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di Luca Busca
Non ha ormai più bisogno di presentazioni il professor Carlo Rovelli, assurto all’Olimpo della fisica teorica con la teoria della “gravità quantistica a loop”. Oltre agli articoli scientifici che gli hanno dato lustro in ambito accademico, il fisico ha scritto libri di divulgazione in grado di spiegare i complessi meccanismi della meccanica quantistica, e non solo, anche a chi è privo delle conoscenze necessarie.
Questa sua grande capacità esplicativa ha fatto sì che la rivista Foreign Policy lo inserisse tra i 100 «Global Thinkers» più influenti nel 2019. La sua vena “poetica” gli ha fatto valicare spesso le alte vette della scienza portandogli in dote innumerevoli premi letterari. Tra questi spiccano il Premio Galileo per la divulgazione scientifica vinto nel 2015 con il libro “La realtà non è come ci appare” e l’ultimo, nel 2024, il Premio Lewis Thomas per la “scrittura creativa”, istituto nel ‘93 dal Consiglio della Fondazione David Rockefeller.
L'INTERVISTA:
L.B. Una sfida quasi impossibile anche per te: in poche parole, cos’è la scienza?
C.R. La scienza…? Direi che è una cosa che fanno gli esseri umani, per cercare di capire meglio il mondo in cui sono. È una attività cresciuta lentamente, nei secoli, imparando una serie di metodi utili, come per esempio rimettere spesso in discussione le cose che crediamo di sapere, discutere, mettere le idee alla prova dei fatti, e altri.
L.B. Che rapporto hai con la fantascienza, ovviamente non mi riferisco a improbabili supereroi ma a scrittori come l’ultimo George Orwell, Isaac Asimov, Philip K. Dick, Ray Bradbury e J.B. Ballard?
C.R. Non leggo molta fantascienza. Mi annoia. La realtà è sempre più sorprendente della nostra limitata fantasia. Mi sono appassionato per la trilogia marziana di Kim Stanley Robinson. Forse perché è anche politica. Forse perché prevede che nel futuro ci si ricordi della mia fisica…
L.B. La fantascienza può costituire un valido strumento di divulgazione scientifica?
C.R. Difficilmente, perché mescola sempre il plausibile con l’implausibile. Tutto lo sforzo della scienza è distinguerli.
L.B. Nel tuo articolo “Il significato del tempo” apparso sul Financial Times il 20 aprile del 2018, fai riferimento al meraviglioso film di Christopher Nolan, Interstellar, realizzato con la collaborazione, come produttore esecutivo e consulente scientifico del fisico teorico del Caltech, Kip Thorne, premio Nobel ed esperto di relatività generale.
C.R. È un bel film, ma “meraviglioso” mi sembra eccessivo.
L.B. Il film parla di un viaggio attraverso un “wormhole”, una caduta oltre “l’orizzonte degli eventi” di un buco nero e l’attraversamento di un “tesseratto”. Non poche le questioni lasciate aperte dal film: Cos’è un wormhole? La sua esistenza è teoricamente possibile?
C.R. Non credo.
L.B. Entrare in un buco nero sembra essere molto semplice, è possibile, però sopravvivere alla schiacciante gravità?
C.R. No.
L.B. È possibile uscire da un buco nero?
C.R. In linea di principio forse sì. Ne parlo nel mio ultimo libro, Buchi Bianchi. Ma in pratica le forze interne schiaccerebbero noi umani.
L.B. Cos’è un tesseratto? È teoricamente possibile? Se costruito, avrebbe le proprietà descritte nel film come la comunicazione attraverso il tempo e le dimensioni?
C.R. È una fantasia, direi.
L.B. Quando ti immergi nelle tue ricerche tra buchi bianchi e fotoni blu la curiosità non ti conduce mai a improbabili fantasticherie? Se la risposta è positiva ne puoi illustrare brevemente una?
C.R. No, quando fantastico di solito fantastico cose come essere in una capanna in montagna con la mia compagna e di guardare un panorama sterminato…
L.B. Recentemente hai vinto il Premio Lewis Thomas 2024, assegnato al “raro individuo” che riesce a collegare il mondo della scienza con quello della scrittura, raccontando “le dimensioni estetiche e filosofiche della scienza”. Hai mai pensato di valicare definitivamente il confine tra i due mondi e scrivere un romanzo?
C.R. Sono totalmente incapace di inventare storie. Manco di quel tipo di fantasia lì. L’unica cosa che mi viene in mente è “Era una notte buia e tempestosa…”
L.B. Guardando indietro nel tempo, nell’antica Grecia, così come nel Rinascimento e, più raramente, nell’Illuminismo, la figura dello scienziato e quella del filosofo spesso coincidevano. A volte ancora oggi succede .... Cosa accomuna e cosa divide filosofia e scienza pura?
C.R. Le accomuna la curiosità, l’intelligenza, il desiderio di capire meglio la realtà, la serietà dell’impegno nella ricerca. Le dividono i metodi. La scienza utilizza metodi come osservazioni dettagliate della natura, misurazioni quantitative, esperimenti, matematica, predizioni quantitative, l’idea di testare ipotesi per mezzo di predizioni, e simili. La filosofia invece usa come indagine quasi solo la riflessione intelligente e la discussione.
L.B. Nel corso della storia si sono alternati periodi di grande fermento filosofico e scientifico ad altri di ristagno. Oggi le guerre, l’inquinamento e i problemi ambientali, le disuguaglianze, la povertà e i flussi migratori aumentano, mentre le grandi teorie filosofiche sembrano approdate sull’illusoria spiaggia della “Fine della storia” di Francis Fukuyama. Come va con le grandi scoperte scientifiche?
C.R. L’idea della fine della storia mi sembra una delle idee più stupide che io abbia mai ascoltato… La nostra storia finirà quando non ci saremo più. È un’idea che può venire solo a dei superficialoni che pensano che se hanno vinto la guerra ne segue che domineranno il mondo per l’eternità. Le grandi scoperte scientifiche, dal canto loro, sono rare oggi, come sono state rare sempre. Il problema del progresso è che è sempre più lento di quanto appaia.
L.B. Ogni grande teoria filosofica tende a creare una nuova “visione del mondo”, un nuovo modo di pensare l’uomo in relazione all’ambiente in cui vive. Allo stesso modo ogni scoperta scientifica importante genera una “visione del mondo fisico” diversa e spesso in contraddizione con la precedente. Le due “visioni del mondo” interagiscono tra loro. Sono madri e figlie allo stesso tempo dell’evoluzione del pensiero umano. Oggi gli studi umanistici in grado di stimolare questo processo evolutivo non riscuotono grande successo. Quelli scientifici tendono a una sempre maggiore specializzazione. Cosa si dovrebbe fare per ripristinare le condizioni ideali per stimolare l’evoluzione del pensiero umano?
C.R. Non penso ci sia nulla da ripristinare. Ogni scienza ci insegna qualcosa di nuovo, e ogni filosofia ci insegna qualcosa di nuovo. Spesso siamo confusi, qualche volta ci sembra di avere le idee più chiare. È sempre stato così … Impariamo, ma piano piano.
L.B. Tu sei l’ideatore, insieme a Lee Smolin, della “gravità quantistica a loop” e teorico della “rete di spin”, grazie anche all’aiuto di Roger Penrose. Hai descritto in maniera scientifica e divulgativa la teoria della relatività, la meccanica quantistica, il tempo, i buchi neri e l’ipotesi di quelli bianchi, la scienza della filosofia e la filosofia della scienza e tante altre cose. Il tuo lavoro evidenzia una chiara “visione del mondo fisico”, basata su una “meccanica relazionale”, rispettosa del principio di indeterminatezza e del lunghissimo cammino che la conoscenza deve ancora percorrere. Qual è la tua visione filosofica del mondo? Quali sono i punti di intersezione (gli “spin”) tra le due “visioni”? Hai mai pensato a quale sistema di organizzazione sociale sarebbe ideale per equilibrare le due “visioni”?
C.R. Non mi sento di avere due visioni. Mi sembra di avere una visione del mondo abbastanza coerente, anche se ci sono tante cose che non so e non capisco. Il mondo può essere fatto di reti di spin e quanti di spazio, e anche di amori, conflitti politici e ideali etici e sociali. Non c’è contraddizione, per lo stesso motivo per cui non c’è contraddizione tra vedere una foresta da lontano come un velluto verde, e vederla da vicino piena di alberi, tronchi, insetti muschio e formiche. Anzi, gli stessi principi di relazione che ci aiutano a meglio comprendere un livello ci possono aiutare a meglio comprendere gli altri, e le articolazioni fra i vari livelli di descrizione del mondo, che in fondo sono ciascuno un modo per noi di essere in relazione con la realtà.
L.B. Ancora un paio di curiosità sul tuo lavoro: una delle tue doti più riconosciute è quella di riuscire a spiegare le cose per immagini, facendo credere anche al più ignorante dei tuoi lettori (a cominciare dal sottoscritto) di aver capito i complessi meccanismi che regolano l’universo che ci contiene, così come le incerte regole del mondo quantico. Nel tuo libro “Buchi Bianchi”, ad esempio, scrivi: “Il formarsi di un buco nero è una caduta ... cosa fanno gli oggetti quando cadono? Arrivano in fondo, e poi ... rimbalzano. Se lascio cadere un pallone da basket sul pavimento, rimbalza e sale verso l’alto.” L’immagine è molto esplicativa, ma nelle menti semplici (sempre cominciando dalla mia) entra in conflitto con quella seguente dell’imbuto, lunghissimo e completamente privo di qualsiasi parquet in grado di restituire al buco nero l’energia necessaria a risalire. Puoi sanare, per favore, questo dubbio amletico? L’immagine dell’imbuto non ti sembra suggerire un “passaggio” da un “contenitore” ad un altro?
C.R. L’imbuto non è statico. Si muove. Si sta stringendo sempre di più: diventando sempre più sottile. Le pareti si avvicinano, si avvicinano, ma quando stanno per toccarsi, una forza le respinge e le fa rimbalzare all’indietro… e l’imbuto si riallarga. Ora siamo in un buco bianco…
L.B. Quindi, il “lungo tubo” è un “fuori” “permeabile” agli oggetti circostanti o è uno spazio chiuso?
C.R. È quello che c’è dentro alla sfera che da fuori appare come il buco nero.
L.B. Cosa succede agli oggetti che occupavano lo “spazio” dove si è sviluppato il “lungo tubo”?
C.R. Sono dentro al tubo.
L.B. Un buco bianco è la trasformazione di un buco nero o si può formare anche indipendentemente?
C.R. Per quello che ne capisco (che potrebbe essere sbagliato), non ci sono altri modi di formarlo.
L.B. Nel dicembre del 2023 il Center for Astrophysics Harvard & Smithsonian annunciava: “Mai visto prima: buco nero espelle materia anni dopo aver inghiottito una stella”. Nel 2018 una piccola stella fu inghiottita da un buco nero in una galassia che si trova a 665 milioni di anni luce dalla Terra. Ma tre anni dopo lo stesso buco nero ha cominciato ad espellere materia a metà della velocità della luce. Il fenomeno di “deflusso”, generato da un TDE, (Tidal Disruption Event evento di interruzione delle maree), in sostanza lo sbriciolamento di una stella che si è avvicinata troppo a un buco nero, solitamente avviene molto più rapidamente e ad una velocità di circa il 10% di quella della luce. Pensi che il fenomeno sia in relazione con la teoria dei buchi bianchi? Se può esserlo in che modo?
C.R. No, assolutamente. La materia emessa che è stata osservata non è davvero entrata dentro il buco nero. Stava li vicino.
L.B. Werner Heisenberg nel suo libro “Fisica e Filosofia” del 1958, per spiegare “la teoria dei quanta” mette in parallelo la meccanica cosmica dei sistemi planetari con quella quantica dell’atomo. Nel secondo caso, però, il principio di indeterminatezza rende impossibili misurazioni precise e apre, così, la strada al concetto di “probabilità” che pervade la teoria. Nel tuo libro “Buchi Bianchi” teorizzi che oltre l’orizzonte di un buco nero il tempo assuma comportamenti quantici. A noi profani viene istintivo pensare che i due universi, cosmico e quantico, abbiano dinamiche e caratteristiche molto simili, con la discriminante del tempo a sparigliare le cose. Puoi spiegare meglio le differenze tra i due universi?
C.R. La fisica a cui obbediscono è la stessa. Per questo si vedono analogie e somiglianze.
L.B. I tuoi studi spaziano dal macrocosmo con buchi neri e bianchi al microcosmo quantico. Qual è la relazione tra i due universi che sembrano vivere vite parallele. Sono soggetti alle stesse “leggi”? Si evolvono insieme o indipendentemente uno dall’altro?
C.R. Io mi occupo del comportamento quantistico dello spazio e del tempo, e questo si manifesta a scale diverse, ma sono fenomeni simili.
L.B. Tornando alla fisica della relazione, come spieghi che l’unica entità del nostro pianeta in grado di avere coscienza della realtà in quanto rete di relazioni, l’essere umano, sia anche la sola a minacciare l’esistenza di buona parte di questi rapporti, a cominciare dai propri con l’ambiente in cui vive?
C.R. Non abbiamo molto di unico, noi umani. Molte specie nel passato hanno distrutto l’ambiente in cui vivevano e si sono così suicidate o quasi. Se lo facciamo, non siamo certo i primi. L’intera biosfera, in una fase antica della sua evoluzione, ha cominciato a produrre ossigeno e in questo modo si è auto avvelenata e si è quasi autodistrutta. Non siamo solo noi a essere cretini.
L.B. Alla fine degli anni ’70 partecipasti attivamente alle proteste studentesche a Bologna collaborando con Radio Alice e alla stesura del libro “Bologna marzo 1977... Fatti nostri”. Nel frastagliato panorama politico dell’estrema sinistra dell’epoca (PDUP, DP, Lotta Continua, Autonomia Operaia, FAI e altri gruppi anarchici) a quale formazione ti sentivi più vicino?
A nessuna di queste. Come per molti amici di allora, la mia sensazione era piuttosto di essere parte di un movimento molto più vasto, che portava valori nuovi, era diffuso in tutto il pianeta, e sognava un mondo diverso e migliore. Dalle proteste contro la guerra nel Vietnam alle comuni hippie, dai guerriglieri che lottavano contro l’imperialismo in Sudamerica a chi cercava esperienza spirituali in oriente, era comunque un grande sogno condiviso di un mondo molto diverso dal presente: senza oppressione, senza ingiustizie, senza eserciti, senza miseria…
L.B. Col senno di poi come valuti, personalmente e socialmente, le esperienze di quegli anni?
Personalmente sono state molto belle. La giovinezza è spesso molto bella. Per me è stato un terreno molto ricco di idee ed esperienze, su cui se è costruita la mia vita. Socialmente in gran parte il sogno di cambiamento è stato un grande insuccesso. Il mondo attuale è dominato dall’arroganza del potere, da una crescente ingiustizia sociale, da una crescente belligeranza. Esattamente in contrario di quanto sperassimo. Ma c’è anche un’eredità di quel periodo che invece ha avuto successo nel cambiare il mondo. Per esempio, nel modificare i rapporti fra uomini e donne, o nella normalizzazione dell’omosessualità.
L.B. Ti domandi mai che fine abbiano fatto l’entusiasmo, l’empatia, l’attitudine all’aggregazione giovanile di quel periodo?
L’entusiasmo nella storia va e viene. Prima o poi ritornerà. Le idee spesso sembrano perdere, ma lavorano sotterraneamente e riemergono.
L.B. A confronto con le proteste degli anni ‘70, ma anche con il Movimento New Global attivo a cavallo del millennio, l’attuale area del dissenso appare persa tra improbabili fantasie di complotto e l’asservimento al neoliberismo di stampo Occidentale. Nessuna proposta politica alternativa strutturata sembra poter emergere da questo letargo ideologico, la partecipazione alle elezioni si fa sempre più scarna e anche le legittime proteste contro le guerre cadono nel vuoto.
Si, penso che tu abbia ragione. C’è un vuoto di idee politiche serie. Ma non un vuoto totale. Qualcuno si interroga sempre sui destini comuni, per fortuna.
Come vedi il futuro politico dell’Occidente?
Mi sembra essere a un bivio storico maggiore. L’Occidente ha perso la supremazia economica che ha avuto per qualche secolo. La sua economia è scesa dal 90% dell’economia del mondo a meno della metà.: non perché si sia impoverito, ma perché il resto del mondo è cresciuto. Oggi l’Occidente non è più dominante economicamente. Però resta dominante militarmente. Questa è una situazione instabile, perché il mondo fa sempre più fatica ad accettare il giogo, e ora ha le risorse per resistere. La scelta davanti alla quale si trova l’Occidente è combattere militarmente per mantenere il dominio, come sta facendo, oppure accettare un mondo condiviso. La seconda è la scelta saggia, la prima è una ricetta per una nuova guerra mondiale. Invece di essere fedele ai propri valori, come democrazia, tolleranza, illuminismo, invece di lavorare per un mondo tollerante condiviso, l’Occidente oggi usa questi stessi valori come copertura ideologica per giustificare l’imposizione del suo predominio con la violenza delle armi. Un po’ come il primo colonialismo usava il Cristianesimo per giustificare lo sterminio o l’assoggettamento di interi popoli. Mi sembra una china pericolosa.
Questa intervista era concepita in modo molto articolato e prevedeva anche una lunga serie di domande in materia di “percorso intrapreso negli ultimi anni per vie opposte dalla ricerca applicata da un lato, non sempre trasparente e ricca di finanziamenti privati, e dall’altro di quella pura, spesso penalizzata dal de-finanziamento delle università. Fattore questo responsabile del forte calo di fiducia che le scienze nella loro complessità hanno subito nell’opinione pubblica”. Tema questo lasciato in sospeso nella precedente intervista con il Professor Rovelli dal titolo Guerra e Pace (www.lantidiplomatico.it-dettnews-guerra e pace intervista a carlo rovelli).
Anche in questa occasione il professor Carlo Rovelli ha preferito non entrare nel merito di questa polemica, che ho ampiamente sviluppato nel mio libro “La scienza negata”, in vendita dal 15 settembre sul sito di www.ladedizioni.it e nelle principali librerie. Le motivazioni addotte ruotano intorno a tre diversi fattori. Il primo è dato dallo stretto collegamento tra le domande e il mio libro che, nonostante il format dell’intervista, ha indotto Rovelli a giudicare il colloquio come una partecipazione al libro. In secondo luogo, ha influito sulla scelta la mancata condivisione di molte idee espresse nel libro e di alcuni toni utilizzati per farlo. Infine, certe “stregonerie” da me analizzate escono dalle competenze specifiche del professore.
In realtà, l’intento del mio libro è quello di suscitare un dibattito in merito alla drammatica perdita di fiducia nella scienza, indotta nell’opinione pubblica dai comportamenti, quanto meno discutibili, adottati da istituzioni pubbliche e private negli ultimi anni. Credevo, e continuo a credere, che quella del professor Rovelli sia una delle voci più autorevoli al mondo in merito. La sua opinione, ancor di più se diversa dalla mia, avrebbe fornito un contributo fondamentale per individuare una via d’uscita dal tunnel in cui la scienza è stata relegata.
Al fine di alimentare il dibattito in merito ho deciso, così, di pubblicare le domande rimaste inevase in appendice al libro “La scienza negata”, mettendole a disposizione dei lettori. Chi vorrà potrà, rispondendo ad esse, esprimere il proprio parere. Le risposte verranno raccolte e riordinate per tematica in modo da dare corpo a una seconda pubblicazione in cui verrà approfondito il dibattito in merito allo stato delle scienze, alla necessità o meno di recuperare la fiducia in esse e su quello che si può fare in merito.
Data articolo: Tue, 01 Oct 2024 08:00:00 GMT
Il divario tecnologico tra Cina e Stati Uniti nella produzione di chip di alta gamma si fa sempre più ristretto: la società cinese Shanghai Micro Electronics Equipment ha annunciato di aver presentato un brevetto per un sistema litografico per la fabbricazione di microprocessori di alta gamma, riferisce South China Morning Post.
Questa tecnologia non solo rappresenta un passo significativo verso l'autosufficienza della Cina in questo settore, ma è anche un esempio di come Pechino stia aggirando le sanzioni statunitensi volte a ostacolare i suoi obiettivi.
Ricordiamo infatti che dal 2019 gli Stati Uniti, sperando di fermare lo sviluppo tecnologico cinese nel campo informatico, hanno applicato sanzioni all’esportazioni di attrezzature per la fabbricazione di chip di alta gamma in Cina. La società olandese ASML ha attualmente il monopolio nella produzione di massa di apparecchiature per la litografia ultravioletta estrema (EUV) necessaria per la produzione di questi tipi di microprocessori, ma a causa delle sanzioni statunitensi non può esportare i propri macchinari a Pechino.
Secondo il giornale cinese, il brevetto per i generatori di radiazioni ultraviolette estreme e apparecchiature litografiche è stato richiesto nel marzo 2023, anche se la notizia è stata diffusa solo la scorsa settimana. Il documento è ancora in fase di revisione da parte dell'Amministrazione nazionale cinese per la proprietà intellettuale.
Il brevetto presentato da Shanghai Micro Electronics Equipment conferma i progressi della società cinese nella litografia ultravioletta estrema, un campo che è considerato il punto debole di questo settore in Cina, poiché i semiconduttori sono necessari per lo sviluppo di tecnologie emergenti, come l'intelligenza artificiale, che richiede prodotti sempre più avanzati.
Gli scanner avanzati a ultravioletto estremo sono essenziali per la produzione di massa di semiconduttori di meno di 7 nanometri e, per questo, gli Stati Uniti, con l’applicazione di sanzioni all’esportazioni delle attrezzature necessarie alla loro produzione, hanno tentato di lasciare il paese del dragone fuori da questa tecnologia, ma, come sempre accade quando alla Cina si nega qualche attrezzatura o prodotto, dopo qualche tempo, lo producono da soli.
Con l'emergere di questa tecnologia propria in Cina, la distanza che separa Pechino dagli Stati Uniti e da altri paesi leader nei semiconduttori si sta riducendo, il che probabilmente dovrebbe preoccupare le autorità di ciascuna di queste nazioni, che da anni cercano di impedire l’accesso a questa tecnologia al paese asiatico. (RT)
Andrea Puccio - www.occhisulmondo.info
Data articolo: Fri, 20 Sep 2024 14:00:00 GMT
Il DDL sicurezza recentemente approvato alla Camera ribadisce la visione tipica del populismo penale. Quello che si nasconde dietro gli allarmismi al fine di giustificare determinate prese di posizione, tendenti a reprimere comportamenti considerati devianti rispetto alla normalità regolata dall'economia capitalistica.
Eppure le statistiche ci parlano, in senso lato, di un calo dei reati. Sono stati pubblicati i dati relativi alla criminalità in Italia. Da analizzare senza lasciarsi prendere da entusiasmi fuori luogo. Le recenti rilevazioni circa la diffusione della criminalità nel nostro Paese designano un quadro che lascia, per certi versi, sorpresi. Infatti, sorgono delle perplessità allorquando l'idea di sicurezza viene a cozzare con una percezione diversa della realtà. La paura nelle masse è un sentimento che si è accresciuto da circa un quarto di secolo.
Moltplici i fattori. Siamo immersi in quella società che Ulrich Beck ha chiamato del rischio. Eventi climatici estremi, la globalizzazione dell'economia, le migrazioni, le guerre e gli attentati. La paura si è impadronita delle nostre vite.
La pandemia ha fatto il resto.
Manca l'idea di futuro. L'ansia e le nuove patalogie psicosomatiche non lasciano indenni nessuna generazione. Aumentano i casi di autolesionismo. All'interno di un mondo sulla via del caos anche il crimine si è adeguato. Così alle tradizionali forme di reato, nuove e più sofisticate fattispecie delittuose hanno visto l'ingresso all'interno delle esistenze ipermediatizzate. E se tv e giornali vendono le notizie raccontandoci le specificità (di parte) riguardanti un fatto di cronaca, ma quasi mai fanno luce sulle condizioni socio-ambientali, dall'altro i dati del Ministero dell'Interno da anni descrivono un trend in discesa. Siamo passati dalla narrazione in diretta dei furti negli appartamenti (che i razzisti ci dicevano fossero quasi sempre opera di slavi e rumeni) a quello dei delitti passionali.
Con tanto di plastici, approfondimenti, speciali. Per cui, puntare sulle politiche securitarie, con l'inasprimento sanzionatorio per quelli che l'élite considera comportamenti "scorretti", giudicandoli emotivamente pari ad altre e più gravi situazionì è funzionale al gioco del potere. Basti dare uno sguardo, appunto, al nuovo DDL sicurezza, che mira unicamente a mettere a tacere il dissenso e le proteste. Un generico concetto di ordine in nome del quale viene tirata in ballo la sicurezza (dei potenti) quando a manifestare è chi ha perso il lavoro, od occupa strade ed immobili perchè vuole evidenziare le conseguenze sulle persone e la natura di un clima impazzito, o ancora perchè escluso da ogni opportunità di inserimento sociale e lavorativo. Un governo autoritario che disconosce il diritto.
La questione sociale non interessa agli esecutivi al servizio del capitale globale. Provvedimenti che servono a garantire chi è già garantito. In quest'ambito gli apparati statali abusano di certi ruoli istituzionali ma non danno risposte ai cittadini che reclamano sicurezza personale, economica, inclusività ma anche giustizia. La certezza della pena messa in discussione da atteggiamenti ipocriti per i quali più che la forza del diritto vale il diritto alla forza.
Questi dati pubblicati confermano una situazione non preoccupante, ma per analizzare la quale bisognerebbe tener conto di diversi e molteplici indicatori. Uno di questi è sicuramente quello non trascurabile delle omesse denunce. In espansione sono le truffe informatiche, le telefonate ai danni degli anziani, la sottrazione di dati sensibili, i femminicidi, gli omicidi stradali, le risse ad opera di bulli frustrati e viziati. Il 43% degli omicidi avviene fra le mura domestiche.
Al di là della distinzione tra reati verso la persona o contro il patrimonio, la percezione di insicurezza di tante persone, dovuta al taglio decennale del welfare, con periferie e borghi spesso isolati e al buio, unita alla propaganda mediatica che si accanisce con i suoi demenziali programmi di cronaca concernenti episodi frutto della degenerazione sociale, serve a distogliere l'attenzione verso quella particolare tipologia di reati commessi da chi sta al vertice. Le statistiche dovrebbero riportare anche i dati relativi ai comportamenti illeciti commessi dal mondo politico, dell'imprenditoria, dalle banche. E qui parliamo di persone agiate che di certo non vivono ai margini (come causa di giustificazione ma sempre punibile) e che sottraggono risorse pubbliche destinate alla collettività. Tangenti, collusioni con ambienti criminali, morti bianche, caporalato, lavoro irregolare, strumenti finanziari tossici, truffe ai danni dei risparmiatori.
Poi ci sono le furberie delle tanto esaltate star dello sport e dello spettacolo. Senza fare nomi e dagli anni '90 che sappiamo di stilisti, calciatori, cantanti, tennisti ecc, famosi non solo per le loro prodezze ma anche per essere sfuggiti al fisco, dichiarando il falso o spostando altrove la loro residenza. E noi continuiamo ad esaltarli come se il male venisse tutto dalla politica.
Ci si indigna per le decine di migliaia di euro di stipendio dei politici (che esercitano una funzione pubblica e ci rappresentano) ma nulla si dice se gli stessi personaggi si riciclano in tv dove prendono molti più soldi, o dei cachet esorbitanti per le ospitate nei talk show e nei programmi trash di pseudo intrattenimento. Parassiti pagati dai decenni dai contribuenti che hanno la faccia tosta di giudicare oltre il dovuto chi ad esempio occupa un immobile, senza distinguo tra quelli che lo fanno perchè sfrattati a causa della morosità incolpevole da quanti sono mossi da altre motivazioni.
I famosi giustizialisti verso gli ultimi che si scoprono garantisti quando ad essere toccati sono gli amici del proprio giro. La storia italiana è piena di leggi ad personam in nome dell'allargamento dell' immunità dei capi, e di condoni. Ricchi agiati che vengono dichiarati incompatibili con la situazione detentiva. Che hanno calpestato la questione morale e si servono di ogni privilegio alla maniera del Marchese del Grillo. La giustizia classista dove tutto è permesso a chi ha i soldi. Qual è l'impatto di queste vicende sulla vita sociale? Di sicuro la sfiducia. Ogni intervento riformatore conferma la situazione.
Purtroppo le varie modifiche della giustizia, tanto nel disciplinamento delle fattispecie delittuose quanto negli aspetti procedurali/processuali si muovono tutte nella direzione dell'impunità verso i cd. colletti bianchi. Le prigioni, a parte qualche eccezione, e la giusta pena (che deve comunque essere proporzionata e tendente alla rieducazione) per i fatti gravi, sono piene di povera gente. Abitate in sovraffollamento da coloro che non hanno i mezzi (culturali, economici) per vedersi garantiti il diritto alla difesa. A volte perchè rimaste vittime dell'accanimento pregiudiziale di qualche magistrato, altre volte gli abusi sono opera delle forze dell'ordine. Cosi le misure di prevenzione affiancano quelle cautelari anche nei casi in cui non ve n'è alcuna necessità. In tanti sono in condizione detentiva e ancora in attesa di processo.
Uno Stato nel tempo privato delle sue prerogative, che vede i partiti sudditi delle politiche imperialistiche della Nato e di quelle austeritarie della UE. Le stesse da cui scaturiscono morti e disastri ambientali, esodi di massa, pandemie, precarizzazione delle vite. E di fronte a questi disastri il minimo è alzare la voce. Solo che sappiamo benissimo qual'è la risposta istituzionale nei confronti dei movimenti sociali. Lo Stato che tende a nascondersi quando in ballo sono i superiori interessi economici, che agisce nell'ombra, palesando la sua forza nei confronti di chi non ci sta. E che inventa reati come nella miglior tradizione dei regimi autoritari. Ci vogliono servi ed ubbidienti. Tutto rientra nel dominio della legge. La trattazione avviene nell'ambito dell'emergenza dall'11 settembre 2001, e dopo, grazie alla pandemia da covid, l'emergenza è diventata la normalità.
I diritti individuali, sociali, sacrificati sull'altare del Leviatano. Facciamo alcuni esempi: pensiamo all'episodio dei detenuti picchiati e torturati in diversi carceri. Le proteste, nella nuova disciplina, rientrano nel generico delitto di rivolta con pene fino ad 8 anni; consideriamo gli interventi spropositati delle forze dell'ordine durante il covid; o, ancora, mettiamo in conto il recente clamore suscitato dalle aggressioni agli operatori sanitari, alle quali si è cercato di riparare con l'invio dell'esercito. Una salvaguardia che potrebbe dar luogo ad abusi qualora venissero messe in dubbio delle denunce per i casi di malasanità, con il personale medico legittimato a richiamare l'intervento delle forze dell'ordine in caso di proteste. E se aggiungiamo anche la presenza, con finalità formative ( di indottrinamento?) dei militari nelle scuole, ecco che allora siamo vicini ad immaginarci di vivere in uno Stato di polizia.
L'amministrazione della giustizia rimane dunque una questione delicata, sulla quale, da sempre, la classe partitica punta i fari per fini speculativi. Il crimine nasce con l'uomo, ma vedere onnipresenti sugli schermi delle tv i nuovi opinionisti strapagati, i criminologi (star mediatiche al pari dei virologi), non giova ad affrontare in maniera adeguata un problema che meriterebbe una trattazione seria e multidisciplinare. Senza l'intervento di tutti i soggetti interessati – operatori del diritto, sociologi, psicologi, medici, mediatori culturali – ogni misura darà solo l'impressione di essere calata dall'alto. Avulsa dalla realtà.
Data articolo: Fri, 20 Sep 2024 13:55:00 GMT
di Federico Giusti
Le forze di occupazione israeliane hanno riferito di aver effettuato un "attacco selettivo" questo pomeriggio a Beirut, la capitale del Libano.
L'esercito israeliano riferisce che le linee guida riguardanti i civili al momento non sono state modificate e che presto forniranno maggiori dettagli sull'attacco. Secondo i media libanesi l'azione è avvenuta nel sobborgo di Dahiyeh.
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— ??????? ???? (@IzzadeenAhmad) September 20, 2024
Secondo un corrispondente di Al-Manar sul posto dell’attacco sono giunte anche le ambulanze che stanno raccogliendo feriti e vittime, compresi bambini, nella zona di Al-Qaim, nella periferia sud di Beirut.
Medios locales reportan que los ataques impactaron los suburbios del sur de la capital libanesa pic.twitter.com/eZdeFIofYd
— Sepa Más (@Sepa_mass) September 20, 2024
Secondo l'agenzia di stampa nazionale libanese NNA, citata da Al Jazeera, tra le vittime dell'attacco a un edificio nella zona di Jamous Street, sud di Beirut, ci sono cinque bambini.
? ÚLTIMA HORA
— Sepa Más (@Sepa_mass) September 20, 2024
Israel ataca Beirut, la capital del Líbano
Las FDI aseguran que se trató de "un ataque selectivo". pic.twitter.com/IKaBC4uLXL
L'agenzia ha aggiunto che un jet F35 ha colpito la zona residenziale due volte.
Poco prima dell’attacco israeliano, Hezbollah aveva annunciato di aver lanciato circa 140 razzi che hanno preso di mira il nord di Israele, precisando di aver colpito una caserma militare israeliana. L’attacco è stato effettuato in risposta all'esplosione di migliaia di dispositivi di comunicazione che ha causato la morte di almeno 37 persone, tra cui due bambini, e il ferimento di circa 3.000 persone in Libano.
Data articolo: Fri, 20 Sep 2024 13:44:00 GMT
di Lenny Bottai*
Destra e sinistra si contendono lo scettro dell'incuria del territorio con accuse a vicenda sulle responsabilità.
Lo fanno ovviamente però non mettendo in contrasto, come sarebbe necessario, il dover investire sulla difesa del territorio e non in guerre ed armi.
Se qualcuno pensasse che questo metro di paragone è frutto di benaltrismo strumentale allora e' bene ricordare che in Cina, nella tremenda dittatura comunista, sono appena stati mobilitati 1,2 milioni di soldati dell'esercito popolare di liberazione per difendere la popolazione dalle inondazioni che hanno colpito ben 17 regioni e province, con 170.000 persone messe in salvo.
Mentre in italia siamo ancora al dibattito sulla veridicità di dover porre un rimedio al cambiamento climatico, inoltre, il governo di Xi Jinping ha annunciato di investire 6 trilioni (!) nella difesa del territorio.
Nonostante questo scempio sia sotto gli occhi di tutti, tuttavia non esiste né un sindacato né un partito di massa decente che blocca il paese e scende in piazza di fronte a migliaia di persone messe in ginocchio da chi ormai, da tempo, inganna il popolo, finanzia guerre ed incassa vitalizi. Tifiamo invasione a questo punto?
*Post Facebook del 19 settembre 2024
Data articolo: Fri, 20 Sep 2024 09:00:00 GMT
di Francesco Corrado
La stampa polacca pubblica la notizia secondo la quale, in un incontro tenutosi a Kiev il 13 settembre, il ministro degli esteri polacco Sikorski e il premier ucraino Zelenski sarebbero quasi venuti alle mani. La situazione è tesissima tra gli alleati occidentali.
La sconfitta strategica della Russia di cui si è vaneggiato pare che non si verificherà, dato che la guerra in Ucraina si sta avviando verso una sconfitta per Kiev. Ed i nervi sono a fior di pelle.
I mezzi di informazione polacchi accusano Zelensky di aver creato una situazione definita scandalosa. Il periodico Onet scrive che il presidente ucraino si è permesso, nel relazionarsi col ministro degli esteri polacco, di usare uno stile di comunicazione che ha sorpreso enormemente la delegazione polacca. Tralasciando i particolari più pittoreschi, qual era l'oggetto del contendere? Non dimentichiamo che i polacchi si sono spesi davvero molto per il regime di Kiev tanto che si stima che fino a diecimila militari polacchi siano morti nel conflitto russo-ucraino.
Zelenski ha accusato i polacchi di non fare abbastanza per appoggiare un rapido ingresso dell'Ucraina nell'UE (Zelenski ci aveva creduto davvero!). Il governo polacco in un comunicato ufficiale ha spiegato che le richieste e le pretese della delegazione ucraina non erano realistiche. I fatti sono noti a tutti più o meno: per aderire all'UE è necessario un lavoro preparatorio che può durare decenni. Il caso della Turchia, che ha molti meno problemi dell'Ucraina a rientrare nei parametri europei, peraltro sotto tutti i punti di vista, è emblematico. Il regime di Kiev non rientrerebbe nei parametri economici nemmeno facendo i miracoli. Figuriamoci poi se si parla di istituzioni democratiche, rispetto dei diritti o corruzione.
Il governo polacco ha ricordato laconicamente che nessuno aveva garantito a Zelensky che il percorso di annessione all'UE sarebbe stato del tutto regalato e che comunque i tempi tecnici ci sono e diversamente non si può fare.
Peraltro Zelenski non è l'unico sprovveduto che davvero ha creduto che l'Ucraina potesse entrare in Europa e farlo pure alla svelta, pur senza possedere molti requisiti richiesti. Anche volendo sorvolare per un attimo sul problema della corruzione e sulla condizione di stato economicamente fallito, che vive solo di aiuti ed ha un debito non ripagabile (altro che rapporto debito PIL al 3%), dobbiamo considerare che si tratta, attualmente, della dittatura più rigida al mondo: l'unica che sia riuscita a mettere fuori legge religioni, partiti politici (una decina), una lingua parlata dalla quasi totalità della popolazione (definizione da manuale di apartheid), che ha fatto irruzioni di polizia nelle sedi di canali televisivi poi chiusi, che ha chiuso un numero imprecisato di radio e giornali e che punisce con pene assurde coloro che esprimono il loro pensiero. Fino ad arrivare a bombardare la popolazione civile con artiglieria e droni dal 2014 ad oggi compreso.
Con buona pace della Von Der Leyen ed i suoi deliri sul fatto che l'Ucraina rappresenti i valori dell'UE, l'ordinamento giuridico dell'Ucraina è pieno di mostruosità che sono del tutto incompatibili con i trattati UE.
Zelensky è in grande difficoltà. La guerra è militarmente oramai persa. Ogni giorno si parla di qualche nuovo sistema di arma che gli occidentali darebbero agli ucraini per cambiare le sorti della guerra. Questo ovviamente perché tutte quelle mandate fin'ora si sono rivelate inutili, ma di fatto mancano le cose basilari come soldati e munizioni e la situazione è al collasso. Dopo due anni di sciocchezze, i famosi F16 sono arrivati: addirittura 4, di questi uno solo è entrato in azione ed è stato abbattuto. I russi peraltro hanno fatto nulla in quanto l'aereo è stato tirato giù da un Patriot usato dagli ucraini, almeno questa è la versione ufficiale, anche se c'è chi parla di un'avaria dell'aereo stesso. Il premier ucraino ha capito di essere stato preso in giro ed ora teme anche che, di fronte ad un crollo dello stato, un alleato come la Polonia possa in futuro appropriarsi di parte dell'Ucraina occidentale, che era Polacca fino alla conquista sovietica e che la Polonia rivendica. Forse questo spiega meglio di altre cose la veemenza di Zelensky nei confronti dei polacchi: amici quando si tratta di combattere la Russia, ma pronti ad approfittare della situazione se l'Ucraina dovesse crollare.
Se Zelensky vuole vincere la guerra ha una sola opportunità: coinvolgere la Nato. Cosa che, nella follia generale, diventa sempre tragicamente più possibile a giudicare dalla retorica guerrafondaia dei leader europei, cosa molto pericolosa se la mettiamo in relazione con l'impreparazione delle forze armate dei loro paesi.
Data articolo: Fri, 20 Sep 2024 08:00:00 GMT
di Andrea Zhok*
Ieri, simpatico uno-due del prode Parlamento Europeo, che prima approva l'utilizzo di missili europei per colpire bersagli in Russia (377 voti a favore, 191 contrari e 51 astenuti) e poi chiede l’emissione di un mandato di arresto internazionale contro il presidente del Venezuela, Maduro, oltre al riconoscimento come presidente del leader dell’opposizione Edmundo Gonzalez Urrutia.
Oramai l'UE, l'Europa politica reale (e non quella vagheggiata, ideale, auspicata, ecc.) è semplicemente il botolo rabbioso che gli USA scagliano contro i loro nemici - mentre loro si tengono un passo indietro (gli Stati Uniti NON hanno approvato l'utilizzo di missili americani su territorio russo).
Talvolta, da ex-europeista uscito da un percorso di disintossicazione, continuo a chiedermi come sia stato possibile tutto questo.
L'UE è oramai ridotta ad essere un sistema di sabotaggio di quella forma di vita che fu l'Europa.
Dalle raccomandazioni pedagogiche dell'agenda 2030, alla distruzione del tessuto industriale nel nome di un'agenda sedicente "green", allo smantellamento sistematico dello stato sociale, alla rottura dei rapporti con tutti i propri vicini (ad est e sud, Russia e medio-oriente in primis) per accrescere la dipendenza dagli USA, l'UE è solo un grande meccanismo di autosabotaggio e di americanizzazione deteriore della cultura europea residua.
E all'origine di tutto ciò c'è, a monte, quel processo di americanizzazione dei ceti dirigenti che si è avviata negli anni '90 del secolo scorso, e che ora dà i suoi pieni frutti. Le popolazioni europee, - al netto della devastazione delle menti prodotta dagli schermi portatili - rimane ancora in parte inassimilata rispetto alla pervasiva americanizzazione della cultura e dei valori.
Il trionfo della mente liberale, ora neo-liberale, di cui la cultura statunitense è incarnazione eminente ha dapprima egemonizzato i blocchi sociali più "aggiornati" e "moderni" (una volta li avremmo chiamati "borghesi"), per poi divenire consenso politico.
Nella politica ridotta a varianti del (neo)liberalismo i vari "centro-destra" e i vari "centro-sinistra" sono perfettamente intercambiabili. Per ogni abiezione in un'area legislativa del centro-destra si può trovare una simile abiezione (nel nome dell'alternanza) del centro-sinistra. A votare a favore dell'utilizzo dei missili europei in territorio russo, per dire, sono stati per l'Italia: FdI, FI e PD; tutta gente che, potendo, si venderebbe l'Abruzzo per un attico a Manhattan.
Così, oggi siamo tutti all'interno di un meccanismo infernale, autolesionista, privo di sbocchi perché incapace di immaginare una forma di vita alternativa, che non sia una variante delle rappresentazioni hollywoodiane.
Siamo tutti dentro la bolla del thatcheriano "there is no alternative" e tutto ciò che culturalmente non vi si confà è derubricato a deplorevole eccentricità, roba che nessuna persona per bene intratterrebbe ("oscurantismo - va da sé, religioso", "familismo - va da sé, amorale", "populismo", "sovranismo", "rossobrunismo", ecc.).
*Post Facebook del 20 settembre 2024
Data articolo: Fri, 20 Sep 2024 08:00:00 GMT
di Giuseppe Masala per l'AntiDilomatico
Nei mass media occidentali è passata sotto traccia la visita del Primo Ministro cinese Li Qiang in Arabia Saudita. Nonostante questa disattenzione - probabilmente assolutamente voluta per continuare a dare la percezione al pubblico occidentale che fuori dall'Impero nulla si muove e nulla può esistere di rilevante - si tratta di un viaggio diplomatico di cruciale importanza per comprendere le prospettive future addirittura a livello mondiale.
Si può dire questo partendo dall'assunto fondamentale che non esiste Impero Americano senza egemonia del Dollaro e non può esistere egemonia del Dollaro senza che la divisa statunitense non sia moneta standard per gli interscambi internazionali.
Il punto fondamentale è che non può esistere il Dollaro come moneta standard degli interscambi internazionali senza il meccanismo del petrodollaro che si fonda sul fatto che i sauditi “prezzano” e fanno pagare il proprio petrolio in dollari americani.
Il meccanismo del petrodollaro è in realtà più complesso, sia dal punto di vista economico-finanziario che dal punto di vista diplomatico, perchè per quanto riguarda il primo aspetto il sistema prevede il reinvestimento negli USA (e specialmente in quella fabbrica di dollari sintetici che è diventata Wall Street) dei dollari incassati dall'Arabia Saudita mentre il secondo profilo contempla (come contraccambio) la assoluta difesa diplomatica e militare del trono dei Saud da parte della super potenza americana contro qualunque nemico.
Un complesso meccanismo quello del petrodollaro che va avanti dal celeberrimo 15 agosto 1971, ovvero da quando Nixon annunciò che gli USA avrebbero abbandonato la convertibilità del dollaro in oro stabilita nella conferenza di Bretton Woods. Dunque, quello del petrodollaro è quel meccanismo sostitutivo degli accordi di Bretton Woods che consente agli USA di conservare il predominio del dollaro nel mercato delle monete e, conseguentemente, di rimanere la superpotenza egemonica a livello mondiale.
Ritornando all'attualità è però sempre più potente l'emergere della Cina come fabbrica del mondo, come polo tecnologico e come potenza finanziaria in grado di mettere a repentagli l'egemonia americana anche sotto l'aspetto finanziario e monetario. Per questo il viaggio diplomatico in Arabia Saudita di Li Qiang è stato seguito in maniera molto attenta dagli addetti ai lavori e dai commentatori soprattutto nella speranza di riuscire a capire se verrà implementato il pagamento del petrolio saudita diretto verso la Cina, in Yuan anziché in dollari concordato con i sauditi durante la visita a Riad dell'anno scorso di Xi Jinping.
Bisogna dire che dalle dichiarazioni ufficiali relative ai colloqui tenuti in questi giorni a Riad dal Primo Ministro cinese Li Qiang non vi è menzione dell'avvio del pagamento del petrolio saudita in Yuan, si è solo sottolineato il miglioramento delle relazioni sino-saudite e dell'aumento continuo dell'interscambio commerciale, oltre che degli investimenti tra i due paesi. In maniera obliqua si è accennato comunque al tema della compravendita del petrolio in Yuan quando si è menzionata l'ipotesi di aumento delle quantità di moneta che le banche centrali dei due paesi possono scambiarsi tramite lo swap da 50 miliardi di Yuan (circa 7 miliardi di dollari) concordato tra le parti l'anno scorso. Segno che si intende allargare ancora di più le relazioni commerciali, finanziarie e monetarie tra i due paesi. In questo contesto di allargamento delle relazioni anche di tipo monetarie, vanno lette pure le dichiarazioni del ministro dell'Industria e delle Risorse minerarie Bandar Al-Khorayef durante un recente viaggio in Cina, il quale ha parlato di un importante approfondimento dei rapporti tra Pechino e Riad con investimenti nel settore minerario ma anche in quello delle automobili, dell'aerospaziale e delle energie rinnovabili.
Non sembra azzardato dunque parlare di un continuo avvicinamento dei sauditi all'Impero di Mezzo grazie ad un costante interscambio commerciale, tecnologico e di investimenti reciproci; cosa questa ampiamente notata dagli osservatori più attenti come il dottor Wang Zhimin, direttore dell'Istituto di globalizzazione presso l'Università cinese di commercio ed economia internazionale che ha parlato di nuova alba nelle relazioni tra i due paesi che in relazione al petroyuan ha anche dichiarato: «L'espansione dell'uso della valuta negli accordi per le transazioni energetiche è un processo graduale e a lungo termine che richiede riforme graduali, apertura e selezione naturale del mercato. Inoltre, data la relazione con gli Stati Uniti, il processo di utilizzo dello yuan per regolare le transazioni petrolifere transfrontaliere da parte di paesi come l'Arabia Saudita potrebbe incontrare alcune difficoltà». Wang dunque oltre a sottolineare come il processo di “de-dollarizzazione” del petrolio saudita debba essere lento e graduale, nota anche le possibili difficoltà dovute alle resistenze USA che, ovviamente, non accetteranno di buon grado il ridimensionamento della loro valuta nazionale e conseguentemente l'emergere pienamente dell'Impero di Mezzo come paese sfidante dell'ordine mondiale nato dopo la caduta del Muro di Berlino.
Ed è proprio in questa ottica che anche i terribili conflitti in corso in Medio Oriente vanno visti: Washington usa il suo mastino della guerra di Tel Aviv come agente generatore del caos in tutta l'area così da evitare la penetrazione della Cina soprattutto in Arabia Saudita.
Data articolo: Fri, 20 Sep 2024 07:00:00 GMT
Dopo le rivelazioni del The York Times, anche ABCNews conferma che Israele pianificava da tempo i suoi attacchi informatici in Libano. Secondo l’emittente statunitense da almeno 15 anni.
Citando fonti dell’intelligence statunitense, è stato aggiunto, come confermato anche nei giorni scorso, che alla pianificazione dell'attacco avrebbero partecipato società fittizie con la partecipazione di numerosi agenti dei servizi segreti israeliani. Inoltre, alcuni dipendenti di queste aziende non sapevano nemmeno per chi lavorassero realmente.
Inoltre, visto il rischio per gli innocenti in questa operazione, anche la CIA aveva espresso le sue perplessità nel ricorrere a questa tattica.
Come ribadito da varie fonti, i dispositivi erano stati prodotti dalla società Gold Apollo con sede a Taiwan. La Reuters ha analizzato le immagini di cercapersone distrutti (chiamati anche "beeper"), sul retro dei quali si possono vedere adesivi corrispondenti a quelli prodotti dall'azienda. Inoltre, una fonte di alto rango della sicurezza libanese ha spiegato all’agenzia che Hezbollah aveva ordinato 5.000 cercapersone.
Tuttavia, il fondatore e presidente della Gold Apollo, Hsu Ching-kuang, ha dichiarato ai media che i cercapersone utilizzati nelle esplosioni non sono stati prodotti dalla sua azienda, ma da una società chiamata BAC Consulting, con sede a Budapest, Ungheria, che possiede la licenza per utilizzare il tuo marchio.
Separatamente, il produttore giapponese di apparecchiature radio Icom ha annunciato un’indagine sulle esplosioni di apparecchi radio ricetrasmittenti con il suo logo in Libano. In tal senso, è stata confermata la pubblicazione di informazioni aggiornate sull'argomento sul loro sito web non appena saranno disponibili.
Data articolo: Fri, 20 Sep 2024 06:56:00 GMT
Mosca hanno condannato con fermezza gli attacchi informatici di Israele contro il Libano.
La portavoce del Ministero degli Esteri russo, Maria Zakharova, durante una conferenza stampa al Forum eurasiatico delle donne, ha denunciato le "malsane intenzioni degli organizzatori di questa aggressione", che possono innescare una guerra di vaste dimensioni.
La portavoce della diplomazia russa, in tal senso, ha sollecitato un'indagine approfondita sull'esplosione di dispositivi di comunicazione wireless e la consegna dei colpevoli alla giustizia affinché paghino per i loro crimini.
Zajarova ha sottolineato che gli eventi accaduti nel Paese arabo dimostrano che si tratta di "atti di terrorismo internazionale".
Inoltre, all'Occidente, la portavoce ha ricordato che se non chiederanno chiarimenti sui fatti, sarebbe un'indicazione della loro conoscenza diretta e della partecipazione agli attacchi informatici, poiché non si è trattato di un atto perpetrato da un attentatore suicida o di un folle.
Data articolo: Fri, 20 Sep 2024 06:42:00 GMT
di Michele Blanco
di Pepe Escobar – Strategic Culture
[Traduzione a cura di: Nora Hoppe]
Prima c'è stata l'azione: Il Presidente Putin – sereno, calmo, raccolto – avverte che qualsiasi attacco alla Russia con missili NATO a lungo raggio sarà un atto di guerra.
Poi c'è stata la reazione: I topi della NATO tornano nei bassifondi – in fretta e furia. Per ora.
Tutto ciò è stato una diretta conseguenza della debacle a Kursk. Un azzardo disperato. Ma lo stato delle cose nella guerra per procura in Ucraina era disperato per la NATO. Finché non è diventato chiaro che è tutto praticamente irrecuperabile.
Quindi sono rimaste due opzioni.
La resa incondizionata dell'Ucraina, alle condizioni della Russia, che equivale alla completa umiliazione della NATO.
Oppure l'escalation verso la guerra totale (corsivo mio) con la Russia.
Le classi dirigenti statunitensi – ma non quelle britanniche – sembrano aver colto l'essenza del messaggio di Putin: se la NATO è in guerra con la Russia, “allora, tenendo conto del cambiamento dell'essenza del conflitto, prenderemo decisioni appropriate in risposta alle minacce che ci verranno poste”.
Il vice ministro degli Esteri Sergey Ryabkov è stato sinistramente più preciso: “La decisione è stata presa, è stata data carta bianca e tutte le indulgenze [a Kiev], quindi noi [la Russia] siamo pronti a tutto. E reagiremo in un modo che non sarà gradevole.”
La NATO di fatto in guerra con la Russia
A tutti gli effetti, la NATO è già in guerra con la Russia: voli di ricognizione non-stop, attacchi di alta precisione ai campi di aviazione in Crimea, costringendo la Flotta del Mar Nero a trasferirsi da Sebastopoli, sono solo alcuni casi. Con il “permesso” di colpire fino a 500 km di profondità in Russia e un elenco di diversi obiettivi già presentato da Kiev per “l'approvazione”, Putin ha chiaramente affermato l'ovvio.
La Russia sta combattendo una guerra esistenziale per la sopravvivenza della Madrepatria – ciò che ha fatto ripetutamente nel corso dei secoli.
L'URSS ha subito 27 milioni di perdite ed è uscita dalla Seconda guerra mondiale più forte che mai. Questa dimostrazione di forza di volontà, di per sé, spaventa a morte l'Occidente collettivo.
Il ministro degli Esteri Sergey Lavrov – la cui pazienza taoista sembra ora esaurirsi – ha aggiunto un po' di colore al Quadro Generale, attingendo alla letteratura inglese:
“George Orwell aveva una ricca immaginazione e una lungimiranza storica. Ma nemmeno lui poteva immaginare come sarebbe stato uno Stato totalitario. Ne descrisse alcuni contorni, ma non riuscì a penetrare le profondità del totalitarismo che oggi vediamo nel quadro dell'“ordine basato sulle regole”. Non ho nulla da aggiungere. Gli attuali leader di Washington, che reprimono ogni dissenso, lo hanno 'superato'. Questo è totalitarismo allo stato puro.”
Lavrov ha concluso che “loro sono storicamente condannati”. Eppure non hanno il coraggio di provocare la terza guerra mondiale. I vigliacchi di marchio possono solo ricorrere alla Guerra DI Terrore.
Ecco alcuni esempi. L'SVR – l'intelligence estera russa – ha scoperto un complotto di Kiev per organizzare un attacco missilistico russo contro un ospedale o un asilo nel territorio controllato da Kiev.
Gli obiettivi sono: sollevare il morale – crollato – dell'AFU; giustificare la completa rimozione di qualsiasi restrizione agli attacchi missilistici in profondità all'interno della Federazione Russa; e attirare il sostegno del Sud Globale – che in larga misura comprende bene ciò che la Russia sta facendo in Ucraina.
Parallelamente, se questa massiccia falsa bandiera funzionasse, l'Egemone la userebbe per “aumentare la pressione” (Ma come? Urlando forse a squarciagola?) sull'Iran e sulla Repubblica Democratica Popolare di Corea, i cui missili sarebbero probabilmente gli autori della carneficina.
Per quanto questo sembri inverosimile a livello di Massimo Stupidistan, considerando la demenza profonda che va da Washington e Londra a Kiev, rimane davvero possibile, dato che la NATOstan mantiene de facto l'iniziativa strategica in questa guerra. La Russia, da parte sua, rimane passiva. È la NATO che sta scegliendo il metodo, il luogo e il momento per i suoi colpi chiave, a scelta.
Un altro classico esempio di Guerra del Terrore è il gruppo jihadista e spin-off di al-Qaeda Hayat Tahrir al-Sham in Siria, che ha ricevuto 75 droni da Kiev, in cambio della promessa di inviare un gruppo di combattenti esperti dallo spazio post-sovietico al Donbass.
Beh, niente di nuovo sul fronte del terrore: Il capo delle spie ucraine Kirill Budanov – che in Occidente viene mitizzato come una sorta di James Bond ucraino – è sempre in stretto contatto con i jihadisti di Idlib, come riporta il quotidiano siriano Al-Watan.
Prepararsi al remix dell'Operazione Barbarossa
Parallelamente, il vicesegretario di Stato americano Kurt Campbell – il russofobo/sinofobo che ha concepito il “perno verso la Cina” durante la prima amministrazione Obama – ha informato gli alti burocrati dell'UE e della NATO sulla cooperazione militare del nuovo asse del male coniugato dall'Impero: Russia-Cina-Iran.
Campbell si è concentrato soprattutto sull'assistenza di Mosca a Pechino con know-how avanzato in materia di sommergibili, missili e sistemi stealth, in cambio di forniture cinesi.
È ovvio che il combo dietro lo zombie che non riesce nemmeno a capire come leccare un gelato non è a conoscenza dell'intreccio di collaborazioni militari delle partnership strategiche Russia-Cina-Iran.
Cieca come mille pipistrelli, il combo interpreta la condivisione da parte della Russia con la Cina del suo know-how militare, finora molto custodito, come “un segno di crescente avventatezza”.
La vera storia preoccupante dietro questo mix di ignoranza e panico è che nulla proviene dallo zombie che non sa nemmeno leccare un gelato. È il “combo Biden” che è in realtà al lavoro per preimpostare la traiettoria della guerra per procura in Ucraina oltre il gennaio 2025 – indipendentemente da chi sarà eletto alla Casa Bianca.
La Guerra DEL Terrorismo dovrebbe essere il paradigma generale – mentre i preparativi per la vera guerra alla Russia continuano, con l'orizzonte fissato al 2030, secondo le deliberazioni interne della NATO. È a questo punto che ritengono di essere al massimo della potenza per portare avanti una versione remixata dell'Operazione Barbarossa del 1941.
Questi pagliacci sono congenitamente incapaci di capire che Putin non bluffa. Se non rimane altra scelta, la Russia ricorrerà (corsivo mio) al nucleare. Allo stato attuale, Putin e il Consiglio di Sicurezza – nonostante la retorica incendiaria di Medvedev – sono impegnati nel difficile compito di assorbire un colpo dopo l'altro per evitare l'Armageddon.
Ciò richiede un'illimitata pazienza taoista – condivisa da Putin, Lavrov e Patrushev – unita al fatto che Putin gioca a go giapponese, molto più che a scacchi, ed è un formidabile tattico.
Putin legge il copione demenziale di NATOstan come se fosse un libro di favole per bambini (in effetti lo è). Nel momento fatidico di massimo beneficio per la Russia, Putin ordinerà, ad esempio, la necessaria decapitazione del serpente di Kiev.
Il dibattito ininterrotto e rabbioso sull'uso delle armi nucleari da parte della Russia si basa essenzialmente sul modo in cui il Cremlino considererà un attacco missilistico della NATO come una minaccia esistenziale.
I neocon e gli sio-con, così come i vassalli della NATO, possono desiderare una guerra nucleare – teoricamente – perché in effetti questa genererebbe un massiccio spopolamento. Non bisogna mai dimenticare che la banda del WEF/Davos vuole e predica una riduzione della popolazione umana a livello globale dell'85%. L'unica strada percorribile è ovviamente una guerra nucleare.
Ma la realtà è molto più prosaica. I vili neocon e gli sio-con – sull'esempio dei genocidi talmudici di Tel Aviv – nel migliore dei casi vogliono usare la minaccia di una guerra nucleare per intimidire soprattutto il partenariato strategico Russia-Cina.
Per contro, Putin, Xi e alcuni leader della Maggioranza Globale, come il malese Anwar, continuano a dare prova di intelligenza, integrità, pazienza, lungimiranza e umanità. Per l'Occidente collettivo e le sue élite politiche e bancarie spaventosamente mediocri, si tratta sempre di soldi e profitti. Ebbene, le cose potrebbero cambiare drasticamente il 22 ottobre a Kazan, in occasione del vertice dei BRICS – quando dovrebbero essere annunciati importanti passi avanti verso la costruzione di un mondo post-unilaterale.
Sulla bocca di tutti a Mosca
A Mosca è in corso un'accesa discussione su come porre fine alla guerra per procura in Ucraina.
La pazienza taoista di Putin viene criticata pesantemente – non necessariamente da osservatori informati che conoscono a fondo la geopolitica hardcore. Non capiscono che Washington non accetterà mai le principali richieste russe. Parallelamente, quando si tratta di una completa denazificazione dell'Ucraina, per Mosca non basta un semplice regime “amichevole” a Kiev.
Sembra esserci un consenso sul fatto che l'Occidente collettivo non riconoscerà in alcun modo la sovranità della Russia sulla Crimea e su tutto ciò che è stato conquistato nei campi di battaglia della Novorossia.
Alla fine, la prova principale è che tutte le sfumature del piano negoziale della Russia saranno decise da Putin. E questo cambia continuamente. Ciò che ha proposto – molto generosamente – alla vigilia di quel patetico vertice di pace in Svizzera a giugno, non è più sul tavolo dopo Kursk.
Tutto dipende, ancora una volta, da ciò che accade sui campi di battaglia. Se – anzi, quando – il fronte ucraino crollerà, la battuta che circola a Mosca sarà: “Pietro [il Grande] e Caterina [la Grande] stanno aspettando.” Ebbene, non aspetteranno più, perché sono stati questi Grandi a incorporare de facto l'Ucraina orientale e meridionale nella Russia.
E questo sancirà l'umiliazione cosmica della NATO. Da qui la perpetuazione del Piano B: nessuna Terza Guerra Mondiale, ma un'incessante Guerra DEL Terrore.
Data articolo: Fri, 20 Sep 2024 05:00:00 GMT
Riceviamo e pubblichiamo
“Il 7 ottobre è la data di una rivoluzione”.
Lo diciamo dall’8 ottobre 2023, anche se il Governo e i giornali se ne sono accorti solo ora.
“Rivoluzione”, “movimento di liberazione”, “colonialismo”, “lotta armata”, non sono elucubrazioni mentali di giovani estremisti, sono i termini del discorso con cui da più di 76 anni, e con rinnovata passione dal 7 ottobre scorso, nel mondo arabo e nel sud del mondo storicamente oppressi, viene descritto ciò che accade in Palestina.
Come Giovani Palestinesi constatiamo soltanto una realtà di fatto, tanto per i palestinesi quanto per gli israeliani, che prescinde dal giudizio di valore che si può attribuire al concetto e al fenomeno “rivoluzione”, giudizio di valore dal quale comunque non ci si deve sottrarre, perché qui sta il nocciolo della questione. Vogliamo semplicemente descrivere i fatti di casa nostra con le parole che si usano a casa nostra: siamo convinti che questo desiderio sia perfettamente comprensibile agli italiani e soprattutto allo schieramento di Governo.
I progressisti, nell’ultimo anno, hanno potuto sfoggiare tanti termini alla moda: “decolonizzazione”, “messa in discussione della visione eurocentrica”, “assumere la prospettiva dei colonizzati” e altre simili amenità. Peccato che abbiano una paura quasi isterica di inserire il 7 ottobre come momento rivoluzionario all’interno di una lotta di liberazione anticoloniale.
In Occidente, anche chi sostiene i palestinesi, ha paura di usare, all’interno dell’Impero, i concetti precisi che usano i colonizzati, alla faccia del politicamente corretto. Il fatto è che questi termini, tra tutti quello di “rivoluzione”, risultano scandalosi e conducono dritti a valicare una linea rossa oltre la quale non c’è libertà di espressione, di parola o democrazia che tenga. La questione palestinese è eminentemente politica. Il disastro umanitario, a cui spesso e volentieri la si vorrebbe ridurre, non è che un effetto del dato politico, perciò la tragedia, e le passioni da questa suscitate, non devono distoglierci dall’agire sulle cause.
La questione palestinese è molto semplice; la illustriamo perciò come un dato di fatto, senza illuderci, a questo punto, di persuadere nessuno, visto che non abbiamo la presunzione di voler dimostrare niente. Che la nostra sia una causa giusta è ampiamente dimostrato dall’evidenza, dai fatti e da una storia eloquenti, oltre che da tante trattazioni scientifiche. Chi non è convinto da questo non sarà certo convinto da noi.
Israele è uno Stato coloniale, in quanto tale è illegittimo, a prescindere da qualsiasi riconoscimento internazionale. Nessun popolo può accettare l’invasione e il furto della propria terra, l’annientamento e l’espulsione della propria gente, il popolo palestinese non fa eccezione. Ogni popolo ha il diritto naturale di resistere a un’occupazione coloniale con ogni mezzo, compreso quello della lotta armata, che la storia ha dimostrato essere il mezzo decisivo in più di un’occasione.
Ogni israeliano è un colono. I coloni non hanno alcuna proprietà sulla terra, a prescindere da qualsiasi previsione di diritto, ne detengono solo il possesso illegittimo, le cui uniche garanzie sono la forza e la violenza repressiva.
I colonizzati hanno il diritto naturale di reclamare la legittima proprietà della terra con ogni mezzo, compresa l’aggressione volta a riguadagnarne il possesso. Le organizzazioni della resistenza palestinese non possono essere definite “terroristiche”, a prescindere da qualsiasi previsione di diritto; ad ogni modo nemmeno ai sensi del diritto internazionale vigente possono essere considerate “terroristiche”. Le organizzazioni della resistenza palestinese, con piena dignità politica, agiscono all’interno di una lotta e di un movimento di liberazione anticoloniale.
Questa nostra posizione, come anche la nostra lettura sul 7 ottobre, non è nuova, ma solo ora ha attirato l’attenzione del Ministero dell’Interno, che si sta adoperando per vietare la manifestazione nazionale organizzata per il 5 ottobre a Roma, e del Parlamento, grazie anche a Giovanni Donzelli, deputato della Repubblica e responsabile nazionale dell’organizzazione di Fratelli d’Italia, che ha immediatamente presentato un’interrogazione parlamentare, invocando la repressione dell’iniziativa.
Il deputato di Governo ha affermato in un’intervista: «non è solo il fatto che festeggiano l’anniversario del 7 ottobre, ma lo definiscono una giornata rivoluzionaria, dandogli un’accezione POSITIVA».
Che un esponente di Fratelli d’Italia ritenga positiva la parola “rivoluzione” non solo ha dell’incredibile, ma ci ricorda che la parola rivoluzione può avere tanto un significato positivo quanto negativo. In generale un evento è rivoluzionario quando sconvolge lo stato di cose vigenti al punto che non è più possibile ripristinare lo status quo precedente. Il 7 ottobre è per lo Stato coloniale d’Israele l’inizio della peggiore crisi della sua storia, che sancisce il fallimento del diritto internazionale e delle trattative di pacificazione. Israele non potrà mai più ristabilire l’immagine della sua forza a livello interno ed esterno e la sua credibilità internazionale va verso un declino inarrestabile.
Per il popolo palestinese, invece, il 7 ottobre significa una nuova fase della lotta di liberazione. Significa infatti il recupero della lotta armata come strumento politico e l’esercizio concreto del diritto al ritorno. Il popolo palestinese non potrà mai tornare a sedersi come prima al tavolo delle trattative con Israele e le potenze imperialiste, né a fidarsi del diritto internazionale.
Per il mondo il 7 ottobre è il segno che l’impero euro-atlantico non solo è in crisi, ma minaccia di crollare. Gli Stati Uniti e gli alleati, l’Italia in prima fila, non sono stati in grado di gestire la situazione in Palestina, dimostrandosi dunque incapaci di mantenere l’ordine mondiale e di limitare la guerra.
Consentire a Israele di violare impunemente qualsiasi legge scritta o non scritta, di commettere ogni sorta di crimine ed efferatezza, non solo sta producendo uno dei genocidi più atroci della storia, ma rischia di mettere in pericolo tutto il mondo e di portarlo verso una nuova guerra mondiale. Israele e le potenze imperialiste hanno preso la decisione pericolosa di rendere le controversie internazionali una questione di puri rapporti di forza, forti del loro dominio e dello strapotere bellico.
Calpestando la vita e ogni singolo diritto del popolo palestinese hanno dimostrato che chi non si piega alle angherie dell’Impero, smette di far parte dell’umanità e per tanto non gode più di alcun diritto. Questa per noi palestinesi non è una novità, ma la sintesi di tutta la nostra storia.
Il 7 ottobre rende questa storia visibile, gettando un’ombra pesantissima sulla civiltà occidentale, sulla sua pace, sui pretesi diritti e sulle pretese libertà, ricordando che la civiltà capitalistica, liberale e democratica, si fonda e si mantiene col sangue e le menzogne. Andremo avanti. Manifestare è un diritto: se il Governo vuole vietare la piazza e dire che in Italia non esiste il diritto a manifestare lo faccia e se ne assuma la piena responsabilità politica, noi non ci faremo intimidire. Il 5 ottobre 2024 saremo a Roma per la Palestina libera, per un anno di resistenza e dopo un anno di genocidio.
Giovani Palestinesi d’Italia
Data articolo: Thu, 19 Sep 2024 16:33:00 GMT
In un discorso pronunciato questo pomeriggio, Il leader del Movimento di Resistenza libanese, Hezbollah, Hassan Nasrallah, ha assicurato che Israele intende "deliberatamente" uccidere migliaia di persone in pochi minuti.
Vi riproponiamo alcuni passaggi salienti del discorso di Nasrallah
Nasrallah ha assicurato che Israele intende "deliberatamente" uccidere migliaia di persone in pochi minuti. Ha aggiunto che alcuni degli attacchi sono avvenuti in ospedali, mercati, locali commerciali e persino case, oltre a veicoli privati ??e strade pubbliche, dove si trovavano migliaia di civili, tra cui donne e bambini.
"Per due giorni, martedì e mercoledì, il nemico voleva uccidere almeno 5.000 persone in pochi minuti", ha denunciato Nasrallah, aggiungendo che l'azione costituisce un "grande colpo di stato umanitario e di sicurezza che non ha precedenti nella storia del Libano". e forse potrebbe essere "senza precedenti nel mondo".
Il leader di Hezbollah ha stabilito che quanto accaduto è stata "una grande operazione terroristica", ma ha avvertito anche che potrebbe essere definita una "dichiarazione di guerra". "Abbiamo formato diversi comitati interni di ricerca tecnica, tecnologica e di sicurezza, che stanno studiando tutte le ipotesi", ha spiegato.
Inoltre, Nasrallah ha ricordato: "Abbiamo ricevuto un duro colpo, ma questa è la situazione di guerra e ci rendiamo conto che il nemico ha una superiorità tecnologica, soprattutto perché ha l'appoggio degli Stati Uniti e dell'Occidente” precisando che “quando siamo entrati in questo conflitto, abbiamo optato per lo sforzo, il jihad (lotta sacra) e il logoramento, e ne siamo usciti vittoriosi molte volte”, ha affermato.
Per il leader libanese pur ammettendo che “gli ultimi due giorni sono stati difficili” il movimento sarà in grado di superare con dignità”, ribadendo che “l’importante è che questo enorme attacco non ci abbatta e non ci abbatterà. Saremo più forti, più determinati, più impegnati e più capaci di superare tutti i pericoli".
"Il nostro fronte è stato molto efficace e ha esercitato pressione sul nemico, e la prova è ciò che il nemico fa e dice", ha sottolineato.
A questo proposito, ha spiegato: "Quando il nemico afferma che ciò che sta accadendo nel nord (dei territori palestinesi occupati) è la prima sconfitta storica di Israele, ciò è un'ulteriore prova dell'efficacia del nostro fronte. Tutte le forze che il nemico ha spinto a nord (della Palestina occupata) confermano che su questo fronte si trova di fronte una minaccia reale.”
Non a caso, Nasrallah ha evidenziato che Israele ha ammesso la perdita del Nord, cosa che ha costretto il primo ministro, Benjamin Netanyahu, e il suo ministro degli affari militari, Yoav Gallant, a trovare una soluzione per questo fronte, considerato uno dei più importanti.
Seguiranno aggiornamenti
Data articolo: Thu, 19 Sep 2024 15:11:00 GMT
MO, ASCARI (M5S): GOVERNO VIGLIACCO SU RISOLUZIONE ONU. CALPESTATO IL DIRITTO INTERNAZIONALE
Roma, 19 set - "Mentre Israele sta portando avanti il suo piano genocidiario e di annessione della Cisgiordania, l’Italia vergognosamente si è astenuta, ancora una volta, sulla risoluzione ONU che chiede a Israele di ritirarsi entro un anno dal Territorio palestinese occupato. Un’astensione vigliacca, complice di Israele i cui bombardamenti hanno provocato la morte di oltre 42.000 persone, soprattutto donne e bambini innocenti, e contraria alla pronuncia della stessa Corte internazionale di giustizia, la quale ha definito illegali gli insediamenti israeliani nel territorio palestinese. Si sta calpestando il diritto internazionale e il nostro Governo ne è complice. Non è questa l'Italia che ci rappresenta. Non in mio nome".
Lo dichiara Stefania Ascari, deputata del Movimento 5 Stelle e coordinatrice dell’Intergruppo per la Pace tra la Palestina e Israele.
Data articolo: Thu, 19 Sep 2024 15:00:00 GMT
di Michele Blanco
L'idolo dei liberisti, dei governi statunitensi e dell'ultradestra il Presidente dell'Argentina Javier Milei, grazie alle sue assurde e inumani politiche, di tagli alle spese sociali, sta conducendo il popolo argentino in un baratro profondissimo. In Argentina oggi una persona su due è poverissima, infatti con la presidenza Milei in pochissimo tempo è passata dal già alto tasso del 41,7% di povertà all'incredibile 52% di cittadini argentini in situazione di povertà.
L'inflazione è schizzata del 94,8%, raggiungendo il 236,7%. La moneta argentina equivale alla carta straccia. Solo una esigua minoranza vive bene ma di contro l'enorme maggioranza delle persone sprofonda nella povertà ed molti sono a rischio di morire di fame. Solo ad agosto si registra il +4,2% d’inflazione i prezzi alimentari sono aumentati molto e l’asado domenicale (la grigliata) per molti è un lontano ricordo.
Con il 94,8% d’inflazione da inizio anno, Milei che ha iniziato il suo mandato presidenziale il 10 dicembre 2023 non ha mantenuto la vana promessa di limitarla anzi il tasso dell’inflazione ha continuato inesorabilmente a salire, del 236,7% cumulata Il tasso tendenziale annuo, in questi giorni, confrontato con lo stesso mese del 2023, è il più alto del mondo. Buenos Aires sembra al centro una capitale europea ma si ritrova con un governo inqualificabile che non riesce a spiegare un tasso di povertà superiore al 50% in una nazione dal glorioso passato di granaio del mondo. E ancora oggi che sarebbe potenzialmente capace di produrre cibo per 400milioni di persone, ma totalmente incapace di sfamarne 46 milioni, gli abitanti dell’Argentina.
Dopo che l’agenzia di stampa Reuters diramasse il dato di agosto dell’inflazione, +4,2% rispetto al mese precedente, superando così le previsioni degli analisti, i siti web dei giornali di tutto il mondo, Wall Street Journal, Financial Times, El Pais, istillavano nuovi dubbi sulle capacità del neoliberista Milei, il ruggito del Leon, questo è il suo soprannome, pare già molto rauco. Sì, perché Milei lo aveva promesso in campagna elettorale, il giorno del suo insediamento, il 10 dicembre 2023, e poi ribadito spesso in questi nove mesi di malgoverno che: «L’inflazione è un ricordo del passato», «l’ho già sconfitta», «è un disastro che riguarda il governo peronista che mi ha preceduto». Invece al contrario, il dato implacabile dei prezzi al consumo, l’indice che racconta meglio la corsa dei prezzi, spiega che negli ultimi 12 mesi l’inflazione è stata del 236,7%, un livello superiore anche alle peggiori previsioni. Gli analisti avevano previsto un +3,9% e invece la battaglia campale di Milei contro l’inflazione incassa una sconfitta pesante.
Le manifestazioni di piazza che si susseguono con regolarità a Buenos Aires e in altre città argentine sono partecipate, sempre più, da una classe media scivolata nella povertà, che lo aveva potato, le rilevazioni dell’Indec (l’Istat argentino) spiegano perché : un chilo di patate 1,33 dollari, con un aumento del 40% rispetto a unmese fa. Carne, latticini hanno raggiunto prezzi esorbitanti in un Paese dove le pensioni medie, non le minime, si aggirano attorno ai 300 euro al mese.
Da gennaio a oggi l’inflazione è cresciuta del 94,8 per cento. L’asado, la grigliata domenicale, un momento topico nell’antropologia della famiglia argentina, non è più alla portata di tutti. I negozi vendono merce sfusa, perché la confezione intera è troppo cara per la clientela. I prezzi sono spesso scritti sulle lavagnette anziché sui cartellini, perché cambiarli troppe volte alla settimana sarebbe costoso. Persino il caffè diventa un bene di lusso: 4 euro per 100 grammi. La nota più dolente riguarda però, oltre alle bollette di luce e gas, l’impennata dei prezzi dei medicinali, in alcuni casi quintuplicati. Tutti sanno che: «Milei ripete ossessivamente la parola “libertà”» una libertà senza cibo per milioni di argentini. La povertà, secondo Indec, ha raggiunto il 52% della popolazione l’indigenza è 17,9%, si tratta di persone che soffrono la fame non trovano cibo.
Alla fine del 2023 i poveri erano il 41,7% e gli indigenti l’11,9 per cento. Milei malgrado questa terribile situazione sociale ha i media nazionali che lo appoggiato. I mezzi d’informazione controllati da pochi e di proprietà di persone ricche affermavano che le politiche neoliberiste avrebbero portato a una rivoluzione economica, in tempi brevi. Ma i tanto decantati risultati tardano ad arrivare, anzi. Qualche mese fa Milei ha incassato, secondo lui, alcuni risultati positivi: la riduzione del deficit fiscale, conseguente ai tagli di spese nel comparto della sanità, scuola e pubblica amministrazione. Per questo ha potuto annunciare che nel primo trimestre del 2024 l’Argentina ha registrato un avanzo primario. Ma saranno le classi medie che lo hanno votato i primi a pagarne dazio.
Oggi la verità sta inesorabilmente emergendo, persino il Fondo monetario internazionale, con cui Milei negozia e rinegozia prestiti di decine di miliardi di dollari, ha lanciato un allarme, poche settimane fa: «È importante che il peso delle riforme non cada in modo sproporzionato sulle famiglie lavoratrici». Il Pil del 2024, secondo le previsioni del Fondo, subirà una contrazione del 2,8 per cento.
Già qualche settimana fa il Financial Times, tempio indiscusso del liberismo economico, ha scritto: «Il sogno dell’anarco capitalista Milei si scontra con la realtà argentina». Speriamo che prima possibile gli argentini possani tornare al voto per fermare questa vera e propria deriva per l’intero popolo argentino. In caso ci saranno nuove elezioni, sicuramente, la propaganda di pagliacci neoliberisti non avra più presa sull’elettorato della classe media, anche perché la classe media è diventata povera.
di Fabrizio Poggi per l'AntiDiplomatico
Quando il cosiddetto europarlamento adotta a larga maggioranza una risoluzione (evidentemente, la data del 19 settembre “ispira” particolarmente quei farabutti: lo stesso giorno, cinque anni fa, coi voti anche delle canaglie del PD, avevano votato la famigerata risoluzione che accomunava nazismo e comunismo) che “esorta” i paesi UE a eliminare immediatamente ogni restrizione agli attacchi ucraini al territorio russo con armi occidentali, ecco che torna di nuovo in ballo il “piano della vittoria” che Vladimir Zelenskij dovrebbe presentare alla Casa Bianca a fine mese.
Secondo alcune non verificate indiscrezioni, detta in soldoni, consisterebbe in questo: accoglieteci immediatamente nella NATO, aiutateci a metter paura a Putin coi missili occidentali e noi acconsentiremo a congelare il conflitto lungo la linea di contatto dei combattimenti. Una volta nella NATO – sembra esser questa la logica dei nazigolpisti – Putin farà marcia indietro e non comincerà certo una guerra nucleare; perché se Kiev perde, dicono gli ukromajdanisti, perderà anche l'Occidente, che così tanto ha investito in questo conflitto.
Di fatto, però, anche l'ammissione dell'Ucraina alla NATO cambierebbe poco il quadro della situazione: nessuno tra i paesi occidentali è pronto a entrare direttamente in guerra con la Russia. Senza parlare qui del coinvolgimento “indiretto”, già da anni ai massimi livelli, anche oggi, quando agitano spavaldamente la bandiera dell'autorizzazione a Kiev a colpire la Russia, lo fanno, da quei sanguinari filibustieri che sono nella UE, convinti che davvero «l'orso stuzzicato impunemente cinque volte, non risponderà nemmeno alla sesta volta» (Kennedy jr-Trump jr su The Hill) e loro potranno osservare il tutto, da infami spettatori, al sicuro dei loro covi di aspidi.
Ecco però che il solito consigliori presidenziale Mikhail Podoljak rimette le cose per il verso “giusto”, per come le intendono davvero i nazigolpisti: «nessun congelamento del conflitto, perché questo non porterebbe alla fine della guerra, ma solo alla possibilità per Mosca di accumulare ulteriori risorse e continuare a combattere». Un po' insomma alla maniera di come i majdanisti hanno sempre interpretato i “cessate il fuoco” in Donbass, a partire dai “Minsk 1 e 2” del 2014-2015: fingere di arretrare le artiglierie, per rimpolpare le truppe decimate nelle sanguinose avventure nelle varie Debaltsevo, Ilovajsk, ecc. Ecco, secondo Podoljak, Kiev è «disposta a concludere la guerra solo con la disfatta della Russia»; dunque, rientra nel “piano Zelenskij” anche l'avventura di Kursk che «influisce significativamente sugli umori della società russa e preme altrettanto significativamente sulla cerchia putiniana per cessare la guerra». Dice il nazimajdanista.
Ma, se è così, è molto difficile, per noi giocatori dilettanti, intuire l'intreccio delle recondite mosse del “professionista” che, parlando con invidiabile nonchalance di capitolazione della Russia, la invita ipocritamente al prossimo “summit di pace”.
Rimane il fatto che Washington lancerà comunque in grande stile, presentandolo come “piano di pace”, il “piano della vittoria” ucraino, in occasione dell'Assemblea generale ONU.
I precedenti piani di Zelenskij, nota su Ukraina.ru il presidente dell'Università americana di Mosca, Eduard Lozanskij, consistevano nel chiedere all'Occidente soldi, armi, informazioni di intelligence e sostegno politico. Ora invece punta direttamente al coinvolgimento USA-NATO nel conflitto diretto con la Russia, cominciando col permesso occidentale a colpire la Russia in profondità, per cui ha già inviato alla Casa Bianca l'elenco degli obiettivi da attaccare. A Kiev sono sicuri che, in un modo o in un altro – per il tramite dei guerrafondai UE, per esempio – Washington darà il proprio consenso alle avventure ukronaziste. Del resto, ancora per qualche mese, alla Casa Bianca resiste quel Joe Biden che tra fine 2013 e inizi 2014 aveva coordinato il golpe di majdan per cambiare il regime ucraino da neutrale in pro-NATO. Quel Joe Biden che, nel dicembre 2021, ha respinto l'appello di Mosca per colloqui sulla stabilità strategica basati sullo status neutrale dell'Ucraina e che poi, nell'aprile 2022, ha dato mandato a Boris Johnson per far deragliare i colloqui di pace a Istanbul. Dopo di che, Washington ha impedito ogni contatto negoziale tra Russia e Ucraina. E ora Zelenskij intende trascinare USA e NATO in un confronto militare diretto con la Russia, afferma Lozanskij, attribuendo forse ai secondi una inverosimile ubbidienza passiva ai giochi del primo, omettendo della precisa volontà bellicista di Washington e Bruxelles.
In realtà, a detta dell'osservatore Sergej Zuev, anche diversi esperti ucraini guardano con inquietudine al “nuovo” cosiddetto “piano della vittoria” di Zelenskij e si interrogano su cosa si possa intendere per “vittoria”.
Il politologo ucraino Andrej Zolotarëv constata che, per molti suoi compatrioti, oggi nemmeno più il raggiungimento dei confini del 1991 può essere considerato una vittoria, ma solo la completa sconfitta del nemico. Per quanto riguarda il disco verde a Kiev a colpire in profondità la Russia (parte significativa del “piano della vittoria”), non si può escludere, afferma, che il permesso occidentale giunga proprio in occasione del viaggio di Zelenskij in USA.
Nikita Vasilenko, dell'Università di giornalistica di Kiev, dice che anche con quel disco verde e a dispetto delle attese di Kiev, non riusciranno a imporre a Mosca di trattare alle condizioni ucraine. E poi, cosa si deve intendere per “vittoria”? Anche se Kiev riconquistasse «il territorio, il che è molto problematico, rimane il problema della gente», dice Vasilenko, ricordando la disastrosa situazione demografica ucraina, con sempre meno uomini e le donne in età fertile che lasciano il paese senza farvi più ritorno.
L'ex deputato della Rada (e ex comandante di reparti durante l'aggressione ucraina al Donbass sotto la presidenza Porošenko) Igor Mosijchuk è tornato a rimarcare il periodo critico attraversato dall'Ucraina, allorché, a causa della guerra, è in discussione l'esistenza stessa della nazione: per risolvere la questione, dice, si deve stabilizzare la situazione interna, uscire dalla crisi militare, riportare la pace, cosa che Zelenskij non è in grado di fare. Che, detta così, sembra un accenno nemmeno tanto velato al golpe di palazzo, di cui, per l'ennesima volta, si torna a parlare in Ucraina.
E, a proposito di crisi militare che rischia di trasformarsi in catastrofe militare, coi colpi della Russia sempre più precisi, le forze russe sempre più numerose, mentre Kiev è a corto di uomini e il sostegno dell'Occidente diminuisce, Mosijchuk nota che sono le stesse autorità politiche e militari a dire che tutto ciò porterà a una catastrofe militare, ma poi è come se nessuno sentisse quei discorsi.
Nei fatti, afferma il politologo ucraino Vadim Karasëv, la smilitarizzazione dell'Ucraina sta procedendo già ora, con le forze armate che al fronte subiscono gravissime perdite in uomini e mezzi, mentre all'interno «si sta verificando la smilitarizzazione delle coscienze», molto evidente dai problemi della mobilitazione: «la gente non vuole combattere». È vero, dice Karasëv, ci sono persone «militarizzate, fanatiche. Di regola, però, se ne stanno nelle retrovie o intervengono sui media, sono passionali. Ma quando gli uomini vengono presi in strada di peso per esser spediti al fronte, anche spezzando loro le braccia, quelli non sono certo passionali. Non combatteranno. Non vogliono combattere».
Ne è un crudele esempio, che andrebbe presentato alle canaglie di Strasburgo e Bruxelles, quanto riferito dal colonnello a riposo delle milizie della LNR, Andrej Marochko, secondo cui nel villaggio di Nevskoe, occupato dalle forze ucraine, i nazisti della 12° Brigata speciale di “Azov” hanno effettuato un'esecuzione dimostrativa di fronte ai ranghi, fucilando cinque subordinati per diserzione.
Finirà con Zelenskij come con lo sciagurato Riccardo III shakespeariano: «Vivono figli che tu hai fatti orfani, gioventù sparsa che vivrà nel rimpianto fino alla vecchiaia;vivono genitori, di cui hai massacrato i figli».
Data articolo: Thu, 19 Sep 2024 12:00:00 GMT
di Clara Statello per l'AntiDiplomatico
Terrorismo come arma di guerra. Non c’è altro termine per definire gli attacchi su larga scala compiuti martedì e mercoledì da Israele contro la popolazione libanese ed Hezbollah, se non quello di terrorismo di massa.
Si potrebbe obiettare che l’attacco non ha causato innumerevoli vittime, come l’attentato al Crocus o alle Torri Gemelle. Non è questo il punto. Il punto è incutere il terrore fra la popolazione, sgretolare qualsiasi sensazione di sicurezza, trasformando un normale oggetto di uso quotidiano in un’arma che può esplodere sotto l’impulso di un comando remoto. Un’arma che uccide, ferisce, acceca e mutila indiscriminatamente. Un’arma che può essere attivata mentre è nelle mani di un bambino.
Questo ha almeno tre conseguenze:
Piegare la popolazione libanese;
Rompere i sistemi di comunicazione delle forze combattenti;
Ottenere un temporaneo vantaggio militare, alla vigilia di un attacco (che non è escluso sia su vasta scala).
C’è anche una quarta conseguenza: mandare un avvertimento gli attori ostili ad Israele, non solo nella regione. Ieri è toccato al Libano, domani potrebbe accadere in qualsiasi altro posto.
La carica che fugge agli scanner
Martedì pomeriggio migliaia di cercapersone sono esplosi simultaneamente, dopo aver ricevuto uno squillo, a Beirut e in altre località del Libano. L’attacco ha causato 12 vittime, tra cui tre bambini, e oltre 2800 feriti. Fra questi l’ambasciatore iraniano Motjaba Amani. Secondo l’Osservatorio siriano per i diritti umani (che ha sede in UK), alcune esplosioni sarebbero avvenute anche in Siria, causando 14 feriti.
La detonazione ha riguardato 3000 pager di un lotto di 5000, acquistato da Hezbollah da un fornitore taiwanese. Dopo gli attacchi condotti grazie alle individuazioni degli smart phone, la decisione di utilizzare dispositivi ritenuti maggiormente sicuri è stata presa dallo stesso Nasrallah, il capo delle milizie sciite in Libano.
I pager sono stati manomessi dai servizi israeliani, che sono riusciti ad intercettare il lotto. La sicurezza libanese ritiene che, durante il processo di produzione, sia stata introdotta una mini carica, dal peso massimo di venti grammi, all’interno dei circuiti integrati.
Come è possibile che dei dispositivi manomessi siano stati consegnati ai membri di Hezbollah?
Al Mayadeen riferisce che questi materiali esplosivi "non sono stati rilevati durante nessun esame effettuato con dispositivi convenzionali", per cui "non è stato possibile per gli strumenti di rilevamento disponibili e nemmeno per i paesi e gli aeroporti internazionali rilevare l'esplosivo piazzato materiale utilizzando tecniche che combinavano algoritmi specifici per questo processo”.
Si tratta di una tecnologia che sfugge i normali controlli. Anche quelli aeroportuali.
Il giorno seguente, mercoledì, un altro attacco su larga scala ha colpito indiscriminatamente una popolazione già sotto choc. Stavolta non sono esplosi i cercapersone, ma dispositivi dotati di batterie al litio, come walkie talkie, radio e persino pannelli solari. Su internet sono apparsi i filmati di motorini, auto e case in fiamme. Il bilancio è di oltre 20 morti e 450 feriti. Gallant ha annunciato una nuova fase del conflitto e Netanyahu il ritorno prossimo dei profughi del nord alle loro case.
La falsa società di Budapest
La mente dell’attacco, secondo i servizi libanesi, sarebbe l'intelligence militare israeliana (AMAN) e i servizi di intelligence straniera del Mossad, che avrebbero operato attraverso una rete di società di copertura.
Il capo della Gold Apollo, l’azienda produttrice dei pager, ha preso immediatamente le distanze, dichiarando che il lotto era stato appaltato ad una ditta ungherese, la BAC Consulting, con sede a Budapest.
Come indica il prof. Francesco Dall’Aglio, bastano semplici ricerche per verificare che si tratta di una società fittizia: dal registro nazionale delle imprese si apprende che è stata fondata nel 2022, ha un solo dipendente ed un capitale sociale compreso tra 2.500 e 7.600 euro.
Il New York Times conferma che i servizi israeliani si sono mossi attraverso una rete di società di copertura (in tutto tre), per mascherare la vera identità di chi creava i cercapersone, ovvero ufficiali dell'intelligence israeliana.
La BAC Consulting trattava anche con altri clienti, ai quali forniva dispositivi non modificati. Separatamente produceva i pager per Hezbollah, che contenevano batterie imbottite con l'esplosivo PETN.
E’ stata un’operazione di lungo periodo. Le spedizioni per il Libano sono iniziate nel 2022 e si sono intensificate in estate. Martedì Israele ha deciso che era arrivato il momento di attivarle.
La CNN rivela che il governo statunitense era stato avvisato tre volte martedì di una imminente operazione in Libano, senza entrare nel merito dei dettagli, incluso durante una telefonata avvenuta tra il ministro della difesa israeliano Yoav Gallant ed il capo del Pentagono Lloyd Austin.
I timori per una guerra su vasta scala
Mentre il bilancio delle vittime degli attacchi israeliani continua ad aumentare, l’escalation in Libano sembra inevitabile ed ormai imminente.
Dall’attacco di ieri, Israele ha acquisito un vantaggio militare temporaneo sui suoi avversari. Ha indebolito i sistemi di comunicazione delle milizie, ha abbassato il morale dei combattenti (oltre ad averne feriti diverse centinaia), ha diffuso il terrore tra la popolazione, ha rivelato una grave vulnerabilità nella sicurezza di Hezbollah: questi sono i passi che precedono un’offensiva su larga scala.
Le dichiarazioni di Netanyahu e Gallant lasciano pochi dubbi sul fatto che il vantaggio verrà sfruttato per intensificare il fronte Nord.
Israele ha due opzioni: o lanciare un’operazione limitata, in occasione del 7 ottobre, oppure puntare su una grande guerra in Medio Oriente, per trasciare gli Stati Uniti nello scontro risolutivo contro l’Iran e Hezbollah.
Questo scenario è quello che probabilmente l’Asse della Resistenza sta cercando di evitare, riservandosi i tempi e le modalità con cui dare una risposta per l’assassinio del capo di Hamas Ismail Haniyeh a Teheran.
Una nuova risorsa per il terrorismo
Spesso si afferma che la guerra in Ucraina ha cambiato radicalmente l’approccio alle operazioni militari. L’attacco condotto nei giorni scorsi potrebbe modificare profondamente non solo le strategie belliche, il lavoro dell’intelligence, ma anche i nostri stili di vita.
Israele ha mostrato al mondo che esiste una nuova tecnologia in grado trasformare degli oggetti comuni, utilizzati anche da bambini, in armi di distruzione indiscriminata, perché possono colpire chiunque sia nelle vicinanze, uccidendo, ferendo, accecando e mutilando. E’ una tecnologia invisibile, sfuggita agli scanner degli aeroporti, ai controlli di polizia e militari.
Ieri è stata utilizzata per ammazzare i libanesi, domani dei dispositivi manomessi potranno essere introdotti negli aerei o nelle stazioni, per esplodere simultaneamente. Non sarà difficile per gruppi terroristi ripetere attacchi simili, ormai il vaso di pandora è stato scoperchiato.
Lo stratagemma utilizzato dall’intelligence israeliana apre ad uno scenario buio: non è un avvertimento soltanto contro gli attori ostili ad Israele, ma una nuova minaccia per tutta l’umanità.
Data articolo: Thu, 19 Sep 2024 11:00:00 GMT
Emergono nuovi dettagli riguardo gli attacchi terroristici di Israele in Libano avvenuti negli ultimi due giorni, che hanno provocato la morte di decine di persone e il ferimento di altre migliaia. Un’operazione definita brillante dai media occidentali che hanno esaltato l’intelligence israeliana, per mascherare quello che non è stato altro che un attacco terroristico, viste anche le migliaia di civili coinvolti.
Secondo 12 attuali ed ex funzionari della difesa e dell'intelligence che hanno parlato con il New York Times (NYT), l’operazione terrorista di Israele è il ??risultato una "complessa e lunga preparazione".
Nuovi particolari emergono anche su chi ha prodotto i dispositivi fatti esplodere e la sede della società che li hanno fabbricati.
“Anche prima che [il segretario generale di Hezbollah Hassan] Nasrallah decidesse di espandere l’uso dei cercapersone, Israele aveva messo in atto un piano per creare una società fittizia che si sarebbe spacciata per un produttore internazionale di cercapersone”, si legge nell’articolo del NYT, riferendosi alla BAC Consulting con sede in Ungheria.
In pratica, questa società fantasma è servita da facciata per fabbricare migliaia di cercapersone per conto della società taiwanese Gold Apollo, che sono stati acquisiti dal movimento di resistenza libanese Hezbollah all'inizio di quest'anno. "Almeno altre due società fantasma sono state create per mascherare le vere identità delle persone che creavano i cercapersone: ufficiali dell'intelligence israeliana", si aggiunge nell’articolo.
"BAC ha assunto clienti ordinari, per i quali ha prodotto una gamma di cercapersone ordinari. Ma l'unico cliente che contava davvero era Hezbollah, e i suoi cercapersone erano tutt'altro che ordinari. Prodotti separatamente, contenevano batterie imbevute di PETN esplosivo", secondo tre ufficiali dell'intelligence intervistati dal NYT.
Oggi Budapest ha annunciato che i cercapersone carichi di esplosivo "non sono mai circolati" nel Paese.
Il portavoce del governo Zoltan Kovacs tramite i social media ha precisato:
"Le autorità ungheresi hanno stabilito che la società in questione è una società di intermediazione commerciale, che non ha una sede produttiva o altre sedi operative in Ungheria. Ha un responsabile delle operazioni in Ungheria nel suo indirizzo elencato e i dispositivi a cui si fa riferimento non sono mai circolati in Ungheria."
Le spedizioni di BAC hanno iniziato a raggiungere il Libano nell'estate del 2022 "in piccole quantità", ma la produzione è aumentata all'inizio di quest'anno dopo che Nasrallah aveva avvisato sui pericoli dell'uso di smartphone tra i suoi ranghi.
"Durante l'estate, le spedizioni di cercapersone in Libano sono aumentate, con migliaia di esemplari arrivati ??nel paese e distribuiti tra gli ufficiali di Hezbollah e i loro alleati", hanno raccontato due funzionari dell'intelligence statunitense al quotidiano della Grande Mela.
Chiamati "pulsanti" dall'intelligence israeliana, i cercapersone sono stati attivati ??martedì pomeriggio, inviando loro "un messaggio in arabo che sembrava provenire dai vertici di Hezbollah".
Ventiquattro ore dopo, il Libano è stato scosso da un attacco simile: centinaia di dispositivi ICOM V82 “Walkie-Talkie” sono esplosi in tutto il paese.
Oggi, il produttore giapponese dei dispositivi ha rivelato di aver interrotto la produzione della radio portatile IC-V82 nell'ottobre 2014.
"[Il dispositivo in questione] è stato interrotto circa 10 anni fa e da allora non è stato spedito dalla nostra azienda. Anche la produzione delle batterie necessarie per far funzionare l'unità principale è stata interrotta e non è stato apposto un sigillo olografico per distinguere i prodotti contraffatti, quindi non è possibile confermare se il prodotto è stato spedito dalla nostra azienda", ha comunicato l'azienda.
Data articolo: Thu, 19 Sep 2024 10:53:00 GMT