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Sparatoria vicino alla Casa Bianca, tra la 17esima e la I strada di Washington. Secondo quanto riporta la Cnn diverse persone sarebbero rimaste colpite. Tra le persone coinvolte ci sono due membri della Guardia Nazionale, he sono rimasti feriti. Un sospetto è stato fermato.
“L’animale che ha sparato ai due membri della Guardia Nazionale, entrambi gravemente feriti e ora ricoverati in due ospedali separati, è anch’esso gravemente ferito, ma nonostante tutto, pagherà un prezzo altissimo“, ha scritto Donald Trump su Truth. Dio benedica la nostra Grande Guardia Nazionale e tutti i nostri militari e le forze dell’ordine. Sono persone davvero straordinarie. Sono con voi!”, ha aggiunto.
La sparatoria è avvenuta nel centro della capitale, vicino alla residenza del presidente degli Stati Uniti. La Polizia di Washington ha dichiarato su X di essere sul luogo della sparatoria nella zona e ha consigliato alla popolazione di evitare l’area. Secondo la Bbc sarebbero tre le persone ricoverate in ospedale. L’Abc parla di due militari in uniforme, apparentemente membri della Guardia Nazionale statunitense, sono stati raggiunti da colpi d’arma da fuoco. Sono feriti, uno di loro si trova in condizioni critiche.
Il presidente Donald Trump si trova nel suo resort di Mar-a-Lago, in Florida, per le festività di Thanksgiving, ed è stato informato. “La Casa Bianca è a conoscenza e sta monitorando questa tragica situazione”, ha dichiarato la portavoce Karoline Leavitt.
L'articolo Spari vicino alla Casa Bianca: feriti due uomini della Guardia nazionale. Fermato un sospettato proviene da Il Fatto Quotidiano.
Il mercato del lavoro “torna a correre insieme alla nostra Italia”. E “i progressi più rilevanti riguardano proprio le famiglie più fragili“. Numeri che “parlano chiaro e smentiscono la retorica di una sinistra che continua a muovere critiche pretestuose“. Dopo la pubblicazione del focus dell’Istat su Mercato del lavoro e redditi, mercoledì, Fratelli d’Italia si è affrettata a rivendicare il successo delle ricette dell’esecutivo nel tentativo di ribaltare la narrazione dopo che lo stesso istituto ha spiegato come l’85% delle risorse del taglio Irpef previsto per il 2026 andrà ai più ricchi. Il vicepresidente della Camera Fabio Rampelli ha parlato di “rapporto incoraggiante” perché “la crescita degli occupati si registra soprattutto nella fascia medio-bassa delle classi di reddito” e la deputata Elisabetta Lancellotta ha esultato perché le politiche adottate “riducono le disuguaglianze“. Ma il quadro delineato dall’istituto di statistica è ben diverso, se ci si prende la briga di leggere tutte le 20 pagine dell'”analisi integrata”. È vero che nel primo anno pieno di governo Meloni l’occupazione è cresciuta più velocemente tra i più poveri, ma solo perché partivano da tassi drammaticamente bassi. E chi ha trovato lavoro ha dovuto accontentarsi di posti mal retribuiti, stagionali e discontinui.
L’Istat ha rilevato come nel 2024 sia proseguito “il trend di crescita dell’occupazione iniziato a partire dal 2021, successivamente al crollo del 2020 dovuto alla crisi pandemica“, a conferma che la tendenza è iniziata ben prima dell’arrivo a Palazzo Chigi della leader di FdI. Nel dettaglio, il tasso di occupazione tra il 2022 e il 2023 “aumenta soprattutto per le famiglie più povere (+2,7 p.p. nel primo e +2,1 p.p. nel secondo e nel terzo quinto di reddito equivalente”. Ma l’istituto spiega anche cosa c’è dietro, aspetto che la maggioranza tace: quelle fasce sono “caratterizzate strutturalmente da tassi di occupazione più bassi“, per cui è stato sufficiente un numero limitato di nuovi ingressi per determinare aumenti percentuali significativi. Il 20% di popolazione che rientra nella fascia dei più indigenti, infatti, a fine 2023 era occupato solo nel 37,9% dei casi, mentre per il 20% più ricco il tasso sfiora l’80%. Ulteriore tassello: mentre sul complesso degli occupati i dipendenti a termine sono diminuiti (dall’8,1% al 7,9%), nel quinto più povero sono aumentati notevolmente, dall’6,8% all’8,1% (+1,3 punti). La ripresa del tempo indeterminato (+1,4 punti complessivi) si è concentrata nelle fasce centrali della distribuzione dei redditi e non è andata affatto a vantaggio dei più fragili.
L’aspetto più preoccupante, e indigesto per la maggioranza, è però un altro: la nuova occupazione è tutt’altro che di alta qualità . L’Istat rileva che mentre tra 2019 e 2023 si è allargato il numero degli occupati nei gruppi professionali a reddito medio-alto (+28,9%) a scapito di quelli a reddito medio-basso (-28,5%), nel solo 2023 – primo anno pieno di governo per Giorgia Meloni – il 42,7% dei nuovi occupati è finito in “professioni e attività a basso reddito” e un altro 21,5% in posti a reddito medio-basso. Quasi due terzi insomma hanno sì trovato lavoro, ma povero. Solo il 6,9% ha trovato una collocazione che porta con sé un reddito alto. Il motivo? La grande maggioranza dei nuovi contratti è nell’agricoltura, nel turismo o nei servizi alla persona: settori soggetti a stagionalità , in cui la norma sono posti discontinui e con remunerazioni basse.
Sia Rampelli sia Walter Rizzetto, presidente della Commissione Lavoro della Camera, hanno sottolineato che i giovani hanno goduto di aumenti dell’occupazione significativi. Per la fascia tra i 25 e i 34 anni si è registrata in effetti tra 2022 e 2023 una crescita del tasso di 2 punti, che salgono a 5 per il quinto più povero. Ma anche in questo caso la medaglia ha due facce: il 62% dei 15-24enni e il 47% dei 25-34enni si colloca in attività a basso reddito, a dimostrazione che i nuovi ingressi giovanili continuano a concentrarsi nelle mansioni meno pagate.
Lo stesso vale per le donne: per loro l’incremento dell’occupazione è stato leggermente superiore a quello degli uomini, ma un terzo ha un lavoro povero. E nelle fasce a basso reddito la differenza di genere a favore degli uomini nei tassi di occupazione resta molto marcata: nel secondo quinto gli uomini hanno un tasso di occupazione del 66,2% contro il 38,7% delle donne. Al contrario, se si guarda al 20% più ricco si trova che ad avere un lavoro è il 75,3% delle donne contro l’83% degli uomini.
Confermato anche che i redditi reali non hanno recuperato il potere d’acquisto perso a causa dell’inflazione post Covid. Su questo fronte il focus Istat limita l’analisi al 2022, ma il risultato è impietoso: in quell’anno il reddito medio reale da lavoro si è fermato a 20.600 euro contro i 20.900 del 2018. Solo il reddito da lavoro autonomo ha recuperato e superato i livelli pre-pandemia (+10,4%), perché gli autonomi possono adeguare immediatamente i prezzi dei beni e servizi offerti mentre i lavoratori dipendenti sono appesi al rinnovo dei contratti, che arriva sempre in ritardo. Il danno è stato più marcato per i gruppi di professioni e attività a reddito medio: nel quinquennio il gruppo a reddito medio alto ha registrato un calo del reddito reale del 6,9% e quello a reddito medio-basso del 5,6%.
L'articolo Due terzi dei nuovi occupati in posti a basso reddito: i dati Istat smentiscono Fratelli d’Italia, che rivendica progressi ‘soprattutto per i più fragili’ proviene da Il Fatto Quotidiano.
La Procura generale della Cassazione ha depositato oggi una memoria di 46 pagine che, pur senza contenere ancora una richiesta formale, sembra anticipare il rigetto del ricorso presentato dai pm di Palermo direttamente in Cassazione contro l’assoluzione del ministro Matteo Salvini nella vicenda della nave della Ong spagnola Open Arms. Secondo i giudici di primo grado “il divieto di ingresso di Salvini era illegittimo, ma assegnazione porto sicuro spettava alla Spagnaâ€. Nell’atto di impugnazione i pm palermitani avevano scritto che la sentenza è “manifestamente viziata per l’inosservanza di quella serie di norme integratrici, quali quelle sulla libertà personale e le Convenzioni sottoscritte dall’Italia per il soccorso in mare di cui il Tribunale avrebbe dovuto tenere conto nell’applicazione della legge penaleâ€.
Secondo quanto riportato dall’Ansa, il procuratore generale illustrerà le proprie argomentazioni nell’udienza fissata per l’11 dicembre, ma dalla lettura della memoria emerge un orientamento chiaro: i magistrati di legittimità ritengono che il ricorso della procura siciliana presenti un deficit probatorio significativo e non dimostri la sussistenza degli elementi costitutivi dei reati contestati, sequestro di persona e rifiuto di atti d’ufficio. “Prendo atto con soddisfazione che la Procura generale ha sostenuto che non sussistono i reatiâ€, ha commentato il vicepremier Matteo Salvini.
A luglio, la pubblica accusa di Palermo aveva deciso di bypassare il grado d’appello e presentare un ricorso per “saltumâ€, rivolgendosi direttamente alla Cassazione e sostenendo che nell’assoluzione di primo grado fossero appunto presenti violazioni di legge e errori di interpretazione normativa. Un elemento centrale su cui punta la Procura è la decisione delle Sezioni unite civili della Cassazione che a febbraio aveva condannato il governo a risarcire uno dei migranti bloccati sulla nave della Guardia costiera Diciotti, l’estate precedente a quella del caso Open Arms.
La memoria della Procura generale, tuttavia, sottolinea come il ricorso si concentri esclusivamente sulla condotta relativa alla privazione della libertà personale, trascurando i profili relativi alla “colpevolezza†del ministro e senza considerare gli elementi che escludono, o quantomeno mettono in dubbio, l’esistenza del dolo. “In sostanza – scrivono i magistrati – se la posizione di garanzia del Ministro dell’Interno può giustificare la contestazione della limitazione della libertà personale, non si individua nel ricorso alcuna argomentazione significativa volta a dimostrare l’esistenza della colpevolezza o degli altri elementi costitutivi del reato, prospettandosi unicamente la condotta e l’evento naturalistico ad essa connesso.â€
Secondo la Procura generale della Cassazione, quindi, il ricorso dei pm di Palermo manca di dimostrare la sussistenza di tutti gli elementi necessari a configurare i reati imputati al ministro, prefigurando così una probabile bocciatura dell’impugnazione alla prossima udienza. Secondo l’ufficio della procura generale “risultano insufficienti i richiami alla sentenza Diciotti pertinenti (oltre che, naturalmente, pienamente condivisibili) al solo scopo della corretta applicazione dei principi di diritto in essa sanciti, ma non bastevoli, evidentemente, a ‘copriree, nell’ambito della giurisdizione penale, la diversa ed assai più articolata esigenza di verifica di tutti gli elementi costitutivi dell’ipotesi di reato contestata, in relazione alla quale si chiede l’affermazione di responsabilità dell’imputato”.
L'articolo Open Arms, la procura generale della Cassazione “boccia” il ricorso dei pm contro l’assoluzione di Salvini proviene da Il Fatto Quotidiano.
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L'articolo “Il Fatto Quotidiano è libero e coraggioso, abbonatevi per voi, per noi e per la vera libertà di informazione”: l’appello di Scanzi proviene da Il Fatto Quotidiano.
Dopo otto giorni di mobilitazione, i lavoratori del magazzino AFS-BRT di Madonna dell’Acqua, in provincia di Pisa, hanno ottenuto un accordo con l’azienda. L’annuncio è arrivato dal sindaco di San Giuliano Terme, Matteo Cecchelli, che fin dall’inizio della protesta ha svolto un ruolo di mediazione tra le parti: “Un risultato significativo che permette a tutte le persone coinvolte di tornare al lavoro”, ha dichiarato il primo cittadino alla stampa locale, impegnandosi a “fare da garante per l’applicazione concreta di quanto concordato”.
Lo sciopero, proclamato dal sindacato MULTI con l’adesione del 100% dei magazzinieri e di molti autisti, era nato per denunciare condizioni di lavoro che i dipendenti definivano inaccettabili. Secondo quanto riportato dai manifestanti, l’azienda non riconoscerebbe le ore effettive di lavoro: “Contratti di due ore che diventano giornate da sei o sette, con il resto pagato come straordinario”, si legge in un comunicato. Una forma di sfruttamento che lasciava i lavoratori nell’incertezza: “Non sai mai quanto guadagnerai e se ti ammali non lavori e non prendi nulla”. Ma le rivendicazioni non si fermavano alle irregolarità contrattuali. I dipendenti denunciavano anche gravi problemi di sicurezza all’interno del magazzino, dove sarebbero presenti “fili elettrici scoperti, con infiltrazioni d’acqua quando piove”.
A questo si aggiungevano accuse di “violenza verbale, discriminazione e razzismo”, soprattutto nei confronti dei lavoratori migranti. Secondo la consigliera comunale Giulia Contini di Diritti in Comune, presente al presidio, “l’azienda risponde soltanto ‘se non ti piace, cambia lavoro’, come se chi lavora fosse sostituibile da chi ha più fame”. La risposta dell’azienda alla mobilitazione è stata immediata e dura: lo stesso giorno dell’inizio dello sciopero, AFS ha inviato “contestazioni disciplinari a otto lavoratori che avevano denunciato la mancanza di sicurezza nel magazzino, e con la sospensione dal lavoro del nostro delegato sindacale”, come denunciato dai lavoratori stessi. Il 21 novembre, al presidio è arrivata la Polizia. Secondo il sindacato MULTI, l’intervento sarebbe stato richiesto dal privato con l’intento di “sostituire i lavoratori per far passare le merci nonostante lo sciopero”.
Un episodio che Diritti in Comune ha definito “fatto gravissimo, inaudito ed ingiustificabile”, denunciando come “decidere di inviare un reparto della celere contro un picchetto di operai in sciopero è qualcosa di nuovo e preoccupante nella nostra città ”. Il giorno precedente, un incontro in Prefettura tra le parti si era concluso con un nulla di fatto. Domenica 23 novembre era stata indetta un’assemblea pubblica al presidio. L’azienda, da parte sua, aveva respinto tutte le accuse, definendole diffamatorie e annunciando querele. Ma la mobilitazione dei lavoratori ha avuto eco anche a livello istituzionale. Dopo un incontro tra il sindaco, i lavoratori in sciopero e i rappresentanti dell’azienda è stato annunciato l’accordo.
La vicenda solleva però interrogativi più ampi sul sistema degli appalti nella logistica. Come hanno sottolineato Diritti in Comune e Rifondazione Comunista, che hanno portato il tema in Consiglio comunale. I lavoratori in sciopero, nella loro dichiarazione pubblica, hanno ricostruito la propria battaglia: “Da molti anni lavoriamo in appalto per la multinazionale BRT, sia in magazzino sia su strada come autisti”. Un riferimento particolare è andato al passato di BRT, “per anni sotto amministrazione giudiziaria per caporalato e frode”. Con il piano Galileo, l’azienda “aveva promesso di stabilizzare i dipendenti e risanare gli appalti”. La lotta di Madonna dell’Acqua si inserisce proprio in questo quadro di richiesta di applicazione concreta di quegli impegni.
L'articolo La vittoria degli operai dell’appalto di Brt dopo 8 giorni di sciopero per contratti e condizioni di lavoro: “Trovato l’accordo” proviene da Il Fatto Quotidiano.
“C’è da chiedersi se il senatore Scarpinato abbia fonti privilegiate di conoscenza. Se così fosse si configurerebbe un’evidente violazione del segreto istruttorio ed anche di questo la procura della Repubblica si dovrebbe occupare“. A parlare è il ministro della Giustizia Carlo Nordio durante il question time alla Camera. Il Guardasigilli attacca direttamente l’ex magistrato e senatore M5s rispondendo a una domanda del gruppo di Fratelli d’Italia sulla vicenda dell’attentato subito al conduttore di Report Sigfrido Ranucci.
“Sono sorpreso dalle fantasiose ricostruzioni dei giornali. Chi ha insinuato un collegamento tra l’attentato” al giornalista “ed il governo, lo ha fatto senza alcun elemento oggettivo”, incalza il ministro che tira in ballo Scarpinato, senatore che nel corso di una seduta in commissione Antimafia aveva chiesto al giornalista di spiegare una sua affermazione in merito al fatto che fosse stato pedinato su ordine del sottosegretario Fazzolari. “La magistratura – ha aggiunto Nordio – sta andando avanti ed auspichiamo una celere conclusione di un’indagine complessa. Auspichiamo anche che da parte dell’opposizione non vi sia strumentalizzazione politica e interferenza in una situazione da chiarire nell’ambito delle indagini della magistratura. Ci sono state gravissime ed ingiustificate affermazioni ed è doveroso agire con particolare celerità ed avvedutezza”.
Subito dopo è arrivata la replica del senatore del Movimento 5 stelle: “Dopo le sue intimidazioni e i suoi attacchi ai magistrati che nell’adempimento dei loro doveri adottano decisioni sgradite al governo, Nordio oggi nel suo intervento alla Camera suggerisce alla procura della Repubblica di Roma di incriminarmi per il reato di rivelazione di segreti di ufficio per le domande che ho formulato a Ranucci alla Commissione Antimafia, insinuando che io avrei formulato quelle domande perché a conoscenza di fatti coperti dal segreto“. Scarpinato rilancia suggerendo al ministro della Giustizia di “portare pazienza e attendere di incassare prima l’eventuale Sì al referendum sulla riforma della magistratura”: “Solo dopo potrà completare l’opera e stabilire che lui o altri del governo possano dare direttive ai magistrati del pubblico ministero”, conclude Scarpinato.
L'articolo Nordio contro Scarpinato: “Ha fonti privilegiate sul caso Ranucci? Procura se ne dovrebbe occupare”. Lui replica proviene da Il Fatto Quotidiano.
Il percorso giudiziario per il brutale pestaggio di Willy Monteiro Duarte ancora non è finito. I giudici della Cassazione hanno reso definitivo l’ergastolo per Marco Bianchi ma disposto un nuovo processo di appello, il terzo, per il fratello Gabriele. Per il maggiore dei fratelli di Artena gli ermellini chiedono, così come sollecitato dalla Procura generale, di ridiscutere le attenuanti generiche che gli sono state riconosciute nell’appello bis che portò a una condanna a 28 anni di carcere. Bianchi rischia quindi di essere nuovamente condannato al carcere a vita come deciso in primo grado. I due fratelli massacrarono con calci e pugni il ragazzo nella notte tra il 5 e il 6 settembre del 2020 a Colleferro, centro in provincia della Capitale. La vittima era intervenuta per aiutare un amico e tentare di sedare una rissa.
Per entrambi gli imputati era già stata riconosciuta la penale responsabilità per quanto compiuto quella tragica notte. La Cassazione – che aveva disposto un nuovo processo – in una prima pronuncia aveva reso definitive le condanne per gli altri due imputati: a 23 anni per Francesco Belleggia e a 21 per Mario Pincarelli, che si affiancarono da subito ai fratelli e colpirono Willy con un calcio alla testa e con colpi e pugni quando ormai il ragazzo era a terra inerme.
La brutale aggressione durò cinquanta secondi e in quella azione i due fratelli ebbero, secondo l’accusa, “un ruolo preponderante con Gabriele, esperto dell’arte marziale Mma, che dà il via con un violento calcio al petto di Monteiro seguito subito da Marco”. Il pestaggio avvenne all’esterno di un pub. I quattro del branco, come raccontato da un testimone, scesero da una auto e si lanciarono contro chiunque capitasse a tiro. Nel corso dell’appello bis i fratelli Bianchi hanno preso la parola per dichiarazioni spontanee chiedendo sostanzialmente scusa ai familiari del 21enne di origini capoverdiane.
L'articolo Omicidio Willy, ergastolo definitivo per Marco Bianchi. Ma appello ter per il fratello Gabriele proviene da Il Fatto Quotidiano.
Elly Schlein ha aperto a una sua possibile partecipazione ad Atreju, la storica festa di Fratelli d’Italia in programma dal 6 al 14 dicembre a Castel Sant’Angelo. La notizia è stata confermata da fonti all’Ansa, mentre il Corriere della Sera riporta che a muoversi è stato direttamente Giovanni Donzelli, capo dell’organizzazione di FdI, con una telefonata alla segreteria del Pd. Schlein per la prima volta ha acconsentito a partecipare, ma a una sola condizione: la possibilità di un confronto diretto con la premier e leader di partito Giorgia Meloni.
Sarebbero quindi in corso trattative tra il partito di governo e il Nazareno. Schlein aveva già ricevuto un invito alla manifestazione di Atreju, ma aveva rifiutato. La leader dem non ha mai avuto un faccia a faccia con Meloni. Ci sono ancora una decina di giorni di tempo per capire se l’incontro sarà possibile e se la presidente del Consiglio dirà di sì.
“Se va bene a tutti, visto che stiamo invitando tutti i leader dell’opposizione e hanno già quasi tutti accettato, porterò questa proposta a Giorgia Meloni e deciderà lei”, ha replicato Donzelli all’Ansa. Poi ha aggiunto: “L’unica cosa che ci interessa è non mancare di rispetto agli altri leader dei partiti di opposizione che hanno dato disponibilità senza porre alcuna condizione“.
Ci saranno sicuramente il presidente del Movimento 5 stelle, Giuseppe Conte, il leader di Italia viva, Matteo Renzi, e quello di Azione, Carlo Calenda. Ancora in forse Angelo Bonelli e Nicola Fratoianni: i due leader di Avs sono stati invitati. “Se vado? Mi devono dire la data, per cui ancora non so”, ha risposto Bonelli interpellato alla Camera.
L'articolo Atreju, Schlein accetta l’invito di FdI: “Ma solo se il confronto è con Meloni” proviene da Il Fatto Quotidiano.
La Corte di Cassazione francese ha respinto il ricorso presentato da Nicolas Sarkozy nel caso Bygmalion. Il 14 febbraio 2024, l’ex presidente è stato condannato dalla Corte d’appello di Parigi a un anno di reclusione (con la metà della pena che prevede la reclusione obbligatoria), per il finanziamento illegale, nel 2012, della sua campagna presidenziale. La condanna diventa definitiva.
Secondo i magistrati, il reato è accertato e “il candidato ha personalmente dato il consenso al suo staff affinché sostenesse per suo conto le spese della campagna, pur sapendo che tali spese avrebbero comportato il superamento del limite stabilito dalla leggeâ€. Si parla di esborsi per 43 milioni di euro, rispetto a un tetto imposto dalla legge di 22 milioni e mezzo. Per celare questo flusso di denaro, – secondo quello che appurò l’inchiesta – fu messo in atto un sistema di doppia fatturazione, attribuendo gran parte dei costi al partito Unione per il Movimento popolare (UMP), poi divenuto Les Républicains (LR), grazie anche ad accordi fittizi con la ditta che curava gli eventi. Oltre a Sarkozy, sono state condannate in via definitiva altre tre persone: Guillaume Lambert, ex responsabile della campagna elettorale e gli ex dirigenti dell’UMP Éric Cesari e Pierre Chassat. A differenza dei coimputati, l’ex capo dello Stato non è stato accusato di aver partecipato in modo attivo al giro di fatture false, ma di esserne stato, in quanto candidato, beneficiario.
Dal canto suo, nei vari gradi del processo, Sarkozy ha contestato la tesi dell’accusa definendola piena di “bugieâ€. La sentenza sul caso Bygmalion potrebbe avere ricadute negative anche sull’altro procedimento per cui l’ex capo dell’Eliseo alla fine di settembre è stato condannato a 5 anni, per aver permesso ai suoi collaboratori di ottenere finanziamenti segreti dal dittatore libico Gheddafi nel 2007. Sarkozy ha trascorso tre settimane nel carcere della Santè, raggiungendo il primato negativo di essere il primo ex presidente a vedere il sole a scacchi. Il 10 novembre, la Corte di Appello di Parigi gli ha concesso la scarcerazione in regime di “sorveglianza giudiziariaâ€. Dal 16 marzo al 3 giugno Sarkozy e i suoi avvocati saranno impegnati nel dibattimento di appello.
L'articolo Francia, condanna definitiva per Sarkozy: la Cassazione respinge il ricorso sul caso Bygmalion proviene da Il Fatto Quotidiano.
“Non è un epilogo inaspettato, ma è certamente dolorosoâ€. Con una frase breve, ma chiara, il sindaco di Rimini Jamil Sadegholvaad ha descritto la situazione: il Rimini calcio sta per fallire. E la squadra sta per essere esclusa dal Girone B del campionato di Serie C. “Ce l’aspettavamo†ha continuato Sadegholvaad, “viste le incredibili e vergognose vicende societarie che ormai si susseguono da molti mesi. Siamo già in contatto con le Istituzioni calcistiche preposte per la gestione di questa fase transitoriaâ€.
In queste ultime ore, infatti, la società ha formalmente avviato la procedura di liquidazione. Si tratta del primo passaggio propedeutico all’istanza di fallimento che dovrebbe a breve prendere forma. Un dramma sportivo per la città e per i calciatori, in costante contatto con l’AIC per provare a capire cosa sarà del loro futuro che, al momento, sembra proprio segnato. Difficilmente, infatti, il Rimini si potrà salvare, nonostante le istituzioni comunali stiano provando a tenere in piedi ogni discorso. Con la procedura di liquidazione, però, si è messa automaticamente in moto la macchina della Figc, che potrebbe a breve portare all’esclusione del club dal campionato.
Prima di tutto, il bilancio: a giugno 2025, la società ha dichiarato un passivo di 4 milioni di euro. Pesantissimo, soprattutto vista la categoria di militanza del club. Da queste perdite, di fatto, il Rimini non si è davvero mai più ripreso. E ora che l’assemblea dei soci ha confermato la richiesta di liquidazione, dovrebbe scattare automaticamente la decadenza dalla affiliazione alla Lega di competenza, come espresso dall’articolo 16 delle N.O.I.F., le regole interne della Federazione.
La Figc, di fatto, non può che prendere atto della situazione e arrivare a deliberare, anche se le tempistiche non sono certe. La sensazione è che, comunque, una decisione non tarderà ad arrivare: se non sarà per questi giorni, dovrebbe essere per la prossima settimana e potrebbe portare all’esclusione del Rimini dal campionato di Serie C. La stessa Lega Pro è in attesa di capire cosa succederà , così come tutte le altre squadre del Girone: si tratta di una situazione che si protrae da mesi e che ha trovato (o meglio, sta trovando) il suo triste epilogo solo in questi giorni. Con un paradosso: l’8 aprile 2025, la società vinceva la Coppa Italia di Serie C. Anche di quella, ora, non resterà traccia.
L'articolo Il Rimini calcio sull’orlo del baratro: verso l’esclusione dalla Serie C. L’ira del sindaco: “Vergognose vicende societarie” proviene da Il Fatto Quotidiano.
Un altro colpo di stato. Un “Alto Comando Militare per la Restaurazione della Sicurezza Nazionale e dell’Ordine Pubblico†ha annunciato, nel pomeriggio di mercoledì 26 novembre, di deporre il capo di stato Umaro Sissoco Embaló, prendere “il controllo totale†della Guinea-Bissau, “sospendere il processo elettorale†e chiudere i confini terrestri e aerei. È stato dichiarato il coprifuoco. Un annuncio fatto tramite una dichiarazione letta dal quartier generale dello staff dell’esercito nella capitale, dal generale di brigata Denis N’Canha, capo dell’ufficio militare della presidenza.
Umaro Sissoco Embaló è riuscito a far sapere di essere stato fermato attorno a mezzogiorno nel pieno delle sue funzioni, all’interno della residenza presidenziale. In quello stesso momento – ha spiegato – altri membri di primo piano dell’apparato statale sarebbero stati privati della libertà : Botché Candé, titolare del dicastero dell’Interno, e due figure cruciali della gerarchia militare, il generale Biague Na Ntam, capo di stato maggiore, insieme al suo vice, il generale Mamadou Touré.
Il Colpo di Stato arriva in un momento già carico di tensione: il Paese attendeva infatti l’esito ufficiale delle presidenziali del 23 novembre. La sfida era dominata proprio da Embaló e dal suo sfidante Fernando Dias Da Costa, entrambi pronti, il giorno dopo il voto, ad autoproclamarsi vincitori al primo turno. La Commissione elettorale, che avrebbe dovuto dirimere il confronto con una comunicazione ufficiale, era attesa per giovedì 27 novembre.
Dall’indipendenza dal Portogallo (1974) la Guinea-Bissau è uno degli Stati più “golpisti†al mondo: si contano più colpi di stato riusciti e numerosi tentativi, complotti e insurrezioni, spesso con epicentro nelle forze armate. La guerra di liberazione ha creato un esercito con forte legittimità storica, poco subordinato al potere civile, e questo schema si è riprodotto in ogni crisi politica successiva.
La differenza principale rispetto a molti colpi precedenti è la tempistica: i militari intervengono esattamente nello spazio di incertezza tra voto e annuncio dei risultati, non dopo una proclamazione contestata o una lunga crisi di governo. Questo significa che l’esercito si presenta come “terzo attore†che blocca sul nascere la disputa tra Embaló e Dias, ma in realtà prende in ostaggio il processo di legittimazione democratica, sospendendo tanto la vittoria dell’uno quanto quella dell’altro.
Per la prima volta nella storia della Guinea Bissau era rimasto fuori dalla competizione il Partito africano per l’indipendenza della Guinea e Capo Verde (Paigc), il partito fondato da AmÃlcar Cabral, padre nobile della patria ed eroe della lotta anticoloniale. Dalla caduta di LuÃs Cabral nel 1980 in avanti, le forze armate hanno mantenuto la capacità di “arbitrare†o interrompere i processi politici, intervenendo a ogni grande crisi istituzionale. Anche nelle fasi di multipartitismo e “democratizzazioneâ€. Un’altra pagina buia per la democrazia in Africa.
L'articolo Nuovo golpe in Guinea Bissau: un’altra pagina buia per la democrazia in Africa proviene da Il Fatto Quotidiano.
La proposta di legge sulla violenza sessuale approvata in prima lettura dalla Camera e bloccata al Senato da una richiesta di approfondimenti da parte della maggioranza consiste in un unico articolo, che riscrive integralmente l’art. 609-bis del codice penale.
Il nuovo testo introduce la nozione di “consenso“, in linea con i fondamenti della Convenzione di Istanbul, di cui le componenti essenziali sono identificate nella libertà e nell’attualità . L’esito è che qualunque atto sessuale posto in essere senza che vi sia il consenso libero e attuale della persona coinvolta è configurabile come reato di violenza sessuale.
L’attuale articolo del codice penale, comma 1, sancisce che “chiunque, con violenza o minaccia o mediante abuso di autorità , costringe taluno a compiere o subire atti sessuali è punito con la reclusione da sei a dodici anni”. Una formulazione così riscritta dalla pdl: “Chiunque compie o fa compiere o subire atti sessuali ad un’altra persona senza il consenso libero ed attuale di quest’ultima è punito con la reclusione da sei a dodici anni”. Dunque, oltre all’introduzione del concetto di consenso libero ed attuale, vengono individuate tre diverse possibili condotte che costituiscono il reato di violenza sessuale: il compiere atti sessuali su un’altra persona; il far compiere atti sessuali ad un’altra persona; il far subire atti sessuali ad un’altra persona.
Il secondo comma dell’articolo 609-bis del codice penale oggi accende i riflettori su chi “induce” a “compiere o subire atti sessuali abusando delle condizioni di inferiorità fisica o psichica della persona offesa al momento del fatto”. Secondo la modifica introdotta c’è violenza sessuale ogni volta che si costringa qualcuno a compiere o a subire atti sessuali con violenza o minaccia o mediante abuso di autorità ; e ogni volta che si abusa delle condizioni di inferiorità fisica o psichica o di particolare vulnerabilità della persona offesa”. Viene introdotta, dunque, la nuova previsione della condizione di “particolare vulnerabilità ”, con l’obiettivo di ricomprendervi quelle condizioni soggettive, individuali, familiari e di contesto che possono rendere la vittima più vulnerabile alle richieste sessuali. Pregiudicando, appunto, l’espressione di un consenso libero ed attuale.
Il terzo comma mantiene, infine, per “i casi di minore gravità ”, la circostanza attenuante già prevista dalla norma vigente, che comporta la diminuzione della pena in misura non eccedente i due terzi.
L'articolo Dal consenso alla vulnerabilità , cosa prevede l’articolo di legge che riscrive il reato di violenza sessuale proviene da Il Fatto Quotidiano.
Entra nel vivo la seconda edizione del Festival Internazionale di Poesiaterapia d’Italia che si chiude domenica 30 novembre ed è intitolato Attraverso. Parole di benessere per ogni età , avendo come filo conduttore la Poesiaterapia nelle età evolutive. La manifestazione curata da Mille Gru APS e PoesiaPresente – Scuola di Poesia di Monza, si svolge in collaborazione con ASST Brianza con il contributo di Fondazione della Comunità di Monza e Brianza e Fondazione Cariplo. E si struttura in un convegno internazionale in presenza, quattro tavole rotonde online e via zoom con esperti di Poesiaterapia italiani e stranieri, tre mostre, uno spettacolo di poesia seguito da un reading e due laboratori di formazione.
Dopo le anteprime dei giorni scorsi, giovedì 27 novembre è il giorno della partenza ufficiale della manifestazione con quattro tavole rotonde online e su zoom con relatori italiani e internazionali. Dalle 8.30 fino alle 21.30 sono in programma talk dedicati ai diversi periodi della vita. Si comincia con un focus sull’adolescenza a cui sono dedicati i primi due incontri con la campionessa mondiale di Poetry Slam 2024 Lady La Profeta, la scrittrice, poetessa e danzaterapista Valentina Giordano, l’autrice per ragazzi Azzurra D’Agostino, il coordinatore e responsabile pedagogico di Anno Unico, scuola per adolescenti che non vanno a scuola, Davide Fant, il poeta Slammer sudafricano Xabiso Vili, campione mondiale di Poetry Slam 2022, l’autrice Alessandra Racca, la psicologa e poeta-performer Viola Margaglio, la poeta performer siciliana Eleonora Fisco. Il terzo talk (ore 15-17) è, invece, dedicato all’infanzia. Fra i relatori la poetaterapeuta ed educatrice transdisciplinare spagnola MarÃa Ortega GarcÃa, il docente e poeta Giacomo Nucci, la libraia Chiara Basile, l’autrice per ragazzi Giusi Quarenghi, mentre l’ultimo incontro (18.30-21.30) volge lo sguardo all’età adulta che verrà indagata grazie alla voce dell’inglese Jon Sayers, coach psicodinamico e facilitatore di scrittura espressiva, la co-presidente dell’International Academy for Poetry Therapy messicana Alejandra Monroy Sauri, la fondatrice dell’International Barcelona Journaling Festival Marusha Mozolevskaya, la psicofisiologia Sara Della Giovampaola e la psicoterapeuta della Gestalt Leonora Cupane.
Venerdì 28 novembre, alle ore 20.30, presso lo spazio di PoesiaPresente di via Donatello 12 a Monza, si terrà lo spettacolo di poesia con testi e poesie di Silvia Vecchini, la drammaturgia di Dome Bulfaro e il Coro DiVerso della scuola di Poesia PoesiaPresente. Segue alle 21.30 un incontro fra Silvia Vecchini e l’editrice Giovanna Zoboli a partire dall’ultimo libro dell’autrice C’è una poesia che ti aspetta (Topipittori). Sabato 29 novembre, invece, è in calendario il convegno internazionale, con ospiti dal vivo presso l’Auditorium dell’Ospedale di Vimercate. La mattina sarà dedicata a interventi su Saperi generali in rapporto alla poesia come cura grazie alle riflessioni dell’epistemologa Barbara Sangiovanni, la poeta Silvia Vecchini, la professoressa della Sigmund Freud University Tamara Trebes, il professore dell’Università di Torino Vincenzo Alastra, la poeta, esperta di poesia e Alzheimer Franca Grisoni. Il pomeriggio, invece, è volto a esplorare gli interventi pratici specifici di Poesiaterapia: Paola Perfetti illustrerà l’esperienza nel primo villaggio Alzheimer in Italia, Il Paese Ritrovato di Monza, mentre il poeta americano Gary Glazner ripercorrerà le pratiche dell’Alzheimer’s Poetry Project da lui diretto. Il ruolo della Biblioterapia nel lutto viene espresso dalla professoressa dell’Università di Ghent Dimitra Didangelou, mentre la poesia orientale sarà ricordata dalla docente dell’Università di Padova Ines Testoni, direttrice del Master CAT (Creative Arts Therapies) insieme alla scrittrice e tanatologa Laura Liberale, coordinatrice del master. I laboratori teatrali e di medicina narrativa per l’umanizzazione delle cure e per il sostegno alla popolazione adolescente saranno infine approfonditi dall’educatore professionale e counselor biosistemico dell’Ospedale Cona di Ferrara Alberto Urro e dal Project Manager per la formazione presso le Aziende AUSL e l’Azienda Ospedaliero-Universitaria di Ferrara Michele Dalpozzo. Infine, Dome Bulfaro, docente presso l’Università di Verona e fondatore con Simona Cesana di PoesiaPresente – Scuola di Poesiaterapia di Monza, concluderà i lavori con un intervento dedicato alla cura del proprio giardino interiore. Il festival termina domenica 30 novembre, nella sede di PoesiaPresente, con due laboratori di formazione in Poesiaterapia condotti rispettivamente da Dimitra Didangelou e Dome Bulfaro e da Tamara Trebes e Luca Buonaguidi.
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Sequestrati 2 milioni e 460 mila euro all’ex rettore di Messina e già presidente della Conferenza dei Rettori delle Università italiane, Salvatore Cuzzocrea. È stato eseguito stamattina dalla Guardia di Finanza di Messina il sequestro, firmato dal gip del tribunale peloritano, nell’ambito dell’inchiesta per peculato che coinvolgere l’accademico accusato si aver ottenuto rimborsi faraonici dal Dipartimento di “ChiBioFarAm†messinese tra il 2019 e il 2023, molti dei quali finiti a società a lui collegate. Travolto dallo scandalo, il rettore Cuzzocrea si è in seguito dimesso, per poi essere scelto sette mesi dopo dalla ministra Anna Maria Bernini per un “incarico in qualità di consigliere del Ministro dell’Università e della ricercaâ€.
È iniziato tutto nell’ottobre 2023, quando il componente del senato accademico messinese Paolo Todaro, invia una denuncia della ministra Bernini, al ministro dell’economia Giancarlo Giorgetti, al collegio dei revisori dei conti dell’ateneo di Messina, alla Guardia di finanza e Procura peloritana, e persino alla Corte dei conti e all’Anac. Secondo i dati raccolti da Todaro, il rettore avrebbe incassato negli anni “40.324,44 euro al mese†di rimborsi, circa “1.920,21 euro al giorno, esclusi i sabati e le domenicheâ€. “Una dinamica dei rimborsi – scrive Todaro nella nota inviata ai revisori dell’ateneo – che ha avuto un crescendo sistematico: da 157.327 euro nel 2019, una media di 13.110 euro di rimborsi al mese, fino ad arrivare nel 2022 alla cifra di € 828.465 euro, con una media di € 69mila euro di rimborsi al meseâ€. Cuzzocrea ha replicato di essere “sereno e tranquillo†e di aver chiesto i rimborsi “solo sui fondi di ricercaâ€, e di aver prodotto “262 lavori in 5 anniâ€. Ma lo scandalo diventa un macigno, il rettore decide di fare un passo indietro, mentre la procura lo iscrive per peculato.
Ma oltre al caso rimborsi, saltano fuori anche moltissimi pagamenti effettuati dall’università alla Divaga Società Agricola Srl, azienda agricola fondata nel 2019 per “allevamento di cavalli e equiniâ€, con appena 10mila euro di capitale sociale, in cui Cuzzocrea detiene le quote insieme alla moglie. Per questo motivo, con un provvedimento parallelo, la procura di Messina guidata da Antonio D’Amato, ha ottenuto il sequestro preventivo in via di urgenza di oltre 860 mila euro, somma che secondo l’accusa il rettore avrebbe distratto a vantaggio della sua azienda. Anche in questo caso l’accusa è di peculato.
Oltre all’indagine sui rimborsi, l’ex rettore Cuzzocrea da giugno è sotto processo a Messina per turbativad’asta e falso in merito alla gestione di alcuni appalti per forniture e servizi dell’Ateneo che secondo i rilievi dell’Anac nell’aprile 2022, erano stati affidati direttamente “al di sopra delle soglie comunitarie, senza gara obbligatoria, utilizzando in maniera abusiva la normativa emergenzialeâ€. A processo è finito anche l’ex direttore generale dell’ateneo, Francesco Bonanno, e gli imprenditori Giuseppe Cianciolo, Santo Franco, Michelangelo Geraci e Rosaria Irene Ricciardello. Mentre gli imprenditori Daniele Renna e Raffaele Olivo hanno patteggiato a dieci mesi di reclusione e seicento euro di multa.
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Sapete cos’è un ‘test del carrello’? Martedì scorso ho denunciato alla Camera come altri due cassieri fossero stati licenziati dalla Pam di Livorno con la tecnica del “cliente invisibileâ€. Dico altri due perché prima era scoppiato il caso gravissimo di Siena: il licenziamento disumano e pretestuoso di un delegato sindacale 62enne, che a quelle casse lavorava da 13 anni e tra cinque sarebbe andato in pensione. Un lavoratore che, tra l’altro, era già stato sottoposto al test, superandolo.
Il licenziamento in tronco di Fabio Giomi, delegato sindacale di 62 anni, a soli cinque anni dalla pensione, con moglie invalida e figli a carico, ha fatto finalmente clamore. Ha raccontato lui, Fabio Giomi, come sono andate le cose: “Un giorno si è presentato in cassa un ispettore per farmi questo test del carrelloâ€; aveva nascosto diversi articoli minuscoli (lacci per capelli, matite per gli occhi, maschere per il viso) dentro le casse di birra da quindici bottiglie, sfruttando la fessura laterale. “Mi ha detto che avrei dovuto aprire le scatole e controllare cosa c’era dentro. Mi disse che, volendo, lui con questo sistema mi avrebbe ‘rubato l’anima’ e che questa cosa avrebbe avuto delle conseguenzeâ€.
Ma bisogna vedere il quadro grande: circa 60 lavoratori verranno messi alla porta da Pam tra Siena, Livorno, Firenze e Roma. Perché, insieme all’abuso del “test del cliente fantasmaâ€, c’è la chiusura del supermercato di Campi Bisenzio (45 posti di lavoro a rischio). Una “riorganizzazione†completa sulla pelle dei lavoratori e delle lavoratrici.
E, a quanto pare, dopo i tre che hanno fatto rumore, ci sarebbero stati altri licenziamenti e contestazioni a pioggia, sempre nei confronti di dipendenti a tempo indeterminato e con una lunga anzianità , più “costosi†dei giovani neoassunti con contratti più precari.
Nessun ripensamento, al momento, dell’azienda sui licenziamenti a Livorno e Siena dopo l’incontro a Roma tra Pam e i sindacati Filcams Cgil, Fisascat Cisl e Uiltucs, a cui l’azienda si è presentata con un “addetto alla sicurezzaâ€. Licenziamenti dall’intento vessatorio e intimidatorio, in un clima che le lavoratrici e i lavoratori descrivono come sempre più teso. Eppure, la dirigenza sostiene che il test rappresenti uno strumento legittimo per garantire l’efficienza operativa e il controllo interno. Invece, è un atto in contrasto con lo Statuto dei lavoratori, che sancisce che il controllo del corretto adempimento della mansione debba essere esercitato dal datore o da collaboratori chiaramente riconoscibili. In contrasto anche con la giurisprudenza consolidata, orientata a riconoscere che i controlli possano essere effettuati soltanto se il datore sospetta illeciti o comportamenti fraudolenti.
Di fronte a esplicita domanda, Pam Panorama non ha saputo dire quale sia l’incidenza dei furti alle casse automatiche, dove una sola cassiera deve sovrintendere fino a otto postazioni. Invece, ha mostrato la chiara volontà di colpire dipendenti più anziani, magari con limitazioni su salute e sicurezza.
Intanto, assistiamo dappertutto a un preoccupante ritorno dei licenziamenti ritorsivi nei confronti dei lavoratori sindacalizzati. A fine ottobre – solo per citare un caso – un delegato sindacale Fiom-Cgil è stato convocato dalla dirigenza, invitato a lasciare immediatamente i locali aziendali e raggiunto da una lettera di licenziamento per soppressione della mansione. Un licenziamento puramente ritorsivo dopo le tensioni seguite al mancato rinnovo del contratto nazionale.
Al tavolo nazionale di confronto tra Pam e sindacati, l’azienda non ha fatto nemmeno mezzo passo indietro, respingendo persino la proposta di trasformare i licenziamenti in provvedimenti disciplinari. Le distanze sono risultate incolmabili e l’azienda ha confermato tutti i licenziamenti nei vari punti vendita della Toscana.
Siamo di fronte a licenziamenti dall’evidente intento vessatorio e intimidatorio. Lo stesso Fabio Giomi, divenuto simbolo di questa vertenza, ha dichiarato: “Se certe cose restano isolate, le aziende continueranno a fare ciò che vogliono”.
Liberali e sovranisti hanno passato anni a dirci che l’articolo 18 era un ferrovecchio di cui non c’era più bisogno, decenni a sostenere la “flexsecurity†che ci avrebbe reso tutti più liberi, ma si sono offerti soltanto strumenti alle aziende per sostituire il lavoro stabile con lavoro precario e liberarsi delle figure scomode. E la realtà arretra sempre più al di qua delle conquiste del movimento operaio e di tutti i lavoratori e le lavoratrici che hanno lottato perché i propri diritti fossero difesi dalla legge.
Somministrati, fantasmi di tutto il mondo, uniamoci perché il nemico non sono i clienti invisibili ma i padroni di sempre. Con i loro alleati di oggi e di sempre.
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di Roberto Del Balzo
Quando c’è un argomento un po’ maleodorante come un buco nella terra dove finiscono gli escrementi, in tanti tra politici, giornalisti, geronto-psichiatri o sociologi e il mondo esilarante dei social seguono la scia mefitica per lasciare il proprio commento, sempre strumentale, ossessivamente retorico e pieno di ideologie che deragliano nell’insensatezza. L’argomento sono i figli della famiglia che abitava il bosco di Palmoli trasferiti in una struttura. Il dibattito si è ridotto a questo: da una parte la retorica della “famiglia autentica e perseguitataâ€, dall’altra l’immagine caricaturale dello Stato che interviene per punire una scelta di vita alternativa. Non solo politici ma anche filosofi di “destra†ci sono cascati con post sui social (sì, quel luogo un po’ esilarante dove tutti diventano sciamani o giudici supremi).
Insomma è subito diventato il solito teatro dei pupi: la sinistra green che odia la natura, la destra che difende famiglie che non ha mai incontrato, la magistratura rappresentata come un covo di stregoni progressisti e la folla dei commentatori che applaude senza aver letto neppure una riga degli atti, senza analizzare le relazioni dei servizi sociali, capire lo stato di salute dei minori, ascoltare più di una campana.
Lasciamo tutto questo – l’epica a buon mercato, la parabola morale prefabbricata, i titoloni indignati – nello stesso buco senza fondo e adesso pieno di politici gesticolanti. La domanda vera è un’altra: la libertà usata come amuleto può diventare una superstizione con cui mascherare, nascondere e confondere una prigione? Esiste al mondo qualcosa che non sia una gabbia? La vita nel bosco, l’educazione super alternativa, il rifiuto della società , delle convezioni, delle contaminazioni e via dicendo può trasformarsi in un recinto ideologico, perfino più rigido di quello che si vorrebbe evitare.
Mettiamo da parte le relazioni degli assistenti sociali, non parliamo dell’avvelenamento da funghi che ha portato i bambini al pronto soccorso, proviamo a lasciarci andare come un paracadutista che invece di atterrare risale e può guardare tutto dall’alto, distaccandosi dalle meschinità della vicenda. E dall’alto, forse, la libertà per essere tale ha bisogno di un limite altrimenti per quei bambini è solo il sinonimo di dipendenza dall’adulto che controlla ogni orizzonte. La libertà non è sottrarsi ma affrontare, imparare ad affrontare la complessità , le contraddizioni e un mondo che bisogna comprendere per essere liberi o almeno tentare di esserlo un po’.
C’è un bel film che andrebbe rivisto in questi giorni, è Captain fantastic dove questa superstizione della libertà è smascherata: il bosco non salva, il bosco nasconde. Perché questi bambini di Palmoli, prima o poi entreranno in città e, come nel film, non sapranno parlare con coetaneo, non sapranno orientarsi, non sapranno vivere se non dentro la loro gabbia, quel culto imperfetto di purezza creato dai genitori. Forse servirebbero più punti domanda.
Ma la questione è che la discussione è stata solo ideologica: nessuno o in pochi hanno avuto il coraggio di chiedersi che libertà fosse quella offerta ai bambini, se li preparasse o li intrappolasse, se allevasse persone o adepti. Dall’alto, sempre dall’alto, guardando il bosco di Palmoli allontanarsi, appare altro, un mondo e i suoi limiti e con esso l’ultima domanda: tra le cose che dobbiamo imparare non c’è forse l’accettazione che non saremo mai liberi?
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