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Giustizia a cura di Redazione Giustizia
Arrestato in flagranza primario del Sant’Eugenio di Roma: “Ha intascato tangente da un imprenditoreâ€

Li hanno beccati proprio mentre si scambiavano il denaro, una mazzetta da 3mila euro. Per questo la polizia ha arrestato in flagranza il primario di Nefrologia dell’ospedale Sant’Eugenio, Roberto Palumbo, e l’imprenditore Maurizio Terra, amministratore unico della Dialeur, azienda che fornisce strumentazione per la dialisi. Entrambi sono accusati corruzione. L’operazione risale a giovedì – secondo quanto anticipato dal Corriere della Sera – ma la notizia è trapelata solo nella giornata di sabato e il giudice per le indagini preliminari non ha ancora convalidato la misura richiesta dalla Procura di Roma con l’aggiunto Giuseppe De Falco.

L’inchiesta che ha portato all’arresto di Palumbo, che da anni collabora con la Regione Lazio per affrontare le problematiche nefrologiche regionali ed è stato nella Commissione regionale di vigilanza sull’emodialisi, vede complessivamente dodici persone indagate. Il primario sarebbe stato fermato dagli agenti della Squadra Mobile proprio nel momento in cui intascava i 3mila euro dall’imprenditore: il primo è in carcere, l’altro ai domiciliari.

Secondo la ricostruzione dell’inchiesta, tuttavia, l’episodio non sarebbe un caso isolato ma si inserirebbe in un giro di tangenti legato alle dimissioni di pazienti che venivano poi indirizzati, come sarebbe accaduto per quello pagato 3mila euro appunto, in strutture sanitarie private. Tra gli indagati figurerebbero proprio i responsabili delle case di cura che offrono servizi specifici per i dializzati. Stando agli accertamenti dei magistrati, i soldi per le mazzette al primario – e non si esclude anche ad altri medici – sarebbero il provento di false fatture che venivano emesse da una società creata ad hoc.

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Data articolo:Sun, 07 Dec 2025 19:18:07 +0000
Mondo a cura di Redazione Esteri
Ucraina, Trump jr: “Mio padre potrebbe abbandonare le trattative per la paceâ€

Donald Trump potrebbe abbandonare il processo di pace in Ucraina. La doccia gelata per l’Unione europea e il governo di Kiev è arrivata da Donald jr, primogenito del presidente degli Stati Uniti. “Per anni gli americani hanno firmato gli assegni – ha detto l’imprenditore, figlio del tycoon e di Ivana Trump, durante un’intervista rilasciata a Sky News durante il Doha Forum 2025, in Qatar -. L’opinione pubblica americana ora non ha più voglia. Dall’inizio dell’invasione dell’Ucraina ho sentito dire che la guerra in Ucraina era la priorità per i repubblicani. E ho sempre pensato che fosse strano perché, pur parlando direttamente con gli americani, non ho mai sentito dire nulla del genere. Non siamo gli idioti che firmano assegni”.

Nelle stesse ore in cui con la sua nuova nuova dottrina strategica Washington sembra voler abbandonare l’Ue al proprio destino nel contrastare la minaccia incarnata dalla Russia e Mosca si dice in linea con questo approccio, il figlio del tycoon infligge un nuovo colpo a Bruxelles. “Vogliamo la pace, ma qual è l’idea per l’Europa che è al confine con la Russia? Il piano degli europei è vincere a livello economico e aspettare che la Russia finisca in bancarotta. Questo non è un piano”, ha detto Trump Jr ribadendo che “tutti devono fare la loro parte“. Ovvero l’idea alla base della nuova dottrina annunciata a più riprese dall’amministrazione Usa: l’Unione europea deve cominciare a organizzarsi per difendersi da sola dalla minaccia rappresentata dalla Russia, aumentando la spesa per la difesa militare, perché nei prossimi anni gli Stati Uniti saranno impegnati nella competizione in corso nell’Indo-pacifico con la Cina.

“Putin sta usando la guerra per ricostruire la sua manifattura – ha proseguito Trump jr -. Le sanzioni imposte non hanno fatto nulla, se non aumentare i prezzi, consentendogli di finanziare la guerra. Finora non ci sono stati incentivi per sedersi al tavoli. Zelensky sapeva che non avrebbe vinto un’elezione, Putin stava costruendo la sua base manifatturiera. Il risultato è stato migliaia di giovani morti per nulla”.
A chi gli chiedeva se suo padre intendesse abbandonare le trattative per arrivare a un cessate il fuoco in Ucraina, Trump Jr ha risposto: “Penso che potrebbe farlo. Quello che mio padre ha di unico è che non sai mai quello che farà. Il fatto che è imprevedibile e non segue un copione costringe tutti a confrontarsi in un modo intellettualmente onesto”.

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Data articolo:Sun, 07 Dec 2025 19:08:02 +0000
Media a cura di Marco Pasciuti
Gli italiani e il ritorno della leva: la giungla dei sondaggi e i titoli “furbi†che parlano di maggioranza a favore del servizio militare (a dispetto dei dati)

Un sondaggio, una tendenza che non emerge netta, un titolo che ne dà una lettura univoca, l’articolo che inizia dicendo l’esatto contrario. E’ quello realizzato da Izi Spa sul servizio militare presentato il 5 dicembre durante l’Aria che tira, su La7. Lo stesso giorno La Stampa lo riprende con un articolo sul proprio sito web su quale campeggia questo titolo: “Un italiano su due vuole la leva obbligatoria. E il 65% la chiede anche per le donne“. Tutto chiaro, sembrerebbe. Invece no, perché andando a guardare i dati le cose non stanno esattamente così.

Secondo l’istituto che ha condotto la rilevazione gli italiani favorevoli sono il 47%, quindi meno di uno su due come riferisce il quotidiano torinese. Tanto che l’inizio dell’articolo racconta il contrario di quello che dice il titolo: “La maggioranza degli italiani resta contraria alla proposta di reintroduzione della leva militare obbligatoria”. Se poi si va a guardare un po’ più in profondità nei dati emerge un’altra contraddizione e si scopre che la realtà è molto più variegata perché, prosegue il pezzo, “il servizio di leva per un periodo di 12 mesi convince il 26,2% di coloro che sono a favore” (in realtà, a guardare il grafico, sarebbe il 26,2% del totale, ndr). Ma tant’è, il titolo comanda, è quello che colpisce la volatile attenzione che il lettore riesce a garantire a un articolo sul web, è ciò che resta impresso nella sua memoria e che sul medio-lungo periodo crea narrazioni capaci di plasmare il sentire dell’opinione pubblica.

Ma qual è la composizione del campione di italiani che hanno risposto al sondaggio? Quanti sono? Che età hanno? Come è stata condotta la rilevazione? Non è dato sapere, perché La Stampa non pubblica la nota metodologica, obbligatoria per legge, che descrive i criteri usati per effettuarla. Inutile cercarla anche sul sito di Izi Spa. In soccorso del lettore curioso ma disorientato arriva Orizzontescuola.it, che riprende il sondaggio aggiungendo un particolare: “La rilevazione è stata condotta su un campione rappresentativo di 800 cittadini italiani“. E dà una lettura diametralmente opposta dei dati, titolando: “Il 53% degli italiani contrario alla reintroduzione della leva militare obbligatoria”. A dimostrazione della duttilità dello strumento, che per natura si presta a essere adattato e piegato a una molteplicità di narrazioni.

Eppure conoscere la composizione del campione sarebbe importante per leggere in maniera corretta i risultati: con l’età media della popolazione che secondo l’Istat è di 46,8 anni sarebbe interessante capire chi ha risposto alle domande. Quanti anni hanno coloro che si sono detti favorevoli alla leva militare? Sono i 50-60-70enni di oggi che ricordano con tenerezza il periodo fatato della loro gioventù e che una caserma nei panni di commilitoni non la rivedranno mai mai? O sono i più giovani, che sarebbero direttamente interessati dalla riforma? Non è dato sapere.

Lo stesso 5 dicembre anche il Sole24Ore ha pubblicato un articolo sul tema. Titolo: “Sondaggio: la maggioranza degli italiani è favorevole alla leva obbligatoria“. La rilevazione è sviluppata, riferisce il quotidiano milanese, “attraverso interviste telefoniche a mille persone, effettuate dal 3 al 6 novembre”. In questo caso, si penserà, le note metodologiche sono a malapena accennate ma almeno ci dicono di quante persone è composto il campione. Invece procedendo con la lettura la questione si fa più nebulosa: “Domanda – prosegue l’articolo -: (…) ‘Il servizio militare obbligatorio dava un senso civico e della nazione ai cittadini che oggi non c’è più’. Su cento risposte, in 28 hanno risposto “moltoâ€; in 34 “abbastanzaâ€. Non sono “per nulla†d’accordo in 19, mentre 14 sono “poco d’accordoâ€. Perché “cento risposte”? I sondaggiati non erano mille? Ci si intendeva probabilmente riferire ai valori percentuali, ma allora perché non utilizzare il simbolo “%” in modo da non generare dubbi nel lettore?

La confusione aumenta con il passare delle righe: “Lei è d’accordo o non d’accordo per ripristinare una leva obbligatoria di tipo protezione civile, in Italia, con solo una piccola quota volontaria di giovani che fa il servizio armato?”, è la domanda. “Su cento risposte, si sono detti d’accordo in 59 (24 ‘molto’ e 35 ‘abbastanza’)”. Se ne evince che il servizio al quale i 59 italiani sarebbero favorevoli sarebbe di protezione civile, quando l’espressione “leva obbligatoria” nel titolo fa pensare a un servizio militare vero e proprio.

L’autore del rilevamento è un non meglio precisato “istituto di ricerca Remtene” e i suoi risultati “sono stati pubblicati il 28 novembre, nel sito della Presidenza del Consiglio dedicato a questo tipo di indagini”. Qual è questo sito? Forse si tratta di sondaggipoliticoelettorali.it dove per legge devono obbligatoriamente essere resi disponibili tutte le rilevazioni che abbiano valenza politica ed elettorale? Il Sole non lo dice. Di certo si tratta di quella stessa Presidenza del Consiglio guidata da Giorgia Meloni al cui partito Fratelli d’Italia appartiene il ministro della Difesa Guido Crosetto che non più tardi del 27 novembre – il giorno prima della pubblicazione del sondaggio – ha annunciato un ddl che prevede un servizio di leva su base volontaria: “Il documento non parlerà soltanto di numero di militari ma proprio di organizzazione e di regole”, ha specificato il ministro. E la narrazione è servita.

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Data articolo:Sun, 07 Dec 2025 18:54:12 +0000
F1 & MotoGp a cura di Alec Cordolcini
Formula 1, le pagelle della stagione: Verstappen come l’Olanda al Mondiale ’74, la Ferrari disastrosa (anche a parole)

Va in archivio una stagione 2025 bella e palpitante, che ha visto addirittura un triello finale per la conquista del titolo Piloti. Di seguito i nostri vostri al campionato appena chiusosi ad Abu Dhabi.

10 MAX VERSTAPPEN

Il migliore, anche se non ha vinto. Come l’Olanda ai Mondiali di Calcio del 1974. Lotta contro una monoposto inizialmente in formato tronco, non si fa intossicare dai veleni del crepuscolo dell’era Horner, si aggrappa a tutto quello che può per limare il più possibile a un’auto dominante come la McLaren, ribaltando nel set up dei week-end di gara la sua RB21. A volte la Red Bull è talmente scarica a livello aerodinamico che, con un altro pilota al volante, volerebbe via. Esce da Zandvoort a 104 punti dal leader e si presenta ad Abu Dhabi con margine ridotto a 12, riaprendo a suon di vittorie un Mondiale monopolizzato dalla McLaren. Finisce a -2, conquistando quasi il 94% dei punti totalizzati dalla Red Bull, terza nel Costruttori. Fenomeno assoluto.

9 MCLAREN

La MCL39 è stata una monoposto frutto di un progetto tecnico talmente ben pensato e integrato da risultare superiore a tutti i vuoti emersi nel team nel corso della stagione: la discontinuità manifesta di Lando Norris (voto 8) e Oscar Piastri (voto 7), ognuno con le proprie debolezze; le scelte strategiche non sempre ottimali; una politica interna delle Papaya Rules talvolta ai limiti dell’autosabotaggio. Ma il divario con le rivali, pur assottigliatosi nel finale quando sono stati interrotti gli sviluppi per concentrarsi sul 2026, ha garantito una rete di protezione efficace ad assorbire qualsiasi caduta. Risultato? Secondo titolo Costruttori consecutivo, e primo titolo Pilota dal 2008. Un successo, per il rapporto pilota/macchina, dal sapore Brawn GP.

8 ANDREA KIMI ANTONELLI

Growing up in public, canterebbe Lou Reed. Il rookie più atteso non ha deluso le aspettative, correndo veloce, commettendo errori e risorgendo dagli stessi. In poche parole, crescendo e maturando in pista. Il primo podio in Canada è arrivato nel mezzo del black out europeo, dal quale è riemerso con prepotenza terminando in netto crescendo: secondo in Brasile, terzo a Las Vegas, con prestazioni a livello del compagno di squadra George Russell (voto 8). Uno che la Mercedes, però, la guida dal 2022.

7 MATTIA BINOTTO

Punti Kick Sauber nel Costruttori 2024: 4. Punti nel 2025: 70. Non sufficienti, è vero, per andare oltre il nono posto, ma la classifica non rende giustizia a un’annata piena di cose importanti. Come il podio a Silverstone, il primo per la Sauber dal 2012, il primo per Nico Hulkenberg dopo 238 gare. Come il sesto posto in Ungheria di Gabriel Bortoleto, debuttante a cui sono stati forniti tutti gli strumenti per mostrare il proprio valore. Poche chiacchiere, tanto lavoro, lucidità operativa e una sana voglia di rivincita: Binotto a Hinwil ha fatto centro, in attesa dell’arrivo di Audi.

6 CARLOS SAINZ

Inizio faticoso, difficile, a testimonianza di come anche i migliori manici abbiano la necessità di ambientarsi in un contesto nuovo. Ma quando si è presentata l’occasione, è stato lui a coglierla, con classe ed esperienza: terzo posto in Azerbaigian (podio che in Williams mancava da Baku 2017, non contando la farsa di Spa 2021), terzo in Qatar. Il compagno Alexander Albon ha raccolto più, ma i momenti clou per la scuderia di Grove, quinta forza nei Costruttori, sono stati tutti firmati dal Matador.

6 ISACK HADJAR

Debutta in Australia finendo in testacoda nel giro di formazione, finisce in lacrime e Helmut Marko (voto 2 per la sistematicità con la quale butta ogni cosa in cagnara) lo deride. Un macigno che il pilota francese riesce trasformare in energia positiva, andando a punti con discreta regolarità fino a centrare un incredibile podio a Zandvoort. Dopo Antonelli, è lui il miglior rookie. Adesso, superato a pieni voti l’apprendistato in VCARB, lo attende il sedile di Yuki Tsunoda (voto 5) nel tritacarne Red Bull. Auguri.

5 LEWIS HAMILTON

I fatti, nudi e crudi: l’unica volta che la Ferrari ha chiuso una gara stagionale davanti a tutti, nella Sprint race in Cina, al volante c’era lui; il suo compagno Charles Leclerc (voto 7) lo ha regolarmente bastonato in qualifica e in gara. I fuochi d’artificio del Castello Sforzesco sono svaniti tra le pieghe malinconiche di un rapporto con il team mai decollato, sommando una serie di errori individuali e collettivi tra i quali è difficile districarsi. Mai a podio, vanta anche il peggior rapporto tra investimento e risultato: stipendio alla mano, ogni suo punto è costato alla Ferrari 450mila dollari, contro i 180mila di Verstappen, i 150mila di Leclerc, gli 80mila di Norris, i 70mila di Russell, i 50mila di Piastri e i 30mila di Antonelli.

4 ALPINE

Declino triste, suggellato dall’ultimo posto nei Costruttori e dall’addio della Renault alla produzione di power unit. Ma le brutte annate capitano a chiunque. Però, proprio nell’anno in cui Felipe Massa ha ottenuto il via libera per agire in giudizio contro la FIA per il crashgate del 2008, continuare a vedere al muretto il principale artefice di quella truffa, Flavio Briatore, rimane un fastidio per chiunque conservi una certa etica sportiva. Dove non arriva la giustizia (per un cavillo legale, non per innocenza dell’imputato – è bene ricordarlo), dovrebbe farlo il buon senso.

3 COMUNICAZIONE FERRARI

Non è la prima annata sotto le aspettative vissuta a Maranello, anche se il lungo digiuno da titoli non giova alla serenità ambientale. In Ferrari però il vero disastro, quest’anno, è stato a livello comunicativo, tra le sparate di John Elkann e le analisi proposte da Fred Vasseur (la chicca? Il vento che ha mandato Leclerc nel muro a Baku). Un’autentica coppia di maestri del tua culpa: i piloti che parlano troppo, i giornalisti che speculano, Cardile – ora in Aston Martin – che ha progettato la macchina (chissà come mai, però, i meriti del bel finale Ferrari del 2024 se li era presi Vasseur). Supponenza a mille, autocritica a zero.

0 STEFANO DOMENICALI e MOHAMMED BEN SULAYEM

Il primo si rimangia la promessa fatta di recuperare il GP di Imola saltato per l’alluvione mediante l’estensione di un anno del contratto con il circuito Enzo e Dino Ferrari, tolto invece dal calendario 2026. Il secondo si inventa un regolamento su misura per impedire altre candidature alle elezioni presidenziali FIFA in programma venerdì prossimo. Il peggio del Circus, per distacco.

POSTILLA

Non un voto ma un grande augurio a Carlo Vanzini. Può non piacere per i toni e la faziosità (specialmente per chi non tifa Ferrari), ma di fronte a una battaglia per la salute tutto scompare. La speranza è quella di continuare ad ascoltarlo ancora per lunghissimo tempo. Su i motori, Carlo.

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Data articolo:Sun, 07 Dec 2025 18:53:51 +0000
Mondo a cura di Redazione Esteri
Nato “amica†dei Brics e Difesa Ue allargata ai Balcani: l’idea di Crosetto per risvegliare l’Occidente

L’Occidente, vecchio e stanco, “balla sull’orlo del precipizio. E pare non capire, non reagire, non elaborare”. Guido Crosetto, che ieri aveva commentato la Nuova strategia di sicurezza nazionale degli Stati Uniti (“Trump ha semplicemente esplicitato che l’Europa gli serve poco o nulla” nella competizione con la Cina), oggi ha affidato a un’intervista ad Avvenire la propria ricetta per risvegliare la nostra parte di mondo, basata sulla necessità di dialogare con le potenze che fino a oggi sono state schierate sul lato opposto della barricata.

“Nel 2100 la popolazione italiana crollerà a 35 milioni di abitanti -, premette il ministro della Difesa – il 40 per cento in meno di quella attuale, l’Africa toccherà invece quota 3,7 miliardi. L’età media in Italia salirà a 53 anni, in Africa sarà di 17”. Numeri che fotografano un’emergenza natalità contro cui l’Europa e l’Italia sono chiamate a fare qualcosa: “Senza crescita della popolazione saltano i welfare dell’intero Occidente. Una catastrofe. I Pil andranno a picco, i sistemi sanitari non reggeranno l’invecchiamento, le pensioni non verranno più pagate”. Come si rimedia? “Dovremmo introdurre, già da subito, una misura choc per provare a invertire la rotta: tasse zero per quelle famiglie che fanno più di due figli“.

Quello che accadrà se non faremo qualcosa per invertire la tendenza “ci deve far paura. Almeno quanto la fanno Russia e Cina“. A proposito, “io non penso che la Russia muoverà guerra all’Europa – dice Crosetto -. Ma quello che mi dicono i colleghi dei Paesi del Nord e dell’Est Europa è un timore che, ai loro occhi, risulta più che fondato. Per loro il tema è solo capire ‘quando’ lo farà. Non se lo farà”.

Cosa può fare, allora, la nostra parte di mondo per evitare la catastrofe? “Dobbiamo, tutti insieme – e intendo tutti gli Stati e gli organismi multilaterali mondiali, compresi gli Stati che, ieri, facevano parte del “Sud globale†-, ripensare le strutture multilaterali e i sistemi istituzionali” e “occorrono anche una nuova Europa e una nuova Nato, più inclusiva, globale, che guardi ben molto oltre l’Atlantico. Penso a una sempre più pressante, necessaria, vera difesa europea, convinto che l’Europa a 27 è troppo piccola. La necessità è una difesa continentale in cui coinvolgere Paesi che, oggi, sono fuori dai “confini†della Ue: il Regno Unito, la Norvegia, l’Albania, i balcanici”.

Non solo. “Serve una trasformazione profonda e veloce della Nato, che la faccia diventare una struttura capace di garantire un’alleanza per la pace nel mondo, un ‘braccio’ armato ma democratico, di una Onu rinnovata, uscendo dal ruolo di organizzazione di difesa del solo Occidente ‘atlantico’”. E come si fa? La Nato, così com’è è stata percepita per decenni e cioè come un nemico per i Paesi del Sud, per i Brics (Brasile, Russia, India, Cina, Sud Africa, ndr), deve invece aprirsi e allargarsi. Deve pensare al mondo, non solo a una sua parte”.

Una prospettiva, quella che India e Cina possano in una qualche forma entrare nell’orbita della Nato, difficile da immaginare: per quale motivo Pechino e Nuova Dehli dovrebbero avvicinarsi al Patto atlantico che è un’alleanza anti-Russia, quando la Cina compra petrolio e gas da Mosca tenendola economicamente in vita nel corso di una guerra che in assenza di questo intervento potrebbe ridurla sul lastrico? Riguardo l’India, poi, nel 2023 negli Stati Uniti la Commissione Speciale della Camera sulla Competizione Strategica tra gli Stati Uniti e il Partito Comunista Cinese aveva proposto che l’India entrasse in una versione allargata del meccanismo Nato Plus, ma solo a livello di collaborazione e in ogni caso in chiave anti-cinese. Pensare, quindi, che l’India e la Cina – in questo momento entrambe vicine alla Russia – possano entrare o collaborare con la Nato appare un controsenso.

Le minacce, secondo il ministro, non mancano neanche sul fronte interno: “Sono spaventato da una violenza che cresce, da un odio ideologico e politico che si cerca di alimentare”. Da qui al richiamo allo spettro degli Anni di piombo il passo è breve: “Qualcuno – e non mi riferisco a una parte politica specifica – sta contribuendo a creare un humus che assomiglia a quello degli anni Settanta, anni della violenza e del terrorismo. Foto bruciate nelle piazze, confronti negati nelle Università, assalti alle redazioni dei giornali. Si respira un’aria brutta, pesante, irragionevole. Non vorrei che all’improvviso ci trovassimo a fare i conti con delle ‘Brigate Rosse 4.0’“.

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Data articolo:Sun, 07 Dec 2025 18:53:50 +0000
Cronaca a cura di Andrea Tundo
“Mentana mi ha detto: ‘Lei fa le maratone del sesso'â€: il post della consigliera Pd di Milano dopo la cerimonia dell’Ambrogino

La denuncia non arriva né in maniera anonima né in via riservata. Ma a farla è una consigliera comunale milanese del Pd con un post su Facebook, pubblico e aperto a tutti. L’accusa è rivolta a Enrico Mentana, protagonista – racconta Simonetta D’Amico, eletta a Palazzo Marino con il Partito Democratico – di una battuta sessista, rivolta nei suoi confronti. “Mi ha lasciata interdetta a dir poco”, ha spiegato la donna, 53 anni, avvocata. L’episodio sarebbe accaduto subito dopo la consegna della più alta benemerenza del Comune di Milano, l’Ambrogino d’Oro, consegnato domenica mattina al Teatro Dal Verme.

È lì che D’Amico, al termine delle premiazioni, decide di avvicinare il direttore di Tg La7 e il maratoneta Iliass Aouani, bronzo mondiale a Tokyo 2025 che era stato candidato all’Ambrogino proprio dalla consigliera. Anche lei, del resto, è una maratoneta, seppur amatoriale: ha corso nel 2019 a New York e nel 2021 a Berlino. Così – spiega – le viene spontaneo chiedere una foto a entrambi, con un invito scherzoso: “Stavamo facendo le foto con Iliass, lì vicino c’era anche Mentana anche lui premiato – ha scritto in un post su Facebook – Gli ho detto: ‘Facciamoci una foto insieme: lui maratoneta mondiale, lei fa le maratone televisive e anche io faccio le maratone”.

A questo punto, spiega D’Amico, sarebbe successo quel che non si sarebbe mai aspettata: “Risposta di Mentana: maratone del sesso”, scrive sempre sui social. “Sono rimasta senza parole e non ho neanche avuto la prontezza di rispondere e rimetterlo al suo posto. Penso che molti uomini, soprattutto âgé, non abbiano ancora capito che certe frasi non sono né goliardiche né simpatiche e incarnano perfettamente certi stereotipi fortemente sessisti”. E aggiunge: “Era lì con me Roberta Osculati (vicepresidente del Consiglio comunale, ndr). Siamo rimaste freezate (bloccate, ndr) da questa frase. Ci siamo guardate agghiacciate”.

Nel pomeriggio, anche Mentana ha postato su Facebook una foto della cerimonia con Aouani e proprio Osculati commentando: “Che gioia conoscere stamattina alla cerimonia degli Ambrogini d’oro un grande vero maratoneta, Iliass Aouani. Complimenti campione”. A D’Amico ha espresso solidarietà Michele Albiani, anche lui consigliere comunale e responsabile Diritti del Pd metropolitano: “La frase che le è stata rivolta da Mentana non è una battuta infelice né una goliardata: è un’espressione sessista, fuori luogo e umiliante, che non dovrebbe trovare spazio in nessun contesto, tantomeno istituzionale. Colpisce che episodi di questo tipo avvengano ancora oggi, in occasioni pubbliche, davanti ad altre persone, e vengano pronunciati con leggerezza, come se fossero normali. Non lo sono. Sono il prodotto di una cultura che continua a minimizzare, giustificare o derubricare parole che in realtà riflettono stereotipi profondamente radicati”. Quindi ha ringraziato D’Amico per averlo raccontato: “Dare un nome alle cose è il primo passo per cambiarle. Il rispetto non è un’opzione e non può dipendere dall’età, dal ruolo o dal contesto. Milano deve continuare a essere una città che non tollera ambiguità o omertà su questi temi. Il lavoro culturale da fare è ancora molto, e riguarda tutti”.

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Data articolo:Sun, 07 Dec 2025 18:02:32 +0000
Lavoro a cura di Redazione Economia
Gaggio Tech, nuova crisi a tre anni dal salvataggio: oltre 100 lavoratori a rischio. Fiom: “Per la terza volta un imprenditore abbandona il sitoâ€

Tre anni fa il salvataggio arrivò dopo 100 giorni di mobilitazione, oltre tre mesi passati davanti ai cancelli della fabbrica con la pioggia, la neve e il freddo dell’inverno dell’Appennino bolognese (QUI UN REPORTAGE DEL FATTO SULLA PROTESTA). La loro storia fu un segnale di speranza e fu raccontata da tutti i giornali anche per la straordinaria tenacia e il notevole sacrificio dei lavoratori, in gran parte donne. Per questo oggi è ancora più dura per gli oltre 100 dipendenti della Gaggio Tech, la ex-Saga Coffee di Gaggio Montano (nata a sua volta dalla crisi della Saeco), che rischiano di nuovo di rimanere a casa. Dal 1 ottobre sono in cassa integrazione dopo la decisione del socio di maggioranza, Alessandro Triulzi, di mettere in liquidazione l’azienda comunicata in primavera. L’unico ramo della produzione che sta andando avanti è quello del reparto per la piegatura delle lamiere che impiega 25 dipendenti.

“I lavoratori e le loro famiglie vivono una condizione di vero e proprio dramma sociale” è l’appello della Fiom. “È’ prevista la cassa integrazione per cessazione dell’attività fino a settembre 2026, ma si tratta di una risposta temporanea che non risolve il problema fondamentale: assicurare continuità occupazionale e industriale sul territorio. Per la terza volta, infatti, un imprenditore abbandona il sito produttivo, riproducendo un copione già visto nelle precedenti vertenze. Anche la scelta del socio di maggioranza di liquidare la propria quota conferma l’assenza di responsabilità verso i lavoratori e verso il territorio”.

La storia della Gaggio Tech segue una trama simile a quella di altre grosse crisi industriali italiane, con salvataggi che si rivelano fasulli, e processi di reindustrializzazione supportati da fondi pubblici che si arenano dopo pochi anni. Alla Gaggio Tech i licenziamenti furono scongiurati con l’ingresso nel 2022 di una nuova società partecipata dalle aziende Tecnostamp e Minifaber. Oggi quel progetto per il rilancio sembra sfumato ed è rimasta solo l’angoscia di chi, ancora una volta, non vede un futuro. La Regione Emilia Romagna a ottobre ha comunicato di aver sospeso i fondi della legge 14, quelli per l’attrazione di investimenti nel territorio, e di aver chiesto all’azienda la restituzione dei 310mila euro erogati per rilancio del sito produttivo. I sindacati sottolineano inoltre come i lavoratori abbiano anche subito una beffa. Coloro che, durante la precedente crisi, hanno accettato il nuovo progetto industriale rinunciando agli 80mila euro di buonuscita offerti dalla vecchia proprietà ora si ritrovano con un pugno di mosche.

Intanto tra i lavoratori dominano l’angoscia e lo sconforto per l’ennesima speranza sfumata. I sindacati hanno lanciato l’appello alle istituzioni locali: “Fate presto, non c’è più tempo”. La Fiom ha ribadito la necessità di “allargare il ragionamento alla condizione del manifatturiero dell’Appennino, un’area oggi a forte rischio di desertificazione industriale. Qui perdere il lavoro significa spesso non avere possibilità di ricollocazione, e ciò impone una responsabilità sociale ben più forte alle imprese del territorio. Nessun lavoratore deve essere licenziato senza una prospettiva occupazionale. Non possiamo lasciarli soli, né trasformare le vertenze dell’Appennino in casi isolati destinati all’abbandono“. All’assemblea di venerdì ha partecipato anche il presidente della Regione, Michele De Pascale, che ha visitato lo stabilimento insieme al sindaco di Bologna Matteo Lepore. “Dobbiamo fare qualcosa di diverso da quanto fatto fino a oggi, per non trovarci di nuovo nella situazione delle altre tre volte. Difendere il sito di Gaggio è strategico per tutta la Regione”, ha detto de Pascale, aggiungendo che la Regione ha “avviato contatti per individuare soggetti disponibili a investire, dare commesse e muoversi in squadra”.

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Data articolo:Sun, 07 Dec 2025 17:26:12 +0000
Giustizia a cura di Vincenzo Iurillo
Il ‘Sistema Sorrento’ protetto dal patron del settimanale locale: “Assunzioni e mazzette in cambio di buona stampaâ€

Contratti, assunzioni e mazzette in cambio di ‘buona stampa’ sul settimanale ‘Agorà’, una sorta di house organ del ‘Sistema Sorrento’. Dai verbali inediti delle indagini sullo scientifico meccanismo di corruzione intorno agli appalti messo in piedi dall’ex sindaco Massimo Coppola, emerge il ruolo complice e asservito dell’informazione locale su carta. Il cui dominus era Francesco Di Maio, giornalista pubblicista, arrestato il 20 maggio insieme a Coppola in flagranza di reato, mentre intascavano l’ultima rata delle tangenti dell’imprenditore di Prisma Michele De Angelis. Di Maio è stato il principe del giornalismo-propaganda in costiera sorrentina, in qualità di direttore di fatto e patron di ‘Agorà’, settimanale con prezzo di copertina un euro e 20 centesimi, molto diffuso nelle edicole della zona sin dalla nascita, avvenuta negli anni ‘90.

Forte di questa fama consolidata nel tempo, Di Maio bussava alle porte dei sindaci e delle amministrazioni comunali di Sorrento, Piano di Sorrento e Sant’Agnello, proponendosi per collaborare nelle istituzioni locali. Ufficialmente, come esperto di giornalismo e comunicazione. Ufficiosamente, nel pacchetto c’era anche la certezza che su ‘Agora’ ci sarebbe stato un trattamento di favore. Altrimenti, potevano partire campagne ostili.

Dal 2022 fino all’arresto, Di Maio ha lavorato nello staff di Coppola con un part time di 18 ore a settimana. L’ex sindaco spiega come e perché avvenne il matrimonio in uno stralcio del verbale dell’11.9.25, depositato dalla Procura di Torre Annunziata con la conclusione delle indagini del filone ‘Prisma’, e il rinvio a giudizio immediato dei due imputati. “Di Maio – ha affermato Coppola – mi fece capire che, per avere una linea editoriale a mio favore, doveva ricevere delle gratificazioni come successe a Piano di Sorrento quando, sotto l’amministrazione Iaccarino, venne assunto al Comune per redigere articoli in favore dell’amministrazione”.

Detto, fatto. Per tre anni ‘Agorà’ canterà le lodi del ‘supersindaco Coppola’, virgolettato attribuito sul settimanale al magnate di Msc Gianluigi Aponte in una delle sue rare trasferte a Sorrento.

Di Maio è una delle concause del primo arresto di Coppola. È stato l’intermediario dell’accordo indebito tra l’ex sindaco e Michele De Angelis, ricevendo una fetta della torta, il 30% delle tangenti. Di Maio e De Angelis erano amici. L’imprenditore era una specie di ‘editore occulto’ di Agorà – anche se lui ha negato davanti agli inquirenti – aveva fornito a Di Maio la stampante per produrre il giornale, ne ricaricava i toner, pagava il giornalista per consulenze editoriali, fatturate, che in pratica servivano a ottenere articoli favorevoli all’immagine della sua coop specializzata in refezioni scolastiche. De Angelis, pur minimizzando, ha confermato la circostanza nell’interrogatorio del 3.6.25: “Io ho chiesto (a Di Maio, ndr) ogni tanto di pubblicare qualche articolo sull’azienda o di prendere le mie difese se qualcuno attaccava la mia ditta, ma ho sempre pagato per questi servigi e questi servigi Di Maio li faceva a tuttiâ€.

Agorà era un giornale al servizio dei protagonisti della Tangentopoli sorrentina. Ha cessato le pubblicazioni con l’arresto di Di Maio. Che, par di capire dalla stenotipia dell’interrogatorio di garanzia del 23.5.25, sul bancone della merce in vendita per i politici locali non metteva solo la promessa di stampa a favore, ma anche quella di non avere stampa ‘contro’. Forse faceva più paura questo.

Giudice Emanuela Cozzitorto: Quindi lei entra nello staff del sindaco per evitare in qualche modo… Per farle… ?

Di Maio: Tenendo conto del peso specifico del giornale.

Giudice: Del giornale… Quindi diciamo, il sindaco la mette nel suo staff per evitare che lei pubblicasse articoli infamanti nei suoi confronti, ho capito bene?

Di Maio: Stiamo a posto.

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Data articolo:Sun, 07 Dec 2025 16:40:32 +0000
Calcio a cura di Redazione Sport
Minacce e insulti ai giocatori della Fiorentina: “Spero che vi muoiano tutti i figli di cancroâ€

“Speriamo vi muoiano tutti i figli di cancro”. Una serie di gravissime minacce ha colpito gli account social dei giocatori della Fiorentina in seguito alla sconfitta di sabato contro il Sassuolo, nella quattordicesima giornata del campionato di Serie A. La squadra viola al momento si trova ultima in classifica, rischia la retrocessione e non ha ancora vinto una partita.

Amanda Ferreira, moglie del terzino brasiliano Dodo, ha denunciato e pubblicato le minacce e gli insulti ricevuti sul proprio account Instagram, tra cui un messaggio sopracitato. La donna si è rivolta alle autorità per proteggere l’incolumità dei suoi figli e si è sfogata contro gli hater: “Aspettatevi la polizia a casa vostra. Internet non è una terra senza legge dove potete dire quello che volete e farla franca. Aspettate la vostra causa, perché verrò all’inferno a cercarvi”. Anche le compagne di altri giocatori della squadra sono state vittime di minacce e insulti sui social: alcune hanno a loro volta sporto denuncia.

Tramite una nota ufficiale, la società della Fiorentina esprime solidarietà per le minacce e gli insulti ricevuti dai giocatori. E aggiunge: “Subito in contatto coi propri tesserati e con le autorità competenti per garantire che vengano adottate tutte le misure necessarie a tutela della sicurezza e della serenità dei giocatori, dei membri dello staff, dei loro cari e delle famiglie coinvolte”.

In conclusione, la società ringrazia i tifosi per l’affetto e il sostegno manifestati dopo le minacce e gli insulti rivolti alla squadra. Poi ribadisce che “non ci sarà mai spazio per intimidazioni, odio o violenza. Il nostro impegno nella protezione dei nostri giocatori e delle loro famiglie rimane assoluto”.

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Data articolo:Sun, 07 Dec 2025 16:10:41 +0000
I nostri video a cura di Alberto Sofia
Sofia Cecinini presenta ‘Tutte le guerre del mondo’ con Peter Gomez: “L’Ue? Vuole proseguire il conflitto con la Russia a ogni costoâ€

“L’Europa continua a essere un alleato chiave degli Usa. Ma Trump è sicuramente stufo di certi meccanismi e prese di posizione dell’Europa che vuole proseguire a tutti i costi la guerra contro la Russia”.Lo ha spiegato Sofia Cecinini a margine della presentazione del suo libro edito da Paper First Tutte le guerre del mondo alla fiera Più libri, più liberi in corso a Roma. A dialogare con lei il direttore del Fattoquotidiano.it, Peter Gomez. “Per arrivare alla guerra – ha aggiunto Gomez – è necessario mentire. Se non si mente è più difficile portare i parlamenti a prendere determinate decisioni. Ed è quello che è accaduto in questi anni per quanto riguarda l’Ucraina. La cosa straordinaria del libro è che aiuta a decriptare la naturale disinformazione presente nella geopolitica”.

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Data articolo:Sun, 07 Dec 2025 16:05:33 +0000
Cinema a cura di Davide Turrini
“Netflix-Warner è un cappio attorno al mercato cinematograficoâ€, un gruppo di registi anonimi scrive ai deputati Usa. Jean Fonda: “Catastroficoâ€

L’accordo commerciale Netflix-Warner è “catastrofico†e “minaccia l’intera industria dell’intrattenimentoâ€. Parola di Jane Fonda. Una delle attrici più iconiche del sistema hollywoodiano di fine Novecento si è espressa sull’intesa epocale e clamorosa tra una delle più antiche società statunitensi di intrattenimento e il nuovo impero dello streaming. “La notizia che Warner Bros Discovery ha accettato un’offerta di acquisto è un’allarmante escalation del processo di consolidamento che minaccia l’intera industria dell’intrattenimento, il pubblico democratico che la segue e il Primo Emendamentoâ€.

La 87enne interprete di Sindrome cinese e Il cavaliere elettrico, nonché membro attivo del Comitato per il Primo Emendamento, aveva in realtà pubblicato sul sito TheAnkler.com una lunga riflessione rispetto a una fusione in sé tra Warner e qualsiasi altro concorrente prima che Netflix si aggiudicasse la vittoria della trattativa. A quel punto la Fonda ha rilanciato ampi stralci della sua lunga riflessione già pubblicata aggiornandola con un riferimento generico all’“accordo†senza mai citare Netflix.

Il tono delle sue parole rimane comunque identico: “Un consolidamento di questa portata sarebbe catastrofico per un settore fondato sulla libertà di espressione, per i creativi che lo alimentano e per i consumatori che dipendono da un ecosistema mediatico libero e indipendente per comprendere il mondo. Significherebbe meno posti di lavoro, meno opportunità di vendere opere, meno rischi creativi, meno fonti di informazione e molta meno diversità nelle storie che gli americani ascoltanoâ€.

La star di A piedi nudi nel parco ha aggiunto: “Per attori, sceneggiatori, registi, montatori, designer, animatori e troupe già in lotta per il lavoro, l’accorpamento ridurrà la domanda complessiva delle loro competenze. E quando solo una manciata di mega-aziende controlla l’intero processo, acquisiscono il potere di schiacciare ogni corporazione – SAG-AFTRA, WGA, PGA, DGA, IATSE, tutte – rendendo più difficile per i lavoratori contrattare, più difficile difendersi e più difficile guadagnarsi da vivereâ€.

Poi ha chiosato: “E per quanto pericolose possano essere le ricadute economiche, non è questo che mi spaventa di più. Ciò che mi terrorizza – e dovrebbe terrorizzare chiunque abbia a cuore una società libera – è il modo in cui questa amministrazione ha utilizzato le fusioni previste come strumenti di pressione politica e censuraâ€. Fonda cita altre recenti fusioni nell’industria dell’intrattenimento come “fenomeno che abbiamo già visto all’opera†come quello accaduto tra Skydance-Paramount.

L’accordo tra Warner Bros Discovery e Netflix vale 82,7 miliardi di dollari e ha comunque lunghi tempi – 12/18 mesi – per concludersi nei dettagli e nella definitiva archiviazione. La voce critica della Fonda si aggiunge a quella recente di James Cameron e a quella, curiosa, di un gruppo anonimo di importanti registi di Hollywood che ha inviato una lettera aperta a deputati repubblicani e democratici del Congresso USA. Nella lettera questi grossi nomi di Hollywood sostengono che Netflix distruggerà il mercato cinematografico aumentando o eliminando il periodo di programmazione in sala dei film Warner prima di finire sulla piattaforma streaming. Il team anonimo di star della macchina da presa ha definito in maniera inequivocabile la vittoria di Netflix come un “cappio attorno al mercato cinematograficoâ€.

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Data articolo:Sun, 07 Dec 2025 15:49:34 +0000
Scienza a cura di Redazione Salute
Aviaria H5N5? Pregliasco: Punta dell’iceberg, non abbassare la guardiaâ€. Terregino: “Non è più aggressivo di H5N1â€

La notizia del decesso negli Usa di un paziente – con patologie pregresse – morto dopo essere stato colpito dal ceppo H5N5 dell’influenza aviaria – viene accolta in modo diverso dagli scienziati. Secondo Fabrizio Pregliasco, direttore della Scuola di specializzazione in Igiene e Medicina preventiva dell’Università Statale di Milano, il virus H5N5 “è la punta di un iceberg†che merita attenzione: “È meno famoso del suo ‘socio’ H5N1, ma fa parte di una serie di virus aviari che oggettivamente ci inquietanoâ€, afferma all’Adnkronos Salute. L’esperto sottolinea come questo primo caso umano rappresenti l’ennesima dimostrazione della capacità dei virus aviari di oltrepassare i confini abituali di trasmissione: “Queste varianti zoonotiche aviarie sono un problema. Sicuramente esiste una quota di persone esposte ad animali potenzialmente infetti che ha sviluppato forme meno rilevanti e non rilevateâ€.

Pregliasco richiama con forza la necessità di mantenere attiva la sorveglianza internazionale e critica la recente tendenza americana ad “abbassare la guardiaâ€, nonostante l’opposizione della comunità scientifica: “Piano piano questi virus aviari stanno avanzando sulla strada dell’adattamento all’uomo. La loro presenza è più ampia rispetto al passato e la diffusione sempre più generalizzata, estesa e continuaâ€. Particolarmente preoccupante, osserva, è il salto di specie nei mammiferi, già documentato nei bovini statunitensi e in alcuni animali da compagnia. Le previsioni di una possibile pandemia, tuttavia, restano difficili: “Con serenità, senza allarmismi, dobbiamo mantenere alta l’attenzione sul rischio di spillover e sull’eventualità che l’influenza aviaria diventi trasmissibile da uomo a uomoâ€.

A offrire un quadro diverso è Calogero Terregino, responsabile del Centro di referenza nazionale per l’influenza aviaria presso l’Istituto zooprofilattico delle Venezie. L’esperto precisa che il virus H5N5 “non presenta alcuna caratteristica genetica che lo renda più aggressivo o più pericoloso per l’uomo rispetto ad altri virus dell’influenza aviaria attualmente circolantiâ€. La differenza principale, spiega, è semplicemente che appartiene a un sottotipo diverso dall’H5N1, già responsabile di casi umani negli ultimi anni. Quelli registrati soprattutto negli Stati Uniti negli allevamenti di bovini. Terregino ricostruisce la dinamica del contagio statunitense: il paziente deceduto era un adulto con patologie pregresse e la fonte più probabile di esposizione è stata il pollame domestico, considerato che negli Stati Uniti sono ancora numerosi i focolai attivi nel settore avicolo. “Non sono stati segnalati nuovi casi tra i contatti della persona deceduta. Finora non è stata rilevata alcuna trasmissione da uomo a uomoâ€, chiarisce.

L’H5N5 rimane quindi, afferma lo specialista, “un virus tipicamente aviario, poco adatto ai mammiferi e all’uomoâ€. La gravità del caso statunitense sarebbe dunque attribuibile principalmente alle fragili condizioni di salute del paziente, una dinamica frequente nei casi mortali di influenza animale. Per questo motivo, le organizzazioni sanitarie internazionali continuano a considerare il rischio per la popolazione generale basso, pur riconoscendo una maggiore esposizione per chi lavora a stretto contatto con animali infetti.

Il caso americano rappresenta comunque un ulteriore segnale della complessità dell’attuale scenario influenzale, in cui i virus aviari mostrano crescente capacità di espansione e adattamento. Una situazione che, ribadiscono gli esperti, richiede osservazione costante, cooperazione internazionale e un sistema di sorveglianza capace di individuare tempestivamente eventuali nuove minacce.

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Data articolo:Sun, 07 Dec 2025 15:34:12 +0000
F1 & MotoGp a cura di Lorenzo Pastuglia
Chi è Lando Norris, il pilota di una McLaren dominante che si ritrova campione del mondo | Il commento

Alla fine lo ha vinto lui, il pilota meno entusiasmante dei tre a essersi giocati questo Mondiale. Un titolo che per tre-quarti di campionato racconta più le crepe degli altri che la forza di Lando Norris, prima però (è doveroso ammetterlo) di una super conduzione di gara nell’ultima parte di Mondiale, precisamente dal GP di Singapore fino a Yas Marina, dove il britannico di Bristol ha fatto vedere una costanza fino a prima di Marina Bay mai vista. Un campionato che finirà negli albi d’oro, per una battaglia per carità bellissima, ma — come detto da Max Verstappen prima del Qatar — resa aperta fino in fondo più per gli errori dei piloti papaya che per il merito dell’olandese, che ne ha comunque tanti. Non un’impresa da fuoriclasse, insomma, considerando che Norris lo ha fatto su una vettura, la McLaren, mai raggiunta dalle rivali nella sua completezza, sebbene resta la maturità mostrata, anche nelle scelte di gara viste ad Abu Dhabi.

Insomma Norris, pur raggiungendo lo scettro iridato sotto le luci di Yas Marina, resta il protagonista di una stagione storta, confusa, in cui il merito è sembrato sempre altrove: nell’ingombrante superiorità tecnica della vettura di Woking, nei cali inspiegabili dei rivali e, soprattutto, nella gestione politica di un team che più volte lo ha protetto nel confronto interno. Il punto critico dell’anno, quello che probabilmente ha orientato tutto, porta il nome di Oscar Piastri. Fino a Baku, l’australiano era il vero contendente al titolo in arancione: veloce, costante, incisivo. Poi il buio dal GP azero fino a Las Vegas, una flessione inevitabile che Lando Norris ha saputo sfruttare.

Perché nonostante i risultati, il britannico fino a Singapore ha mostrato il solito limite: l’incapacità di essere continuo, quel saliscendi che ha fatto perdere punti e occasioni in serie nella prima parte di stagione. Errori banali, scelte discutibili, qualche gara buttata via quando una guida più matura avrebbe imposto ordine e lucidità. Eppure, anche nei momenti in cui Piastri era più efficace, la McLaren ha spesso scelto di non intervenire. A Suzuka, ad esempio, con Norris secondo e Piastri terzo, di ritorno con le gomme più fresche, non è arrivato nessun ordine nel finale di gara, vinta da Verstappen. Il messaggio è sembrato passare subito chiaro: coprire Norris aveva priorità rispetto a massimizzare il risultato.

Situazione quasi speculare a Monza, dove Piastri ha ceduto la sua posizione proprio a Norris, dopo un pit-stop lento. Una mossa presa in giro dallo stesso Verstappen: “Io non lo avrei mai fattoâ€. Tre punti importantissimi, considerando che il duello Mondiale è stato vinto dal britannico sull’olandese di due punti. Oppure il sorpasso in Qatar nel finale per l’errore di Andrea Kimi Antonelli, valso proprio due lunghezze in più sul pilota della Red Bull.

Dettagli? Non davvero, ma episodi che, messi in fila, disegnano una linea precisa. Norris è sembrato il pilota su cui il team ha deciso di puntare anche quando la pista, semplicemente, raccontava altro. Il paradosso è che lo stesso Lando Norris, nel 2024, aveva beneficiato della situazione inversa: si era preso a suo favore l’ordine di scuderia nei confronti di Piastri, che gli ha coperto le spalle nel finale di Mondiale nonostante il britannico commettesse errori a non finire, soprattutto in partenza.

Più che un titolo conquistato, dunque, sembra quasi un titolo trovato. Eppure, dietro questa stagione piena di incognite, c’è sempre il ragazzo che è stato. Quello cresciuto tra padre Adam, manager di successo, e la madre belga Cisca Wauman. Curiosità: la stessa nazionalità della mamma di Max Verstappen,Sophie Kumpen. Quello con due cittadinanze, due mondi, e un’infanzia passata tra kart e sogni a due ruote. Perché prima dei kart, prima di tutto, c’erano le moto, e soprattutto Valentino Rossi: il suo idolo assoluto, a cui Lando Norris ha dedicato persino un casco dalle fantasie gialle, verdi e nere.

Una passione vera, sincera, che però sul piano della personalità non ha mai trovato un equivalente in pista: Norris resta un pilota talentuoso, ma non travolgente, veloce ma non magnetico. Intanto, però, ha zittito tutti e si è preso un titolo che tanti sognano, come vorrebbe da anni Charles Leclerc, un altro che potrebbe lottare per un Mondiale ma che non ha mai avuto un’auto in grado di arrivare fino in fondo al campionato.

La vita fuori dai circuiti di Lando Norris è quella di un ragazzo moderno: la relazione con Margarida Corceiro ufficializzata nel 2025, la residenza a Montecarlo, le ore passate sul sim racing tra stream, beneficenza e critiche. E poi gli allenamenti durissimi, il padel, i golf club frequentati anche con Carlos Sainz, e qualche peccato di gola con gli hamburger post-gara.

Tutto vero, tutto legittimo. Ma alla fine, quando i conti si fanno, resta l’impressione netta: Norris ha vinto un Mondiale che non ha mai realmente dominato, ed è difficile raccontarlo come il simbolo di una stagione memorabile. Bravo lui, certo, come ottimo è stato nell’esperienza che ha messo pure ad Abu Dhabi, quando si è trattato di gestire su Charles Leclerc o di superare quattro piloti più davanti a lui dopo il primo pit, ma la sensazione resta quella di non essere il campione più convincente, per lo meno non così, non quest’anno.

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Data articolo:Sun, 07 Dec 2025 15:26:30 +0000
Cronaca a cura di Redazione Politica
Minacce alla premier Meloni, scritta “Spara a Giorgia†e accanto la stella a cinque punte delle Brigate rosse

“Non abbiamo avuto paura delle Brigate rosse, non ne abbiamo oggiâ€. Parole che Giorgia Meloni aveva detto lo scorso 25 settembre nel suo intervento a Fenix, la festa di Gioventù nazionale, partendo da una considerazione sui post contro Charlie Kirk. Alla lista di insulti e minacce che la leader di Fratelli d’Italia ha ricevuto in passato oggi se ne aggiunge un’altra. Una scritta in vernice rossa con la frase “Spara a Giorgiaâ€, accompagnata da una stella a cinque punte e dalla sigla “BRâ€, è apparsa sul muro di un hotel affacciato su viale Roma, a Marina di Pietrasanta, in Versilia. Un richiamo alle Brigate Rosse, con un tratto piuttosto incerto – che ha immediatamente fatto scattare l’allarme e l’intervento delle forze dell’ordine. La polizia del commissariato di Forte dei Marmi ha avviato gli accertamenti per individuare i responsabili e sta verificando la presenza di telecamere nella zona che possano aver ripreso l’autore o gli autori del gesto.

La scritta è stata denunciata sui social da Giovanni Donzelli, responsabile organizzazione di Fratelli d’Italia, che ha pubblicato la foto del muro segnalando un grave atto di intimidazione a sfondo politico. “Solidarietà a Giorgia – ha scritto riferendosi alla premier Meloni –. Il linguaggio di odio di certa sinistra fa guadagnare qualche ospitata televisiva e molti like, ma rischia di fomentare i facinorosi e far ripiombare l’Italia in un clima che non vorremo mai più rivivere. Giorgia non si farà intimidire. Non ci fermeremoâ€.

Anche il partito della premier, Fratelli d’Italia, ha diffuso una nota parlando di “minacce al Presidente Meloni, firmate dall’estremismo rosso: l’ennesima prova di un clima d’odio che qualcuno continua a tollerareâ€. Il messaggio diffuso sui social ribadisce che “la violenza si argina isolando i facinorosi, non strizzando loro l’occhio. La condanna unanime resta, per certa sinistra, ancora un esercizio difficile. Non ci intimidiscono. Non ci hanno mai intimiditoâ€. Solidarietà alla presidente del Consiglio è arrivata anche dalla Lega, con le parole del deputato e commissario toscano Andrea Crippa: “Una frase aberrante, una minaccia di morte tutt’altro che velata. Auspichiamo una condanna unanime e bipartisan. Un clima d’odio inaccettabile che non può essere minimizzatoâ€.

Sulla stessa linea Maria Grazia Frijia, deputata di Fratelli d’Italia, che definisce l’episodio un “salto di qualità nel linguaggio dell’odio, da troppo tempo tolleratoâ€. Frijia sottolinea che “chi arriva a invocare violenza contro le istituzioni della Repubblica dimostra di non avere rispetto né per la democrazia né per il confronto civileâ€. E aggiunge: “È necessario che tutte le forze politiche condannino senza ambiguità questi comportamenti. La forza della democrazia sta nella fermezza, nella legalità e nella capacità di isolare chi semina odioâ€.

Durissima anche la presa di posizione dell’Osservatorio Nazionale Anni di Piombo – per la verità storica, che parla di “atto infame†e di un gesto che “evoca la stagione del terrorismo e delle esecuzioni politicheâ€.

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Data articolo:Sun, 07 Dec 2025 15:24:59 +0000
Cronaca a cura di Local Team per Il Fatto
Prima della Scala, doppio presidio in piazza: protestano sindacati e attivisti pro-Palestina

Manifestazione in piazza Scala a Milano, come ogni 7 dicembre, in occasione dell’inaugurazione della stagione lirica del teatro. Da Da un lato è in corso il presidio per il mondo dello spettacolo organizzato dalla Cgil, dall’altro ci sono manifestanti di Cub e pro Palestina insieme. Scanditi anche slogan per la liberazione dell’imam Mohamed Shahin, oggetto di un decreto di espulsione. In piazza anche il Cub, che ha rivendicato le battaglie a sostegno dei lavoratori del teatro, tra cui quella a sostegno di una maschera che era stata licenziata per aver gridato “Palestina libera” durante un concerto.

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Data articolo:Sun, 07 Dec 2025 15:14:07 +0000
Mondo a cura di Redazione Esteri
Iran, migliaia di donne senza hijab alla maratona di Kish: arrestati i due organizzatori

In Iran sono stati arrestati i due principali organizzatori di una maratona tenutasi ieri cui ha partecipato un alto numero di donne senza hijab: lo ha reso noto la Corte rivoluzionaria di Kish, l’isola in cui si è svolto l’evento. Secondo l’agenzia Mehr, uno dei due arrestati è un funzionario dell’organizzazione statale della zona franca di Kish, che verrà sospeso dall’impiego in qualsiasi ente governativo. L’altro è un dipendente di una società privata, che sarà interdetto da qualsiasi incarico legato alla gestione di organizzazioni ed eventi sportivi.

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Data articolo:Sun, 07 Dec 2025 14:53:34 +0000

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