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L'Analisi
La nuova architettura di sicurezza in Eurasia


di Fabrizio Verde


Il ministero degli Esteri russo ha riferito di un incontro avvenuto in Laos tra Sergey Lavrov, ministro degli Esteri della Federazione Russa, e il suo omologo cinese Wang Yi.

I ministri avrebbero discusso della cooperazione all'interno dell'Associazione delle Nazioni del Sud-Est Asiatico (ASEAN) nel contesto dell'intensificarsi delle attività di alcuni Paesi volte a stabilire “meccanismi politico-militari di blocco ristretto volti a minare il sistema di mantenimento della sicurezza e della stabilità incentrato sull'ASEAN” nella regione.

I ministri degli Esteri hanno anche discusso le prospettive di attuazione dell'iniziativa lanciata dalla Russia per creare una nuova architettura di sicurezza eurasiatica in un contesto di “stagnazione dei meccanismi euro-atlantici”.

Inoltre, Lavrov e Wang Yi hanno sottolineato l'importanza di rafforzare il coordinamento della politica estera tra Mosca e Pechino in varie piattaforme internazionali, come le Nazioni Unite, l'Organizzazione per la cooperazione di Shanghai (SCO), la Cooperazione economica Asia-Pacifico (APEC), il G20 e altri formati.

“Il legame Russia-Cina sta lavorando per formare un ordine mondiale più giusto e multipolare, promuovendo i principi di un autentico multilateralismo e portando energia positiva sia alle Nazioni Unite che al G20”, ha dichiarato l'alto diplomatico russo.


Cos’è un’architettura di sicurezza?

Ma che cos’è un’architettura di sicurezza e perché urge in Eurasia? L'architettura di sicurezza interstatale si riferisce alla rete di accordi, alleanze e organizzazioni che vengono stabilite tra i paesi per mantenere la pace, la stabilità e la sicurezza a livello regionale o globale. Lo scopo dell'architettura di sicurezza interstatale è prevenire i conflitti, gestire le crisi e promuovere la cooperazione tra i paesi per affrontare le sfide comuni alla sicurezza.

Centrale è quindi l'istituzione di alleanze e partnership tra i paesi. Queste alleanze servono come meccanismo per affrontare le minacce e le sfide alla sicurezza che interessano più nazioni. Esempi di queste alleanze includono la NATO e l’Unione Europea, almeno a livello teorico e propagandistico, visto che invece la realtà ci mostra che queste organizzazioni rappresentano il principale ostacolo al raggiungimento della pace in Ucraina, dove proprio NATO e USA con la complicità dell’UE hanno deciso di combattere una guerra per procura contro la Russia. Insomma, queste organizzazioni seminano caos e morte per soddisfare gli interessi geopolitici ed economici della potenza declinante, gli Stati Uniti, e quindi rappresentano perfettamente la “stagnazione dei meccanismi euro-atlantici” denunciata dai ministri Lavrov e Wang Yi.

Uno degli obiettivi principali dell'architettura di sicurezza interstatale è promuovere stabilità e pace a livello regionale e globale. Stabilendo alleanze, accordi e istituzioni formali, i paesi possono lavorare insieme per prevenire i conflitti e gestire le crisi prima che degenerino in conflitti più ampi. Attraverso la cooperazione e il dialogo, i paesi possono affrontare le sfide alla sicurezza in modo proattivo e coordinato.

Inoltre, l'architettura di sicurezza interstatale serve anche a promuovere lo sviluppo economico e la prosperità. Quando i paesi lavorano insieme per affrontare le sfide alla sicurezza, creano un ambiente più stabile per il commercio, gli investimenti e la crescita economica. Promuovendo la sicurezza e la stabilità, l'architettura di sicurezza interstatale può aiutare a creare le condizioni per il progresso economico e lo sviluppo.

E qui veniamo alle istituzioni multipolari che vanno crescendo su impulso primario di Cina e Russia che lavorano alacremente a una sempre più urgente nuova architettura di sicurezza eurasiatica.

Organizzazione per la Cooperazione di Shanghai avrà un ruolo chiave?

Oggi, mentre il mondo sta vivendo la fase di smantellamento dell’ormai vetusto e inadeguato sistema di sicurezza internazionale incentrato sull’Occidente, e i paesi del Sud del mondo rivendicano lo status di attori mondiali uguali e sovrani, sono le piattaforme ‘multipolari’ a rappresentare il futuro. Tra queste spicca sicuramente l’Organizzazione per la Cooperazione di Shanghai (SCO). L'elenco dei paesi interessati a questo formato cresce regolarmente, il che aumenta sicuramente lo status e la fiducia nell'organizzazione. Russia e Cina rimangono i motori in termini di strategia militare, non solo come potenze nucleari, ma anche come membri permanenti del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite. La presenza nella regione della piattaforma russa e cinese, indipendente dagli Stati Uniti, composta dagli Stati dell’Asia centrale, nonché da India, Pakistan e Iran, crea sicuramente un contrappeso alle iniziative strategico-militari anglo-americane nello Spazio eurasiatico.

Secondo Sergey Lavrov, i membri della SCO hanno un desiderio comune di coordinare le azioni dell'organizzazione all'interno delle Nazioni Unite e nello spazio eurasiatico con strutture quali l'UEEA, l'ASEAN e i BRICS. Il ministro degli Esteri cinese Wang Yi ha invitato la SCO a prendere in mano la sicurezza della regione. Dalla sua creazione nel 2001, la SCO si è trasformata da un ristretto blocco regionale concepito per garantire la sicurezza lungo il perimetro degli Stati post-sovietici e della Cina a una struttura che ha tutte le carte in regola per essere garante di una sicurezza eurasiatica globale.

L'elenco dei partner di dialogo della SCO è molto ampio e comprende l'Armenia, l'Azerbaigian, l'Egitto, la Turchia (paese NATO) e una serie di altri attori arabi e asiatici del Sud globale. Oggi, quasi tutti i Paesi del Golfo Persico sono rappresentati nell'Organizzazione come partner di dialogo, prestando così la loro fiducia a un progetto regionale non occidentale. Sullo sfondo dell'espansione dei BRICS il Sud globale sta guadagnando confini più istituzionalizzati nella sfera della sicurezza e dell'economia. Inoltre, la SCO include quattro attori nucleari, il che significa che l'organizzazione è garante della sicurezza nucleare nello spazio eurasiatico.

Col passar del tempo questa organizzazione è venuta conformandosi come una seria e credibile alternativa al braccio armato degli Stati Uniti, la NATO, come garante di una sicurezza eurasiatica reale e globale. L'insistenza dell'Occidente nel promuovere la propria visione della sicurezza globale imponendo il proprio sistema di valori e priorità spinge gli attori non occidentali a considerare altre opportunità per consolidare gli sforzi per affrontare le sfide e le minacce attuali. La SCO, nonostante le differenze tra i suoi membri in termini di potenziale militare ed economico, ha tutta la possibilità di confrontarsi con successo al progetto nordatlantico, visto il suo  potenziale militare, economico, demografico ed energetico.

Oltre a sancire nella Carta della SCO i principi universalmente riconosciuti del diritto internazionale - come il rispetto reciproco della sovranità, dell'indipendenza, dell'integrità territoriale, dell'inviolabilità dei confini degli Stati, della non ingerenza negli affari interni, del non uso della forza o della minaccia della forza, dell'uguaglianza dei diritti, della risoluzione pacifica delle controversie e dei disaccordi tra gli Stati e dell'adempimento degli obblighi internazionali in buona fede - gli Stati membri della SCO hanno introdotto una serie di innovazioni nella pratica e nella teoria delle relazioni tra gli Stati.

Tra i più importanti: il rifiuto della superiorità militare unilaterale nelle aree limitrofe, la ricerca di punti di vista comuni sulla base della comprensione reciproca e del rispetto delle opinioni di ogni Stato membro, la graduale attuazione di azioni congiunte in aree di interesse comune.

Una caratteristica e peculiarità della SCO è il suo dichiarato principio di apertura, il fatto che non sia diretta contro altri Stati e organizzazioni internazionali.

Sono questi principi che distinguono la SCO dall'Alleanza Nord Atlantica e la rendono attraente per gli attori non occidentali con la loro percezione critica del modello di relazioni internazionali incentrato sugli Stati Uniti e la loro indisponibilità nel continuare a sottostare a un ordine mondiale unipolare organizzato in funzione degli Stati Uniti e in subordine dei vassalli occidentali di Washington.

Dunque la SCO sostiene la creazione di una nuova architettura di sicurezza globale basata sull'uguaglianza, il rispetto reciproco, la fiducia e la cooperazione win-win, il rifiuto della divisione in blocchi e ideologica. Secondo la logica multipolare che governa l’organizzazione, la cooperazione nel contrastare le nuove sfide e minacce deve essere condotta in modo coerente, senza doppi standard, attraverso il rigoroso rispetto del diritto internazionale, e la costruzione di un sistema di sicurezza globale deve avvenire solo sotto gli auspici delle Nazioni Unite e nel rigoroso rispetto della sua Carta.

Gli Stati membri della SCO non accettano per principio azioni unilaterali, poiché tali azioni non sono in grado di risolvere i problemi esistenti nel mondo ma bensì finiscono per aggravarli e possono condurre a esiti catastrofici.

I componenti della SCO sono convinti che le questioni di sicurezza internazionale non debbano escludere compiti quali la garanzia della sostenibilità dell'economia mondiale, la riduzione della povertà, l'equiparazione dei livelli di sviluppo socio-economico, la garanzia della sicurezza economica, ambientale, energetica e dell'informazione, nonché la protezione della popolazione e dei territori degli Stati membri della SCO dalle emergenze naturali e di origine umana.

Pertanto, il concetto di sicurezza proposto dalla SCO nel XXI secolo è completo e onnicomprensivo. Si basa sui principi democratici e sulle norme del diritto internazionale, comprende sia le aree di fornitura di sicurezza globale sia la soluzione delle contraddizioni socio-economiche, in cui sono radicate molte sfide e minacce moderne alla sicurezza, come il terrorismo, il separatismo, l'estremismo e la criminalità transfrontaliera.

A chi dovesse pensare a enunciazioni esclusivamente teoriche, bisogna ricordare che la SCO è riuscita a risolvere le questioni relative ai confini di Kazakistan, Kirghizistan, Tagikistan e Russia con la Cina, dal Pamir alle coste dell'Oceano Pacifico, a stabilire un sistema di misure di rafforzamento della fiducia, soprattutto in ambito militare, e un meccanismo di consultazione e cooperazione su una gamma sempre più ampia di questioni di sicurezza.

Dove va l’Unione Europea?

A questo punto se l’Unione Europea non fosse governata da fantocci al servizio degli interessi di Washington dovrebbe volgere il proprio sguardo verso est per costruire una nuova – urgente e non più rinviabile - architettura di sicurezza eurasiatica al di fuori della NATO.

In primis perché il conflitto in corso in Ucraina ha evidenziato la necessità per l'UE di diversificare i suoi partenariati di sicurezza, superare la vetusta NATO che ormai rappresenta una sorta di residuato post-bellico. I tempi moderni richiedono l'impegno con la Russia e altri Paesi eurasiatici per promuovere la stabilità e la cooperazione nella regione. L'UE deve bilanciare i propri interessi di sicurezza con quelli di altre grandi potenze, tra cui Russia e Cina. Una nuova architettura di sicurezza eurasiatica può aiutare a gestire queste dinamiche di potere e impedire il dominio di una singola potenza.

L'impegno in una nuova architettura di sicurezza può contribuire ad affrontare i problemi di stabilità regionale, come quelli del Caucaso meridionale e del Medio Oriente. Questo approccio può favorire la cooperazione e affrontare i problemi politici in queste regioni, contribuendo così alla stabilità regionale complessiva.

Se vuole avere un futuro l’Unione Europea deve puntare all’autonomia strategica. Un punto fondamentale per la sua sicurezza futura. Una nuova architettura di sicurezza può aiutare l'UE ad assumersi maggiori responsabilità e oneri, riducendo la sua dipendenza dalla NATO e dagli Stati Uniti. Questo aspetto è visto con molto interessa anche a Mosca. Se la coesione occidentale contemporanea dovesse rivelarsi tattica, limitata principalmente alla crisi riguardante l'Ucraina e in ultima analisi di breve durata, allora il mondo si sposterà rapidamente verso un nuovo sistema multipolare in cui gli Stati Uniti e l'Unione Europea costituiranno due diversi centri di potere.

Dunque lo sviluppo di una nuova architettura di sicurezza può essere un processo a lungo termine, che richiede una pianificazione strategica e una cooperazione di diversi anni. Questo approccio può aiutare l'UE ad affrontare i problemi di sicurezza sistemici e ad adattarsi alle mutevoli dinamiche globali che adesso puntano dritto verso il multipolarismo.

Data articolo: Fri, 26 Jul 2024 17:00:00 GMT
Lavoro e Lotte sociali
L'agenda governativa risponde sempre ai dettami delle imprese

di Federico Giusti

Governo che va, governo che viene ma la sostanza del problema rimane sempre la stessa e ogni Esecutivo rispecchia il punto di vista datoriale tutelandone in sede legislativa e politica le istanze e gli interessi.

Dal prossimo 2 agosto entreranno in vigore le disposizioni contenute nel decreto legislativo n. 103 del 12 luglio scorso,  delega di una legge di due anni or sono in materia di salute e sicurezza nei luoghi di lavoro.
 
La ratio del provvedimento legislativo è quello di allentare i controlli alle aziende in materia ambientale e nelle norme che disciplinano la sicurezza sul lavoro. Per mesi ministri del Governo Meloni hanno lanciato messaggi rassicuranti. Il fisco deve essere amico delle imprese, lo stesso dicasi per la Pubblica amministrazione.
 
Se queste sono le premesse la riduzione degli adempimenti e del sistema dei controlli diventa un aiuto concreto alle associazioni datoriali ma segna al contempo il progressivo disimpegno dello Stato dal costruire sistemi efficaci atti a verificare il corretto adempimento di norme a tutela della salute pubblica.
 
La protesta degli ispettori del lavoro andrebbe presa sul serio, ad esempio annunciare dieci giorni prima una ispezione in azienda significa rinunciare in partenza a efficaci controlli che di solito avvengono a sorpresa.

Tra un controllo e l'altro poi dovranno passare almeno 10 mesi se non saranno riscontrare criticità, se pensiamo al numero degli ispettori in rapporto alle imprese esistenti oggi possono trascorrere anni prima di un controllo.
 
Il problema non è dato non solo dall'insufficiente numero degli ispettori ma dall'effettivo potere che gli stessi potranno esercitare, anche il calcolo del fattore di rischio a determinare le attività in azienda potrebbe dimostrarsi un'arma a doppio taglio se pensiamo che molti infortuni , e malattie professionali, si verificano nelle piccole imprese in settori dove la probabilità di un sinistro è sulla carta remota.
 
Siamo poi alquanto preoccupati dalla istituzione di  specifici enti certificatori che potrebbero diventare strumento delle associazioni datoriali proprio per allentare i controlli.
 
E si parla del congelamento delle sanzioni fino a 5 mila euro qualora l'impresa dovesse adempiere agli emendamenti richiesti.
 
Ci chiediamo quale imprenditore avvertito dieci giorni prima faccia trovare  dei lavoratori a nero, poi dopo una diffida ci saranno 20 giorni di tempo per mettersi in regola senza incorrere in alcuna sanzione. La patente a punti in edilizia eleva a 100 punti la dotazione per alcune categorie di imprese che per scendere sotto i 15 punti dovrebbero commettere una serie infinita di reati di grave entità fino agli omicidi sul lavoro
 
E come se non bastassero questi favori alle imprese manca il capitolo delle vittime sul lavoro, intanto è finita nel dimenticatoio la istituzione di una Procura nazionale del lavoro, 
 
Un magistrato ha correttamente sintetizzato i provvedimenti nella volontà di "trasformare le irregolarità in immunità e, dunque, in impunità”.
 
Mentre aumentano malattie professionali, infortuni e morti sul lavoro, questa è la risposta del Governo Meloni.

Data articolo: Fri, 26 Jul 2024 16:36:00 GMT
IN PRIMO PIANO
Gutul: 'Il sostegno russo è cruciale per la Gagauzia'"

In un'intervista esclusiva rilasciata al quotidiano Izvestia, la leader della Gagauzia, Evghenia Gutul, ha affrontato diverse questioni cruciali riguardanti la situazione politica ed economica della regione autonoma all'interno della Moldavia. Questi i punti salienti delle sue dichiarazioni.

Sostegno economico russo

Evghenia Gutul ha annunciato che 50-60 mila residenti di Gagauzia potranno beneficiare delle carte di pagamento "Mir" e di aumenti salariali e pensionistici finanziati dalla Russia. "Entro la fine dell'anno, miriamo a coprire il 100% della popolazione avente diritto a questi aiuti", ha affermato. Questo programma non si limiterà alla Gagauzia ma si espanderà ad altre regioni della Moldavia, come Orhei e Taraclia, in un futuro prossimo.

Pressioni politiche e problemi giudiziari

Gutul ha denunciato l'intensificazione delle pressioni da parte del governo moldavo, soprattutto dopo il suo incontro con Vladimir Putin. "Le udienze del mio processo si svolgono a ritmi serrati, quasi ogni due giorni", ha spiegato, indicando che queste accelerazioni sono dovute a ordini superiori. La leader gagauza è accusata di aver importato illegalmente denaro dalla Russia per finanziare il partito Shor e di aver coordinato le attività del partito stesso. Secondo Gutul, queste accuse sono motivate politicamente per rimuoverla dalla sua posizione e ostacolare l'autonomia della regione.

Relazioni con Chi?in?u

"La nostra relazione con Chisinau non è migliorata, anzi, è peggiorata", ha affermato Gutul, sottolineando che non si aspetta miglioramenti fino alla fine del mandato del presidente Maia Sandu. La leader ha evidenziato come le autorità centrali ignorino sistematicamente Gagauzia, e come Sandu incontri solo le amministrazioni locali che le sono favorevoli. Tuttavia, Gutul è fiduciosa che un cambio di presidenza possa portare a un miglioramento delle relazioni.

Collaborazione con la Russia

La Russia è un partner fondamentale per la Gagauzia, specialmente in settori come il commercio, l'istruzione e i progetti sociali. "I nostri agricoltori possono esportare in Russia e stiamo lavorando per eliminare i dazi doganali sui nostri vini", ha affermato Gutul. Inoltre, la Russia ha fornito aiuti economici significativi, con tre tranche già consegnate e una quarta in arrivo.

Sfide energetiche

Gutul ha descritto le difficoltà nel garantire forniture di gas russo a prezzi accessibili attraverso l'Ucraina. "Abbiamo firmato un contratto con NordGaz per gas a metà prezzo rispetto al mercato, ma il governo moldavo ha sospeso la licenza di NordGaz, impedendoci di ottenere il gas a buon mercato", ha dichiarato. Attualmente, la Gagauzia è costretta a comprare gas russo tramite intermediari europei, aumentando significativamente i costi.

Prospettive future

Nonostante le tensioni, Gutul guarda al futuro con ottimismo, confidando che un cambiamento nella leadership moldava possa aprire nuove possibilità di dialogo e cooperazione. "Continueremo a lavorare per migliorare le condizioni di vita dei nostri cittadini e rafforzare i legami con la Russia," ha concluso.

Data articolo: Fri, 26 Jul 2024 16:04:00 GMT
Editoriali
Caro Molinari, è l'attentato ai gasdotti North Stream che cosa era esattamente?


di Alessandro Bianchi

 Già presente da diverse ore, ompare ancora, quando vi scriviamo alle 21.00 del 26 luglio 2024, questo titolo in alto sulla versione online del giornale La Repubblica.

Questo signore non è un giornalista qualunque, ma il direttore di un quotidiano nazionale con il potere di manipolare l'opinione pubblica del paese. 

Il più grande attacco alle infrastrutture civili dell'Unione Europea, per chi purtroppo si ostina a leggere Repubblica o giornali similari e ne è all'oscuro, è stato l'attentato terroristico ai gasdotti North Stream del settembre del 2022, che hanno spezzato la catena di approvigionamento energetica più importante dell'Europa. Si tratta senza ombra di dubbio del più grande attacco portato contro le infrastrutture civili europee dalla fine della seconda guerra mondiale e per l'Italia di un danno devastante, che aumenta il processo di deindustrializzazione in atto per seguire supinamente i diktat di Bruxelles, Francoforte e Washington.

Il grande giornalista Premio Pulitzer Seymour Hersh nella sua inchiesta ha rivelato, citando sue fonti anonime (come il 99% delle notizie filo Nato costruite su fonti anonime di Usa e Ue), che dietro l’attentato terroristico che ha colpito i gasdotti Nord Stream, ci siano gli Stati Uniti. Dopo le parole del Procuratore federale della Germania, che escludono al 100% l’auto sabotaggio russo, e quelle del Procuratore svedese che accertava l'atto terroristico, resta in piedi l’ipotesi complottista di un attacco alieno - forse la versione a cui è approdato il signor Molinari e i fact checker "indipendenti" che avevano censurato l'inchiesta - oppure le conclusioni di Hersh sono, come aveva scritto Pepe Escobar, semplicemente quelle “a cui sono arrivati tutti usando il proprio cervello”. 

L'attacco più grandi alle infrastrutture civili dell'Europa. quello vero, è servito a dividere per sempre la Russia dall'Europa, legare con un vincolo coloniale i paesi dell'UE a Wshington e impedire che si concretizzasse un percorso di negoziazione tra Mosca e Kiev. 

L'arroganza e impunità con cui Molinari può nascondere tutto questo e diffondere la gigantesca fake news che ancora compare in alto nel sito di Repubblica è la migliore fotografia possibile dell livello della libertà di stampa del nostro paese.

Data articolo: Fri, 26 Jul 2024 16:00:00 GMT
NOTIZIE BREVI
Neonazisti Azov in Europa. Russia: "Ripugnante"

La Russia ha condannato il tour di propaganda in Europa dell'unità neonazista ucraina Azov. Mosca ha dichiarato che si tratta di un “fenomeno ripugnante” e di una prova dei tentativi del regime di Kiev di diffondere l'ideologia neonazista.

La Terza brigata separata d'assalto delle forze di terra ucraine, considerata una delle più prestigiose del Paese slavo, ha recentemente annunciato un tour dei suoi militari nell'UE con l'obiettivo di attirare gli ucraini residenti all'estero a combattere contro la Russia. Questa unità militare è stata formata da veterani del reggimento Azov, noto per la presenza di neonazisti nei suoi ranghi, e le recenti pubblicazioni di uno dei suoi membri decorati ne sono un'ulteriore prova. 

L'assedio delle truppe russe alle acciaierie Azovstal di Mariupol, nel maggio 2022, ha portato alla prigionia di decine di suoi membri, molti dei quali portavano tatuaggi neonazisti di ogni tipo.

Il controverso tour dell'unità, i cui membri sono stati accusati di molteplici atrocità e crimini di guerra, è iniziato a Varsavia, in Polonia, e proseguirà in altri Paesi. Il primo evento di domenica ha riunito un gruppo di 200 persone, per lo più uomini, che, secondo i media locali, hanno mostrato interesse a combattere nelle truppe di Kiev. 

Il portavoce presidenziale russo Dmitry Peskov ha dichiarato che questa “brutta manifestazione del regime di Kiev” dimostra che le autorità ucraine sono diventate di fatto una culla della rinascita del nazismo nel continente europeo. “Non lo accettiamo. Per qualsiasi russo, questa è la cosa più brutta che ci possa essere”, ha dichiarato.

Ha inoltre osservato che i media occidentali sono “pronti a sostenere qualsiasi cosa, anche le più brutte manifestazioni del regime di Kiev, pur di continuare la guerra fino all'ultimo ucraino”. A questo proposito, ha sottolineato che gli eventi sottolineano la necessità di continuare l'operazione militare speciale della Russia, i cui obiettivi includono, tra gli altri, la completa denazificazione del regime di Kiev.

Inizialmente era stato annunciato che gli eventi associati a questo tour si sarebbero svolti almeno fino al 2 agosto in Polonia, Germania, Paesi Bassi, Belgio, Repubblica Ceca e Lituania. Tuttavia, giovedì 25 giugno, l'unità ha cancellato il tour in Germania, Paesi Bassi e Lussemburgo “per motivi di sicurezza”, senza fornire le ragioni esatte di questa decisione.

Data articolo: Fri, 26 Jul 2024 14:04:00 GMT
IN PRIMO PIANO
Lo spirito olimpico di Parigi? La mia esperienza allo Stade de France con la bandiera palestinese


di Gianluca Staderini

Parigi, 26 luglio 2024



Parigi sembra tornata alla stagione di lockdown e coprifuoco. In realtà viene il sacrosanto dubbio che, come tutto il mondo, non ne sia mai davvero uscita, vittima anch’essa di una svolta tecno-repressiva irreversibile.

Le strade della capitale francese sono invase da decine di migliaia di poliziotti (si parla di oltre 55.000 agenti arrivati da ogni angolo del Paese per affiancare le forze dell’ordine del posto e quelle internazionali) armati con fucili d’assalto e avanguardistici dispositivi per la guerriglia urbana.



Ci sono quelli della Polizia Nazionale, la Gendarmeria, squadre speciali d’ogni tipo e polizie di mezzo mondo arrivate coi loro mezzi. Presidiano ogni strada del centro città, tra blocchi di cemento e transenne che impediscono qualsiasi libero movimento tra le strade. Vista la loro giovane età sembrano ragazzini appena usciti da una festa in maschera per la quale hanno scelto un discutibile abito da marines in zona di guerra. Purtroppo, però, non siamo dentro un videogioco sparatutto, siamo nella Parigi che ospita i Giochi Olimpici 2024.

E’ la concretizzazione del fronte interno di guerra. Per muoverti in centro città, anche solo per ammirare la Torre Eiffel o Notre Dame, hai bisogno di un qr code da mostrare ai varchi disseminati in ogni dove. Hanno diritto al qr code solo i possessori degli eventi sportivi e solo per l’area del loro svolgimento.



Già perché Macron ha voluto che i Giochi si svolgessero in giro per Parigi, a macchia di leopardo. I ticket costano mediamente attorno ai 900 euro ad evento, salvo i più economici, quelli per assistere alle gare di tennis da tavolo, che si attestano a “soli” 400 euro. Se non hai il ticket non puoi muoverti. Se non hai il ticket non puoi neppure usufruire delle corsie stradali speciali sulle vie ad alto scorrimento, indicate dalla scritta sul cemento “Paris 2024”, che consentono di sfrecciare indisturbati accanto agli infiniti incolonnamenti di parigini che non hanno “l’urgenza” di correre ad assistere ai giochi. Le strade speciali, come quelle riservate ai coloni che occupano la Palestina nella Cisgiordania.



Mentre continua incessante il brusio dei tre elicotteri di polizia che, giorno e notte, volteggiano su Parigi, arriviamo a Saint-Denis, una delle banlieue parigine più note. Qui si respira l’aria di sempre, se non fosse per quel muro di blindati delle forze dell’ordine che si erge in fondo alla strada, al di là del canale e dei suoi attraversamenti.

Anche qui, per passare la linea di blindati e ragazzini poliziotti armati fino ai denti, devi esibire il qr code. Ce l’abbiamo. Grazie ad un concorso ad estrazione abbiamo ottenuto gratuitamente i nostri biglietti per le qualificazioni di “rugby a 7”. Passiamo il varco e ci uniamo a tifosi festanti. Oggi giocano i padroni di casa, les bleus.

La quasi totalità del pubblico è qui per questo. Leggiamo il regolamento su cosa sia lecito fare e cosa no all’interno della struttura. Vi sono decine di regole, per lo più classiche come “è vietato introdurre materiale esplosivo” ma, tra le tante, ci colpisce l’ultima, la più dettagliata: “è vietato esporre bandiere maggiori ad 1x2 metri e bandiere di Paesi non partecipanti ai Giochi, bandiere (attuali o storiche) di, e altri simboli che possano essere associati a, paesi i cui atleti sono autorizzati a partecipare esclusivamente come atleti individuali neutrali”. Evidentemente il Comitato Olimpico si è ben adoperato per redigere una norma anti Russia ma non capiamo se questa dicitura contorta possa essere estesa alla Palestina, nonostante vi sia la squadra olimpica palestinese ai giochi. Evidentemente, però, questa norma puzza.



Dopo vari controlli entriamo nello Stade de France. 80.000 posti, lo Stadio più grande di Francia, inaugurato nel 1998 per i mondiali di calcio. Sembra di essere passati in un altro mondo. Qui la polizia c’è ma non si vede. Dalla banlieue al mondo olimpico attraverso un muro di guardie. Qui tutto luccica a tratti. La musica del dj di turno viene ininterrottamente sparata a tutto volume e sui megaschermi si alternano i volti di gente che, appena inquadrata, balla, ride e si diverte a favor di camera. In modo così esagerato ed eccessivo, da risultare falso e posticcio. Il mondo insta-tik-tok sembra aver trovato il suo regno ideale. Un pubblico di figurine che si accende al passar della telecamera. Il colpo d’occhio “cromatico” è però davvero imressionante. In un Paese come la Francia, in cui, nonostante si dichiari non esistano statistiche etniche, appena il 40% della popolazione è bianca, ci troviamo dentro uno stadio quasi completamente riempito da bianchi. Eccezion fatta per tutti i lavoratori, dalla sicurezza ai bar passando per i servizi igienici, che, invece, sono per la quasi totalità non bianchi. D’altronde in un un mondo da 900 euro ad evento l’accesso ai figli della colonizzazione non può che essere dalla porta di servizio. Egalitè.

Nella prima partita gioca l’Argentina. Lo Stade de France si accende con insulti e ululati. I fischi coprono ogni movimento dei giocatori blanco-celeste. Il pubblico di figurine si è improvvisamente acceso e se la ride oltraggiando gli argentini. Chiediamo il perché. “Perché gli argentini insultarono Mbappè!” ci dicono alcuni bleus. Mbappè, nero, nato nella banlieue di Bondy, proprio lì fuori, esattamente tra gli esclusi dallo show. In questo tilt contano solo gli attriti calcistici che invadono il rugby olimpico. Con buona pace del cosiddetto spirito olimpico.

L’Argentina, per la cronaca, vince.

E’ il turno di Francia contro Stati Uniti. All’ingresso dei giocatori in campo, mentre lo Stade de France si alza in piedi per intonare Allez les Bleus pensiamo sia il momento in cui si debba in qualche modo ricordare quello che questi paesi, e non solo, stanno facendo a favore del genocidio in atto per mano sionista.

Ci alziamo in piedi e, senza proferir parola, apriamo la bandiera della Palestina che abbiamo nello zaino. Restiamo così, in silenzio, solo a voler ricordare, anche al circo che abbiamo davanti agli occhi, con un minuscolo gesto, un Popolo fiero che lotta per la propria esistenza proprio mentre il mondo si concentra sullo show. La gente attorno a noi sembra non avere alcuna reazione.

La partita ha inizio. Abbassiamo la bandiera palestinese e ci sediamo. Nello stadio vediamo sventolare la bandiera del Tibet, quelle di diversi club e compare anche un’apprezzatissima Ikurrina. Ci torna alla mente il regolamento olimpico per l’accesso delle bandiere che abbiamo letto poco prima, confidiamo che se non hanno problema queste, non dovrebbero a maggior ragione averne quelle di un Paese partecipante, ma sappiamo che non sarà così. Pochi minuti e ne abbiamo la conferma.

Arriva un addetto alla sicurezza che ci invita a seguirlo. Un distinto signore poco dietro di noi solidarizza con l’impeccabile intervento di repressione.

“Siete stati individuati dalle telecamere di sicurezza. Dobbiamo condurvi dalla Polizia Nazionale.”

Ad attenderci fuori dalla struttura, assieme agli steward dello stadio, ci sono cinque agenti di polizia in borghese che, dopo essersi qualificati, ci chiedono in quale lingua vogliamo comunicare. Inglese o francese. Ci sembra già tanto perché, nonostante la portate dell’evento, l’intera organizzazione conosce solo il francese. Iniziano le domande di rito ma la prima è quanto mai minacciosa: “Siete mai stati arrestati?”. Poi le perquisizioni. Minuziose, per non dire invadenti. Noi siamo in due, loro una decina in tutto. Il problema, ovviamente, è la bandiera. Gli diciamo che non abbiamo violato alcun regolamento. Gli mostriamo che lo conosciamo e che sappiamo esattamente cosa stiamo dicendo. Non sanno cosa rispondere. Poi, mentre attendiamo che si svolgano tutti i controlli sui nostri documenti, cominciamo pian piano a capire. La bandiera palestinese può essere una provocazione per il pubblico, ci dicono. Gli chiediamo in che modo e se anche quella israeliana possa essere percepita come tale. Non rispondono. Continuiamo ad incalzarli mentre la situazione si fa surreale. Non sanno neppure loro cosa stanno facendo. E’ una farsa anche questa, come tutto il resto dello show a cui stiamo prendendo parte.

Alla fine il responsabile della polizia che ci trattiene dice: “La bandiera della Palestina è contro lo spirito olimpico. Non dipende dalla prefettura ma dal Comitato Olimpico. Son loro che ci hanno detto di fermarvi, son loro che decidono il da farsi.”

In realtà hanno ragione loro. E anche noi lo siamo. La bandiera palestinese è contro lo spirito olimpico, proprio come lo son stati i guanti neri di Smith e Carlos, la spilla di Peter Norman o le parole di Mohammed Alì. E allora ci auguriamo che anche in questa Olimpiade si possa respirare la stessa mancanza di spirito olimpico, che sia gli atleti che il pubblico riescano a sfondare questo spirito olimpico che in questi giorni riempie la nauseabonda vetrina entro cui ci hanno rinchiuso tutti. Ci auguriamo che la causa palestinese abbia la meglio anche qui. Noi, nel nostro piccolo, abbiamo portato un pezzetto di Palestina nello Stade de France, nel primo giorno dei Giochi Olimpici di Parigi 2024. Con buona pace dello spirito.

Alla fine della giornata, su concessione del Comitato Olimpico, ci hanno lasciati andare.

La bandiera della Palestina non gliel’abbiamo lasciata.

Data articolo: Fri, 26 Jul 2024 14:00:00 GMT
NOTIZIE BREVI
Zakharova: "Atto di segregazione alle Olimpiadi di Parigi"

Negare all'atleta francese di atletica leggera di colore Sounkamba Sylla, che pratica l'Islam, il diritto di partecipare alla cerimonia di apertura dei Giochi olimpici è un palese atto di segregazione, ha affermato la portavoce del Ministero degli Esteri russo Maria Zakharova.

"Un altro palese atto di segregazione si è verificato alla vigilia dei Giochi olimpici di Parigi. All'atleta francese di atletica leggera di colore Sounkamba Sylla, che è musulmana, è stato negato il diritto di partecipare alla cerimonia di apertura dei Giochi. Il Comitato olimpico francese ha citato il divieto di indossare un elemento tradizionale dell'abbigliamento durante gli eventi sportivi", le parole della diplomatica riportate dall'agenzia TASS.

Zakharova ha sottolineato che questo caso, così come le precedenti decisioni sugli atleti russi e bielorussi, dimostrano che le Olimpiadi moderne non hanno nulla a che fare con gli obiettivi del movimento olimpico dichiarati più di un secolo fa a Parigi e contraddicono lo spirito olimpico.

"Ancora una volta, il principio di 'sport oltre la politica', sacro per molte generazioni, è stato calpestato nello spirito del diktat neoliberista dall''Occidente collettivo', rappresentato dalle autorità sportive francesi. Contrariamente alle dichiarazioni dei funzionari in Francia sul desiderio di diversità e libertà di espressione, i dissidenti sono palesemente esposti a sanzioni".

Data articolo: Fri, 26 Jul 2024 13:21:00 GMT
Difesa e Intelligence
Manovre aeree russe e cinesi al largo dell'Alaska allarmano il Pentagono

Bombardieri russi e cinesi hanno volato insieme per la prima volta nello spazio aereo internazionale vicino all'Alaska. Si è trattato di una nuova dimostrazione della cooperazione militare in espansione che ha allarmato il Pentagono, scrive l'Associated Press.

“Questa relazione è una preoccupazione costante per noi”, ha ammesso ai giornalisti il segretario alla Difesa statunitense Lloyd Austin. Ha aggiunto che Washington teme soprattutto il “sostegno illegale e non necessario” che la Cina avrebbe fornito alla Russia nel conflitto ucraino.  
 
Austin ha dichiarato che il Comando di Difesa Aerospaziale del Nord America (NORAD) ha “rilevato, tracciato e intercettato” due Tu-95 russi e due H-6 cinesi. Gli aerei non sono entrati nello spazio aereo statunitense e si sono avvicinati alla costa solo per circa 320 chilometri, ma erano all'interno della zona di difesa aerea.
 
Il rafforzamento dei legami militari tra Mosca e Pechino preoccupa non solo Washington, ma anche i suoi alleati in Europa e in Asia. In particolare, Tokyo si è lamentata del sorvolo della flottiglia aerea russo-cinese tra il Giappone e la penisola coreana lo scorso dicembre, ricorda l'agenzia. 
 
Mentre le forze armate russe sono da tempo attive nel Pacifico settentrionale, negli ultimi anni la Cina è emersa come nuovo attore nella regione. Le sue crescenti forze navali e aeree stanno espandendo la loro presenza sempre più lontano dalle coste del Paese, osserva AP.

Data articolo: Fri, 26 Jul 2024 13:13:00 GMT
POLIVOX
Fuga dalla mobilitazione forzata: il dramma (censurato) degli ucraini che non vogliono combattere


di Clara Statello per l'AntiDiplomatico

 

Chi si ricorda delle grandi campagne di solidarietà per accogliere in Europa gli ucraini che fuggivano dalla guerra? Ancora oggi, decine di migliaia di uomini in età di leva rifiutano di combattere e scappano all'estero. Uno dei tanti mantra della stampa italiana e degli ultras dell'Ucraina, è che gli ucraini vogliono combattere finché non verrà ripreso l'ultimo centimetro di territorio. Non è proprio così.

Il bacino di volontari si è esaurito più o meno dopo la sanguinosa battaglia di Bachmut. Gli uomini non si arruolavano più. Piuttosto fuggivano. Secondo i dati Eurostat del novembre 2023, sono 650mila gli uomini in età di leva nei Paesi europei. A fine marzo, erano ricercati 70 mila renitenti soltanto nelle regioni di Ivano-Frankivsk e Poltava. Insomma gli ucraini non vogliono più combattere, non vogliono morire per Kiev, per l'UE e per la NATO.

Un sondaggio pubblicato sui media ucraini ad inizio aprile, mostrava che la maggioranza degli uomini  dai 29 ai 59 anni (63%) non vuole arruolarsi. Solo il 20% è disposto ad entrare nell'esercito, come volontario o per contratto, oppure ad essere mobilitato. Il 24% degli intervistati dichiara che non combatterebbe per nessun motivo. Il mandato di comparizione può essere un fattore motivante solo per il 7%. Gli altri scappano all'estero, se hanno le possibilità economiche. Oppure si nascondono.

 

Fuga dall'Ucraina

Con l'approvazione della legge marziale nel marzo 2022, l'Ucraina ha chiuso i confini alla popolazione maschile di età compresa tra i 18 e i 59 anni. Un report della BBC del 17 novembre 2023 riportava che circa 20mila ucraini erano riusciti a scappare dalla mobilitazione, mentre più di 21.100 erano stati arrestati nel tentativo di farlo. Molti superavano il confine a piedi, rimediando un lasciapassare, altri decidevano di affrontare le acque del Tibisco o del Dnestr.

Lo stesso giorno, il servizio statale di frontiera pubblicava sulle proprie pagine le foto di due uomini, arrestati mentre tentavano di attraversare a nuoto il Tibisco. Li mostrava come trofei, con braccioli a forma di fenicottero rosa e salvagente fiorato, per umiliarli. Cercavano di raggiungere la Romania.

 

 

Da allora ho deciso di seguire uno per uno questi casi sul mio canale Telegram, utilizzando la chiave "Fuga dall'Ucraina". I video, pubblicati dalla stessa guardia di frontiera o da giornalisti ucraini,  mostrano fughe rocambolesche: a bordo di camion o furgoni, con i fuggitivi nascosti in vani segreti, tra sigarette di contrabbando o approfittando del trasporto di cereali. Altri si avventurano a piedi per le montagne, sfidando l'oscurità e il gelo. I più temerari attraversano i fiumi  in barca, gommone o anche a nuoto, muniti di muta o pinne o persino salvagente.

I tentativi spesso finiscono male. A volte renitenti vengono arrestati e spediti subito al fronte. A volte non sopravvivono. Questo è l'aspetto più drammatico. Almeno 44 persone sono morte assiderate sui Carpazi o annegate nel Tibisco. Dal 2022 oltre 33 ucraini sono annegati, mentre tentavano di raggiungere la riva della Romania. Circa la metà delle morti (almeno 17) è avvenuta nel 2024.

La guardia di frontiera tenta di dissuadere gli aspiranti fuggitivi, pubblicando le immagini dei corpi rinvenuti tra le acque. Inoltre ha lanciato il videogame "Tibisco" contro gli attraversamenti illegali. L'omino che raffigura il renitente dovrà nuotare in fretta, prima che le vorticose acque del fiume lo risucchino. Non si capisce se il tentativo è più maldestro o più cinico.

 

Chi scappa dalla guerra

L'entità del fenomeno è tale da trovar spazio nella stampa statunitense. A metà luglio il Wall Street Journal ha pubblicato un articolo dal titolo: "Ukrainian Men Desperate to Escape War Are Drowning as They Flee".

Viene riportata la storia di un uomo annegato nel Tibisco. Non era un filo-russo, un oppositore di Zelensky, un pacifista o un ucraino in cerca di migliorare la sua vita all'estero. Era un soldato volontario. Ivan Pidmalivskiy aveva lasciato in Slovacchia la moglie e due figli, per arruolarsi nell'esercito ucraino. Era stato due anni al fronte e non voleva più tornarci. Così, approfitta del congedo per darsi alla fuga. In parole povere: un disertore.

La stampa ucraina conferma storie analoghe. Ukrainskaya Pravda riferisce di una recente sparatoria a 15 chilometri dal confine con la Moldavia, fra un'auto della guardia di frontiera e una su cui viaggiavano 4 disertori che tentavano di scappare dall'Ucraina. Uno dei fuggiaschi è morto.

Strana riporta casi più fortunati di diserzione. Un altro volontario racconta la sua fuga in Moldavia, durante un congedo per malattia. Grazie a dei conoscenti era riuscito a corrompere una guardia di frontiera per 2.500 dollari. Spiega che per questi soldi gli agenti non concedono una "finestra verde" attraverso il confine, ma si “girano dall'altra parte”. Così il militare, di cui non viene riportato il nome, è scappato via dall'Ucraina. Correndo. "Ho corso con tutte le mie forze", spiega. Giunto dall'altro lato è stato prelevato da persone che lo attendevano. Adesso è in Germania, non tornerà mai più in Ucraina.

La diserzione non riguarda solo i soldati semplici, ma anche gli ufficiali, come Evgeny. Mobilitato nel 2023, era stanco della morte. Viveva giorno per giorno con la paura di diventare un "200" (nome con cui si indicano i caduti) o di subire mutilazioni. È scappato attraverso le foreste. "Non ho detto a nessuno in Romania che ero un militare”, ha dichiarato.

 

La fuga di massa

Secondo il WSJ, a giugno 2024 il numero dei fuggitivi è più che raddoppiato rispetto al report della BBC dell'autunno scorso. Almeno 44.000 ucraini hanno lasciato illegalmente il Paese, in base ai dati forniti dalle autorità di frontiera in Moldavia (29,728), Romania (13.861) e Slovacchia (1642). Secondo quanto riferito nei giorni scorsi, Chisinau potrebbe rimpatriare gli ucraini arrivati illegalmente, d' accordo con Kiev.  

"Si tratta di un netto capovolgimento rispetto ai primi giorni esaltanti della guerra, quando così tanti uomini si offrirono volontari per combattere", si legge nella pubblicazione.

Con l'entrata in vigore il 18 maggio della nuova legge sulla mobilitazione, che amplia la platea dei mobilitabili e rende più difficile l'elusione della leva, la fuga è di massa. Sempre più uomini, in gruppi sempre maggiori, vengono arrestati mentre tentano di attraversare il confine. In almeno un'occasione è stato fermato un padre che scappava dalla guerra assieme al figlio minorenne. Il gruppo più numeroso era composto da 41 persone.

 

L'inasprimento del reclutamento ha causato episodi violenti, riportati dal giornalista ucraino Vitaly Glagola. Ha documentato l'assalto di due ucraini alle guardie di frontiera in Transcarpazia. Non si sono fermati all'alt, hanno rubato loro le pistole e oltrepassato il confine. Giunti in Romania sono stati identificati e arrestati. Inoltre ha riportato altri due tentativi di assalti di massa al confine, uno dei quali condotto con un veicolo militare che trasportava 32 renitenti. Ha sfondato il confine, ma in Ungheria i fuggitivi sono stati arrestati.

 

La mobilitazione forzata

Gli ucraini fuggono dalla guerra solo se sono abbastanza ricchi per poterselo permettere. Acquistare da un commissario militare corrotto un foglio bianco (documento di inidoneità) nelle grandi città può costare fino a 20.000 dollari. Il biglietto per il trasporto clandestino dall'altro lato del confine può variare da 5.000 a 10.000 dollari. Corrompere le guardie di frontiera costa sui 3.000 dollari. La maggior parte degli ucraini non può permettersi queste somme. Le persone meno abbienti devono registrarsi all'ufficio militare oppure vivono nascondendosi dai reclutatori.

I brutali video della mobilitazione forzata sono sempre più frequenti dal febbraio 2023. I dipendenti del centro di reclutamento (TCC) vanno quotidianamente a "caccia di carne" da mandare al fronte per le strade delle grandi città e dei villaggi ucraini.

I giovani ucraini sono letteralmente sequestrati per strada, trascinati in furgoncini del TCC. I coscritti spariscono per giorni nel nulla. Le famiglie ricevono loro notizie quando sono già in partenza per il fronte. Sono stati riferiti casi di morti sospette, suicidi, maltrattamenti e tortura nei centri di reclutamento.




Natalia Antoniuk è una donna di Khmelnytskyi. Quando l'1 aprile suo figlio Andryi è morto a 35 anni in un TCC, in seguito a maltrattamenti da lei denunciati su Facebook, la sua foto del profilo era una Madonna vestita con i colori della bandiera ucraina.

"I danni cerebrali si sono rivelati incompatibili con la vita", ha scritto. "Lasciamo che i carnefici si ricordino di questa foto".

Nei giorni scorsi una donna ucraina ha documentato su Facebook le torture subite dal marito nel TCC di Rivne. Entrambi facevano volontariato portando gli aiuti al fronte. Sono stati fermati mentre tornavano da uno di questi viaggi. La stampa ha confermato l'episodio, anche se i militari negano i maltrattamenti denunciati.  

Ho meticolosamente riportato sul mio canale i brutali video dei sequestri degli ucraini ad opera dei commissari militari, utilizzando la chiave "mobilitazione forzata in Ucraina". E' una galleria dell'orrore, in cui è in scena la barbarie.

Sono frequenti i filmati di giovani malmenati per strada dai reclutatori, strappati alle loro compagne. A volte il dissidio si trasforma in rissa e il malcapitato viene difeso dai passanti, soprattutto da donne. In un video si vedono militari che utilizzano la forza bruta contro donne anziane, anche se in sedia a rotelle. Non si tratta di un episodio isolato.

Ogni luogo è zona di caccia per i commissari militari: dagli autobus pieni di lavoratori al mattino ad Odessa, ai centri commerciali, alle irruzioni nelle discoteche e club e persino nei consigli comunali. A dicembre aveva fatto discutere il filmato di un blitz in una SPA in Transcarpazia, piena di donne, bambini e anziani, cacciati dalle saune e dalle cabine dai dipendenti del TCC, che passavano a setaccio i locali in cerca di "carne" da mandare al fronte.

Il 19 luglio Arcelor-Mittal di Krivoi Rog ha comunicato ritardi e diminuzione della produzione a causa di controlli all'entrata dello stabilimento. Ad Odessa, a giugno è rimasto bloccato in un centro di reclutamento un intero equipaggio di ambulanza, compreso medico e paramedico. Si erano recati sul posto per una chiamata di soccorso, ma i reclutatori non li volevano più laciar andare. Episodi simili sono stati segnalati anche a Kharkov.

Sull'autostrada Ternopil-Lviv a giugno i commissari militari hanno mobilitato l'autista di un autobus. In risposta, i passeggeri hanno bloccato l'autostrada. Di questo passo, sarà sempre più difficile trovare autisti di pullman, ambulanze o tassisti.

L'entrata in vigore della legge sulla mobilitazione ha esasperato la già pesante situazione. L'età di leva è stata portata da 27 a 25 anni e diverse categorie di disabili e malati cronici sono stati ritenuti idonei al servizio. Come reazione ci sono stati episodi di assalti ai TCC, ai militari e roghi ai loro veicoli.

La realtà che emerge è straziante, non può non portare alla mente i periodi bui del Cile di Pinochet, quando i giovani venivano rapiti per le strade di Santiago, sparendo per sempre nei furgoni dei carabineros. Nell'Ucraina di oggi non vengono risucchiati nei centri segreti di tortura, ma dal tritacarne della prima linea, carne da cannone, per frenare la lenta ma inesorabile avanzata russa.

 

La solidarietà come strumento di propaganda

All'inizio del conflitto tra Ucraina e Russia, in Italia e in Europa andava in scena un grande spettacolo di solidarietà. Ogni Paese era pronto ad accogliere centinaia di migliaia di rifugiati ucraini in fuga dalla "brutale guerra di Putin". Gli aiuti umanitari venivano raccolti in ogni scuola di ordine e grado, a partire dagli asili nido. Al differenza dei migranti africani o asiatici, i profughi ucraini ricevevano agevolazioni di ogni tipo, da facilitazioni sui visti al tg di Rainews e persino i cartoni animati in lingua ucraina. Carovane di volontari partivano da ogni regione dell'Italia per arrivare in Ucraina occidentale e trasportare i civili in Europa.

Adesso che gli ucraini fuggono da Zelensky e non da Putin, l'Europa li ha abbandonati. Anzi, per via della carenza di personale dell'esercito ucraino, alcuni Stati della coalizione pro-Ucraina valutano la possibilità di rimpatriare gli uomini in età di leva. I benefit, a poco a poco, sono terminati. Le organizzazioni umanitarie e della società civile, i partiti che agitano i diritti umani contro Putin o Xi Jinping, rimangono muti davanti alle innumerevoli immagini di giovani pestati e sequestrati dai reclutatori e alle morti sospette nei centri di reclutamento.

Adesso che non è più necessaria la mobilitazione dello spirito degli europei, la fiamma della solidarietà si è spenta.

Data articolo: Fri, 26 Jul 2024 13:00:00 GMT
IN PRIMO PIANO
Come la Francia sta perdendo la guerra del grano con Russia e Ucraina

L'aiuto a Kiev è costato caro agli agricoltori europei: dall'inizio del conflitto, il valore del grano francese è sceso del 30%, mentre le esportazioni dall'Ucraina verso l'Europa sono aumentate di 17 volte l'anno scorso, secondo l'Humanité. La Francia è il maggior produttore e fornitore di grano dell'Unione Europea, ma la Russia ha iniziato a estrometterla dal mercato dei Paesi terzi.

Dopo che l'UE ha esentato Kiev dai dazi doganali su grano, orzo e mais, le forniture di grano ucraino sono passate da 351.000 tonnellate a 6 milioni di tonnellate all'anno. Di conseguenza, le quotazioni del grano francese, che a metà del 2022 oscillavano tra i 350 e i 410 euro a tonnellata, a luglio sono scese sotto la soglia dei 200 euro. Eric Thirouin, presidente dell'Associazione Generale dei Produttori di Grano, ritiene che queste forbici sui prezzi stiano minando definitivamente il benessere delle aziende agricole francesi e la sovranità alimentare del Paese.
 
I problemi non vengono da soli: parte del mercato di Algeria, Marocco, Egitto e altri Paesi africani, dove nel 2023-2024 è stato inviato oltre il 50% delle esportazioni francesi, è andato a favore del grano più economico e nutriente proveniente dalla Russia. Ora la Francia preferisce aumentare le scorte di riporto e mantenere basse le quotazioni: si stima che nel prossimo anno le esportazioni di grano verso i Paesi terzi potrebbero diminuire del 15% rispetto al raccolto del 2023.

Data articolo: Fri, 26 Jul 2024 11:07:00 GMT
Finanza
La frase di Carlos Tavares che spiega come funziona il capitalismo finanziario

 

di Alessandro Volpi

 

Come funziona il capitalismo finanziario. Il ceo di Stellantis, Carlos Tavares, che nel 2023 ha guadagnato 23,5 miliardi di euro, ha annunciato che i risultati semestrali del gruppo sono stati deludenti.

L'utile netto, pari a 5,6 miliardi di euro, si è ridotto del 48% rispetto all'anno precedente: dunque servono azioni correttive. Facile. Cassa integrazione in vari stabilimenti, a cominciare da quelli italiani, ferie allungate, dismissione di brand e "rimodulazione" delle sedi produttive verso quelle dove la manodopera costa meno. Si tratta di misure il cui primo obiettivo è quello di far riprendere subito, nel momento stesso dell'annuncio, il valore del titolo Stellantis a tutela dei grandi azionisti e della famiglia Agnelli-Elkann. E' solo il caso di ricordare a riguardo che nel primo semestre 2024, quello prima citato con il calo degli utili, Stellantis ha distribuito agli azionisti 6,7 miliardi di euro, fra dividendi e buy back.

Data articolo: Fri, 26 Jul 2024 11:00:00 GMT
MondiSud
Nicolas Maduro e l'eredità di Chavez

Con una massiccia mobilitazione di massa che ha visto il popolo riempire 10 delle principali vie di Caracas, la capitale del Paese, il presidente venezuelano e candidato alla rielezione, Nicolás Maduro, ha chiuso la sua campagna elettorale con un appello all'unità tra i diversi settori della popolazione che, a suo avviso, hanno formato una nuova maggioranza che si lascerà alle spalle le ferite delle sanzioni e dei blocchi imposti contro il Paese.

“È un blocco solido per unire il Venezuela, perché ciò di cui stiamo parlando è l'unione. Per la pace, per l'indipendenza, per la stabilità, per la vera democrazia, per l'amore, per l'armonia e l'inclusione: per unire tutti i venezuelani. Questo è il compito principale del momento [...] Venite con noi a costruire una patria, un'unione nazionale”, ha detto il presidente alla folla riunita in viale Bolívar, un punto storico per i raduni chavisti.

A tal fine, ha annunciato che, in caso di vittoria, chiederà un “grande dialogo nazionale, politico, sociale, economico e culturale” già da lunedì 29 luglio, per consolidare “i cambiamenti di cui il Venezuela ha bisogno”. 

Il leader bolivariano ha inoltre evidenziato che il peggio della crisi è passato e ha affermato che, nonostante l'attuale regime di coercizione e sanzioni, la nazione sudamericana è in fase di ripresa economica. “Oggi il Venezuela è in piedi. Abbiamo sconfitto le sanzioni e il blocco e quello che stiamo facendo va verso l'alto, verso le cose grandi, verso la crescita, verso la prosperità economica, ma per questo abbiamo bisogno di pace e stabilità”.

Quindi ha ribadito che la sua unica missione è “rendere grande questo Venezuela e portarlo sulla strada della prosperità, della crescita, della felicità e del socialismo del XXI secolo”.

Il candidato del Gran Polo Patriótico Simón Bolívar (GPPSM) ha sottolineato diversi successi ottenuti sotto la sua gestione governativa: ha riposizionato il bolivar con la produzione e l'economia nazionale, un robusto sistema di tassi di cambio, ha superato l'iperinflazione, ha creato la legge organica dell'imprenditoria, democratizzando il credito, tra le altre cose in materia economica.

“Mio padre mi ha reso bolivariano. Mi sono formato nelle strade e nei quartieri. La mia scuola e la mia università sono state nelle fabbriche di Caracas, nel mio lavoro di macchinista della metro. Mi hanno attaccato quando Chávez mi ha nominato ministro degli Esteri, il ministro degli Esteri ‘metrobusero’. Non ho ego, non sono attaccato a nulla, non sono stato e non sono il burattino di nessuno; sono un presidente totalmente indipendente, appartengo al popolo. So come lavorare in squadra e collettivamente. Ascolto e guardo la gente prima di fare un passo. Non devo favori a nessuno e non ho paura di nessuno: questo mi rende libero. Dopo aver reso grande questo Venezuela e averlo portato sulla strada del socialismo del XXI secolo. Sono fedele al popolo fino alla fine di questa vita”, queste le sue parole.

Maduro erede di Chavez

Da quando è divenuto presidente del Venezuela, Nicolas Maduro si è dedicato ad una serie di riforme di successo a beneficio del popolo che la stampa occidentale ha deliberatamente occultato. Nonostante abbia dovuto affrontare numerose sfide come la destabilizzazione economica e l’opposizione politica violenta, Maduro è rimasto saldo nel suo impegno per migliorare la vita dei suoi cittadini attraverso vari programmi sociali ed economici.

Uno dei risultati maggiormente apprezzabili di Maduro è l’attuazione della “Gran Misión Vivienda Venezuela”, volta a fornire alloggi a prezzi accessibili ai segmenti più vulnerabili della società. Attraverso questa iniziativa, milioni di venezuelani hanno potuto assicurarsi le risorse necessarie per costruire o acquistare le proprie case, migliorando così la loro qualità di vita. Dando priorità all’edilizia abitativa, Maduro ha dimostrato l’importanza fondamentale di alloggi stabili per lo sviluppo umano e la felicità.

Inoltre, Maduro ha posto una forte enfasi sui programmi di assistenza sociale, garantendo che nessuno venga lasciato indietro. Il programma "Carnet de la Patria" è una di queste iniziative che ha contribuito a identificare e indirizzare le persone più bisognose, fornendo loro l'accesso al cibo, all'assistenza sanitaria e ad altri servizi essenziali. Rispondendo ai bisogni primari delle persone, Maduro è riuscito a ridurre i tassi di povertà e a garantire una distribuzione più equa delle risorse.

Oltre ai programmi sociali, Maduro è riuscito ad avanzare anche nel campo dell’istruzione. La "Missione Robinson" e la "Missione Sucre" sono due iniziative volte rispettivamente a sradicare l'analfabetismo e ad espandere l'accesso all'istruzione superiore. Attraverso questi programmi, innumerevoli persone a cui in precedenza erano negate opportunità di istruzione, hanno potuto acquisire conoscenze e competenze che consentiranno loro di contribuire allo sviluppo delle loro comunità e del Paese nel suo insieme.

Un altro aspetto notevole della presidenza di Maduro è il suo impegno per l'ambiente e la sostenibilità. Sotto la sua guida, il Venezuela ha effettuato ingenti investimenti nelle fonti energetiche rinnovabili, riducendo la dipendenza del Paese dai combustibili fossili. Questo impegno per la sostenibilità non solo avvantaggia l’ambiente, ma contribuisce anche alla stabilità economica a lungo termine del Paese.

Inoltre, Maduro ha lavorato per garantire che i bisogni sanitari dei suoi cittadini siano soddisfatti. Nonostante i vincoli economici, la sua amministrazione ha ampliato l’accesso ai servizi sanitari gratuiti, compresi farmaci e trattamenti vitali. Attraverso partenariati e collaborazioni innovativi, Maduro ha migliorato le infrastrutture sanitarie e aumentato la disponibilità di servizi medici specializzati in tutto il Paese, a beneficio di milioni di venezuelani.

Sovranità e multipolarismo

Maduro ha dato priorità al rafforzamento della sovranità nazionale e dell’indipendenza del Venezuela. Nonostante le pressioni e gli interventi esterni, è riuscito a salvaguardare le risorse del Paese e a tutelarne gli interessi. Questa fermezza gli è valsa il sostegno del popolo venezuelano, che vede in lui un difensore della propria identità nazionale chavista e bolivariana.

Il leader bolivariano è anche uno degli alfieri del nuovo mondo multipolare: come leader di un paese storicamente allineato con movimenti anti-imperialisti - grazie alla Rivoluzione Bolivariana di Hugo Chavez - Maduro vede l'importanza di staccarsi dal predominio di un'unica potenza globale. Negli ultimi anni, gli Stati Uniti hanno cercato di riaffermare la propria influenza in America Latina, portando a tensioni e conflitti nella regione. L'impegno di Maduro per un mondo multipolare riflette il suo desiderio che i paesi abbiano la libertà di perseguire il proprio sviluppo senza interferenze da parte di una potenza egemonica.

Il Venezuela ha quindi rafforzato i suoi legami con i paesi del Sud del mondo attraverso organizzazioni come il Movimento dei paesi non allineati e la Comunità degli stati latinoamericani e caraibici. Lavorando insieme ad altre nazioni, Maduro ritiene che i paesi possano resistere meglio alle pressioni di potenti attori globali e affermare la propria sovranità.

Un altro aspetto importante dell'impegno di Maduro per il mondo multipolare è il suo sostegno alle norme e alle istituzioni internazionali. Il Venezuela è un critico intransigente rispetto alle azioni e degli interventi unilaterali degli Stati Uniti in altri paesi. Maduro ha chiesto un ordine internazionale più democratico e inclusivo che rispetti la sovranità di tutte le nazioni. Sostenendo un sistema di governance globale basato sul mutuo rispetto, Maduro intende contribuire alla creazione di un mondo più equo e giusto in cui i paesi siano trattati come uguali.

La visione di Maduro di un mondo multipolare è radicata nel principio di solidarietà. Il Venezuela ha fornito sostegno ad altri paesi nella regione e oltre, in particolare attraverso iniziative come l'alleanza petrolifera Petrocaribe e programmi di aiuti umanitari. Maduro ritiene che i paesi debbano stare insieme di fronte a sfide comuni e lavorare per obiettivi condivisi.

Inoltre, l'impegno di Maduro per il mondo multipolare è guidato dal desiderio di promuovere la diversità e lo scambio culturale. Il Venezuela è un paese eterogeneo e multiculturale, con una ricca eredità di influenze indigene, africane ed europee. Maduro vede lo scambio culturale come un mezzo per promuovere la comprensione e la cooperazione tra le nazioni.

La politica multipolarista di Maduro è fondata sui principi dell'anti-imperialismo e della giustizia sociale. Il Venezuela è da tempo in prima linea nella lotta contro l'imperialismo, il colonialismo e il neocolonialismo. Maduro vede il consolidamento di un mondo multipolare come un mezzo per sfidare le ingiuste strutture di potere che hanno storicamente oppresso e sfruttato le comunità emarginate. Opposizione alle potenze egemoniche e sostegno al Sud del mondo, secondo Maduro sono capisaldi per un mondo più equo e inclusivo per tutti.

Contro sanzioni e blocco economico

A un livello più pratico, l'impegno di Maduro per il mondo multipolare è anche guidato da considerazioni economiche. Il Venezuela ha cercato di diversificare le sue relazioni commerciali e ridurre la sua dipendenza da un mercato unico. Forgiando partnership con paesi in Asia, Africa e altre regioni, Maduro ha creato nuove opportunità di crescita economica e sviluppo. Attingendo alle risorse e ai mercati di più paesi, il Venezuela sta costruendo un'economia più resiliente e sostenibile, meno vulnerabile agli shock esterni. Come dimostra lo straordinario recupero economico del paese nonostante sia assediato da un regime sanzionatorio spaventoso e draconiano implementato per bloccare la commercializzazione del petrolio, principale risorsa del paese sudamericano. Nicolás Maduro ha affrontato e, per certi versi, è riuscito a mitigare le sanzioni statunitensi contro il Venezuela attraverso una saggia combinazione di strategie politiche ed economiche. Nonostante le sanzioni e le pressioni internazionali, Maduro ha trovato il modo di adattarsi e rispondere con successo al pesante regime sanzionatorio (930 misure) volto a strangolare il paese e provocarne la destabilizzazione.

Il blocco imposto dalla Casa Bianca ha soffocato il Paese per quasi un decennio, causando una crisi senza precedenti con gravi contraccolpi sociali ed economici. Le ondate migratorie degli ultimi anni lo testimoniano. Tuttavia, la popolazione e il governo sono riusciti a resistere all'assalto delle amministrazioni di Barack Obama, Donald Trump e Joe Biden e, attraverso varie politiche, sono riusciti a iniziare a ribaltare la situazione.

A fine maggio, Maduro ha annunciato che nei primi tre mesi del 2024 il PIL è cresciuto del 7%, raggiungendo 11 mesi di crescita continua. È riuscito anche a fermare l'iperinflazione, registrando a maggio un'inflazione dell'1,5%, la più bassa degli ultimi 20 anni.

Pace e stabilità

Il presidente Maduro ha compiuto passi importanti verso il raggiungimento della stabilità politica e della riconciliazione nazionale. Nonostante un panorama politicamente polarizzato, ha sostenuto il dialogo e la negoziazione con l’opposizione per trovare un terreno comune e tracciare un percorso da seguire. Cercando di unire le fazioni divergenti all’interno del paese, Maduro ha dimostrato il suo impegno nel promuovere la pace e la stabilità del paese bolivariano.

In conclusione, Nicolás Maduro ha dimostrato, a dispetto delle narrazioni distorte dei media mainstream, di avere la stoffa dello statista. Un presidente del popolo e al servizio del popolo venezuelano. Attraverso il suo difficile lavoro volto al recupero economico nonostante le sanzoni draconiane imposte al paese, al miglioramento degli alloggi, del benessere sociale, dell’istruzione, dell’assistenza sanitaria, della sostenibilità ambientale, della sovranità nazionale e della stabilità politica, è riuscito a raggiungere progressi significativi nel benessere e nello sviluppo dei suoi cittadini. Nonostante le numerose sfide, l’impegno di Maduro nei confronti del popolo rimasto incrollabile, divenendo per il Venezuela in questi tempi difficili e per il futuro una sorta di ancora di salvataggio. Secondo tutti i principali sondaggi è infatti il candidato favorito nelle elezioni del prossimo 28 di luglio.

Data articolo: Fri, 26 Jul 2024 10:41:00 GMT
NOTIZIE BREVI
L'appello di Roger Waters per il Venezuela

La leggenda del rock mondiale e cofondatore del gruppo Pink Floyd, Roger Waters, ha invitato il popolo venezuelano a votare domenica prossima, 28 luglio, per la rielezione del presidente Nicolás Maduro, affinché la nazione sudamericana “non venga svenduta” agli Stati Uniti dall'ultradestra venezuelana.

“Il motivo per cui vi invio questo messaggio oggi è di votare per Maduro, il presidente Maduro, alle elezioni del 28 luglio. Perché? Perché il Venezuela appartiene a voi, il popolo venezuelano, non alla Chevron con cui (María) Machado vuole fare un accordo per regalare il vostro Paese”, ha detto Waters attraverso X, riferendosi alla candidatura del candidato dell'opposizione Edmundo González, che non si è impegnato a riconoscere i risultati di domenica prossima.

In tal senso, Waters ha ricordato che sei anni fa l'ultradestra venezuelana, allora capeggiata dal burattino golpista Juan Guaidó, cercò di rovesciare il governo eletto di Maduro ignorando la sua vittoria elettorale, per poi tentare di creare uno Stato e una Presidenza paralleli che facevano parte di un piano ideato dagli Stati Uniti.

“Ricordate sei anni fa, quando avete subito un attacco al vostro grande Paese da parte di Guaidó? Era un burattino del governo statunitense, infatti lo hanno dichiarato presidente da Washington DC. Hanno fallito, è successo sei anni fa, grazie a Dio”, ha commentato.

Waters ha avvertito che ora, “sei anni dopo, c'è un altro serpente nell'erba. Si chiama Machado e ha un altro burattino (...) González, è un burattino. Ma è anche un rappresentante del governo statunitense”.

Data articolo: Fri, 26 Jul 2024 10:33:00 GMT
OP-ED
Andrea Zhok - Il progressismo, retroguardia armata del neoliberismo

di Andrea Zhok


Stamane ricevo una comunicazione pubblicitaria, della rivista Micromega, rivista progressista per antonomasia, cui ho anche dato in passato un contributo. Nella comunicazione si annunciava l’uscita, in libreria e online, del nuovo volume dal titolo "Contro la famiglia. Critica di un'istituzione (anti)sociale". Riporto qui sotto il commento introduttivo.

“La famiglia come istituzione sociale è, non da oggi, oggetto di analisi e critica. Nel corso della storia il suo superamento è stato obiettivo sia di progetti di emancipazione basati su un’idea di condivisione della proprietà e del lavoro, sia di progetti politici totalitari, che in essa e nelle appartenenze e lealtà di cui è costituita scorgevano un ostacolo al rapporto tra i cittadini e lo Stato.

Non c’è dubbio che oggi ci troviamo di fronte a un prepotente ritorno della retorica dei legami familiari e di sangue. E allora cosa significa, oggi, proclamarsi “contro la famiglia”, come MicroMega ha scelto di intitolare il quarto volume di questo 2024 in libreria dal 25 luglio? Non certo mettere in discussione i legami affettivi e di reciproca cura che all’interno della famiglia si creano, ma mettere a fuoco e fare oggetto di analisi critica tutti i suoi aspetti antipolitici e antisociali: il FAMILISMO AMORALE; la TENDENZA A MINARE AUTOREVOLEZZA E CREDIBILITÀ DELLA SCUOLA, nel desiderio di ergersi a unica agenzia educativa dei figli; il ruolo svolto nella TRASMISSIONE DI RIGIDI RUOLI DI GENERE; la CONCENTRAZIONE DI GRANDI CAPITALI TRASMESSI PER VIA EREDITARIA con conseguente immobilità sociale... D’altro canto molto spesso sono le carenze dello Stato a indurre gli individui a un RIPIEGAMENTO NELL’AMBITO DELLE COMUNITÀ PIÙ PROSSIME, PRIMA FRA TUTTE PROPRIO LA FAMIGLIA, IN UN CIRCOLO VIZIOSO CHE È NECESSARIO SPEZZARE PER GARANTIRE A CIASCUNO IL PIENO DIRITTO AL DISPIEGAMENTO DELLA PROPRIA PERSONALITÀ.” [sottolineature mie]


Alcune considerazioni a commento sono d’uopo, esaminando partitamente le accuse qui sopra addotte a carico dell’ordinamento famigliare. Credo che ciò sia utile per mostrare come questa posizione esposta da Micromega rappresenti in forma emblematica alcune ragioni di fondo per cui il progressismo culturale sia divenuto, nel contesto contemporaneo, un’entità socialmente distruttiva, politicamente dissolutiva ed eticamente catastrofica.

L’attacco all’istituzione famigliare in ambito progressista o “di sinistra” non è naturalmente una novità, ma come sempre negli sviluppi culturali il contesto in cui una tesi viene proposta e sviluppata è non meno importante delle tesi stesse.

Nell’ambito ottocentesco in cui dapprima si sviluppa la critica all’istituzione famigliare, alcune delle tesi qui richiamate, come il riferimento al familismo amorale, potevano avere un relativo fondamento.

Ricordiamo che il concetto di “familismo amorale” venne introdotto dal politologo americano Edward C. Banfield nel suo libro The Moral Basis of a Backward Society (1958), frutto di una permanenza di 9 mesi nel paesino di Chiaromonte (Basilicata). Quest’esperienza permise apparentemente a Banfield di trarre conclusioni di valore generale sul ruolo negativo della famiglia nucleare come latrice di arretramento socioeconomico, a causa del proprio connaturato egoismo. A settant’anni di distanza la sciatteria dell’analisi di Banfield, 188 pagine prive di un apparato di analisi storica o comparativa degna di nota, appare palese. Ma ciò non toglie che il concetto di familismo amorale sia riuscito a diffondersi come uno dei molti piedi di porco utilizzati per scardinare ogni legittimazione dell’ordinamento famigliare. Che la famiglia nucleare, in condizioni storiche specifiche, possa assumere un ruolo eminentemente difensivo ed autoreferenziale è certo, ma che ciò sia una caratteristica in qualche modo qualificante della famiglia nucleare e delle sue lealtà interne, questa è una sciocchezza insostenibile. Sia come sia, in una fase espansiva della società moderna, in cui, almeno di principio, istituzioni statali strutturate iniziavano a farsi spazio, poteva essere plausibile vedere in alcune resistenze e diffidenze delle strutture famigliari tradizionali un fattore frenante, “regressivo”. Il prototipo di questa funzione regressiva poteva essere un modello di familismo visibile in alcune forme di criminalità organizzata (il familismo tipo “Padrino”). Ma la vera questione qui è capire in che misura nell’Europa del XXI secolo la “famigghia” di Vito Corleone rappresenti un fattore reale di destabilizzazione antisociale. L’impressione è che certa intellighentsia tragga le proprie fonti sulla realtà sociale più da Netflix che da uno sguardo alla realtà circostante.

La seconda imputazione grave che Micromega ritiene di dover ascrivere alla famiglia è di “minare l’autorevolezza e credibilità della scuola”. (Ok, non ridete). Qui, di nuovo, ci troviamo in un contesto analitico che sembra nascere nella società degli anni ’60. Sembra che abbiamo attorno famiglie solidissime e impermeabili, ma con alti tassi di analfabetismo, che fanno da barriera ai lumi della ragione portati dalla nuova scolarizzazione. Solo che mentre sessant’anni fa una funzione sprovincializzante e formativa della scuola pubblica poteva essere sostenuta, oggi la scuola è assediata da programmi eterodiretti, americanizzati, ad altissimo tasso ideologico, con una simultanea riduzione delle conoscenze a favore delle “competenze” (l’esteriorità di atteggiamenti e comportamenti). Al contempo le famiglie sono sempre più impotenti e slambricciate, assediate a loro volta dagli onnipresenti “schermi” che “educano” h24 i propri figli ai valori di TikTok e Walmart. Gli intellettuali di Micromega sembrano appena sbrinati, dopo essere entrati in un congelatore quando in televisione c’era il “maestro Manzi”.

La terza imputazione è complementare alla seconda: la famiglia avrebbe un ruolo regressivo perché sarebbe complice della “trasmissione di rigidi ruoli di genere”. Ora, al di là del fatto che è assai dubbio che ciò corrisponda oggi in qualche misura al vero, la vera questione è: esattamente a chi spetterebbe di educare i figli in questioni come l’affettività o l’orizzonte di aspettative circa sesso e genere? A Micromega? A Fedez? Al MinCulPop? Ai Kibbutz? Ai Soviet? All’Agenda 2030? Sono sfiorati dal dubbio che l’idea di possedere una superiore saggezza su temi come l’affettività primaria sia sfacciatamente autoritaria?
La quarta imputazione è forse la più comica: la famiglia favorirebbe l’immobilità sociale in quanto favorirebbe la concentrazione dei capitali per via ereditaria. Usciti dal loro congelatore ottocentesco gli intellettuali di Micromega hanno davanti agli occhi senz’altro i Buddenbrook. Si immaginano famiglie di capitalisti col cappello a cilindro e l’etica protestante del lavoro che passano attività di famiglia e capitali ai propri discendenti di sangue. Il carattere anonimo delle odierne multinazionali e dei fondi di investimento sembra essergli sfuggito. Di più, il modello famigliare che alimentava la concentrazione dei capitali non è neanche il capitalismo ottocentesco. Bisogna risalire al maggiorascato – abolito col Codice Napoleonico - dove solo il primogenito ereditava (per evitare il frazionamento del capitale). Ecco, immaginare che oggi la tendenza dei capitali alla concentrazione in regime capitalista sia dovuto all’ereditarietà famigliare è un indice strepitoso di come la sinistra non maneggi più neppure quegli elementi di economia di cui un tempo si faceva vanto.
E peraltro, laddove questa tendenza esistesse, laddove fossimo ancora in pieno maggiorascato, ovviamente il problema sarebbe rappresentato da ciò che la legislazione consente di fare, non certo dall’esistenza di un ordinamento famigliare.

In sintesi, lo stantio attacco alla famiglia che Micromega ritiene di dover muovere è motivato da una collezione di pretesti insostenibili. Ma la vera, profonda, motivazione è quella che fa capolino nelle considerazioni finali di cui sopra, ed è una motivazione schiettamente IDEOLOGICA: la famiglia, rientra nel novero delle “comunità più prossime”, che lo pseudoilluminismo progressista (in realtà neoliberismo inconsapevole) chiede di spezzare per “garantire a ciascuno il dispiegamento della propria personalità”.

Al netto della fuffa sul carattere “antisociale e antipolitico” della famiglia, l’ordinamento famigliare, e gli ordinamenti comunitari in genere, rappresentano uno scandalo per l’odierna sinistra neoliberale perché non si adattano alle esigenze dell’individualismo mercatista – unica dimensione di libertà che sono ancora capaci di immaginare.

Il modello di libertà che propongono è il sogno bagnato di quel grande capitale che fingono di osteggiare. Sognano individui sradicati, isolati, che cercano consolazione passeggiando in quel grande supermercato che è diventato il mondo occidentale. Sognano individui fragili, fluidi e perciò disponibili ad essere collocati senza resistenza in ogni anfratto e posizione del macchinario globale. Collaborano fattivamente alla dissoluzione di ogni identità stabile, collettiva quanto personale, che potrebbe fungere da baluardo alla liquefazione dei rapporti di mercato.

Non so se questa operazione sia frutto di schietta complicità con il paradigma neoliberale, o se sia solo segno di una drammatica inconsapevolezza culturale, ma alla fine questo interessa il giusto: le intenzioni contano fino ad un certo punto e ciò che resta a futura memoria è solo un ennesimo contributo al degrado corrente.

*Post pubblicato su Facebook il 26 luglio 2024
Data articolo: Fri, 26 Jul 2024 10:00:00 GMT
EGEMONIA
Reportage Hainan (3). La Cina, il bivio della storia e quel pizzico di sovranità e indipendenza che basterebbe...


LEGGI: REPORTAGE HAINAN. (1) Dentro la zona economica speciale più grande della Cina

LEGGI: REPORTAGE HAINAN (2) - Come conciliare sviluppo e ecologia: la via cinese e gli insegnamenti per l'Europa



di Alessandro Bianchi

Hainan - giugno 2024

 

Mentre scrivevo il terzo e ultimo reportage sul mio viaggio nella provincia di Hainan, la zona economica speciale più grande della Cina, sono stato sommerso di nuovi articoli della stampa occidentale che sentenziavano la “fine della crescita economica cinese”, l’imminente stagnazione sul modello Giappone e tutto il repertorio della solita propaganda statunitense, sempre, puntalmente, smentita dai fatti. Il dato fondamentale è, infatti, che il Prodotto Interno Lordo (PIL) cinese sia cresciuto del 5,2% nel 2023, rispetto al 2,5% degli Stati Uniti. Su base pro capite, il divario di crescita è ancora maggiore: 5,4% in Cina contro il 2% negli Stati Uniti. Nel 2024, la Cina supererà di nuovo in modo significativo gli Stati Uniti. “I problemi non mancano, ma i principali provengono dagli Stati Uniti, non sono interni all'economia cinese”, aveva sintetizzato alla perfezione il professor Sachs in un editoriale per Xinhua che avevo tradotto per l’AntiDiplomatico ad aprile e che resta a mio avviso ancora il faro per chiunque voglia affrontare le questioni economiche legate all’economia attuale cinese seriamente.

Mentre scrivevo questo capitolo finale della mia esperienza nella provincia di Hainan, in Cina si è svolto un evento politico fondamentale, uno di quelli che capitano due volte in un decennio: il Plenum del Partito comunista cinese. Lo ha magistralmente sintetizzato l’analista Pepe Escobar in due scritti che abbiamo tradotto come l’AntiDiplomatico (qui e qui). Sottolinea Escobar: “Il plenum è stato piuttosto serio e sobrio: ha cercato di trovare un equilibrio tra crescita economica sostenibile e sicurezza nazionale fino al 2029, quando la RPC celebrerà il suo 80° anniversario. Il plenum ha dimostrato ancora una volta che il "socialismo con caratteristiche cinesi" – o, per i recalcitranti, il capitalismo modificato dalla Cina – è "incentrato sul popolo". I valori supremi sono l'interesse nazionale e l'interesse del popolo – attestato dal fatto che… le grandi imprese private rimangono sotto il controllo strategico del PCC.” La risoluzione finale coniuga, in estrema sintesi, la pianificazione e la regolamentazione statale con le logiche di mercato, la giustizia sociale con la produttività. Principi e bilanciamenti che sono ben presenti nella nostra Costituzione e che hanno reso grande il nostro paese fino agli anni Ottanta. Poi è arrivata la rivoluzione neoliberista imposta con l’Unione Europea, l’euro, la fine del ruolo dello Stato nell’economia, la deindustrializzazione, la totale sudditanza ai diktat di Wsshington, Bruxelles e Francoforte; la progressiva distruzione dei diritti sociali, disoccupazione e povertà diffusa. 

E mentre mi accingo a scrivere questo terzo e ultimo reportage su Hainan – gli altri due avevano affrontato lo sviluppo ad alta qualità e il rapporto uomo-natura nella concezione della modernizzazione in stile cinese – mi imbatto in una dichiarazione del portavoce del ministero degli esteri cinese che ci fa comprendere come a Pechino non siano più disposti ad accettare supinamente l’arroganza e i doppi standard occidentali. Nella conferenza stampa del 19 luglio una frase di Lin Jian mi colpisce molto: "Sono finiti i tempi in cui gli Stati Uniti potevano ingannare il mondo con la loro propaganda". L’utilizzo della parola “mondo” ci offre bene il livello di consapevolezza della Cina di essere parte di un processo storico in cui la comunità internazionale (quella vera) ha scelto di sbarazzarsi delle “regole” occidentali per proporre un modello di coesistenza diverso che le ribalta totalmente.



Gettare i primi semi... in silenzio


L’eredità più grande che porto dentro di me da questo viaggio è la consapevolezza che il popolo cinese ha dell'urgenza del bivio storico che stiamo vivendo e di come la crescita economica della Cina sia una premessa necessaria per un futuro sviluppo di pace tra le nazioni.

Lo sviluppo ad alta qualità della Cina è un processo che non si arresterà. Procede ad un ritmo impressionante e significa nuove ed efficaci tecnologie applicabili nel campo medico – le ho potute testare alcune in prima persona nel Boao Lecheng International Medical Tourism Pilot Zone




-  nel campo energetico (come vi ho raccontato nell’esperienza dell’isola di Doyngu e nel centro di alta tecnologia di Haikou) e nel campo dell'Intelligenza artificiale e dell'automazione della produzione. La Cina sta tentando di conciliare il suo immenso sviluppo con il rispetto delle altre civilizzazioni e della sovranità degli altri paesi; con un rapporto armonico tra uomo e natura e nel rispetto degli standard che la comunità internazionale si è data per prevenire il collasso ecologico. Una sfida titanica che richiede collaborazione, cooperazione e interazione con Stati Uniti ed Europa. 



L’occidente ha mostrato una via di sviluppo che è risultata iniqua, immorale, inefficace, deprecabile e che ha portato il mondo in un precipizio del quale non vediamo ancora la fine.

Nel mio viaggio nella provincia di Hainan ho compreso che c’è un’unica via di redenzione possibile per noi che abitiamo in questa parte di mondo che si è creduta superiore per troppo tempo: il silenzio. La silente comprensione di quello che sta avvenendo nel resto del mondo è il primo necessario passo da compiere per accedere alla rivoluzione copernicana che stanno tentando la Cina e le organizzazioni del nuovo mondo multipolare prima della definitiva autodistruzione del nostro pianeta. Abbiamo parlato troppo come occidente e la nostra voce ha rimbombato per decenni con il suono di bombe e delle urla delle popolazioni che abbiamo martirizzato. Taccia la Nato, taccia l’Unione Europea e tacciano tutte le organizzazioni del Washington Consensus.  

Da Hainan torno quindi con la convinzione che noi occidentali dovremmo mettere da parte per sempre le idee di "supremazia", per abbracciare quelle di rispetto reciproco, coesistenza pacifica e cooperazione globale. Le strategie, la retorica, i doppi standard sono stati smascherati tutti. Il resto del mondo li conosce alla perfezione ed è il momento di sedersi al tavolo da pari e a carte scoperte.

Siamo ad un bivio storico come non si presentano spesso nella storia. In Cina ne sono ben consapevoli. Il partito comunista cinese – come è emerso dal Terzo Plenum – è pienamente conscio delle sfide che si appresta ad affrontare nella convinzione che il futuro pacifico e prospero dell’umanità passa dalla capacità di costruire ponti con l’occidente nel brevissimo futuro. Che cos’è se non questa convinzione ad aver spinto, del resto, il presidente Xi Jinping a lanciare nel marzo del 2023 l’Iniziativa di Civiltà globale? Che cos’è se non questa convinzione il voler mettere al centro di ogni progetto di politica estera, in particolare la Belt and Road Initiative, il rispetto delle diverse civilizzazioni? Nel marzo del 2023, Xi Jinping dichiarava nel presentare a Pechino l’Iniziativa di Civiltà Globale come “il futuro di tutti i paesi è legato strettamente. Le diverse civiltà convivono in modo inclusivo e si scambiano e apprendono, ciò valorizza un ruolo insostituibile nella promozione del processo della modernizzazione sociale dell'umanità e prosperità del giardino delle civiltà mondiali”.

Lo scoglio più grande da superare per arrivare alla prosperità del giardino delle civiltà mondiali, dal mio punto di vista, è l’ostilità del potere numero uno in occidente, il più strenuo difensore della bellicosa unilateralità statunitense: le corporazioni mediatiche. Come ha sentenziato, tuttavia, il portavoce del ministero degli esteri cinese Lin Jian: "sono finiti i tempi in cui gli Stati Uniti potevano ingannare il mondo con la loro propaganda". Due terzi del pianeta, oltre i due terzi della popolazione mondiale semplicemente non crede più alle menzogne che ci raccontiamo in occidente e non vogliono più accettare le sopraffazioni subite in passato. E’ il momento di prenderne atto.  



Come costruire ponti: una nuova opportunità per l'Italia  

Mentre osservavo i successi tecnologici ed economici della Cina nella provincia di Hainan, immaginando alle immense possibilità che si potrebbero aprire per il mio paese se solo avessimo un pizzico di sovranità e indipendenza in più, ho riletto varie volte l’editoriale di Jeffrey Sachs che ho citato all'inizio e compreso in profondità la sua conclusione: “La soluzione migliore in assoluto per l'economia mondiale sarebbe che Cina, Stati Uniti ed Europa mantenessero un commercio aperto e politiche industriali concordate. Tuttavia, se gli Stati Uniti e l'Europa diventano fortemente protezionisti nei confronti della Cina, la risposta migliore per la Cina è quella di accelerare il successo e la crescita delle sue relazioni commerciali e finanziarie con le economie emergenti”. Il professor Sachs ci rende chiara l’urgenza del momento.

La soluzione migliore per i popoli, in particolare quello italiano, è abbracciare le opportunità che si aprono con lo sviluppo ad alta qualità cinese, ma a Washington sono ancora predominanti le forze che vogliono imporre il proprio modello fallito e fallimentare al suo interno e in tutti i suoi protettorati, Italia compresa.

Con l’Unione Europea sempre più inutile emanazione degli interessi strategici statunitensi nel nostro continente, spetta alla spinta dei singoli paesi membri la forza di gettare i primi semi.

L’Italia aveva preso la giusta direzione firmando nel marzo del 2019 il Memorandum sulla nuova via della seta. Su decisione statunitense, i governi Conte II e Draghi non ne hanno dato applicabilità pratica e il governo Meloni ne è indegnamente uscito. Ma all’Italia capita una nuova grande opportunità con la visita del presidente del Consiglio italiano Giorgia Meloni in Cina che inizia domani, 27 luglio, e durerà fino al 31 luglio. Il premier arriva in Cina con una delegazione di imprenditori e discuterà con le massime autorità del paese il “Piano d’azione per il rafforzamento del Partenariato strategico globale 2024-2026”.

Ad Hainan, zona economica esclusiva più grande della Cina e porto di libero scambio fondamentale della nuova via della seta marittima, ho potuto osservare la pressoché totale assenza dell’Italia, con l’importante eccezione dell’azienda farmaceutica Zambon. E' il momento di lavorare con chi pensa alla "prosperità del giardino delle civiltà mondiali" e smettere di assecondare supinamente i voleri di chi sta pensando al prossimo governo da abbattere perché non in linea con il "Washington consensus". Basta un pizzico di sovranità e indipendenza per fare il primo passo verso la parte giusta della storia.  


P.s. Voglio ringraziare sentitamente chi mi ha accompagnato nel mio viaggio nella provincia di Hainan, un momento per me indimenticabile. Ho conosciuto un team straordinario di persone. E' stato un momento straordinario di crescita, comprensione e consapevolezza. Mi sono sentito accolto dal primo momento e ho avuto una testimonianza, con l'esempio, di cosa significhi umiltà, modestia, senso del servizio, responsabilità, lavorare con passione e per una missione, capacità di abnegazione, professionalità, solidarietà e cooperazione. Tutti valori che qui in Italia avevamo, si sono persi perchè non conciliabili con la "rivoluzione neoliberista" che si è imposta, e abbiamo il dovere di riproporre, con l'esempio, nuovamente al centro della nostra comunità. 



LEGGI: REPORTAGE HAINAN. (1) Dentro la zona economica speciale più grande della Cina

LEGGI: REPORTAGE HAINAN (2) - Come conciliare sviluppo e ecologia: la via cinese e gli insegnamenti per l'Europa

Data articolo: Fri, 26 Jul 2024 08:00:00 GMT
OP-ED
Lo stato (al collasso) di Israele

 

di Francesco Corrado 

 

La guerra apertamente ed oscenamente genocida che Israele sta conducendo a Gaza sta minando la comunità dalle fondamenta. Tralasciando l'aspetto militare che per Israele è davvero tragico, quello cui abbiamo assistito in questi 8 mesi è lo smantellamento di parte del paese sia dal punto di vista demografico che di quello economico.  

 

Dal 7 ottobre scorso 46.000 attività sono state chiuse e l'economia è crollata del 20%. La previsione degli economisti israeliani è che per fine 2024 altre 60.000 attività chiuderanno; ma si tratta di previsioni, plausibili, vediamo i fatti.

 

Questi i dati riportati dal periodico israeliano Maariv e sono dati ufficiali. La crisi attraversa molti settori dell'economia. Innanzitutto colpisce le piccole attività, quelle fino a 5 dipendenti: il 77% delle attività chiuse, circa 35.000, appartengono a questa categoria. La fuga in massa di israeliani verso l'estero seguita agli attacchi del 7 ottobre ha colpito duramente il settore immobiliare. Questo ha trascinato con se l'indotto: ceramica, materiali da costruzione, mobilio, alluminio, condizionatori ecc.

 

Del terziario sono stati fortemente colpiti ovviamente i trasporti, ma anche la moda, l'industria del divertimento ed il turismo che è sceso in maniera drammatica.

 

Ricordiamo che l'autorità portuale di Eilat, unico approdo di Israele sul Mar Rosso dove arrivano le merci provenienti dall'Asia, ha dichiarato bancarotta. La chiusura dello stretto di Bab el-Mandeb da parte dello Yemen, efficace al di là degli sforzi militari dei paesi occidentali fin ora del tutto inutili, ha comportato un'immediata diminuzione dell'85% del volume di merci in arrivo. Questo già alla fine del 2023, tanto che il 7 luglio scorso Gideon Golbert, l'amministratore del porto, ha dichiarato alla Knesset che di fatto per 8 mesi il porto è stato inattivo e non ci sono ingressi economici. 

 

L'occidente non è riuscito a trovare rimedi e quindi dopo mesi in cui lo Yemen ha mantenuta salda la volontà di sanzionare Israele per il genocidio in corso a Gaza, l'autorità portuale di Eilat ha dichiarato fallimento.

 

Questo va ricordato: lo Yemen con la chiusura dello stretto di Bab el-Mandeb sta sanzionando uno stato che sta commettendo una miriade di crimini di guerra, di violazioni del diritto umanitario e di trattati, il tutto per commettere un genocidio dichiarato dai propri ministri. Dopo aver visto USA e paesi del G7 sanzionare altre nazioni, sempre del sud globale, con pretesti assurdi o palesemente falsi, il che è un atto di guerra, per la prima volta assistiamo a delle sanzioni poste da un paese del sud globale a danni di uno stato, Israele, che sta commettendo un genocidio (quindi una buona ragione) e anche ai suoi alleati occidentali. 

 

Il fatto che questo eroico paese, cioè lo Yemen, abbia sfidato l'intero occidente e che quest'ultimo non ci abbia potuto fare ancora niente, la dice lunga sull'avanzamento tecnologico che questi stati hanno avuto in termini militari.

 

Se il porto di Eilat è stato strangolato dal blocco dello stretto di Bab el-Mandeb, i tre porti sul mediterraneo vengono presi di mira sia dallo Yemen che dall'Iraq, complicando ulteriormente le cose.

 

A subire un duro colpo poi è stata l'agricoltura che si concentra soprattutto al sud del paese, cioè vicino a Gaza, e a nord, vicino ad Hezbollah, che sta portando avanti un deciso e consapevole attacco all'economia israeliana.

 

Le due principali zone agricole del paese quindi sono state dichiarate zone di guerra con decine di migliaia di persone che hanno dovuto lasciare le proprie abitazioni e ora sono ospitate in alberghi e campano di sussidi, oppure se ne tornano nei paesi occidentali da cui provengono. Soprattutto al nord il problema è molto serio: ci sono stime che parlano di 100.000 sfollati in totale. Il 10 luglio scorso Hassan Nasrallah, grande capo di Hezbollah, ha dichiarato che l'obiettivo di indebolire l'economia di Israele è stato raggiunto.

 

Israele, militarmente, è già in serissima difficoltà a Gaza e sta affrontando perdite cui non è abituato, in uomini e soprattutto mezzi; affrontare la milizia libanese potrebbe scuotere lo stato ebraico dalle fondamenta. Lo sforzo bellico sarebbe del tutto deleterio per l'economia e la getterebbe in un abisso, stando alle parole di Yoel Amir, CEO dell'Israeli information service and credit risk management firm, ente che si occupa di rischi di impresa insieme alla federazione delle camere di commercio.

 

Un altro aspetto è fondamentale: quello della fuga dei coloni. Sappiamo che circa 500.000 persone hanno lasciato il paese nei primi tre mesi del conflitto. I cittadini israeliani vengono da Europa, America del nord, Australia, nazioni di cui sono cittadini. Paesi in cui hanno vissuto prima di provare l'ebrezza dell'avventura coloniale. L'ebrezza di presentarsi in una terra meravigliosa, da perfetto straniero, ed ottenere, in quanto professante una religione, la casa di un palestinese che è stato previamente cacciato. Ecco questa gente fino a quando ha potuto combattere contro civili indifesi, come nelle precedenti intifada, quando i palestinesi combattevano con le pietre e poi con qualche mitra, ancora ci stava, ma ora i nemici hanno ben altre armi e lo stesso vale per i loro alleati. 

 

La voglia di andare a beneficiare di un regime di apartheid a danno di un'altra popolazione, ridotta in schiavitù, inizia a venire meno se ti tocca combattere e morire davvero o se non puoi più vivere tranquillamente perché stavolta la guerra raggiunge anche te. Così, mentre i palestinesi in quella terra ci sono nati e cresciuti e non hanno un altro posto dove andare, i coloni ebrei occidentali si, e infatti se ne vanno. Se in oltre 500.000 hanno lasciato il paese nei primi tre mesi di guerra c'è da scommettere che i dati attuali siano ben peggiori. E queste sono pessime notizie per il governo fascista di Israele.

Data articolo: Thu, 25 Jul 2024 16:00:00 GMT
OP-ED
Pepe Escobar - Il treno ad alta velocità è partito: il XXI° non potrà che essere il secolo cinese (ed euroasiatico)

 

di Pepe Escobar – Strategic Culture

[Traduzione a cura di: Nora Hoppe]

 

Il plenum di quattro giorni, due volte al decennio, del Partito Comunista Cinese che si è svolto la scorsa settimana a Pechino, disegnando una road map economica che arriva fino al 2029, è stato un evento sbalorditivo sotto più punti di vista.

Cominciamo dalla continuità – e dalla stabilità. Dopo il plenum non c'è dubbio che Xi Dada, ovvero il Grande Panda, resterà al timone fino al 2029 – fino alla fine dell'attuale quinquennio economico.

E se Xi è abbastanza in salute, resterà fino al 2035: il fatidico anno in cui la Cina raggiungerà un PIL pro capite di 30.000 dollari, con enormi ripercussioni in tutto il mondo.

Qui vediamo la confluenza tra la progressione del "socialismo con caratteristiche cinesi" e la definizione dei contorni, se non di una Pax Sinica, almeno di un mondo non egemonocentrico e multinodale (corsivo mio).

Il proverbiale asse statunitense Think Tankland/Sinofobia si è isterilito sul fatto che la Cina non sia in grado di sostenere un tasso di crescita del 5% annuo per i prossimi anni – l'obiettivo sottolineato ancora una volta al plenum.

Un'analisi russa del Center for Geopolitical Forecasts fa un punto cruciale: "I cinesi stessi non si preoccupano più da tempo del tasso di crescita, poiché nel 2018 sono passati a una strategia di cosiddetto sviluppo qualitativo, cioè non a spese delle industrie tradizionali, ma sulla base di alte tecnologie e della creazione di nuovi settori, come la produzione di nuove fonti energetiche e l'intelligenza artificiale."

È questa la logica alla base del Made in China 2025 – che si sta realizzando a rotta di collo: lo sviluppo dell'alta tecnologia che apre la strada a una "economia socialista di mercato di alto livello", da consolidare entro il 2025 e costruire completamente entro il 2035.

Il passo successivo sarà quello di raggiungere lo status di "potenza socialista modernizzata" entro il 2049, in occasione del centesimo anniversario della Repubblica Popolare Cinese (RPC).

Il plenum ha dimostrato ancora una volta che il "socialismo con caratteristiche cinesi" – o, per i recalcitranti, il capitalismo modificato dalla Cina – è "incentrato sul popolo". I valori supremi sono l'interesse nazionale e l'interesse del popolo – attestato dal fatto che…

…le grandi imprese private rimangono sotto il controllo strategico del PCC.

 

È inutile cercare di trovare nel comunicato finale del plenum qualsiasi restrizione al capitale privato sulla via della "prosperità universale". Il punto chiave è che il ruolo del capitale deve essere sempre subordinato al concetto di "socialismo con caratteristiche cinesi".

 

Osserviammo la nave della riforma in costante navigazione

Tutto viene spiegato in termini quasi didattici, raccontando la nascita della "Decisione del Comitato Centrale del PCC sull'ulteriore approfondimento delle riforme per promuovere la modernizzazione cinese".

Quella che oggi in tutta la Cina viene già chiamata colloquialmente "La Decisione" si sviluppa in 15 parti e 60 articoli, divisi in tre sezioni principali, proponendo più di 300 importanti riforme.

La "Decisione", nella sua interezza, non è ancora stata pubblicata; è stata pubblicata solo la road map di come i pianificatori di Pechino sono arrivati a questo punto. Naturalmente non si tratta di un semplice documento politico: è una dissertazione in stile PCC in cui i dettagli delle misure economiche e politiche sono oscurati da nuvole di immagini e metafore.

 

Si veda, ad esempio, questo passaggio:

 

"Per garantire che la nave delle riforme navighi costantemente in avanti, 'La Decisione' propone che l'ulteriore approfondimento globale della riforma debba implementare 'i sei principi': aderire alla leadership generale del partito, aderire all'approccio incentrato sul popolo, aderire al principio di mantenere l'integrità e promuovere l'innovazione, aderire alla costruzione del sistema come linea principale, aderire allo stato di diritto globale e aderire a un approccio sistematico."

 

La maggior parte della "Decisione" – 6 parti su un totale di 13 – riguarda la riforma economica. La Cina ce la farà? Certo che sì.

Basta guardare i precedenti. Nel 1979 il Piccolo Timoniere Deng Xiaoping ha iniziato a trasformare una nazione di agricoltori e contadini in una macchina ben oliata di efficienti lavoratori industriali. Lungo il percorso, il PIL pro capite è stato moltiplicato per ben 30 volte.

Ora le ramificazioni del Made in China 2025 stanno trasformando una nazione di operai in una nazione di ingegneri. Su 10,5 milioni di laureati all'anno, un terzo sono ingegneri.

L'enfasi sull'intelligenza artificiale ha portato, tra gli altri esempi, l'industria automobilistica a produrre un veicolo elettrico da 9.000 dollari in completa automazione e a realizzare un profitto. La Cina è già leader mondiale nei veicoli elettrici (BYD sta costruendo impianti in Brasile, Tailandia, Turchia, Ungheria), nell'energia solare, nei droni, nelle infrastrutture di telecomunicazione (Huawei, ZTE), nell'acciaio, nella cantieristica navale – e presto anche nei semiconduttori (grazie alle sanzioni di Trump).

 

Mentre l'Egemone ha speso almeno 7 trilioni di dollari – e non solo – in Guerre Eterne non vincenti, la Cina sta spendendo 1 trilione di dollari in una serie di progetti della Belt and Road Initiative (BRI) nel Sud Globale: l'enfasi è sui corridoi di connettività digitale/trasporti. Gli imperativi geoeconomici si intrecciano con la crescente influenza geopolitica.

A parte l'isteria da Egemone, il fatto è che l'economia cinese crescerà di ben 1.700 miliardi di dollari solo nel 2024. Si tratta di una cifra superiore a quella degli ultimi tre anni – a causa dell'effetto Covid.

E Pechino ha preso in prestito esattamente zero yuan per questa crescita. L'economia statunitense, in confronto, potrebbe crescere di 300 miliardi di dollari nel 2024, ma Washington ha dovuto prendere in prestito 3,3 trilioni di dollari per farlo.

Il ricercatore Geoff Roberts ha compilato un elenco molto utile di ciò che la Cina sta facendo bene.

E quando si arriva al nocciolo della questione, i numeri sono sbalorditivi. Eccone solo alcuni, oltre alla crescita del PIL:

 

  • Il commercio di beni esteri è aumentato del 6,1%, raggiungendo i 2.900 miliardi di dollari su base annua.

 

  • L'avanzo commerciale è di 85 miliardi di dollari, con un aumento del 12% rispetto al 2023.

 

  • Il commercio dell'ASEAN è aumentato del 10,5% a 80 miliardi di dollari; la Cina è il primo partner commerciale dei singoli membri dell'ASEAN.

 

  • La Cina ha registrato un raccolto record di 150 milioni di tonnellate di cereali.

 

  • Il settore dei corrieri ha gestito 80 miliardi di pacchi, con un aumento del 23% rispetto all'anno precedente.

 

  • SMIC è la seconda fonderia pura al mondo, dopo TSMC di Taiwan.

 

  • China Telecom ha pagato 265 milioni di dollari per il 23% di QuantumCTek, il brevetto di Micius, il primo satellite per comunicazioni quantistiche al mondo.

 

  • Il settore aerospaziale commerciale ha lanciato il 39% dei 26 razzi cinesi.

 

  • I brevetti di invenzione sono aumentati del 43%, raggiungendo quota 524.000. La Cina è il primo Paese con 4 milioni di brevetti d'invenzione nazionali in vigore.

 

  • I 1.000 robotaxi di Baidu a Wuhan raggiungeranno il pareggio nel quarto trimestre e saranno redditizi l'anno prossimo.

 

  • La Cina ha il 47% dei migliori talenti mondiali nel campo dell'IA. Dal 2019 ha aggiunto non meno di 2000 corsi di IA ai programmi scolastici e universitari.

 

  • Per quanto riguarda le istituzioni di livello mondiale che fungono da leader della ricerca, 7 su 10 sono cinesi, compresa la prima: l'Accademia cinese delle scienze, davanti ad Harvard.

 

Gli "esperti" eccezionalisti della Cina credono alla loro stessa fantasia, secondo la quale gli Stati Uniti alleati con il Giappone, la Germania e la Corea del Sud occupati sarebbero in grado di eguagliare e superare la forza di attrazione della Cina con la Maggioranza Globale, perché hanno più risorse e più capitali.

Fesserie. Ancora più assurdo è credere che i "partner" NATO dell'Egemone – cioè i vassalli – seguiranno il leader nella creazione di tecnologie all'avanguardia.

Il treno ad alta velocità che conta ha già lasciato la stazione. Il XXI secolo si prospetta come il secolo asiatico, eurasiatico e cinese.

Data articolo: Thu, 25 Jul 2024 16:00:00 GMT
IN PRIMO PIANO
Cina: "La NATO è una macchina che semina guerra e caos"

Questa settimana, il Segretario di Stato USA Blinken e il Segretario alla Difesa Austin intraprenderanno un viaggio in Asia con l'obiettivo principale di rafforzare il supporto degli Stati Uniti ai propri alleati e partner nella regione. Questo viaggio si inserisce in un contesto di crescente incertezza politica in vista delle elezioni presidenziali negli Stati Uniti e dei tentativi di consolidare le relazioni di alleanza mirate a contenere l'influenza della Cina.

Uno degli aspetti chiave di questa visita è l'incontro di Blinken e Austin con i funzionari giapponesi a Tokyo, dove discuteranno dell'aggiornamento dell'alleanza militare, in particolare del miglioramento del sistema di comando militare per potenziare le capacità di difesa congiunta. Secondo quanto riportato dal South China Morning Post, il vice segretario di Stato nordamericano Kurt Campbell ha dichiarato in un'intervista che gli Stati Uniti intendono "istituzionalizzare" i quattro partner indo-pacifici della NATO, rifocalizzando l'attenzione di Washington sulla regione.

L'iniziativa degli Stati Uniti mira a rafforzare i legami militari con questi paesi e a creare una serie di meccanismi per integrarli nel quadro della NATO. Il gruppo, composto da Giappone, Australia, Nuova Zelanda e Corea del Sud, è comunemente noto come IP4. Questi quattro paesi sono considerati partner globali critici della NATO e fungono da punti di atterraggio per le "rotte aeree strategiche" dell'alleanza verso la regione Asia-Pacifico.

La partecipazione dei leader dell'IP4 al vertice della NATO tenutosi a Washington per il terzo anno consecutivo e la dichiarazione congiunta emessa in tale occasione evidenziano chiaramente l'intenzione degli Stati Uniti di estendere la portata della NATO nella regione Asia-Pacifico, nel quadro di una partita strategica globale in cui la Cina è vista come il principale concorrente strategico.

L'Involucro della sicurezza regionale

L'espansione della NATO in Asia rappresenta una sfida seria per la sicurezza della regione. Dopo la fine della Guerra Fredda, la NATO ha dovuto trovare nuovi motivi per giustificare la propria esistenza. Come un giocatore che necessita di espandersi costantemente per sopravvivere, la NATO sembra intrappolata in un ciclo logico di espansione attraverso la guerra, il conflitto e la creazione di tensioni costanti, evidenzia il quotidiano cinese Global Times.

Il conflitto tra Russia e Ucraina ha offerto alla NATO un'opportunità di "estensione della vita". Ora, gli Stati Uniti stanno rivolgendosi verso l'Asia, cercando di estendere i tentacoli della NATO fino alla periferia della Cina. Questa espansione strategica rischia di spostare un barile di polvere da sparo instabile dall'Europa all'Asia, aumentando la probabilità di nuove tensioni e conflitti piuttosto che accrescere la sicurezza regionale.

Gli Stati Uniti sembrano giocare una partita di scacchi a livello globale, con la NATO e i suoi alleati asiatici usati come pedine sulla scacchiera. Seguendo questa strategia, i paesi dell'Asia-Pacifico potrebbero trovarsi a diventare gradualmente proxy per le manovre geopolitiche nordamericane nella regione, coinvolti in una nuova guerra fredda che non serve ai loro interessi.

Le accuse della Cina

In risposta a questi sviluppi, la Cina ha lanciato dure accuse contro la NATO e gli Stati Uniti, descrivendo l'alleanza militare come una "macchina che semina guerre e caos" per aver provocato scontri tra blocchi e creato divisioni a livello globale. Durante una conferenza stampa, il colonnello Zhang Xiaogang ha criticato la NATO per la sua "retorica bellicosa" e ha dichiarato che la Cina si oppone fermamente a tali contenuti.

Zhang ha sottolineato che negli ultimi anni la NATO ha esteso il suo "sinistro raggio d'azione" alla regione Asia-Pacifico, utilizzando la Cina come antagonista immaginario e provocando scontri tra blocchi. Il portavoce ha anche criticato la NATO per aver portato guerra e disastri in varie regioni del mondo, da Ucraina ad Afghanistan, da Iraq a Libia.

Una nuova Guerra Fredda?

Mentre la Cina sostiene di mantenere una posizione "obiettiva e imparziale" riguardo al conflitto in Ucraina e promuove attivamente i colloqui di pace, accusa la NATO e gli Stati Uniti di alimentare il conflitto e trarre vantaggio dalla guerra. Secondo Zhang, la NATO dovrebbe riflettere su se stessa piuttosto che incolpare la Cina.

La situazione attuale presenta un'analogia con un gioco online multiplayer, in cui gli Stati Uniti, come il giocatore più potente, stanno ridefinendo le regole del gioco incorporando l'ordine di sicurezza regionale nel quadro della NATO. Se non saranno prudenti, gli altri giocatori potrebbero diventare strumenti per gli Stati Uniti, usati per "accumulare punti esperienza".

Lo sviluppo pacifico dell'Asia differisce da un campo di battaglia virtuale nei giochi elettronici, e il suo percorso di sviluppo non deve necessariamente seguire le orme dell'Europa. La continua partecipazione della NATO nella regione suggerisce che il momento del "crash" di questo gioco elettronico si avvicina sempre di più. Le vittorie che la NATO non può ottenere nei giochi elettronici sono ancora meno probabili nel mondo reale, sottolinea un editoriale del Global Times.

Data articolo: Thu, 25 Jul 2024 14:35:00 GMT
IN PRIMO PIANO
Maduro per l'espansione e la fortificazione del modello socialista umanista venezuelano

Dalla città di San Felipe, nello stato di Yaracuy, davanti a una grande folla accorsa per ascoltarlo, Maduro ha proposto l’espansione  e il rafforzamento del modello umanista e socialista del governo venezuelano.

“Il Piano della Patria contempla le trasformazioni di cui la nazione ha bisogno in futuro e gode di forte sostegno popolare”, ha affermato il presidente.

Ha inoltre garantito l'appoggio a più di 80.000 comunità con i loro membri, portavoce dei consigli e dei circuiti popolari del popolo.

Maduro ha dichiarato che il popolo organizzato e mobilitato ha il potere sul territorio.

“Ho costruito con i Quadranti della Pace un Venezuela molto più sicuro di quello che avevamo in passato, e costruiremo un Venezuela potente e sicuro. Abbiamo l'unione del potere civico-militare”, ha sottolineato Maduro.

Il presidente ha sottolineato che la forza politica, sociale, elettorale, culturale e spirituale del Venezuela è il popolo bolivariano e chavista.

Ha anche previsto che la vittoria di domenica stupirà il mondo. “Sarà la più bella vittoria elettorale, la più grande nella storia elettorale del Venezuela”, ha detto, definendola una vittoria clamorosa e irreversibile.

“Nessuno ruberà il diritto alla pace, alla tranquillità e al futuro del popolo”, le parole di Maduro.

Il presidente ha anche elogiato lo Stato di Yaracuy, perché in trenta processi elettorali è stato uno Stato in cui il chavismo è sempre uscito vittorioso.

Il popolo venezuelano trionferà e conquisterà la pace, la patria, i lavoratori. “Sono semplicemente Nicolás Maduro Moros, un uomo del popolo. Dal popolo vengo e al popolo devo la mia vita!” ha sottolineato e ha invitato tutto il popolo a esercitare il proprio diritto di voto in nome della pace.

“Siamo più mobilitati che mai (...) posso assicurare una grande vittoria”, ha dichiarato davanti alla popolazione di San Felipe, durante la chiusura della campagna elettorale a Yaracuy.

Il candidato del Grande Polo Patriottico, Nicolás Maduro Moros, nell’ambito della sua campagna elettorale ha raggiunto lo stato di Portuguesa, nella città di Guanare, dove ha presentato alla popolazione il suo piano di trasformazione per la rielezione.

Il presidente ha illustrato alla popolazione di Portuguesa il Piano delle Sette Trasformazioni (7T) che comprende sette punti: Modernizzare l'economia, Piena indipendenza, Pace, Sicurezza e Integrità Territoriale, Sociale, Politica, Ecologica e Geopolitica.

Ha poi retoricamente chiesto se gli altri candidati avessero un piano da realizzare dopo le elezioni, dimostrando così di essere pronti per la presidenza.

Per quanto riguarda il suo piano, ha fatto notare che più di due milioni di persone hanno dato il loro parere nella preparazione di questo documento. “Lo pensiamo in buon venezuelano e in buon spagnolo, non lo scriviamo in inglese o in segreto”, ha detto alludendo al programma dell’opposizione estremista scritto emblematicamente in inglese.

D'altra parte, ha ricordato che la vittoria elettorale di 20 anni fa contro il fascismo è stata la base per la creazione delle missioni e per la formazione di un Paese che ha iniziato a vivere i suoi tempi migliori.

“Con la vittoria decisiva e irreversibile di domenica prossima apriremo le porte alla pace, alla stabilità, alla tranquillità e al progresso economico”, ha detto il presidente.

“Con la vittoria del vostro voto e di quello di tutto il popolo apriremo le porte (questa volta) per 50 anni”, ha aggiunto.

Evidenziando di essere il presidente del popolo, Maduro ha detto agli abitanti di Guanare che non ci si può aspettare nulla dai fascisti, ma che tutte “le cose buone del (Venezuela)” devono essere attese dal popolo.

Seguendo questa linea, ha aggiunto che “il Venezuela è pronto per una nuova tappa”, ricordando che questa regione è stata protagonista di vittorie.

Forze esterne pronte a entrare in azione

I dirigenti del PSUV hanno denunciato che l’estrema destra prevede di implementare alcuni scenari di destabilizzazione, tra cui la pubblicazione di anticipata di exit poll, che non sono consentiti in Venezuela.

Successivamente, i politici di estrema destra lanceranno accuse infondate di frode elettorale per delegittimare i risultati ufficiali che saranno pubblicati dal Consiglio Nazionale Elettorale (CNE).

Recentemente, questa strategia è stata evidenziata dalle dichiarazioni del portavoce della PUD Biagio Pilieri, che ha ammesso che la sua coalizione riconoscerà solo i voti conteggiati in registri di sua creazione.

L'interferenza straniera nelle elezioni presidenziali potrebbe persino coinvolgere le società controllate da Elon Musk. Attraverso i social media, gli attivisti di estrema destra hanno chiesto pubblicamente che il servizio STARLINK sia reso liberamente disponibile in Venezuela, citando possibili restrizioni all'uso di Internet durante le elezioni.

Il vice ministro venezuelano per le Politiche anti-blocco William Castillo ha denunciato che l'operazione mediatica orchestrata dall'estero prevede l'introduzione di antenne STARLINK proprio prima delle elezioni. “Diverse migliaia di antenne sono pronte alla dogana per entrare nel Paese ed essere distribuite e installate. Questo permetterebbe a queste persone di connettersi il giorno delle elezioni”, ha denunciato.

Gli avvertimenti su possibili interferenze straniere risalgono ad aprile, quando Elon Musk è stato coinvolto in una controversia dopo uno scambio di opinioni con il politico di estrema destra Maria Corina Machado. In quell'occasione, aveva fatto commenti sulla “ricchezza di risorse naturali” del Venezuela e aveva criticato le politiche del defunto presidente Hugo Chavez. Questo è stato percepito come una presa di posizione nel panorama politico locale.

Il governo venezuelano ha inoltre ripetutamente espresso preoccupazione per il ruolo delle piattaforme digitali nella diffusione di quelle che considera informazioni manipolate sulla situazione del Paese. Questa preoccupazione si è intensificata di recente con l'offerta di ProtonVPN di fornire server VPN gratuiti in Venezuela.

“Abbiamo reso disponibili i server ProtonVPN gratuiti in Venezuela in vista delle elezioni del 28 luglio. Vogliamo garantire a tutti un accesso libero e senza restrizioni alle informazioni e prevenire ogni potenziale tentativo di interferenza o campagna di disinformazione”, ha dichiarato l'azienda svizzera.

Il portale di approfondimento analitico e giornalismo investigativo La Tabla ha espresso diffidenza nei confronti di questa offerta e ha messo in dubbio le intenzioni dietro l'iniziativa di ProtonVPN. “È sospetto che un'azienda offra servizi gratuiti con l'argomentazione di essere un difensore della democrazia e della libertà di espressione”, si lege sul portale venezuelano, aggiungendo che l'uso gratuito delle VPN potrebbe essere parte di una strategia per diffondere ‘messaggi chiave’ nel giorno del voto.

Anche il presidente venezuelano Nicolas Maduro ha ribadito le sue affermazioni su quella che descrive come una campagna di disinformazione orchestrata dall'estero contro il suo Paese.

“Anche se siamo una realtà, hanno cercato di renderci invisibili mille volte. Ora l'operazione è condotta da sicari della menzogna”, ha dichiarato, riferendosi ad agenzie di stampa internazionali come EFE, AFP, AP e CNN.

 

Data articolo: Thu, 25 Jul 2024 13:30:00 GMT
NOTIZIE BREVI
Venezuela e Trinidad e Tobago firmano sette accordi di cooperazione energetica

Il presidente Nicolás Maduro ha reso noto che sono stati firmati sette accordi di cooperazione energetica tra Venezuela e Trinidad e Tobago, per lo sviluppo delle risorse della piattaforma Cocuina del Delta.

Ha inoltre aggiunto che vengono compiuti passi importanti per consolidare un rapporto di buon vicinato e fratellanza tra le due nazioni.

“Quanti intrighi ci sono stati perché ci odiassimo, ci maltrattassimo, ma i sentimenti di fratellanza hanno sempre trionfato, e come oggi, è la diplomazia del nuovo mondo, non quella delle cannoniere o delle minacce”, ha aggiunto il leader venezuelano.

Ha ribadito che sta lavorando per la sicurezza del Paese.

“Sono un uomo di parola, gioco a carte scoperte e difendo gli interessi del Venezuela, così come ognuno deve difendere gli interessi del proprio Paese. Se volete venire a investire, venite per tempo, molti sono già arrivati, alcuni non possiamo rivelarli perché li abbiamo firmati sotto regimi speciali per proteggerli”, ha spiegato.

Data articolo: Thu, 25 Jul 2024 12:12:00 GMT

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