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#news #ilfattoquotiano.it
“Questo è ormai un Natale paganoâ€. A dirlo è padre Alex Zanotelli, 87 anni missionario comboniano, attivista, pacifista che vive al quartiere “La Sanità †di Napoli in pochissimi metri quadrati dentro un campanile. Le sue parole – pronunciate per un’intervista esclusiva a IlFattoQuotidiano.it – arrivano pensando al riarmamento dei nostri Paesi, alla povertà che aumenta, all’incoerenza della Chiesa e dei cristiani, all’inverno nucleare e al cambiamento climatico. Zanotelli non nasconde un sentimento: la preoccupazione. Non cela nemmeno quella che possiamo definire una forma di speranza: scendere in battaglia, in piazza, protestare. Lo rintracciamo tra un sit-in e l’altro a difesa dell’acqua pubblica in Campania: “Vogliono stravolgere l’azienda speciale Abc ed aprire di fatto le porte al mercato, con la trasformazione in spa, primo passo verso la privatizzazioneâ€.
Padre Alex, quello del 2025 sarà un altro Natale in guerra con la prospettiva di un incremento della spesa militare in Europa e in Italia. Anche il Papa ha detto che non si prepara la pace con le armi ma nessuno sembra ascoltarlo.
Siamo in un’epoca storica in cui oltre alla possibilità di una guerra nucleare ogni Stato si comporta in piena libertà in barba a tutti, ad ogni richiamo, appello. La situazione sta precipitando: siamo al punto in Europa di avere un piano di 800 miliardi di euro per la difesa e gli armamenti nei prossimi anni. L’Italia ha chinato il capo alla premier Giorgia Meloni che punta ad arrivare al 5% del Pil da destinare alla cybersicurezza, alle infrastrutture strategiche, alla spesa militare. Ora mi chiedo: dove sono i cristiani? Ormai l’Europa ha ben poco di cristiano. Siamo in un mondo pagano che va verso l’autodistruzione a causa dell’inverno nucleare o del surriscaldamento del pianetaâ€.
Perdoni la domanda banale: cosa possiamo fare noi singoli individui?
Siamo giunti al momento in cui i movimenti per la pace devono avere il coraggio di pagare di persona. Nel messaggio di Gesù la pace è l’elemento al centro della Buona Novella. E’ necessario tornare alla disobbedienza civile. Le prime comunità cristiane hanno messo in crisi l’impero romano perché hanno scelto di seguire Gesù fino al martirio. Dobbiamo insistere affinché i pastori della Chiesa invitino tutti i cristiani a togliere i propri soldi da quelle banche che investono in armi. I Vescovi dovrebbero essere più categorici su questo tema. Di fronte al ministro della Difesa Guido Crosetto che parla del ritorno alla leva militare, dico ai giovani di andare nei loro Comuni a dichiarare fin d’ora che non ci stanno a questa imposizione. Se la Meloni vuole arrivare al 5% del Pil per il riarmo noi dobbiamo rispondere con l’obiezione fiscale.
Veniamo alla politica interna. In queste ore si parla della Legge di Bilancio ed è spuntato anche un bonus per le scuole paritarie che sembra accontentare le scuole cattoliche. Lei è soddisfatto della manovra?
Vivo a Napoli da oltre dieci anni, in uno dei quartieri più difficili della città . La gente al Sud sta soffrendo sul serio. I provvedimenti presi in questa manovra non fanno altro che aggravare la vita della gente comune non tanto di coloro che già vivono in povertà . Quanto alle paritarie va detto con franchezza che questo bonus altro non è che un modo, per il Governo di ultra destra, di ottenere il sostegno della Chiesa. I preti dovrebbero capire che questo è un tranello”.
Gli ultimi dati Istat ci dicono che la povertà assoluta è più diffusa nel Mezzogiorno. L’8,4% delle famiglie italiane vive questo dramma. Un quadro triste che va di pari passo con uno scenario in cui accresce la violenza nelle città . Cosa sta accadendo padre Alex?
Il Sud paga sempre più ma al Governo vogliono l’autonomia e pensano al ponte tra Calabria e Sicilia quando in realtà in Meridione servono ferrovie. E’ chiaro che quell’opera è un business, serve a far fare soldi a chi li ha. Il Governo ha dimenticato il ruolo delle mafie nel nostro Paese. Da anni frequento la Calabria, sono in contatto con diverse realtà di quella regione: la Ndrangheta ha le mani ovunque. A Milano un ristorante su cinque è loro. A questo va aggiunto che una delle maggiori entrate delle mafie resta lo spaccio di droga che assolda ragazzini. Nel nostro territorio, in questi mesi, abbiamo assistito alla morte di due 15enni per sparatorie. Ma dobbiamo fare un’analisi ulteriore: questi giovani che le ho citato frequentavano la scuola “Caracciolo†dove lo scorso anno ci sono stati il 73% di bocciati. Se questi sono i numeri cosa ci possiamo aspettare? Nelle nostre realtà servono nidi.
E questo nuovo Papa? Lei ha compreso la linea di Leone XIV?
E’ difficile decifrarlo. Penso che la cosa fondamentale sia quella che riesca a mantenere fede all’impegno preso scegliendo quel nome che richiama a Leone XIII che ha dato inizio alla dottrina sociale della Chiesa. Mi attendo che ci faccia dono di un’enciclica sull’Intelligenza artificiale. Ne abbiamo tremendamente bisogno. Basta leggere “Il capitalismo della sorveglianza†della professoressa Shoshana Zuboff per intuire quanto la Chiesa, in maniera indipendente, possa aiutarci a stare in questo mondo digitale.
Riuscirà Prevost a cambiare la Curia romana?
Ci ha provato anche Francesco ma non è riuscito. Quando penso alla riforma della Curia romana mi torna in mente l’arcivescovo Hélder Pessoa Câmara. Dopo il Concilio Vaticano II, una volta rientrato in diocesi in Brasile, scrisse una lettera a Paolo VI chiedendogli alcune azioni: uscire dal Vaticano per andare a vivere a San Giovanni in Laterano; abbandonare il titolo di Capo di Stato per tornare a essere soltanto vescovo di Roma e consegnare la Santa Sede all’Unesco. Il pontefice non gli rispose ma poche settimane più tardi ricevette una missiva in cui il cardinale Jean-Marie Villot, segretario di Stato, affermava: “Il Santo Padre ringrazia per la sua lettera, ma le ricorda che questi non sono più i tempi del Vangeloâ€.
Mi tolga una curiosità : dove vivrà lei Natale?
Beh, intanto anche quel giorno saremo in lotta a difesa dell’acqua pubblica ma la notte del 24 la celebrerò come ogni anno da quando sono a Napoli, alla stazione centrale tra gli ultimi, tra la gente.
Ha almeno un messaggio di speranza da darci?
Non dobbiamo più aspettarci che venga chissà chi a salvarci. La salvezza viene dal basso, mettendoci insieme, riempendo le piazze e mettendo in crisi i Governi. La gente deve cominciare a riflettere e dire no. E’ fondamentale legare fede e vita. Molti cristiani non lo fanno.
Difficile essere coerenti tra città illuminate a giorno per Natale e un consumismo che impera.
Questo è un Natale pagano. Lo dico da molti anni. Così come, fin da quando vivevo nella baraccopoli di Korogocho in Kenya, propongo che la Chiesa cattolica sospenda la festa del 25 dicembre per celebrare il Natale con le Chiese orientali a gennaio.
L'articolo “I preti invitino tutti i cristiani a togliere i soldi da banche che investono in armi”. Il grido di Padre Zanotelli per riscoprire la disobbedienza civile proviene da Il Fatto Quotidiano.
Cari amici,
questa è la diciassettesima volta che ci auguriamo buon Natale e buon anno da soci e complici del Fatto Quotidiano. E, siccome siamo strani e speciali, a noi il numero 17 porta fortuna: anche quest’anno siamo stati l’unico quotidiano italiano col segno più nella diffusione di copie cartacee e digitali. La nostra comunità si è allargata ancor di più e la vostra risposta al nostro appello di fine novembre ad abbonarsi e a regalare abbonamenti è stata a dir poco commovente, in controtendenza con un panorama editoriale sempre più cupo.
Anziché fare come gli altri editori e presentarci col cappello in mano ai piedi del governo italiano e di quello europeo per elemosinare provvidenze e fondi pubblici (non a caso in continuo aumento, mentre i lettori fuggono), costringendo chi non legge i loro giornali a finanziarli di tasca propria, abbiamo preferito continuare a chiedere sostegno e fiducia a chi il Fatto lo sfoglia e lo apprezza dal 2009 e anche a chi l’ha scoperto in tempi recenti.
La reazione della nostra comunità ci conforta sulla bontà della scelta di non venderci al potere politico, economico e finanziario. Ma di fare affidamento soltanto sui lettori e gli abbonati, nostri veri e unici padroni. E ci ripaga degli effetti collaterali della nostra libertà , coerenza, indipendenza: gli insulti, le calunnie, le querele e le cause civili temerarie, il sabotaggio di molti grandi investitori pubblicitari.
Provate a immaginare se in questi 17 anni non fosse esistito il Fatto. Soltanto nel 2025 non avreste saputo nulla sulle chat di Fratelli d’Italia, in cui Giorgia Meloni e gli altri papaveri del partito di maggioranza relativa dicevano in privato l’opposto di ciò che proclamavano in pubblico: il nostro Giacomo Salvini le ha scoperte e le ha pubblicate nel best seller di Paper First Fratelli di chat. L’elenco completo dei nostri scoop e delle nostre esclusive dell’ultimo anno è troppo lungo, ma ci limitiamo a qualche esempio: lo scandalo del “garante della privacy†Agostino Ghiglia a rapporto nella sede del suo partito FdI subito prima di stangare Report e subito dopo l’attentato malavitoso a Sigfrido Ranucci; lo scempio dei grattacieli del sistema Sala nella Milano per soli ricchi, a danno di chi non trova una casa o non può permettersela (Gianni Barbacetto ha anticipato sul Fatto di parecchi mesi l’inchiesta della Procura); i conflitti d’interessi del presidente e di altri membri della stessa autorità della Privacy smascherati da Thomas Mackinson, che ha svelato anche la storia della laurea-lampo della ministra Calderone. E poi gli spionaggi e dossieraggi privati dell’inchiesta Equalize; le chat violente e persecutorie di un gruppo di scrittrici sedicenti “femministe†(pubblicate da Selvaggia Lucarelli, che presto racconterà l’intera vicenda con nuovi particolari indecenti in un libro di Paperfirst); le monumentali evasioni fiscali della famiglia Elkann sull’eredità Agnelli (ricostruite per pezzo da Ettore Boffano); la tragicommedia e gli enormi sperperi del Ponte sullo Stretto di Messina; la rapina alle pensioni dei cittadini che avevano “riscattato la laureaâ€, nascosta nella Manovra finanziaria e poi ritirata dal governo dopo gli articoli del nostro Carlo Di Foggia; l’asta indetta da Giorgia Meloni per vendere i regali di Stato e poi sospesa dopo lo scoop del Fatto sull’antiquario indagato e interdetto che se ne doveva occupare; e così, via, fino al grottesco taglio dell’urlo finale “Sì†dall’Inno di Mameli scoperto da Marco Lillo.
Senza i nostri fact checking contro le balle della propaganda nazionale e internazionale, tutti oggi sarebbero convinti che una sentenza della Cassazione abbia davvero smentito i rapporti di Berlusconi con Cosa Nostra (abbiamo dimostrato che quella sentenza era inventata di sana pianta); che la commissione Antimafia abbia dimostrato l’estraneità di soggetti istituzionali nelle stragi politico-mafiose di via d’Amelio nel 1992 e di quelle del 1993-’94, che Paolo Borsellino sia stato assassinato per la ridicola pista del dossier del Ros “Mafia e Appalti†e che la trattativa Stato-mafia avviata da un gruppo di carabinieri deviati non sia mai esistita.
Ma le stecche nel coro del conformismo e del pensiero unico di cui andiamo più orgogliosi sono quelle che hanno perforato il muro della propaganda bellicista e riarmista. Siamo stati l’unico quotidiano italiano a imbarcare un proprio redattore, Alessandro Mantovani, sulla Flotilla con gli aiuti alla popolazione sterminata e affamata di Gaza, che abbiamo aiutato come abbiamo potuto anche quest’anno con donazioni di oltre 89 mila euro della nostra Fondazione umanitaria a Medici senza Frontiere.
Non abbiamo atteso che la strage degli innocenti perpetrata dal governo israeliano superasse quota 50 mila per denunciare il crimine contro l’umanità più spaventoso dalla fine della seconda guerra mondiale, che in due anni ha moltiplicato per 60 l’orribile pogrom di Hamas del 7 ottobre 2023: l’abbiamo raccontato e denunciato fin dal primo giorno e ogni giorno. Ci siamo presi degli “antisemiti†e dei “filo-terroristi†anche per aver mostrato in prima pagina un bambino palestinese scheletrito non solo per la malattia, ma per la denutrizione; e per avere respinto il ricatto di chi vorrebbero punire e silenziare come antisemita chiunque critichi e denunci gli orrori del governo Netanyahu. Non abbiamo smesso di occuparci dei palestinesi di Gaza e di Cisgiordania neppure dopo la precaria e ambigua tregua propiziata il 13 ottobre scorso da Donald Trump e da alcuni governi arabi, pur riconoscendo che ha drasticamente ridotto il numero dei morti ammazzati.
Sulla guerra in Ucraina abbiamo continuato a ripetere che il miglior modo per aiutare quel popolo invaso e bombardato dai russi è un’intesa di pace basata su un compromesso territoriale, come quella proposta da Trump, visto il suicidio assistito a cui l’hanno condannato i presunti “amici†prima americani e ora soltanto europei sabotando ogni negoziato e prolungando una guerra persa fin da subito a suon di armi, miliardi a pioggia e annunci di “vittoria†sulla Russia. Per questo, anche ora che le nostre analisi e previsioni del 2022 trovano purtroppo conferme sempre più inequivocabili, ci prendiamo dei “putiniani†e ultimamente anche dei “prezzolati al soldo di Moscaâ€. Spesso per bocca di gente che prezzolata lo è davvero, e non da oggi, da istituzioni Nato e Ue. Non ci rassegneremo alla narrazione falsa e bugiarda della guerra mondiale inevitabile, più o meno “ibridaâ€, e continueremo a smascherare le imposture di chi ce la vende a pranzo e a cena insieme ad armamenti sempre più micidiali e suicidi: a cominciare dal presidente della Repubblica Sergio Mattarella, che ci pare sempre meno garante della Costituzione.
Ci siamo schierati contro tutte le censure, quelle russofobe e quelle israelofobe, ribadendo che non si cacciano né discriminano artisti e intellettuali russi e israeliani, comunque la pensino: semmai si sanzionano i governi, come i governi europei fanno da 11 anni con quello russo e non fanno con quello israeliano. A maggior ragione, difendiamo il diritto di parola di intellettuali, storici, analisti e giornalisti italiani che sulla guerra in Ucraina e sul folle riarmo europeo dicono cose sgradite al mainstream euro-atlantista e ai retrostanti fabbricanti di morte: non solo le firme del Fatto, ma anche Barbero, Baud, Canfora, Caracciolo, D’Orsi e persino il Papa (quante volte il Fatto ha dato spazio alle denunce contro la guerra e il riarmo di Francesco e di Leone XIV, oscurate o vilipese dai media dominanti). Senza il Fatto e all’impegno di tutta la redazione – a partire dai vicedirettori Maddalena Oliva a Simone Ceriotti – il popolo della pace, del disarmo, della diplomazia, del negoziato e del dialogo sarebbe senza voce.
Ora la prima battaglia del 2026 – accanto a quella contro il riarmo che nel nuovo anno drenerà altri miliardi su miliardi alla sanità , alla scuola, agli investimenti produttivi e al Welfare – sarà quella per il No alla controriforma costituzionale Meloni-Nordio che separa le carriere dei pm e dei giudici e spacca il Csm in tre organismi più deboli, irrazionali e costosi, per creare subito pm meno equilibrati e imparziali a tutto danno dei cittadini e avere domani l’alibi per sottoporre le Procure al potere politico. La sfida del referendum costituzionale è aperta, il No sta recuperando e siamo tutti chiamati a firmare subito online la petizione contro la “riforma†per sventare il colpo di mano del governo, che vorrebbe anticipare la data del voto all’inizio di marzo per impedire la rimonta di chi non ci sta.
Quindi i nostri auguri sono per un Natale e un nuovo anno di impegno e di battaglia civile.
Molti di voi ci scrivono: “Come facciamo ad aiutarvi?â€. Alcuni ci inviano banconote da 10, 50, 100 euro. Altri vorrebbero lanciare raccolte fondi per nostre spese legali. Ma il sostegno migliore è acquistare il Fatto ogni giorno in edicola, oppure abbonare se stessi e altri all’edizione cartacea con la formula coupon o a quella digitale per scaricarla sui device. Un gesto semplice e veloce, ma anche un regalo intelligente che permette di evitare con un clic la frenetica rincorsa nei negozi.
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Un grazie particolare a tutti i nostri abbonati che ci sostengono e anche a coloro che continuano ad acquistare il Fatto Quotidiano recandosi ogni giorno in edicola, perché dà a noi il sostegno più prezioso (una copia venduta in edicola “vale†quattro o cinque copie digitali) e intanto supporta gli edicolanti, impegnati in un mestiere sempre più difficile e più meritorio: che democrazia sarebbe, la nostra, senza edicole aperte e quotidiani liberi e indipendenti?
Ancora grazie a tutti. E, a nome nostro e delle nostre redazioni, Buon Natale e Buon Anno di impegno civile con il Fatto Quotidiano!
Marco Travaglio, Antonio Padellaro, Peter Gomez e Cinzia Monteverdi
L'articolo Un anno di verità . Buon Natale dal Fatto proviene da Il Fatto Quotidiano.
Hyundai rinnova uno dei suoi modelli più importanti per il mercato italiano: arriva Hyundai i20 Model Year 2026, l’evoluzione della compatta di segmento B che da oltre vent’anni è una presenza stabile nelle short list di chi cerca un’auto pratica, per tutti i giorni.
Con quasi 140.000 unità vendute in Italia dal debutto della prima generazione, i20 si aggiorna seguendo una ricetta semplice ma efficace: meno versioni, una motorizzazione unica e contenuti più chiari. L’obiettivo è rendere la gamma più facile da capire e allo stesso tempo più completa, senza rinunciare a tecnologia e sicurezza.
La novità principale è sotto il cofano. Il MY2026 introduce il motore benzina 1.0 T-GDi da 90 CV, omologato Euro 6E-bis, che prende il posto delle precedenti motorizzazioni. È un tre cilindri turbo pensato per offrire un buon equilibrio tra prestazioni ed efficienza, adatto sia alla città sia ai percorsi extraurbani. Si può scegliere tra cambio manuale a sei rapporti o automatico a doppia frizione 7DCT, a seconda delle proprie abitudini di guida.
Anche la gamma viene semplificata. Gli allestimenti diventano due, Connectline e Prime, entrambi abbinati al nuovo motore. Connectline è la versione di accesso, ma già ben equipaggiata. Di serie troviamo cerchi in lega da 16â€, luci diurne a LED, strumentazione digitale e sistema di infotainment con schermo da 10,25â€, compatibile con Apple CarPlay e Android Auto, oltre ai servizi connessi Bluelink e agli aggiornamenti over-the-air.
Capitolo sicurezza: i20 MY2026 propone una dotazione completa di sistemi Hyundai SmartSense, con assistenza alla frenata d’emergenza, mantenimento attivo della corsia, riconoscimento dei limiti di velocità e monitoraggio della stanchezza del conducente.
Per chi cerca qualcosa in più, l’allestimento Prime aggiunge contenuti orientati a comfort e stile, come fari anteriori Full LED, cerchi da 17â€, climatizzatore automatico, interni più curati, luci ambiente, specchietto elettrocromico e ricarica wireless per smartphone.
L'articolo Hyundai i20, meno versioni e più tecnologia per la compatta coreana proviene da Il Fatto Quotidiano.
Voleva racimolare qualcosa per compare un regalo di Natale alla sorellina di tre anni e così ha allestito un improvvisato banchettino davanti a un negozio di giocattoli: ha messo in vendita libri di scuola usati e disegni da lui realizzati. Il protagonista di questa storia è Alessio un bambino di 11 ani. La responsabile del negozio di giocattoli a Mugnano di Napoli, preoccupata dall’assenza di un adulto, ha chiamato i carabinieri. E ai militari il bambino ha raccontato la sua storia.
Si era allontanato da casa sfruttando una distrazione del padre. La mamma è morta e la sua famiglia sta affrontando un momento di difficoltà . Ai carabinieri ha raccontato che cercava dei soldi per comprare un regalo alla sorellina: non li aveva chiesti al padre per via del suo andamento scolastico. Così, al bambino viene l’idea di allestire un banchetto e racimolare una piccola somma dalla vendita di libri e disegni.
Intanto il padre, non vedendolo più a casa, si era recato alla caserma per denunciare la scomparsa. Poco dopo raggiunge la pattuglia e ritrova il figlio. La storia ha commosso la cittadina e gli stessi militari che hanno deciso di invitarlo in caserma per trascorrere del tempo insieme: alla fine gli hanno anche consegnato un regalo di Natale e uno anche per la sorellina.
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Se senti che la situazione a casa è diventata troppo pesante da sopportare, se hai pensato di allontanarti o se hai solo bisogno di qualcuno che ti ascolti senza giudicarti, ricorda che non sei solo e che chiedere aiuto è un atto di coraggio, non di debolezza. Puoi parlare con Telefono Azzurro in qualsiasi momento chiamando il numero gratuito 1.96.96, attivo tutti i giorni 24 ore su 24, oppure scrivendo in chat direttamente sul sito azzurro.it per trovare un supporto immediato e protetto. C’è sempre una soluzione possibile e qualcuno pronto ad ascoltare la tua voce e ad aiutarti a ritrovare la serenità di cui hai diritto.
L'articolo La storia di Alessio, il bambino di 11 anni che vende i suoi disegni per comprare un regalo di Natale alla sorellina proviene da Il Fatto Quotidiano.
“Questa manovra è vergognosa e offensiva per i professionisti che tengono in piedi la sanità pubblica in Italia. Produrrà un’erosione del diritto al lavoro e del diritto alla salute. Siamo pronti a una dura mobilitazione. Se necessario, denunceremo l’Italia anche in Europa, andando a Bruxellesâ€. Mentre parla a ilfattoquotidiano.it, Pierino Di Silverio, segretario nazionale del sindacato dei medici Anaao-Assomed, è su tutte le furie, come buona parte della categoria professionale che rappresenta. Con l’approvazione in Aula al Senato, la legge di Bilancio ha compiuto il passo decisivo verso il via libera finale. Il testo, che ora passa all’esame della Camera e verrà approvato entro fine anno, è per i medici l’espressione di “un disastro privo di logica e programmazioneâ€. Oltreché un segnale d’allarme, perché – commenta Di Silverio – “quando in un Paese la logica economica sovrasta quella politica, il rischio è che salti in aria lo Stato socialeâ€.
L’insoddisfazione di Anaao-Assomed è condivisa con altre sigle sindacali, come Cimo-Fesmed, Sumai, Fimp e Fimmg. Secondo i sindacati, “il governo Meloni, ostaggio del Mef, ha messo l’austerity davanti al diritto alla saluteâ€. Al di là dei proclami dell’esecutivo sugli stanziamenti “record†di questa manovra, oltre 6 miliardi, la spesa destinata dallo Stato alla sanità pubblica rispetto al Pil si sta progressivamente riducendo: nel 2028 scenderà al 5,9% (la media Ocse è del 7,1%, quella Ue del 6,9%). Un sottofinanziamento che colpisce sia i cittadini – pensiamo all’allungamento delle liste d’attesa, che porta sempre più italiani a rinunciare alle cure – sia i professionisti, sempre più in fuga dal Servizio sanitario nazionale. “La manovra dimostra che l’interesse demagogico e populistico verso i lavoratori della sanità si risolve come sempre in una bolla di sapone. Perché alla fine, quando si parla di soldi, non ci sono mai quelli che vengono promessiâ€, commenta Di Silverio.
Al centro delle accuse dei camici bianchi c’è un emendamento che, dopo essere stato inizialmente indicato dalla stessa maggioranza come prioritario, è stato poi fatto naufragare nottetempo. Il testo prevedeva lo sblocco di 407 milioni per la dirigenza medica e 25 milioni per quella sanitaria, già stanziati in buona parte nelle precedenti leggi di Bilancio. Fondi che, senza ulteriori oneri per la spesa pubblica, avrebbero ritoccato gli stipendi dei professionisti già a partire dal 1° gennaio 2026 e che invece ora restano in sospeso. “Anche questa manovra economica si è consumata sulla pelle dei lavoratori. Sono state tagliate le risorse che servivano per rendere la professione più appetibile. Il nostro emendamento è scomparso magicamente, mentre quello che foraggia la farmacia dei servizi è stato salvaguardatoâ€.
Per il segretario, quest’ultima è una mossa populistica, non sostanziale: “Si fa percepire ai cittadini che se vanno in farmacia possono risolvere i loro problemi. Ma in realtà questo meccanismo allungherà ulteriormente le liste d’attesa. Perché dopo aver fatto una prestazione in farmacia, spesso a pagamento, il paziente avrà comunque bisogno di un medico ospedaliero per una valutazione o per il refertoâ€.
Di Silverio aggiunge che, nei giorni scorsi, il sindacato ha dovuto intervenire anche per evitare il taglio del riscatto di laurea. “Siamo riusciti a scongiurarlo grazie alle interlocuzioni con i ministeri e con alcuni parlamentari di buon senso. Sarebbe stato un attacco esplicito a chi ha investito per provare ad andare in pensione in tempi umaniâ€, dice.
In ogni caso, resta il fatto che la politica dimostra ancora una volta di non voler affrontare il tema della sanità pubblica da un punto di vista strutturale: “Manca una visione globale. Si rincorrono le emergenze economiche e finanziarie, senza programmare interventi che tutelino davvero il diritto alla saluteâ€, accusa il segretario. Per questo è necessaria una mobilitazione forte, che potrebbe arrivare anche a Bruxelles. “Faremo di tutto per coinvolgere i cittadini. Devono capire che il responsabile del mancato accesso alle cure è il governo – conclude Di Silverio -. Useremo tutti gli strumenti a nostra disposizione, cercando di tutelare i cittadini. Il nostro obiettivo sarà creare disservizi pesanti alla politica, per far capire loro cosa significa un Paese senza i mediciâ€. Il rischio concreto è che, se la situazione non cambierà , le dimissioni dei professionisti dall’Ssn aumenteranno, svuotando ulteriormente reparti in molti casi già sotto pressione. Lavoratori in fuga, alla ricerca di quella dignità professionale che oggi non trovano più negli ospedali italiani.
L'articolo Medici furiosi contro la manovra del governo: “Stanziamenti “record”? Vergognoso e offensivo. Meloni fa austerity, così lo stato sociale rischia di saltare in aria” proviene da Il Fatto Quotidiano.
Operazioni, all’aeroporto di Fiumicino, per il carico del volo umanitario, in partenza la sera di mercoledì 24 dicembre e diretto in Sudan, della Cooperazione Italiana organizzato dalla Farnesina, con il sostegno logistico della Base di pronto intervento umanitario delle Nazioni Unite (WFP-UNHRD) di Brindisi. Si tratta del primo carico di aiuti, che arriverà per Natale, nell’ambito dell’operazione “Italy for Sudan”: saranno consegnati a Port Sudan aiuti alimentari, tra cui pasta, farina, zucchero, latte in polvere, legumi e altri beni di prima necessità . Il volo umanitario conterrà circa 25 tonnellate di aiuti, con 32 pallet di cibo e uno con gadget, divise sportive e palloni, destinati principalmente a ragazzi appartenenti a comunità di rifugiati di Port Sudan e alle loro famiglie. Il volo con il carico di aiuti giungerà domani mattina a Port Sudan.
L'articolo Volo umanitario in partenza da Fiumicino al Sudan: 25 tonnellate di aiuti destinati ai rifugiati – Video proviene da Il Fatto Quotidiano.
Il governo Meloni si oppone al gemellaggio tra il Comune di Riace e la Città di Gaza, in Palestina. A comunicarlo al sindaco Mimmo Lucano è stato il ministro per gli Affari regionali e le autonomie Roberto Calderoli che, martedì, ha scritto una lettera al primo cittadino (ed eurodeputato di Verdi-Sinistra) in risposta allo schema del gemellaggio trasmesso a fine novembre al ministero e sottoscritto, lo scorso agosto, dallo stesso Lucano in collegamento video con il sindaco di Gaza City Yahya Sarraj.
Nella lettera ricevuta da Lucano, su carta intestata della Presidenza del Consiglio, l’esponente del governo scrive che “a conclusione dell’istruttoria esperita presso le amministrazioni interessate, si rappresenta che il Mministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale ha espresso parere negativo alla sottoscrizione del gemellaggioâ€.
Calderoli riporta anche il parere del ministero guidato da Antonio Tajani, secondo cui “sussistono rilevanti motivi ostativi, connessi al legame esistente tra consigli locali e sindaci di Gaza e l’organizzazione terroristica Hamas, sottoposta a sanzioni da parte dell’Unione europea. Pertanto, ove effettivamente concluso, il gemellaggio in questione sarebbe suscettibile di arrecare un grave pregiudizio alla politica estera italiana. L’Italia, infatti, sostiene senza ambiguità la necessità di escludere Hamas da qualsivoglia futuro politico e securitario nella Strisciaâ€. “Ciò posto, – conclude il ministro per gli Affari regionali e le autonomie – tenuto conto delle considerazioni sopra riportate, non si ravvisano le condizioni necessarie al rilascio del prescritto assenso finalizzato alla sottoscrizione delgemellaggio in questioneâ€.
Lucano dal canto suo ribatte: “Rimango senza parole alla Vigilia di queste festività . Anche se il periodo storico che il mondo sta vivendo ci porta a trascorrere il Natale 2025 come uno dei più drammatici della storia dell’umanità , normalmente un sindaco, in questi giorni, si aspetta gli auguri dalle altre istituzioni. A Riace, invece, arriva una lettera con la quale il governo Meloni, per bocca del ministro leghista Calderoli, ci dice che non abbiamo il suo assenso al gemellaggio del mio Comune con la città di Gaza, per oltre due anni assediata da un vero e proprio genocidio messo in atto da Israeleâ€.
Per il primo cittadino di Riace, “è una lettera gravissima perché senza alcuna spiegazione nel merito, il ministero degli Esteri accusa il sindaco di Gaza di essere legato ad Hamas. Come la nostra iniziativa possa arrecare danno alla politica estera italiana dovrebbe chiarirlo il ministro Antonio Tajani che, assieme a tutto il governo, sembra più interessato a capire cosa accade a Riace, piuttosto che impegnarsi in un reale percorso di pace in Palestina. Aver voluto a tutti i costi fare il gemellaggio tra Riace e Gaza è stato un atto di fraternità umana con il quale abbiamo, nel nostro piccolo, voluto riconoscere un popolo martoriato dalla guerra. Volevamo trasformare il dolore in speranza e unirci al messaggio di un mondo che nei palestinesi vede esseri umani e non terroristi, come fa invece il nostro ministero degli Esteriâ€. Lucano si dice, in sostanza, “esterrefatto perché quello che ho letto non è altro che un tentativo di azzerare una decisione di un Comune che non si occupa solo di buche nelle strade e che, a differenza del governo Meloni, non si gira dall’altra parte davanti ai bambini uccisi a Gazaâ€.
L'articolo Il governo Meloni blocca il gemellaggio Riace-Gaza. “Pregiudizio per politica estera”. Lucano: “Senza parole” proviene da Il Fatto Quotidiano.
Il vicepresidente dell’Autorità Nazionale Palestinese, Hussein al-Sheikh, non potrà partecipare alla messa di mezzanotte della vigilia di Natale nella Chiesa della Natività a Betlemme. Secondo quanto riporta l’agenzia Wafa, infatti, le autorità israeliane hanno impedito la partecipazione al vicepresidente, bloccando “il suo convoglio” che stava entrando in città .
Secondo l’agenzia, il presidente dell’Anm, Mahmoud Abbas, aveva incaricato il suo vice di “rappresentarlo in questa occasione” e di “partecipare alla messa.
Intanto, riporta l’Associated Press, migliaia di persone si sono riversate in piazza della mangiatoia a Betlemme, pochi chilometri a sud di Gerusalemme, per celebrare la vigilia di Natale. La città ha ritrovato lo spirito natalizio dopo due anni di celebrazioni più morigerate a causa del conflitto in corso a Gaza: l’albero, assente negli ultimi anni, è tornato, così come famiglie musiche e decorazioni che affollano la città . A Betlemme è arrivato anche il cardinale Pierbattista Pizzaballa, massimo esponente della Chiesa cattolica in Terra Santa, che ha dato il via alle celebrazioni natalizie durante la tradizionale processione da Gerusalemme a Betlemme, chiedendo “un Natale pieno di luce”. “Dopo due anni di buio, abbiamo bisogno di luce”, ha detto Pizzaballa, patriarca latino di Gerusalemme, mentre attraversava il muro di separazione che separa Gerusalemme da Betlemme. Il patriarca ha raccontato di aver celebrato una messa prenatalizia con la piccola comunità cristiana di Gaza domenica scorsa e di aver visto, tra la devastazione, anche un desiderio di vita e di ricostruzione. “Noi, tutti insieme, decidiamo di essere la luce, e la luce di Betlemme è la luce del mondo”, ha detto a migliaia di persone, cristiane e musulmane, radunate in piazza.
L’allegria natalizia, però, non fa dimenticare l’impatto dell’occupazione israeliana in Cisgiordania. A Betlemme, per esempio, l’80% residenti in città , a maggioranza musulmana, dipende dalle attività legate al turismo, sensibilmente diminuito negli ultimi anni. Per questo, anche se quest’anno si è visto un lento ritorno del turismo, con una manciata di stranieri tra la folla, i residenti sperano in un ritorno alla normalità il prima possibile. “Oggi è un giorno di gioia, un giorno di speranza, l’inizio del ritorno alla normalità qui”, ha detto Georgette Jackaman, residente di Betlemme, una guida turistica che non lavora da più di due anni. “La gente è disperata, ma dopo due anni, tutti vogliono festeggiare”. Lei e suo marito, Michael Jackaman, un’altra guida senza lavoro, provengono da famiglie cristiane di Betlemme, che risalgono a generazioni fa. Questa è la prima vera celebrazione natalizia per i loro due figli, di 2 anni e mezzo e 10 mesi. Il Natale e i pellegrini religiosi sono sempre stati un motore economico fondamentale per Betlemme. Durante la guerra di Gaza, il tasso di disoccupazione in città è balzato dal 14% al 65%, ha dichiarato il sindaco di Betlemme, Maher Nicola Canawati all’inizio di questo mese. “La gente ha ancora paura di venire a trovarci”, ha detto Georgette Jackaman. “Ma se la gente viene qui, possiamo respirare un po’ di mondo, anche se viviamo con delle restrizioni”.
L'articolo “Israele vieta la messa di Natale a Betlemme al vicepresidente palestinese”. Pizzaballa: “Dopo due anni di buio abbiamo bisogno di luce” proviene da Il Fatto Quotidiano.
L’Isro, l’agenzia spaziale indiana, ha mandato in orbita il razzo più pesante mai lanciato nella storia dal suolo del Paese. Lo ha fatto sapere in un comunicato la stessa agenzia. L’evento, salutato dal premier Narendra Modi come un “passaggio significativo nel viaggio dell’India dello spazio”, è consistito nel lancio dell’AstSpaceMobile, un satellite per sistemi di comunicazione costruito negli Usa, che si è staccato dal razzo indiano LVM3-M6 e si è regolarmente collocato nella sua orbita terrestre bassa. “L’operazione”, ha aggiunto ancora Modi “dimostra le nostre capacità di lancio di razzi pesanti e conferma il nostro ruolo crescente nel mercato commerciale globale”. L’India progetta di inviare nello spazio nei prossimi mesi una missione senza equipaggio, in vista del suo primo con astronauti previsto per il 2027. Modi ha anche ripetutamente annunciato l’intenzione di inviare un equipaggio indiano sulla Luna entro il 2040.
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Un nuovo naufragio alla Vigilia di Natale. Secondo quanto riferisce sul proprio account di X l’ong Sea Watch, “116 persone hanno perso la vita nell’ennesimo naufragio del 2025. L’unico sopravvissuto è stato salvato da un pescatore tunisino“. I migranti erano partiti giovedì scorso, “e lunedì li abbiamo cercati con Seabird”, oggi “Alarm Phone conferma il naufragio avvenuto poco dopo la partenza”, si legge ancora nel post che confermerebbe quindi il sospetto delle ultime ore e cioè che il naufragio avvenuto nel Mediterraneo abbia coinvolto proprio l’imbarcazione di cui si erano perse le tracce.
L’uomo salvato da un pescatore è stato trovato sulla chiglia capovolta dell’imbarcazione che si sarebbe ribaltata nel mar Mediterraneo poco dopo la partenza dalla Libia. La scena è stata immortalata in un video e alcuni frame sono stati diffusi da Alarm Phone che ha subito pensato si potesse trattare dell’imbarcazione partita da Zuwara la sera del 18 dicembre con 117 persone a bordo, di cui la ong aveva avuto notizia alle 14 del giorno seguente: “Abbiamo ripetutamente tentato di contattare l’imbarcazione tramite telefono satellitare, senza successo. Abbiamo allertato la guardia costiera e le Ong competenti, pur non avendo una posizione Gps”.
Alarm Phone si è messa in contatto anche con la Guardia Costiera italiana: “Hanno confermato di aver ricevuto la nostra e-mail, ma hanno immediatamente interrotto la chiamata senza fornire ulteriori informazioni o rassicurazioni”. Mentre i libici “ci hanno comunicato telefonicamente di non aver soccorso né intercettato alcuna imbarcazione”.
Secondo quanto dichiara Frontex a ilfattoquotidiano.it, un’aereo dell’agenzia europea “ha sorvolato il Mediterraneo centrale il 21 e il 22 dicembre nell’ambito di una sorveglianza aerea di routine”. “In entrambi i giorni – viene sottolineato – all’equipaggio è stato chiesto di cercare una possibile imbarcazione nella zona tra la Libia e Lampedusa, ma non è stato rilevato nulla“. Sottolineando che “questi aerei operano su tratti di mare molto ampi”, Frontex spiega che “in assenza di una posizione precisa, individuare una piccola imbarcazione di legno può essere estremamente difficile, anche dall’alto”.
Una prima svolta è arrivata il 21 dicembre quando Alarm Phone racconta di aver ricevuto informazioni secondo cui alcuni pescatori tunisini avevano trovato un uomo, da solo, alla deriva sulla chiglia di una barca di legno capovolta e quasi del affondata: “L’uomo avrebbe dichiarato di essere partito da Zuwara due giorni prima e di essere l’unico sopravvissuto”.
Il naufragio – secondo la sua testimonianza – sarebbe avvenuto poche ore dopo la partenza a causa di un repentino peggioramento delle condizioni meteorologiche. “Abbiamo tentato di stabilire un contatto diretto sia con il sopravvissuto sia con i pescatori che lo hanno salvato per capire meglio cosa fosse successo e dove fosse avvenuto il naufragio, ma finora senza successo”, ha spiegato Alarm Phone che tra il 21 e 22 dicembre ha spiegato di aver chiamato “innumerevoli volte” la Guardia costiera tunisina, prima per sollecitarla a inviare mezzi di ricerca e soccorso per cercare altri sopravvissuti o recuperare corpi.
“Con che coraggio possiamo difendere i confini prima che difendere le persone? Perché non allarghiamo il presidio in mare per salvare le persone, con una collaborazione tra Europa e società civile? Sono domande che in queste ore sono insanguinate dalla morte di uomini, donne, bambini, che ipotecano il nostro futuro, il futuro della nostra Democrazia. Ancora un naufragio, alla vigilia di Nataleâ€, ha commentato il presidente della Commissione Cei che si occupa di migranti nonché presidente della fondazione Cei Migrantes, monsignor Perego, sottolineando la storia della famiglia di Nazareth, non accolta e poi costretta a fuggire in Egitto per le violenze di Erode. Per questi migranti, “contrariamente alla famiglia di Nazareth l’esito non è la salvezza, ma la violenza prima nei campi libici e poi la morte nel Mediterraneo”.
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Sovranità dell’Ucraina, forze armate, forze internazionali, adesione all’Unione europea e utilizzo del Mar Nero. Volodymyr Zelensky ha rivelato i dettagli dell’ultimo piano in 20 punti per porre fine alla guerra, affermando che è stato concordato tra i negoziatori di Kiev e Washington e inviato a Mosca. In attesa di una risposta dalla Russia il presidente ucraino ha delineato punto per punto il documento in conferenza stampa a Kiev, sottolineando tuttavia che “non c’è consenso con gli Usa sui territori e sulla centrale di Zaporizhzhia“. Parlando con i giornalisti a Kiev Zelensky ha in più aggiunto che il piano americano “non pretende che l’Ucraina rinunci formalmente alla Nato“. In più, secondo quanto riportano il Financial Times e il New York Times, il presidente ucraino avrebbe aperto alla possibilità di creane una zona demilitarizzata nell’est dell’Ucraina nell’ambito di un possibile accordo di pace: Zelensky sarebbe pronto a ritirare le sue truppe dalle aree della regione orientale del Donetsk sotto il controllo di Kiev e a trasformarle in una zona demilitarizzata. Ma l’offerta è subordinata alla condizione che la Russia ritiri le proprie truppe da un’area di territorio di pari estensione nel Donetsk.
Ma quali sono i 20 punti? Di seguito la trascrizione letterale dell’intesa:
1. La sovranità dell’Ucraina sarà riaffermata. Si dichiara che l’Ucraina è uno Stato sovrano e tutti i firmatari dell’accordo lo confermano con le loro firme.
2. Questo documento costituisce un accordo di non aggressione completo e incondizionato tra Russia e Ucraina. Per sostenere la pace a lungo termine, verrà istituito un meccanismo per supervisionare la linea di contatto attraverso il monitoraggio spaziale senza pilota, per garantire la notifica tempestiva delle violazioni.
3. L’Ucraina riceverà solide garanzie di sicurezza.
4. Le forze armate ucraine rimarranno a 800.000 effettivi in tempo di pace.
5. Gli Stati Uniti, la Nato e gli Stati firmatari europei forniranno all’Ucraina garanzie di sicurezza che rispecchiano l’Articolo 5.
6. La Russia formalizzerà una politica di non aggressione nei confronti dell’Europa e dell’Ucraina in tutte le leggi necessarie e in tutti i documenti richiesti nei documenti di ratifica.
7. L’Ucraina diventerà membro dell’Ue entro un periodo di tempo specificamente definito e godrà di un accesso privilegiato a breve termine al mercato europeo.
8. È previsto un solido pacchetto di sviluppo per l’Ucraina, da definire in un accordo separato sugli investimenti e la prosperità futura.
9. Saranno istituiti diversi fondi per la ripresa dell’economia ucraina, la ricostruzione delle aree e delle regioni danneggiate e le questioni umanitarie.
10. L’Ucraina accelererà il processo di conclusione di un accordo di libero scambio con gli Stati Uniti.
11. L’Ucraina conferma che rimarrà uno Stato non nucleare.
12. La centrale nucleare di Zaporizhzhia sarà gestita congiuntamente da tre paesi: Ucraina, Stati Uniti e Russia (su questo punto non c’è consenso tra Washington e Kiev: l’Ucraina invece vorrebbe una gestione a metà con gli americani, escludendo la Russia).
13. Entrambi i paesi si impegnano a implementare programmi educativi nelle scuole e nella società che promuovano la comprensione e la tolleranza verso le diverse culture e che eliminino razzismo e pregiudizi. L’Ucraina applicherà le norme dell’Unione Europea sulla tolleranza religiosa e sulla tutela delle lingue minoritarie.
14. Nelle regioni di Donetsk, Lugansk, Zaporizhzhia e Kherson, la linea di dispiegamento delle truppe alla data del presente accordo è di fatto riconosciuta come linea di contatto. La Russia deve ritirare le sue truppe dalle regioni di Dnipropetrovsk, Mykolaiv, Sumy e Kharkiv affinché il presente accordo entri in vigore. Forze internazionali saranno dispiegate lungo la linea di contatto per monitorare il rispetto dell’accordo (come ha spiegato Zelensky, Mosca vuole che l’Ucraina rinunci al Donetsk mentre gli Usa stanno offrendo un compromesso: una zona economica libera. Per Kiev, quest’ultima può essere adottata solo con un’approvazione speciale del parlamento o un referendum).
15. Dopo aver raggiunto gli accordi sui territori, sia la Federazione Russa che l’Ucraina si impegnano a non modificare tali accordi con la forza.
16. La Russia non impedirà all’Ucraina di utilizzare il fiume Dnipro e il Mar Nero per scopi commerciali.
17. Sarà istituito un comitato umanitario per risolvere le questioni in sospeso: tutti i prigionieri di guerra rimanenti saranno scambiati su base “tutti per tutti”; tutti i civili e gli ostaggi detenuti, compresi bambini, saranno restituiti.
18. L’Ucraina deve indire elezioni il prima possibile dopo la firma dell’accordo.
19. Il presente accordo è giuridicamente vincolante. La sua attuazione sarà monitorata e garantita da un Consiglio di Pace presieduto da Trump. Ucraina, Europa, Nato, Russia e Stati Uniti faranno parte di questo meccanismo. In caso di violazioni, saranno applicate sanzioni.
20. Una volta che tutte le parti avranno concordato questo accordo, entrerà immediatamente in vigore un cessate il fuoco completo.
L'articolo Il nuovo piano di pace per l’Ucraina, ecco i 20 punti concordati da Kiev e Usa (ma su 2 “non c’è consenso”) proviene da Il Fatto Quotidiano.
Altolà della Banca Centrale Europea ai margini di manovra dei grandi soci del Monte dei Paschi di Siena sul rinnovo del consiglio di amministrazione della banca partecipata dal ministero dell’Economia, da Francesco Gaetano Caltagirone e da Delfin. La Bce ha bocciato una delle modifiche dello statuto proposte da Mps per consentire al cda di presentare una propria lista di candidati al consiglio da sottoporre all’assemblea, che la prossima primavera sarà chiamata a rinnovare il board.
A non piacere a Francoforte, come ha anticipato Repubblica in edicola mercoledì 24 dicembre, sarebbe il principio di residualità , previsto anche nel decreto Capitali varato dal governo Meloni, che fa decadere la lista del cda se un azionista rilevante – nel caso senese si tratta del gruppo Caltagirone o di Delfin – presenta una lista di controllo per il nuovo board.
Di conseguenza, da quanto si apprende, tale principio non potrà rientrare fra le proposte di modifica dello statuto, che devono ovviamente essere approvate alla Bce per consentire al consiglio di amministrazione presieduto da Nicola Maione di convocare l’assemblea straordinaria in tempo per arrivare poi con le carte in regola all’appuntamento dei soci di primavera. E non è escluso che, per stralciare il punto controverso dalla bozza sulla quale è in corso da alcune settimane il confronto con la Bce, venga convocata una riunione del cda di Mps prima di gennaio.
Gli altri principali punti oggetto di modifica dello statuto, sui quali l’autorità di vigilanza non sembra aver sollevato rilievi, sono la possibilità per il cda di presentare una propria lista, il rinnovo del presidente per un altro mandato e l’eliminazione del vincolo attuale che impedisce a Mps di distribuire fino al 100% degli utili in dividendi.
L'articolo La Bce boccia le modifiche statutarie di Mps: niente lista residuale per Caltagirone e Delfin proviene da Il Fatto Quotidiano.
La vendita delle testate del gruppo Gedi entra nella fase decisiva e i rappresentanti sindacali dei giornalisti chiedono chiarezza. A due settimane dagli incontri con i vertici aziendali e con il sottosegretario all’Editoria Alberto Barachini, i comitati di redazione di Stampa e Repubblica denunciano l’assenza di garanzie formali sul futuro occupazionale nell’operazione che dovrebbe portare alla cessione di Stampa, Repubblica, Huffington Post e Radio Capital al gruppo Antenna della famiglia di armatori greci Kyriakou.
I rappresentanti sindacali nei comunicati pubblicati sulle due testate alla vigilia di Natale ricordano di aver chiesto “con chiarezza†che, nell’ambito dell’accordo di cessione, “sia il venditore che il potenziale acquirente si impegnassero formalmente attraverso una clausola a tutela dei livelli occupazionaliâ€. Una richiesta che, sottolineano, “ad oggi non ha avuto alcun seguito concretoâ€.
Al momento ci sono soltanto dichiarazioni pubbliche del possibile acquirente su “futuri investimenti, internazionalizzazione e sviluppoâ€, che però non si sono tradotte in impegni vincolanti. “Se fossero reali non ci sarebbe alcun problema a metterle nero su bianco in un atto di compravendita tra le partiâ€, scrivono i Cdr, aggiungendo che “in queste condizioni, il clima con cui ci avviciniamo alle festività natalizie non può essere serenoâ€.
A pesare è anche l’assenza di informazioni sullo stato di salute del gruppo che fa capo alla famiglia Kyriakou. “Rimane inevasa la richiesta, più volte avanzata ai vertici di Gedi, di poter disporre di un dossier sulla solidità finanziaria del gruppoâ€. Al momento, aggiungono i rappresentanti sindacali, “l’unico vero dossier di cui abbiamo notizia è quello commissionato dall’associazione sindacale Stampa Subalpinaâ€.
Il quadro si è ulteriormente complicato con la notizia, arrivata ieri, della vendita della Sentinella del Canavese al gruppo Ladisa. Un’ipotesi chein passato era stata “più volte esclusa con fermezza dall’azienda†e che ora trova invece conferma. “Ai colleghi della Sentinella va la nostra piena solidarietà â€, scrivono i Cdr.
La cessione è solo l’ultimo tassello di un processo di dismissione che dovrebbe culminare con la vendita di Repubblica e Stampa. Un percorso che segna l’uscita definitiva di Exor e della famiglia Elkann dall’editoria quotidiana. “Non ci sono più parole per descrivere la nostra desolazione nel vedere fatto a pezzi un fu glorioso gruppo editorialeâ€, scrivono i due cdr. Che, in assenza di “segnali chiari e impegni concretiâ€, ribadiscono la volontà di “organizzare nuove iniziative di mobilitazione a difesa dei posti di lavoro e delle redazioniâ€, come previsto dallo stato di agitazione approvato nei giorni scorsi “a larghissima maggioranza†dalle assemblee di redazione.
L'articolo I giornalisti di Repubblica e Stampa contro Gedi: “Desolazione, viene fatto a pezzi un fu glorioso gruppo editoriale” proviene da Il Fatto Quotidiano.
Mentre la Commissione e il Consiglio Ue insieme a Francia e Germania condannano la decisione degli Stati Uniti di negare il visto all’ex commissario europeo Thierry Breton come rappresaglia per il suo ruolo nell’ideare i regolamenti Ue sui mercati e i servizi digitali, dal governo italiano non arriva alcuna reazione. Palazzo Chigi resta in silenzio, così come i ministeri competenti, lasciando campo libero alla Lega. Che si schiera apertamente dalla parte dell’amministrazione Trump.
In una nota diffusa nel pomeriggio, il partito di Matteo Salvini attacca frontalmente Bruxelles e appoggi la decisione Usa. “A differenza dell’Europa, incapace di difendere sé stessa e i propri cittadini, gli Stati Uniti decidono di mettere regole stabilendo chi far entrare e chi no”, scrive il Carroccio, ostentando l’orgoglio “di essere l’unico partito ad aver votato contro il Digital Services Act“, descritto come “l’anticamera della censura†e una “vera e propria legge-bavaglio europeaâ€.
Non è ovviamente la prima volta che la Lega va allo scontro con Bruxelles sul tema delle regole europee. Ma dietro la nota si intravede anche il cambio di passo sul fronte interno annunciato pochi giorni fa dal deputato leghista Claudio Borghi. Che dopo aver minacciato la crisi se fosse passata la norma sulle pensioni infilata in manovra senza preavviso aveva lanciato un avvertimento esplicito al resto della maggioranza: “Forse qualcuno ha scambiato generosità e spirito di sacrificio con mollezza. Errori in passato ce ne sono stati e ci siamo scusati. Da adesso però forse sarà chiaro che se la Lega dice no è no”.
Da Roma oltre alla Lega, complice il giorno festivo, parla solo qualche esponente dell’opposizione. Per Piero De Luca, deputato Pd e capogruppo in commissione Affari europei, “le restrizioni di viaggio adottate dagli Stati Uniti nei confronti di funzionari e cittadini europei rappresentano un fatto gravissimo e del tutto inaccettabile. Si tratta di un atto senza precedenti nei rapporti tra alleati, che colpisce direttamente l’autonomia, la credibilità e la dignità delle istituzioni dell’Unione europea”. Solidarietà a Breton arriva dal deputato di +Europa Benedetto Della Vedova, che parla di “autoritarismo ottuso” di Trump, mentre il segretario Riccardo Magi chiede che “la premier Meloni e il ministro degli Esteri Tajani” prendano le distanze dal partito di Salvini, “che isola l’Italia in Ue”.
Per Enrico Borghi, vicepresidente di Italia Viva, la decisione “ci riporta in un clima cupo di esasperazione, caccia alle streghe e ‘blacklist’ che fu la caratteristica del clima isterico degli anni ’50 negli Stati Uniti”. “Gli Usa sanzionano Thierry Breton e altre personalità europee perché hanno difeso gli standard europei contro il far west digitale preteso da Washington. Hanno fatto bene il loro lavoro di rappresentanti di un’istituzione democratica che ci protegge. Solidarietà a loro. Aulla Lega che gioisce possiamo solo stendere un velo pietoso”, scrive sui social il leader di Azione Carlo Calenda.
L'articolo Stop al visto per Breton, Meloni tace e la Lega si schiera con gli Usa: “Decidono loro chi far entrare e chi no” proviene da Il Fatto Quotidiano.
Fabio Concato sta meglio. È lui stesso a dirlo, con un messaggio affidato ai social a poche ore dal Natale, per aggiornare i fan dopo mesi difficili segnati dalla diagnosi di tumore e dall’interruzione improvvisa dei concerti. “Tutto procede bene, fatto salvo qualche piccolo intoppo dovuto alle terapie. Sono quasi sempre sereno – (che non è poca cosa) –, e ottimista, con una gran voglia di rivedervi e di cantare insiemeâ€, scrive il cantautore.
Qualche mese fa era stato proprio Concato a spiegare pubblicamente il motivo dell’annullamento del tour estivo, che aveva destato forte preoccupazione tra il pubblico: “Cari Amici, sono stato costretto a interrompere i concerti a causa di un tumore. Mi sto curando con molta fiducia e sono tranquilloâ€, aveva raccontato allora, chiarendo per la prima volta la sua situazione di salute. Oggi, a distanza di tempo, il tono resta misurato ma incoraggiante. Concato parla delle difficoltà legate alle terapie, senza minimizzarle, ma sottolinea soprattutto il suo stato d’animo. Dice di sentire la mancanza dei viaggi, degli incontri con il pubblico e anche dei selfie, “forse sto invecchiandoâ€, scherza. Ma ciò che gli manca davvero, ammette, è la musica. E insieme alla musica, i suoi musicisti, che racconta di rimpiangere sia sul palco sia nella quotidianità lontana dai concerti.
Nel messaggio c’è spazio anche per una promessa, che arriva prima degli auguri di Natale: “Vorrei dirvi infine che questa meravigliosa vita di ‘musico ambulante’ ricomincerà presto e che farò di tutto perché accada. Vi voglio bene e vi auguro un Natale pieno di cose belle, di salute e di PACEâ€. Parole che hanno raccolto migliaia di like e commenti, segno di un affetto rimasto intatto. C’è chi scrive: “Una buona notizia, maestro, evviva! A presto nei concertiâ€, e chi cita i suoi brani più amati: “‘…tienici dentro te…’. Perché noi lo facciamo già â€. Messaggi che si aggiungono a quelli ricevuti nei mesi scorsi, quando Concato aveva raccontato quanto quelle parole di sostegno fossero importanti: “Le parole affettuose sono parole d’amore che messe insieme diventano preghiera, ed io ne respiro tutta la sorprendente energiaâ€.
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L'articolo “Qualche piccolo intoppo legato alle terapie ma tutto procede bene, sono sereno e ottimista”: Fabio Concato aggiorna i fan sulle sue condizioni di salute proviene da Il Fatto Quotidiano.
Erano entrati nel campo nomadi di via dei Gordiani, alla periferia est di Roma, per un finto blitz contro una famiglia rom. Si erano spacciati per carabinieri, indossando anche i distintivi dell’Arma al collo, e avevano smontato una parte del container portandosi via contanti, Rolex e Cartier. Peccato fosse tutto falso, compresa la loro identità . Per due dei quattro, ora arrestati, però il lavoro non era molto dissimile: si tratta infatti di due poliziotti già in servizio al commissariato Salario Parioli.
Le ordinanze di custodia cautelare in carcere nei confronti dei 4 sono state firmate dal giudice al termine dell’indagine dei carabinieri, quelli veri, del Nucleo investigativo di Ostia, in collaborazione con la Squadra Mobile di Roma. Secondo quanto ricostruito dagli investigatori, quattro uomini si sarebbero introdotti nell’abitazione di due coniugi presentandosi come “Carabinieri dei Parioli” e indossando un distintivo al collo: avrebbero quindi simulato una perquisizione domiciliare, sostenendo di dover cercare armi e droga.
Le vittime, insieme ai figli minori, sarebbero state costrette a rimanere all’interno dell’alloggio, con la porta d’ingresso chiusa. In un clima di forte intimidazione, uno degli aggressori avrebbe urlato contro la donna della coppia che manifestava dubbi sulla loro reale identità , provocandole un malore e causando al figlio 12enne un grave stato di paura. Nel corso della falsa perquisizione, i rapinatori avrebbero anche smontato con un trapano i pannelli di rivestimento delle pareti dell’abitazione, riuscendo a individuare i nascondigli utilizzati per custodire i beni di valore.
Se n’erano così andati con circa 5.000 euro in contanti e sei orologi di lusso, cinque Rolex e un Cartier. Carabinieri e poliziotti sono risaliti ai quattro dopo la denuncia delle vittime, seguita dall’analisi dei sistemi di videosorveglianza presenti in zona e accertamenti tecnici sui tabulati telefonici. Oltre ai due poliziotti in servizio presso il Commissariato ‘Salario Parioli’, già sospesi e agli arresti domiciliari per altri motivi, sono stati portati in carcere un cittadino marocchino e uno croato, entrambi con precedenti penali e recidivi reiterati. Proprio il cittadino croato avrebbe avuto il ruolo di basista, fornendo ai complici informazioni dettagliate sull’abitazione da colpire e sui nascondigli dei valori.
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