza contro le donne, è stato trasformato in uno spettacolo dedicato alle foibe. È una pagina della nostra storia che merita memoria, certo, ma non può diventare il pretesto per sostituire un tema urgente che riguarda la sicurezza e la dignità di milioni di donne. Ridurre tutto a una sola lettura, selezionata per convenienza politica, non è memoria: è semplificazione. Ed è un tradimento del ruolo educativo della scuola. Una scuola non può diventare il palcoscenico di una parte politica, soprattutto quando il tema in programma era la violenza di genere. Mettere in scena un evento che sfiora appena la questione significa perdere un’occasione preziosa per educare, prevenire e cambiare davvero le coseâ€.

La vicenda ha suscitato anche interventi della politica. Michela Cicculli, presidente della Commissione Pari opportunità del Comune di Roma, commenta: “Il 25 novembre è una data importante che non dovrebbe essere oggetto di rivisitazioni di senso e di significato. Chi lo fa si assume la responsabilità politica di non usare l’occasione del 25 per prevenire la violenza maschile sulle donne. O forse non c’è la capacità politica di farlo. Il dubbio direi è legittimoâ€.

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Data articolo:Thu, 27 Nov 2025 18:01:45 +0000
Musica a cura di Andrea Bressan
“Il governo ce l’ha messo nel c**o a tutti quanti. Hanno vinto creando cag**e in televisione. I rapper sono tutti vestiti uguali, ma i brand di alta moda mi fanno schifo al c***oâ€: così Noyz Narcos

Il governo, preso nella sua connotazione più generale, “ha ottenuto quello che voleva e ce l’ha messo nel c**o a tutti quanti. Ha vinto creando cag**e tipo ‘Temptation Island’ e la maggior parte dei programmiâ€, così Noyz Narcos, diretto e senza peli sulla lingua, in occasione dell’uscita del suo ultimo disco, “Funny Gamesâ€.

Il titolo è un omaggio al film cult di Michael Haneke, che “impersonifica vittime e carnefici in persone che hanno subito questo evento in maniera totalmente casuale. Ed è una cosa che può succedere a tutti. Inoltre, il font che abbiamo usato è demenziale e andava a stemperare un po’ la violenza nella copertinaâ€, ha spiegato l’artista. Le produzioni sono affidate a Sine. “Ci abbiamo messo un anno intero che, per quanto mi riguarda, è il tempo minimo per produrre un album di qualitàâ€, ha detto Noyz Narcos. Insieme al rapper romano ci sono Achille Lauro, Conway The Machine, Gast, Guè, Jake La Furia, Kid Yugi, Madame, Nerissima Serpe, Papa V e Shiva, che sono stati inseriti all’interno delle quindici tracce presenti nel progetto discografico.

Su Achille Lauro, Noyz ha speso parole al miele: “Assistere alla sua ascesa è stato quasi un traguardo della nostra zona. Vedere che uno ha iniziato nel nostro stesso posto è una vittoria. Lui ha toccato diverse tipologie di musica. Anche cose che non mi sarei mai aspettato si potesse affacciare. Se non ci fosse stato il pezzo con il ritornello di Lauro probabilmente non sarebbe neanche uscitoâ€.

Madame, invece, “è una di quelle che scrive meglio. Buca lo schermo col microfono” e “Sniperâ€, il loro brano in collaborazione, sempre secondo Noyz Narcos, si discosta dall’aver realizzato un pezzo nel quale “viene messa la voce femminile per fare il passaggio in radio perché, facendo così, si va a rovinare la canzone rap. Ed è una cosa che ho sempre detestatoâ€. Il rapper ha anche ricordato i suoi anni passati, quando “ho fatto qualsiasi tipo di lavoro. Il mio obiettivo principale è sempre stato quello di non avere capi sopra di meâ€.

Oggi, ha aggiunto Noyz Narcos, “alcuni artisti sono improvvisati. Durano qualche anno e poi, quando spariscono, non sanno montare neanche una lampadinaâ€, ha detto. E ancora: “Siamo bombardati da questi nuovi artisti che sembrano nati bravi, col video figo, dischi che fanno platini, col budget, i produttori forti. Persone uscite dal cilindro l’altro ieri che riescono ad uscire con questi prodotti così mainstream. In un ambiente più underground, invece, ci sono ragazzi talmente squattrinati che non avranno mai la fortuna di andare in uno studio, conoscere qualche big che gli faccia fare un featuringâ€, ha proseguito Noyz spiegando però che, nonostante ciò, non ci deve essere “il supporto dall’alto. Gli artisti se la devono cavare da soli. Questa cosa di combinare le canzoni a tavolino per far emergere il rapper la fanno le etichette, non i rapper. Devi fare i pezzi e basta, non è neanche giusto che ti venga apparecchiata la tavolaâ€, ha dichiarato l’artista che, in occasione dell’uscita di “Funny Games†ha argomentato ed approfondito, a FqMagazine, la genesi del disco.

“In culo a ‘sto governo, che saltasse in aria. Ha trasformato ‘sto paese in un inferno ed ha vinto”, rappi in “Ultimo Banco”. In cosa e come ha vinto?
Ha ottenuto quello che voleva e ce l’ha messo nel c**o a tutti quanti.

“Se ne fotte della guerra e della pace”, rappa Kid Yugi in “Il Mio Amicoâ€. Marracash in “E’ Finita La Pace†dice che “la gente è stanca†e “vuole stare su Temptation Islandâ€. Le persone sono anestetizzate di fronte alle guerre e ai fatti di cronaca?
Si collega a prima. Il governo ha vinto proprio per creare dei contenuti, delle cose per cui la gente va in fissa, che ti distorcono dalla notizia del momento. Se sta succedendo una tragedia nel mondo, ti creo un programma ad hoc perfetto, per cui tu vai in fissa e, invece di stare a fare politica, manifestazioni, a tirare sassi e cenerini, devi stare a casa e guardare la tv.

Cosa si dovrebbe fare?
Non dobbiamo stare a casa a guardare “Il Grande Fratelloâ€, la nuova serie Netflix, il nuovo videogame. Ha vinto perché la gente ha imparato a non scendere più in piazza a manifestare. In qualche modo si è anestetizzata e, piano piano, chiaramente è più comodo prendere l’ascensore che fare le scale. Se ho una piattaforma che mi suggerisce il nuovo film del momento, che tutti hanno visto e di cui tutti parlano, è più facile che io caschi a vedere quello piuttosto che andare al canale 697 a vedere le notizie del telegiornale straniero per poter cercare una notizia che non sia pilotata ad hoc per essere digerita, come succede in Italia. Hanno vinto creando cag**e per la maggior parte dei programmi.

All’inizio di “Finale diverso†parli del tuo difficile passato: c’è un episodio in particolare che senti ti abbia segnato più degli altri?
Tante brutte cose che non voglio manco stare qua a ricordare. Quando parlo di quella cerchia di ragazzi, che sono i miei amici più cari, che stanno a Roma o che stanno sparsi per il mondo, ma che ho conosciuto a Roma. Loro sanno che posso parlare anche attraverso le canzoni e capiscono di che sto parlando. Spesso uso questo veicolo per comunicare con persone che stanno dall’altra parte del mondo.

Racconti da anni le strade e le periferie. Shiva dice: “Ti ho pregato mille volte, tu non mi hai mai risposto. Continuo a credere che esisti ma che resti nascostoâ€. Nelle periferie, le persone credono ancora in qualcosa?
In un’intervista recente di Carlo Verdone diceva che bisognerebbe dare ancora più ascolto alle periferie perché sono sempre i luoghi più creativi, dove c’è più fermento. Spesso sono i posti in cui, non essendoci un c***o, la gente si deve inventare le cose. Quindi si devono creare da soli dei laboratori, spazi, teatri che non esistono. È proprio nella periferia che vai a trovare i talenti più bravi perché, per necessità, non avendo sotto casa la scuola di danza, magari si sono messi a ballare sotto al porticato, al freddo e son diventati più bravi di altri.

“Vesto Umbro, no Gucci”, “Famo la storia, non le storie, ma che ne sanno”, dici in “John Belushi†ed in “Back Againâ€. Buona parte della scena rap non ha più l’esigenza di essere in controtendenza?
È molto omologato il rap. Sono tutti vestiti uguali, con gli stessi brand, non fanno più ricerca. Noi siamo sempre stati appassionati di brand particolari. I brand di alta moda mi fanno schifo al c***o, non mi rispecchiano.

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Data articolo:Thu, 27 Nov 2025 18:00:48 +0000
Politica a cura di Paolo Frosina
Ladri e scippatori liberi, la destra blocca la proposta M5s per abolire la Cartabia sull’obbligo di querela. Conte: “Assurdoâ€

A parole la sicurezza dei cittadini è una bandiera della destra, i fatti – spesso – dicono il contrario. È successo anche giovedì, quando l’Aula della Camera ha respinto la richiesta di esame urgente di una proposta di legge del deputato M5s Federico Cafiero De Raho (ex magistrato e procuratore nazionale Antimafia) che prevede il ritorno alla perseguibilità d’ufficio di una serie di reati “di particolare allarme sociale”, per cui la riforma Cartabia del 2021 ha imposto la necessità di querela: lesioni personali, sequestro di persona, violenza privata, violazione di domicilio e furto aggravato. Sembra una questione tecnica, ma la ricaduta è molto pratica: la procedibilità a querela obbliga a liberare i delinquenti arrestati in flagranza se la vittima non può (o non vuole) denunciarli entro 48 ore, come accade spesso ai turisti vittime di borseggio nelle grandi città. E in ogni caso, senza la querela, né indagini né processi possono andare avanti. Un autentico salvacondotto per ladri e scippatori, che hanno imparato persino a denunciare i cittadini se li bloccano, visto che nessun privato può trattenere una persona per un reato non procedibile d’ufficio. I casi clamorosi di impunità dovuta alla nuova legge sono stati moltissimi e hanno riguardato furti negli alberghi, sottrazioni di energia elettrica, rapimenti e persino rappresaglie di mafia. La Lega ha già chiesto al governo di cambiare la legge, ma finora l’unica modifica è stata l’eliminazione dell’obbligo di querela per i reati ad aggravante mafiosa e terroristica (incredibilmente compresi nella norma).

La proposta De Raho consentirebbe di risolvere il problema, ma evidentemente per la maggioranza il tema non è una priorità: la proposta di attribuire al provvedimento carattere d’urgenza – per accelerarne l’iter – è stata bocciata con 115 voti del centrodestra contro i 78 dell’opposizione. Così il leader 5 stelle Giuseppe Conte può infierire sui social: “Quel che è successo poco fa in Parlamento è abbastanza assurdo. Mentre imperversano borseggi e aumentano furti e rapine nelle nostre strade, la maggioranza Meloni ha detto no all’esame urgente della legge a firma del nostro De Raho che obbligherebbe lo Stato a intervenire anche senza denuncia della vittima in caso di furti e altri gravi reati. Continuano a fischiettare di fronte all’insicurezza dei cittadini. Nel frattempo grazie a Nordio e Meloni fanno scappare presunti criminali avvertendoli dell’arresto (grazie alla legge Nordio sull’interrogatorio preventivo, ndr) e bloccano i nostri agenti e quasi un miliardo in Albania mentre qui mancano almeno 25mila fra poliziotti e carabinieri”. Altrettanto duro il capogruppo pentastellato alla Camera, Riccardo Ricciardi: “Di fatto siamo davanti a una preoccupante combinazione tra noncuranza e incompetenza per i bisogni dei cittadini. Purtroppo ancora una volta Meloni e la sua maggioranza ci mostrano come per loro la sicurezza sia un qualcosa da sbandierare unicamente per tornaconto politico e di non essere in alcun modo interessati al crescere dei fenomeni di criminalità e violenza che stanno riguardando il Paese”.

“Il centrodestra parla sempre di sicurezza come tema centrale delle politiche pubbliche ma poi quando c’è da approvare le leggi indispensabili per la tutela dei cittadini dice no, dimostrando che la sua è solo retorica“, accusa De Raho, vicepresidente delle Commissioni Giustizia e Antimafia. “Oggi in aula alla Camera abbiamo avanzato la richiesta di esaminare con urgenza la proposta di legge a mia prima firma che obbliga lo Stato a intervenire sempre per la punizione del colpevole, senza attendere che la vittima faccia la querela, per i reati di sequestro di persona, furto, violazione di domicilio, violenza privata ed altri gravi delitti. La norma attuale, contro cui solo il M5s si oppose nel 2022 (pur avendo votato la delega contenuta nella riforma Cartabia, ndr) impone alla vittima di esporsi con la querela e sappiamo che per vari motivi questo spesso non accade. Così i colpevoli rimangono impuniti e le vittime abbandonate. Si pensi, solo a titolo di esempio, ai borseggi, ai furti nelle abitazioni o alle auto rubate. Ebbene, la maggioranza ha bocciato la nostra richiesta gettando definitivamente la maschera. Governo e maggioranza si schierano contro la sicurezza dei cittadini e fanno solo propaganda e strumentalizzazioni. Ecco il bluff della destra che a parole predica legge e ordine ma poi nei fatti si dimostra debole e contraria alle più elementari esigenze di sicurezza”, conclude.

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Data articolo:Thu, 27 Nov 2025 17:55:56 +0000
Cronaca a cura di Redazione Cronaca
La gioventù perduta di Napoli: l’incontro a scuola con Don Patriciello, il pm Woodcock e la vicedirettrice del Fatto

“Se noi continuiamo a trattarvi come se foste nella bambagia non avremmo capito nulla. Uagliu’ a vita e’ tosta. Si campa una volta sola e se perdiamo questa occasione la seconda non l’avrete. Per il ragazzo di quindici anni abbiamo un’ altra occasione di recuperarlo, aiutarlo e speriamo di poterlo fare. Per Marco Pio non abbiamo nessuna altra occasione. Marco Pio è morto ucciso a 19 anni e non tornerà mai più. Voi avete capito che questo rischio voi non lo dovete e non lo potete correre? Lo avete capito si o no?”. Don Maurizio Patriciello, il parroco di Caivano minacciato persino sull’altare dalla criminalità, si è rivolto così ai centinaia di studenti dell’istituto Superiore “Carlo Alberto Dalla Chiesa” di Afragola, Napoli.

Tra le zone più difficili del Napoletano per densità camorristica e violenze sui giovanissimi, il rione Salicelle dove ha sede la scuola non è molto distante dal luogo dove solo pochi giorni fa è morto ammazzato, con un colpo di pistola in testa, Marco Pio Salomone, 19 anni. A sparare, con un copione che si ripete in questa città-Medea, un altro ragazzino, un minorenne, di 15 anni. Questo ennesimo omicidio è stato uno dei temi al centro dell’incontro organizzato mercoledì 26 novembre nell’I.S. “Carlo Alberto Dalla Chiesaâ€, dal titolo “Contro noi-La criminalità giovanile: cause, conseguenze e prevenzioneâ€: un incontro fortemente voluto dalla preside Giovanna Mugione e da tutto il corpo docenti, e che ha visto come protagonisti, oltre a Don Maurizio Patriciello, il pm antimafia Henry John Woodcock, il capitano della Guardia di Finanza Andrea Zuppetti e la vicedirettrice del Fatto Quotidiano Maddalena Oliva, da sempre impegnata con il giornale e la Fondazione FQ sulla gioventù perduta di Napoli.

Se la notizia della morte di Marco Pio e la sua età hanno lasciato una comunità sconvolta, quella che il suo assassino avesse solo quindici anni ha invece lasciato “orripilati”, ha spiegato Don Maurizio, che alla platea di giovanissimi studenti – questa scuola di frontiera ne accoglie oltre 1.400 – ha anche posto una domanda: “Ma a quindici anni una persona è un bambino o un uomo?” . E ancora: “A questo ragazzo la pistola chi gliel’ha data? Ma i genitori non si erano mai accorti di niente? Ma che ci faceva alle due di notte in mezzo alla strada? Che ci faceva?” ha urlato Don Maurizio alla platea di coetanei del baby killer. “I ragazzi qua fuori mi hanno chiesto: lei ha un messaggio per i ragazzi? No. Ho un messaggio lo voglio dare ai genitori. Per favore, portate i vostri figli a scuola e ringraziate gli insegnanti davanti a loro, portateli al Monumento dei Caduti che sta ad Afragola e spiegategli che sono morti per la nostra libertà. Andate e leggete i nomi dei caduti, perché ormai nessuno ci pensa neppure. Difendiamo questi ragazzini, se c’è bisogno anche dai loro stessi genitori”.

Ai ragazzi si è rivolto anche il pm antimafia Henry John Woodcock, per cui il bello può anche essere un antidoto al male, quello della droga in particolare: “Avete la fortuna di vivere vicino ad una delle più belle città del mondo – ha detto il sostituto procuratore di Napoli – e per arrivare da qua a Mergellina o da qua al mare con un motorino o con un’autobus ci vuole pochissimo. Fatela vicino al mare. Perché le cose belle, il bello in generale, ha qualcosa di fortemente educativo, qualcosa di pedagogico. Magari se c’è qualche vostro amico, qualche vostro parente che è meno fortunato di voi, perché vi rendete conto che magari si fa di hashish o peggio ancora di cocaina, gli dovete dire: andiamoci a fare una passeggiata. E ripuliamo le strade di Napoli dal sangue dei giovani, tutti insieme”.

Ha chiuso il suo intervento con un appello ai ragazzi anche la vicedirettrice del Fatto Maddalena Oliva, che ha raccontato delle sue inchieste sulla paranza dei bambini e sulla criminalità giovanile, a partire dal suo film documentario sui babyboss della camorra Robinù: “Riprendetevi quello che è vostro. E quello che è vostro è avere la stessa possibilità di studiare, leggere un libro, andare a una mostra e laurearvi, di un vostro coetaneo che vive nella parte alta della città, a Chiaia o a Posillipo. Avete il diritto ad avere una vita che sia dignitosa e che sia appunto uguale per tutti. Ma la scelta sta a voi. Dovrete fare più fatica, certo. Come un po’ più fatica la dovranno fare la vostra famiglia e i vostri insegnanti. Ma la società c’è. Noi ci siamo. C’è una parte di questa città e di questo Paese che non vuole che vi perdiate e non vuole che Napoli sia condannata a questo destino: quello di perdere i propri figli nel sangue. E non possiamo solo più lavare il sangue dall’asfalto”.

Il capitano Andrea Zuppetti, ufficiale del Nucleo Pef della Guardia di Finanza di Napoli, ha avvertito i ragazzi: “La camorra vi vende illusioni e vuole solo usarviâ€. E lo ha spiegato rispondendo al motivo per cui lui ha scelto la carriera nelle forze armate: “Per comprendere il perché un ragazzo dovrebbe scegliere la strada della legalità bisogna fare una domanda al contrario: cosa spinge un ragazzo in età scolastica ad entrare nel mondo della criminalità? Non c’è una risposta unica. Ci sono dei ragazzi che vivono in contesti familiari più difficili, dove mancano dei punti di riferimento, dove la difficoltà economica può comportare anche delle difficoltà quotidiane. Ci sono dei quartieri dove la criminalità appare come una presenza normale e costante, quasi come se fosse una parte del paesaggio. Ci sono anche tanti che si sentono invisibili, che avvertono la mancanza di opportunità, di ascolto, sostegno. Dall’altra parte ci sono gruppi criminali che conoscono molto bene queste fragilità. Cosi vi viene offerta un’illusione, quella del guadagno facile, quella del rispetto immediato, vi offrono l’illusione di diventare grandi prima del tempo e di sentirvi qualcuno. Ma chi vi spinge verso l’illegalità lo fa solo perché vede in voi uno strumento”.

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Data articolo:Thu, 27 Nov 2025 17:39:08 +0000
Economia a cura di Roberto Rotunno
Al Sud 100mila nuovi occupati under 35 grazie a Pnrr e bonus edilizi. Ma altri 175mila sono emigrati

Il Piano nazionale di ripresa e resilienza e i bonus edilizi hanno contribuito in maniera decisiva a quello che può essere definito un boom di occupazione nel Mezzogiorno negli ultimi quattro anni. A beneficiarne sono stati anche i giovani, con 100mila nuovi occupati under 35 dalla ripresa post-Covid a oggi. Eppure, questo non ha arrestato l’aumento dell’emigrazione, soprattutto di giovani laureati. Così come, nell’ultimo anno, al Sud non si è fermata la crescita del lavoro povero, spinto soprattutto dalla concentrazione di posti di lavoro in settori a bassi salari come il turismo.

Il quadro è tracciato nel consueto rapporto annuale della Svimez, associazione per lo sviluppo industriale del Mezzogiorno. Il rapporto è stato illustrato giovedì al Palazzo dei gruppi parlamentari dal direttore generale Luca Bianchi e racconta le solite contraddizioni dell’economia meridionale, portando anche un chiaro avvertimento: nel 2027, conclusi gli effetti del Pnrr, il Sud tornerà a crescere più lentamente rispetto al Centro-Nord, ponendo fine alla positiva anomalia di questi anni in cui è successo il contrario.

La grande occasione del Piano di ripresa è quindi stata sfruttata solo in parte. A fronte di una crescita sostenuta, non sono stati risolti i problemi sociali più sensibili, anzi in alcuni casi si sono persino aggravati. La crescita di occupati nel Sud, tra il 2021 e il 2024, è stata dell’8%, contro il 5,4% nel resto d’Italia. Tuttavia, dalle Regioni meridionali, sono emigrati nel triennio ben 175.333 persone con età compresa tra i 25 e i 34 anni, in aumento rispetto alle 167.693 andate via nei tre anni precedenti. Il Sud continua a perdere laureati attraverso un meccanismo che favorisce il Nord: nel triennio, 23.446 persone con un titolo universitario sono emigrate dal Sud al Centro-Nord, che quindi ha più che compensato la perdita di 10.847 laureati emigrati all’estero. Secondo la Svimez, la perdita di queste competenze costa 7,9 miliardi di euro all’anno al Sud.

Il boom di posti di lavoro al Sud nasconde quindi altri dettagli non positivi. Il primo è che il principale settore che ha spinto la crescita è il turismo, quindi un comparto a basso valore aggiunto e scarse retribuzioni, il quale concentra un terzo dell’incremento. Più incoraggiante l’aumento del 13,6% nei settori tecnologici (Ict) e l’8,8% nel pubblico impiego, circostanza quest’ultima resa possibile dal potenziamento dei servizi pubblici. Al Sud, sei su dieci dei nuovi occupati ha una laurea. Questi dati settoriali fanno pensare che molti di loro hanno trovato opportunità che non sempre valorizzano il titolo di studio conseguito. “Finché il principale canale di ingresso nel mercato del lavoro continuerà a essere offerto dai settori a più basso valore aggiunto – chiosa il sommario del rapporto – il Mezzogiorno non riuscirà a valorizzare pienamente il proprio capitale umanoâ€.

Ecco perché nell’ultimo anno si è verificato ancora una volta il paradosso solo apparente dell’aumento di occupazione accompagnato da una crescita del lavoro povero, passato dal 18,9% al 19,4%. La perdita di potere d’acquisto delle retribuzioni ha colpito il Sud più del Centro-Nord: il calo nel Mezzogiorno è del 10,2% rispetto all’8,8% nazionale. La performance peggiore è dovuta soprattutto a due fattori: il primo sono le buste paga che crescono più lentamente, il secondo è l’inflazione che ha un impatto maggiore sui bassi redditi. Chi guadagna meno, infatti, destina una percentuale maggiore dei suoi redditi ai beni di prima necessità. Quando i prezzi di questi prodotti crescono, è quindi più colpito.

La spinta delle costruzioni, tra bonus e Pnrr, ha avuto effetti maggiori al Sud. Ecco perché da anni il tasso di crescita meridionale è migliore rispetto a quello del resto del Paese. Svimez prevede che anche nel 2026 questa dinamica proseguirà, con Pil in salita dello 0,9% al Sud, grazie al consolidamento degli investimenti pubblici, e 0,6% al Centro-Nord. Già dal 2027, però, la stima dice che si invertiranno i valori in maniera perfettamente speculare. Nel biennio appena passato, il Pnrr ha contribuito con 1,1 punti alla crescita del Pil. Nel 2025-2026 raggiungerà 1,7 punti di contributo, quote sempre maggiori rispetto al Centro-Nord. Questo anche se l’esecuzione del Piano al Sud risulta un po’ più lenta, come testimonia il monitoraggio avviato da Svimez con l’associazione dei costruttori Ance. Il 16,2% dei progetti al Sud è in fase finale, quella del collaudo, mentre al Centro-Nord arriva al 25,1%.

Un altro motivo per cui il Sud ha avuto buoni dati di occupazione è legato all’industria, che nel Mezzogiorno è meno esposta agli choc globali. Svimez avverte però che servono interventi per non invertire la rotta tracciata dal Pnrr. Ecco perché l’associazione suggerisce una serie di settori che potranno consolidare la crescita: il social housing, che permetterebbe anche di intervenire sul crescente problema dell’emergenza abitativa, il sostegno alle grandi imprese, il ruolo cruciale del Sud nella transizione energetica.

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Data articolo:Thu, 27 Nov 2025 17:34:00 +0000
Mondo a cura di F. Q.
Senegal, un Centro italiano contro la malnutrizione: il progetto di Balouo Salo per curare 7mila bambini

Nella regione di Se’dhiou, in Senegal, il livello di malnutrizione infantile raggiunge la percentuale allarmante del 12,5% e colpisce più di 7mila bambini. Si tratta di una delle incidenze più alte del Paese, dove la scarsità di infrastrutture sanitarie, la difficile accessibilità alle risorse alimentari e le condizioni economiche aggravano il rischio di mortalità, soprattutto nelle aree rurali. Per questo, per rispondere a quella che è da anni un’emergenza nazionale, l’organizzazione umanitaria indipendente Balouo Salo ha avviato la costruzione di un Centro medico per il contrasto alla malnutrizione infantile nella Regione di Sédhiou, la più deficitaria del Senegal. La struttura dovrebbe essere operativa entro la fine dell’anno. Si tratta del primo presidio di questo tipo nella zona ed è stato realizzato in autocostruzione con il contributo di oltre 800 volontari e collaboratori locali, insieme alla partecipazione della comunità beneficiaria. Insomma, un esempio concreto di cooperazione dal basso, fondato sulla partecipazione attiva delle comunità. “Con questo progetto vogliamo costruire un luogo di speranza, dove la cura diventa consapevolezza e la solidarietà diventa libertà – spiega Raoul Vecchio, presidente e fondatore di Balouo Salo – Il Centro offrirà spazi dedicati a visite mediche, dormitori per bambini a rischio, sale per formazione degli operatori sanitari e aree ludico-ricreative, creando un ambiente positivo e sicuro in cui promuovere la consapevolezza sui temi della salute, dell’igiene e dell’alimentazione. Miriamo a offrire un supporto completo, che sia anche preventivo ed educativo, creando un punto di riferimento fondamentale per la salute e lo sviluppo dei bambini nel Paese. Un luogo dove chiunque possa riconoscersi e sentirsi coccolato”

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Data articolo:Thu, 27 Nov 2025 17:30:43 +0000

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