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News lantidiplomatico.it

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IN PRIMO PIANO
Venezuela: crescita economica del 9% nel 2024

Il Venezuela si sta affermando come un esempio di portentosa resistenza economica in un contesto internazionale difficile, caratterizzato da sanzioni draconiane e una guerra ibrida condotta dagli Stati Uniti. Nonostante questi ostacoli, il presidente Nicolas Maduro, in occasione del discorso annuale alla nazione davanti all'Assemblea Nazionale, ha annunciato una crescita economica superiore al 9% nel 2024, un risultato confermato dai dati del Banco Central de Venezuela (BCV).

Secondo quanto evidenziato dal presidente Maduro, il Paese bolivariano ha compiuto passi significativi nella costruzione di un nuovo modello economico, recuperando la capacità produttiva nazionale e creando un mercato interno robusto basato sulla produzione “Made in Venezuela”. Attualmente, l’85% dei prodotti disponibili nei supermercati è di origine nazionale, con un forte focus su prodotti organici e privi di organismi geneticamente modificati.

Questa crescita è trainata da diversi settori strategici:

- Costruzioni: crescita del 25,9%.

- Mineraria: aumento del 21%.

- Petrolio: produzione giornaliera che supera il milione di barili, con un incremento del 14%.

- Agricoltura: crescita del 6,2%, con 16 trimestri consecutivi in numeri positivi.

- Commercio e riparazione di veicoli: incremento del 6,2%.

- Manifattura: crescita del 4,6%, con un miglioramento del 45% nelle operazioni industriali.

Il governo ha inoltre avviato un processo di semplificazione burocratica per facilitare le esportazioni. Grazie all’utilizzo di tecnologie avanzate come l’intelligenza artificiale, i tempi per completare i protocolli sono stati ridotti da 51 a soli 10 giorni.

Lotta all’inflazione: un traguardo storico

Il 2024 ha segnato un altro importante successo con la riduzione dell’inflazione annualizzata al 48%, il livello più basso degli ultimi 12 anni. Questo risultato rappresenta una svolta rispetto all’iperinflazione record del 344.000% registrata nel 2019. Maduro ha dichiarato che il prossimo obiettivo è eliminare completamente l’inflazione, consolidando una stabilità economica a lungo termine.

Investimenti internazionali e innovazione

Un elemento chiave della ripresa economica venezuelana è rappresentato dagli investimenti internazionali. Il ministro delle Industrie e presidente del Centro Internacional de Inversión Productiva (CIIP), Alex Saab, ha firmato contratti per oltre 52 miliardi di dollari nel 2024, concentrati su settori strategici come petrolio, gas, turismo, chimica, mineraria e industria pesante.

Inoltre, il governo ha istituito il nuovo Ministero del Commercio Estero, guidato da Coromoto Godoy, con l’obiettivo di potenziare la vocazione esportatrice del Paese. Tra le iniziative promosse, spicca la creazione della Liga Nacional del Emprendimiento Venezolano, pensata per sostenere l’innovazione e lo sviluppo di nuovi progetti imprenditoriali.

Sostegno popolare

Nonostante le sfide politiche e sociali, il Paese gode di una stabilità notevole. Durante il recente programma televisivo “Con El Mazo Dando”, Diosdado Cabello, vicepresidente del Partito Socialista Unito del Venezuela (PSUV), ha sottolineato il clima di calma e tranquillita che regna nella nazione. Ha anche evidenziato il sostegno popolare al governo di Maduro, nonostante i tentativi di destabilizzazione da parte dell’opposizione e delle potenze straniere.

La crescita economica del Venezuela dimostra che è possibile prosperare anche in un contesto ostile. Grazie a una strategia basata sulla diversificazione produttiva, il sostegno all’imprenditoria e una gestione oculata delle risorse, la Repubblica Bolivariana del Venezuela sta superando le sfide imposte dalle sanzioni e dalle pressioni internazionali. Con un mercato interno forte e una crescente capacità di esportazione, il Venezuela si pone come un modello di resistenza e sviluppo per l’intero continente.

Data articolo: Thu, 16 Jan 2025 15:16:00 GMT
IN PRIMO PIANO
Sri Lanka-Cina: partnership strategica e prospettive future

Il presidente appena eletto dello Sri Lanka, Anura Kumara Dissanayake, ha realizzato il suo primo viaggio in Cina dopo aver assunto l'incarico. L'attenzione internazionale è focalizzata su questa visita e su come gestirà le relazioni con le grandi potenze, un fattore cruciale per lo sviluppo dello Sri Lanka.

Dissanayake è una figura politica emergente in Sri Lanka, e la sua ascesa evidenzia il desiderio di cambiamento del popolo srilankese dopo la crisi economica degli ultimi anni. Dopo aver partecipato a movimenti politici di base come studente, porta con sé il peso delle riforme. La sua amministrazione ha chiare priorità politiche: rilanciare l'economia, combattere la corruzione e migliorare l'efficienza del governo. Dopo la bancarotta dello Sri Lanka nel 2022, il programma di salvataggio del Fondo Monetario Internazionale ha migliorato alcuni indicatori macroeconomici, ma le misure di austerità hanno aumentato notevolmente il carico gravante sulle spalle della popolazione. Dal 2021, il tasso di povertà dello Sri Lanka è raddoppiato, raggiungendo il 25%.

Misure economiche e lotta alla corruzione

Appena assunto l'incarico, Dissanayake si è concentrato sulla stabilizzazione dei prezzi, sull'implementazione di riduzioni fiscali e sull'aumento del supporto politico per attrarre più investimenti esteri. È anche determinato a combattere la corruzione, ritenendo che essa mini la fiducia e il progresso, e ha promesso di intensificare le indagini e le pene per le attività di corruzione In termini di efficienza governativa, ha istituito il più piccolo gabinetto dello Sri Lanka degli ultimi decenni e supervisiona personalmente ministeri chiave come difesa, finanze, sviluppo economico e economia digitale, dimostrando il suo impegno per la costruzione e lo sviluppo nazionale.

Politica estera e relazioni regionali

Dissanayake è consapevole che, sebbene la ripresa economica e le riforme interne siano importanti, lo sviluppo nazionale non può essere raggiunto senza una solida politica estera. Come paese insulare situato nel crocevia strategico dell'Oceano Indiano, lo Sri Lanka deve affrontare sfide interne e cercare un equilibrio nel complesso contesto internazionale. Gestire le relazioni con le potenze regionali è fondamentale per la sicurezza strategica del paese. Relazioni stabili con i paesi vicini sono una condizione chiave per lo sviluppo nazionale dello Sri Lanka.

La visita di Dissanayake in Cina è di grande importanza per lo sviluppo delle relazioni tra Cina e Sri Lanka. La Cina ha costantemente sostenuto lo sviluppo dello Sri Lanka, fornendo assistenza continua in settori come investimenti diretti esteri, infrastrutture ed energia. Dopo la crisi economica dello Sri Lanka, la Cina ha svolto un ruolo significativo nella ristrutturazione del debito e il suo tempestivo supporto ha ulteriormente rafforzato la profonda amicizia tra le due nazioni.

Durante la visita, il presidente cinese Xi Jinping e Dissanayake hanno assistito alla firma di documenti di cooperazione tra i due paesi, inclusi accordi sull'esportazione di prodotti agricoli dallo Sri Lanka alla Cina. Xi ha dichiarato che la Cina sosterrà attivamente lo Sri Lanka nel concentrarsi sullo sviluppo economico e promuoverà la cooperazione di alta qualità nell'ambito della Belt and Road Initiative, migliorando la collaborazione in settori come l'agricoltura moderna, l'economia digitale e l'economia marina.

Prospettive future

Dissanayake ha espresso il suo apprezzamento per i significativi risultati della Cina nei campi dell'economia, della tecnologia e delle infrastrutture, affermando che la Cina è sempre stata un amico e partner affidabile per lo Sri Lanka. Ha ribadito l'impegno del suo paese nella costruzione congiunta della Belt and Road per migliorare la connettività regionale e ha accolto con favore ulteriori investimenti da parte delle imprese cinesi.

In generale, il viaggio del presidente srilankese in Cina si è concentrato sull'esplorazione di opportunità di sviluppo bilaterale. Lo Sri Lanka ha anche presentato domanda per aderire ai BRICS, con particolare attenzione a diventare membro della New Development Bank. Questo indica la ricerca dello Sri Lanka di percorsi alternativi per risolvere i suoi problemi economici. Da questa prospettiva, è chiaro che prendere posizione o camminare su una corda tesa non sarà la scelta di politica estera dell'amministrazione Dissanayake. Un approccio pragmatico è destinato a portare benefici più tangibili per lo Sri Lanka.

Data articolo: Thu, 16 Jan 2025 14:24:00 GMT
WORLD AFFAIRS
In Argentina la "rotta del Mercosur" sarà in mani private

In Argentina, il governo ha approvato la partecipazione di imprese private alle gare d'appalto per la “rotta del Mercosur” e per la riabilitazione e la gestione di vari tratti della rete stradale nazionale. L'obiettivo è trasferire la gestione di queste strade al settore privato per ridurre il coinvolgimento dello Stato, secondo le linee guida dell'amministrazione del presidente fanatico ultraliberista Javier Milei.

Il processo inizierà con il corridoio autostradale nazionale n. 18, che comprende più di 600 chilometri di strade e passaggi di frontiera con Uruguay e Brasile. Le gare d'appalto consentiranno alle aziende di costruire, gestire, riparare, ampliare, mantenere e fornire servizi agli utenti, nonché di svolgere operazioni complementari o collaterali per generare entrate aggiuntive.

Il governo spera che, coinvolgendo il capitale privato, possa ridurre le spese di circa 6,1 miliardi di dollari in 15-20 anni, attualmente a carico dell'erario nazionale. Inoltre, il governo ha annunciato il mancato rinnovo di almeno 1.400 contratti nel settore sanitario come parte delle misure di riduzione dei costi.

Data articolo: Thu, 16 Jan 2025 14:05:00 GMT
Il Principe
Forze del disordine morale

 

di Giuseppe Giannini

Il governo di Dio (lo studio della Bibbia nelle scuole), Patria (dei padroni), e Famiglia (declinata in senso tradizionale come forma di controllo sui corpi delle donne), ha in mente di approntare uno scudo penale.

Lo scudo penale è quella misura con cui i governi, in particolari circostanze, tendono a salvaguardare determinate categorie. A  proteggerle in quanto da situazioni "estreme", "delicate", possono derivare effetti esorbitanti il normale operato. E che, più o meno direttamente, provocano danni ai terzi. Eccedendo la normale responsabilità insita nel lavoro che si sta svolgendo. Negli ultimi anni se ne è parlato spesso con riguardo alla gestione del covid. Mentre gli stati di emergenza prolungati legittimavano il controllo sociale e le discriminazioni, le parti datoriali reclamavano uno strumento ulteriore di tutela in nome, dicevano, dei lavoratori esposti (dopo averli mandati agli inizi a  lavorare senza sistemi di protezione). In realtà una situazione equiparata agli infortuni sul lavoro che, con il Decreto Cura Italia, esonerava le imprese dall'eventuale esborso monetario nei casi di infezione sul luogo di lavoro. Questa però è un'altra (e triste) storia.

Ultimamente il tema ritorna relativamente alle forze dell'ordine. Il governo delle destre, che parte dalla pregiudiziale verso i manifestanti, è acriticamente favorevole alle forze armate, tanto da difenderne le azioni anche quando le evidenze dimostrano il contrario. Al contempo, incapaci di metterle in condizioni lavorative decenti (le dotazioni, i mezzi, il salario), stanno portando avanti da mesi, anche grazie al supporto dei loro media, una campagna di criminalizzazione verso le forme di dissenso sociale e politico. Stando alla narrazione in Italia c'è un clima talmente agitato da ricordare gli anni della cd. Strategia della tensione. Quindi, ogni dichiarazione (le parole di Landini e della Salis) o fatto ( gli episodi isolati di manifestazioni di protesta con scontri) può costituire il precedente pericoloso per il diffondersi di altri ed organizzati episodi di contestazione. Secondo loro le vittime delle violenze sono carabinieri, poliziotti ecc.

E' fuor di dubbio che chi appartiene alle divise armate ricopre un ruolo di particolare responsabilità. Tutelano la collettività, mantengono l'ordine della convivenza, ed eseguono le disposizioni impartite dagli esecutivi e dalla Magistratura. In più rischiano soprattutto quando di mezzo ci sono persone particolarmente violente od organizzazioni criminali. E' vero però che essi godono di una situazione complessiva migliore rispetto agli altri cittadini (il lavoro, l'età per andare in pensione, le prerogative). Ed è anche palese come alcuni eccessi e comportamenti vengono tollerati e protetti (una sorta di pseudoimmunità al pari dei politici) vedendoli raramente pagare per gli abusi.

Giurano fedeltà alla Costituzione e alle leggi ma a volte vanno oltre. E' inutile stare qui a farne l'elenco delle magagne. In tutte le categorie esistono le male marce. Ci sono magistrati deviati, politici corrotti e poliziotti razzisti. E diversi esaltati, picchiatori, infiltrati (dagli anni di piombo ad oggi), e razzisti. Proprio per tali ragioni, e poichè sono in diretto contatto con la popolazione è giusto pretendere un atteggiamento adeguato e rispettoso della divisa che indossano.

D'altro canto è molto raro vedere un carabiniere/poliziotto che paghi per le sue malefatte. Qualora non venga protetto dall'omertà dei colleghi, e sia sottoposto a processo, c'è sempre qualche attenuante a suo favore. Riuscire a risalire alle responsabilità, accertare la verità processuale è impresa paragonabile alle fatiche di Sisifo.

L'ultimo caso balzato alle cronache riguarda la triste vicenda del povero Ramy, ma se ci fermiamo a riflettere per qualche secondo ci vengono in mente: la tortuosa vicenda di Stefano Cucchi; il caso Aldrovandi; la mattanza del G8 di Genova nel 2001, le torture in diversi istituti penitenziari; gli eccessi nei centri dove sono reclusi i migranti.

Questo accade nelle democrazie liberali. Dove gente in divisa, priva di coscienza ed etica, tutt'altro che ligia al dovere, sta lì a difendere il potere ed i padroni (la polizia privata), e si accanisce con i "malcapitati".  Pensiamo alle violenze contro i neri e gli stranieri in America ed in Europa; l'utilizzo di taser; i rilevamenti biometrici; le telecamere da Grande Fratello disseminate dappertutto. L'uso spropositato della forza.

Non viviamo in Paesi con regimi autoritari dove la diversità e il dissenso vengono perseguiti eccessivamente (uno su tutti l'Ungheria di Orban tanto cara alla Meloni). Tuttavia, da sempre, i governi liberal usano la forza per placare le proteste sociali. Vedere Robocop fanatici picchiare lavoratori e studenti, etichettarli con disprezzo ("zecche comuniste" , "zingari") inneggiare al Duce o a Pinochet,  non giova alla democrazia. Che poi ci siano provocatori da attenzionare è doveroso.

Solo che la propaganda del regime sfrutta un linguaggio che appartiene ad altre epoche e contesti ( le cellule eversive) o fuori luogo (la presunta pericolosità dei Centri Sociali). In diverse manifestazioni è possibile osservare come dinnanzi a soggetti vestiti di nero, i famosi Black Block, che hanno tutto il tempo di arrivare, organizzare e compiere atti volti a mettere a soqquadro le città, spesso le stesse forze, che magari poco prima hanno caricato i manifestanti pacifici, rimangono ferme a guardare. Lasciandoli fare, esasperando il clima, in tal modo le violenze degenerano, e diventano il pretesto per deligittimare la manifestazione stessa o l'intero movimento.

Quindi non c'è nessuna ragione per accordargli questo tipo di protezione. Lo scudo penale equivalerebbe all'impunità. Sottraendo i possibili interventi riparatori da parte della Magistratura che dovrebbe fare il suo corso. Magistratura che ogni settimana è vittima delle ingiurie delle destre e che vede all'orizzonte il suo depotenziamento democratico a causa della separazione delle carriere con lo sdoppiamento del CSM e maggiori poteri di indirizzo e controllo da parte del governo.

I sindacati di polizia e le destre si oppongono al numero identificativo o ad altri dispositivi di riconoscimento, rendendo difficile individuare eventuali colpevoli. Di questo passo, il rafforzamento dell'esecutivo a scapito del potere giudiziario, insieme all'impunità delle forze della repressione, faranno strabordare l'amministrazione reazionaria della società. Infatti, il Decreto Sicurezza in discussione in Parlamento introdurrà l'aggravvio di pene per qualsiasi forma di disobbedienza civile: blocchi stradali, occupazioni di case, resistenza passiva.

Sordi alle problematiche sociali, lontani dal garantire i diritti civili, i governanti spostano la trattazione nel campo penalistico e dei reati. Corriamo il rischio di avvicinarci alle situazioni vissute drammaticamente sotto le dittature militari in America Latina. O forse hanno in mente uno Stato di polizia? Qui non è in questione il fatto di perseguire i comportamenti fuorvianti, le violenze gratuite, pensiamo agli eccessi degli ultras tollerati dal sistema-calcio. E' in ballo la tenuta della democrazia, che è basata sullo Stato di diritto. Nel quale sono assicurati : la divisione dei poteri; il divieto di indebite ingerenze; la libera informazione; la libertà di manifestazione del pensiero ( e della critica); il dissenso.

Mentre nei talk i liberal (dal pd a La Repubblica) ed i conservatori se la prendono con i facinorosi, decontestualizzando i fatti, e reclamando ordine ( e disciplina?). Puntualmente i benpensanti citano le dichiarazioni che fece Pasolini sui fatti avvenuti a Valle Giulia nel '68, quando attaccò i manifestanti  figli di papà che se la prendevano con i poliziotti- proletari. La sua critica però non era rivolta verso chi esprimeva la rabbia del vivere in una società ingiusta e diseguale. D'altronde i borghesi conformisti abitano in una dimensione altra. Vogliono città vivibili, ma non le frequentano. Le stesse città che producono emarginazione e povertà. Che ne sanno loro della qualità della vita, chiusi nelle loro belle abitazioni del lusso, o vogliamo immaginarci che, come i comuni mortali, anche essi vadano a fare la spesa nei market o che si spostino prendendo i mezzi pubblici?

Nel frattempo i fatti incresciosi continuano: attiviste di Extinction Rebellion trattenute in questura, fatte denudare e costrette a piegarsi sulle gambe.

La conferma che un clima di intolleranza diffusa e di ogni tipo di abuso è diventato cosa normale in un Paese in cui il disordine morale è un fatto normalizzato.

Data articolo: Thu, 16 Jan 2025 12:10:00 GMT
Diritti e giustizia
Perché ha vinto Trump

 

di Michele Blanco

 

I problemi nella società statunitense non sono iniziati con Trump. La sua rielezione è stata un sintomo del logorio dei legami sociali e di una difficile situazione democratica.

Nella società statunitense il divario tra vincitori ricchi e perdenti poveri nella società si è allargato negli ultimi decenni, con il risultato di avvelenare la vita politica e creare divisioni. A partire dagli anni Ottanta e Novanta, le élite governative hanno portato avanti un progetto di globalizzazione neoliberale che ha comportato un guadagno enorme per chi sta ai vertici, ma la perdita di posti di lavoro e salari bloccati per la stragrande maggioranza dei lavoratori. I sostenitori del neoliberismo farneticarono che i guadagni dei superricchi potevano essere utilizzati per risarcire i perdenti della globalizzazione. Il “risarcimento”, però, non è mai arrivato. I ricchissimi hanno usato il proprio patrimonio per comprare influenze e consolidare le proprie ricchezze. Il governo ha cessato di fare da contrappeso alla concentrazione del potere economico. Democratici e repubblicani si sono uniti nel deregolamentare Wall Street, raccogliendo una quota considerevole di contributi per le campagne elettorali. Quando la crisi finanziaria del 2008 ha portato il sistema sull’orlo del baratro, hanno speso miliardi solo per salvare le banche con i fondi pubblici mentre hanno lasciato i comuni cittadini nella miseria.

La rabbia per il salvataggio delle banche con i fondi pubblici e la delocalizzazione dei posti di lavoro in Paesi dai bassi salari ha alimentato la protesta lungo l’intero spettro politico: a sinistra, il movimento Occupy e la sfida sorprendentemente forte di Bernie Sanders a Hillary Clinton nel 2016; a destra, il movimento del Tea Party e le due elezioni di Trump.

Alcuni dei sostenitori di Trump sono stati attratti dai suoi appelli razzisti, il quale ha sfruttato soprattutto la rabbia diffusa nell’intera società. Quattro decenni di governo neoliberale hanno portato a disuguaglianze di reddito e di ricchezza che non si vedevano dagli anni Venti del secolo scorso. La mobilità sociale si è totalmente bloccata. Sotto le crescenti pressioni delle imprese, soprattutto finanziarie, e dei loro alleati politici, i sindacati sono andati in declino. La produttività è enormemente aumentata, ma i lavoratori hanno ricevuto una quota sempre più piccola di ciò che producevano. La finanza ha rivendicato una quota crescente dei profitti aziendali, ma ha investito sempre meno in nuove imprese produttive e sempre più in attività speculative, che hanno aiutato poco l’economia reale. Anziché affrontare direttamente la disuguaglianza e i salari bloccati, i partiti mainstream hanno invitato i lavoratori alla competizione non alla solidarietà.

Nel primo mandato Trump non ha fatto nulla per i lavoratori che lo hanno sostenuto, ma il suo blaterare contro le élite e contro il loro progetto di globalizzazione ha toccato le corde giuste anche in questa campagna elettorale. La sua promessa di costruire un muro lungo il confine con il Messico, e di farlo pagare al Messico, è un caso esemplare. I suoi sostenitori hanno reagito con entusiasmo a tale promessa non soltanto perché credevano che avrebbe ridotto il numero di immigrati che si ponevano in competizione con loro per i posti di lavoro con bassi salari. La retorica del muro rappresenta purtroppo qualcosa di più grande: la riaffermazione della sovranità perduta e dell’orgoglio nazionale. In un’epoca in cui le forze economiche globali ostacolano l’affermazione del potere e della volontà dei cittadini, in cui le identità multiculturali e cosmopolite complicano le idee tradizionali di patriottismo e appartenenza, il muro di confine avrebbe “reso di nuovo grande “l’America”. Avrebbe riaffermato le certezze messe in dubbio dai confini porosi e dalle identità fluide dell’era globale.

È probabile che la politica contemporanea, nella misura in cui mette in discussione gli Stati sovrani e le sovranità in sé, susciti le reazioni di quanti vorrebbero rigettare l’ambiguità, rafforzare i confini, irrigidire la distinzione tra inclusi ed esclusi e promettere una politica per “riprenderci la nostra cultura e riprenderci il nostro Paese”, per “ripristinare la nostra sovranità”.

Le rimostranze che hanno portato alla rielezione di Trump sono lo scontento, istigato da pandemia, iper-faziosità, ingiustizia sociale, tossicità delle comunicazioni dei media e dei social media.

Il nuovo approccio alla gestione dell’attività economica ha aumentato le disuguaglianze, ha eroso inesorabilmente la stessa dignità del lavoro e ha svalutato l’identità nazionale. Per i vincitori, la linea di divisione politica che importava non era più tra sinistra e destra, ma tra apertura e chiusura ai mercati. Quanti mettevano in discussione gli accordi sul libero scambio, la delocalizzazione dei posti di lavoro in Paesi dai bassi salari e il flusso di capitali senza restrizioni attraverso i confini nazionali, vengono, additati come persone dalla mentalità chiusa, come se l’opposizione alla globalizzazione neoliberale fosse equiparabile a una qualche forma di intolleranza.

Nel 2016, il voto della Gran Bretagna per l’uscita dall’Unione Europea è stato uno choc per le élite mondiali, così come la prima elezione di Trump alcuni mesi dopo. La Brexit e il muro di confine rappresentano, per molti esclusi, la reazione contro una modalità di governo tecnocratico guidato dal mercato che aveva prodotto la perdita di posti di lavoro, i salari bloccati, l’aumento delle disuguaglianze e la sensazione irritante provata dai lavoratori nel sentirsi sempre guardati dall’alto in basso dalle élite. I voti a favore della Brexit e di Trump sono stati un tentativo, dettato dall’ angoscia, di riaffermare la sovranità e l’orgoglio nazionali.

In un mondo dove il sistema del capitalismo globale è truccato a favore delle grandi aziende e dei ricchi, le ansie per la perdita del senso di comunità hanno lasciato il posto alla polarizzazione e alla diffidenza. L? autogoverno richiede che le istituzioni politiche mantengano il potere economico in mani democratiche. Richiede inoltre che i cittadini si identifichino in modo significativo gli uni negli altri affinché si possano impegnare in un progetto comune. Oggi queste condizioni sono messe costantemente in forte dubbio.

Negli Stati Uniti i contributi alle campagne elettorali e gli eserciti di lobbisti permettono alle aziende e ai ricchi di piegare le regole e le leggi a loro favore. Poche e potenti aziende dominano i comparti delle big tech, dei social media, della ricerca su Internet, della vendita al dettaglio online, delle telecomunicazioni, delle banche, dei prodotti farmaceutici e altri settori chiave, distruggendo la concorrenza, facendo innalzare i prezzi, aumentando le disuguaglianze e sfidando, sempre più, il controllo democratico.

Nel frattempo, la società statunitense è sempre più profondamente divisa. Infuriano le guerre culturali su come affrontare l’ingiustizia razziale, su cosa fare riguardo all’immigrazione, alla violenza delle armi, al cambiamento climatico e al flusso di disinformazione che, amplificata dai social media, inquina inesorabilmente la sfera pubblica. I residenti degli Stati democratici e degli Stati repubblicani, dei centri metropolitani e delle comunità rurali, quelli con e senza un diploma di laurea al college, vivono vite, sempre più, separate.

Per rivitalizzare la democrazia e la partecipazione dei cittadini potrebbe essere importante fare in modo che il sistema economico sia controllato da una politica democratica di redistribuzione dei profitti, attraverso giusti salari con adeguati servizi sociali, l’assistenza sanitaria garantita e una adeguata istruzione di qualità per tutti.

Data articolo: Thu, 16 Jan 2025 12:05:00 GMT
IN PRIMO PIANO
Gaza: è vera tregua? - Samir Al Quaryouti


L'annuncio della tregua a Gaza, lo scetticismo dell'opinione pubblica internazionale e la soddisfazione dei palestinesi.

Dopo l'annuncio che entrerà in vigore il 20 gennaio, Samir Al Quaryouti, giornalista internazionale, analizza i risvolti di questo accordo e cosa può significare per i palestinesi in esclusiva per l'AntiDiplomatico.

Buona visione!

Data articolo: Thu, 16 Jan 2025 11:00:00 GMT
IN PRIMO PIANO
Oligarchia, IA, reti e modifiche alla Costituzione: di cosa ha parlato Biden nel suo discorso d'addio?

 

Lunedì prossimo, Joe Biden lascerà l’incarico di Presidente degli Stati uniti d’America, e passerà il testimone al suo successore, Donald Trump.

L’ancora presidente incarica, prima di lasciare l’incarico si è rivolto alla nazione con un discorso di addio. Oltre alla carica di Presidente, l’esponente democratico dà l’addio anche alla sua carriera politica dove dal 1973 ha ricoperto incarichi elettivi, compresi quelli di senatore e vicepresidente.

"Ci vorrà del tempo per sentire l'impatto di tutto ciò che abbiamo fatto insieme, ma i semi sono piantati e cresceranno e fioriranno per decenni. Dopo 50 anni di servizio pubblico, vi do la mia parola, continuo a credere nell'idea che questa nazione difende, una nazione in cui la forza delle nostre istituzioni e il carattere del nostro popolo contano e devono durare", ha dichiarato Biden. 

Biden, oltre ad augurare successo alla futura amministrazione Trump, ha ribadito che il trasferimento dei poteri sarà completato pacificamente.

Per quanto riguarda la politica nazionale, il presidente uscente ha sollecitato l'introduzione di emendamenti alla Costituzione per "chiarire che nessun presidente, nessun leader, è immune dai crimini che commette durante il suo mandato", in riferimento alla sentenza della Corte Suprema dello scorso anno che garantiva ampia immunità giudiziaria all’esecutivo. Nel luglio 2024, e nel bel mezzo dei processi giudiziari che si stavano svolgendo contro l'ormai eletto presidente Donald Trump, la corte ha stabilito che gli ex presidenti del paese godono di assoluta immunità da possibili persecuzioni per i loro atti ufficiali, ma nessuna per ciò che hanno fatto ufficiosamente.

Il presidente uscente ha menzionato anche alcune sfide che, a suo avviso, il Paese si trova ad affrontare, come l'"oligarchia" degli ultraricchi che si sta radicando negli Stati Uniti e il "complesso tecnologico-industriale " che, secondo lui, si sta radicando violano i diritti degli americani e mettono in pericolo il futuro della democrazia.

Dopo aver evocato gli avvertimenti sul complesso militare-industriale formulati dal presidente Dwight D. Eisenhower quando ha lasciato l'incarico, Biden si è detto "altrettanto preoccupato per la potenziale crescita di un complesso tecnologico-industriale che potrebbe anche comportare pericoli reali" per l'economia del paese nordamericano.

Allo stesso modo, il presidente ha affrontato la sfida posta dallo sviluppo dell’intelligenza artificiale, legata sia a nuove opportunità che a rischi per l’economia, la sicurezza e la società americana in generale. "Dobbiamo garantire che l'intelligenza artificiale sia sicura, affidabile e positiva per tutta l'umanità".

Infine, Biden ha lamentato, in un'apparente critica alle recenti modifiche di Meta volte a eliminare i fact-checker per "ripristinare la libertà di espressione", che i social network stanno "rinunciando alla verifica dei fatti " e che la verità è "soffocata dalle bugie", raccontate per il potere e il profitto." "Dobbiamo ritenere le piattaforme di social media responsabili di proteggere i nostri figli, le nostre famiglie e la nostra stessa democrazia dagli abusi di potere", ha suggerito.

 

Data articolo: Thu, 16 Jan 2025 10:35:00 GMT
OP-ED
Il diritto internazionale dovrebbe mettere Netanyahu in prigione. Il problema è che nessuno ci crede

 

di Martin Jay* - Strategic-Culture

La recente notizia che l'Irlanda sosterrà ufficialmente la denuncia contro Israele presso la Corte internazionale di giustizia (CIG) ha avuto pochi giorni di tempo per far esultare, anche solo brevemente, i suoi sostenitori, prima che emergesse la notizia che qualsiasi causa pendente presso la Corte penale internazionale sarebbe stata sottoposta al veto degli Stati Uniti.

È importante conoscere la distinzione tra questi due tribunali internazionali. La prima, la Corte internazionale di Giustizia, è stata istituita dalle Nazioni Unite, con un ruolo chiave degli Stati Uniti, nel 1946, e i suoi poteri, in teoria, includono l'incriminazione dei governi. La Corte penale internazionale, invece, istituita nel 2001, ha la capacità di perseguire gli individui per le violazioni dei diritti umani. Il fatto che gli Stati Uniti pongano il veto su questo organismo e sulle sue azioni invia un messaggio molto chiaro alla parola: “non potete toccare Netanyahu”.

Il fatto che l'Irlanda si unisca a una manciata di Paesi per perseguire il governo israeliano rappresenta un livello simbolico di riprovazione e indignazione da parte di un piccolo contingente di cittadini occidentali, ma che non dovrebbe essere preso troppo sul serio. Gli Stati Uniti, che hanno contribuito a creare la Corte internazionale di giustizia, non ne sono membri e quindi non possono essere perseguiti, mentre in teoria Israele, che ne è membro, potrebbe esserlo. Ma se gli americani sono così sfacciati da porre semplicemente il veto al caso della Corte penale internazionale contro Netanyahu, è difficile credere che permetteranno alla Corte internazionale di giustizia di avvicinarsi al processo contro il loro governo.

I due casi, tuttavia, sollevano alcune importanti questioni. Innanzitutto, il diritto internazionale esiste davvero? E se esiste, chi lo rappresenta? Se il mantra è come la parentesi che i giornalisti aggiungono al cosiddetto “ordine mondiale basato sui diritti” - ovvero che l'Occidente ha il diritto di cambiare le proprie regole quando lo ritiene opportuno per proteggere se stesso - allora è probabile che la farsa della Corte internazionale di giustizia e la parodia del diritto internazionale che presume di difendere finiranno presto. Molti Paesi del Sud globale osserveranno questi casi e si porranno domande pertinenti su questi due tribunali, mettendo in dubbio la loro validità e il loro ruolo. Sono solo strumenti dell'imperialismo occidentale?

E se è così, quanto tempo hanno a disposizione? Si potrebbe ipotizzare che a un certo punto ci sarà un grido di protesta da parte dei Paesi del Sud Globale che desiderano formare i propri tribunali internazionali.

Gran parte dell'attenzione dei media è stata dedicata al possibile arresto di Netanyahu, dato che la CPI ha emesso un mandato di arresto nei suoi confronti. Una manciata di Paesi ha commentato che sarebbe stato arrestato se si fosse recato nei loro Paesi, ma l'impotenza della CPI e il suo ruolo opaco nel diritto internazionale sono stati evidenziati dai suoi stessi membri che hanno respinto la sua sentenza.

Yanis Varoufakis, economista di grido e beniamino dei media, nonché ex ministro delle Finanze greco, ha twittato: “Il diritto internazionale è ufficialmente morto, per mano dell'Occidente": Il premier polacco ha dichiarato che farà in modo che il mandato di cattura della Corte penale internazionale per l'arresto di Netanyahu venga ignorato in occasione della sua visita in Polonia. Nel frattempo il Congresso degli Stati Uniti ha imposto sanzioni ai funzionari della Corte penale internazionale”.

Quindi il diritto internazionale è nella migliore delle ipotesi una farsa e nel migliore dei casi uno strumento dell'imperialismo occidentale solo quando gli Stati Uniti hanno bisogno di usarlo di tanto in tanto. Se è vero che è stato il diritto internazionale a spingere Obama a ritirare i soldati statunitensi dall'Iraq nel 2011, temendo centinaia di cause giudiziarie intentate contro le sue forze, è anche vero che Clinton ha ignorato il diritto internazionale quando ha chiesto gli attacchi aerei della NATO contro i serbi nell'estate del 1995. Inoltre, il diritto internazionale è ignorato dagli Stati Uniti in Siria, dove si suppone che abbiano ancora più di 1.000 truppe di stanza, principalmente nel nord, a protezione di una regione che saccheggiano e depredano rubando il petrolio e vendendolo sul mercato internazionale a Israele per un prezzo stracciato.

È giusto dire che il diritto internazionale è, nel migliore dei casi, un mito e, nel peggiore, un concetto effimero che viene mantenuto valido dalla stragrande maggioranza dei Paesi del Sud globale che permettono agli Stati Uniti di mantenere viva la sua fantasia. Molti africani potrebbero notare che la maggior parte dei loro Paesi sono membri della Corte penale internazionale, che potrebbe proteggere i tiranni dai tentativi di colpo di Stato dei tiranni vicini, mentre il più grande tiranno di tutti - l'America - se la ride fino in fondo. Il diritto internazionale è il trucco sporco dell'America che gioca a tutti gli altri. È il fantasma evocato nella stanza quando i vicini si riuniscono per divertirsi con la tavola Ouija, il gatto nero nella stanza nera, seduto sulla sedia nera. In realtà non esiste. Ma quando esiste, per poco tempo, è a spese di tutti, tranne che degli americani e dei maniaci genocidi che si allineano alla sua egemonia.

(Traduzione de l'AntiDiplomatico)

*Martin Jay è un pluripremiato giornalista britannico residente in Marocco, dove è corrispondente del Daily Mail. In precedenza ha raccontato la Primavera araba per la CNN e per Euronews. Dal 2012 al 2019 ha lavorato a Beirut per diverse testate internazionali, tra le quali BBC, Al Jazeera, RT, DW, oltre ad aver collaborato come freelance con il Daily Mail britannico, il Sunday Times e TRT World. La sua carriera lo ha portato a lavorare in quasi 50 Paesi dall'Africa, dal Medio Oriente e dall'Europa per una serie di importanti testate giornalistiche. Ha vissuto e lavorato in Marocco, Belgio, Kenya e Libano.

Data articolo: Thu, 16 Jan 2025 10:30:00 GMT
IN PRIMO PIANO
Tregua con Israele, Hamas: "Non dimenticheremo chi ha preso parte al genocidio"

 

Ieri sera all’annuncio della tregua con Israele nella Striscia di Gaza, il dirigente di Hamas Khalil al-Hayya, in un messaggio video, ha salutato l’accordo di tregua a Gaza un “risultato” per il suo popolo, per la Resistenza e per la comunità internazionale che ha sostenuto la causa palestinese. Però, allo stesso ha ricordato che sia Hamas che il popolo palestinese "non dimenticherà nessuno che abbia preso parte alla guerra di genocidio".

"Ciò che l'occupazione (israeliana) e i suoi sostenitori hanno commesso, da una brutale guerra genocida a crimini di stampo nazista, rimarrà impresso nella memoria del nostro popolo e del mondo come il genocidio più atroce dell'era moderna", ha ribadito.

"In questo momento storico, esprimiamo parole di orgoglio e onore al nostro popolo a Gaza", ha aggiunto.

Al-Hayya ha voluto ricordare “le posizioni onorevoli di tutti i paesi che ci hanno sostenuto in vari campi, in particolare i nostri fratelli in Turchia, Sud Africa, Algeria, Russia, Cina, Malesia e Indonesia”.

Il dirigente di Hamas ha spiegato che "l'occupazione criminale si è scontrata con la resilienza del nostro popolo e con il suo saldo attaccamento alla terra, senza riuscire a raggiungere nessuno dei suoi obiettivi segreti o dichiarati. Il nostro popolo è rimasto saldo sulla propria terra, senza fuggire né migrare, e ha svolto il ruolo di scudo protettivo per la propria resistenza".

Riguardo alla massiccia distruzione inflitta a Gaza dalla guerra genocida israeliana, al-Hayya ha affermato che "con l'aiuto di Allah, prima di tutto, e poi con il sostegno dei nostri fratelli, alleati e di tutti coloro che sono solidali, ricostruiremo Gaza da capo".

Secondo Al-Hayya Israele "non ha ottenuto altro che distruzione, devastazione e massacri contro il nostro popolo. Ha solo messo al sicuro i suoi prigionieri attraverso un accordo con la resistenza per fermare la guerra e l'aggressione e attraverso un onorevole accordo di scambio di prigionieri".

Il membro dell’ufficio politico di Hama ha ringraziato il gruppo Houthi nello Yemen, Hezbollah e l'Iran per il loro sostegno con operazioni militare in solidarietà con Gaza.

Ha elogiato il ruolo significativo svolto dal Qatar e dall'Egitto, sottolineando che "hanno compiuto grandi sforzi e condotto molteplici cicli di negoziati fin dal primo giorno per fermare l'aggressione e la guerra genocida contro il nostro popolo".

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Data articolo: Thu, 16 Jan 2025 10:00:00 GMT
WORLD AFFAIRS
Risposta agli attacchi di Kiev con armi occidentali. La Russia colpisce il più grande giacimento di gas in Ucraina

 

Le forze armate russe, secondo quanto riportato dal Ministero della Difesa russo, hanno attaccato obiettivi strategici delle infrastrutture energetiche dell'Ucraina. Si precisa che nell’attacco sono state usate armi di precisione.

La difesa russa ha ricordato che questo attacco è una rappresaglia per i raid effettuati con missili avanzati di fabbricazione occidentale all'interno del territorio russo.

In una nota del ministero della Difesa russo si legge: "Uno degli obiettivi raggiunti con successo è stata l'infrastruttura di terra del più grande impianto di stoccaggio sotterraneo del gas nella città di Stryi, nella provincia di Lvov".

Le forze armate russe hanno precisato che l’attacco è avvenuto, ieri mercoledì mattina, dopo gli attacchi lanciati dall'Ucraina contro il territorio russo con missili ATACMS a lungo raggio, di fabbricazione statunitense, e missili da crociera Storm Shadow , di fabbricazione britannica, nonché un tentativo di attacco distruzione di una stazione di compressione a Gai-Kodzor (regione di Krasnodar) per compromettere le forniture di gas attraverso il gasdotto Turkish Stream.

"Le Forze Armate della Federazione Russa continuano a monitorare costantemente la situazione e nessuna provocazione da parte del regime di Kiev rimarrà senza risposta", ha avvertito la difesa di Mosca.

Data articolo: Thu, 16 Jan 2025 09:46:00 GMT
WORLD AFFAIRS
La Francia, in un’esercitazione militare segreta, simula un possibile intervento in Ucraina

 

Ieri, il portale Intelligence Online ha riferito che Le forze speciali francesi hanno effettuato lo scorso autunno per diverse settimane esercitazioni militari in un campo di addestramento francese definito segreto. Il fine di questo addestramento sarebbe la preparazione ad un possibile intervento in Ucraina.  

Le forze armate francesi si stavano già preparando per uno scenario del genere probabilmente secondo il portale, quando, la scorsa settimana, il presidente francese Emmanuel Macron e il primo ministro britannico Keir Starmer hanno discusso  sulla possibilità di schierare forze europee sul terreno in Ucraina,

Alle esercitazioni hanno partecipato 3.200 soldati del Comando francese di azioni speciali di terra (CAST), tra cui il 13° reggimento dragoni paracadutisti (13° RDP), che si sono addestrati su un terreno progettato per imitare il territorio intorno al fiume Dnepr, situato a nord di Kiev.

Le esercitazioni si sono concentrate sulla preparazione delle forze francesi per contrastare una possibile avanzata russa dalla Bielorussia, nonché sull’addestramento di squadre per lo schieramento di operatori e droni per svolgere missioni in uno scenario fluviale ostile, simile a quello che potrebbe avvenire in Ucraina.

Il mese scorso è emerso che diversi paesi europei, incoraggiati da Macron, stanno discutendo l’invio di truppe in Ucraina in caso di cessate il fuoco o accordo di pace. "I colloqui sono in una fase iniziale, ma hanno già rivelato divisioni sui possibili obiettivi e sul mandato di tale missione, e persino sull'opportunità di affrontare la questione ora", riferiva all'epoca la Reuters.

 

Data articolo: Thu, 16 Jan 2025 09:31:00 GMT
Economia e dintorni
Lo (strano) tandem Biden-Trump

 

di Giuseppe Masala per l'AntiDiplomatico

Più si avvicina il 20 Gennaio, quando sarà inaugurata a Washington la seconda amministrazione Trump, tanto più si riescono a delineare quali saranno le linee di tendenza della politica USA sopratutto in materia di politica estera e militare.

Possiamo affermare questo sia dalle azioni che sta portando a termine l'amministrazione Biden, che non possono non essere state concordate con Trump e il suo “team per la transizione”. Si tratta di azioni che – come vedremo – sono di estrema rilevanza politica ed economica che impegneranno la prossima amministrazione Trump; conseguentemente possono essere fatte solo se preventivamente concordate.

Non basta; stupiscono anche alcune procedure accelerate, come per esempio l'analisi dei nuovi ministri che devono passare il fuoco di sbarramento delle commissioni parlamentari. Queste operazioni sono già iniziate, nonostante formalmente l'amministrazione Trump entrerà in carica solo il 20 Gennaio; segno questo che il gabinetto del magnate newyorkese dovrà essere pienamente in carica il prima possibile per prendere immediate disposizioni evidentemente della massima importanza. Una situazione questa che chiarisce come gli Stati Uniti vivano questa fase storica come un periodo di assoluta emergenza (se non direttamente di guerra), da affrontare dunque con procedure straordinarie e accelerate.

 

Le ultime mosse dell'Amministrazione Biden

Come dicevamo hanno del clamoroso le ultime operazioni poste in essere dall'amministrazione Biden che, proprio a causa della loro assoluta rilevanza, non possono essere prese autonomamente da una amministrazione che uscirà di scena tra meno di una settimana.  In particolare ci riferiamo a due operazioni della massima importanza:

 

 

  • L'imposizione di nuove sanzioni al settore energetico russo.

 

Per quanto riguarda il partenariato strategico con l'Armenia il primo pensiero che viene in mente è che si è di fronte ad una “risposta preventiva” alla sottoscrizione del trattato di partenariato strategico tra Iran e Russia che verrà firmata il prossimo 17 Gennaio a Mosca tra il presidente russo Putin e  quello iraniano Pezeshkian. Anzi, non è ardito dire che il trattato armeno-statunitense è un vero e proprio cuneo conficcato  nel partenariato russo-iraniano. Basta guardare come geograficamente l'Armenia è incuneata proprio tra l'Iran e la Russia. Non solo, l'Armenia uscirà ovviamente dall'Organizzazione del trattato di sicurezza collettiva che unisce in una coalizione per la difesa molti paesi ex sovietici tra i quali, la Russia in un ruolo chiaramente egemone, e anche l'Armenia. Non solo, Erevan aveva – in funzione anti azera - anche un alleanza di antica data con l'Iran; con la firma di questo trattato di partenariato con Washington è chiaro che anche il rapporto privilegiato con gli iraniani verrà meno. Assieme alla fine di queste alleanze diplomatiche e militari per Erevan cambierà anche il posizionamento geoeconomico; Mosca non sarà più partner commerciale privilegiato e molto probabilmente verrà sostituita da Washington. Una analista di primissimo piano come la Elena Panina (ascoltatissima al Cremlino) ha già scritto che questo partenariato tra Washington e Erevan farà del paese caucasico una “super Ucraina”. 

Vista dall'angolazione del cambio della guardia a Washington comunque appare evidente come una simile mossa non può che essere concordata preventivamente tra amministrazione entrante e uscente e chiarisce come da parte di Trump non vi è in alcun modo l'idea di trovare un accordo di pace complessivo con la Russia: non possiamo manco escludere che l'unico obbiettivo geostrategico americano sia quello di allargare al Caucaso il conflitto tutt'ora in corso in Europa.

Altrettanto rilevanti sono le nuove sanzioni imposte dagli USA (e dalla Gran Bretagna) ai due giganti petroliferi russi Gazprom Neft e Surgutneftegas e alla cosiddetta frotta ombra di petroliere con le quali viene commercializzato il petrolio russo. Anche questa non può che essere una mossa precedentemente concordata con la nuova amministrazione entrante visto che comunque chi sarà chiamato ad applicarle è il Team Trump. Allo stesso modo, non si può non rilevare come una simile mossa attesti la volontà degli Stati Uniti di continuare nel tentativo di fiaccare l'economia russa, magari fino al punto di ottenere quel tanto agognato cambio di leadership al Cremlino.

 

Le prime mosse (annunciate) dall'Amministrazione Trump

Certamente la prima mossa (annunciata) da Trump è la volontà di acquisire la Groenlandia da parte degli USA. Un'operazione questa, che ha certamente enormi risvolti economici legati alla possibilità di sfruttare gli i giganteschi giacimenti minerari dell'isola artica. Ma vi è anche un risvolto strategico militare: gli USA attestandosi militarmente in Groenlandia possono “mettere sotto tiro” tutta la Siberia utilizzando missili a raggio intermedio, e dunque senza l'utilizzo dei missili strategici il cui utilizzo, comunque sancisce l'inizio di un conflitto senza possibili vincitori.

Appare evidente anche qui, come anche l'amministrazione Trump non intenda in alcun modo cedere anche un piccolo brandello del proprio ruolo di “unica superpotenza e gendarme del mondo” conquistato con la caduta dell'URSS.

Soprattutto, ciò che appare evidente è come – al di là delle schermaglie sui mass media specializzati in infotainment – Trump e Biden in realtà stiano lavorando in tandem non solo per garantire un passaggio di consegne ordinato, ma anche per riuscire a preservare l'Impero Occidentale.

 

 

Data articolo: Thu, 16 Jan 2025 09:10:00 GMT
IN PRIMO PIANO
Politiche masochistiche: la Germania affonda mentre arma Kiev

La recente decisione della Germania di inviare gli obici semoventi RCH 155 all’Ucraina, annunciata con orgoglio dal ministro della Difesa Boris Pistorius, solleva interrogativi sulle priorità del governo tedesco. Questi sistemi d’artiglieria all’avanguardia, destinati inizialmente a modernizzare la Bundeswehr, saranno invece impiegati sul fronte ucraino. Una scelta che molti percepiscono come sintomatica di una strategia nazionale sbilanciata. “Sosteniamo l’Ucraina in questa lotta esistenziale”, ha dichiarato Pistorius.

Tuttavia, per molti cittadini tedeschi, queste parole suonano come un’ulteriore conferma del disinteresse del governo per i problemi interni. Sui social media, commenti come “Ogni nuova spedizione di armi è un regalo all’AfD” riflettono un malcontento crescente. Il partito populista di destra Alternative für Deutschland (AfD) sta infatti capitalizzando su questa frustrazione, guadagnando terreno nei sondaggi e nelle elezioni locali. La Bundeswehr, da anni afflitta da carenze di finanziamenti e mezzi, è il simbolo di una politica che molti giudicano inefficace.

Mentre Pistorius celebra il supporto all’Ucraina, i soldati tedeschi continuano ad addestrarsi con equipaggiamenti obsoleti. Questo divario tra le promesse geopolitiche – o forse diktat - e le necessità domestiche sta alimentando il risentimento. L’ascesa dell’AfD evidenzia un elettorato sempre più scettico verso il governo di coalizione formato da Socialdemocratici, Verdi e Liberali. Con l’inflazione alta, i costi energetici elevati e un’infrastruttura pubblica in declino, molti tedeschi si chiedono se le risorse destinate all’Ucraina non potrebbero essere meglio impiegate per risolvere problemi interni.

Queste politiche, che molti considerano masochistiche, stanno contribuendo a far affondare la Germania, la cui economia langue in una profonda crisi. Il rischio per Berlino è chiaro: continuare a privilegiare la politica estera potrebbe minare ulteriormente la fiducia dei cittadini nel governo, con conseguenze imprevedibili per la stabilità politica nazionale. 

*Tratto dalla newsletter quotidiana de l'AntiDiplomatico dedicata ai nostri abbonati

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https://kyivindependent.com/germany-announces-first-deliveries-of-promised-rch-155-self-propelled-howitzers/

 

https://www.aa.com.tr/en/europe/germany-begins-delivery-of-advanced-wheeled-howitzers-to-ukraine/3449039

 

https://www.ukrinform.net/rubric-defense/3948033-germany-hands-ukraine-unique-rch-155-wheeled-howitzer.html

Data articolo: Thu, 16 Jan 2025 09:00:00 GMT
IN PRIMO PIANO
Trump intenzionato ad aumentare la consegna di armi a Taiwan

Il presidente eletto degli Stati Uniti Donald Trump ha in programma di aumentare il ritmo delle consegne di materiale militare statunitense a Taiwan, ha confermato il consigliere per la sicurezza nazionale entrante Mike Waltz. Parlando all'US Institute of Peace di Washington, Waltz ha dichiarato: "Abbiamo un arretrato di oltre 20 miliardi di dollari di materiali per cui hanno pagato e che dobbiamo impegnarci a fondo perconsegnare come misura deterrente".

Waltz ha anche ribadito che la prossima amministrazione statunitense continuerà a perseguire una politica "a porcospino" nei confronti di Taiwan. La strategia prevede di dotare l'isola di capacità di difesa asimmetriche, come sistemi missilistici mobili, droni e tecnologie di sorveglianza avanzate, che aumenterebbero i potenziali costi per la Cina continentale se dovesse usare la forza per prendere il controllo del territorio. La scorsa settimana, il Ministero della Difesa nazionale di Taipei ha annunciato che prevede di implementare nuovi sistemi di difesa missilistica forniti dagli Stati Uniti entro la fine dell'anno.

Il ministero ha affermato che installerà sistemi missilistici avanzati superficie-aria (NASAMS) di fabbricazione norvegese in posizioni strategicamente significative nel nord dell'isola. Pechino considera Taiwan parte del suo territorio in base al principio della "Cina unica" e insiste sulla riunificazione finale, anche con la forza se necessario. Si è ripetutamente opposta a qualsiasi interferenza straniera su questo tema, comprese le vendite di armi statunitensi a Taiwan, considerandole una violazione della sua sovranità e una minaccia alla stabilità regionale.

Mentre gli Stati Uniti aderiscono ufficialmente alla politica di una sola Cina, hanno continuato a fornire armi all'isola e a impegnarsi in una cooperazione militare con il governo di Taiwan. Pechino ha ripetutamente condannato le vendite di armi statunitensi a Taipei come destabilizzanti e provocatorie.

*Tratto dalla newsletter quotidiana de l'AntiDiplomatico dedicata ai nostri abbonati

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https://www.thestandard.com.hk/breaking-news/section/3/225036/Trump-adviser-Waltz-says-he-wants-to-speed-up-Taiwan-weapon-deliveries

 

https://www.eurasiantimes.com/trump-2-0-with-a-whopping-21b-in-arms/

Data articolo: Thu, 16 Jan 2025 09:00:00 GMT
Energia
Il Venezuela raggiunge una produzione di quasi un milione di barili di petrolio al giorno

Secondo l'ultimo rapporto dell'OPEC, la produzione di petrolio del Venezuela è aumentata di 38.000 barili al giorno a dicembre 2024, raggiungendo una media mensile di quasi un milione di barili al giorno. Questo rappresenta un aumento rispetto al mese di novembre e rappresenta il massimo raggiunto dal Venezuela nel corso dell'anno.

Nel complesso, la produzione media di petrolio del Venezuela nel 2024 è stata di 921.000 barili al giorno, un notevole aumento rispetto al 2023. Nonostante le sanzioni e le restrizioni imposte dagli Stati Uniti e dall'Unione Europea, il Venezuela ha continuato ad aumentare la produzione di petrolio.

Nel frattempo, il prezzo del greggio nel paniere di riferimento dell'OPEC è aumentato a dicembre, raggiungendo una media di 73,07 dollari al barile. L'OPEC prevede che la domanda globale di petrolio rimarrà invariata nel 2025.

*Tratto dalla newsletter quotidiana de l'AntiDiplomatico dedicata ai nostri abbonati

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https://momr.opec.org/pdf-download/

Data articolo: Thu, 16 Jan 2025 09:00:00 GMT
WORLD AFFAIRS
Iran, IRCG: il cessate il fuoco di Gaza una "vittoria per la Palestina"

 

L'accordo per il cessate il fuoco nella Striscia di Gaza è stato definito una "vittoria" per i palestinesi e una "sconfitta" dal Corpo dei guardiani della Rivoluzione islamica dell’Iran, IRCG.

In una dichiarazione, l’IRCG ha ricordato che “la fine della guerra e l'imposizione di un cessate il fuoco ... è una chiara vittoria e una grande vittoria per la Palestina e una sconfitta ancora più grande per il mostruoso regime sionista".

Il presidente del parlamento iraniano, Mohammad Bagher Ghalibaf, ha accolto con favore il cessate il fuoco e ha reso omaggio alle vittime.

Sulla piattaforma social X ha scritto: "È stata la coraggiosa resistenza di 15 mesi della Palestina a impedire al regime sionista di raggiungere i suoi obiettivi strategici. Il mondo deve agire per punire il regime criminale e curare le ferite del popolo palestinese.”

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IN PRIMO PIANO
Deputato iraniano: "Non un solo centesimo finisca a Los Angeles prima di essere speso per Gaza!" (VIDEO)


"Come contribuente iraniano, non accetterò mai che anche solo un centesimo finisca a Los Angeles prima di essere speso per Gaza! Loro (l'amministrazione di Pezeshkian) vogliono tutti vantarsi di quanto si sentano dispiaciuti per Los Angeles, da un anno e mezzo i nostri cuori sono pieni di sangue per Gaza".

Un discorso infuocato, quello del deputato conservatore iraniano, Mahdi Kouchekzadeh, tenuto questa settimana al Parlamento iraniano ha criticato l’offerta del governo iraniano di inviare squadre di vigili del fuoco a Los Angeles per aiutare il governo americano a spegnere gli incendi. 

Ve lo presentiamo con i sottotitoli in italiano. 




Secondo un rapporto del quotidiano Iran International, Fatemeh Mohajerani, il portavoce dell'amministrazione Pezeshkian ha dichiarato: "Come annunciato dalla Mezzaluna Rossa iraniana, siamo pronti a inviare squadre di risposta rapida per aiutare a combattere gli incendi in California". Un discorso infuocato del parlamentare conservatore iraniano, Mahdi Kouchekzadeh, tenuto questa settimana al  ha criticato l’offerta del governo iraniano di inviare squadre di vigili del fuoco a Los Angeles per aiutare il governo americano a spegnere gli incendi. 

  
 

Data articolo: Thu, 16 Jan 2025 09:00:00 GMT
Economia e dintorni
Groenlandia: il 57% dei residenti favorevole all'annessione agli Stati Uniti

 

di Clara Statello per l'AntiDiplomatico

Prima devono essere ascoltati i groenlandesi. Così il ministro degli Esteri russo Sergei Lavrov ha commentato la possibilità di un’annessione/acquisto statunitense della Groenlandia, durante la conferenza stampa sui risultati della diplomazia russa nel 2024, tenuta martedì 14 gennaio.

Lavrov ritiene che i residenti dell’isola amministrata dalla Danimarca debbano potersi autodeterminare attraverso un referendum, come in Crimea, Donbass e Novorossiya. L’annessione sarebbe un duro colpo per Mosca: il confronto con Washington si tramuterebbe in un faccia a faccia sull’Artico, considerata una delle rotte più strategiche su cui si giocheranno le future partite geopolitiche delle grandi potenze.

Le pressioni esercitate dal futuro presidente statunitense Donald Trump da Mar-a-Lago iniziano a dare risultati. Copenaghen apre all’indipendenza, presupposto per aumentare il peso degli Stati Uniti, già presenti in territorio Inuit con un contingente militare.

“Spetta alla Groenlandia stessa prendere una decisione sull'indipendenza”, ha detto ieri il primo ministro danese Mette Frederiksen al telefono con il leader statunitense.

Intanto in vista dell’insediamento di Trump, i repubblicani al Congresso degli Stati Uniti hanno già preparato un disegno di legge per l’acquisto della Groenlandia, ha riferito lunedì Reuters.

Il documento è stato chiamato Make Greenland Great Again Act e 10 membri del Congresso sono elencati come coautori. Se il progetto verrà accettato, Trump potrà avviare i negoziati con la Danimarca per l’acquisto della Groenlandia lo stesso lunedì 20 gennaio.

"Entro e non oltre 5 giorni di calendario dal raggiungimento di un accordo con il Regno di Danimarca in merito all'acquisizione della Groenlandia da parte degli Stati Uniti, il Presidente trasmetterà alle commissioni congressuali competenti l'accordo, compresi tutti i materiali e gli allegati correlati", riporta Reuters.

Il primo ministro della Groenlandia, Mute Børup Egede, eletto nel 2021 con il partito di sinistra ecologista e indipendentista Inuit Ataqatigiit, ha detto molto chiaramente nei giorni scorsi di comprendere l’interesse di Trump per l’isola, data la sua posizione strategica, ma la “Groenlandia appartiene ai groenlandesi, a nessun altro”.

Dopo la visita di suo figlio nell’isola, Trump aveva diffuso il video di un gruppo di residenti Inuit che accoglievano con le bandiere americane l’aereo di Don jr. Indossavano il cappellino rosso MAGA, chiedevano al presidente eletto di salvare la Groenlandia, manifestando il proprio desiderio di unirsi agli Stati Uniti. Nei giorni seguenti, il sito di sondaggi Patriot Polling aveva realizzato un’indagine su un campione di 416 groenlandesi, per testare l’opinione in merito a una possibile adesione agli Stati Uniti.

Il 57,3% degli intervistati si era detto favorevole, il 37,4% contrario.

Il presidente della commissione parlamentare groenlandese per la politica estera e la sicurezza, Pipaluk Linge, ha definito la visita "una messa in scena".

“È stato tutto inscenato per far sembrare che noi – i groenlandesi – fossimo MAGA e amassimo far parte degli Stati Uniti”, ha detto Lynge, sottolineando che molti residenti, invece, manifestavano la propria contrarietà alla visita scrivendo sui social “Yankee go home”, il noto slogan dei movimenti antimperialisti dell’America Latina e non solo.

Un reportage pubblicato martedì da Ria Novosti, l’agenzia russa recentemente oscurata su Telegram, rafforza quanto espresso dal rappresentante groenlandese. La stragrande maggioranza delle persone si è rifiutata di rispondere apertamente al corrispondente su questo argomento, ma chi lo ha fatto ha espresso la sua totale contrarietà.

"Sono sbalordito, non so nemmeno cosa dire. Questo va contro tutte le regole e i valori. Con alleati così non hai bisogno di nemici", ha detto Eric, 70 anni. Un’altra residente invece ha detto che Trump non può comprare i groenlandesi “come fossero delle pecore”. “Non so se il risultato sarà positivo o meno per il popolo groenlandese, ma sono sicuro che gli Stati Uniti non rinunceranno a questa idea. Questa non è un’invenzione di Trump, il piano americano per acquisire la Groenlandia è più profondo. In ogni caso gli abitanti dell'isola non avranno diritto di voto, tutto sarà deciso a Washington», dice Justin, 40 anni.

La Groenlandia è la più grande isola non continentale al mondo e la terza area più grande del Nord America, dopo Canada e Stati Uniti. Con meno di 57.000 abitanti, per una superficie totale di 2.1milioni di kmq, è la nazione meno densamente popolata della terra.

Le mire espansionistiche di Trump si spiegano per almeno tre motivi:

  1. Oro blu: la calotta glacialedella Groenlandia contiene circa il 6,5 per cento dell'acqua dolce del mondo;
  2. L’isola del tesoro: sotto gli strati di ghiaccio si nascondono giacimenti immensi di diamanti, oro, uranio, petrolio, zinco e terre rare, per lo più ancora vergini. Il sito di Kvanefjeld si ritiene sia il sesto per uranio e il secondo al mondo per terre rare, in particolare neodimio.
  3. Posizione strategica: il controllo della Groenlandia consentirebbe agli Stati Uniti di avere un maggior vantaggio nella competizione con la Federazione Russa per il dominio delle rotte dell’Artico, che in vista dello scioglimento dei ghiacciai saranno navigabili.

  

Si capisce dunque che nella nuova dottrina “Donroe”, la dottrina Monroe del 21° secolo, l’isola è un tassello fondamentale per la costruzione della “Fortezza America”. Per averla Trump non esclude l’uso della forza, costringendo Copenaghen a trattare per rafforzare la presenza statunitense sull’isola. Il ministro degli esteri Rasmussen, mercoledì 15 gennaio, ha assicurato che la Danimarca, in stretta cooperazione con la Groenlandia, è pronta a continuare i colloqui con il presidente entrante per garantire “i legittimi interessi americani”.

Anche perché un’invasione degli Stati Uniti in Groenlandia, oltre a mettere in ridicolo la NATO, sarebbe la guerra più rapida del mondo. Le forze armate danesi contano di appena 17.000 soldati e la maggior parte del suo equipaggiamento pesante per la guerra terrestre è stato donato all'Ucraina, scrive Politico che arriva ad ironizzare sulla faccenda: “la Danimarca potrebbe avere maggiori possibilità se si rivolgesse a degli avvocati”.

L’Economist suggerisce una soluzione che potrebbe mettere d’accordo tutti: comprare l’isola al prezzo di 50miliardi di dollari, un ventesimo della spesa annuale per la difesa degli Stati Uniti. Ogni residente riceverebbe circa un milione di dollari.

“Considerata la ricchezza e l'importanza del territorio, l'America probabilmente potrebbe rendere ogni groenlandese un multimilionario e trarre comunque enormi benefici dall'acquisto”, scrive la rivista.

La cifra andrebbe offerta direttamente agli abitanti, che poi sarebbero chiamati a esprimersi per referendum. “Metti un po’ di carne davanti all’orso polare”, scrive la rivista inglese, con toni piuttosto razzisti.  

O con le buone o con le cattive, Washington dovrà avere il controllo militare ed economico dell’isola. Trump ha più volte offerto al Canada di diventare la 51° stella della bandiera americana. Non ha fatto la stessa offerta a Nuuk, quindi non è chiaro che forma di dominio abbia in mente. Quello che è chiaro è che la Groenlandia, con le sue immense risorse naturali e la sua posizione strategica, sarà al centro delle politiche strategiche statunitensi, con buona pace di chi, nel democratico Occidente, da quasi tre anni parla del principio di integrità territoriale come del Sacro Dogma su cui si fonda l’ordine internazionale basato sulle regole. Principio che evidentemente vale solo quando conviene a Washington o a Israele.    

Data articolo: Thu, 16 Jan 2025 09:00:00 GMT
IN PRIMO PIANO
Israele e Hamas concordano la tregua: in cosa consiste?

 

Dopo 15 mesi di guerra genocida da parte di Israele nella Striscia di Gaza, è stato raggiunto un accordo di cessate il fuoco tra Tel Aviv e Hamas.

L’accordo è stato ufficializzato dal principale mediatore della trattativa, il primo ministro del Qatar, Mohammed bin Abdulrahman bin Jassim Al Thani, il quale ha annunciato che domenica prossima, 19 gennaio, il cessate il fuoco entrerà in vigore.

L’accordo prevede, in primis, una durata di 42 giorni. Hamas, in questo lasso di tempo, ha preso l’impegno di rilasciare 33 ostaggi israeliani in cambio di prigionieri palestinesi rimasti in Israele. Saranno Qatar e l’altro importante mediatore, l’Egitto, che saranno i garanti per il rispetto dell'accordo, ha assicurato Al Thani.

Il presidente americano Joe Biden, da parte sua, ha chiarito che la prima fase della tregua prevede "un cessate il fuoco totale e completo, il ritiro delle truppe israeliane da tutte le zone popolate di Gaza e il rilascio di una serie di ostaggi detenuti da Hamas", comprese donne, anziani e feriti. Inoltre, il presidente uscente degli Stati Uniti ha aggiunto che Israele, a sua volta, rilascerà "centinaia di prigionieri palestinesi " e sarà facilitato anche l'ingresso degli aiuti umanitari nell'enclave,

Biden ha precisato che "ci sono diverse questioni da negoziare per passare dalla prima alla seconda fase, ma il piano dice che se i negoziati dureranno più di sei settimane, il cessate il fuoco resterà in vigore finché continueranno i negoziati”, aggiungendo che “nelle prossime sei settimane Israele negozierà gli accordi necessari per giungere alla seconda fase, che è la fine definitiva della guerra ".

Infatti, la seconda fase prevede lo scambio del resto degli ostaggi ancora vivi, compresi i soldati maschi, e il ritiro di tutti i soldati israeliani rimasti a Gaza.

Se, come si spera, si arriverà alla terza fase dell'accordo, sarà finalizzata alla restituzione dei resti degli ostaggi assassinati ai parenti e sul lancio di un piano di ricostruzione per l'enclave palestinese, ha ricordato Biden.

Per Hamas, l’accordo con Israele, è un "risultato" per il popolo palestinese e una "pietra miliare nel conflitto con il nemico". Si legge in una nota del movimento di Resistenza palestinese:

"Questo accordo è motivato dalla nostra responsabilità nei confronti del nostro popolo resiliente nella Striscia di Gaza di fermare l'aggressione sionista e porre fine al bagno di sangue, ai massacri e alla guerra genocida a cui sono sottoposti”.

Il movimento palestinese ha anche espresso la sua gratitudine a coloro che hanno sostenuto gli abitanti di Gaza “a livello arabo, islamico e internazionale” e che hanno contribuito a “smascherare l'occupazione e fermare l'aggressione”.

"Estendiamo un ringraziamento speciale ai fratelli mediatori che hanno compiuto grandi sforzi per raggiungere questo accordo, in particolare al Qatar e all'Egitto", conclude il comunicato di Hamas.

Quasi 46.600 palestinesi sono stati uccisi nel brutale attacco militare israeliano a Gaza, sostenuto dagli Stati Uniti dal 7 ottobre 2023. Da uno studio pubblicato sulla rivista Lancet emerge che, tra il 7 ottobre 2023 e il 30 giugno 2024, i palestinesi uccisi da Israele, sono più di 64.000.

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Data articolo: Thu, 16 Jan 2025 08:00:00 GMT
IN PRIMO PIANO
RAGGIUNTO ACCORDO DI CESSATE IL FUOCO A GAZA: UNA VITTORIA PER LA RESISTENZA!

 

UDAP*

 

La determinazione del popolo e della resistenza palestinese costringe l'occupazione israeliana ad accettare le proprie condizioni: cessate il fuoco, scambio di prigionieri, ritiro delle forze israeliane e ritorno dei profughi nel nord di Gaza.

 

UNA VITTORIA PER LA RESISTENZA

Dopo oltre 15 mesi di genocidio in Palestina, si è giunti a un accordo per il cessate il fuoco.

Questo accordo è il frutto della determinazione e della resistenza del popolo palestinese, non una concessione, ma una dimostrazione del fallimento dei piani israeliani di fronte alla risolutezza della resistenza.

LE CONDIZIONI DELL'ACCORDO

- SCAMBIO DI PRIGIONIERI: I prigionieri israeliani nelle mani della resistenza palestinese verranno scambiati con prigionieri politici palestinesi, tra cui centinaia condannati a lunghe pene. Finora, il governo Netanyahu aveva rifiutato categoricamente lo scambio di prigionieri, puntando a riprendere i prigionieri israeliani a Gaza con la forza o in cambio di un cessate il fuoco senza garanzie.

 

- RITIRO DELLE FORZE ISRAELIANE: L'esercito israeliano si ritirerà, nel corso delle fasi del cessate il fuoco, dalla Striscia di Gaza. Il ritiro comprenderà anche l'Asse Netzarim, che divide in due la Striscia, e l'Asse Filadelfia, che separa Gaza dall'Egitto.

 

- RITORNO DEI PROFUGHI AL NORD: Il piano di pulizia etnica per svuotare il nord di Gaza è stato respinto. Secondo l'accordo, gli sfollati del nord di Gaza, che sono stati spinti verso il sud, potranno fare ritorno senza limitazioni.

 

- INGRESSO DEGLI AIUTI UMANITARI: Finora, gli aiuti umanitari sono stati utilizzati come strumento di pressione contro i palestinesi, specialmente quelli del nord. L'ingresso degli aiuti riprenderà a ritmi concordati, e arriveranno anche al nord di Gaza.

 

Questo accordo ha sancito la sconfitta degli obiettivi dichiarati dell'occupazione, ossia: lo sradicamento delle forze di resistenza, l'occupazione militare della Striscia e la consegna incondizionata dei prigionieri israeliani nelle mani della resistenza.

 

Questa vittoria non può comunque oscurare l'immensa tragedia umana consumatasi a Gaza, con decine di migliaia di palestinesi uccisi, centinaia di migliaia di feriti, infrastrutture devastate, un sistema sanitario al collasso e condizioni di estrema precarietà per oltre due milioni di palestinesi.

 

Occorre ricordare che, nonostante il cessate il fuoco, l'occupazione della Palestina, che perdura da oltre 76 anni, continua. È quindi necessario restare vigili di fronte al rischio di violazioni del cessate il fuoco da parte di Israele, continuare a mobilitarsi in appoggio alla resistenza in Palestina e a sostenere concretamente il popolo palestinese, in particolare a Gaza, contribuendo alla resilienza e alla resistenza del popolo palestinese tramite le campagne per la riqualificazione delle infrastrutture e del sistema sanitario.

 

IL FRONTE DELLA CISGIORDANIA

In Cisgiordania, l'occupazione israeliana continua a espandere le proprie colonie attraverso piani di insediamento illegali, con il pieno appoggio dell’amministrazione USA entrante, e procede con le sue campagne volte a spezzare la resistenza.

Mentre continuano attacchi, uccisioni, demolizioni e arresti per mano dell’esercito israeliano, la cosiddetta “Autorità Nazionale Palestinese” continua, tramite la “collaborazione di sicurezza” con l’occupante, a svolgere il suo ruolo funzionale e per il quale è stata concepita: garantire la sicurezza di Israele, uccidendo e arrestando i resistenti palestinesi – emblematico è l’assedio imposto al campo profughi di Jenin da inizio dicembre 2023.

 

IL RUOLO DELLA SOLIDARIETÀ

Negli ultimi 15 mesi, la solidarietà con il popolo palestinese è stata fondamentale nel denunciare le atrocità commesse da Israele e smascherare i governi complici che lo sostengono. Tuttavia, è necessario trasformare la solidarietà umana in un impegno politico che metta in luce la natura imperialista dell’aggressione sionista e il reale ruolo dell’Italia.

Quest’ultima, infatti, insieme agli altri Paesi NATO e alleati di Israele, continua a fornire sostegno a Israele, aumentando le proprie spese militari e riducendo al contempo la spesa sociale, con tagli ai fondi per sanità e istruzione. È essenziale continuare a impegnarsi nel far comprendere alle masse italiane che anche loro, attraverso il carovita e i tagli, stanno pagando il costo dell’aggressione imperialista contro il popolo palestinese.

Con la resistenza del popolo palestinese.. Fino alla vittoria!

*Post Facebook del 15 gennaio 2025

Data articolo: Wed, 15 Jan 2025 18:00:00 GMT

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