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News lantidiplomatico.it

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WORLD AFFAIRS
Musk chiede lo scioglimento della Commissione Europea

Elon Musk ha sollecitato lo scioglimento della Commissione Europea. “La Commissione Europea dovrebbe essere sciolta a favore di un organo eletto e il presidente dell'Unione Europea dovrebbe essere eletto direttamente”, ha scritto l'oligarca statunitense su X.

Il sistema attuale è governato dalla burocrazia, non dalla democrazia”, ha aggiunto. I suoi commenti sono stati giunti in risposta a un altro post sul social network che affermava che “il vero cancro che corrode l'UE dall'interno è la Commissione Europea, che dovrebbe essere sciolta e sostituita da un organismo democratico".

Per vostra informazione, la Commissione Europea è composta da 32.000 funzionari retribuiti e la loro unica funzione è quella di creare leggi con cui nessuno è d'accordo”, ha affermato l'utente della piattaforma, ottenendo il sostegno di Musk. 

Le dichiarazioni dell'oligarca proprietario del social network X si inseriscono nel contesto della più recente multa multimilionaria che la Commissione Europea ha inflitto a X, per aver violato la legge sui servizi digitali del suo quadro normativo. A seguito di questa decisione, Musk ha ribadito le sue critiche all'ente, sottolineando che “l'Unione Europea dovrebbe essere abolita".

Data articolo: Wed, 10 Dec 2025 14:37:00 GMT
IN PRIMO PIANO
Un soldato britannico muore in Ucraina: Londra parla di "tragico incidente"

Un nuovo caduto delle forze armate britanniche in Ucraina. Il Ministero della Difesa del Regno Unito ha confermato la morte di un proprio militare, avvenuta martedì in circostanze definite "un tragico incidente". L'uomo, secondo il comunicato ufficiale, è stato ferito mentre osservava le forze ucraniane testare una nuova capacità difensiva in una zona lontana dal fronte.

La versione di Londra cerca di circoscrivere l'accaduto a una fatalità, escludendo esplicitamente il fuoco nemico. Tuttavia, la notizia della morte di Alan Robert Williams riaccende i riflettori sulla reale natura, estensione e rischi della presenza militare britannica in Ucraina, un tema da sempre trattato con estrema opacità dalle autorità di Londra. Il premier Keir Starmer ha espresso le condoglianze alla famiglia, affermando che "il suo servizio e sacrificio non saranno mai dimenticati", ma senza aggiungere dettagli.

Questo episodio, presentato come il primo caso ufficiale di un caduto in uniforme britannica, solleva interrogativi più ampi. Non è infatti il primo cittadino del Regno Unito a perdere la vita nel conflitto. Stime giornalistiche parlano di almeno 40 morti tra i volontari e i mercenari dal 2022. Le loro storie spesso sfumano in narrazioni controverse e inquietanti.

Come nel caso di Jordan Chadwick, ucciso nel giugno 2023 in circostanze mai chiarite, probabilmente per mano dei suoi stessi colleghi. O come Alan Robert Williams, morto nell'agosto scorso durante un attacco di droni russi, il cui corpo sarebbe stato abbandonato dalla sua unità durante la ritirata. La madre di un altro mercenario, ucciso dai commilitoni, ha pubblicamente chiesto verità e giustizia alle autorità.

Mosca, dal canto suo, ha sempre avvertito che considera qualsiasi militare straniero in territorio ucraniano un bersaglio legittimo. Le forze russe affermano di aver eliminato sistematicamente mercenari e di averne catturati e processati diversi per crimini. Il sostegno occidentale, con l'addestramento di decine di migliaia di soldati ucraini proprio tramite programmi come l'operazione 'Interflex' guidata dal Regno Unito, è visto dal Cremlino come una partecipazione diretta e ostile al conflitto.

La morte di questo soldato, quindi, va ben oltre la fredda cronaca di un "incidente". È il sintomo di una guerra ibrida e opaca, dove il confine tra personale in servizio attivo, consiglieri, volontari e mercenari si fa volutamente labile. Mentre Londra continua a ribadire il suo sostegno al regime neonazista di Kiev, ogni perdita riporta alla luce i costi umani reali, le zone d'ombra operative e i rischi di un sempre più profondo coinvolgimento nella crisi ucraina. 

Data articolo: Wed, 10 Dec 2025 14:02:00 GMT
IN PRIMO PIANO
L'ONU respinge fermamente qualsiasi modifica al confine di Gaza

 

Martedì le Nazioni Unite hanno espresso il loro rifiuto a qualsiasi modifica ai confini tra la Striscia di Gaza e i territori occupati da Israele.

Le Nazioni Unite (ONU) hanno rilasciato questa dichiarazione dopo che il capo dell'esercito del regime israeliano ha dichiarato che la "linea gialla", il punto oltre il quale le truppe israeliane si sono ritirate all'interno della Striscia di Gaza come parte dell'accordo di cessate il fuoco, "è un nuovo confine".

"Penso che ciò vada contro lo spirito e la lettera del piano di pace di (il presidente degli Stati Uniti Donald) Trump, e ci opponiamo fermamente a qualsiasi modifica ai confini di Gaza e Israele", ha dichiarato il portavoce del Segretario generale delle Nazioni Unite Stéphane Dujarric in una conferenza stampa.

A questo proposito, Dujarric ha sottolineato che l'organizzazione multilaterale continuerà a considerare la Striscia di Gaza come il suo intero territorio originario e non solo la parte situata all'interno della "linea gialla".

Israele continua a occupare più del 50% del territorio di Gaza, in base all'accordo di cessate il fuoco, e la linea gialla separa le aree di dispiegamento militare israeliano dalle aree in cui i palestinesi possono muoversi. 

Il capo dell'esercito del regime israeliano, il generale Eyal Zamir, ha dichiarato domenica che "la linea gialla è un nuovo confine, un fronte avanzato, sia offensivo che difensivo per le nostre comunità".

Approfittando del vuoto creato dalla mancanza di coordinamento nelle posizioni internazionali e dall'assenza di una pressione efficace da parte delle organizzazioni mondiali, il regime israeliano cerca di formalizzare il suo controllo indiretto su Gaza; un controllo che, insieme al mantenimento del blocco e all'ostruzione della ricostruzione delle infrastrutture, porta in ultima analisi a una separazione permanente.

Data articolo: Wed, 10 Dec 2025 12:00:00 GMT
IN PRIMO PIANO
Politico: Il sostegno a Trump divide l'estrema destra europea

 

di Politico

Questa settimana, il presidente del National Rally Jordan Bardella ha rilasciato interviste ai media britannici in cui si è dichiarato ampiamente d'accordo con il programma anti-migranti di Trump, ma si è opposto all'idea di un ruolo del presidente degli Stati Uniti nella guida della politica francese.

(Traduzione de l'AntiDiplomatico)

Data articolo: Wed, 10 Dec 2025 12:00:00 GMT
OP-ED
Caitlin Johnstone: Il New York Times vuole che l'esercito americano sia preparato per la guerra con la Cina

 

Caitlin Johnstone*

Proprio mentre gli Stati Uniti raggiungono il loro primo bilancio militare annuale ufficiale di mille miliardi di dollari, il comitato editoriale del New York Times ha pubblicato un articolo in cui sostiene che gli Stati Uniti dovranno aumentare i finanziamenti militari per prepararsi a una guerra di grandi dimensioni con la Cina.

L'articolo è intitolato " Overmatched: Why the US Military Must Reinvent Itself " e, per essere chiari, si tratta di un editoriale, non di un singolo articolo, il che significa che rappresenta la posizione del giornale stesso e non solo quella degli autori.

Ciò non sorprenderà nessuno che sappia che il New York Times ha sostenuto ogni guerra americana nel corso della sua intera storia, perché il New York Times è un'agenzia di propaganda di guerra mascherata da organo di stampa. Ma è sorprendente quanto siano sfacciati in questo caso particolare.

L'articolo si apre con una grafica che un commentatore ha descritto come "mussolinianea" per via della sua estetica palesemente fascista, accompagnata da tre righe di testo in maiuscolo che recitano quanto segue:

“L'ESERCITO AMERICANO HA DIFESSO IL MONDO LIBERO PER 80 ANNI.

IL NOSTRO DOMINIO STA Svanendo.

I RIVALI LO SANNO E STANNO COSTRUENDO PER SCONFIGGERCI."

La narrazione secondo cui la macchina bellica statunitense avrebbe "difeso il mondo libero" durante il suo periodo di dominio globale postbellico è di per sé una folle propaganda imperialista. Washington ha abusato, tiranneggiato e affamato il mondo a livelli senza pari in quel periodo, guidando al contempo il furto di centinaia di migliaia di miliardi di dollari dal Sud del mondo attraverso l'estrazione imperialista. L'impero statunitense non ha difeso alcun "mondo libero", ma ne ha attivamente ostacolato l'emergere.

Il testo effettivo dell'articolo si apre con un'altra bufala, la cui prima frase recita: "Il presidente cinese Xi Jinping ha ordinato alle sue forze armate di essere pronte a conquistare Taiwan entro il 2027".

Questa è pura e semplice propaganda di stato. La redazione del New York Times sta qui ripetendo acriticamente un'affermazione completamente infondata che il cartello dell'intelligence statunitense sostiene da anni , e che Xi Jinping nega esplicitamente . Sebbene la posizione ufficiale di Pechino sia che Taiwan alla fine verrà riunificata alla Cina continentale, non è mai stato presentato al pubblico uno straccio di prova per la scadenza del 2027. Si tratta di un'affermazione del governo statunitense riportata come un fatto verificato dal "giornale ufficiale" della nazione.

E da lì in poi la situazione non migliora. Il Times cita una valutazione del Pentagono secondo cui gli Stati Uniti perderebbero una guerra aperta con la Cina per Taiwan come prova di "un declino decennale nella capacità dell'America di vincere una guerra lunga con una grande potenza", sostenendo che questo è un problema grave perché "un'America forte è stata fondamentale per un mondo in cui libertà e prosperità sono molto più comuni che in quasi qualsiasi altro momento della storia umana".

"Questo è il primo di una serie di editoriali che esaminano cosa è andato storto nell'esercito statunitense - a livello tecnologico, burocratico, culturale, politico e strategico - e come possiamo creare una forza rilevante ed efficace in grado di scoraggiare le guerre quando possibile e vincerle quando necessario", ci dice il New York Times.

Il Times sostiene che gli Stati Uniti devono riorganizzare il proprio esercito per sconfiggere la Cina in guerra, o per vincere una guerra con la Russia se attaccano un membro della NATO, affermando che "le prove suggeriscono che Mosca potrebbe già stare testando dei metodi per farlo, tra cui il taglio dei cavi sottomarini da cui dipendono le forze della NATO".

La “prova” citata dal Times a sostegno di questa affermazione è un collegamento ipertestuale a un articolo di gennaio intitolato “La Norvegia sequestra una nave con equipaggio russo sospettata di aver tagliato un cavo sottomarino”, ignorando completamente il fatto che la Norvegia ha rilasciato la nave poco dopo, quando non è riuscita a trovare alcuna prova che la collegasse all’evento, e ignorando completamente i rapporti secondo cui i servizi segreti statunitensi ed europei avevano concluso che il danno al cavo sottomarino era stato causato da un incidente e non da un sabotaggio.

E poi, naturalmente, arriva la richiesta di maggiori finanziamenti militari.

"Nel breve termine, la trasformazione dell'esercito americano potrebbe richiedere spese aggiuntive, principalmente per ricostruire la nostra base industriale. In termini di economia, la spesa per la difesa oggi – circa il 3,4% del PIL – rimane vicina al livello più basso degli ultimi 80 anni, anche dopo i recenti aumenti di Trump", scrive il Times, aggiungendo che anche gli alleati degli Stati Uniti dovrebbero essere spinti ad aumentare la spesa per la macchina bellica.

"Un mondo più sicuro richiederà quasi certamente un maggiore impegno militare da parte di alleati come Canada, Giappone ed Europa, che da tempo fanno affidamento sui contribuenti americani per finanziare la propria protezione", scrivono gli autori, affermando che "la capacità industriale della Cina può essere soddisfatta solo mettendo in comune le risorse di alleati e partner in tutto il mondo per bilanciare e contenere la crescente influenza di Pechino".

Naturalmente, l'idea che forse gli Stati Uniti dovrebbero evitare di combattere una guerra calda con la Cina proprio al largo delle coste del proprio continente non viene mai presa in considerazione. L'idea che sia folle sostenere guerre su vasta scala con grandi potenze dotate di armi nucleari per garantire il dominio planetario degli Stati Uniti non viene mai sollevata. È semplicemente dato per scontato che investire ricchezza e risorse nei preparativi per una guerra mondiale dell'era nucleare sia l'unica opzione normale sul tavolo.

Ma questo è il New York Times. È gestito dalla stessa famiglia dalla fine del 1800 e da allora promuove gli interessi informativi di ricchi e potenti imperialisti. È un giornale osceno e militarista che in qualche modo si è guadagnato una rispettabilità immeritata, e merita di essere trattato come tale. Prima cesserà di esistere, meglio sarà.

_______________

(Traduzione de l'AntiDiplomatico)

*Giornalista e saggista australiana. Pubblica tutti i suoi articoli nella newsletter personale: https://www.caitlinjohnst.one/

Data articolo: Wed, 10 Dec 2025 11:30:00 GMT
WORLD AFFAIRS
Shoigu: Le nuove proposte START della Russia possono fermare il processo distruttivo nel campo della sicurezza

 

Le proposte di Mosca sul Nuovo Trattato di riduzione delle armi strategiche (Nuovo START) possono arrestare il processo che sta portando alla distruzione dell'attuale sistema di sicurezza, ha affermato il segretario del Consiglio di sicurezza russo Sergey Shoigu.

"Mancano meno di 100 giorni alla scadenza del New START. Le nostre proposte, avanzate dal presidente, restano sul tavolo e aspettiamo una risposta", ha spiegato durante una conferenza stampa.

"Penso che queste proposte potrebbero consentire di fermare l'attuale processo distruttivo", ha sottolineato Shoigu.

Secondo il minsitro russo, le proposte del presidente Vladimir Putin volte a creare un sistema di sicurezza equo e indivisibile sono particolarmente importanti ora che "l'architettura di sicurezza mondiale non solo si sta gradualmente degradando, ma sta addirittura crollando". A questo proposito, ha sottolineato il ritiro degli Stati Uniti dal Trattato sulle forze nucleari a raggio intermedio.

"La sicurezza di una parte non dovrebbe essere garantita a scapito della sicurezza di un'altra, o aumentando l'insicurezza per gli altri", ha affermato Shoigu.
Data articolo: Wed, 10 Dec 2025 11:30:00 GMT
WORLD AFFAIRS
I consigli di Trump all'Europa per evitare di essere "distrutta"

 

Il presidente degli Stati Uniti Donald Trump ha offerto  "consigli gratuiti" all'Europa su come evitare di essere distrutta. 

"L'Europa... allora farebbero meglio a fare qualcosa. [...] Vi do un consiglio gratuito: farebbero meglio a stare attenti, perché l'immigrazione e l'energia distruggeranno l'Europa", ha avvertito martedì durante un discorso a Mount Pocono, Pennsylvania (USA).

Ha inoltre affermato che, a suo parere, stanno accadendo "molte cose brutte" al Vecchio Continente, poiché "le sue politiche sull'immigrazione sono così pessime che stanno distruggendo la nostra bella Europa". "Amo l'Europa, ma la stanno distruggendo", ha ribadito.

"Cesseremo di essere nazioni forti"

In precedenza, Trump aveva dichiarato in un'intervista a Politico che "la maggior parte delle nazioni europee è in declino " e aveva affermato che alcuni leader della regione "dovrebbero aver paura di ciò che stanno facendo ai loro paesi".

"Cesseremo di essere nazioni forti", ha continuato, prevedendo che i paesi europei "cambieranno la loro ideologia, ovviamente, perché le persone che arriveranno avranno un'ideologia completamente diversa", e sottolineando che "questo li indebolirà notevolmente". "Saranno molto più deboli e molto diversi ", ha ribadito.

L'occupante della Casa Bianca ha osservato che "l'Europa vuole essere politicamente corretta, e questo la indebolisce". "Penso che siano deboli, ma penso anche che vogliano essere politicamente corretti. Non sanno cosa fare.  L'Europa non sa cosa fare. Non sanno nemmeno cosa fare sul commercio . Voglio dire, vedo molto della situazione commerciale lì. È un po' pericoloso", ha concluso.

Data articolo: Wed, 10 Dec 2025 11:30:00 GMT
Lavoro e Lotte sociali
La nozione di disoccupazione

 

di Federico Giusti

Nella classica nozione economica per disoccupazione intendiamo la mancanza temporanea o permanente di un’occupazione retribuita, dovuta o a alla volontà del lavoratore di non accettare offerte occupazionali (o di non cercarsele) oppure per cause indipendenti dalla sua volontà.
 
La nostra premessa potrebbe essere suscettibile di critiche ma vogliamo partire da una nozione generica per arrivare a due punti fermi ossia che la mancanza di lavoro non è proprio un fenomeno naturale quanto invece un prodotto determinato dall’accumulazione capitalistica. Se vogliamo riprendere l'analisi di Marx possiamo parlare di quanto sia indispensabile l' “esercito industriale di riserva”.
Immaginiamoci l'avvento prossimo della Intelligenza artificiale ipotizzando gli effetti possibili sulla occupazione, la tecnologia ha abituato la generazione dei sessantenni a cambiamenti bruschi, ad esempio chi ricorda il fattorino sugli autobus o, tra alcuni anni, avrà memoria della cassiera negli ipermercati?
 
Siamo del tutto impreparati all'avvento della intelligenza artificiale, timidamente i sindacati iniziano un approccio parziale e tardivo teso solo a stabilire un insieme di regole che potrebbero, una volta definite, essere già superate. E nel mezzo di cambiamenti epocali la classe lavoratrice appare del tutto ignara dei processi in atto, ogni rivoluzione industriale distrugge posti di lavoro per crearne di nuovi, ancora da capire se questa regola valida per il passato sia ancora adatta a interpretare il futuro.
 
La innovazione tecnologica determina la inutilità di parte della forza lavoro che risulterà eccedente alla valorizzazione del capitale e per questo sacrificabile. Dovrebbe essere poi lo Stato a prevedere in anticipo questi esuberi e spingere per la riqualificazione del personale in esubero indirizzandolo verso altri ambiti produttivi.
 
L'idea che il capitalismo garantisca la piena occupazione appartiene al libro dei sogni del libero mercato come anche l'idea che dalla ricchezza estrema di pochi possa nascere qualche beneficio per i tanti esclusi, per non parlare poi della mera illusione che gli investimenti derivanti dai processi tecnologici innovativi siano sufficienti a riassorbire automaticamente i disoccupati provocati magari dai cambiamenti nel frattempo intervenuti.
 
Per raggiungere la piena occupazione, nel secolo scorso, abbiamo pensato alla riduzione dell'orario di lavoro che avrebbe permesso anche una qualità della vita decisamente migliore (tempo libero a disposizione ad esempio) ma questa sorta di automatismo nella società capitalistica non funziona.
E in ogni caso si renderebbe indispensabile l'intervento attivo dello Stato , la cui presenza oggi viene pensata solo a sostegno dei datori e dei padroni per sostituirsi loro nel compito di accrescere i salari  e rinunciando in sostanza alle entrate fiscali senza le quali, nel tempo, avremo lo sgretolamento dello stato sociale
 
Il vecchio riformismo di stampo liberale che dette vita allo Stato sociale è un lontano ricordo, lo stesso linguaggio utilizzato per il lavoro ha sostituito i diritti sociali in doveri, si soddisfano i bisogni solo se compatibili con le esigenze di bilancio. Perfino la contrattazione è stata in buona parte soppiantata da nuovi istituti contrattuali quali il confronto e la informazione a sancire la erosione del potere contrattuale.  Sono profondamente cambiati i linguaggi ma soprattutto i rapporti di forza per cui le nozioni di riferimento sono quelle a tutela degli interessi dei dominanti.
 
Parlare di morosità incolpevole per quanti, licenziati o con riduzioni salariali, sono impossibilitati a pagare un mutuo o un canone locativo, si scontra con il principio  della sacra proprietà e del mercato, allo stesso tempo il disoccupato involontario appare come sinonimo di ozio.
 
Davanti alle proteste di lavoratori costretti ad orari settimanali di oltre 50 ore, senza maggiorazioni festive e notturne, senza lo stacco delle 11 ore tra un turno e l'altro, la risposta è stata sibillina: non avete voglia di lavorare, poi lamentatevi se state a casa senza un euro.
 
Da qui a considerare la classe lavoratrice approfittatrice e oziosa il passo è breve come giudicare pretestuose semplici rivendicazioni a tutela dei diritti che un tempo definivamo inalienabili.
Riserviamo maggiore attenzione ai linguaggi, alle espressioni diffuse, ad esempio il termine  disoccupato (senza lavoro) , venne due secoli fa sostituito con il termine inglese unemployed  ossia: “inattivo” , “temporaneamente privo di lavoro”..
 
Ma non è dato sapere quanto sia lunga questa indisponibilità, se solo temporanea, da qui nascono i luoghi comuni con i quali affrontiamo la impossibilità di ricollocare varie tipologie di uomini e donne per i quali la condizione di disoccupazione appare senza via di uscita.
 
Se nel corso del tempo la disoccupazione si trasforma in problema sociale, negli ultimi 30 anni è sopraggiunta la colpevolizzazione dei senza lavoro, dei senza casa, come se la indisponibilità a farsi sfruttare o la indigenza determinata dallo stato di disoccupazione fossero una condizione deprecabile da parassiti sociali. E perfino in ambito sanitario, grazie ai continui tagli della spesa per la salute, abbiamo incontrato situazioni disdicevoli come la priorità di cura riconosciuta a dei giovani, a quanti non avevano avuto nel corso della loro esistenza travagliate dipendenze.
 
Da troppo tempo lasciamo correre, evitiamo di indignarci senza riservare la dovuta attenzione a atteggiamenti sociali, culturali e politici che nel tempo hanno alimentato vulgate e approcci assai pericolosi.
Non parliamo di sdegno etico e morale ma di quella antica propensione a comprendere la realtà avendo gli strumenti per analizzarla prima. Esigere la dovuta attenzione verso le vecchie forme di sfruttamento ottocentesco che si ripresentano anche in alcuni distretti industriali del nostro territorio, o pretendere di studiare gli effetti della Intelligenza artificiale sul lavoro e sull'occupazione  dovrebbero essere parte di quel giusto approccio alla realtà. che dovrebbe caratterizzare l'operato di sindacati e realtà politiche conflittuali 
 
Negli anni 2000,studiosi e intellettuali e pochi giornalisti iniziarono a discutere dell'arricchimento negli Usa da parte di una minoranza esigua della popolazione che andava accumulando enormi ricchezze. Dopo alcuni anni sono nati movimenti che si definivano il 99 per cento della popolazione contro gli abusi dell'1 per cento.
Eppure già da 20 anni negli Usa era iniziata l'ascesa dei redditi di pochissimi mentre lo spettro della disoccupazione  e della miseria si affacciava alle porte della classe lavoratrice e di quella media specie dopo le crisi speculative dei mutui.
 
Con anni di ritardo sono nate ricerche e studi sulle disuguaglianze di reddito, sulla iniqua distribuzione dello stesso. In Italia siamo arrivati a porci qualche domanda solo dopo avere compreso che gli stipendi dei managers avevano raggiunto livelli sconosciuti e la forbice salariale rispetto ai quadri e agli operai si era allargata a dismisura.
A forza di pensare che gli sgravi fiscali e le detassazioni siano il solo strumento per alzare i salari, sono stati avvolti nell'oblio gli studi sulle dinamiche salariali e certi temi, divenuti nel frattempo scomodo, hanno permesso la egemonia culturale e politica dei cantori della nuova era, quella dello sfruttamento selvaggio unito alla colpevolizzazione della miseria e alla criminalizzazione degli oppositori sociali e politici.
 
A forza di giocare con la tecnologia si pensa di poterla governare quando invece i processi decisionali sono nelle mani di pochi mentre noi brancoliamo nel buio. Vale per la intelligenza artificiale, vale per molto altro.
 
La scommessa non è quella di subire i processi ma di prevenirli in largo anticipo evitando la cultura della riduzione del danno, sempre che si voglia alzare la testa almeno per le generazioni future.
Data articolo: Wed, 10 Dec 2025 11:00:00 GMT
IN PRIMO PIANO
Financial Times: Trump concede a Kiev solo “alcuni giorni”

 

I negoziatori dell’amministrazione statunitense hanno concesso al presidente ucraino Volodymyr Zelensky un lasso di tempo di “alcuni giorni” per rispondere a una proposta di pace che richiederebbe a Kiev di accettare perdite territoriali a favore della Russia, in cambio di garanzie di sicurezza non ancora specificate. Lo riporta il Financial Times, citando funzionari al corrente delle discussioni.

Secondo una fonte del quotidiano finanziario, il Presidente degli Stati Uniti Donald Trump spera di raggiungere un accordo definitivo entro il prossimo Natale. Zelensky, durante l’incontro con gli inviati americani, avrebbe richiesto tempo necessario per consultarsi con i partner europei che sostengono Kiev.

Questo sviluppo segue le dichiarazioni di Trump dello scorso mese, in cui auspicava un accordo già per il Giorno del Ringraziamento, per poi precisare in seguito ai giornalisti di non avere, in realtà, una scadenza rigida.

Il piano di pace presentato dall’amministrazione statunitense a novembre, stando alle informazioni circolate, chiederebbe all’Ucraina di ritirare le proprie truppe da porzioni del Donbass attualmente sotto il suo controllo, una delle condizioni chiave di Mosca per un ampio cessate il fuoco.

 

La posizione di Kiev e la pressione sul campo

Zelensky, durante una visita a Londra lunedì, ha riconosciuto pubblicamente la pressione degli Stati Uniti verso “un compromesso”, ma ha tenuto a chiarire che non è stato raggiunto alcun accordo sul tema territoriale. Ha ribadito con fermezza la posizione ucraina: “Non siamo disposti a cedere alcun territorio senza combattere”.

La trattativa si svolge sullo sfondo di un contesto militare complesso per Kiev. Le truppe russe hanno registrato progressi costanti su diversi settori del fronte orientale. I comandanti ucraini, dal canto loro, continuano a segnalare una cronica inferiorità numerica e significative difficoltà nel sostituire le perdite in vite umane con nuove reclute.

All’inizio di dicembre, il Ministero della Difesa russo ha annunciato la conquista di Krasnoarmeysk (Pokrovsk), città nel Donbass che il Presidente Vladimir Putin ha definito un importante “caposaldo” per future offensive.

Data articolo: Wed, 10 Dec 2025 08:00:00 GMT
IN PRIMO PIANO
Babiš giura come nuovo primo ministro ceco. Cosa succederà agli aiuti militari all'Ucraina?


Dopo aver basato la sua campagna elettorale sulla promessa di ridurre gli aiuti militari all’Ucraina e di concentrarsi sulle questioni interne, Andrej Babiš ha prestato giuramento come nuovo Primo Ministro della Repubblica Ceca.

Il partito ANO di Babiš ha vinto le elezioni parlamentari di ottobre, senza ottenere la maggioranza assoluta, e ha formato una coalizione con i partiti SPD e AUTO. Babis ha ricoperto la carica di Primo Ministro tra il 2017 e il 2021 e, precedentemente, quella di Ministro delle Finanze e Vice Primo Ministro.

Il nuovo premier ha ringraziato i suoi sostenitori per la fiducia riposta nel suo partito in una breve dichiarazione sulla piattaforma X. “Prometto che sarò un Primo Ministro che difenderà gli interessi di tutti i nostri cittadini in patria e all’estero e... che lavorerà per rendere la Repubblica Ceca il miglior posto in cui vivere dell’intero pianeta”, ha scritto.

Scontro con Bruxelles su aiuti, energia e migrazione

Nel suo discorso al Castello di Praga dopo la cerimonia di nomina, Babiš ha dichiarato che avrebbe affrontato Bruxelles non solo sulla questione degli aiuti all’Ucraina, ma anche su temi come energia, IVA e tariffe doganali. Il politico ha promesso di respingere la politica migratoria dell’Unione Europea e i suoi piani per la riduzione delle emissioni di carbonio.

Babiš ha da tempo promesso di spostare l’attenzione del governo ceco sulle questioni interne, criticando gli aiuti statali all’Ucraina forniti dal suo predecessore Petr Fiala. Sotto il governo Fiala, il Paese aveva avviato un importante programma internazionale di approvvigionamento di munizioni per Kiev.

“Non daremo all’Ucraina una sola corona del nostro bilancio per le armi”, aveva affermato Babiš poco dopo la vittoria del suo partito all’inizio di quest’anno. Tuttavia, nonostante la promessa di interrompere i finanziamenti pubblici a Kiev, ha segnalato che consentirà alle aziende produttrici di armi del Paese di continuare a esportare in Ucraina.

Il Primo Ministro ungherese Viktor Orbán, altro critico aperto degli aiuti militari all’Ucraina, si è congratulato con Babiš per la sua nomina. “Un patriota ceco impegnato è tornato al timone”, ha scritto martedì su X.

Data articolo: Wed, 10 Dec 2025 08:00:00 GMT
IN PRIMO PIANO
Lavrov: “Non entreremo in guerra con l'Europa, ma risponderemo a qualsiasi azione ostile”

 

Il Ministro degli Esteri russo, Sergei Lavrov, ha dichiarato mercoledì che Mosca non intende entrare in guerra con l'Europa, ma risponderà a qualsiasi misura ostile, inclusi lo schieramento di contingenti militari europei in Ucraina e l'espropriazione dei beni russi congelati. Le dichiarazioni sono state rilasciate durante un discorso al Consiglio della Federazione, la Camera alta del Parlamento russo, sulle principali questioni di politica estera del Paese.

"Come ha ripetutamente sottolineato il presidente [Vladimir Putin], non abbiamo alcuna intenzione di entrare in guerra con l'Europa, né ci passa per la mente un'idea del genere. Tuttavia, risponderemo a qualsiasi misura ostile, compreso lo schieramento di contingenti militari europei in Ucraina e la confisca di beni russi, e siamo già pronti a farlo", ha affermato con fermezza il capo della diplomazia russa.

 

L'accusa: "L'Europa frena artificialmente il processo di pace"

Lavrov ha rivolto aspre critiche verso i Paesi europei, accusandoli di aver investito il proprio capitale politico nella guerra contro la Russia "utilizzando le mani e i corpi dei cittadini ucraini" e di persistere, in una "cecità politica senza speranza", nell'illusione di poter sconfiggere Mosca.

Il Ministro ha inoltre dichiarato che diverse nazioni europee stanno deliberatamente ostacolando il processo di pace, spingendo il leader ucraino Volodymyr Zelensky a protrarre il conflitto. "L'Europa sta frenando artificialmente questo processo, cercando con tutti i mezzi di incitare il presunto leader ucraino e i membri del suo regime a continuare la lotta fino all'ultimo ucraino. Tuttavia, non ci sono abbastanza soldi", ha aggiunto.

Nel suo intervento, Lavrov ha evidenziato una mancanza di coesione in seno all'Occidente riguardo all'approccio da adottare sulla situazione ucraina. Ha citato come prova di queste divisioni le recenti dichiarazioni del Presidente statunitense Donald Trump.

"L'Occidente non è unito, e ciò è confermato ancora una volta dagli eventi degli ultimi giorni, quando il presidente Trump, in una delle sue interviste, ha duramente criticato le azioni dell'Europa volte a ritardare artificialmente gli accordi che avrebbero potuto essere raggiunti sulla soluzione ucraina, garantendo l'eliminazione delle cause fondamentali che costituiscono il principale ostacolo a questo percorso", ha concluso il Ministro.

Data articolo: Wed, 10 Dec 2025 08:00:00 GMT
IN PRIMO PIANO
Lidia Undiemi a l'AD: “Cambiamenti epocali nel mondo: crisi Ue forse irreversibile”



Può l'Unione Europea sopravvivere agli sconvolgimenti epocali in corso?

Lo abbiamo chiesto a Lidia Undiemi, economista e saggista, che dal Mes al riarmo sull'Ucraina ha sempre avuto il merito di anticipare di anni il dibattito sull'organizzazione sovranazionale. 

Questa la sua risposta.

IL VIDEO:

Data articolo: Wed, 10 Dec 2025 08:00:00 GMT
Mondo grande e terribile
L'Unione Europea non sprofonda per colpa di Trump: è un progetto fallito


di Paolo Desogus*


Che gli USA ci avrebbero lasciato soli col cerino dell’Ucraina in mano lo abbiamo detto in tempi non sospetti. Ce ne hanno dette di tutti i colori, ma ormai non importa. Solo una cosa occorre ribadire: l’Europa non sprofonda per decisione di Trump o Musk. Loro certo non aiutano, ma crisi non viene dall’esterno. L’Europa sprofonda perché è un progetto fallito. Lo è sul piano formale e giuridico almeno dai Trattati di Lisbona del 2009, quando è passato l’ultimo treno per riformare l’Ue in senso democratico valorizzando il parlamento. Lo è sul piano politico perché a sua volta l’Ue è composta da stati nazionali la cui funzione si è ridotta a quella di camera di compensazione tra capitali internazionali e élite locali, a danno della democrazia e del corretto funzionamento delle istituzioni di rappresentanza.

L’Europa fallisce inoltre perché non ha cultura se non sotto forma di intrattenimento o comunque passatempo per masse piccolo-borghesi. Sul nostro continente non spira più alcun vento spirituale. Non ci sono grandi ideali, grandi aspirazioni. Viviamo nella post-storia. Le ideologie dominanti nelle università sono ancora quelle postmoderne che esaltano la frammentazione, la disintermediazione, la cura di sé; e quando parlano di politica lo fanno solo in un senso moralistico, senza alcuna coscienza dei processi materiali e dei rapporti di forza.
 
Nel nostro continente l’unica ragione al comando è quella di un capitale rapace che ha messo al comando un personale politico a dir poco indecente. Francia, Italia e Germania hanno al vertice personaggi che trent’anni fa non avrebbero fatto nemmeno i portaborse dell’ultimo dei deputati.
 
Non ho idea di come andrà a finire. Tra gli aspetti più sorprendenti di questa fase storica c’è l’assenza di grandi contrasti tra i gruppi sociali. Non abbiamo visioni del mondo in lotta tra di loro se non in forma residuale o prepolitica. I vari tentativi di centralizzare il conflitto viene infatti sistematicamente boicottato dalla stampa e quando non basta ci pensa la polizia, come nel caso del movimento per la Palestina.
 
L’unica certezza che abbiamo è che l’Europa agli USA non serve più. La loro aspirazione è un ritorno agli stati nazionali deprivati di democrazia, compito per il quale le estreme destre del continente sono attrezzatissime.


*Post Facebook del 8 dicembre 2025

Data articolo: Wed, 10 Dec 2025 07:00:00 GMT
Dalla Russia
SVR: "Kiev si inventa un nuovo schema per rubare i soldi dei contribuenti europei"


di Marinella Mondaini*

Il regime di Kiev e i suoi complici hanno preparato l'ennesimo piano per rubare denaro ai contribuenti occidentali.
 
Di oggi il comunicato dell'ufficio stampa del Servizio di Intelligence Estero Russo (SVR), pubblicato dalla TASS:
 
"Il regime cleptocratico di Kiev e i suoi complici, influenti funzionari europei e uomini d'affari dalla dubbia reputazione, hanno ordito un altro piano per rubare i soldi dei contribuenti occidentali. Si tratta della fornitura di munizioni di artiglieria alle Forze Armate ucraine nell'ambito della "Iniziativa Munizioni Ceche" a prezzi enormemente gonfiati attraverso la società intermediaria polacca PHU Lechmar", ha dichiarato l'ufficio stampa.
"Il piano prevede che l'azienda acquisti munizioni da vari paesi dell'Europa orientale e del Sud del mondo, pagando fino a 1.000 dollari l'una, rietichettandole e poi vendendole agli ucraini come prodotti polacchi, al prezzo di 5.000 dollari l'una."
 
Secondo il Servizio di Intelligence Estero Russo, Regno Unito, Germania, Francia, Danimarca, Norvegia e altri Paesi occidentali pagheranno per queste forniture. "È ovviamente inclusa una tangente finanziaria ai funzionari responsabili di questi Paesi", ha aggiunto l'ufficio stampa.
 
Per Vladimir Zelenskij, il furto è più importante della pace.

*Post Facebook del 9 dicembre 2025
Data articolo: Wed, 10 Dec 2025 07:00:00 GMT
OP-ED
Daniele Luttazzi - Le menzogne da Sandberg, la propaganda israeliana e “l’edit war” (in atto)


di Daniele Luttazzi - Fatto Quotidiano, Nonc'èdiche 8 dicembre 2025

 

Per capire come funziona e quanto sia capillare la propaganda israeliana basta dare un’occhiata alla pagina in inglese che Wikipedia dedica a Screams before silence, il documentario con cui la famigerata Sheryl Sandberg rilanciò la balla degli “stupri di massa” di Hamas già debunkata dal New York Times (t.ly/U7HPj). Il magazine web The Electronic Intifada (Ei) confutò tutte le menzogne presenti nel film della Sandberg (t.ly/prfJl).

Oggi la pagina di Wikipedia relega a due frasette la critica al filmato, facendole precedere e seguire da lodi smaccate, fra cui quella di Trump: il panino hasbara. Istruttiva la cronologia della voce. La pagina fu creata il 2 maggio 2024 (ovvero 3 mesi dopo che il Nyt aveva scoperto che quella sugli “stupri di massa di Hamas” era una balla creata da 3 propagandisti sionisti in forza al giornale). L’autore della voce è Eliezer1987, che nell’oggetto spiega “Nuovo articolo. Ispirato all’articolo della Wikipedia ebraica”. Il testo è pura propaganda sionista: dà per buone le balle del video. Il giorno dopo, la voce è perfezionata da Hila Livne, una wikipediana della Hebrew Wikipedia. Il 5 maggio l’utente 212.166.220.28 aggiunge alla voce questo capitoletto: “Debunking. Le ‘invenzioni, distorsioni e menzogne’ del film sono state confutate dalla pubblicazione online The Electronic Intifada”, con tanto di link al lungo video che la rivista, com’è sua consuetudine, ha pubblicato su YouTube.

Poche ore dopo, l’utente Denial aggiunge questa postilla: “Sheryl Sandberg ha replicato che negare ciò che è realmente accaduto è l’unica opzione per i difensori di Hamas”. Ma la Sandberg non ha replicato al video di Ei: la sua frase, presa da un altro contesto, è stata usata strumentalmente da Denial. Così l’utente 31.4.241.171 cancella la postilla furbetta (e diffamatoria) di Denial.

Il 6 maggio, però, torna in azione Hila Livne: cancella l’intero capitoletto “Debunking” perché “queste sono informazioni inaffidabili e non pertinenti”. È falso: il debunking di Ei, una rivista usata come fonte anche dal Washington Post e dal Financial Times, è documentato e pertinente assai. L’8 maggio, l’utente 198.16.214.226 annulla la cancellazione di Hila Livne: il capitoletto “debunking” torna in pagina. Ma il 10 maggio l’utente Georgeee101 lo cancella di nuovo con questa spiegazione: “Rimosse affermazioni non verificate; il riferimento citato proviene da YouTube, che deride lo stupro e le aggressioni sessuali. Inoltre, YouTube è un social media, non una fonte affidabile”. 3 balle: le affermazioni sono verificate, il video di Ei su YouTube non deride affatto lo stupro, il video di Ei su YouTube è una fonte affidabile.

Dieci ore dopo, l’utente 2604:3d09 ripubblica il capitoletto. L’11 maggio, Georgeee101 lo cancella di nuovo. Il 12, 2604:3d09 lo ripubblica. Georgeee101 lo ricancella. È in atto una edit war. 2604:3d09 ci riprova, Georgeee101 ricancella: “Le fonti citate non sono affidabili, affermazioni false. Per l’ultima volta: smetti di riaggiungerlo”. Il 19, l’utente Asonnlakn lo ripubblica, con nuovi dettagli, sotto il titolo “Critiche”, e nella pagina di discussione spiega perché. Il 20, Georgeee101 lo ricancella e mezz’ora dopo l’admin Daniel Case prova a metterci il tombale: “Restrizione per argomento controverso”. Due mesi dopo, il 20 agosto, l’utente Raskolnikov.Rev riposta il capitoletto aggiornandolo con le critiche del quotidiano The Hill. Il 6 settembre l’utente AndreJustAndre cancella la parte su Ei (“fonte non affidabile”: lo decide lui, ne sa più del Washington Post e del Financial Times) e, citando Axios, aggiunge un nuovo capitoletto sulla proiezione del film alla Casa Bianca (“Reception”).

Oggi non è più possibile correggere la pagina se non si è amministratori wiki o utenti di lungo corso. L’hasbara ha vinto. (Full disclosure: 212.166 e 31.4 ero io).

Data articolo: Wed, 10 Dec 2025 07:00:00 GMT
OP-ED
Guerre finanziarie per il controllo politico dei media piĂą popolari


di Alessandro Volpi*

Guerre finanziarie per il controllo politico dei media più popolari. Nel dicembre del 2023, Warner Bros/Discovery, guidata da David Zaslav e dominata da BlackRock e Vanguard, principali azionisti, insieme al "cable cowboy", John Malone, convinto sostenitore della creazione di un monopolio nei media, ha tentato la scalata della più piccola e decisamente indebitata Paramount, in quel momento nelle mani di Shari Redstone che, da solo, controllava il 77% dei diritti di voto. L'operazione, tuttavia, fallì rapidamente perché, appena avevano iniziato a circolare le voci di una tale acquisizione, i titoli della Warner sono crollati per i timori dell'eccessivo debito delle due società, rispettivamente di 40 e 14 miliardi di dollari, e per la paura che i regolatori Usa non accettassero la fusione di due reti tanto influenti come Cbs della Paramount e Cnn della Warner. Nell'estate del 2024, però, la partita Paramount si è riaperta perché Redstone ha ricevuto un'offerta molto allettante da Skydance della famiglia Ellison che, dopo alcune esitazioni e dopo un tentativo di Edgar Bronfman jr, è stata accettata dal proprietario di Paramount.
 
E' nata così la nuova Paramount, saldamente nelle mani di David e Larry Ellison, legatissimi alla presidenza Trump, che ha acquisito così i favori mediatici di Cbs. Non solo, con l'acquisizione di Paramount, Skydance è entrata a pieno titolo nel settore dell' entertainment, in grado di influenzare l'immaginario collettivo e non solo negli Stati Uniti. Dunque, la finanza di Trump, di cui gli Ellison di Oracle, molto presenti sul versante cruciale dell'Intelligenza Artificiale, sono una delle espressioni più forti, sembrava aver vinto la partita. Di fronte ad una simile situazione è arrivata, invece, quasi inevitabile la reazione del colosso Netflix, i cui principali azionisti sono BlackRock e Vanguard e che ha manifestato da sempre un orientamento vicino ai democratici a cominciare dal suo fondatore Reed Hastings. Netflix, che ha una capitalizzazione di 410 miliardi di dollari, ha infatti lanciato un'offerta di 83,7 miliardi di dollari per acquisire quasi per intero Warner Bros e mettere una pietra tombale sul mercato dei media, trasformato in monopolio. Ma la guerra non è finita qui perché la nuova Paramount degli Ellison, con l'appoggio di Jared Kushner e dei fondi sovrani arabi, ha deciso di rilanciare proponendo per Warner ben 108 miliardi di dollari, un'offerta decisamente al di sopra del valore attuale della stessa Warner. In estrema sintesi la guerra finanziaria per il controllo del potere dei più grandi media mondiali è in corso e si combatte, senza esclusione di colpi, fra i sostenitori Maga e i "padroni del mondo". Naturalmente, la libertà dell'informazione è un inutile accessorio.
 

*Post Facebook del 9 dicembre 2025

Data articolo: Wed, 10 Dec 2025 07:00:00 GMT
IN PRIMO PIANO
"Yankee go home" e il piano Calenda


di Francesco Dall'Aglio*

Da ieri, dopo la pubblicazione del nuovo piano strategico per per la sicurezza nazionale statunitense, c'è pianto e stridore di denti nel campo NAFO-atlantista-liberal-radicale (e un aumento marcato delle fantasie di vendetta, che in parecchi stanno maluccio da quelle parti). Quelli un po' sciocchi (la maggioranza, mi sa) piangono perché papino se ne è andato via, appresso a qualche donnaccia, e ora sono loro gli ometti di casa che devono pensare alla mamma - perché si erano abituati troppo bene a fare i gradassi con tre quarti di mondo protetti dalle manone di papino, oltre che dalla sua aviazione, dalla sua marina e, alla peggio, pure dal suo arsenale nucleare. Ma adesso gli USA, che ci volevano tanto bene e ci difendevano sempre, sono diventati nostri nemici, e come si fa senza di loro? Altri diversamente sciocchi, ma non so se di più o di meno, piangono perché gli USA, che erano tanto buoni, sono stati corrotti dall'ombra che viene da est. Ma noi restiamo faro di luce nelle tenebre, fiaccola di civiltà, e se loro non vogliono seguirci (perché siamo noi europei che guidiamo, non dimentichiamocelo) ce ne faremo una ragione. Gli USA, che ci volevano tanto bene e ci difendevano sempre, sono diventati nostri nemici, e senza di loro andremo avanti benissimo.
 
Poi, naturalmente, ci sono quelli che stanno pensando come riposizionarsi e quelli non sono affatto sciocchi, anzi, e a loro non ho niente da dire. Agli altri, invece, vorrei ricordare che gli USA non sono mai stati buoni, non ci hanno mai voluto bene, e se mai ci hanno difeso (se mai) lo hanno fatto solo ed esclusivamente per i loro interessi, così come solo ed esclusivamente per i loro interessi ci butteranno sotto un treno se gli servirà. "Fuck Europe" non era un'espressione colorita, era ed è sempre stata e sempre sarà una dichiarazione d'intenti aperta, palese, direi addirittura onesta. Spiace ci sia andata di mezzo l'Ucraina perché finalmente iniziassero a ragionare.
 
PS - il piano di Calenda mi piace, sono d'accordo, Yankee go home, finalmente, presenta solo un problema: mancano le basi. Non le basi del ragionare, su quelle ormai ci abbiamo messo una croce sopra, proprio le basi americane, quelle in Italia e non solo, con o senza ordigni nucleari. Come le rileviamo? Attendiamo istruzioni.




Data articolo: Wed, 10 Dec 2025 07:00:00 GMT
OP-ED
Marco Travaglio - Furbi di guerra


di Marco Travaglio - Fatto Quotidiano, 10 dicembre 2025

Forse, col titolo del libro Scemi di guerra, ho contribuito a diffondere un tragico equivoco: che, cioè, gli sgovernanti europei terrorizzati dalla pace e arrapati dalla guerra permanente con la Russia siano stupidi. Lo sarebbero se il loro scopo fosse fare gli interessi dell’Europa, visto che ogni giorno fanno gl’interessi di tutti – degli Usa, della Russia, di Zelensky e della sua cricca – fuorché quelli dei loro popoli. Ma il loro scopo è fare i loro interessi, che sono opposti ai nostri. Quindi sono furbissimi. Gli scemi sono quelli che continuano a votarli e ad appoggiarli, pensando che il pericolo per l’Europa venga da fuori (dagli Usa, dalla Russia, dalla Cina) e non da dentro, anzi dall’alto.

Se “siamo in guerra” – come ci dicono, aggiungendo l’aggettivo “ibrida” (che si porta su tutto e indora la pillola) – noi paghiamo il riarmo, gli “aiuti” a Kiev, l’energia più cara, la crisi economica e industriale, i salari più bassi, i tagli ai servizi e allo Stato sociale, ma lorsignori ci guadagnano. Governare in stato di guerra, cioè di eccezione, è una pacchia. Netanyahu insegna: finché c’è guerra c’è speranza. In guerra i governi non si discutono, non si contestano, non si processano, non possono cadere. Vale tutto: governi tecnici di larghe intese (Italia), governi di minoranza per non far governare la maggioranza (Francia), elezioni rinviate (Ucraina), voto annullato se vince quello sbagliato, con arresto e messa al bando del favorito (Romania), partiti di opposizione aboliti (Ucraina e Moldova), vittoria negata a chi prende più voti (Georgia), Parlamenti aggirati (Von der Leyen sul riarmo). Le opposizioni devono smettere di opporsi, se no è disfattismo. Chi critica è un agente ibrido dell’Impero del Male: va isolato e imbavagliato con appositi “scudi democratici”, incriminato per intelligenza col nemico, indotto a tacere o a cantare nel coro. I giornalisti devono osservare la censura di guerra e passare solo le veline giuste (“Taci, il nemico ti ascolta”), altrimenti sono accusati di prendere soldi e ordini dal nemico (“omnia sozza sozzis”, per dirla con Massimo Fini) e banditi dai media, dai festival, persino dai teatri privati. In compenso gli sgovernanti e i loro trombettieri possono fare tutto ciò che vogliono: se prendono tangenti o truccano appalti, è colpa dei russi che rubano di più oppure pilotano i magistrati; se perdono consensi, è colpa di Putin e della sua guerra ibrida; se perdono la guerra, tutti dicono che la vincono; se qualcuno gli chiede conto di qualche balla, è un nemico della Patria; se le loro condotte sono contro le leggi o le Costituzioni, non si cambiano le condotte, ma le leggi e le Costituzioni; e se poi la guerra, a furia di inventarsi nemici inesistenti, scoppia davvero, al fronte ci mandano gli altri. Chi sta meglio di loro?

Data articolo: Wed, 10 Dec 2025 07:00:00 GMT
IN PRIMO PIANO
Svelati i piani di guerra diretta contro la Russia dei Paesi NATO


di Clara Statello per l'AntiDiplomatico

Karl Marx scriveva che la cultura (della classe) dominante interpreta la realtà capovolgendola come in una camera oscura. Tale metafora potrebbe applicarsi alle narrazioni della propaganda dell’EUristocrazia, l’attuale elite europea al potere.

Ad esempio, nei giorni scorsi il capo della diplomazia europea, l’estone Kaja Kallas, ha catturato l’attenzione pubblica con alcune affermazioni che oltre a sfidare la storia, sfidano la realtà.

“Negli ultimi 100 anni, nessun paese ha attaccato la Russia, ma la Russia ha attaccato 19 paesi”.

Si tratta di un capovolgimento palese della storia. Inoltre:

"Se vogliamo prevenire la continuazione di questa guerra, dobbiamo limitare l'esercito della Russia, così come il suo bilancio militare".

Questa affermazione, invece, è fuori dal campo del reale, dal momento che capovolge i rapporti di potenza esistenti. La NATO ha dimostrato sul campo di battaglia di non avere nessuna leva per imporre alcunché alla Russia.

Qualcuno potrebbe ingiustamente pensare che la Kallas abbia perso il contatto con la ragione, ma si sbaglia. La storia non si spiega con la pazzia dei leader politici o dei capi militari. La realtà è ben più complessa (e drammatica).

Le apparenti assurdità della Kallas vanno piuttosto collocate all’interno di una precisa strategia che Bruxelles ha deciso di seguire a capofitto: quella dello scontro diretto con Mosca. La propaganda di guerra occidentale serve da un lato a disumanizzare il nemico, dall’altro a creare la percezione di una minaccia esistenziale alle nostre vite.

Gli EUristocratici hanno capito di non avere altra via d’uscita che quella della guerra infinita contro Mosca. Tanto sono gli ucraini a morire sul campo di battaglia o al limite i poveri giovani d’Europa o i magrebini che sperano in un passaporto europeo, mica i figli di Ursula von der Leyen.

 

I piani dei “volenterosi” per la guerra in Ucraina

Davanti alla perdita irreversibile di rilevanza strategica in un mondo sempre più multipolare, le elite europee  hanno puntato tutte le loro carte sulla guerra. L’obiettivo è quello di rilanciare la potenza europea su un sistema-guerra, basato sul riarmo e sulla russofobia. La strategia è quella di impedirne la fine, prendere tempo nella speranza che le elezioni di mid-term trasformino Donald Trump in un’anatra zoppa, riconsegnando l’egemonia di potere al blocco trasversale neocon.

Pertanto, il processo negoziale tra Stati Uniti e Russia è sistematicamente sabotato.

Anche questa volta, dopo i colloqui con Washington, Zelensky si è precipitato a Londra dove si è riunito con Starmer, Macron e Merz per trovare il consenso necessario a respingere il piano di Trump. Ha avvertito che Kiev e i suoi partner presenteranno un piano alternativo.

E anche questa volta, c’è da aspettarsi che i guerrafondai presenteranno condizioni inaccettabili per la Russia, che partono da una sbagliata comprensione della realtà: gli sconfitti non dettano le condizioni ai vincitori.

 

Lo scontro diretto con Mosca

Il linguaggio di Kaja Kallas, le falsità storiche e i propositi irrealistici, sono parte della guerra cognitiva che Bruxelles conduce contro i suoi cittadini, noi europei. La propaganda occidentale calpesta non solo la realtà, ma anche la logica.

Diffonde due narrazioni in contrasto fra loro: Russia allo stesso tempo è debole perché provata dalla guerra e dalle sanzioni occidentali, ma se non viene sconfitta in Ucraina, potrebbe invaderci sino a Lisbona.

Anzi, nelle ultime settimane, la propaganda si è spinta anche oltre: la Russia ci ha già attaccato con una guerra ibrida. Gli attacchi ibridi di Mosca si fanno risalire dal mai avvenuto attacco al gps dell’aereo di Ursula von der Leyen, costretto ad un atterraggio con ben 10 minuti di ritardo in Bulgaria.

In base ai fantomatici e mai provati attacchi ibridi russi contro i paesi europei, la NATO adotterà una postura più “aggressiva” nei confronti della Russia. Il capo del comitato militare della NATO, l’ammiraglio Giuseppe Cavo Dragone, afferma che si valuta la possibilità di un attacco ibrido di natura preventiva. Secondo il più alto ufficiale dell’alleanza si tratterebbe comunque di operazioni di natura difensiva, tese a ripristinare la deterrenza.

Queste gravi affermazioni pubblicate dal Financial Times confermano un articolo pubblicato da Politico alcuni giorni prima, secondo cui la NATO, sulla spinta dei paesi Baltici, pensa “l’impensabile”: una “rappresaglia preventiva”.

È evidente che si tratta di formule retoriche che mal nascondono l’intenzione dell’Occidente di sferrare un first strike mascherato da attacco difensivo, in modo da poter bollare come illegittima la conseguente risposta di Mosca. Di fondo l’Europa non crede nella deterrenza della Russia o crede che un consensus internazionale potrebbe impedire una rappresaglia russa. Si tratta di un azzardo che potrebbe trasformare il nostro continente nel campo di battaglia della prossima (brevissima) guerra nucleare.

 

I piani segreti di guerra con la Russia

È la stampa internazionale a rivelare che alcuni stati membri si preparano – anche da anni - alla guerra contro la Russia. Sempre a fine novembre il Wall Street Journal ha rivelato che la Germania, già da due anni, prepara un piano segreto per la guerra contro la Federazione Russa.

Il progetto, denominato con poca fantasia Operazione Piano Germania, prevede il dislocamento a 800.000 soldati tedeschi, statunitensi e di altre truppe NATO verso est, in direzione della linea del fronte. Descrive inoltre i porti, i fiumi, le ferrovie e le strade che avrebbero attraversato, e come sarebbero stati riforniti e protetti durante il tragitto.

Il piano presenta un “approccio di tutta la società alla guerra”, in cui scompare il confine tra militare e civile, segnando il ritorno ad una nuova Guerra Fredda infinita. Un aspetto fondamentale è quello di garantire profitti all’industria della difesa.

Rheinmettal ha recentemente firmato un accordo da 260 milioni di euro per rifornire le truppe tedesche e della NATO, nell'ambito degli sforzi dell'esercito per integrare maggiormente il settore privato nel piano. 

Alla base di tutto ciò sta la convinzione dei funzionari tedeschi che la Mosca ci attaccherà entro il 2029. Naturalmente a sostegno di questi allarmi non viene presentata alcuna prova, tanto chi si oppone a queste narrazioni viene immediatamente tacciato di essere un agente di Putin o una quinta colonna del nemico.

Alla luce di ciò è chiaro a cosa servono le spudorate menzogne di Kaja Kallas: alla creazione del nemico e alla mobilitazione degli spiriti in vista di una guerra che secondo i nostri strateghi potrebbe avvenire entro quattro anni. Probabilmente dopo un nostro “attacco di rappresaglia preventiva”.

Data articolo: Wed, 10 Dec 2025 07:00:00 GMT
IN PRIMO PIANO
Il blocco guerrafondaio: come Zelensky e l’Euro-trio sabotano il piano di pace USA

Zelensky appare sempre più intrappolato tra le pressioni degli Stati Uniti e le ambizioni dei leader europei. Secondo il Financial Times, gli inviati di Donald Trump, tra cui Jared Kushner e Steve Witkoff, gli hanno dato pochi giorni per accettare il piano di pace USA, che Trump vorrebbe chiudere entro Natale. Ma Zelensky, come prevedibile, si rifiuta di fare concessioni territoriali, dimostrando scarso pragmatismo di fronte a una crisi che potrebbe essere negoziata.

Il presidente statunitense lo ha definito “uno dei più grandi venditori del mondo”, capace di convincere Joe Biden a stanziare miliardi per il regime di Kiev, ma ha aggiunto che “non ha le carte giuste” per trasformare il suo talento in risultati concreti. Zelensky sembra più interessato a compiacere Bruxelles e Londra che a negoziare seriamente con Mosca. Le visite del leader ucraino in Europa hanno confermato questa dinamica: a Londra e Bruxelles ha cercato nuove forniture militari e finanziarie, senza ottenere garanzie reali.

I leader europei, dal canto loro, continuano a giocare al ruolo di “mediatori” mentre in realtà agiscono come guerrafondai, cercando di far apparire la Russia come il sabotatore della pace, pur sapendo che il vero ostacolo è l’intransigenza di Kiev e la dipendenza dall’appoggio USA. Mosca, invece, ribadisce la disponibilità a trattare nel formato di Istanbul, ma solo con una base concreta. Nel frattempo, l’UE affronta seri problemi di bilancio: i fondi per l’Ucraina sono limitati, e senza nuovi prestiti i governi europei non possono sostenere né aiuti militari né economici.

Nonostante questo, Zelensky continua a spingere per lo scontro sul campo, ignorando le conseguenze di una guerra prolungata sul suo stesso Paese. Il quadro che emerge è chiaro: un leader ucraino stanco e isolato, incapace di trovare compromessi, sostenuto da una Europa più interessata alla retorica guerresca che a una pace reale. Se il conflitto continuerà, la responsabilità ricadrà soprattutto su chi sceglie di alimentarlo invece di negoziare.

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Data articolo: Wed, 10 Dec 2025 06:00:00 GMT

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