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Politica a cura di Redazione Politica
Ponte sullo Stretto, la Corte dei Conti: “Il nuovo contratto viola le norme Ue, rischio di aumento dei costi oltre il 50%â€

Il decreto del ministero dei Trasporti che ha aggiornato la convenzione con la società Stretto di Messina per la realizzazione del Ponte è incompatibile con le regole europee sulla modifica dei contratti in corso di validità. Lo si legge nelle motivazioni, depositate martedì, della sentenza con cui lo scorso 17 novembre la Corte dei conti aveva bocciato il provvedimento. Per poter “evitare lo svolgimento di una nuova gara e far rivivere un contratto risalente a diversi anni prima”, nello specifico al 2005, il ministero guidato da Matteo Salvini avrebbe dovuto fornire “prova certa e rigorosa del contenimento dell’aumento di prezzo entro il limite del 50% del valore del contratto iniziale”: invece, scrivono i giudici contabili, la valutazione dei costi aggiuntivi in misura pari a 787.300.000 euro è “frutto di un’attività di mera stima” e “rende possibile il rischio di ulteriori variazioni incrementali, incidenti sul superamento della soglia”. Peraltro, poiché le parti “già oggi conoscono quali sono le modifiche progettuali necessarie, il rimandare il relativo computo ad un momento futuro (…) appare un comportamento non conforme” alla norma europea, “perché ne comporterebbe l’aggiramento“, sottolinea la sentenza.

Lo stop alla convenzione è la diretta conseguenza di quello, arrivato poche settimane prima, alla delibera con cui il Cipess (Comitato interministeriale per la programmazione economica e lo sviluppo) aveva approvato il progetto definitivo dell’opera. “Non può non tenersi conto, in questa sede, dell’inefficacia del Piano economico e finanziario in ragione della sua mancata registrazione e delle ricadute che ciò comporta sulla validità dell’atto aggiuntivo che ne assorbe i contenuti, modificando in coerenza la convenzione originaria”, si legge nel provvedimento. “Poiché il decreto in esame assentisce un accordo i cui contenuti sono conformati a un Piano che, sebbene approvato, è inefficace non avendo superato il preventivo vaglio di legittimità di questa Sezione, deve concludersi per la non conformità a legge anche del decreto medesimo e disporsene la non ammissione al visto e alla conseguente registrazione”, argomentano i giudici.

A “modificare sostanzialmente la natura del contratto”, si legge ancora, è anche il fatto che l’opera al momento “sia completamente finanziata con fondi pubblici“: infatti, “la possibilità riconosciuta alla concessionaria dall’ordinamento (…) di reperire ulteriori finanziamenti sia sul mercato interno che sui mercati internazionali, appare allo stato assolutamente ipotetica. La raccolta sul mercato di ulteriori risorse che, essendo l’opera interamente finanziata, non risulterebbero necessarie alla realizzazione della medesima, appare oggi una mera ipotesi priva non solo di necessità ma, altresì, di qualsiasi legittimazione”.

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Data articolo:Tue, 16 Dec 2025 20:05:55 +0000
Mondo a cura di Redazione Esteri
“Le famiglie devono essere pronte a mandare i loro figli in guerra contro la Russiaâ€: le parole del capo di Stato maggiore britannico

È necessario prepararsi al conflitto e per questo “le famiglie devono essere pronte a mandare i loro figli e le loro figlie in guerra contro la Russia“. A pronunciare queste parole è stato il capo di Stato maggiore della Difesa britannico, Richard Knighton, intervenendo lunedì sera a un evento del Royal United Services Institute a Westminster. Mentre l’Europa spinge sul riarmo il vertice militare del Regno Unito vuole mobilitare la popolazione: “più persone” devono essere pronte a imbracciare le armi per proteggere il Paese.

Precisa che le possibilità di un attacco russo diretto sul suolo britannico restano remote ma rilancia: ciò “non significa che le probabilità siano pari a zero”. E allora cosa fare? Knighton ha chiesto addirittura alle scuole di incoraggiare i bambini a intraprendere lavori nell’industria bellica e ha affermato che più famiglie britanniche “sapranno cosa significa il sacrificio per la nostra nazione”. In un clima sempre più guerrafondaio, il generale 56enne – Capo di stato maggiore della difesa dal 2 settembre scorso – ha invitato i civili a contribuire a rafforzare la resilienza nazionale per garantire il funzionamento del Regno Unito in caso di crisi. “Ogni giorno il Regno Unito è oggetto di una serie di attacchi informatici da parte della Russia e sappiamo che gli agenti russi cercano di compiere sabotaggi e hanno ucciso sulle nostre coste. L’hard power della Russia sta crescendo rapidamente”, ha aggiunto. Grazie all’aumento della spesa per la difesa e alle esperienze in Ucraina, la Russia ha un esercito “imponente, sempre più sofisticato dal punto di vista tecnico e ora anche con una grande esperienza di combattimento”, ha concluso.

Evidenziando lo sforzo di “tutta la società” necessario per rispondere alla situazione sempre più pericolosa in Europa, il Capo di Stato Maggiore della Difesa ha affermato: “Innanzitutto, significa avere più persone pronte a combattere per il proprio Paese”. Ciò non significa solo forze regolari, ma anche un aumento delle riserve e dei cadetti, ha affermato. Anche il ritmo “dolorosamente lento” degli investimenti privati nel settore della difesa deve accelerare. “Per sviluppare questa capacità industriale abbiamo bisogno anche di più persone che lascino la scuola e l’università per entrare in questo settore“, ha affermato. “Abbiamo quindi bisogno che i leader politici e della difesa spieghino l’importanza del settore alla nazione, e abbiamo bisogno che le scuole e i genitori incoraggino i bambini e i giovani adulti a intraprendere una carriera nel settore”, ha aggiunto. “Il nostro obiettivo deve essere quello di evitare la guerra, ma il prezzo per mantenere la pace sta aumentando. Se non riusciamo a spiegare i rischi, non possiamo aspettarci che i decisori politici o la società in generale paghino questo prezzo”.

Il premier Keir Starmer lo ha nominato affidandogli un ruolo cruciale nell’ambito del rafforzamento delle capacità militari di Londra annunciato con la revisione della strategia di difesa che prevede fra l’altro una modernizzazione dell’arsenale nucleare oltre alla realizzazione entro la fine del 2030 di 12 nuovi sottomarini d’attacco in partnership con Usa e Australia. Sir Richard era il comandante dell’aviazione militare di sua maestà dal 2023, e in precedenza aveva occupato l’incarico di vice capo di stato maggiore della difesa (dal 2019 al 2022). Come sottolineava nei mesi scorsi la Bbc, ha maturato nel corso della sua carriera una esperienza nello sviluppo delle capacità militari. L’apporto della Raf potrebbe essere ancora più importante qualora si concretizzasse l’ipotesi, emersa sui media, di estendere il deterrente nucleare attualmente imbarcato sui sottomarini ai bombardieri non convenzionali.

Le parole del capo dell’esercito arrivano pochi giorni dopo che Mark Rutte, segretario generale della Nato, è tornato a ipotizzare che l’Europa possa essere il prossimo obiettivo di Vladimir Putin e ha esortato gli stati dell’Alleanza atlantica, come la Gran Bretagna, ad adottare una “mentalità da tempo di guerra“, avvertendo che troppi paesi sono “silenziosamente compiacenti”. Nel frattempo, il ministro delle forze armate Al Carns ha affermato che il Paese si trova “sul piede di guerra” e ha avvertito che “l’ombra della guerra è alle porte dell’Europa” e “questa guerra potrebbe essere più grande e sanguinosa di quella che abbiamo vissuto negli ultimi tempi”.

Foto dal sito della Royal Air Force

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Data articolo:Tue, 16 Dec 2025 19:35:45 +0000
Scuola a cura di Redazione Politica
Medicina, Bernini incontra gli studenti e apre a modifiche sul semestre filtro. “Ma non torneranno i test d’ingressoâ€

La ministra dell’Università e della Ricerca Anna Maria Bernini ha proposto al Consiglio nazionale degli studenti universitari (Cnsu) l’istituzione di un tavolo di confronto permanente sulla riforma dell’accesso ai corsi di laurea in Medicina, che da quest’anno prevede un “semestre filtro” aperto a tutti, con la possibilità di accedere alla graduatoria nazionale solo per chi supera gli esami di Biologia, Chimica e Fisica. L’esperimento si è rivelato un pasticcio, con una percentuale di promossi inferiore al 20% e il rischio di non coprire tutti i posti disponibili. Per ovviare al problema è stato ipotizzato l’inserimento in graduatoria di tutti i candidati, compresi quelli che non abbiano raggiunto la sufficienza in tutte e tre le prove, a condizione però di recuperare successivamente i crediti formativi mancanti. Nell’incontro con gli studenti, a quanto si apprende, la ministra ha escluso un ritorno ai test d’ingresso, ma ha manifestato piena disponibilità a intervenire sul funzionamento del nuovo sistema già dal prossimo anno, valutando una riduzione dei programmi d’esame, l’estensione della durata delle lezioni e un ampliamento dei tempi tra la fine dei corsi e gli appelli, così da garantire maggiore spazio alla didattica.

L’apertura però non soddisfa le sigle studentesche. “Il fatto che la ministra, a metà dell’anno accademico, non abbia idea di cosa fare è preoccupante. Cosa significa ampliare i tempi per svolgere gli esami? Quanto tempo lasciamo in bilico gli studenti? Non sapere a gennaio o febbraio se si sarà trattenuti o sputati dal sistema non farà altro che aumentare lo stress e l’ansia”, denuncia l’Unione degli universitari, il principale sindacato degli studenti italiani, in presidio di fronte al ministero. “Insomma”, sintetizza l’Udu, “non esiste un piano per occuparsi dei problemi che il semestre filtro ha già causato e si pensa addirittura di peggiorare tutto. Aprire le graduatorie non basta: Medicina va aperta davvero. Il semestre filtro è una falsa soluzione che non affronta la carenza di personale sanitario né garantisce il diritto allo studio. Lo diciamo da mesi e lo ripetiamo oggi: il numero chiuso va superato, il semestre filtro va abolito, e servono investimenti strutturali sull’università pubblica”, affermano gli studenti.

La scorsa settimana Bernini era stata contestata ad Atreju, la festa di Fratelli d’Italia, da una rappresentanza di aspiranti medici, a cui si era rivolta con disprezzo chiamandoli “poveri comunisti” (una citazione del suo defunto leader Silvio Berlusconi). Ora il M5s, con il capogruppo in Commissione Cultura alla Camera Antonio Caso, può infierire: “A quanto pare qualche problemino con il semestre filtro che rischia di far perdere l’anno a migliaia di studenti ha costretto il dicastero a considerare correttivi già dal prossimo anno e a sedersi a un tavolo di confronto. È innegabile che, almeno su questo, i “poveri comunisti” lamentati da Bernini ad Atreju non avessero poi tutti i torti“, afferma. “Domani abbiamo imposto che la ministra venga alla Camera al question time. Ci aspettiamo risposte precise su cosa intende davvero mettere in campo per risolvere i problemi creati dalla sua riforma”. Un gruppo di studenti ha incontrato nella sede del Movimento anche il presidente Giuseppe Conte: “Bisogna sempre ascoltarli, mai dileggiarli perché sono il nostro futuro e meritano soluzioni adeguate e sostenibili alle loro difficoltà”, afferma l’ex premier. Da Alleanza Verdi e Sinistra interviene il deputato Franco Mari, che ha partecipato al presidio di fronte al ministero: “Il semestre filtro si è rivelato un fallimento totale anche se la ministra Bernini si rifiuta di ammetterlo. Serve una proposta di riforma per l’accesso alla facoltà che deve mettere a punto il Parlamento”.

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Data articolo:Tue, 16 Dec 2025 19:11:40 +0000
Mondo a cura di F. Q.
La fuga da casa e il viaggio verso il Burundi: dopo gli scontri 64mila nuovi sfollati nella Repubblica democratica del Congo – Video

Gli ultimi scontri tra il gruppo armato M23 e l’esercito congolese nella provincia del Sud Kivu stanno causando ulteriori sfollamenti su larga scala all’interno della Repubblica Democratica del Congo e verso il Burundi. Circa 64.000 rifugiati sono già arrivati in Burundi e si prevede che l’afflusso continuerà, secondo l’Unhcr. Le immagini mostrano le famiglie lasciare le loro case e, in un secondo momento, i campi con le tende allestiti proprio dall’Alto commissariato dell’Onu per i rifugiati.

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Data articolo:Tue, 16 Dec 2025 19:08:40 +0000
Archivio a cura di Luisiana Gaita
Automotive ed emissioni, Bruxelles fa dietrofront sullo stop ai motori termici entro il 2035

La marcia indietro sullo stop ai motori termici è ufficiale ed è tutta nel pacchetto adottato dalla Commissione europea. Bruxelles rivede gli obiettivi di decarbonizzazione del settore auto, modificando le regole sulle emissioni di anidride carbonica per vetture e furgoni. Dal 2035 in poi, stando alla proposta (che andrà ora negoziata da Parlamento e Consiglio), le case automobilistiche europee dovranno rispettare un obiettivo di riduzione delle emissioni allo scarico del 90% rispetto ai livelli del 2021 (anziché del 100%). Questo lascerà spazio sul mercato, anche dopo il 2035, oltre ai veicoli completamente elettrici e a idrogeno, anche ai veicoli ibridi plug-in, ibridi leggeri, a quelli con range extender e ai veicoli con motore a combustione interna. Il restante 10% delle emissioni dovrà essere compensato attraverso l’utilizzo di acciaio a basse emissioni di carbonio prodotto nell’Unione europea o da combustibili sintetici e biocarburanti, su cui l’Italia punta molto. Per la presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, “l’Europa rimane in prima linea nella transizione globale verso un’economia pulitaâ€. Insomma, la revisione del target non rappresenterebbe un dietrofront, ma un modo alternativo per raggiungere gli obiettivo. Concetto espresso anche dal vicepresidente, Stéphane Séjourné: “L’elettrificazione del parco veicoli rimane il principale motore della trasformazione della flotta europea nei prossimi 10 anni. L’Europa conferma il suo obiettivo di decarbonizzazione al 100% entro il 2035 per le flotte nuoveâ€. Nel pacchetto, ci sono però altre altre novità, come le misure per favorire la diffusione di piccole auto elettriche con costo accessibile. Ma la partita non è chiusa. Se il ministro delle Imprese e del Made in Italy, Adolfo Urso esulta, la posizione della Francia è diversa e più ambigua.

Le altre flessibilità

Bruxelles propone una ulteriore flessibilità per conformarsi ai target di taglio delle emissioni per il triennio 2030-2032, estendendo quella concessa già quest’anno tra il 2025 e il 2027 per scongiurare il pagamento delle multe. Nella revisione, la Commissione Ue aggiorna poi l’obiettivo climatico per i furgoni per i quali l’adozione dell’elettrico si è rivelata più difficile: dovranno ridurre le emissioni del 40% (e non più del 50%) entro il 2030, sempre rispetto al 2021. Nel pacchetto c’è anche un omnibus di semplificazione per rimuovere gli ostacoli normativi: Bruxelles stima un risparmio per le aziende di circa 706 milioni di euro all’anno. In questo ambito, si prevede un intervento sui test sulle emissioni del regolamento Euro 7 e un’esenzione per i furgoni elettrici sull’istallazione di tachigrafi intelligenti e dispositivi di limitazione della velocità.

Supercrediti per le piccole auto e vetture aziendali

Fino al 2034 i produttori potranno beneficiare di supercrediti per l’immissione sul mercato di piccole auto elettriche economiche prodotte nell’Ue. Si introduce anche una nuova categoria di veicoli nell’ambito dell’iniziativa ‘small affordable cars’, piccole auto accessibili, che comprende veicoli elettrici fino a 4,2 metri di lunghezza. Secondo Bruxelles, questo dovrebbe consentire agli Stati membri e alle autorità locali di sviluppare incentivi mirati, stimolando la domanda di veicoli elettrici di piccole dimensioni prodotti nell’Ue. Nel pacchetto, inoltre, la Commissione Ue lancia il piano Battery Booster da 1,8 miliardi di euro per accelerare lo sviluppo di una catena del valore delle batterie interamente prodotta nell’Ue. La Commissione europea, inoltre, propone di introdurre obiettivi obbligatori a livello nazionale per i nuovi veicoli aziendali a emissioni zero o a basse emissioni a partire dal 2030. Le flotte aziendali rappresentano circa il 60% del parco auto Ue e, dunque, hanno un impatto importante sulle emissioni.

Le reazioni politiche

“La proposta annunciata dalla Commissione europea è un primo passo nella giusta direzione che noi per primi abbiamo indicato. È una breccia nel muro dell’ideologia†ha dichiarato Urso. Aggiungendo: “Ora il muro va abbattutoâ€. In un post su X anche il ministro degli Esteri e leader di Fi, Antonio Tajani ha manifestato tutto il suo entusiasmo: “Abbiamo fermato lo stop ai motori termici dal 2035. Passa la linea di Forza Italia. Questo significa contare in Europa. Una scelta che solo in Italia mette al riparo 70mila posti di lavoroâ€. Anche il cancelliere tedesco Friedrich Merz ha accolto positivamente la decisione della Commissione Europea che aggiusta gli obiettivi di decarbonizzazione del settore auto. “Maggiore apertura alla tecnologia e maggiore flessibilità sono i giusti passi†ha affermato. Ma la posizione di Parigi non è chiara. Perché l’Eliseo ha accolto con favore “la rinuncia della Commissione Europea al piano di rendere obbligatori i veicoli completamente elettrici entro il 2035â€, ma la ministra della Transizione ecologica non sembra pensarla così. “La Francia si rammarica della flessibilità concessa ai veicoli termici nel 2035 e farà tutto il possibile perché questa deroga venga eliminata durante i negoziati tra i Ventisette†ha affermato la ministra Monique Barbut, intervenendo a Bruxelles. Confermate, in queste dichiarazioni, le posizioni espresse da mesi.

Le pressioni dei governi e il ruolo dell’Italia

Tant’è vero che la retromarcia era stata anticipata la scorsa settimana (Leggi l’approfondimento) dal leader del Partito popolare europeo, il tedesco Manfred Weber, che aveva parlato di un’intesa con Ursula von der Leyen, affinché “tutte le tecnologie†rimanessero sul mercato. Proprio Weber, nel corso di una conferenza stampa all’Eurocamera, aveva parlato di un ritorno alla posizione originale del Ppe “che mette insieme la neutralità climatica e la neutralità tecnologicaâ€. Pochi giorni fa era arrivata a Bruxelles, una letterainviata da sei paesi e firmata dalla premier Giorgia Meloni, dal cancelliere tedesco Friedrich Merz e dai primi ministri Donald Tusk (Polonia), Victor Orban (Ungheria), Robert Fico (Slovacchia), Petr Fiala (Repubblica Ceca) e Rossen Jeliazkov (Bulgaria) nella quale si torna a chiedere un definitivo cambio di rotta sulla transizione, a iniziare dal settore automotive. E, in concreto, di lasciare la porta aperta – anche dopo il 2035 – ai veicoli elettrici ibridi plug-in e alla tecnologia delle celle a combustibile, oltre che di riconoscere i veicoli elettrici con range extender e classificare i biocarburanti come “carburanti a emissioni zeroâ€. Spagna e, in parte, anche Francia non fanno parte invece di questa maggioranza di Paesi e sono più proiettate verso l’elettrico. La verità è che l’idea della revisione del divieto al 2035 per la vendita delle auto nuove con motore a combustione interna (benzina, diesel) o ibride (motore a combustione e batteria) è nata con il divieto stesso. Anche se quel target era il cuore di una misura chiave per il Green Deal europeo, che mira alla neutralità carbonica entro il 2050. A febbraio 2023, l’ok definitivo del Parlamento europeo in plenaria arrivò con 340 voti favorevoli, 279 contrari e 21 astenuti. Il voto vide sgretolarsi l’asse tra Socialisti e Popolari, con il Ppe che a sua volta si divise (la maggioranza votò contro, mentre furono 25 i voti a favore). Per quanto riguarda l’Italia, invece, la maggioranza di governo si mostrò compatta come non mai.

Le reazioni a caldo in Italia: dai sindacati agli ambientalisti

Ma la retromarcia è frutto soprattutto delle pressioni delle industrie, in primis quelle tedesche, e di una maggioranza di governi nazionali, tra cui Germania e Italia. Hanno avuto un peso anche le parole di Mario Draghi che a settembre scorso ha definito gli obiettivi (e la scadenza al 2035) come target “basati su presupposti non più validiâ€. Diverse le reazioni dei sindacati. Emblematiche le parole di Rocco Palombella, segretario generale Uilm: “A un passo dal baratro, l’Europa ha deciso di cambiare le assurde regole della transizione all’elettrico nel settore auto. Finalmente l’Europa ha ascoltato il grido d’allarme che lanciamo da anni, scioperando in Italia e arrivando fino a Bruxelles, sotto la sede della Commissioneâ€. Per Samuele Lodi, segretario nazionale Fiom-Cgil e responsabile settore mobilità, le novità introdotte “sono un evidente freno alla direzione della riduzione delle emissioni inquinanti. Le conseguenze si dispiegheranno nel corso degli anni e, come troppo spesso accade, si scaricheranno sulle future generazioniâ€. E sottolinea che “sono necessari ingenti investimenti pubblici e privati per non allargare il gap che già oggi l’industria automobilistica europea registra nei confronti della Cinaâ€. Luci e ombre per Pasquale Tridico e Dario Tamburrano, europarlamentari del Movimento 5 Stelle: “Accogliamo con favore la novità che favorisce produzione e diffusione di piccole auto elettriche con costo accessibile, i target di acciaio verde, le nuove norme sulle flotte aziendali, così come sono benvenuti gli incentivi fiscali per la costruzione di auto Made in Europe, ma non ci sono ancora sufficienti risorse nel piano automotiveâ€. Molto duro il commento di Legambiente. Secondo il presidente nazionale, Stefano Ciafani “la proposta di revisione del divieto di vendita delle auto a combustione a partire dal 2035 è una scelta miope e perdente che rischia di portare una serie di conseguenze negative per la competitività futura del nostro comparto automobilistico facendo, al tempo stesso, un regalo al principale competitore cineseâ€.

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Data articolo:Tue, 16 Dec 2025 18:36:03 +0000
Speciale legge di bilancio a cura di Redazione Economia
Manovra, Cgil contro il governo: “Sulla penalizzazione per chi ha riscattato la laurea evidenti profili di incostituzionalitàâ€

La Cgil contro il governo per la pesante stretta sulle pensioni arrivata a sorpresa con il maxi-emendamento alla legge di Bilancio depositato martedì in commissione al Senato. “Si andrà in pensione sempre più tardi”, commenta la segretaria confederale Lara Ghiglione. “Con queste scelte l’esecutivo riesce in un’impresa clamorosa, quella di superare persino la legge Monti-Fornero, rendendo il sistema previdenziale ancor più rigido, ingiusto e punitivo per lavoratrici e lavoratoriâ€.

“Non siamo di fronte a semplici aggiustamenti tecnici”, prosegue la dirigente sindacale, “ma a un vero e proprio inasprimento strutturale del sistemaâ€. Infatti, “il maxi-emendamento allunga progressivamente le finestre di decorrenza delle pensioni anticipate fino a sei mesi dal 2035 e, nei fatti, considerando anche l’adeguamento alla speranza di vita che il governo ha scelto di non bloccare, porta l’accesso alla pensione anticipata a 43 anni e 9 mesi di contribuzione nel 2035, smentendo nei fatti le promesse fatte a lavoratrici e lavoratori. Altro che flessibilità: si costringono le persone a restare al lavoro sempre più a lungo, aumentando i periodi scoperti tra lavoro e pensione e producendo risparmi di spesa solo rinviando diritti maturatiâ€, denuncia.

Ghiglione sottolinea poi che “a questo si aggiunge la penalizzazione del riscatto degli anni di studio, peraltro con una misura retroattiva e con evidenti profili di incostituzionalità: contributi regolarmente pagati non produrranno più pieni effetti previdenziali ai fini dell’accesso alla pensione anticipata. Una svalutazione selettiva e progressiva che arriva a escludere fino a 30 mesi dal 2035. Questo significa che una lavoratrice o un lavoratore che ha riscattato un periodo di studi potrà arrivare addirittura a 46 anni e 3 mesi di contribuzione prima di andare in pensione. Siamo alla folliaâ€. Per la segretaria confederale della Cgil si tratta di “una rottura gravissima del principio di affidamento, che colpisce soprattutto i lavoratori più giovani, chi ha carriere medio-alte con ingresso tardivo nel mercato del lavoro e chi ha investito risorse significative nel riscatto della laurea. Lo Stato cambia le regole a partita già giocata, come aveva fatto con i lavoratori pubblici con il taglio delle aliquote di rendimentoâ€.

“Dopo aver di fatto azzerato qualsiasi forma di flessibilità in uscita dal lavoro, il governo introduce ulteriori peggioramenti, inserendoli all’interno di un requisito pensionistico che continuerà a crescere nel tempo e che viene aggravato da nuove penalizzazioni e rinvii della decorrenza. Una scelta consapevole che sposta sempre più in là il traguardo pensionistico per tutte e tutti, negando il diritto a una pensione dignitosa dopo una vita di lavoroâ€.

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Data articolo:Tue, 16 Dec 2025 18:31:13 +0000
Zonaeuro a cura di Redazione Politica
Dal Parlamento Ue ok a nuovi fondi per il riarmo. Gli italiani si spaccano sia a destra che a sinistra: no di M5s e Lega

Più soldi per il riarmo dell’Europa. Adesso sarà, infatti, possibile destinare più fondi europei agli investimenti legati alla difesa modificando i criteri di finanziamento di programmi Ue già esistenti. È quanto deciso dall’Europarlamento che ha approvato una serie di nuove misure per implementare il piano di investimenti Readiness 2030, già noto come ReArm Europe. La legislazione, concordata con il Consiglio, è stata adottata in via definitiva con 519 voti a favore, 119 contro e 25 astensioni.

Il voto degli italiani

Degli italiani a votare a favore sono stati gli europarlamentari di Fratelli d’Italia, di Forza Italia e del Partito democratico (con l’eccezione del no di Cecilia Strada e Marco Tarquinio). A votare contro, invece, gli eletti del Movimento 5 stelle e della Lega. Tra i parlamentari europei di Alleanza Verdi-Sinistra hanno votato sì Ignazio Marino e Leoluca Orlando, mentre contrari Benedetta Scuderi e Ilaria Salis. Inizialmente risultava il voto favorevole delle leghiste Anna Maria Cisint e Susanna Ceccardi ma fonti parlamentari hanno reso noto che è stato un errore, corretto in seguito.

Cosa cambia

La legislazione adottata in via definitiva consentirà così di destinare maggiori fondi dell’Ue agli investimenti legati alla difesa, modificando i criteri di finanziamento di programmi UE esistenti, fra i quali la Piattaforma per le tecnologie strategiche per l’Europa (Step), Horizon Europe, il Fondo europeo per la difesa, il programma Europa digitale e il Meccanismo per collegare l’Europa (Cef). Tra le misure principali spicca quella che riguarda il programma di ricerca Horizon, che potrà sostenere progetti dual use, cioè applicazioni civili con potenziali applicazioni militari. Le “tecnologie della difesa” saranno aggiunte come quarto settore strategico della Piattaforma per le tecnologie strategiche per l’Europa (Step), con il sostegno che sarà esteso alle piccole e medie imprese, comprese le start-up e le piccole imprese a media capitalizzazione, che altrimenti faticherebbero ad accedere ai finanziamenti.

Le infrastrutture per la “mobilità militare”

La legislazione consentirà inoltre il finanziamento da parte dell’UE di infrastrutture di trasporto a duplice uso nell’ambito del Cef, compresi i corridoi per la mobilità militare, per i quali la Commissione potrà stabilire condizioni relative al Paese di origine delle attrezzature, dei beni, delle forniture o dei servizi utilizzati. Nel corso dei negoziati con il Consiglio, l’Eurocamera ha ampliato il campo di applicazione delle misure includendo l’obiettivo di rafforzare la resilienza di fronte agli attacchi ibridi in corso e alle ingerenze straniere e ottenuto un maggiore supporto per l’industria della difesa ucraina, assicurando la sua partecipazione all’Edf. Prima dell’entrata in vigore, la legislazione dovrà essere formalmente adottata dal Consiglio.

M5s: “Si promuove l’escalation militare”

“In un momento decisivo per le sorti della guerra in Ucraina ancora una volta il Parlamento europeo dimostra di essere fuori tempo massimo e dalla parte sbagliata della storia. I due testi approvati oggi sul piano di riarmo e sulla procedura accelerata sul meccanismo sui prestiti di riparazione all’Ucraina promuovono l’escalation militare e finanziaria, l’esatto contrario del ramoscello di ulivo che andrebbe oggi offerto per favorire i negoziati e trovare un accorso su quel 10% che ancora manca. L’Ue fermi questa assurda ricerca di paletti e ostacoli per fermare il processo di pace”, scrive in una nota Danilo Della Valle, europarlamentare del Movimento 5 Stelle (The Left). “Questo provvedimento – prosegue – è un tassello del piano di riarmo di questa Commissione che drena risorse vitali all’economia civile per finanziare la militarizzazione e la guerra e per noi andava respinto”. Inoltre, l’uso degli asset russi al vaglio delle istituzioni Ue “presenta numerosi rischi finanziari per il nostro Paese: se l’Ucraina non lo rimborsa e se le riparazioni russe non arrivano a coprire il buco di bilancio dovranno essere gli Stati membri. Per l’Italia il conto sarebbe di 25 miliardi di euro, una follia visto che il prestito non esclude il finanziamento diretto dell’esercito ucraino. In attesa di capire come andrà finire questo percorso di pace che ieri a Berlino ha vissuto un importante passo in avanti, sarebbe doveroso fermare ogni iniziativa e far lavorare i negoziatori di pace”, conclude l’eurodeputato M5s.

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Data articolo:Tue, 16 Dec 2025 18:27:56 +0000
Economia a cura di Redazione Giustizia
Caso Campari, accordo col Fisco: Lagfin versa 405 milioni ed evita il contenzioso sull’exit tax

A poco più di due settimane dall’imponete decreto di sequestro per oltre un miliardo su ordine della procura di Monza, la holding lussemburghese Lagfin, che controlla Campari con il 51,8%, conferma , con una nota, di avere raggiunto un accordo transattivo con l’Agenzia delle Entrate.

L’accordo prevede, a fronte del completo abbandono della pretesa erariale, la corresponsione, diluita su un arco temporale di 4 anni, di 405 milioni di euro, con versamento entro il 31 dicembre 2025 di una prima rata pari a 152 milioni, cui Lagfin farà fronte con risorse disponibili e già accantonate, e del saldo in rate successive trimestrali di pari ammontare tra loro a partire dal giugno 2027 sino al 30 settembre 2029.

Lagfin scrive in una nota di avere “sempre operato nel pieno rispetto di tutte le normative applicabili, inclusa quella fiscale italiana, e ritiene che la exit tax non fosse applicabile”. “Nonostante la holding sia certa che in un contenzioso avrebbe prevalso, lo stesso si sarebbe inevitabilmente protratto per anni, attraverso i vari gradi di giudizio, e ciò – si spiega – pur non potendo mettere in alcun modo in discussione il controllo di Lagfin su Campari, che non avrebbe mai potuto essere intaccato, nemmeno nel caso di soccombenza, avrebbe rischiato di riverberarsi negativamente anche sul prezzo del titolo Campari”.

Pertanto, “a protezione di tutti gli azionisti di Campari, Lagfin ha deciso di aderire ad una transazione”. La custodia del controllo di Campari “è il cuore dell’oggetto sociale della holding, che ritiene proprio dovere fare tutto il necessario per preservare l’interesse di coloro che in Campari hanno investito e investiranno, tenendoli indenni dalle vicende che non riguardano Campari” conclude la nota.

L’indagine, condotta dal Nucleo di Polizia Economico-Finanziaria di Milano, aveva avuto origine da una verifica fiscale legata a una fusione per incorporazione tra Lagfin e la propria controllata italiana, detentrice della quota di maggioranza del gruppo Davide Campari Milano. I riflettori della Procura erano stati puntati sull’operazione di fusione transfrontaliera con la quale, nel 2018, il pacchetto di controllo della società sarebbe stato trasferito dall’Italia al Lussemburgo. In quell’occasione, secondo quanto emerso dagli accertamenti delle Fiamme gialle, Lagfin non avrebbe versato l’“exit tax†dovuta al fisco italiano quando un’attività viene fiscalmente trasferita all’estero. Ed era il mancato pagamento di questa tassa che veniva contestato alla holding lussemburghese. Il pagamento di un terzo estinguerà il fascicolo penale.

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Data articolo:Tue, 16 Dec 2025 18:11:19 +0000
Calcio a cura di Redazione Sport
Travolse e ferì con l’auto oltre cento tifosi del Liverpool in festa: condannato a 21 anni di carcere. Il video dell’incidente

Le immagini diffuse dalla polizia del Merseyside mostrano Paul Doyle mentre guida nel centro di Liverpool il giorno in cui ha investito la folla di tifosi che festeggiavano la vittoria della propria squadra in Premier League. Le immagini delle bodycam della polizia mostrano anche il momento dell’arresto di Doyle. Doyle è stato condannato a 21 anni e 6 mesi di carcere per l’incidente di maggio, in cui sono rimaste ferite oltre cento persone.

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Data articolo:Tue, 16 Dec 2025 18:07:37 +0000
Zonaeuro a cura di Redazione Economia
La Ue presenta il suo piano per la casa a prezzi accessibili. Avs: “Non affronta i veri nodiâ€. Dubbi anche da FdI

La Commissione europea ha presentato il primo Piano europeo per l’edilizia abitativa a prezzi accessibili, un pacchetto di misure che punta a dare una risposta comune a una crisi che tra 2013 e 2024 ha visto i prezzi delle case aumentare in media di oltre il 60% e gli affitti di oltre il 20% nell’Unione. Mentre i permessi per gli edifici residenziali calavano del 20% e le occupazioni aumentavano della stessa percentuale. Annunciato dalla presidente Ursula von der Leyen in occasione dello Stato dell’Unione, divenuto via via una bandiera socialista tra una miriade di provvedimenti con cui Palazzo Berlaymont ha strizzato spesso l’occhio alle destre, il piano per gli alloggi accessibili ha ottenuto la luce verde all’ultimo collegio dei commissari del 2025. “L’Europa deve assumersi collettivamente la responsabilità della crisi abitativa che colpisce milioni di nostri cittadini e agire di conseguenza. E’ in gioco la nostra democrazia”, ha sottolineato il commissario per l’Energia e l’Edilizia residenziale, Dan Jorgensen. Secondo Bruxelles, l’aumento dei prezzi e la scarsa accessibilità di case sta ormai incidendo non solo sulla qualità della vita di milioni di cittadini, ma anche sulla mobilità del lavoro, sull’accesso all’istruzione e sulla competitività dell’economia europea, mettendo sotto pressione la coesione sociale.

Per colmare il divario tra domanda e offerta nel prossimo decennio, la Commissione stima che dovrebbero essere aggiunti circa 650.000 alloggi all’anno agli attuali livelli di nuova offerta (circa 1,6 milioni all’anno). La fornitura di queste unità abitative aggiuntive costerebbe circa 150 miliardi di euro all’anno. “Oltre un milione di europei è senza tetto”, ha ricordato Jorgensen parlando alla Plenaria dell’Eurocamera. Pur ribadendo che la casa resta una competenza principalmente nazionale e locale, la Commissione sostiene che l’attuale emergenza richiede “uno sforzo autenticamente europeo” capace di affiancare Stati membri, regioni e città se l’azione dell’Ue può produrre un valore aggiunto. Il Piano si concentra su quattro assi principali: aumento dell’offerta di alloggi, incentivo agli investimenti e alle riforme, gestione degli affitti a breve termine nelle aree sotto maggiore pressione abitativa e sostegno ai gruppi più colpiti dalla crisi.

Nel dettaglio, Bruxelles propone una Strategia europea per l’edilizia abitativa per ridurre il divario tra domanda e offerta, puntando su un settore delle costruzioni e della ristrutturazione più produttivo e innovativo. Le norme sugli aiuti di Stato verranno riviste per rendere più semplice per i governi nazionali sostenere finanziariamente l’edilizia abitativa accessibile e sociale, mentre un lavoro congiunto con autorità nazionali, regionali e locali dovrebbe portare alla semplificazione delle regole che frenano l’offerta di nuove abitazioni, in particolare su pianificazione e autorizzazioni. È inoltre annunciata una nuova iniziativa legislativa sugli affitti brevi, con l’obiettivo di aiutare i territori in maggiore difficoltà.

Sul fronte delle risorse, la Commissione rivendica di aver già mobilitato 43 miliardi di euro per l’edilizia abitativa e programma “nuovi investimenti nel settore dell’edilizia abitativa nell’ambito del Qfp, compresi ulteriori 10 miliardi di euro di investimenti stimati nel 2026 e nel 2027 nell’ambito di InvestEU e almeno 1,5 miliardi di euro provenienti dalle proposte degli Stati membri e delle regioni di riprogrammare i fondi di coesione nell’ambito della revisione intermedia”. È in fase di sviluppo una nuova piattaforma paneuropea per gli investimenti, in collaborazione con la Banca europea per gli investimenti, le banche di promozione nazionali e regionali e altre istituzioni finanziarie internazionali. Particolare attenzione sarà rivolta a giovani, studenti, lavoratori essenziali, persone a basso reddito e gruppi svantaggiati: il Piano prevede nuovi investimenti per studentati ed edilizia sociale e un rafforzamento delle politiche contro la grave emarginazione abitativa, ispirate al modello “Housing firstâ€.

“Le famiglie devono poter contare su soluzioni abitative adeguate, con costi proporzionati al reddito: è una questione di dignità”, ha sottolineato la vicepresidente della Commissione Teresa Ribera, chiarendo che il Piano non intende sostituirsi alle politiche nazionali di edilizia popolare, ma affrontare anche le difficoltà crescenti della classe media. Il pacchetto include inoltre una Comunicazione e una Raccomandazione del Consiglio sulla Nuova Bauhaus Europea, che punta a coniugare transizione verde, innovazione e qualità dell’ambiente costruito, anche attraverso la formazione e la riqualificazione delle competenze nel settore edilizio.

Il governo spagnolo di Pedro Sánchez ha espresso apprezzamento per l’iniziativa della Commissione Ue. “Il primo Piano europeo per l’edilizia abitativa accessibile rappresenta un passo decisivo per articolare una risposta comunitaria a un problema che riguarda tutti i paesi dell’Ueâ€, hanno commentato fonti del ministero dell’Edilizia abitativa spagnolo, sottolineando che “le conclusioni sono in linea con la politica che il governo spagnolo sta attuandoâ€.

Anche la presidente della commissione speciale sulla Casa del Parlamento europeo, l’eurodeputata Pd Irene Tinagli, si è detta soddisfatta perché il piano riprende “tutti i principali temi che abbiamo sollevato nei lavori della commissione speciale sulla casa, compresi quelli che qualcuno pensava fossero più controversi, come gli aiuti di stato, la possibilità che l’Europa legiferi sugli affitti brevi e la lotta alla speculazioneâ€. “Qualcuno pensava che chiedessimo solo soldi per fare solo qualche casa popolare in più, invece la Commissione ha recepito in pieno tutta la nostra impostazione presentando un piano molto ampioâ€, ha aggiunto. “È un primo passo ma molto importante che, soprattutto, speriamo indichi la strada su come agire ai governi nazionali, a partire dal nostro che sinora sulla casa non è andato oltre gli annunciâ€.

Più critica la posizione dell’europarlamentare di Alleanza Verdi e Sinistra Benedetta Scuderi: “Il Piano contiene alcuni elementi incoraggianti, ma non va a fondo sulle cause strutturali della crisi: finanziarizzazione, speculazione e sottoinvestimento cronico nell’edilizia pubblicaâ€. Secondo Scuderi, “bene riconoscere che accessibilità, sostenibilità e qualità degli alloggi debbano andare di pari passo e che le case efficienti sono essenziali per ridurre le bollette e garantire giustizia sociale, ma senza tutele vincolanti la casa continuerà a essere trattata come asset finanziario e non come un dirittoâ€. Mancano insomma “garanzie vincolanti di accessibilità e riferimenti alla regola del canone di locazione che non può superare il 30% del redditoâ€. Inoltre, “le misure contro la speculazione sono ancora deboli e non vi è alcuna flessibilità del Patto di Stabilità per gli investimenti pubblici in edilizia abitativaâ€.

Cauta la vicepresidente del Parlamento europeo ed eurodeputata di Fratelli d’Italia-Ecr Antonella Sberna: “Attendo di leggere il Piano nella sua versione scritta. E di trovare un chiaro rispetto del principio di sussidiarietà, non solo richiamato a parole, ma tradotto in scelte concrete, che lascino a Stati, regioni e città lo spazio per decidere secondo le proprie esigenze, con un quadro di coordinamento generale. Mi auguro di trovare un’attenzione reale a giovani, famiglie, lavoratori che vogliono costruire il proprio futuro, senza che l’aumento degli standard energetici o della sostenibilità ambientale si traduca in un aumento di costi insostenibile per chi le abita”, ha aggiunto, sottolineando che il piano non deve guardare “solo alle grandi città e ai mercati sotto pressione, ma considerare anche i territori che non crescono troppoâ€. Ultimo timore: “Il piano non ignori il tema della legalità abitativa. L’occupazione illegale degli immobili non è una forma di protesta, ma un fenomeno che penalizza proprio i più fragili e indebolisce la fiducia dei cittadini nelle istituzioni”.

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Data articolo:Tue, 16 Dec 2025 17:55:19 +0000
Media a cura di Marco Grasso
Genova esclude Primocanale dai fondi per la comunicazione istituzionale. L’editore pro Toti attacca, la sindaca Salis: “Da noi solo imparzialitàâ€

La sindaca di Genova Silvia Salis risponde a Primocanale, emittente feudo del fu totismo, che nei giorni scorsi aveva denunciato il taglio della comunicazione istituzionale da parte della nuova giunta di centrosinistra: “Nessuna esclusione o discriminazione, semmai la necessità di applicare pienamente i principi di imparzialità, rotazione e pluralismo, più di quanto è stato fatto nel recente passato. Faccio un augurio a me stessa: che durante la mia amministrazione nessun editore sia coinvolto in procedimenti per finanziamento illecito ai partitiâ€.

La polemica era nata da una lettera aperta dell’editore, l’ex senatore montiano Maurizio Rossi, secondo cui Salis avrebbe indebitamente escluso la sua rete senza ragioni apparenti, lamentando che la motivazione potesse essere la linea editoriale sgradita. Rossi era stato coinvolto nello scandalo Toti per i presunti finanziamenti illeciti di Esselunga, mascherati da spot televisivi. L’accusa di corruzione nei suoi confronti è poi caduta, mentre per quella di finanziamento illecito ha ottenuto la messa alla prova.

Le contestazioni dell’imprenditore sono state poi riprese dalla parlamentare e consigliera totiana Ilaria Cavo, che ha presentato un’interrogazione, a cui la sindaca di Genova ha risposto ieri: “Le accuse di mancata trasparenza o di deliberata esclusione dal piano comunicativo istituzionale sono del tutto prive di fondamento e smentite dalla realtà dei fatti e dall’evidenza dei numeriâ€. Dall’insediamento della nuova giunta a Primocanale sono andati solo 3mila euro. Briciole rispetto ai fasti di quando governava il centrodestra. Ma questo, secondo Salis, ha una spiegazione. Nei primissimi mesi del 2025, l’emittente aveva incamerato dal Comune 115mila euro: “Dopo che nel 2023 erano stati stanziati 28mila euro, nel 2024 la cifra è salita esponenzialmente ed è arrivata a 175.375. Di questi, solo poco più di 51mila euro sono stati stanziati prima del 7 maggio: poi sappiamo tutti bene che cosa è accaduto, politicamente e non solo, in questa regioneâ€.

Il riferimento è all’arresto dell’ex governatore ligure Giovanni Toti, indagato per corruzione e finanziamento illecito, reati per i quali accuse per cui ha in seguito patteggiato: “Parliamo di cifre notevolissime – argomenta ancora Salis – che superano di gran lunga gli obblighi normativi legati alla comunicazione istituzionale, e che sono sostanzialmente il doppio di quanto erogato al principale competitor. Per fare un paragone, il Comune di Genova ha erogato all’emittente Telenord 92.329 euro nel 2024 e 48.322 euro nel primo semestre 2025â€.

Numeri che, precisa la prima cittadina, sono al netto delle risorse investite dalla partecipate. La lettera di protesta di Rossi è stata inviata alcuni giorni fa a tutto lo spettro politico ligure, fra cui tanti esponenti politici che, prima, dopo e durante l’inchiesta su Toti, hanno continuato a essere ospiti di Primocanale.

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Data articolo:Tue, 16 Dec 2025 17:55:08 +0000
Giustizia a cura di Vincenzo Iurillo
“Vittime devastate come se fossero state stuprateâ€, presa la banda delle truffe agli anziani: 21 arresti tra Genova e Napoli

Il procuratore di Napoli Nicola Gratteri non le manda a dire agli indagati per le truffe agli anziani arrestati stamane dai carabinieri di Genova e di Napoli: “Hanno abusato della loro fragilità, di gente malata, in difficoltà, sola in casa e con i figli lontani, utilizzando le solite telefonate, fingendosi carabinieri e chiedendo soldi per la cauzione. Non è essere bravi truffatori, ma spregiudicati, delinquenti, anche se devo dire per legge che sono dei presunti innocenti. Sono persone che abusano degli anziani. Sono reati estremamente odiosi che riguardano la parte fragile della società. La gente deve sapere che i carabinieri non chiamano mai a casa, se c’è necessità vengono di persona con il tatto di sempre”.

Sono 21 le misure cautelari in tutta Italia al culmine di una indagine su una centrale della truffa con base operativa a Napoli, come ha evidenziato il procuratore aggiunto Pierpaolo Filippelli, alla guida della settima sezione. “Le anziane vittime di questi reati risultano devastate come fossero vittime di stupro” ha detto Filippelli. Sono state ricostruite almeno trentatré truffe ai danni di anziani con il recupero di circa 150mila euro dei 300mila calcolati come giro d’affari. Nel corso delle operazioni sono stati recuperati oltre 120mila euro in contanti nascosti in uno scaldabagno.

Dai dati snocciolati in conferenza stampa, si è appreso che le accuse riguardano complessivamente 33 truffe pluriaggravate, di cui 27 consumate e 6 tentate, commesse tra maggio 2024 e gennaio 2025 in diverse regioni italiane. Gli indagati sono accusati di associazione per delinquere finalizzata a truffe in danno di anziani, ricettazione, riciclaggio e autoriciclaggio. Quindici persone sono state portate in carcere, due agli arresti domiciliari e quattro sottoposte all’obbligo di dimora con presentazione alla polizia giudiziaria.

Le truffe erano organizzate con ruoli definiti: “telefonisti†contattavano le vittime, ‘‘trasfertisti†prelevavano denaro e gioielli e “corrieri†trasportavano i proventi. Le vittime, tutte anziane, venivano convinte che un familiare avesse provocato un incidente e che fosse necessario pagare una cauzione per evitare l’arresto. Trucchi vecchi e noti agli addetti ai lavori, peraltro oggetto di campagne mediatiche di sensibilizzazione. Ma molti non ne sono a conoscenza, oppure non sono sufficientemente lucidi al momento del contatto. L’organizzazione utilizzava appartamenti e un b&b a Napoli come “call center†e comunicava tramite social e app di messaggistica.

Due indagati operavano anche in Sicilia, inviando i proventi delle truffe a Napoli. Il gruppo si avvaleva di due orafi napoletani per smontare, valutare e riciclare i gioielli. Parte del denaro è stato reinvestito in un immobile e in un’agenzia di scommesse a Napoli. Sono stati sequestrati un laboratorio orafo abusivo, un’abitazione a Poggioreale, un’agenzia di scommesse, tre autovetture, un motociclo e contanti per oltre 160.000 euro.

La maxi inchiesta sulle truffe agli anziani “è partita a maggio 2024 da Genova, dopo la denuncia di una vittima. Da qui sono partiti gli approfondimenti tecnici, grazie al telefono utilizzato e siamo arrivati a Napoli”. Lo ha spiegato il colonnello Marco Alesi del comando provinciale dei carabinieri di Genova, reparto che ha condotto le indagini sulle truffe agli anziani insieme al comando provinciale di Napoli. “Abbiamo individuato in ruoli ben definiti nell’organizzazione – ha spiegato Alesi – con i trasfertisti che partivano da Napoli, il nucleo dei telefonisti che restava alla base. Dopo il contatto con la vittima, iniziavano i raggiri facendo leva sugli affetti familiari, fino ad indurre la persona a cadere nella trappola e a consegnare 8-9mila euro, tra soldi e oggetti in oro. Il trasfertista si faceva consegnare tutto e si dava alla fuga. C’erano anche degli incaricati per portare soldi e oggetti preziosi da mettere a disposizione dell’organizzazione”.

Il colonnello Antonio Bagarolo per il comando provinciale di Napoli ha spiegato che è stato “importantissimo testare la perfetta sintonia tra noi e Genova. La sintonia ha portato a scoprire questo odioso fenomeno. Il contrasto alle truffe è fondamentale e l’Arma ritiene tra i principali reati da perseguire. Ci auguriamo ci siano sempre più denunce e con questa operazione abbiamo dimostrato di essere capaci di perseguire più soggetti anche in altre regioni”.

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Data articolo:Tue, 16 Dec 2025 17:47:30 +0000
Calcio a cura di Redazione Sport
“Il gol di Pulisic è regolare, non è fallo. E su Pavlovic-Cheddira tutti molto braviâ€: De Marco su Milan-Sassuolo a Open Var

Molto bravi in un caso, non bene invece nell’altro. Questo il giudizio di Andrea De Marco, ex arbitro che nel corso di Open Var, trasmissione su Dazn dove si analizzano tutti gli episodi discussi dell’ultimo weekend di Serie A, ha giudicato l’operato arbitrale in Milan-Sassuolo. Proprio il match delle 12:30 di domenica è stato quello più discusso dell’ultimo turno di Serie A, sia per un episodio in casa Milan, sia per un altro in casa Sassuolo.

De Marco ha parlato sia del gol annullato a Christian Pulisic per fallo di Loftus-Cheek su Candé, ma anche del contatto tra Pavlovic e Cheddira nel finale. Partendo dal primo episodio, l’ex arbitro ha spiegato: “Qui l’arbitro fischia il fallo, il giocatore del Milan appoggia le mani sulla schiena del giocatore del Sassuolo ma bisogna valutare l’intensità. In questo caso il Var non può intervenire, però per le linee che ci siamo dati quest’anno di soglia dei falli questo non può essere considerato un fallo e il gol doveva essere convalidato”.

Spente quindi le polemiche (la spinta è davvero molto leggera), ma rimane il fatto che su episodi simili – soprattutto negli ultimi mesi – ci sono valutazioni differenti: in Torino-Milan, per esempio, al Torino fu annullato un gol a Che Adams per una spinta di Pedersen su Saelemaekers con dinamica simile a quella tra Loftus-Cheek e Candé.

Per quanto riguarda il contatto da rigore, invece, De Marco ha promosso l’operato della squadra arbitrale: “Bravo l’arbitro in campo a valutare la situazione, abbiamo visto che è intervenuto subito e deciso. Bravi Prontera e Maresca al VAR, perché Pavlovic continua la sua corsa lineare mentre Cheddira non va a controllare il pallone, ma allarga la gamba per incocciare nella corsa dell’avversario. Molto bravi tutti, decisione corretta. Bravi a valutare la situazione velocissimamente, vederla in dinamica ti dà una lettura chiara e precisa”.

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Data articolo:Tue, 16 Dec 2025 17:40:25 +0000
Calcio a cura di Redazione Sport
Inter, lungo stop per Dumfries: si è operato alla caviglia. I nerazzurri tornano sul mercato: i 3 nomi per sostituirlo

L’Inter e Denzel Dumfries sciolgono ogni dubbio: il calciatore olandese si è operato alla caviglia che lo tiene fuori da circa un mese e rimarrà ai box per diverso tempo. Orientativamente 2-3 mesi. Tanti. A comunicarlo è proprio l’Inter con una nota ufficiale: “Nel pomeriggio di oggi, martedì 16 dicembre, Denzel Dumfries è stato sottoposto a intervento chirurgico di stabilizzazione della caviglia sinistra presso la “Fortius Clinic†di Londra. Per l’esterno olandese seguirà un programma riabilitativo nelle prossime settimane”.

Denzel Dumfries è fermo ai box dal 9 novembre, quando durante il match contro la Lazio è stato sostituito a inizio secondo tempo dopo aver detto a Chivu di aver sentito “girare la caviglia”. Subito dopo aveva raggiunto i compagni in ritiro in nazionale olandese, ma era poi subito tornato a Milano senza mai giocare.

Da quel momento, ha alternato riposo a lavoro in palestra, ma continuando a sentire dolore alla caviglia e non tornando più in campo con il club nerazzurro. Adesso bisogna solo valutare i tempi di recupero esatti, che però come già detto sicuramente saranno lunghi.

Lungo infortunio per Dumfries: l’Inter torna sul mercato

Nel frattempo, l’Inter ha già iniziato a muoversi sul mercato. Inevitabile visto quanto starà fermo l’olandese e visto che anche Matteo Darmian da tempo è alle prese con un lungo infortunio. Al club nerazzurro interessa il 23enne Moris Valincic, esterno della Dinamo Zagabria, club dal quale l’Inter ha prelevato Sucic in estate e con il quale i nerazzurri hanno creato una vera e propria rete di contatti: vedi Brozovic e Kovacic prima di Sucic.

Ma non solo Valincic: in lizza per l’Inter ci sono anche due giocatori attualmente in Serie A. Il primo è Brooke Norton-Cuffy del Genoa, esterno che sta facendo vedere ottime cose e che ha già preso confidenza con il campionato italiano. Il secondo è Idrissa Touré, esterno del Pisa che per caratteristiche e struttura fisica somiglia tanto a Dumfries. Da “sgrezzare”, ma con potenziale enorme.

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Data articolo:Tue, 16 Dec 2025 17:38:51 +0000
I nostri video a cura di Simone Bauducco
Un furgone ai City Angels per assistere i senza fissa dimora anche a Natale: la donazione della Fondazione del Fatto Quotidiano

Il lavoro della Fondazione Il Fatto Quotidiano non si ferma. Recentemente la Fondazione ha acquistato e donato ai City Angels, associazione di volontariato milanese, un furgone indispensabile per il loro lavoro quotidiano accanto ai senzatetto. Il mezzo è già operativo da settembre 2025: “Abbiamo voluto vedere con la nostra Fondazione Umanitaria i City Angels sul campo, dopo essere riusciti a donare loro il furgone di cui avevano estremo bisogno. È triste sperimentare quanto bisogno ci sia, ma allo stesso tempo è bello vedere quante persone scelgono di fare volontariato ogni sera”, spiega Cinzia Monteverdi, presidente della Fondazione.

“I numeri sono cresciuti tanto ultimamente e c’è bisogno di mezzi ma anche di vestiti, coperte e lenzuoli”, dicono i volontari dell’associazione che ci hanno portato con loro per le strade di Milano. “Ci sono anche tanti italiani – continuano – il caro vita ha fatto aumentare le persone in strada”.

Anche nel periodo natalizio i City Angels sono in strada ogni sera, in ogni città in cui operano, portando coperte, vestiti, sacchi a pelo, cibo e bevande calde, o anche solo un sorriso a chi affronta in solitudine il periodo di festa. Anche se la donazione è già stata fatta, si può ancora aiutare la Fondazione a coprirla e sostenerla.

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Data articolo:Tue, 16 Dec 2025 17:33:51 +0000
Giustizia a cura di Saul Caia
“Poi la pilotiamo con Schifani la sua nominaâ€. I nuovi elementi della Procura sul “sistema Cuffaro†e gli appalti all’Asp

“Anche se ne mette tre… poi la pilotiamo con Schifani la sua nomina…â€. È il pensiero dell’ex governatore Totò Cuffaro sulla scelta dei dirigenti generali delle Asp siciliane. Una frase riferita il 3 gennaio 2024, all’interno del suo appartamento, all’assessora regionale al turismo Elvira Amata (di Fratelli d’Italia) e al manager della sanità Alessandro Maria Caltagirone. Sono i nuovi elementi indiziari che la Procura di Palermo ha inserito nel ricorso al tribunale del Riesame nell’inchiesta sulla “metodo†dell’ex presidente Cuffaro, inizialmente accusato di associazione per delinquere, turbativa d’asta e corruzione. Dopo gli interrogatori preventivi, la gip Carmen Salustro ha riqualificato l’ipotesi di corruzione in traffico di influenze in merito all’appalto bandito dall’Asp di Siracusa e vinto dall’azienda Dussmann per il servizio di “portierato e ausiliariatoâ€. Cuffaro è finito agli arresti domiliari per il rischio di reiterare i reati.

I pm invece ritengono sussista ancora l’accusa di corruzione e turbata libertà degli incanti. In assenza della corruzione, sono stati rigettati i domiciliari per il deputato Saverio Romano, per il dg Caltagirone e per i due ex rappresentanti della Dussmann, Marco Dammone e Mauro Marchese, alla quale però è stata imposto l’interdizione temporanea ad esercitare impresa e l’obbligo di presentazione alla polizia giudiziaria. Nelle 132 pagine del ricorso della procura di Palermo, viene messo in risalto l’incontro in casa Cuffaro, con l’assessora Amata, non indagata in questa vicenda ma sulla quale pende la richiesta di rinvio a giudizio per corruzione in un’altra inchiesta, e con Caltagirone. I tre parlano proprio delle nomine nell’ambito della sanità: i magistrati scrivono della “mediazione che Cuffaro ha tentato con Amata per portare alla nomina del Caltagirone al vertice di aziende sanitarie strategicamente importanti, al tempo delle interlocuzioni individuate nell’area del messineseâ€.

“Infilarlo appunto nella terna… Schifani con cui io parlerò – dice l’assessora Amata -, secondo me intanto considerato che si parla di terna e di interlocuzione con un rettore è chiaro che il presidente è quello che ha più peso specifico… secondo te può… passare quest’ipotesi? Cioè non fargliela sposare ma… alla fine… convincere Schifaniâ€. Cuffaro risponde un po’ dubbioso, e poi aggiunge: “Anche se ne mette tre poi la pilotiamo con Schifani la sua nominaâ€. Caltagirone spiega ai suoi interlocutori che il tempo stringe, e che le nomine potrebbero essere fatte entro i prossimi venti giorni.

“Però l’intervento si deve fare… cioè se pensiamo che Schifani… si fa i cazzi… a cavoli suoi e non… interloquisce… cioè qualcuno ci deve parlare… cioè io ci parloâ€, dice l’assessora Amata. “No – risponde Cuffaro – ma secondo me non la devi affidare a Schifani sta cosa… giocatela tu con Schillaciâ€. “L’interesse di Cuffaro – annotano i pm nel loro ricorso – a collocare Caltagirone in una ‘terna’ di nomi papabili, in cui gli altri due nominativi fossero abbastanza deboli da non generare una reale competizione, che, addirittura, ha suggerito alla Amata, in presenza dello stesso Caltagirone, di interessare sul punto anche il Ministro della Salute, Orazio Schillaciâ€.

“Parla pure con questa Spatari… perché se i tempi stringono… se venisse da Schillaci sarebbe la soluzione migliore… ma come fai a non andare al Ministero della sanità… insomma… complicato lo vedo no?â€, aggiunge Cuffaro. La persona a cui l’ex governatore fa riferimento è Giovanna Spatari, ordinario di medicina del lavoro e rettrice presso l’Università di Messina, in seguito nominata dal ministro Schillaci a novembre 2024 nell’Osservatorio nazionale delle buone pratiche sulla sicurezza nella sanità, incardinato presso l’Agenzia Nazionale per la valutazione dei Servizi Sanitari Regionali (Age.Na.S.). La conversazione, secondo gli inquirenti, “non può residuare alcun dubbio sul fatto che Caltagirone fosse più che consapevole e coinvolto nell’intermediazione di Cuffaro, attivata su indicazione di Romano, per permettergli di ottenere la nomina a Direttore Generale in una delle aziende sanitarie della regione Sicilia e che abbia, perorato unitamente a Cuffaro stesso la propria causa con gli interlocutori politici di riferimentoâ€.

Altro elemento che, secondo l’accusa, salda l’asse Cuffaro-Caltagirone, sarebbe l’interessamento dell’ex governatore alla posizione lavorativa della moglie del direttore generale. Dalle nuove intercettazioni depositate al riesame, risulterebbe che “Caltagirone avesse interessato Cuffaro per indurre Mario Parlavecchio, direttore generale dell’Azienda Siciliana Trasporti, a concludere la procedura di mobilità†di “Maria Clara Canzoneri, moglie del Caltagirone†dall’AST “a un’altra azienda partecipata pubblica regionale, la Servizi Ausiliari Sicilia (SAS)â€. Mobilità poi in effetti concretizzata.

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Data articolo:Tue, 16 Dec 2025 17:10:53 +0000

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