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di FM Shakil - The Cradle
Il 1° dicembre, nella turbolenta provincia iraniana dell'Azerbaigian orientale, il Corpo delle guardie rivoluzionarie islamiche (IRGC) ha aperto i cancelli della sua base a un raduno senza precedenti: le forze speciali dell'Organizzazione per la cooperazione di Shanghai ( SCO ) erano arrivate per dare il via a "Sahand-Antiterror-2025", un'esercitazione antiterrorismo di cinque giorni nell'ambito della Struttura antiterrorismo regionale (RATS) della SCO.
Al termine delle esercitazioni, il 5 dicembre nella città nordoccidentale di Khoy, l'Iran non solo aveva dimostrato la sua prontezza militare, ma aveva anche segnalato un cambiamento radicale nei suoi schieramenti regionali. Alla presenza di tutti gli Stati membri, tra cui Bielorussia, Cina, India, Kazakistan, Kirghizistan, Pakistan, Russia, Tagikistan e Uzbekistan, erano presenti anche osservatori provenienti da Azerbaigian, Iraq, Oman e Arabia Saudita, con l'Iran che ha dimostrato di essere pienamente integrato nel blocco di sicurezza emergente dell'Eurasia.
I partecipanti hanno dimostrato le loro vaste competenze nella lotta al terrorismo e all'estremismo. Nel corso di cinque intense giornate, hanno dato prova della loro competenza nel salvataggio di ostaggi, nello sgombero delle frontiere, negli attacchi con droni, negli attacchi con elicotteri e nella stabilizzazione, il tutto mentre venivano sparati proiettili veri.
Dalla partecipazione simbolica all'affermazione strategica
L'esercitazione ha messo in mostra le armi e le attrezzature più recenti dei paesi partecipanti, migliorando così la loro capacità di collaborare per affrontare le minacce che attraversano i confini nazionali. È stata un'occasione per condividere esperienze, incoraggiare la cooperazione e intensificare gli sforzi multilaterali tra gli stati membri della SCO per affrontare le minacce terroristiche.
La scelta della sede per l'esercitazione militare della SCO in Iran ha permesso agli acerrimi rivali India e Pakistan di condividere il campo e di evitare una grave frattura all'interno dell'organizzazione.
Sajjad Azhar, analista senior di Islamabad, ha dichiarato a The Cradle: "È fondamentale riconoscere che, tra i paesi più colpiti dal terrorismo, il Pakistan si distingue come membro di spicco della SCO, che sta subendo le profonde ripercussioni di questa sfida".
Sottolinea che, se l'esercitazione si fosse tenuta in Pakistan, l'India avrebbe potuto non parteciparvi, esacerbando le tensioni all'interno della SCO. L'Iran, territorio neutrale per questi rivali dell'Asia meridionale, ha consentito a entrambi di partecipare senza interruzioni.
Un'esercitazione antiterrorismo rivolta all'Occidente
Ma tempi e luoghi nascondevano anche intenti più profondi. Funzionari e commentatori iraniani hanno interpretato Sahand-2025 come un avvertimento alle potenze occidentali. Azhar afferma che le esercitazioni antiterrorismo della SCO segnano un importante punto di svolta per l'Iran, che ha aderito al gruppo nel 2023.
Le tattiche antiterrorismo della SCO hanno ostacolato i tentativi di Stati Uniti e Unione Europea di etichettare l'IRGC come Organizzazione Terroristica Straniera (FTO). L'esercitazione ha evidenziato che l'IRGC è ben lungi dall'essere un'organizzazione terroristica; al contrario, si pone come una formidabile forza antiterrorismo, considerata una solida linea di difesa contro le minacce terroristiche regionali.
Come aggiunge Azhar:
"Questa esercitazione antiterrorismo invia un messaggio chiaro agli Stati Uniti e all'Occidente, sconvolgendo la loro percezione della SCO come un'alleanza economica piuttosto che una coalizione militare. Esercitazioni di questa natura, attualmente classificate come antiterrorismo, potrebbero presto ampliare il loro ambito di applicazione per includere qualsiasi Stato avversario ritenuto pertinente alla definizione di terrorismo. Di conseguenza, le iniziative condotte dalla SCO, riconosciuta come la più grande organizzazione regionale per popolazione e che rappresenta un quinto del PIL mondiale, avranno senza dubbio un impatto significativo".
Sicurezza interna, alleanze esterne
Sul fronte politico, l'Iran mira a sfruttare l'influenza della SCO per dimostrare il suo allineamento con importanti attori eurasiatici e dissipare la percezione di isolamento. La prima esercitazione antiterrorismo della SCO in assoluto mira a trasmettere un messaggio piuttosto che limitarsi a dimostrare la sua potenza militare. Teheran mira a presentarsi come un attore sulla scena globale, dimostrando di possedere una reale capacità multilaterale per affrontare le questioni di sicurezza regionale.
Zahir Shah Sherazi, vicepresidente esecutivo di BOL News, ha spiegato a The Cradle che l'esercitazione antiterrorismo della SCO in Iran è un evento di importanza strategica:
"Sebbene non possa essere classificata come un'esercitazione militare su larga scala in termini di portata e intensità, ha indubbiamente inviato un messaggio da parte di Teheran e degli stati membri della SCO agli Stati Uniti e ai loro alleati, a significare che l'Iran non è più isolato ed è un partner importante delle nazioni della regione".
Sherazi afferma che l'Iran ha tratto beneficio da questa esercitazione attraverso il suo allineamento con il blocco eurasiatico e, sebbene la SCO non svolga un ruolo militare, lo svolgimento di questa esercitazione nella provincia iraniana dell'Azerbaigian orientale funge da messaggio al mondo occidentale e da sostegno morale per l'Iran.
L'esercitazione ha rafforzato la posizione dell'Iran come attore fondamentale per la sicurezza in Eurasia, sfruttando la sua influenza nella SCO per salvaguardare rotte vitali come il corridoio Nord-Sud , che si estende dal Mar Caspio al Golfo Persico, e i collegamenti con il Caucaso e l'Asia centrale.
In un'intervista al Tehran Times, Kazem Gharibabadi, viceministro degli esteri iraniano per gli affari legali e internazionali, ha affermato che l'organizzazione delle esercitazioni Sahand da parte dell'Iran era un'iniziativa volta ad "allineare e costruire una coalizione in linea con una nuova architettura per la sicurezza regionale".
Il 2 dicembre, il Presidente del Parlamento iraniano Mohammad Bagher Ghalibaf ha sottolineato che le estese esercitazioni congiunte antiterrorismo inviano un segnale forte ai principali attori del settore. Le esercitazioni rivelano la ferma determinazione delle nazioni indipendenti a proteggersi dalla pesante mano dell'oppressione in tutto il mondo.
Ghalibaf ha osservato che le esercitazioni dimostrano una forte determinazione delle nazioni indipendenti a proteggersi dall'oppressione globale, evidenziando la costante traiettoria ascendente delle partnership di difesa dell'Iran e gli sforzi di collaborazione con altri paesi della regione.
Integrazione eurasiatica e messaggi del dopoguerra
Intervenendo a una conferenza stampa il 2 dicembre, il Generale di Brigata Vali Ma'dani, vicecomandante delle operazioni dell'IRGC e responsabile dell'esercitazione, ha sottolineato l'enorme importanza delle "Esercitazioni Congiunte Antiterrorismo Sahand-2025", poiché l'Iran è costantemente in prima linea nella lotta contro il terrorismo e le fazioni terroristiche. Ha sottolineato che l'Esercitazione Congiunta Antiterrorismo Sahand-2025 si tiene in Iran dopo la guerra di 12 giorni con Israele di giugno, il che la rende di fondamentale importanza.
Il comandante ha dichiarato: "Abbiamo assistito alla tragica perdita di 17.000 nostri cittadini, tra cui donne e bambini, per mano di questi terroristi e siamo pronti ad affrontare il terrorismo a testa alta".
La scelta dell'Azerbaigian orientale – una regione con una presenza attiva di militanti curdi e con correnti nazionaliste azere – trasmette anche un messaggio di chiusura. Con fazioni curde attive lungo i confini settentrionali dell'Iran con Armenia e Azerbaigian, inclusa l'enclave di Naxcivan, e accusate di contrabbando di armi transfrontaliero, l'esercitazione Sahand rafforza la determinazione di Teheran a reprimere la militanza separatista.
Sherazi racconta a The Cradle che il sottotesto dell'esercitazione ha probabilmente turbato sia i ribelli curdi che i militanti azeri, perché questa esercitazione militare è indubbiamente focalizzata sui gruppi militanti del Nord-Est, che potrebbero percepire una minaccia nell'allineamento dell'Iran con l'Armenia e l'Azerbaigian:
"L'attenzione principale del meccanismo antiterrorismo della SCO è rivolta all'Afghanistan, dove i gruppi militanti operano liberamente, rappresentando una minaccia significativa per Cina, Pakistan, Iran e paesi dell'Asia centrale. L'imminente guerra al terrorismo sarà combattuta in territorio afghano".
Approfondendo ulteriormente la questione, osserva che l'Iran vuole che questo evento serva da leva per stabilire collegamenti con gli stati dell'Asia centrale, in particolare alla luce degli sviluppi in corso in Afghanistan.
"Questa iniziativa della SCO ha dato impulso alle alleanze regionali tra Pakistan, Cina, India, Iran, Russia e le repubbliche dell'Asia centrale, tra cui Bielorussia, Tagikistan e Uzbekistan, sotto l'egida del formato di Mosca. Sebbene sia prematuro in questa fase ipotizzare che questo meccanismo antiterrorismo possa evolversi in una forma di cooperazione militare, tale possibilità non può essere del tutto esclusa."
Verso una futura alleanza militare SCO?
Oltre agli obiettivi immediati di lotta al terrorismo, l'esercitazione Sahand-2025 potrebbe gettare le basi per un'integrazione militare più ambiziosa.
Con la partecipazione di esponenti della Bielorussia e dell'Uzbekistan, e con membri potenti come Cina e Russia che hanno assunto ruoli di primo piano, l'esercitazione ha proiettato un fronte eurasiatico in crescita, pronto a contrastare collettivamente le minacce esterne.
Per l'Iran, le esercitazioni hanno rappresentato un rifiuto degli sforzi di isolamento occidentali e una riaffermazione del suo orientamento strategico verso est.
(Traduzione de l'AntiDiplomatico)
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Data articolo: Fri, 12 Dec 2025 13:30:00 GMT
L'11 dicembre, il ministro degli Esteri taiwanese Francois Wu avrebbe effettuato una visita segreta in Israele, nell'ambito della cooperazione in materia di difesa tra la città di Taipei e Tel Aviv, secondo quanto riferito da alcune fonti alla Reuters.
Le fonti hanno rivelato che la visita è avvenuta questo mese. Il Ministero degli Esteri taiwanese ha rifiutato di commentare se il viaggio abbia avuto luogo.
"Taiwan e Israele condividono i valori della libertà e della democrazia e continueranno a promuovere pragmaticamente scambi e cooperazione reciprocamente vantaggiosi" nei settori del commercio, della tecnologia e della cultura, accogliendo al contempo forme di cooperazione più "reciprocamente vantaggiose", ha affermato il ministero in una dichiarazione alla Reuters.
Il Ministero degli Esteri israeliano non ha risposto alla richiesta di commento.
Le fonti di Reuters non hanno fornito dettagli sulle discussioni svoltesi e non hanno confermato se i colloqui abbiano toccato il nuovo sistema di difesa aerea di Taiwan, il T-Dome, ispirato al sistema israeliano Iron Dome.
Il presidente taiwanese Lai Ching-te aveva affermato il 28 ottobre di quest'anno che Israele serve da modello per l'isola nel rafforzare le sue difese, evocando la storia biblica di Davide e Golia.
"Il popolo taiwanese guarda spesso all'esempio del popolo ebraico quando si trova ad affrontare sfide alla propria reputazione internazionale e minacce alla propria sovranità da parte della Cina. Il popolo di Taiwan non si è mai scoraggiato", aveva ricordato Lai Ching-te.
"La determinazione e la capacità di Israele di difendere il proprio territorio rappresentano un modello prezioso per Taiwan. Ho sempre creduto che Taiwan debba incanalare lo spirito di Davide contro Golia, opponendosi alla coercizione autoritaria".
Qualche settimana prima, Taiwan aveva presentato il sistema T-Dome ispirato all'Iron Dome.
"Speriamo di costruire una rete di difesa aerea più completa, con un tasso di intercettazione più elevato", aveva dichiarato all’epoca una fonte anonima alla Reuters .
In risposta alla presentazione dei piani di difesa aerea in ottobre, la Cina ha accusato Taiwan di "cercare l'indipendenza con la forza", aggiungendo che ciò avrebbe portato solo a un conflitto.
Le difese aeree di Taiwan si basano principalmente sul sistema Patriot degli Stati Uniti e sui missili Sky Bow sviluppati localmente.
Il 21 ottobre il portale Intelligence Online ha riferito che il viceministro della Difesa di Taiwan si è recato segretamente in Israele per chiedere aiuto nello sviluppo del T-Dome.
Secondo l'agenzia di stampa, Israele avrebbe fornito a Taiwan tecnologie e competenze in materia di difesa sotto forma di programmi civili.
Inoltre, Tel Aviv starebbe aiutando Taipei a integrare elementi dei suoi sistemi Green Pine e Arrow per sviluppare il sistema missilistico Tian Gong-4, che farà parte della rete T-Dome.
Secondo il portale, Washington ha dato il via libera alla cooperazione tra Israele e Taiwan.
Taiwan e Israele non intrattengono relazioni diplomatiche formali. Le pressioni della Cina, che considera Taiwan una delle sue province, hanno lasciato Taipei con pochissimi legami diplomatici con altri stati. Le visite all'estero di funzionari taiwanesi sono piuttosto rare.
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Data articolo: Fri, 12 Dec 2025 13:30:00 GMT
di Giuseppe Giannini
I soliti noti, Google, Amazon e Microsoft, hanno messo le mani sul settore di cui si straparla: l'intelligenza artificiale. Ancora una volta, essi sono i padroni da cui dipenderanno tutte le realtà, aziendali e statali, che vorranno investire per migliorare la loro efficienza.
L'oligopolio tecnologico conferma la tendenza emersa, in passato, nel mezzo della globalizzazione economica dove, sul finire del secolo scorso, pochi grandi gruppi dettevano legge sopra governi e nazioni, imponendo regole basate, unicamente, sulla competitività, e quindi prive di etica. Sacrificando territori, ambiente e popolazioni.
E' avvenuto, soprattutto, nei settori dell'agrobusiness con il monopolio delle sementi, e della fermaceutica con i brevetti. Qualcosa di simile è alle porte. La mancanza di trasparenza e la sudditanza delle classi dirigenti per il profitto di pochi. Abbiamo a che fare con tecnologie e dispositivi immediatamente operativi, usufruibili da tutti (pensiamo alla messaggistica WhatsApp con I.A. incorporata). Un monopolio, quindi, che impatta direttamente sulle vite, rendendo normali le procedure di acquisizione, estrazione e diffusione di contenuti, che, invece, richiederebbero la supervisione delle autorità governative.
Un conto è l'accessibilità in contesti nei quali già sussiste un patrimonio culturale-esperenziale (conoscitivo), nei quali l' I.A. viene vista come supporto, che aiuta a rendere più facili i compiti. Tutt'altra cosa è la diffusione di strumenti autogenerativi di contenuti sostitutivi delle attività umane. Dai quali bisognerebbe diffidare e prendere le distanze ( i video che riproducono le sembianze di persone e che possono essere utilizzati per gli scopi più diversi, anche per nuocere agli avversari). Una sorta di doppelganger, doppio malefico prestazionale, che appare quasi perfetto, presentabile, ma, in quanto tale, irreale.
Urge, dunque, la regolamentazione seria del settore, onde evitare che possa, con le sue infinite possibilità spingere ancora oltre la disumanizzazione delle vite ( modellate e sconvolte dall'internet delle cose nel quale l'orizzontalità, invece che essere sinonimo di democrazia, è diventata strumento di asservimento e dipendenza). Non meno rilevante è l'impatto ambientale. Le energie richieste dai data center, infatti, comportano l'utilizzo eccessivo di elettricità ed acqua. Alla pari delle tecniche di estrazione delle terre rare o delle monete dei circuiti dei mercati paralleli (le criptovalute) si risolvono in meri consumatori di risorse, determinando, di conseguenza, diffuse emissioni di CO2, impatto climatico sui territori, desertificazione, ed impoverimento diffuso, E fenomeni estremi, tra i quali ricomprendere anche possibili blackout elettrici causati dal sovraccarico delle reti.
E' del tutto evidente che il tanto decantato progresso sia qualcosa di riservato per pochi eletti, che ne detengono le redini ed agiscono nelle retrovie da manovratori delle esistenze altrui. Anzi, sarà la causa di forme inedite di sfruttamento. Di cacciata degli indesiderati (il controllo intelligente delle frontiere, l'attacco ai migranti e le nuove guerre ipertecnologiche). E di espulsione dal mercato del lavoro di centinaia di milioni di persone. Posti persi e mai più recuperabili, per i quali non è pensata nessuna forma di risarcimento o di sostegno di base al reddito. L'intelligenza artificiale come la risultante della divisione sociale dei (e nei) lavori. Gerarchie, specializzazioni, inasprimento delle differenze sociali. Con la stessa forza-lavoro che la produce, si impegna nell'apprendimento e, alla fine, viene abbandonata al suo destino.
Il sapere condiviso messo a disposizione dei diktat calati dall'alto. I quali impongono, così come avvenuto con internet, la rimodulazione delle produzioni, dei servizi e dei lavori. La nascita di nuove competenze darà luogo a nuovi lavori, che rimarranno in essere sino a quando il mercato lo vorrà. Altre, vecchie mansioni, scompariranno. Il meccanismo di sostituzione sarà ancora più intensivo. Il fine, malgrado l'apparente leggerezza nella esecuzione delle attività, è sempre quello dell'estrazione del plusvalore.
Se nei settori meno qualificati (riguardo alle competenze dei lavoratori ed ai mancati investimenti nelle innovazioni) permangono antiche forme di sfruttamento, con turni, retribuzioni e scarse protezioni sociali, in quelli adattati al cambiamento il plusvalore è determinato dal risparmio di tempo. Ciò non vuol dire che non vi sia assenza di servilismo che, in questi casi, corrisponde alla prestazione che (e)segue i dettami della macchina-mostro intelligente.
Il lavoratore accetta gli ordini e mette a disposizione le sue competenze per garantire i profitti, mentre gli eventuali miglioramenti sono tutti da verificare. Rimangono contesti (i costi sociali ed ambientali) da sacrificare via via che si scende nella scala dei lavori e le operazioni richiedono manualità a basso costo. Più le innovazioni sono sofisticate maggiori sono le potenzialità dei dispositivi di indurre alla subordinazione ed al controllo di quanti non riescono ad avere la capacità di districarsi all'interno di un mondo che si autoalimenta da se.
Quando il mezzo della tecnica viene a sostituire l'operatività umana ne elimina, conseguentemente, ogni possibile, futura attività. La vita disciplinata dalla tecnologia rende subumane le esistenze, indottrinate dalle magnifiche sorti progressive delle qualità dei soggetti alieni, che trasformano il tempo, lo spazio, la percezione stessa. L'evoluzione che, da internet all'intelligenza artificiale, diventa qualcosa di strumentale per il dominio. Sorveglianza, controllo da remoto, spersonalizzazione. Tutti connessi ma distanti dal sé e dagli altri. L'assenza come fatto normalizzato dal totalitarismo digitale.
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Data articolo: Fri, 12 Dec 2025 13:00:00 GMT
di Federico Giusti
Nei prossimi giorni entreremo nel vivo della discussione sulla Legge di Bilancio, una discussione blindata a colpi di maggioranza senza alcun confronto sul Riarmo, sulle spese militari, sulla manovra fiscale e su quella del lavoro.
Per tenere buoni i sindacati del comparto sicurezza, e in vista del grande Riarmo, potrebbero congelare i tre mesi in più di lavoro prima della pensione, escludere dall'aumento gli usuranti e i militari ma non tutti gli altri per aggiungere poi qualche misura economica come incremento del welfare per gli uomini in divisa e il pacchetto degli straordinari che ammonta a milioni di euro (forse senza copertura?)
Intanto il governo accelera sul riarmo e lo fa con le solite modalità, trasmettendo vari decreti ministeriali alle commissioni, spacchettando la spesa complessiva perchè sfugga all'umana quantificazione, molte spese afferenti alla difesa le ritroveremo su tanti capitoli di bilancio. Parliamo di acquisti di armi, non di impegni umanitari, per l’osservatorio Milex sarebbero superiori a 4,3 miliardi di euro se consideriamo la intera legislatura gli impegni finanziari complessivi sono di circa 234 miliardi di euro
Una enormità se confrontata con le risorse stanziate con il classico contagocce per la sanità, per la manutenzione del territorio per le assunzioni nella PA.
Primi dati programmatici del MEF: in tre anni 23 miliardi in più per le spese militari - MIL€X Osservatorio sulle spese militari italiane
L'opinione pubblica viene informata a piccole dosi, ad esempio non si racconta che solo tra un anno toccheremo con mano l'aumento della spesa militare quantificata attorno ai 32 miliardi.
Allora decreto su decreto, per ricostruire la spesa militare saranno necessarie migliaia di pagine di documentazione per ricostruire una immagine veritiera, ci potremo imbattere nel supporto manutentivo di sistemi di arma da ammodernare fino alle spese vive o ad altre definizioni dietro alle quali si celano investimenti in campo militare.
Cambieranno i linguaggi e i riferimenti tecnici proprio per rendere suggestivo ed esaustivo l'intervento del Governo, basti pensare che alcuni interventi riguardano navi di 10 anni considerate già vecchie e superate.
I programmi di ammodernamento riguardano tutte le forze armate, poi ci sono i capitoli di investimenti nelle tecnologie di nuova generazione, l'acquisto dei droni e dei missili dagli Usa perché il riarmo auspicato da Trump, anzi imposto, offrirà grande impulso alla produzione di sistemi di arma da parte delle multinazionali statunitensi.
E come già avvenuto nel recente passato, le spese militari potrebbero essere superiori alla quantificazione resa nel Documento programmatico pluriennale della Difesa adducendo magari la motivazione del rincaro dei prodotti generato dall'aumento dei costi energetici (anche questi acquistati, a caro prezzo, dagli Usa).
Urge ricordare ai nostri smemorati giornalisti che alcuni capitoli di spesa afferiscono a ministeri diversi da quello della difesa pur contribuendo direttamente alla spesa militare. E non desti meraviglia che tra le misure a sostegno dell'economia nazionale siano annoverate anche le iniziative a sostegno di tecnologie duali.
Nella audizione in Commissione difesa, al Parlamento italiano, il manager della principale azienda militare tedesca ha ricordato che il futuro delle aziende del vecchio continente sta proprio nel costruire delle alleanze, delle associazioni temporanee di impresa, gli investitori pubblici e privati puntano sulla cooperazione europea per recuperare quelle tecnologie oggi provenienti da altri paesi, Israele e soprattutto Usa in primis. Ercolani, è il nome del manager, punta il dito direttamente sulle falle del sistema attuale, sui tempi burocratici troppo lunghi, sulla necessità di velocizzare le alleanze e le conseguenti pratiche industriali. E non a caso si parla di ampliare le deroghe alle normative vigenti ogni qual volta si parla di nuove basi militari, di interessi nel settore bellico.
La politica da tempo è asservita e affascinata da certi sistemi di potere, del resto in molti paesi nei consigli di amministrazione delle industrie strategiche troviamo esponenti politici, ormai esiste una porta scorrevole a dividere gli incarichi manageriali e quelli a capo di importanti dicasteri. Il modello statunitense si è affermato anche da noi. Non a caso Ercolani parla apertamente di simbiosi (che) serve a facilitare alcune decisioni. Serve un nuovo modello di Stato-industria-apparato militare che facciano parte dello stesso meccanismo
https://www.analisidifesa.it/2025/12/le-criticita-della-difesa-laudizione-di-ercolani-rheinmetall-italia-alla-commissione-difesa-della-camera/
Nel frattempo, il Governo prosegue nella sua corsa verso l'approvazione della Legge di Bilancio e non solo blinda il testo da portare in Parlamento ma impedisce il dibattito sui singoli punti, ad oggi ad esempio non è dato conoscere i contenuti del decreto sugli aiuti militari a Kiev per il prossimo anno che la Meloni pare abbia concordato direttamente con Bruxelles e Trump. Insomma, se queste sono le premesse di motivi per cui preoccuparsi ve ne sono fin troppi.
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Data articolo: Fri, 12 Dec 2025 11:30:00 GMT
Le forze statunitensi hanno sequestrato una petroliera che trasportava circa 1,8 milioni di barili di petrolio dal Venezuela a Cuba, nell'ambito della loro continua serie di azioni bellicose contro il governo Maduro.
Alla domanda su cosa sarebbe stato fatto con il petrolio, il presidente Trump ha risposto alla stampa: "Credo che lo terremo".
Nel frattempo, Chuck Schumer si rifiuta di opporsi all'interventismo di Trump per un cambio di governo contro il Venezuela, e la CNN ha appena invitato l'ex funzionaria dell'intelligence statunitense Beth Sanner a proclamare che l'atto di pirateria dell'amministrazione Trump "è assolutamente normale". Quindi l'apparente opposizione a Trump nella classe politico-mediatica non sta mostrando alcuna inerzia su questo.
Gli Stati Uniti che hanno piratato una petroliera diretta a Cuba dal Venezuela dimostrano come l'impero si stia affrettando a consolidare il controllo sull'America Latina, proprio come Stati Uniti e Israele stanno rapidamente rafforzando il controllo sul Medio Oriente. C'è una finestra di opportunità per far passare una serie di programmi militari preesistenti in entrambe le regioni, e la stanno cogliendo aggressivamente prima che la loro attenzione debba rivolgersi a questioni geopolitiche più importanti.
Si sentono spesso gli imperialisti statunitensi dire che ottenere un regimechange in Venezuela aiuterà a ottenerlo anche a Cuba; il senatore Rick Scott ha recentemente dichiarato a 60 Minutes che se Maduro verrà estromesso con successo "sarà la fine di Cuba" e che "l'America si prenderà cura dell'emisfero australe e si assicurerà che ci siano libertà e democrazia".
Rubare il petrolio danneggia sia Cuba che il Venezuela, che sono i due principali nemici dell'impero statunitense nelle Americhe a causa dei loro governi fortemente socialisti. Quest'anno hanno insediato un governo di destra in Bolivia, e ora si stanno affrettando a imporre un cambio di governo a Caracas e all'Avana, mentre hanno un tiranno di destra al potere con un segretario di Stato gusano . La speranza è di costringere l'intera America Latina ad allinearsi pienamente con l'impero prima che Trump lasci l'incarico. Non ho idea se ci riusciranno.
La Camera e il Senato degli Stati Uniti hanno concordato di rendere "automatica" la registrazione per la leva, il che semplificherà il processo di reclutamento se l'impero decidesse di gettare i giovani americani in un nuovo, orribile conflitto militare.
Gli Stati Uniti stanno apportando il più grande cambiamento alla politica di leva degli ultimi 45 anni, per rendere più facile costringere gli americani a combattere e morire in una guerra di massa, proprio mentre il comitato editoriale del New York Times lancia una serie di articoli che spiegano perché gli Stati Uniti devono prepararsi alla guerra con la Cina.
L'ultima edizione delle argomentazioni del New York Times sulla necessità di un maggiore militarismo statunitense è intitolata "Questa è la corsa agli armamenti del XXI secolo. L'America può tenere il passo?", in cui si sostiene che "il Congresso deve aumentare i finanziamenti per la ricerca e lo sviluppo di tecnologie con applicazioni militari".
"Per contrastare la crescente minaccia, l'America deve vincere contemporaneamente la corsa alla costruzione di armi autonome e guidare il mondo nel loro controllo", scrive il comitato editoriale.
Momenti divertenti.
A quanto pare, la BBC sta istruendo il suo staff sul fatto che è antisemita per chiunque opporsi al sionismo, perché la maggior parte degli ebrei si identifica come sionista. Questo argomento è molto diffuso ed è un esempio lampante di fallacia ad populum, ovvero quando qualcuno afferma che qualcosa è vero o giusto solo perché la maggioranza delle persone ci crede.
Proprio come la tratta atlantica degli schiavi sarebbe stata sbagliata anche se ogni persona bianca del mondo l'avesse sostenuta, uno stato di apartheid genocida, che non può esistere senza violenza, furti e abusi incessanti, sarebbe comunque sbagliato anche se ogni ebreo sulla terra lo sostenesse. L'affermazione che la maggioranza degli ebrei sostenga l'esistenza del moderno stato di Israele non ha alcuna attinenza con la questione se tale stato debba esistere o meno, e non invalida alcuna argomentazione contraria.
I sostenitori di Israele si affidano a bugie, manipolazioni e argomentazioni fallaci perché la loro posizione non è basata sulla verità o sulla moralità. Se la loro posizione fosse corretta, si limiterebbero a sostenere argomentazioni normali, come normali adulti. Non possono farlo perché hanno torto.
Ogni volta che mi sorprendo a chiedermi se sono stato troppo dura con i democratici, riguardo il video dell'anno scorso in cui i partecipanti al DNC si tappano le orecchie e prendono in giro gli attivisti che leggono i nomi dei bambini assassinati a Gaza.
Quando non sono al potere è facile dimenticare quanto siano malvagie queste persone.
Il Daily Mirror ha pubblicato un nuovo, disgustoso articolo di propaganda in cui si afferma che "i cospiratori di Hamas stanno estendendo i loro tentacoli di terrore in Europa, con depositi segreti di armi e agenti che pianificano attacchi perfino nel Regno Unito".
Come ci si potrebbe aspettare, il Mirror non fornisce alcuna prova a sostegno di questa affermazione, citando solo "un rapporto di intelligence" di origine non specificata.
Questa è una delle narrazioni più stupide che ci abbiano mai chiesto di credere su Hamas, in un contesto di concorrenza agguerrita. Non so voi, ma sono stufo di vedere la mia intelligenza insultata in questo modo.
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(Traduzione de l'AntiDiplomatico)
*Giornalista e saggista australiana. Pubblica tutti i suoi articoli nella newsletter personale: https://www.caitlinjohnst.one/
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Fulvio Grimaldi, da Figlio della Lupa a rivoluzionario del ’68 a decano degli inviati di guerra in attività, ci racconta il secolo più controverso dei tempi moderni e forse di tutti i tempi. È la testimonianza di un osservatore, professionista dell’informazione, inviato di tutte le guerre, che siano conflitti con le armi, rivoluzioni colorate o meno, o lotte di classe. È lo sguardo di un attivista della ragione che distingue tra vero e falso, realtà e propaganda, tra quelli che ci fanno e quelli che ci sono. Uno sguardo dal fronte, appunto, inesorabilmente dalla parte dei “dannati della Terra”.
Data articolo: Fri, 12 Dec 2025 11:00:00 GMT
di Carlo Rovelli*
Di tutti gli argomenti in difesa delle democrazie liberali, il più strampalato è l'argomento che queste siano migliori perché tutti preferiscono vivere nei paesi dove queste democrazie sono al potere.
Per vedere quanto sia perverso questo argomento, basta usarlo in situazioni simili: l'aristocrazia francese era migliore della repubblica, perché tutti avrebbero preferito essere aristocratici. È bene che ci siano i super ricchi con trilioni, come mostra il fatto che potendo scegliere ciascuno preferirebbe essere trilionario piuttosto che essere un poveraccio. Erano bene i padroni degli schiavi, perché tutti preferivano essere schiavisti piuttosto che schiavi. Gli attuali paesi democratici sono fra i più ricchi, e lo sono diventati nei secoli del colonialismo: è da allora che dominano militarmente il mondo, e lo fanno ancora.
È ovvio che tutti preferiscano vivere in un posto ricco piuttosto che in un posto povero. Un sacco di gente che può sta andando a vivere a Dubai, e certo non perché sia democratico, ma perché, grazie al petrolio, è super ricco. Forse vale la pena ricordare anche che ai ricchi aristocratici francesi, ahimè, è stata tagliata la testa. Se potessimo evitarlo alle democrazie liberali, non sarebbe meglio? miliardi di esseri umani, molto più poveri, ci stanno guardando. L'aristocrazia inglese, invece, è scesa a compromessi. E, bene o male che sia, i lord inglesi stanno ancora piuttosto benino.
*Post Facebook del 12 dicembre 2025
Data articolo: Fri, 12 Dec 2025 11:00:00 GMTIl Ministero della Difesa russo ha diffuso nuove immagini da Seversk, città della Repubblica Popolare di Donetsk dichiarata “liberata” dalle Forze Armate russe. La conferma è arrivata durante una riunione ufficiale in cui Vladimir Putin ha ascoltato il rapporto dei vertici militari sulla situazione nella zona dell’operazione militare speciale per smilitarizzare e denazificare il regime di Kiev. Secondo la nota del ministero, dopo l’ingresso in città i soldati russi hanno ispezionato gli edifici residenziali, fornito assistenza medica ai civili e distribuito beni essenziali come cibo, acqua e medicinali.
Contestualmente proseguono le operazioni di bonifica alla ricerca di ordigni e l’evacuazione volontaria dei residenti verso aree considerate sicure. Seversk è stata teatro di combattimenti intensi per settimane: le forze ucraine l’avevano trasformata in un nodo logistico fortificato, utilizzato per accumulare truppe e rifornimenti. Nonostante questo, ha affermato il capo di Stato Maggiore Valerij Gerasimov, le aspettative ucraine che l’avanzata russa si impantanasse non si sono avverate.
Putin ha sottolineato che la promessa di liberare la città entro il 15 dicembre è stata mantenuta e che questo risultato “avvicina a nuove offensive di successo” verso l’obiettivo dichiarato di espellere le forze ucraine dal Donbass. Durante il briefing, i comandanti hanno segnalato la presenza di piccoli gruppi di soldati ucraini ancora nascosti negli edifici, attualmente oggetto di operazioni di ricerca ed eliminazione. Il presidente russo ha inoltre parlato di una “piena iniziativa strategica” nelle mani dell’esercito russo, mentre Gerasimov ha elencato ulteriori avanzamenti: dalla liberazione di località nelle regioni di Kharkov e Dnepropetrovsk, ai combattimenti in corso a Gulyaipole e lungo il fiume Oskol.
Le operazioni, ha concluso, procedono secondo il piano per il controllo delle regioni di Donetsk, Lugansk, Kherson e Zaporozhye.
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In Venezuela il termine guarimba non indica una protesta pacifica, ma una tattica di scontro urbano elaborata dai settori più radicali dell’opposizione di destra. Barricate di pneumatici in fiamme, strade bloccate e gruppi mascherati: non mobilitazioni spontanee, ma operazioni pianificate per paralizzare le città e forzare una caduta extra-costituzionale del governo. Dal 2004 al culmine del 2014 con “La Salida”, queste azioni hanno provocato decine di morti, centinaia di feriti e l’interruzione di servizi essenziali.
Figura centrale di questa strategia è Maria Corina Machado, esponente dell’élite economica e protagonista di una lunga traiettoria politica segnata da colpi di Stato, pressioni internazionali e rigetto sistematico della via elettorale. Già firmataria del decreto golpista del 2002 (Decreto Carmona), nel 2014 incitò i suoi sostenitori a “riempire le strade del Venezuela, ogni quartiere, ogni scuola, ogni piazza”, un appello seguito da scontri, violenze e ordigni artigianali.
Parallelamente, Machado ha promosso attivamente le sanzioni statunitensi ed europee che hanno ostacolato l’arrivo di medicinali e vaccini, con conseguenze documentate sulla salute pubblica. La Corte Suprema ha confermato nel 2024 la sua inabilitazione politica per 15 anni, citando complicità in schemi di corruzione legati a asset statali, violazioni costituzionali e sostegno a misure economiche definite un “blocco criminale”. A ciò si aggiungono le responsabilità della golpista insignita del premio Nobel per la Pace in complotti golpisti, tentativi di insurrezione armata e collegamenti con reti illecite.
In questa cornice, la figura di Machado non appare come quella di una semplice oppositrice, ma come il volto più aggressivo di un progetto di restaurazione oligarchica, disposto a usare violenza, destabilizzazione e appoggi stranieri per riconquistare il potere. Una deriva che non solo mina la democrazia venezuelana, ma rischia di riportare il Paese nelle logiche dei colpi di Stato del passato.
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Data articolo: Fri, 12 Dec 2025 06:00:00 GMT
Il presidente russo Vladimir Putin ha ricevuto giovedì un rapporto sulla completa liberazione della città di Seversk, situata nella Repubblica Popolare di Donetsk. Lo ha riferito il portavoce del Cremlino Dmitri Peskov, al termine di una riunione presidenziale dedicata alla situazione nella zona dell'operazione militare speciale e allo sviluppo degli eventi nel nord della Repubblica. Lo riporta Tass.
Nel corso dell'incontro, Putin ha lodato l'esercito per aver mantenuto la parola data, ricordando che l'alto comando si era impegnato a portare Seversk sotto controllo russo entro il 15 dicembre. "Ora voglio restituire queste parole a lei e a tutti i suoi comandanti e soldati: L'ha detto e l'ha fatto. Un vero uomo!", ha dichiarato il presidente, rievocando un elogio ricevuto in passato da una civile del Daghestan.
Un obiettivo di valore strategico
La località è stata teatro di duri combattimenti per settimane, poiché era stata precedentemente rinforzata con fortificazioni in cemento. Il capo di Stato Maggiore russo, Valery Gerasimov, aveva già informato in precedenza che a Seversk erano in corso intensi combattimenti urbani.
Gli esperti militari hanno sottolineato l'importanza strategica della città per le forze armate ucraine, che la utilizzavano come centro logistico cruciale. L'esercito ucraino la impiegava come un hub per l'accumulo di truppe, da cui i soldati venivano inviati verso la linea di contatto.
Il Ministero della Difesa russo ha diffuso giovedì le prime immagini della città liberata. Secondo il comunicato dell'ente, dopo la presa del controllo, i militari russi hanno perlustrato gli edifici residenziali e hanno offerto assistenza medica, cibo, acqua potabile e medicine ai civili rimasti. Le forze russe stanno anche ispezionando l'area alla ricerca di ordigni esplosivi e offrono agli abitanti la possibilità di essere evacuati in zone sicure.
Seversk si aggiunge a una serie di località che, secondo le dichiarazioni russe, sono state liberate negli ultimi giorni, tra cui Novodanilovka nella provincia di Zaporizhzhia, e Chervonoye e Rovnoye nella Repubblica Popolare di Donetsk. Inoltre, Gerasimov ha riferito che la parte meridionale della città strategicamente importante di Dimitrov (Mirnograd per l'Ucraina) è sotto il totale controllo dell'esercito russo.
Putin, nel commentare gli sviluppi, ha sottolineato la "buona dinamica" delle truppe russe su tutti i fronti, affermando che l'iniziativa strategica sul campo di battaglia è completamente nelle mani dell'esercito russo.
Data articolo: Thu, 11 Dec 2025 19:00:00 GMT
di Marinella Mondaini*
di Fabrizio Verde
Mercoledì 10 dicembre 2025, il presidente degli Stati Uniti Donald Trump ha annunciato pubblicamente il sequestro di una petroliera nelle acque adiacenti al Venezuela, dichiarando senza alcun imbarazzo: “Beh, ce la teniamo, immagino”. Con queste parole, pronunciate con un tono quasi scherzoso davanti ai giornalisti, Washington ha dato il via a un’operazione che Caracas ha immediatamente definito “palese furto” e “atto di pirateria internazionale”. Si tratta di un episodio che non solo viola i fondamenti del diritto marittimo internazionale, ma che smaschera con rara chiarezza le vere intenzioni strategiche ed economiche che da anni animano l’aggressività statunitense nei confronti della Repubblica Bolivariana del Venezuela.
???? Trump sobre el petrolero incautado a Venezuela:
— Extra News Mundo (@extranewsmundo) December 11, 2025
“Nos vamos a quedar con el petróleo”.
El mandatario presume del buque: “El más grande que se haya visto nunca”.
Venezuela alerta de una agresión militar y denuncia que Washington busca apropiarse de recursos regionales.#Trump… pic.twitter.com/OOb7xY0ExN
Il comunicato ufficiale del governo venezuelano, diffuso dal ministro degli Esteri Yván Gil, sottolinea che non si tratta di un’azione isolata. Già durante la campagna elettorale del 2024, Trump aveva dichiarato apertamente che il suo obiettivo era “impadronirsi del petrolio venezuelano senza versare alcun compenso in cambio”. Questa ammissione, unita al furto spacciato per sequestro, non lascia dubbi: la cosiddetta “politica di pressione” contro Caracas non è mai stata motivata da preoccupazioni umanitarie, democratiche o di sicurezza, ma da un piano deliberato di saccheggio delle risorse energetiche del paese sudamericano, che possiede le più vaste riserve petrolifere accertate al mondo. Senza dimenticare altre risporse come oro, minerali e acqua dolce di cui il Venezuela è ricco.
#COMUNICADO | La República Bolivariana de Venezuela denuncia y repudia enérgicamente lo que constituye un robo descarado y un acto de piratería internacional, anunciado de manera pública por el presidente de los Estados Unidos, quien confesó el asalto de un buque petrolero en el… pic.twitter.com/a5IFcSRQkp
— teleSUR TV (@teleSURtv) December 10, 2025
L’operazione, condotta da unità del Federal Bureau of Investigation (FBI), della Homeland Security Investigations (HSI), della Guardia Costiera e del Dipartimento della Difesa, è stata immortalata in un video pubblicato dalla stessa procuratrice generale USA, Pam Bondi. Le immagini mostrano un elicottero militare statunitense che si posiziona sopra la nave, da cui scendono agenti armati che irrompono a bordo. Nessuna autorizzazione internazionale, nessun mandato emesso da un tribunale neutrale, nessuna prova presentata pubblicamente: soltanto una forza armata che si appropria arbitrariamente di un bene che, come evidenzia Caracas, appartiene al popolo venezuelano.
????Estados Unidos difunde video de piratería contra tanquero en costas venezolanas
— teleSUR TV (@teleSURtv) December 10, 2025
????La fiscal Pam Bondi difundió imágenes de la incautación de un petrolero, acción que se enmarca en la escalada militar de Washington y las denuncias venezolanas sobre agresiones en el Caribe.… pic.twitter.com/nwkh25k8g8
Washington ha giustificato l’azione come una “procedura giudiziaria esecutiva contro una nave apolide”, sostenendo che il petrolio trasportato sarebbe stato oggetto di sanzioni. Tuttavia, questa motivazione appare fragile, se non pretestuosa. In primo luogo, il concetto di “nave apolide” è spesso usato in modo strumentale per eludere le norme sulla sovranità e la protezione dei beni statali. In secondo luogo, il governo venezuelano ricorda che lo stesso Stato nordamericano, attraverso la compagnia Chevron, continua a operare legalmente in Venezuela e a comprare petrolio venezuelano grazie a licenze speciali concesse dal Tesoro statunitense. Come osserva il ministro degli Esteri russo Sergej Lavrov: “Chevron opera in Venezuela e acquista petrolio venezuelano. Allora, quali volumi ‘illegali’ di greggio erano su quella nave? È una domanda che va chiarita”.
La reazione internazionale è stata netta e articolata. L’Iran ha condannato “l’azione illegale e ingiustificata” degli Stati Uniti, definendola una “grave violazione del diritto internazionale” e un tentativo di “promuovere l’anarchia”. Cuba, attraverso il suo ministro degli Esteri Bruno Rodríguez, ha denunciato un “vile atto di pirateria”, in palese violazione della libertà di navigazione e del libero commercio. La Russia, invece, ha scelto un tono più diplomatico ma altrettanto fermo: Lavrov ha chiesto trasparenza sulle basi legali dell’operazione e ha ribadito che questioni come la sicurezza marittima devono essere affrontate collettivamente, non tramite “azioni unilaterali che impongono fatti compiuti”. Nella stessa giornata, il presidente Vladimir Putin ha avuto un colloquio telefonico con il suo omologo venezuelano Nicolás Maduro, nel quale ha espresso solidarietà a Caracas e ha riaffermato l’impegno a sviluppare cooperazioni strategiche nei settori energetico, finanziario e commerciale.
Anche in America Latina la condanna verso le azioni ostili degli USA è significativa. Sebbene con toni cauti, governi come quelli di Colombia, Messico e Brasile hanno espresso preoccupazione per l’escalation militare statunitense e hanno ricordato l’importanza del principio di non ingerenza negli affari interni degli Stati. Parallelamente, l’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Diritti Umani ha criticato le recenti operazioni navali USA, definendole “esecuzioni sommarie” che violano il diritto internazionale umanitario. A rendere ancora più inquietante il contesto è il fatto che, secondo le stesse agenzie degli Stati Uniti come la Drug Enforcement Administration (DEA), la rotta venezuelana rappresenta meno del 20% del traffico di droga diretto negli Stati Uniti, con oltre l’80% delle sostanze che entra via Pacifico. I bombardamenti condotti da Washington contro presunte “narcoimbarcazioni” - che hanno causato la morte di oltre ottanta persone - appaiono dunque come una copertura per operazioni di natura ben diversa. In quest’ottica il furto della petroliera venezuelana può essere definito paradigmatico.
La acción ilegal del gobierno de Estados Unidos para incautar un buque petrolero venezolano sin ninguna razón justificada y legal en el Mar #Caribe es una grave violación de las leyes y normas internacionales, incluyendo el principio inviolable de la libertad de los mares y la… pic.twitter.com/QHEWZPUYi7
— Embajada de la R. I. de Irán en Venezuela (@Eiranencaracas) December 11, 2025
Già dal mese di agosto, infatti, gli Stati Uniti hanno mantenuto un imponente schieramento militare al largo delle coste venezuelane: cacciatorpediniere, un sottomarino nucleare, caccia da combatimento e truppe speciali, ufficialmente mobilitati nell’ambito dell’“Operazione Lancia del Sud”, presentata come anti-narcotraffico. Ma Caracas non crede a questa narrazione. Il ministro della Difesa venezuelano, Vladimir Padrino López, ha più volte avvertito: “L’imperialismo vuole dominare e fare suo questo continente”. E ha lanciato un monito all’intera regione: “Allerta, Venezuela! Allerta, America Latina!”. Secondo il governo bolivariano, il vero obiettivo è un cambio di regime finalizzato all’appropriazione di risorse strategiche: petrolio, gas, oro, persino acqua.
Ma allora, perché proprio ora? Perché gli Stati Uniti sembrano disposti a mettere in discussione la propria credibilità internazionale per un ingente carico di petrolio?
La risposta va cercata nei dati economici più recenti sul futuro dell’industria estrattiva statunitense. Secondo un rapporto dell’Enverus Intelligence Research pubblicato nel dicembre 2025, il costo marginale del petrolio da scisto negli Stati Uniti - finora pilastro dell’indipendenza energetica statunitense - è destinato a salire in modo drammatico. Si passerebbe dagli attuali 70 dollari al barile a ben 95 dollari entro la metà degli anni Trenta. Questo incremento è dovuto all’esaurimento progressivo dei giacimenti più ricchi e accessibili (il cosiddetto “core inventory”) e al conseguente spostamento verso aree più speculative e costose da sfruttare.
Alex Ljubojevic, direttore di Enverus, ha dichiarato: “L’egemonia del Nord America nel soddisfare la crescita della domanda globale di petrolio sta venendo meno. Nei prossimi dieci anni, il suo contributo scenderà al di sotto del 50%, a differenza del decennio precedente, in cui ha coperto oltre il 100% della domanda aggiuntiva”. In altre parole, il “miracolo dello shale oil” sta esaurendo la sua spinta. Eppure, la domanda mondiale di energia continua a crescere. In questo contesto strategico, il Venezuela - con le sue riserve petrolifere stimate in oltre 300 miliardi di barili - diventa un’opportunità troppo grande per essere ignorata.
Non a caso, Trump ha esultato per le dimensioni della petroliera sequestrata: “Una nave grande. Molto grande. La più grande che si sia mai vista”. E ha aggiunto con ambiguità: “Stanno accadendo altre cose che vedrete presto”. Queste parole, unite all’annuncio esplicito di voler trattenere il carico di greggio, rivelano una logica predatoria che non ha più bisogno di nascondersi dietro la retorica sui diritti umani o sulla democrazia. Come ha affermato la vicepresidente venezuelana Delcy Rodríguez: “Cadono le maschere. La verità è stata svelata. L’obiettivo reale degli Stati Uniti è il petrolio del Venezuela: rubarlo e appropriarsene illegittimamente, senza pagare nulla”.
A rendere ancora più complessa la situazione è il coinvolgimento diretto di attori dell’opposizione venezuelana in questa partita geopolitica. Il segretario generale del Partito Socialista Unido del Venezuela (PSUV), Diosdado Cabello, ha rivelato che la multinazionale ExxonMobil avrebbe finanziato con tre milioni di euro la logistica del viaggio di María Corina Machado in Norvegia per il premio Nobel, coprendo spese per oltre duecento persone tra familiari, giornalisti, influencer e politici di destra. Secondo Cabello, Machado avrebbe promesso alla compagnia di ripagarla con petrolio venezuelano, legando così il proprio progetto politico a interessi estranei alla sovranità nazionale. Questo episodio, denunciato a giusta ragione come un tentativo di “svendere il patrimonio nazionale in cambio di appoggio internazionale”, mostra quanto il conflitto in Venezuela non sia più solo interno, ma una battaglia globale per il controllo delle risorse energetiche del futuro.
In ultima analisi, il sequestro della petroliera non è un semplice atto di forza: è un sintomo di un mutamento strutturale nelle strategie imperiali nordamericane. Di fronte al declino della propria capacità produttiva che hanno reso gli un paese esportatore invece che importatore di petrolio, Washington non esita a ricorrere a forme di appropriazione diretta, bypassando il diritto internazionale e legittimando l’uso della forza come strumento di politica commerciale. Questo episodio, se non fermato, potrebbe aprire la strada a un nuovo ciclo di colonialismo energetico, dove la sovranità dei popoli del Sud del mondo viene calpestata a vantaggio di poche multinazionali e di un’agenda geopolitica unilaterale. Il Venezuela, sostenuto da una crescente solidarietà internazionale, si trova oggi in prima linea nella difesa di un principio fondamentale: le risorse naturali appartengono a chi le possiede, non a chi ha le navi più potenti. E come ha affermato Diosdado Cabello: “Contro la dignità di un popolo non possono vincere né le bombe, né i missili, né la guerra psicologica”.
Data articolo: Thu, 11 Dec 2025 16:17:00 GMT
Alla cerimonia di consegna del Premio Nobel per la Pace, Maria Corina Machado appoggia con entusiasmo l'atto di pirateria militare compiuto dagli Stati Uniti contro una petroliera venezuelana e il furto del suo carico di petrolio.
"Le istituzioni imperialiste occidentali onorano i politici del Sud del mondo che cedono le risorse dei loro paesi". E' il commento del giornalista fondatore di The Gray Zone Max Blumenthal.
Queste le sue parole sottotitolate in italiano.
"Alla cerimonia di consegna del Premio Nobel per la Pace, Maria Corina Machado appoggia con entusiasmo l'atto di pirateria militare compiuto dagli Stati Uniti contro una petroliera venezuelana e il furto del suo carico di petrolio
— l'AntiDiplomatico (@Lantidiplomatic) December 11, 2025
Le istituzioni imperialiste occidentali… pic.twitter.com/zYgp3MI4fA
"Beh, ehm, è collegato a quello che, che ho risposto prima perché, come ho detto, il regime sta usando, ehm, le risorse,
i flussi di denaro che provengono da attività illegali, compreso il mercato nero del petrolio". E ancora: "Quindi sì, questi gruppi criminali devono essere fermati e tagliare le fonti delle attività illegali è un passo molto necessario da fare. Un passo molto necessario da compiere." Parole da Premio Nobel per la NATO.
"Gli Stati Uniti hanno sequestrato una petroliera al largo delle coste del Venezuela. Chiamiamolo con il suo nome: un atto di pirateria". Jeremy Corbyn ha preso oggi la parola nella Camera inglese e ha rivolto questa semplice domanda al ministro degli esteri inglese.
"Il ministro non pensa, in modo responsabile, che il governo sia straordinariamente accondiscendente a una dichiarazione degli Stati Uniti con cui si attribuiscono il diritto di interferire negli affari interni di qualsiasi Paese al mondo con cui non sono d'accordo?"
Il riferimento dell'ex leader del partito laburista è agli atti di pirateria che gli Stati Uniti stanno portando avanti nei Caraibi. "Sequestrando una petroliera e prendendola in custodia senza alcun fondamento nel diritto internazionale e senza alcun tipo di minaccia militare", prosegue Corbyn, siamo fuori dal diritto internazionale.
Video con sottotitoli in italiano
Data articolo: Thu, 11 Dec 2025 15:00:00 GMT"Gli Stati Uniti hanno sequestrato una petroliera al largo delle coste del Venezuela. Chiamiamolo con il suo nome: un atto di pirateria. "
— l'AntiDiplomatico (@Lantidiplomatic) December 11, 2025
Jeremy Corbyn pic.twitter.com/AoBUPCvJEZ
"Dobbiamo essere pronti, perché alla fine di questo primo quarto del XXI secolo, i conflitti non si combattono più a distanza di sicurezza. Il conflitto
è davanti alla nostra porta. La Russia ha riportato la guerra in Europa, e dobbiamo essere pronti a un livello di sofferenza che i nostri
nonni e bisnonni hanno vissuto".
Lo ha dichiarato il segretario generale della Nato Mark Rutte oggi 11 dicembre in conferenza stampa.
Vi consigliamo caldamente la visione totale del suo intervento che vi abbiamo sottotitolato in italiano per comprendere dove ci sta portando il governo vassallo della Meloni nel seguire supinamente le scelte di Nato e Unione Europea.
Data articolo: Thu, 11 Dec 2025 15:00:00 GMT"Dobbiamo essere pronti..."
— l'AntiDiplomatico (@Lantidiplomatic) December 11, 2025
Le inquietanti parole del Segretario Nato Rutte oggi pic.twitter.com/eLJe4WZ0vC
Arrestato a La Paz, capitale della Boliva, l'ex presidente Luis Arce da una forza speciale anticorruzione. La detenzione, carica di tensione e accuse incrociate, segna un episodio senza precedenti nel Paese andino e arriva a soli trenta giorni dall'insediamento del nuovo presidente conservatore, Rodrigo Paz, che ha interrotto due decenni di governo socialista del MAS.
L'arresto è legato a un'indagine su presunte malversazioni nel Fondo de Desarrollo para los Pueblos Indígenas Originarios y Comunidades Campesinas (Fondioc), un fondo statale dedicato allo sviluppo delle comunità indigene e contadine, storica base elettorale del Movimento al Socialismo (MAS). Arce, già ministro dell'Economia durante la presidenza di Evo Morales e presidente dal 2020 al 2025, è stato membro del consiglio di amministrazione del fondo dal 2006 al 2017.
Secondo le accuse dell'ufficio del procuratore generale, l'ex presidente sarebbe responsabile dei reati di "incumplimiento de deberes" (inosservanza dei doveri) e "conducta antieconómica" (condotta antieconomica). Un alto funzionario del governo Paz, Marco Antonio Oviedo, ha dichiarato che Arce è ritenuto il "principale responsabile" di un danno erariale stimato in 200 milioni di dollari, accusandolo di aver autorizzato trasferimenti irregolari di denaro pubblico verso conti personali, distraendo fondi destinati a progetti di sviluppo rurale.
???? #GrupoFides | #ANF Joel Lara, abogado del hijo de Marco Antonio Aramayo, principal denunciante del desfalco al Fondo Indígena, informó que ayer enviaron una carta al vicepresidente Edmand Lara para hacerle conocer que Luis Arce firmó los desembolsos de dinero. pic.twitter.com/rVtpSzfmkW
— Agencia de Noticias Fides (@noticiasfides) December 10, 2025
"È la decisione di questo governo combattere la corruzione, e arresteremo tutti i responsabili di questo massiccio peculato", ha affermato Oviedo, presentando l'operazione come l'adempimento di una promessa elettorale fondamentale. Il vicepresidente Edmand Lara ha rilasciato un video per congratularsi con la polizia, dichiarando: "Lo avevamo detto: Luis Arce sarà il primo a finire in prigione e stiamo mantenendo la parola".
Tuttavia, dalla parte di Arce si alza un coro di proteste che dipinge l'arresto come un atto di pura persecuzione politica. María Nela Prada, ex ministro della Presidenza, ha denunciato un "sequestro totalmente illegale", avvenuto senza un mandato nel quartiere di Sopocachi. Ha raccontato di "persone incappucciate" che avrebbero prelevato l'ex presidente, gettando la famiglia nell'incertezza sul suo destino iniziale. Prada ha sottolineato la violazione del diritto alla difesa e ha lamentato che a un ex presidente spetterebbe un "juicio de responsabilidades" (processo sulle responsabilità), una procedura speciale, e non un arresto in strada.
Le autorità giudiziarie hanno confermato che Arce, dopo essere stato trattenuto nella sede della Fuerza Especial de Lucha Contra el Crimen (Felcc), ha scelto di avvalersi della facoltà di non rispondere durante l'interrogatorio. L'ex presidente resterà in custodia fino alla comparizione davanti a un giudice, che deciderà se confermare la custodia cautelare in carcere. I capi d'accusa contro di lui prevedono una pena massima di sei anni di detenzione.
L'episodio riaccende i profondi conflitti nella società boliviana, divisa tra chi vede nell'azione della giustizia un passo necessario per ripulire lo Stato e chi vi legge invece l'inizio di una vendetta politica, uno strumento per criminalizzare l'opposizione e l'ex establishment socialista.
L’arresto dell’ex presidente Luis Arce in Bolivia non è solo un terremoto giudiziario, ma rischia di aprire una nuova e pericolosa linea di conflitto politico. Mentre l’ex presidente è formalmente accusato di peculato e abuso d’ufficio per presunte irregolarità nel Fondo Indígena, dalle file del Movimento al Socialismo (MAS), in una fase di ristrutturazione dopole profonde divisioni che hanno consentito a Rodrigo Paz di ottenere la presidenza, arriva una pesantissima accusa: il vero obiettivo del governo conservatore di Rodrigo Paz sarebbe Evo Morales, il leader storico e padre della Bolivia socialista del ventennio scorso. Primo presidente indigeno del paese andino.
A lanciare l’allarme è Héctor Arce, ex deputato del MAS, che in un’intervista a UNITEL ha denunciato una manovra a più livelli. Secondo l’ex parlamentare, l’esecutivo di Paz cerca di “demonizzare e stigmatizzare” Evo Morales, sfruttando un’inchiesta che riguarda un periodo in cui era proprio Morales a essere presidente (2006-2019). “Rodrigo Paz sta organizzando e montando un circo”, ha affermato Arce con parole durissime. “Vuole mostrare la muscolatura di Rambo o Terminator, cosa che non ha. Quello che vuole causare è impressione, paura”.
La strategia del governo, sempre secondo l’analisi dell’esponente ‘evista’, sarebbe duplice: da un lato presentare il presidente Paz come un leader implacabile nella lotta alla corrupzione, dall’altro deviare l’attenzione dell’opinione pubblica dalle crisi concrete che attanagliano il paese, come la penuria di diesel, l’inflazione sui beni alimentari e altri casi giudiziari spinosi. “Vuole mostrarsi come un presidente implacabile e che lotta contro la corruzione”, ha aggiunto Arce, sottolineando come l’arresto del suo omonimo ex presidente serva proprio a questo scopo.
Tuttavia, Héctor Arce precisa una distinzione cruciale per la difesa di Morales: se è vero che l’ex leader indigeno era al vertice dello Stato, la gestione operativa del Fondo Indigena spettava ai suoi ministri. “Evo Morales era presidente, ma coloro che eseguivano i programmi e i progetti erano i ministri. Pertanto, i diretti responsabili dell’esecuzione sono i ministri e devono essere investigati come si deve”, ha argomentato, implicitamente scagionando il suo leader e circoscrivendo le responsabilità all’allora ministro dell’Economia Luis Arce e ai suoi collaboratori.
L’ex deputato ha ribadito di sostenere le indagini quando esistono indizi concreti, ma ha bollato l’arresto di mercoledì come un atto spettacolare e intimidatorio, più che un serio passo della giustizia. Queste dichiarazioni confermano che l’arresto di Arce non chiude la partita, ma anzi la sposta su un livello superiore e ancor più polarizzante: il possibile coinvolgimento di Evo Morales.
Data articolo: Thu, 11 Dec 2025 14:40:00 GMT
In un’intervista esclusiva rilasciata giovedì a RT, l’ex presidente dell’Ecuador Rafael Correa ha lanciato un severo monito sulla crescente strumentalizzazione della giustizia come arma politica, definendo l’arresto dell’ex presidente boliviano Luis Arce un “punto sensibile” in una strategia orchestrata contro i leader progressisti.
“Sono necessarie istituzioni internazionali molto più efficaci, perché tutti i sistemi giudiziari sono marci”, ha affermato Correa, parlando con il canale internazionale RT poche ore dopo la notizia della detenzione di Arce. L’ex leader ecuadoriano ha deplorato l’uso del potere giudiziario per “colpire” specifici settori politici, descrivendo gli eventi in Bolivia non come una coincidenza ma come il risultato di un’azione “articolata e pensata, razionalizzata”.
La presa di posizione di Correa tocca un nervo scoperto nel dibattito sulla governance globale e sulla sovranità nazionale, mettendo in discussione l’integrità degli apparati giudiziari in America Latina e oltre. Secondo la sua analisi, l’obiettivo immediato dell’arresto di Arce, “indipendentemente da ciò di cui è accusato”, non sarebbe la giustizia, bensì la “vendetta” e la creazione di un “effetto dimostrativo” per intimidire chi non si dimostri “docile”.
“Si tratta di umiliarlo, di spaventarlo”, ha dichiarato, sottolineando come la misura estrema della detenzione appaia sproporzionata. L’ex presidente individua in questa dinamica un duplice bersaglio: da un lato, le élite oligarchiche locali, e dall’altro, “il grande paese del nord”, in un chiaro riferimento agli Stati Uniti, accusati di esercitare un’influenza deleteria su Stati considerati “sotto il controllo delle élite”.
La soluzione proposta da Correa va oltre la denuncia e si colloca in una prospettiva di riforma sistemica. Di fronte a quella che definisce una “crisi mondiale”, egli invoca una lotta collettiva “come umanità, come civiltà” e la necessità di “ristrutturare i sistemi internazionali affinché siano efficaci”. Nella sua visione, organismi come il Sistema Interamericano di Giustizia e le Nazioni Unite dovrebbero essere ripensati “affinché siano davvero di giustizia e non di geopolitica”.
È in questa cornice che Correa colloca il fenomeno del lawfare, o “giudizializzazione della politica”, da lui descritto come lo strumento con cui poteri “mafiosi” e radicati nello Stato cercano di ottenere attraverso i tribunali ciò che non riescono a conseguire democraticamente alle urne. “Il potere mafioso radicato nello Stato rimane intatto. Quindi, hanno preso il potere giudiziario, i pubblici ministeri, i giudici”, ha concluso, dipingendo un quadro di istituzioni catturate e di una regione alle prese con “gravi carenze” nella giustizia.
Data articolo: Thu, 11 Dec 2025 14:00:00 GMTIl copresidente del Nicaragua, Daniel Ortega, ha condannato le azioni dell'Europa, affermando che, invece di cercare la pace, il continente si sta preparando a un conflitto con la Russia, definendo tale atteggiamento “una totale follia”.
“Gli europei, la Comunità Europea, stanno cercando di capire come raccogliere, credo, 70 miliardi di euro per acquistare e produrre armi. E qual è la giustificazione? Perché la Russia sta lottando per ciò che le appartiene in Ucraina, dicono, o perché vogliono prepararsi a una guerra con la Russia. È una follia totale”, ha dichiarato.
Ortega ha affermato che “le potenze coloniali e imperialiste non hanno imparato la lezione della storia, perché ovunque il colonialismo abbia messo radici, ovunque sia stato instaurato il dominio imperiale, alla fine ha fallito e i popoli sono stati liberati”.
"Devono lavorare per la pace. Ora tutti noi dobbiamo lavorare per la pace. La comunità europea deve lavorare per la pace", ha affermato durante la cerimonia di laurea dei cadetti del Centro Superiore di Studi Militari Eroe Nazionale della Divisione José Dolores Estrada Vado.
“In questo momento, il mondo non può più parlare di nuove guerre. L'umanità ha già vissuto abbastanza guerre da non aver bisogno di altre”, ha aggiunto il copresidente nicaraguense.
Data articolo: Thu, 11 Dec 2025 13:56:00 GMT
Nitzan Alon, ex coordinatore israeliano per gli affari dei prigionieri, ha ammesso che la maggior parte degli israeliani tenuti prigionieri da Hamas nella città di Jabalia, nel nord di Gaza, sono stati uccisi dai raid aerei dell'esercito.
"Il fuoco israeliano ha ucciso la maggior parte degli ostaggi a Jabalia a causa di lacune nei servizi segreti", ha confermato Alon, ora in pensione, al quotidiano ebraico Yedioth Ahronoth .
Alon ha aggiunto che molti dei prigionieri arrivati ??vivi nella Striscia sono morti poco dopo a causa degli attacchi aerei israeliani che hanno preso di mira gli edifici in cui erano tenuti prigionieri.
Tra loro c'erano tre prigionieri israeliani, uccisi in un attacco israeliano nel dicembre 2023. Ciò fu il risultato di "supposizioni errate sul campo".
"La paura causata dai nostri attacchi aerei è stata ripetutamente menzionata nelle testimonianze degli ostaggi", ha continuato Alon.
Ha inoltre affermato che la pressione interna sul governo e le proteste organizzate dalle famiglie dei prigionieri hanno avuto scarsi effetti sui negoziati.
Alon ha anche ricordato che Israele ha iniziato la guerra con un approccio del tipo "prima gli ostaggi, poi Hamas", ma ha finito per scegliere una strada diversa.
"Se Hamas rimane al potere a Gaza, non abbiamo raggiunto nessuno dei nostri obiettivi. Se verrà smantellato, la gente continuerà a discutere sul prezzo – e molti sosterranno che un accordo simile avrebbe potuto essere raggiunto molto prima", ha concluso.
Solo cinque giorni prima, Alon aveva ammesso a Yedioth Ahronoth che la famiglia Bibas non era stata rapita da Hamas.
Quattro membri della famiglia – un uomo, sua moglie e i loro due figli – furono fatti prigionieri durante l'operazione Al-Aqsa Flood dalle Brigate Mujahideen, l'ala militare del movimento dei Mujahideen palestinesi.
I loro corpi furono consegnati da Hamas nel febbraio 2025. Israele sostiene che i combattenti di Hamas hanno ucciso la famiglia Bibas "a mani nude", ma sia Hamas che le Brigate Mujahideen hanno smentito sostenendo che sono stati uccisi da un attacco israeliano.
"Prendiamo ad esempio la famiglia Bibas. Sapevamo chi li aveva rapiti. Abbiamo informato Hamas sull'identità dei rapitori, in modo che potessero localizzare i corpi e restituirli", ha dichiarato Alon al quotidiano israeliano la scorsa settimana.
Dall'inizio della guerra sono emerse numerose prove sull'attuazione da parte di Israele della direttiva Annibale del 7 ottobre, una misura adottata per impedire la cattura di israeliani anche se ciò metteva a rischio la loro vita.
Secondo quanto confermato dalle testimonianze, elicotteri e carri armati israeliani hanno aperto il fuoco indiscriminatamente contro gli insediamenti presi d'assalto dai combattenti di Hamas quel sabato, provocando distruzioni di massa e numerose vittime israeliane.
I prigionieri liberati hanno anche confermato ai media israeliani di aver avuto più paura di essere uccisi dagli attacchi aerei israeliani che da quelli di Hamas.
All'inizio di quest'anno, Haaretz ha riferito che gli attacchi israeliani hanno ucciso almeno 20 prigionieri e messo in pericolo la vita di decine di altre persone.
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Data articolo: Thu, 11 Dec 2025 11:30:00 GMT
Quasi la metà dei cittadini statunitensi, tra cui un quinto dei repubblicani, si oppone agli attacchi di Washington contro le presunte "barche della droga" nel Mar dei Caraibi e nell'Oceano Pacifico. E’ quanto emerge da un sondaggio Reuters /Ipsos pubblicato il 10 dicembre.
Il sondaggio, durato sei giorni e che ha incluso le risposte di 4.434 adulti in tutto il Paese, ha rilevato che il 48 percento dei cittadini statunitensi si oppone a compiere attacchi illegali senza ottenere l'autorizzazione di un giudice o di un tribunale.
Ciononostante, il 34 percento degli intervistati ha espresso sostegno, mentre il resto ha dichiarato di essere "indeciso".
La divisione è trasversale ai partiti: il 67 percento dei repubblicani sostiene gli scioperi e il 19 percento è contrario, rispetto all'80 percento dei democratici che si oppongono.
Il sondaggio ha anche registrato una diffusa disapprovazione per la grazia concessa dal presidente degli Stati Uniti Donald Trump all'ex presidente honduregno Juan Orlando Hernandez, caduto in disgrazia e leader sostenuto dagli Stati Uniti, condannato a oltre 45 anni di carcere negli Stati Uniti per traffico di droga.
Il 64% degli intervistati si è dichiarato contrario alla grazia, mentre solo l'8% l'ha sostenuta.
Anche un precedente sondaggio condotto a novembre aveva evidenziato una forte sfiducia dell'opinione pubblica nei confronti della spinta di Washington a una guerra per un cambio di regime in Venezuela.
All'inizio dell'anno, le valutazioni dell'intelligence statunitense hanno smentito le affermazioni di Trump secondo cui il Venezuela produce Fentanyl per la spedizione negli Stati Uniti, affermando invece che "poco o nessun" fentanyl entrava negli Stati Uniti dal Venezuela, secondo le rivelazioni pubblicate da Drop Site News.
Ad aprile, Tulsi Gabbard, direttrice dell'intelligence nazionale degli Stati Uniti, ha licenziato i due massimi funzionari del National Intelligence Council dopo che la loro valutazione contraddiceva l'affermazione di Trump secondo cui le autorità venezuelane stavano dirigendo le attività delle gang negli Stati Uniti.
Rapporti dell'intelligence e dell'agenzia antidroga degli Stati Uniti hanno precedentemente stabilito che il "Cartel de los Soles" non è una vera organizzazione criminale e che Caracas non è coinvolta nelle attività del gruppo Tren de Aragua.
Almeno 87 persone, tra cui pescatori innocenti provenienti da Colombia, Ecuador e Trinidad e Tobago, sono state uccise da attacchi aerei statunitensi su presunte "narco-barche" in Sud America da settembre.
Tra questi rientra anche un attacco "doppio colpo" durante il primo attacco della cosiddetta Operazione Southern Spear, in cui persero la vita due sopravvissuti alla deriva in mare.
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Data articolo: Thu, 11 Dec 2025 11:00:00 GMT
L'ufficio stampa governativo della Striscia ha rivelato, in un rapporto, che Israele ha commesso almeno 738 violazioni del cessate il fuoco a Gaza, uccidendo quasi 400 persone da ottobre.
"Confermiamo che l'occupazione israeliana ha continuato, dall'entrata in vigore del cessate il fuoco il 10 ottobre 2025, fino all'8 dicembre 2025 (per un periodo di 60 giorni), a commettere gravi e sistematiche violazioni dell'accordo, in palese violazione del diritto internazionale umanitario", ha precisato l’ente governativo dell’enclave assediata.
"Durante questo periodo, le autorità governative competenti hanno registrato 738 violazioni dell'accordo", ha aggiunto, rivelando che almeno 386 civili palestinesi sono stati uccisi da attacchi aerei israeliani, attacchi con droni, bombardamenti di artiglieria e spari.
Tra le vittime ci sono decine di donne, bambini e anziani. Quasi 1.000 palestinesi sono rimasti feriti, ha aggiunto l'ufficio stampa.
Il conteggio dell'ufficio stampa rivela che ci sono state 205 sparatorie israeliane contro civili, 37 incursioni in aree popolate, 358 bombardamenti contro civili e abitazioni e 138 detonazioni di edifici e infrastrutture.
Ha ricordato, tra l’altro, che in media sono entrati a Gaza solo 226 camion di carburante e aiuti al giorno, sui 500 richiesti dall'accordo di cessate il fuoco, pari ad appena il 10 percento della quantità concordata.
“Solo 13.511 camion dei 36.000 che avrebbero dovuto entrare a Gaza lo hanno effettivamente fatto durante il periodo di 60 giorni.”
All'inizio del mese scorso, Tel Aviv aveva consentito l'ingresso solo del 28 percento degli aiuti che avrebbero dovuto entrare nella Striscia come parte dell'accordo, ha dichiarato a novembre l'ufficio stampa governativo.
Ciò include attrezzature essenziali di cui si ha urgente bisogno per le operazioni di rimozione delle macerie.
Secondo il Programma delle Nazioni Unite per lo sviluppo (UNDP), attualmente a Gaza ci sono 68 milioni di tonnellate di macerie dovute alla guerra genocida di Israele e alla distruzione sistematica delle infrastrutture.
Hamas ha avvertito che i colloqui per attuare la seconda fase dell'accordo di cessate il fuoco di Gaza non potranno aver luogo finché Israele continuerà a violare la prima fase dell'accordo.
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