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Osservatorio Recovery a cura di F. Q.
A 14 mesi dalla scadenza gli esborsi del Recovery fund sono al 49%: 330 miliardi ancora da erogare. Fitto: “Serve accelerareâ€

A poco più di un anno dalla scadenza fissata per la piena attuazione del Recovery Fund, la Commissione europea lancia un nuovo allarme: gli esborsi hanno raggiunto i 316,9 miliardi di euro, pari al 49% del totale previsto e con un impatto “visibile” e “tangibile” in tutta l’Unione, ma oltre 330 miliardi restano ancora da erogare. A rallentare il flusso è una combinazione di ritardi negli obiettivi, revisioni dei piani nazionali e domande di pagamento rinviate. “Con 442 giorni rimasti fino alla fine di agosto 2026, il tempo di agire e portare risultati è adesso”, ha avvertito il vicepresidente esecutivo della Commissione Raffaele Fitto, intervenendo in audizione davanti alla commissione Econ del Parlamento europeo. “Un’ulteriore accelerazione è necessaria”, ha detto colui che fino allo scorso dicembre ha gestito il piano in Italia, il Paese che ha ricevuto più fondi.

“Guardando al futuro, oltre 4.300 traguardi e obiettivi devono ancora essere sottoposti alla valutazione degli Stati membri e oltre 330 miliardi di euro devono ancora essere erogati”, ha spiegato Fitto evidenziando una frenata nelle erogazioni vista con il 2025. Il “significativo rallentamento nei pagamenti nel primo semestre del 2025”, con solo 10,8 miliardi erogati a dieci Paesi, è stato sottolineato anche dal commissario europeo all’Economia, Valdis Dombrovskis. Le cause sono legate a “discussioni prolungate con gli Stati su obiettivi specifici, che bloccano gli esborsi finché non vengono raggiunti tutti i risultati”. “Inoltre, le frequenti richieste di revisione dei Pnrr stanno ritardando ulteriormente le domande di pagamento”.

“La Commissione continuerà a esortare gli Stati membri a intensificare gli sforzi per l’attuazione”, ha aggiunto Fitto, e ha presentato opzioni per semplificare i piani garantendo il rispetto dei criteri fissati dal regolamento del dispositivo per la ripresa e la resilienza. Sul tavolo, è stato ribadito, restano le ipotesi di trasferire alcuni investimenti dal Recovery ai fondi della politica di coesione, visto l’orizzonte temporale più lungo, e la Commissione ha già chiesto ai governi di individuare i progetti che non potranno essere completati entro la scadenza del 2026 per valutarne la copertura tramite il Fondo europeo di sviluppo regionale o la Coesione, purché non ci sia doppio finanziamento.

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Data articolo:Mon, 16 Jun 2025 19:47:51 +0000
Tecnologia a cura di Virginia Della Sala
La pubblicità arriva su Whatsapp: spot negli “stati†e sui canali. La ong sui diritti digitali: “Contrario alle norme Ueâ€

Sembrava dovesse essere l’unica app a rimanere “pura†della galassia di Meta, che – ricordiamolo – include Facebook e Instagram. E invece, Mark Zuckerberg è riuscito dopo quasi un decennio a portare a compimento quello che era probabilmente il suo progetto iniziale e a inserire anche WhatsApp nella triade della pubblicità. E questo, vedremo, è un problema per i regolamenti dell’Ue che sia Zuckerberg che Trump ritengono essere troppo restrittivi e che ostacolano il progresso tecnologico. Ancora di più se si tiene conto del fatto che le varie piattaforme potrebbero scambiarsi informazioni. Ma partiamo dai dati tecnici.

Stato e canali – La pubblicità arriverà su Whatsapp per due strade. Con inserzioni negli “statiâ€, i contenuti che durano 24 ore al massimo (un po’ come già accade tra una storia e un’altra di Instagram) e anche tramite canali promozionali per brand e aziende che potranno essere a pagamento in abbonamento mensile per fidelizzare il pubblico, il quale riceverà contenuti esclusivi. Una pratica che potrebbe essere utile, ad esempio, per chi crea contenuti e voglia monetizzare ciò che su Telegram finora è ad esempio gratuito. Ci sarà l’opzione “canali promossi†con cui “per la prima volta gli amministratori dispongono di un modo per aumentare la visibilità” del proprio spazio. La sezione ‘Aggiornamentì di WhatsApp che ospita appunto sia i canali sia gli stati viene “utilizzata da 1,5 miliardi di persone ogni giorno”.

PrivacyMeta ha specificato che non ci sarà accesso ai messaggi né ai numeri di telefono e alle conversazioni ma che potrà utilizzare posizione, lingua e anche il modo in cui gli utenti interagiscono con le inserzioni e i canali. In una parola: profilazione. “Non vendiamo né condividiamo il tuo numero di telefono con gli inserzionisti – ha spiegato il social – I messaggi personali, le chiamate e i gruppi di cui fai parte non saranno usati per determinare le inserzioni che potresti vedere”.

Questione monopolio – E per quello che avviene sulle altre piattaforme? “Se le persone utilizzano il Centro gestione account, verranno applicate le loro preferenze relative alle inserzioni, e per le inserzioni verranno utilizzate le informazioni provenienti da tutti i loro account†spiegano le informazioni tecniche sul sito. Una sorta di “mostro a tre teste†che potrebbe essere attivato con un tastino e con cui Meta prova monetizzare la sua piattaforma da 2 miliardi di utenti attivi al mese, dopo averla acquisita nel 2014 per 19 miliardi di dollari. Già a quel tempo si temeva che l’unione di queste piattaforme avrebbe generato un problema di monopolio (la Commissione Ue fu la prima a rilevarla) e ad aprile negli Usa si era aperto, dopo sei anni di indagini, il processo della Federal Communication Commission (FTC) proprio contro l’acquisizione di Instagram e Whatsapp e la creazione di un monopolio dei social, inizialmente agitata dal primo Trump, poi ripresa da Biden e ora, evidentemente, meno preoccupante. Un bel cambio di rotta.

La Ong: “Contraria alle leggi Ue†– Il Digital Markets Act (DMA) in vigore in Ue prevede in realtà proprio l’impegno a limitare i monopoli delle grandi aziende tecnologiche. “L’articolo 5(2) del DMA – spiega la Ong Noyb, il Centro europeo per i diritti digitali che ha sede in Austria – richiede il consenso libero dell’utente quando le aziende desiderano collegare i dati tra i servizi. Analogamente, il GDPR richiede il consenso ‘libero’ per la pubblicità personalizzataâ€. Gli utenti dovrebbero quindi avere sempre la possibilità di dire “sì” o “no”. Meta ha invece proposto l’opzione “Pay or okâ€: se non si vuole essere profilati, bisogna pagare. Approccio che la Commissione Ue ha già ritenuto non valido. Anche perché – spiega la ong – il 99% degli utenti concede la pubblicità, non potendosi permettere di pagare la propria libertà digitale. Inoltre, l’Ue è il più grande mercato globale per WhatsApp in termini di potere d’acquisto. “Meta sta facendo esattamente l’opposto di quanto richiesto dalla legge UE – spiega Max Schrems, presidente di Noyb – I dati delle sue varie piattaforme vengono collegati e gli utenti vengono tracciati per scopi pubblicitari senza alcuna reale possibilità di sceltaâ€.

L’appello – La Commissione Europea e le autorità nazionali per la privacy dovrebbero proteggere i cittadini dall’uso dei loro dati senza consenso: “Ma Meta ha appreso che non ci sono conseguenze reali. Non ci sono quasi sanzioni e quelle imposte finora non sono state pagate. Al contrario, sembra seguire l’approccio dell’amministrazione Trump e semplicemente ignora le norme dell’UE, ritenendole in qualche modo illegittime”.

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Data articolo:Mon, 16 Jun 2025 18:40:11 +0000
Calcio a cura di F. Q.
Mondiale per club 2025, allarme caldo negli Usa. “Mi facevano male anche le unghie, non riuscivo a fermarmi e ripartireâ€: la denuncia di Llorente

Il termometro sfiora i 35 gradi, l’umidità soffoca, i giocatori arrancano. Il calcio globale ha scelto di ignorare la realtà climatica. A dimostrarlo è quanto sta accadendo negli Stati Uniti, teatro della prima edizione del Mondiale per club Fifa. Mentre la competizione prende forma e alterna partite dignitose a risultati indecorosi, emerge con forza un problema che rischia di stravolgere la regolarità e la sicurezza dell’evento: il caldo estremo.

Le proteste sono iniziate da chi il campo lo vive in prima persona. Il primo a denunciare la situazione è stato Marcos Llorente, centrocampista dell’Atletico Madrid, al termine della sfida contro il Psg disputata a mezzogiorno a Pasadena, in California. “È impossibile. Fa un caldo terribile. Avevo le dita dei piedi doloranti, le unghie mi facevano male, non riuscivo a fermarmi né a ripartire. È incredibile, ma visto che è lo stesso per tutti non c’è da lamentarsiâ€, ha dichiarato, con un misto di frustrazione e rassegnazione.

Nel 1994, l’ultima Coppa del Mondo statunitense, la finale Brasile-Italia si giocò proprio a Pasadena con 40 gradi all’ombra. Oggi la situazione è aggravata da un contesto climatico ancora più esasperato. A rafforzare la denuncia di Llorente è arrivata anche la voce dell’allenatore del Psg, Luis Enrique: “La partita è stata chiaramente influenzata dal caldo. L’orario è perfetto per i tifosi europei, ma le squadre stanno soffrendoâ€. Il tecnico sottolinea come il diktat dei diritti tv abbia ancora una volta prevalso su ogni considerazione ambientale e atletica.

Il problema è legato agli orari scelti per le partite: mezzogiorno, oppure ore 15 e 18 locali. Una programmazione pensata per venire incontro alle esigenze televisive del pubblico europeo, ma che obbliga le squadre a scendere in campo nel pieno della giornata, con temperature superiori ai 30 gradi e tassi di umidità che arrivano al 60-70%. Non che dopo il tramonto vada molto meglio: all’esordio dell’Inter Miami, alle ore 20 locali, il termometro segnava 28 gradi e un’umidità del 76%.

Lo scenario rischia di ripetersi — e con proporzioni ancora più gravi — al Mondiale del 2026, che si disputerà proprio tra Stati Uniti, Canada e Messico, negli stessi mesi estivi. Le città scelte, da Dallas a Miami, da Los Angeles a Kansas City, sono da anni alle prese con estati sempre più roventi. Eppure, la Fifa continua a ignorare il problema, che pensa di risolvere con un “cooling break” a tempo. Il gigantismo del calcio moderno, spinto dal business e dalle logiche televisive, mostra ancora una volta tutta la sua fragilità. I format si allargano, le partite si moltiplicano, ma il contesto ambientale viene sistematicamente escluso da ogni riflessione

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Data articolo:Mon, 16 Jun 2025 18:24:18 +0000
Mondo a cura di Diego Pretini
I socialisti spagnoli e lo scandalo corruzione. Sànchez promette il pugno duro: “Non copriremo niente, saremo intransigentiâ€

Quanto tempo ha davanti a sé Pedro Sànchez come capo del governo in Spagna? La domanda è quasi da terno al lotto per un leader politico dato più volte per spacciato e che ogni volta ha saputo rimettere insieme i cocci, uscendo dalle macerie senza un granello di polvere. Ora, però, tocca ripetere una formula forse già usata in passato: è il momento di crisi più acuta del governo socialista che guida il Paese da sette anni contraddistinti da alti e bassi, nel consenso popolare e nell’unità delle sue maggioranze, a volte perfino variopinte. Il premier socialista è sotto assedio: l’inchiesta per corruzione che va sotto il nome di “Caso Koldo” ha scalato un gradino dopo l’altro l’organigramma del Psoe, arrivando al numero 3 Santos Cerdan, che oggi ha dato le dimissioni dagli incarichi dirigenziali e come deputato, e si aggiunge ad altri indagati eccellenti come l’ex ministro dei Trasporti José Luis Abalos e del consulente di quest’ultimo, Koldo García Izaguirre (da cui il nome giornalistico della storia). Cerdan è accusato di presunta corruzione e associazione per delinquere in una vicenda di tangenti su contratti pubblici: secondo gli investigatori era l’intermediario delle mazzette a favore di Abalos e Koldo Garcia. Sia Abalos sia Cerdan erano figure nominate ai vertici del partito proprio dal capo, Sànchez.

Oggi il leader socialista – che ha fatto della lotta alla corruzione un punto d’orgoglio e un tema di campagna elettorale – si è presentato davanti ai giornalisti per dire che ci mette “la faccia”: “Ci mettiamo la faccia, agiremo con determinazione perché evidentemente non siamo perfetti, ma siamo intransigenti quando la corruzione ci riguarda”. “Non copriremo la corruzione nelle nostre fila – rivendica -, perché il Partito Socialista Operaio Spagnolo è un’organizzazione pulita e questo è l’unico caso di presunta corruzione che colpisce questa organizzazione da quando ho l’onore di dirigerla”. Sànchez ha già sostituito Cerdan dopo una riunione fiume dell’esecutivo di partito con un quadrumvirato di cui farà parte anche la presidente Cristina Narbona. Ha confermato l’espulsione di Abalos dopo un procedimento disciplinare avviato nel 2021. Ha parlato di un audit indipendente sui conti del Partito socialista. Ha annunciato una commissione parlamentare d’inchiesta da istituire al Congresso. Ha assicurato che andrà alla Camera per “dare le spiegazioni necessarie ai gruppi parlamentari”, soprattutto quelli che reggono la coalizione che lui guida.

Eppure, nonostante la sicurezza che contraddistingue sempre il modo di stare sulla scena pubblica del premier spagnolo, sono state per lui ore di passione: il campo da gioco non è solo quello del suo partito (dove resiste un’ala “riformista” sempre pronta alla agognata reconquista), ma anche quello della maggioranza di governo, alle prese con una generalizzata crisi di consensi. Anche per questo la Moncloa, la sede del governo di Madrid, continua a sgolarsi per escludere qualsiasi ipotesi di voto anticipato perché “c’è bisogno di completare la legislatura per continuare l’enorme processo di trasformazione che sta realizzando questo governo”. Per paradosso – o forse no – i problemi per Sànchez arrivano più da sinistra che da destra. Podemos non si presenterà nemmeno ai colloqui che Sànchez ha promesso con i capigruppo delle forze di governo. E ha usato queste parole, per bocca del portavoce Pablo Fernandez: “Non parteciperemo all’operazione di riciclaggio di un partito corrotto”. Secondo Fernandez “è assolutamente chiaro che Sànchez non è legittimato”. E quindi cade tutto? Nient’affatto, almeno per il momento, perché Irene Montero – ex ministra e ora segretaria del partito ormai molto ridotto rispetto alla onda degli Indignados da cui è stato originato – assicura che Podemos “non favorirà mai un esecutivo” della destra. Nel frattempo Sànchez ha già cominciato le consultazioni con la leader di Sumar, la ministra del Lavoro Yolanda Diaz, la sua alleata più fidata.

“Consegnare le redini del Paese a una coalizione del Pp e di Vox sarebbe un’enorme irresponsabilità” ripete Sànchez, paragonandosi a un “capitano” che ha il “dovere” di restare “al timone e far fronte alla tempesta”. E apre il petto verso Alberto Feijòo – leader dei popolari – e Santiago Abascal – capo dell’ultradestra di Vox
“Se il signor Feijoo e Abascal sono convinti che il governo ha perso la maggioranza parlamentare che lo legittima, ciò che devono fare è presentare una mozione di censura e dire al Paese e ai cittadini che modello di governo hanno per la Spagna”. E’ un modo per ributtare il pallone dall’altra parte perché il “centrodestra” – che in Spagna non è mai esistito e a livello locale non è andato granché bene finora – non è immune da divisioni interne. E infatti Abascal col linguaggio piratesco che lo contraddistingue si fa forte dei “tre milioni di votanti di Vox che rappresento e in nome di milioni di spagnoli che vogliono porre fine all’umiliazione, al tradimento, al ladrocinio e allo spoglio” e chiede “ai deputati che non sono coinvolti nella corruzione di unirsi a Vox per la presentazione di una mozione di censura”. Uscita subito infilzata dai Popolari, provocatori a tal punto da mettere il leader socialista e il partito sodale di Giorgia Meloni sullo stesso livello. “Sanchez e Vox ci sfidano a presentare una mozione di censura al governo. Oggi una mozione di sfiducia equivarrebbe a dare ossigeno al ‘sanchismo’ e posso assicurare che il Partito Popolare non darà una boccata di ossigeno a Sanchez”, ha detto il portavoce Borja Semper. Il Pp sa di non avere i voti in Parlamento: più utile sperare di portare Sànchez alla fine della legislatura nel 2027, sognando di poter vincere finalmente il “sanchismo” per effetto della sua autoimplosione (auspicata dall’elettorato di destra), confidando insomma che il sogno non si riveli più solo un’ennesima illusione.

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Data articolo:Mon, 16 Jun 2025 18:18:16 +0000
Mondo a cura di F. Q.
Attacco alla tv di Stato iraniana, il caporedattore davanti alla sede in fiamme: “Mi trovavo al primo pianoâ€

Bombe israeliane sulla tv di Stato iraniana. Il media Iran International, vicino all’opposizione , ha riferito, citando il quotidiano Hamshahri, che “un certo numero di dipendenti” dell’emittente Irib a Teheran sono stati uccisi nei bombardamenti israeliani. Iran International ha diffuso un video in cui si vede una colonna di fumo nero che si innalza dall’edificio in fiamme. Mentre sui social circolano video delle macerie dopo l’attacco e un servizio del caporedattore davanti alla sede in fiamme.

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Data articolo:Mon, 16 Jun 2025 18:08:06 +0000
Scuola a cura di Alex Corlazzoli
Valditara vieta lo smartphone anche alle scuole superiori da settembre: nuove regole e sanzioni in vista

Cellulari vietati anche alle superiori. Dopo l’annuncio dei giorni scorsi, il ministro dell’Istruzione e del Merito Giuseppe Valditara non ha perso tempo. Nel pomeriggio di oggi ha trasmesso ai presidi delle secondarie di secondo grado e ai coordinatori didattici delle scuole paritarie del secondo ciclo d’istruzione, le sue disposizioni: “Divieto di utilizzo del telefono anche per fini didattici durante lo svolgimento delle lezioni e più in generale in orario scolasticoâ€.

La scorsa estate, il professore leghista li aveva banditi – sempre con una nota a sua firma – dalla scuola dell’infanzia fino alle medie. Ora è arrivato lo stop anche per i più grandi. Altri dispositivi come pc, tablet e lavagna elettronica potranno essere adoperati ma il telefonino dovrà sparire dai banchi. Unica eccezione nei casi in cui sia previsto dal piano educativo individualizzato o dal piano didattico personalizzato come supporto agli alunni con disabilità o con disturbi specifici di apprendimento o per motivate necessità personali.

Un provvedimento che Valditara definisce “improcrastinabile alla luce degli effetti negativi, ampiamenti dimostrati dalla ricerca scientificaâ€. Nella circolare il ministro spiega: “Uno studio dell’Ocse condotto nel 2024, ‘From decline to revival: Policies to unlock human capital and productivity’, evidenzia gli effetti negativi dell’uso di smartphone e social media sul rendimento scolastico. L’Ocse ritiene necessario adottare programmi per un uso responsabile di Internet e riforme delle politiche educative che potrebbero attenuare tali effetti, contrastando il calo del livello degli apprendimenti, rilevabile dai punteggi Pisa e in parte imputabile proprio all’uso improprio delle tecnologie digitali favorendo la crescita del capitale umanoâ€. Viale Trastevere cita anche l’Istituto Superiore di Sanità che, tra le dipendenze comportamentali parla dell’uso problematico dello smartphone che colpisce oltre il 25% degli adolescenti, con effetti negativi su sonno, concentrazione e relazioni.

D’altro canto Valditara ha anche presentato – in occasione della riunione del Consiglio Istruzione della Ue del 12 maggio scorso – la richiesta alla Commissione europea di elaborare una proposta volta ad adottare una raccomandazione da parte del Consiglio che dia priorità al benessere e allo sviluppo cognitivo degli studenti attraverso un utilizzo appropriato delle tecnologie, vietando l’uso degli smartphone a scuola.

A questo punto la palla passe alle scuole che per il primo collegio docenti di settembre dovranno aggiornare i propri regolamenti e il patto di corresponsabilità educativa prevedendo per gli studenti il divieto di utilizzo dello smartphone durante l’orario scolastico anche a fini didattici e specifiche sanzioni disciplinari per coloro che dovessero non rispettare la regola.

Per i professori che amano far lezione anche con il cellulare resta solo uno spiraglio consentito dalla circolare: “L’utilizzo rimane consentito qualora, sulla base del progetto formativo adottato dalla scuola, esso sia strettamente funzionale all’efficace svolgimento dell’attività didattica nell’ambito degli specifici indirizzi del settore tecnologico dell’istruzione tecnica dedicati all’informatica e alle telecomunicazioniâ€.

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Data articolo:Mon, 16 Jun 2025 17:33:20 +0000
Politica a cura di Manolo Lanaro
Bersani: “Né Netanyahu massacratore di Gaza, né il suo amico Trump portano pace e libertàâ€

“Non mi piacciono gli Ayatollah ma ancora meno mi piace la guerra. Credo che né Netanyahu, il massacratore di Gaza, né il suo amico Trump abbiano diritto alcuno di raccontarci che si porta la pace e la libertà con le bombe fuori dal diritto internazionale. Porterà anni e anni di instabilità. Il sovranismo nazionalista sdogana la guerra”. Lo ha detto Pierluigi Bersani rispondendo a una domanda dei cronisti, arrivando alla presentazione del libro del senatore dem Federico Fornaro, alla biblioteca della Camera dei Deputati. All’evento ha partecipato la segretaria del Partito Democratico, Elly Schlein. Ai cronisti ha rilasciato solo una dichiarazione sui dati contenuti nel nuovo rapporto della Caritas.

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Data articolo:Mon, 16 Jun 2025 16:55:30 +0000
Lobby a cura di F. Q.
Mediobanca ai dipendenti dopo lo stop all’assemblea sul piano anti Mps: “Obiettivi confermatiâ€

“Continueremo a lavorare per questo importante progetto e confermiamo l’obiettivo di arrivare sul mercato con l’offerta entro ottobre, vi ringraziamo del vostro impegno, della vostra passione e fiducia. Non passa inosservato il vostro costante senso di appartenenza al Gruppo e il supporto In questi ultimi mesi. Mediobanca è fatta di persone che ogni giorno fanno la differenza. E insieme, stiamo costruendo il futuro del nostro gruppo”. Si chiude così la lettera inviata domenica ai dipendenti di Mediobanca dall’amministratore delegato, Alberto Nagel e dal direttore generale dell’istituto, Francesco Saverio Vinci.

Un tentativo di rassicurare i dipendenti, dunque, nel giorno in cui il consiglio di amministrazione di Piazzetta Cuccia rinviava clamorosamente in extremis l’assemblea che era prevista per l’indomani, per deliberare sulla proposta di acquisto di Banca Generali dalle Generali, di cui Mediobanca è il primo socio con il 13 per cento. Un rinvio formalmente imputato alla necessità di “acquisire ulteriori valutazioni da Assicurazioni Generali in merito alla proposta di Mediobanca per l’offerta pubblica volontaria di scambio su Banca Generali”, ribadisce la lettera, ma come dicono apertamente gli osservatori, nasce dalla conta delle possibilità di vittoria in assemblea che domenica erano al lumicino nonostante “un ampio supporto del mercato all’offerta, evidenziato anche dai pareri favorevoli unanimi dei proxy advisors”. E così l’assise, resa obbligatoria dal fatto Mediobanca si trova a sua volta sotto offerta di acquisto, da parte del Monte dei Paschi di Siena, è slittata al 25 settembre. Ma potrebbe non tenersi mai più: sia nel caso in cui l’offerta della banca senese che fa capo al ministero dell’Economia, al gruppo Caltagirone, a Bpm e agli eredi Del Vecchio dovesse andare in porto che la vanificherebbe, sia in quello in cui l’offerta sovranista dovesse finire prima con un fiasco, non rendendo più necessario il via libera dei soci per fare un’acquisizione per il management di Piazzetta Cuccia.

C’è poi l’ipotesi che nel frattempo faccia il suo corso anche l’inchiesta della magistratura sulla correttezza della compravendita del 15% di Mps, che ha visto la quota di Siena passare dalle mani dello Stato a quelle di Caltagirone, Bpm e Del Vecchio. Cioè il tassello che ha reso possibile il tentativo di scalata di Siena a Milano, operazione benedetta dal governo Meloni che agevola le mai sopite mire di Caltagirone e Del Vecchio sulle Generali, la cassaforte d’Italia che ha in Mediobanca, appunto, il suo primo azionista. L’istituto, lontano dai vecchi fasti che lo vedevano crocevia degli affari del Paese, si trova ora in una situazione a dir poco eccezionale, così come eccezionali sono state le sue mosse e contromosse. A partire dall’offerta su Banca Generali, con la contestuale uscita dalle Generali che, se andasse in porto, trasformerebbe radicalmente la banca di Enrico Cuccia facendola uscire definitivamente dalla politica finanziaria del Paese. E salverebbe le poltrone dell’attuale management. Di contro dall’altra parte ci sono degli oppositori ricchi, agguerriti e appoggiati dal governo che non fa mistero di volere molto di più di un pied-à-terre in una banca toscana: il terzo polo bancario e i risparmi degli italiani che Generali è accusata di voler portare in dote ai francesi.

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Data articolo:Mon, 16 Jun 2025 16:52:33 +0000
Sport News a cura di F. Q.
“Papà, ti voglio salutare e dirti che ti amo. Non so se riusciremo a vederciâ€: l’incubo dei pallavolisti iraniani

Sono arrivati in Brasile pochi giorni fa, per giocare la Nations League. Proprio durante la prima partita, contro gli Stati Uniti, nel frattempo a casa loro cadevano le bombe sganciate da Israele. La Nazionale di pallavolo dell’Iran ha saputo tutto qualche ora dopo, una volta rientrata in albergo. Da allora, i giocatori vivono un incubo che riguarda quasi solamente loro: dei privilegiati, lontani dalla guerra, ma pure lontani dalle loro famiglie, con il terrore di non poterle rivedere mai più. A raccontare il loro dramma è il ct, l’italiano Roberto Piazza, che alla Gazzetta dello Sport prova a spiegare cosa si prova in queste condizioni. Partendo dall’episodio di una telefonata ricevuta da uno dei suoi pallavolisti prima di entrare in campo. Era la figlia: “Papà, ti voglio salutare e dirti che ti amo. Non so se riusciremo a vederci al vostro ritorno”. Poche parole che racchiudono tutto.

“Dovrebbero far riflettere tutti. Al di là di chi ha torto o ragione“, dice Piazza. Lui, allenatore esperto che da quest’anno siede anche sulla panchina della Powervolley Milano, si ritrova a gestire una situazione impossibile: “Quello che sta succedendo non è umanamente accettabile. Mi fa molto male vedere i miei collaboratori, i miei giocatori in ansia. Hanno tutti una voglia straordinaria di far vedere che il loro paese non è quello che viene descritto“.

La sua Nazionale aveva lasciato Teheran proprio per venire in Italia, dove ha disputato anche due amichevoli contro gli azzurri. Poi la partenza per il Brasile, ora il trasferimento in Serbia. Con una data cruciale che si avvicina: il 30 giugno era previsto il ritorno in Iran, che ora è un enorme punto di domanda. “Per giocatori e staff comunicare con l’Iran non è facile, le linee saltano, si riesce a volte a stare al telefono per pochissimi secondi“, spiega Piazza. Che racconta quindi la “toccante” telefonata tra padre e figlia: da un lato la guerra, dall’altro una partita di volley da giocare poco dopo.

Un altro episodio significativo è stato un biglietto ricevuto da alcuni tifosi brasiliani: “Coach, noi siamo con voi“. Il ct Piazza racconta di essersi commosso: “Perché penso alle fotografie che i miei giocatori mi hanno mostrato. Le immagini dei palazzi sventrati, le case, le strutture. Non viene risparmiato nulla”. Il tecnico riconosce: “Molti dei miei ragazzi se non fossero sportivi impegnati in manifestazioni internazionali oggi sarebbero sotto le bombe“. Anche questo però può trasformarsi in un peso insostenibile, se nel frattempo tutti i cari rischiano la vita ogni ora.

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Data articolo:Mon, 16 Jun 2025 16:48:47 +0000
Cronaca a cura di F. Q.
“Non vogliamo prepararci alla guerraâ€. Il manifesto del raduno di sabato 21 a Roma contro il riarmo (e il genocidio)

NO a guerra, riarmo, genocidio, autoritarismo”. Sabato 21 giugno si terrà a Roma a Porta San Paolo (Piazzale Ostiense), alle ore 14, la manifestazione nazionale #StopRearmEU. L’adunata pacifista contro il riarmo avviene in un momento di mobilitazione europea in occasione del vertice della Nato a L’Aja, che tra il 24 e il 26 giugno deciderà i dettagli del piano di riarmo da 800 miliardi deciso dall’Unione. La manifestazione è promossa da oltre 300 reti, organizzazioni sociali, sindacali, politiche nazionali e locali che hanno sottoscritto l’appello della Campagna europea #StopRearmEurope che conta tra le proprie adesioni circa mille sigle in 18 paesi.

Oltre al Piano ReArm Europe, i vertici Nato chiedono di portare la spesa degli stati membri per la difesa al 5% del Pil: questo è uno degli argomenti contestati. Ma tra i temi della manifestazione di sabato c’è anche una presa di posizione contro il genocidio in corso a Gaza e la vendita di armamenti ad Israele: “La maggioranza del popolo italiano, nonostante la propaganda guerrafondaia, continua ad essere contro la guerra. Ha diritto ad essere rappresentata, ha diritto a trovare uno spazio largo, accogliente, ospitale e convivente dove poter esprimersi e partecipare, per fermare insieme questo tempo neroâ€- scrive sui social l’Arci, una delle associazioni promotrici insieme a Ferma il Riarmo (Sbilanciamoci, Rete Italiana Pace e Disarmo, Fondazione Perugia Assisi, Greenpeace Italia), Attac e Transform Italia.

Adesso che in Medio oriente si è aperto un nuovo fronte, non manca una condanna a Israele e un appello dei promotori in un comunicato stampa: “Israele non si ferma e scatena la guerra all’Iran. Con un’ennesima gravissima e inaudita violazione di tutto il diritto internazionale, Israele mette il mondo a rischio di guerra mondiale. Il genocidio a Gaza, la pulizia etnica e il piano di annessione della Cisgiordania, l’invasione e i bombardamenti in altri paesi sovrani della regione, non bastano a Netanyahu. Cosa aspettano la comunità internazionale, la Unione Europea, il Governo Italiano a dire basta?”- si legge – “Non vogliamo prepararci alla guerra, e non vogliamo che Israele ci porti alla Terza Guerra Mondiale. Chiediamo a tutti e tutte di aumentare la pressione e la mobilitazione in queste ore, sul Governo e sugli Enti Locali. E invitiamo a fare ogni sforzo per essere tanti e tante a Roma il 21 giugno. Ne va della vita e del futuro”, concludono i promotori.

“FACCIAMO DA ARGINE ALLA FOLLIA” – “Questa tragica escalation è un motivo in più per fare il possibile, in tutti i territori, per garantire la massima partecipazione. Il 21 giugno abbiamo la possibilità e il dovere di offrire insieme un punto di riferimento saldo e forte non solo agli attiviste e alle attiviste, ma alle tante persone che guardano con paura, orrore e preoccupazione ciò che sta accadendo, e a coloro che non si arrendono alla cultura e alla pratica della guerra sempre più pervasiva e devastante. Il 21 giugno abbiamo una occasione per alzare insieme la voce e dire che si sta varcando una soglia di non ritorno: questa follia fa fermata, da chiunque abbia la possibilità e gli strumenti per opporsi all’orrore. Il 21 giugno è solo l’inizio: a casa non possiamo tornare, con il mondo che ci circonda. Questa coalizione raccoglie ormai più di 400 aderenti, continueremo insieme”.

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Data articolo:Mon, 16 Jun 2025 16:32:06 +0000
Mondo a cura di F. Q.
Secondo il giornale anti regime Iran international, lo staff di Khamenei “tratta con la Russia un piano di fugaâ€

L’ayatollah Ali Khamenei e il resto della leadership iraniana sembrano prepararsi al peggio, mentre i raid aerei israeliani continuano a colpire. Lo staff della guida suprema sarebbe “in trattative con le autorità russe per un’evacuazione con le famiglie, in caso di necessità”. Lo riporta il sito di Iran International con base a Londra, vicino ai gruppi iraniani dissidenti, spesso ripreso dai media israeliani.

L’indiscrezione, non verificabile, fa riferimento in particolare a un possibile salvacondotto per Ali Asghar Hejazi, vice capo di gabinetto di Khamenei, al quale un alto funzionario russo avrebbe fornito le indicazioni per una fuga sicura. Stando all’emittente, diversi esponenti della Repubblica islamica avrebbero ricevuto consigli per lasciare l’Iran e dirigersi verso al Federazione. Alcuni starebbero definendo i loro piani.

Sempre Iran International, citando una fonte diplomatica anonima, ha aggiunto che Israele avrebbe potuto eliminare Khamenei la prima notte di guerra, ma il governo di Tel Aviv avrebbe deciso di lasciarlo in vita per dare alla Guida Suprema un’ultima opportunità per ordinare lo smantellamento completo del programma di arricchimento dell’uranio.

Khamenei, stando a due fonti interne all’Iran, poche ore dopo l’inizio degli attacchi israeliani a Teheran sarebbe stato trasferito in un bunker sotterraneo a Lavizan, a nord-est della capitale, insieme a tutti i membri della sua famiglia, incluso il figlio Mojtaba. Sabato scorso il primo ministro israeliano, Benjamin Netanyahu, in un video-messaggio in inglese, rivolgendosi al presidente americano, Donald Trump, aveva assicurato che i vertici iraniani stavano “facendo le valigie” a causa dei raid aerei.

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Data articolo:Mon, 16 Jun 2025 16:30:43 +0000
Cronaca Nera a cura di F. Q.
Villa Pamphili, il vero nome di Rexal Ford è Francis Kaufmann: il nuovo colpo di scena

Un nuovo colpo di scena nella ricostruzione del delitto di Villa Pamphili, a Roma. L’uomo sospettato di essere il killer della bambina ritrovata nove giorni fa a poca distanza dal corpo della madre non si chiama Rexal Ford, come si riteneva fino a poche ore fa. La sua vera identità è Francis Kaufmann, come accertato dalla procura di Roma grazie alla collaborazione dell’Fbi. I dubbi erano sorti quando gli investigatori hanno fornito i dati del suo passaporto alle autorità statunitensi: il documento risulta essere autentico e in uso dal 2019, ma non esisteva alcuna corrispondenza con la sua anagrafica e i registri delle nascite negli Usa.

Da qui è partita una nuova ricerca da parte dei federali statunitensi che hanno ora accertato quale sia il suo vero nome. Rexal Ford è Francis Kaufmann. L’uomo è stato fermato in Grecia per l’omicidio della bambina di sei mesi, che lui dice essere sua figlia, mentre è ancora al vaglio la sua posizione in riferimento al decesso della donna, ancora senza un nome e cognome, ritrovata a circa 200 metri di distanza. L’autopsia non ha infatti evidenziato segni di violenza, ma il sospetto degli inquirenti è che Kaufmann abbia comunque avuto un ruolo attivo nella sua morte.

Anche la donna, tra l’altro, non ha ancora un’identità. A nove giorni dal suo ritrovamento nessuno sa come si chiami né quale lavoro svolgesse: un fantasma. Nemmeno quale sia il suo Paese di origine anche se diverse tracce e testimonianze fanno pensare che si tratti di una persona di origine russa. Gli investigatori hanno anche accertato che sarebbe passata, insieme a Kauffman e alla bambina, dalla Russia prima di trasferirsi a Malta. Secondo l’uomo che condivideva con lei e Kauffman un appartamento nell’isola del Mediterraneo, il suo soprannome sarebbe “Stella”, come si era identificata anche lei con la polizia a Roma durante un controllo, e avrebbe lavorato nell’ambito dell’informatica trattando dati sensibili per aziende di grande rilevanza.

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Data articolo:Mon, 16 Jun 2025 16:18:41 +0000
Blog a cura di Speaker's corner
“So’ ragazzi, fanno le bravateâ€. Eh no, basta giustificare questa generazione dell’impotenza!

di Claudia de Bari (insegnante)

È proprio la generazione dell‘impotenza questa. C’è poco da fare. Passiamo le giornate ad inorridire davanti a genocidi di massa, guerre più o meno vicine e la serpeggiante ed endemica indifferenza ‘nel nostro prossimo’, verso tutto o quasi. Ma cosa possiamo fare riguardo lo sterminio dei palestinesi o degli ucraini, se non solo empaticamente partecipare e contorcerci sulla sedia?! Invece, a casa nostra, sul posto di lavoro, nei luoghi che frequentiamo stiamo cercando di fare la differenza? Siamo davvero così inermi davanti alla superficialità, all’arroganza, alla maleducazione, alla violenza gratuita, alla mancanza di etica, morale o integrità?

È vero, c’è un mondo che cade a pezzi e ci sono temi che vanno automaticamente in secondo piano. Ecco l’errore! Non dovrebbero, non devono scendere sul podio dell’importanza perché è questa la società tremenda che crea il presente che viviamo e soprattutto il futuro che ci attende.

Sto cercando da tempo di riconciliarmi con l’idea che esista ancora una speranza per le nuove generazioni, sempre che non scoppi la III guerra mondiale. E sono giorni che ripenso alla notizia di alcuni studenti del rinomato liceo barese Scacchi che hanno festeggiato l’ultimo giorno “della buona scuola†riempiendo di petardi le viscere di galline e pesci – si spera già morti – per farli saltare in aria. Giuro che ancora non riesco a digerire questa notizia.

Da docente posso testimoniare di aver assistito a diverse situazioni al limite della comprensione costituzionale ma la china sembra discendente. Soprattutto alla luce di commenti tipo: so’ ragazzi, fanno le bravate, che poi eravamo anche noi così. Intendiamoci, non ho bei ricordi del mio liceo ma nonostante non fossimo propriamente dei Lords, non ci avvicinavamo nemmeno lontanamente a questo scempio.

Per dirne una, ieri 3:00 di notte dopo un’ora buona, mi decido ad uscire sul balcone per chiedere (e non urlare a parolacce come avrei voluto), a dei ragazzini nemmeno ventenni, muniti di macchinoni, radio accesa e tanta voglia di fare fiesta, di parlare quantomeno a bassa voce. Il risultato ve lo faccio immaginare. Alle 5, io e l’intero isolato fissavamo il soffitto.

Ma veniamo ai commenti dei genitori che sembrano disarmati davanti all’arroganza e alla maleducazione dei propri figli e che addossano in primis responsabilità alla scuola, alla società, allo stato, al fruttivendolo! Ma un minimo di autocritica?? Da chi può dipendere la saccenza, la superficialità, la mancanza di valori di un adolescente su cui ben poco si può fare ancora?! Dice che non sono sufficientemente valorizzati dalla società.

Io non ricordo che un mio professore mi abbia mai gratificata o premiata per qualcosa; i 9 o i 10 (adesso imprescindibili) non venivano nemmeno contemplati. Eppure studiavo, come mi rispondono spesso i genitori: “io lo vedo studiare…†come? Col cellulare in mano? Con GeminI? Come sta studiando la tua perla. No, perché ci sono le perle in queste buste piene di ceci, perle delicate, fragili e indifese davanti alla moltitudine di figli di papà vestiti di marca e ignoranti come le capre.

Ci sono quei ragazzi che chiedono l’educazione emotiva nelle scuole, invece del visore 3D, che ti ascoltano rapiti invece di rispondere ai messaggini. Ci sono, li vedo! Ma non sono la maggioranza e nemmeno una minoranza. E non sto parlando di geni della lampada intelligenti e fuori dal comune. Sto parlando di ragazzi sensibili ed attenti a ciò che li circonda. Figli di una educazione priva dal senso di colpa di un divorzio o di una assoluta mancanza fisica o emotiva. Assolutamente. Questo è un discorso moooolto ampio e noi siamo umani, tutti. Genitori, figli e anche docenti.

Siamo fallibili e incerti e confusi ma nondimeno colpevoli della rassegnazione, del “non ce la faccio; giro la testa dall’altra parte; passerà; qualcun altro se ne occuperàâ€. Siamo colpevoli di aver semplificato e giustificato passaggi essenziali, di aver detto pochissimi NO, di aver dato troppo e troppo in fretta, perché non abbiamo cercato gli strumenti per contrastare una pressione sociale crescente e sempre più vuota.

Quando è iniziato il declino dell’indulgenza? Quando abbiamo perso di vista l’importanza di insegnare il rispetto prima ancora di avere il diritto di rispondere, soprattutto su questioni di cui si ignora tutto. Dall’avvento dei telefonini e di internet? Sicuramente hanno avuto un ruolo cruciale, così come quello stramaledetto Covid che viene menzionato come parafulmine per lacune di ogni genere. Ma basta! E basta con sti cuoricini, la comprensione della loro difficile età! Nemmeno fossimo in guerra! Quale comprensione ancora necessitano! Dobbiamo promuoverli tutti, comprendere che non sanno esprimersi se non per chiedere qualcosa all’AI, capire che sono tempi troppo veloci e complicati. Per favore, torniamo indietro, iniziamo una cura, prendiamo una pillolina di Viagra. Togliamo prima di dare, pretendiamo la disciplina prima di concedere, il rispetto dimostrato e compreso prima di dare libertà ancorché impensabili fino a qualche anno fa.

Non tutti abbiamo il diritto di parlare di tutto e i social, primi in classifica, sono un grande buco nero in cui veniamo risucchiati dalla vacuità delle parole e delle immagini che scorrono in pochi secondi. Non possiamo più ignorare quello che sta capitando alla nostra società “CIVILEâ€, quella a portata di mano, della quale conosciamo pregi e difetti. Non possiamo più affondare il sedere nel divano puntando il dito verso qualcun altro. Non sto dicendo che quello che è poco più lontano da noi non deve interessarci anzi sto dicendo il contrario, che dobbiamo partire dalla ricostruzione della società vicina e palpabile per poter comprendere gli errori e gli orrori che osserviamo fuori confine.

So… good fight and good luck.

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Data articolo:Mon, 16 Jun 2025 16:11:58 +0000
Libri e Arte a cura di Gaia Scacciavillani
Dal Caos al Cosmo Metamorfosi a Palazzo Te, la mostra per il centenario del palazzo mantovano

Ultimi giorni per visitare Dal Caos al Cosmo. Metamorfosi a Palazzo Te. La preziosa mostra a cura di Claudia Cieri Via, ideata in dialogo con gli affreschi del palazzo per riscoprire il senso e l’importanza di Palazzo Te a Mantova come opera d’arte totale per celebrarne i 500 anni, è stata inaugurata a fine marzo e terminerà il 29 giugno. Attraverso un percorso di visita rinnovato dalla presenza di una selezione di capolavori del Rinascimento provenienti dalle collezioni del Museo del Louvre, dell’Albertina di Vienna, dal Museo del Prado, la Galleria Borghese e gli Uffizi, la mostra fa emergere in contrappunto gli innumerevoli riferimenti che possono scaturire da una lettura più approfondita dei tanti temi che il Palazzo mostra e custodisce. Il percorso espositivo apre un dialogo tra le opere di Giulio Romano e di altri Maestri come Tintoretto, Correggio, Jacopo Zucchi, Rubens, Nicolas Poussin fino al contemporaneo Giuseppe Penone.

Caos e Cosmo abitano Palazzo Te sin dai suoi albori: gli affreschi mitologici dipinti da Romano hanno come fil rouge le Metamorfosi di Ovidio che parlano proprio di caos e di cosmo. La mostra si snoda in ogni stanza a pianterreno dove i quadri esposti da un lato aiutano a commentare gli affreschi dall’altro e lo fanno suggerendo, mai imponendo: aiutano a capire, suggeriscono delle interpretazioni, raccontano quanto i temi affrescati da Giulio Romano siano stati ripresi nel secoli seguenti. Nel discorso di apertura e presentazione della mostra del Direttore di Palazzo Te, Stefano Baia Curioni, era stata molto citata la parola ‘sobrietà’: potrebbe sembrare un ossimoro per una mostra intitolata al caos e al cosmo, ma è in realtà il tono con cui la mostra commenta di fronte all’esuberanza degli affreschi e riporta alla semplicità e all’importanza insieme del complesso di Palazzo Te. Nell’antica Grecia, la parola Kosmos si riferiva, non al concetto di universo, ma alla giusta disposizione delle molteplici cose nel mondo, al loro assetto secondo il giusto ordine. Un messaggio che la mostra di Palazzo Te comunica ai visitatori.

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Data articolo:Mon, 16 Jun 2025 16:01:41 +0000
Giustizia a cura di F. Q.
Francesca Ercolini, riesumata la salma della giudice trovata morta in casa: nuova autopsia a Roma

È stata riesumata la salma della giudice molisana Francesca Ercolini, trovata senza vita nella sua abitazione di Pesaro il 26 dicembre del 2022. In un primo momento il caso era stato archiaviato come suicidio, ma a maggio scorso, dopo due anni e mezzo dalla sua morte, il giudice per le indagini preliminari dell’Aquila ha disposto la riesumazione del corpo per permettere un nuovo esame autoptico e ha affidato al Ris di Roma l’incarico di simulare la scena della morte della donna e quella del successivo ritrovamento del corpo.

Ercolini, all’epoca dei fatti presidente della II sezione civile del Tribunale di Ancona, fu trovata senza vita, con un foulard stretto intorno al collo, dal marito Lorenzo Ruggeri e dal figlio allora 15enne. Una prima ricostruzione portò a parlare di suicidio, ma già un anno dopo la morte della giudice la Procura decise di condurre ulteriori indagini nell’ambito familiare, con al centro il marito e il figlio, per maltrattamenti e istigazione al suicidio. Il corso delle indagini però si bloccò per una serie – riportò La Stampa in un articolo del 2023 -“di differenti vedute all’interno della procura dell’Aquilaâ€. Ancora da accertare, dunque, se queste condotte possano aver contribuito al decesso.

Il percorso delle indagini in questi anni è stato particolarmente tortuoso, ma adesso la Procura prosegue nel nuovo filone di indagini: la salma è stata trasferita al Policlinico Umberto I di Roma dove sabato 21 giugno il medico legale Vittorio Fineschi effettuerà una nuova autopsia. Al momento, sono iscritti al registro degli indagati sei persone, tra cui il marito della Ercolini e il medico legale che eseguì la prima autopsia. Le ipotesi di reato vanno dal depistaggio alla falsità ideologica fino alla violazione del segreto istruttorio.

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Data articolo:Mon, 16 Jun 2025 15:53:12 +0000
Blog a cura di Sostenitore
Su Israele Meloni tace: la condanna non è automatica se ‘sbaglia’ un alleato?

di Paolo Gallo

Mentre l’eco dei missili israeliani su suolo iraniano scuote l’equilibrio già precario del Medio Oriente, dal Palazzo Chigi non arriva alcuna dichiarazione ufficiale. Giorgia Meloni tace. Un silenzio che, in tempi di crisi e conflitti, pesa quanto un discorso. Un silenzio che suona assordante, soprattutto se paragonato all’attivismo verbale e politico mostrato nei confronti dell’aggressione russa in Ucraina.

Non è la prima volta che il governo italiano, come molti altri in Europa, adotta due pesi e due misure a seconda dell’identità dell’aggressore. Ma in questo caso, l’assenza di una presa di posizione netta da parte della Presidente del Consiglio solleva interrogativi inquietanti: perché, quando a colpire è Israele, improvvisamente la fermezza occidentale si trasforma in cautela diplomatica? Perché, se a violare l’integrità territoriale è uno “Stato amico”, la condanna non è automatica e le sanzioni non sono nemmeno ipotizzate?

La risposta più ovvia è anche la più imbarazzante: convenienza geopolitica. L’Occidente, e l’Europa in particolare, ha costruito una narrazione in cui le regole del diritto internazionale valgono sempre, tranne quando a infrangerle sono gli alleati. Israele, che da decenni gode di un rapporto privilegiato con gli Stati Uniti e gran parte dei governi europei, viene trattato con una tolleranza che sarebbe impensabile se si trattasse di Mosca o Pechino. E l’Italia di Giorgia Meloni non fa eccezione.

La premier, che ha fatto della difesa dei “valori occidentali†una bandiera del suo governo, sembra dimenticarli proprio nel momento in cui andrebbero riaffermati con più coerenza. Perché se davvero si crede nella legalità internazionale, nella difesa dei popoli e nella condanna dell’aggressione militare come principio universale, allora non si può tacere di fronte a un’azione militare che rischia di far esplodere un’intera regione.

Il doppio standard non è solo ipocrita, ma pericoloso. Alimenta la convinzione, nel Sud globale e non solo, che l’Occidente predichi bene e razzoli male. Che i diritti umani, la pace e la sovranità siano valori a geometria variabile, applicati in base agli interessi del momento. È proprio questa incoerenza ad aver minato, negli ultimi anni, la credibilità morale dell’Europa sullo scacchiere internazionale.

Un’escalation militare che, a parti invertite, avrebbe fatto gridare all’”atto di guerra” e scatenato una raffica di sanzioni e isolamento diplomatico. Basti pensare a quanto rapidamente l’Unione Europea ha reagito all’invasione russa dell’Ucraina: sanzioni economiche pesanti, isolamento nelle sedi internazionali, rafforzamento dell’Ucraina in termini militari e politici. Nessuno ha invocato “comprensione” per le ragioni di Putin.
Eppure ora, di fronte a un attacco unilaterale, la stessa Europa tentenna. E l’Italia, invece di alzare la voce, scompare. Non una dichiarazione della Presidente del Consiglio, non un confronto parlamentare urgente. Solo un silenzio opaco.

Il paradosso è che proprio Meloni, che ha sempre accusato la sinistra di ambiguità verso regimi autoritari, oggi si rifugia in una ambiguità ben più grave: quella del potere. Tacere ora, per timore di disturbare gli equilibri con Washington o Tel Aviv, significa abdicare a ogni principio. E se davvero il governo italiano vuole difendere la pace e l’ordine internazionale, dovrebbe iniziare a parlare anche quando è scomodo. Anche quando chi sbaglia è un alleato.

La coerenza, si sa, ha un prezzo. Ma il costo dell’ipocrisia, alla lunga, è molto più alto.

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Data articolo:Mon, 16 Jun 2025 15:47:14 +0000

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