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#Gianni #Barbacetto
Urbanistica
Il Consiglio di Stato (su via Fauchè): è abuso edilizio, non rigenerazione urbana
Per la prima volta, anche il Consiglio di Stato si pronuncia sulle indagini urbanistiche a Milano: dando ragione alla Procura e torto a Comune e costruttore. Respinge il ricorso di Palazzo Marino contro la sentenza del Tar che già aveva accolto le ragioni dei pm a proposito del cantiere di via Fauché, dove i cittadini avevano denunciato la costruzione di un edificio di tre piani dentro il cortile, al posto di un laboratorio completamente abbattuto.
È rigenerazione urbana, secondo il Comune e i costruttori. No, rispondono i giudici amministrativi: la palazzina nel cortile è illegittima. “Le caratteristiche dell’intervento posto in essere dalla società proprietaria del beneâ€, scrivono i giudici, “esorbitano dai confini della nozione di ‘ristrutturazione ricostruttiva’ e inducono a qualificarlo come ‘nuova edificazione’, con ciò che ne consegue in termini di titolo abilitativo necessario (il permesso di costruire, non sostituibile dalla Super-Scia)â€.
Il Consiglio di Stato, spiega l’avvocato Wanda Mastrojanni che assiste gli abitanti del condominio di via Fauchè-via Castelvetro, “stabilisce per la prima volta il principio di neutralità urbanistica: il nuovo edificio costruito dopo una demolizione deve essere ‘neutro’, non consumare suolo e non aumentare le volumetrieâ€. I giudici precisano anche il concetto di “rigenerazione urbanaâ€: “Si può parlare di rigenerazione urbana e di risparmio di nuovo suoloâ€, continua Mastrojanni, “solo in presenza di ristrutturazione edilizia, mentre la nuova costruzione consuma sempre suoloâ€.
I giudici elencano le tre caratteristiche che distinguono la ristrutturazione dalla nuova edificazione: la neutralità urbanistica, la contestualità temporale fra demolizione ricostruzione e l’unicità dell’immobile interessato dall’intervento.
“Neutralità †significa che il nuovo edificio deve avere la stessa volumetria di quello abbattuto, “senza ulteriori trasformazioni della morfologia del territorioâ€. Demolizione e ricostruzione devono avvenire nello stesso arco temporale: se costruita anni dopo, una palazzina deve essere considerata “nuova costruzioneâ€. L’unicità dell’immobile impone che non possa essere considerato ristrutturazione edilizia l’accorpamento di volumi che erano prima suddivisi in più edifici, né il frazionamento in più edifici nuovi di un unico edificio presistente.
Questo è ciò che stabiliscono i giudici amministrativi. Intanto prosegue, in sede penale, il dibattimento sui reati contestati a costruttori, progettisti e dirigenti comunali: lottizzazione abusiva, abuso edilizio e falso.
Stadio
Dolcetto o scherzetto? Il rogito per San Siro e le carriere delle soprintendenti
di Gianni Barbacetto e Leonardo Bison /
Era previsto per Halloween l’appuntamento dal notaio per il rogito che passerà a Milan e Inter la proprietà dello stadio di San Siro. Dolcetto per le squadre, ma paura di scherzetto per chi firma e per il notaio che assevera. Ci sono ancora da risolvere problemi tecnico-finanziari con i documenti e le garanzie bancarie, ma anche il notaio deve aver preteso maggior chiarezza prima di chiudere un’operazione che sembra mantenere larghi spazi di opacità .
Così il rogito è stato spostato alla settimana prossima. Mentre incombono le tagliole dei due vincoli che potrebbero rendere il Meazza non abbattibile: il “vincolo culturale semplice†che tutela il secondo anello dello stadio allo scoccare del settantesimo anno d’età ; e il “vincolo archivisticoâ€, già scoccato, secondo la soprintendente archivistica della Lombardia, Annalisa Rossi, poi trasferita contro la sua volontà da Milano in Toscana, con una decisione del ministero della Cultura che ora la Corte dei conti ha dichiarato illegittima.
Anche la soprintendente ai beni culturali, Emanuela Carpani, non ha avuto vita facile. È rimasta a Milano, ma ha dovuto subire le pressioni del sindaco. Era il luglio 2023 quando Giuseppe Sala le scrive un messaggio che dietro la cortesia formale nasconde una vena minacciosa: “Ciao Emanuela, tutti parlano ormai del ‘vincolo semplice’, che sarà anche semplice ma non permetterà di abbattere San Siro. Le squadre vanno fuori Milano. E il Comune rimarrà con San Siro vuoto. Chiederò al Governo di comprarselo, perché questo è un danno economico enorme per il Comune (sai che il valore erariale è di circa 100 milioni). È anche un gigantesco danno di immagine per Milano. Qualcuno però dovrà renderne conto ai cittadini. Vediamo il Ministero cosa dirà . Buona serataâ€.
E l’assessore Giancarlo Tancredi scrive a Sala: “Sullo stadio, ancora notizia riservata, vincolo ‘semplice’ sul secondo anello. Lei mi scrive che è una cosa positiva… sto incalzando chiedendole se quindi si può demolire almeno in parte. Attendo risposta (forse puoi chiamarla tu?…)â€. La riunione al ministero avviene poi il 22 ottobre 2024 e una Carpani ormai ammorbidita dirà che lo stadio si può abbattere, purché diventi privato prima che scattino i 70 anni: il 10 novembre 2025, secondo Sala; l’11 settembre, secondo Luigi Corbani, animatore del comitato Sì Meazza.
Il notaio Filippo Zabban ha già ricevuto l’invito dall’avvocato Gaetano Braghò a non perfezionare il rogito della cessione prima del 10 novembre, in attesa della decisione definitiva sul vincolo da parte della Soprintendenza. Il consigliere di maggioranza Enrico Fedrighini ha invece segnalato a Zabban che la delibera di giunta sul Meazza va bloccata perché prevede la possibilità della “compensazione del danno ambientale attraverso crediti di carbonioâ€.
Ancor più intricato, per Zabban, sarà l’accertamento del “titolare effettivoâ€, dietro la selva di società che controllano il compratore, domiciliate in Lussemburgo e alle Cayman. In questi casi, il notaio ha l’obbligo di inviare una “sos†(segnalazione di operazione sospetta) a Bankitalia.
Quanto alla ex soprintendente archivistica Annalisa Rossi, non è legittimo il suo trasferimento in Toscana, avvenuto a fine luglio. Aveva osato riconoscere che il secondo anello di San Siro è un “archivio espostoâ€, quindi inalienabile, non vendibile. Il vincolo archivistico riguarda le targhe e le epigrafi storiche che celebrano i successi di Milan e Inter, nella tribuna ovest.
Il 21 ottobre, la sezione centrale del controllo di legittimità sugli atti del governo e delle amministrazioni della Corte dei conti ha stabilito che era illegittimo il trasferimento di Rossi e di una decina di altri dirigenti del ministero. Erano stati mandati in uffici che non avevano scelto, contro il dettato del contratto collettivo nazionale dei dirigenti (come nel caso di Rossi), o scelti all’esterno del ministero nonostante ci fossero dirigenti di ruolo che avevano fatto domanda per la stessa sede. Il caso riguarda dirigenti di Toscana, Sicilia, Veneto, Lazio, Calabria, Torino, Salerno, Caserta, Trieste, Siena.
Il ministero, interrogato dal Fatto, aveva negato qualsiasi relazione tra il trasferimento di Rossi e il suo impegno sul vincolo San Siro: sarebbe stata normale rotazione dopo sette anni nello stesso ufficio. Comunque sia, il vincolo archivistico sul secondo anello di San Siro c’è già ora, come ha ribadito l’Avvocatura dello Stato. Un altro problema, per il notaio Zabban.
Sistema Milano
Il secondo livello del Sistema Milano? È la corruzione 2.0
Il Modello Milano era quello della città place to be, delle magnifiche sorti e progressive di una metropoli priapica che si sviluppa in altezza, esibisce skyline, genera benessere (immobiliare), moltiplica gli zecchini nel campo dei miracoli della rendita, con felice sgocciolamento dall’alto verso il basso della ricchezza e della felicità . Ora abbiamo imparato che dietro il Modello Milano c’è il Sistema Milano, che produce esclusione (400 mila milanesi espulsi dalla città ), crea disuguaglianza, produce ricchezza per pochi e impoverimento per molti, aumenta i costi dell’abitare e diminuisce i servizi pubblici.
Ci fosse un Guido Martinotti, studierebbe il cambiamento sociologico della metropoli, la mutazione genetica, sociale, economica, antropologica, dei milanesi. Saprebbe disegnare il crepuscolo del ceto medio impaurito e impoverito. Nell’attesa che le università milanesi producano ricerca innovativa e critica sulla realtà , oltre ai ben remunerati report per le lobby immobiliari, dobbiamo almeno provare a raccontare che cosa abbiamo visto disvelarsi sotto i nostri occhi in questi ultimi due anni.
A decidere se sono stati commessi reati e se vi sono responsabilità penali saranno i giudici – dopo molti anni, molteplici gradi di giudizio e cambi di leggi al volo. Già subito, però, sarebbe opportuno capire il Sistema per poterlo correggere – se la politica volesse riparare le storture, autoriformandosi senza aspettare le sentenze e le prescrizioni.
Ebbene, il Sistema è un edificio a due livelli. Il primo è quello della sistematica violazione delle norme urbanistiche, sostituite dal Rito Ambrosiano che aumenta il cemento, chiama ristrutturazioni le nuove costruzioni, permette di edificare nei cortili, concede di tirar su grattacieli senza piano attuativo, cioè senza nuovi servizi per i cittadini, regalando agli operatori un paio di miliardi che dovevano essere usati per attrezzare spazi pubblici in città .
Queste contestazioni – sul piano giudiziario – oggi sono già a dibattimento, dopo essere state confermate finora da giudici delle indagini preliminari, giudici dell’udienza preliminare, giudici del riesame, giudici di Cassazione in funzione cautelare. Per queste violazioni – sul piano invece politico – la soluzione è (se davvero la si volesse cercare) relativamente facile: rientrare da oggi in poi nelle regole, magari chiedendo agli operatori quello che non hanno pagato finora.
Il secondo livello del Sistema Milano è quello della corruzione su cui (secondo le ipotesi d’accusa) sono regolati i rapporti tra pubblico e privato in materia urbanistica. La vecchia corruzione, quella delle tangenti nelle buste o nelle valigette riempite di banconote, ma anche quella dei versamenti bancari estero su estero, è sostituita da una nuova corruzione, cool, sistemica e ambientale.
Il teatro dell’accordo di Sistema è la Commissione paesaggio. Nel Rito Ambrosiano le sono stati conferiti super-poteri: a differenza che nel resto d’Italia, decide al posto degli uffici comunali quali progetti realizzare, come costruire la città . Chi ne fa parte è dunque pubblico ufficiale, che decide a nome della collettività ; ma è anche progettista a libro-paga degli operatori immobiliari. Gli architetti che compongono la Commissione paesaggio sono dunque strutturalmente portati a dare l’ok ai progetti degli operatori che alimentano i loro studi professionali.
È avvenuta la privatizzazione dell’organo decisore e, nello stesso tempo, la “cattura del Regolatoreâ€: gli operatori privati hanno a libro-paga l’organismo regolatore che decide come costruire la città . Gli sviluppatori ne discutono direttamente con il sindaco, il direttore generale del Comune, l’assessore all’urbanistica, poi la Commissione approva. È la corruzione 2.0: strutturale, ambientale, sistemica.
Dov’è il patto tra corruttore e corrotto? Guardate bene: è scritto nelle righe del regolamento della Commissione paesaggio.
Data articolo: Sun, 02 Nov 2025 17:45:26 +0000Separazione carriere
Di Pietro: “Sì alla separazione delle carriereâ€. Ma aveva sempre detto che era il programma di Gelli
di Gianni Barbacetto /
Antonio Di Pietro, il pm di Mani pulite, è pronto per fare il testimonial del sì al referendum sulla divisione delle carriere?
Io sono pronto senz’altro a far sentire la mia voce su questa riforma costituzionale. Ma in nome e per conto di Antonio Di Pietro. Non lascerò che alcun partito politico ci metta il cappello sopra.
Ma il testimonial per il sì lo che stanno cercando i partiti del centrodestra. Sarebbe il testimonial di Giorgia Meloni.
No. Io mi auguro che ci siano tanti testimoni, anzi, tanti comitati, per il sì e per il no. Perché questa è la democrazia. Per quale ragione un comitato deve essere per forza teleguidato da un partito? Questa è una riforma costituzionale, quindi è una riforma dei cittadini. Io rappresento me stesso e, al massimo, quei cittadini che vogliono essere informati sentendo le due campane: anche quella del sì. Non ho bisogno di avere un capo in testa. Ragiono da me stesso e rappresento me stesso.
Si troverebbe a essere l’anti Gratteri.
Nicola Gratteri lo rispetto sul piano professionale e lo stimo sul piano personale. Non la vedo, la contrapposizione con lui. So che anche lui è favorevole al sorteggio. Vede, tutti concentrano questa riforma sulla separazione delle carriere, ma in realtà ha altri due punti focali che bisogna spiegare ai cittadini: la estromissione del Consiglio superiore della magistratura dalle scelte disciplinari sui magistrati e l’introduzione del sorteggio per togliere potere alle correnti. Credo che su questo molti magistrati siano favorevoli, e anche Gratteri. Quindi voglio valutare questa riforma non perché l’ha fatta il centrodestra, anzi credo che sbaglino – e rischino – quelli del centrodestra che ci vogliono mettere il cappello sopra. Questa è una riforma che è la naturale conseguenza di quel che venne deciso nel 1989, quando passammo dal sistema inquisitorio al sistema accusatorio.
D’accordo dunque con questa riforma della giustizia?
Non è una riforma della giustizia, è una riforma della magistratura. L’unica riforma della giustizia che serve è quella di farla funzionare. Ma questa riforma non incide sull’accelerazione o l’ammodernamento della giustizia, questa riforma chiude solo il cerchio di un sistema processuale che nel 1989 da inquisitorio è diventato accusatorio. E ha al suo interno due tematiche su cui vale la pena riflettere, prima di dire no: togliere ai giudici la possibilità di giudicare se stessi ed eliminare, grazie al sorteggio, il correntismo e l’amichettismo palamaresco. Quello che invece non condivido è il fatto di speculare su questa riforma, dicendo che migliora la giustizia. No, non è il suo fine, non accelera i processi, non migliora la macchina processuale.
Ci hanno detto che è la realizzazione di uno dei sogni di Silvio Berlusconi.
Ma no, è solo la chiusura del cerchio della riforma del 1989, quando Berlusconi neppure ci pensava di fare politica.
Nessuna paura che la separazione delle carriere sia una vendetta della politica contro i magistrati e che si possa trasformare nella sottomissione del pm al potere politico?
Il pubblico ministero che si vuole sottomettere lo può fare oggi e lo potrà fare domani. Chi non si vuole sottomettere non lo fa oggi e non lo farà domani. Oggi e domani resta l’articolo 104 della Costituzione. Oggi dice che la magistratura è un ordine autonomo e indipendente, domani dirà che i magistrati giudicanti e quelli del pubblico ministero sono un ordine autonomo e indipendente. Per modificare questa norma ci vorrebbe un’altra riforma costituzionale, che non riusciranno mai a far digerire al popolo italiano, perché l’indipendenza della magistratura è una sacra realtà che nessuno può toccare. Paventare che questa riforma incida sull’autonomia e l’indipendenza è un’affermazione contraria alla realtà .
Il presidente del Senato, Ignazio La Russa, in questi giorni si è mostrato preoccupato del fatto che la destra abbia messo in moto la macchina del referendum, assumendosi il rischio politico di una sconfitta. Ha detto apertamente che “il gioco non vale la candelaâ€, anche perché di fatto le carriere, dopo la riforma Cartabia, sono già distinte.
Infatti io sottolineo gli altri due punti di questa riforma. E temo che l’Associazione magistrati sia fermamente, per non dire ferocemente, contraria proprio per quei due punti: togliere al Csm il potere di giudicare i magistrati e di spartire potere.
È vero che le hanno chiesto di candidarsi in Molise per Fratelli d’Italia?
Di candidarmi me lo chiedono continuamente, anche da sinistra. Ma escludo totalmente di candidarmi, non solo per Fratelli d’Italia, ma neppure per il partito di Di Pietro. (Il Fatto quotidiano, 30 ottobre 2025)
“Si vorrebbe imporre, per garantire l’imparzialità del giudice, la separazione non fra potere giudiziario e politico, ma fra magistrati inquirenti e giudicanti: così le inchieste contro la corruzione e il potere politico non si potranno più fare con serenità †(15.3.2000).
“Voterò no al referendum per separare le carriere†(15.5.2000).
“La Giustizia ha bisogno di interventi radicalmente opposti a quelli sbandierati dal Polo: non la separazione delle carriere e lo snaturamento del Csm aumentando i membri di nomina politica†(13.1.2003).
“La divisione delle carriere impedirà la fisiologica trasmigrazione tra pm e giudici, con grave danno per le professionalità e la libertà di scelta dei magistrati†(8.3.2003).
“Il processo di Milano (a Berlusconi e Previti per corruzione di giudici, ndr) dimostra che a carriere unite possono accadere cose turche. In primo grado ha dimostrato che degli avvocati possono corrompere dei giudici. Più separate di così, le carriere, si muore! Il problema non sono le carriere, ma la deontologia professionale, la moralità di chi svolge incarichi pubblici delicati†(4.5.2003).
“Il centrodestra vuole separare le carriere per mettere sotto controllo dell’esecutivo la magistratura. È il vecchio piano di Licio Gelli, poi ripreso dal libro rosso di Previti†(24.3.2004).
“Il ministro Alfano vuole separare le carriere in violazione del dettato costituzionale. La Giustizia affidata al governo Berlusconi è come un pronto soccorso lasciato in balìa di Dracula†(4.6.2008).
“Berlusconi lasci stare Falcone, è come il diavolo che parla dell’acqua santa. I problemi della Giustizia sono la mancanza di fondi e di personale, non la mancata separazione delle carriere. Così si vuole solo sottomettere la giustizia al potere politico e segnare la fine della certezza del diritto†(21.8.2008).
“La separazione delle carriere è l’anticamera della fine dell’obbligatorietà dell’azione penale, attraverso il controllo dell’esecutivo sul pm. È una proposta gravissima perché farebbe crollare uno dei cardini della Costituzione: l’autonomia della magistratura†(15.7.2013).
Così parlò per tutta la vita Antonio Di Pietro: idee chiarissime contro tutte le bicamerali e le schiforme di ogni colore. Poi un giorno qualcuno lo convinse che era sempre stato favorevole alla separazione delle carriere e lui non solo cominciò a dire il contrario di ciò che aveva sempre pensato, ma entrò persino nel Comitato del Sì alla schiforma Nordio. Chissà com’è successo. (Il Fatto quotidiano, 2 novembre 2025)
Salva-Milano
Beppe-Frankenstein e Letizia-Frau Blücher riesumano il cadavere della Salva-Milano
Torna la voglia di Salva-Milano. Riprende a chiederla il sindaco Giuseppe Sala. La vuole il nuovo presidente dell’Ordine degli architetti milanesi. Offre il suo aiuto anche Forza Italia. In verità , il 7 ottobre Sala aveva respinto l’offerta del segretario di FI, Antonio Tajani: proponeva per Milano un “commissario ad acta†con poteri speciali. Sala gli ha risposto: “Il Salva-Milano per me è morto e sepolto e un commissario ad acta non risolverebbe il problema, che è italiano, non solo milaneseâ€.
Quattordici giorni dopo, il 21 ottobre, la musica cambia: è lo stesso Sala a chiedere una Salva-Milano, ma con nome diverso e in formato magnum, che riguardi tutta l’Italia. Altrimenti dovrebbe ammettere di aver violato la legge a Milano e di aver bisogno di una sanatoria a misura Duomo. No, pretende una soluzione più generale: “Bisogna tornare a un intervento legislativoâ€. Proprio come la Salva-Milano. “Ho visto che una problematica del genere sta nascendo anche a Bolognaâ€.
Insomma: Salva-Milano è diventata un’espressione impronunciabile ma, cambiando il nome, resta la sostanza. Sala vuole una legge che azzeri le inchieste in corso, abbatta le norme in vigore (“Sono ferme al 1942â€) e le riscriva su misura dei reati urbanistici contestati a Milano. Con questo, il sindaco confessa: lui le ha violate, a Milano, le leggi “ferme al 1942â€. Per questo c’è bisogno di riscriverle su misura.
Vuole resuscitare il cadavere della Salva-Milano che giace in Senato, Sala-Frankenstein, magari con l’aiuto di Letizia Moratti-Frau Blücher (che, come nel film, fa imbizzarrire qualcuno a sinistra). Per dare all’operazione un respiro (si fa per dire) nazionale, si aggrappa alle indagini aperte a Bologna su 13 grossi edifici residenziali costruiti al posto di piccoli fabbricati, che un gruppo di cittadini ha denunciato alla Procura di Bologna, chiedendo di verificare se sono conformi alle leggi. E Tajani? Respinto una prima volta, non demorde e torna a fare le sue avances a Beppe: sabato organizza un mega-convegno a Torino con lo stato maggiore italiano del cemento: Ance, Confedilizia, Confindustria, Assoimmobiliare, Cna Costruzioni, Federazione agenti immobiliari.
Intanto, per non lasciare il dubbio che gli architetti milanesi si siano pentiti delle vergognose compromissioni con il Sistema Milano, la neopresidente dell’Ordine, Francesca Claudia Scotti, appena eletta, nella sua prima intervista ripete la tiritera (falsissima) che “le regole non sono certe†e vanno “chiariteâ€. Le norme sono invece chiarissime, però aggirate da anni grazie a consuetudini e a trucchi inseriti in determine dirigenziali che non hanno forza di legge.
A Milano, avendo capito che la Procura procede senza farsi intimorire e che i milanesi non abboccano più alle panzane su quanto sia bello avere un grattacielo nel cortile di casa, si torna a sfoderare l’arma fine di mondo: le “famiglie sospeseâ€. Cioè gli acquirenti di appartamenti sotto indagine perché costruiti fuorilegge: sono usati come scudi umani da costruttori e sindaco. I palazzi sequestrati dalla magistratura sono solo tre, ma le “famiglie sospese†si moltiplicano miracolosamente di giorno in giorno come i pani e i pesci: le ultime stime (?) parlano di “1.200 edifici a rischio di abusivismoâ€, “40 mila abitazioniâ€, insomma “un’emergenza che coinvolgerebbe più di 100 mila cittadiniâ€. Miracoli della lobby dei costruttori.
Eppure la Cassazione è già stata chiara: è stato creato “un artificioso contrasto tra beni non in contrapposizione, tra l’interesse collettivo al ripristino della legalità urbanistica violata e l’interesse alla abitazioneâ€; “gli interessi dei terzi acquirenti non possono in alcun modo trovare tutela attraverso l’abdicazione, da parte dell’autorità giudiziaria, del suo potere-dovere di sequestroâ€, funzionale all’obbligo di legge “d’impedire la protrazione dei reatiâ€. I poveri acquirenti dovrebbero pretendere di essere risarciti da chi ha venduto edifici abusivi. Invece si alleano con i loro carnefici chiedendo la sanatoria per i loro abusi.
Urbanistica
Convenzioni edilizie alla milanese: niente Giunta, basta un notaio
Entrano in scena anche i notai, nelle inchieste sull’urbanistica a Milano. Il primo, Dario Restuccia, è indagato per le tre torri residenziali affacciate sul parco delle Cave, via Cancano, zona Baggio. Le Residenze Lac, costruite al posto della vecchia fabbrichetta delle Pompe Peroni, sono considerate abusive dai pm della Procura milanese perché edificate come “ristrutturazioneâ€, con la ormai mitica Scia (l’autocertificazione del costruttore), mentre sono “nuova costruzioneâ€; e perché il Comune ha rinunciato a ben 3,2 milioni di euro (oneri urbanistici e monetizzazioni degli standard) per servizi da fornire per legge agli almeno 200 nuovi abitanti che sarebbero arrivati in zona.
E il notaio? Entra in partita 30 gennaio 2019, nel momento della firma della “convenzione urbanisticaâ€. È il documento che dà il via libera all’operazione. Viene sottoscritto davanti a lui dai rappresentanti del Comune e della proprietà : da una parte Giovanni Oggioni, il dirigente comunale (poi arrestato in un’altra indagine), dall’altra Rossella Bollini, amministratore unico della società Lakes Park srl, proprietaria dell’impianto industriale dismesso Pompe Peroni.
Ma c’è un problema, fanno notare i pm Petruzzella-Filippini-Clerici, coordinati dal procuratore aggiunto Tiziana Siciliano: le “convenzioni urbanistiche†devono essere approvate (lo dice chiaramente la legge 380 del 2001) dal Consiglio comunale. Una disposizione regionale del 2005 permette che ad approvarle possa essere la Giunta. Ma a Milano vige il Rito Ambrosiano: le convenzioni non passano per l’approvazione né dal Consiglio né dalla Giunta comunale, ma vengono vergate come fossero un accordo privato, davanti a un notaio, con le firme di un dirigente comunale e dell’operatore immobiliare.
Quello delle Residenze Lac non è dunque un caso isolato: a Milano tutte le convenzioni urbanistiche, dal 2015, sono firmate davanti al notaio. Sono dunque potenzialmente illegittime centinaia di operazioni edilizie decise e realizzate dopo il 2015. Chi ha deciso la riduzione della convenzione ad atto privato? “Credo che risalga alla Giunta del sindaco Giuliano Pisapia la decisione di adottare una procedura in base alla quale si autorizzavano i dirigenti a stipulare direttamente le convenzioni, senza la necessità di un voto†degli organi istituzionali della pubblica amministrazione: così ha dichiarato ai magistrati il direttore generale del Comune, Christian Malangone. Sentito dall’agenzia La Presse, Pisapia ha risposto: “A me non risultaâ€. Proviamo a svelare l’arcano.
In verità , la prassi di firmare le convenzioni dal notaio è partita non da una delibera della Giunta Pisapia, ma da una determina dirigenziale emessa il 14 gennaio 2015 da Giuseppina Sordi, allora capo della Direzione centrale sviluppo territorio di Palazzo Marino. Nascosta in una complicata tabella allegata alla determina, alla quasi invisibile nota 4, si legge: “In relazione al contenuto di scelta (attuativa di indirizzi già definiti o di valutazione e conseguente decisione di carattere politico e non tecnico) si procederà all’approvazione degli elementi essenziali della convenzione mediante delibera di Giunta comunale o determina dirigenzialeâ€.
Traduzione: le convenzioni possono essere fatte “mediante delibera di Giunta comunale†(come imposto dalla legge) “o determina dirigenzialeâ€, a seconda se si tratta di attuare “indirizzi già definiti†o di valutare e in conseguenza decidere scelte “di carattere politico e non tecnicoâ€. Prendendo atto che tutte le operazioni edilizie milanesi si inseriscono in “indirizzi già definitiâ€, ecco che le convenzioni da quel momento vengono tutte realizzate con determina dirigenziale, senza passare dalla Giunta, e poi firmate davanti a un notaio.
Ecco dunque svelato l’arcano delle convenzioni alla milanese: nascono da un assurdo giuridico. Un semplice atto di una dirigente, con una piccola nota scritta in corpo 6 come le clausole capestro delle assicurazioni, decide quando espropriare dei suoi poteri un’istituzione comunale (la Giunta). L’allora sindaco Pisapia non se ne accorse. Se ne accorse benissimo la sua vicesindaca e assessora all’urbanistica: Ada Lucia De Cesaris.
Urbanistica
Bologna come Milano? Decolla l’inchiesta sui “mostri urbaniâ€
Bologna come Milano? L’inchiesta sull’urbanistica decolla anche nella città emiliana. I carabinieri si sono presentati negli uffici del Comune e hanno acquisito i documenti relativi a 13 palazzi di recente edificazione.
Sono quelli ormai comunemente chiamati “mostri urbaniâ€, elencati in un esposto alla Procura di Bologna presentato già nel dicembre 2024 e firmato da 18 cittadini di diversi comitati, tra cui Andrea De Pasquale del comitato “Bologna vuole vivereâ€, ex consigliere provinciale del Pd e oggi animatore di una rete civica attiva sui temi ambientali e urbanistici. L’esposto ipotizza che i 13 edifici siano stati realizzati (come quelli già sotto indagine a Milano) in violazione delle norme urbanistiche. I carabinieri hanno anche eseguito sopralluoghi nei 13 palazzi su cui è partita un’indagine assegnata alla pm Anna Sessa.
Il Comune di Bologna ha risposto ai comitati che le operazioni immobiliari in corso sono tutte conformi alla legge urbanistica regionale. I comitati hanno replicato che almeno dieci dei 13 palazzi sono stati edificati senza il piano attuativo particolareggiato, dunque senza gli oneri che i costruttori sono tenuti a versare per realizzare i servizi ai cittadini.
La definizione “mostri urbani†è stata usata anche dal sindaco di Bologna, Matteo Lepore, durante la campagna elettorale per la sua elezione: per promettere che operazioni immobiliari di quel tipo, permesse dalle giunte precedenti (sindaco Virginio Merola), non sarebbero più state realizzate nel caso fosse stato eletto.
In città sono però segnalati altri interventi in corso, più recenti, che si aggiungono ai 13 contenuti nell’esposto. In via Toscana 136, al posto delle ex scuole Ferrari di due piani, è previsto un edificio di otto piani. In via Scandellara 7, su prati verdi sono cresciuti edifici residenziali fino a dodici piani. Otto piani anche per l’edificio residenziale di via Renato Fava, in luogo di un capannone solo piano terra.
Trasformazione radicale anche per l’ex Mercatone Uno di via Stalingrado: saranno demoliti due capannoni e una palazzina, sostituiti da un complesso residenziale con altezza fino a 24 metri. L’intervento è stato permesso al proprietario – una società immobiliare del gruppo Unipol – senza piano attuativo, con intervento edilizio diretto (permesso di costruire), con aumento delle volumetrie, cambio di destinazione d’uso da direzionale a residenziale e monetizzazione degli standard urbanistici di soli 550 mila euro.
In via Rimesse 4, al posto del centro commerciale Tre stelle, un capannone di solo piano terra, è previsto uno studentato di otto piani, per 533 posti letto. Solo 28 di questi saranno dati in convenzione, per 12 anni, al costo calmierato di 400 euro al mese. Tutti gli altri posti letto saranno affittati a oltre 1.000 euro al mese: “Questo provocherà un cambiamento anche sociale di Bologna e un mutamento della sua popolazione universitariaâ€, commenta De Pasquale. “Attirerà una clientela straniera, araba, americana, o comunque molto abbiente. Sarà l’avvio di un’altra Bolognaâ€.
******************************
GLI ALTRI “MOSTRI URBANIâ€
denunciati dopo l’esposto del dicembre 2024
(cantieri in corso nell’ottobre 2025)
EX SCUOLE FERRARI
Via Toscana 136.
Edificio di 8 piani al posto di scuola di 2 piani.
La scuola demolita:

L’edificio di progetto:

PALAZZI SCANDELLARA
Via Scandellara 7 (angolo via Fernanda Pivano).
Serie di palazzi residenziali alti fino a 12 piani al posto di un lembo di campagna urbana.
Come era prima:

Com’è adesso (settembre 2025):


EX CENTRO COMMERCIALE TRE STELLE
Via Rimesse 4 (tra via Rimesse e via Cavalieri).
Al posto di un capannone di solo piano terra, è previsto un edificio a L di 8 piani, adibito a studentato, per totali 533 posti letto. È previsto che 28 posti letto siano dati in convenzione per 12 anni al costo calmierato di 400 euro mensili per 11 mesi. È prevista anche la realizzazione di un parcheggio pubblico da 58 posti auto e di un’area verde di 5 mila mq.
Com’era prima (maggio 2024):

Com’è adesso (settembre 2025):

L’edificio di progetto:

EDIFICIO VIA FAVA
Via Renato Fava.
Edificio residenziale di 8 piani al posto di un capannone solo piano terra.
Com’era prima:

L’edificio di progetto:

EX MERCATONE UNO VIA STALINGRADO
(in fase di cantierizzazione)
Area delimitata da via Cesare Gnudi (a sud), via Aldo Moro (a nord), via Stalingrado (a ovest).
L’intervento di riqualificazione prevede la demolizione di tre fabbricati (due capannoni e una palazzina) e il recupero delle volumetrie esistenti incrementate del 20%, per la realizzazione di un complesso residenziale. L’altezza prevista è di 24 metri, la superficie utile di 3.800 mq. Il volume massimo di 19 mila metri cubi. Le dotazioni urbanistiche richieste sono un percorso pedonale su via Stalingrado e un attraversamento pedonale su via Gnudi. È stata concordata la monetizzazione totale delle dotazioni, pari a 550 mila euro. L’intervento è attuato con intervento edilizio diretto (Permesso di costruire) previa convenzione. Proprietario e attuatore: MIDI srl, società immobiliare del gruppo UNIPOL. La convenzione urbanistica attuativa originaria è del 2018 ma viene modificata nel 2022, aumentando la superficie utile da 3.300 a 3.800 mq e cambiando la destinazione d’uso (da direzionale a residenziale).
Il progetto:

Urbanistica
Supersconti, una confessione, un notaio: che cosa ci insegnano le tre torri sul lago
È di 3,2 milioni di euro il danno erariale causato alle casse pubbliche per una sola delle tante operazioni urbanistiche sotto indagine a Milano: 3,2 milioni sottratti al bilancio del Comune di Milano, che sarebbero dovuti diventare servizi per i cittadini. Lo sostengono i consulenti tecnici della Procura, i professori Alberto Roccella e Chiara Mazzoleni, dopo aver analizzato le carte delle Residenze Lac di via Cancano, tre torri di 9, 10 e 13 piani, con altezze fra i 27 e i 43 metri, affacciate sul laghetto del Parco delle Cave.
Abuso edilizio, secondo i pm Marina Petruzzella, Paolo Filippini e Mauro Clerici, coordinati dalla procuratrice aggiunta Tiziana Siciliano, perché fatte passare per “ristrutturazione†dei capannoni della ex fabbrica Pompe Peroni, dunque autorizzate con la ormai mitica Scia (l’autocertificazione del costruttore), mentre sono “nuova costruzione†con obbligo di piano attuativo, cioè di un piano che calcoli i servizi necessari per l’arrivo in zona di almeno 200 nuovi abitanti, effetto del cambio di destinazione d’uso: la fabbrichetta è stata sostituita da tre grattacieli residenziali.
Gli operatori (Lakes Park e poi Nexity) hanno pagato 618 mila euro in meno per oneri d’urbanizzazione (non aggiornati dal Comune per sedici anni) e contributo di costruzione; e 2,6 milioni in meno per la monetizzazione delle aree.
Sono i supersconti del Modello Milano: pochi soldi e poche regole, per attirare i capitali immobiliari. Con grandi vantaggi per gli operatori, ma pesanti danni per la città : se la pubblica amministrazione ha rinunciato a 3,2 milioni per una sola operazione, non è fantascientifico ipotizzare che siano circa 2 miliardi i mancati incassi del Comune per le centinaia di operazioni urbanistiche degli ultimi dieci anni, realizzate con le consuetudini fuorilegge del Rito Ambrosiano.
La voce più pesante è quella delle “monetizzazioni degli standardâ€. I costruttori devono per legge fornire al Comune le aree necessarie per realizzare i servizi pubblici necessari ai nuovi abitanti che arrivano in una zona. Se non ci sono aree disponibili, in casi eccezionali, possono “monetizzarleâ€, cioè pagarle. Ma a un prezzo “non inferiore a quello dell’acquisizione di altre aree†da parte del costruttore.
Gli operatori delle Residenze Lac hanno pagato solo 1,4 milioni di euro, cioè 193,45 euro al metro quadrato. Un prezzo ridicolo per Milano. I consulenti tecnici dei pm hanno preso a riferimento una sentenza del Tar Lombardia confermata dal Consiglio di Stato, in cui aree del piccolo Comune di Gorgonzola avevano nel 2008 un valore di 537,5 euro al metro quadro: “Non è minimamente credibile che nel 2019â€, 11 anni dopo, “nel Comune di Milano il valore di mercato di un’area potesse essere 193,45 euro/mqâ€.
Così l’avviso di conclusione indagini sulle Residenze Lac rilancia le indagini sull’urbanistica milanese, ipotizzando una prossima richiesta di processo per 36 persone, fra cui tutti i membri delle Commissioni paesaggio tra il 2018 e il 2024, gli imprenditori coinvolti, il progettista Paolo Mazzoleni (oggi assessore Pd all’Urbanistica a Torino) e alcuni dirigenti comunali, tra cui Giovanni Oggioni (arrestato per corruzione in un’altra indagine parallela) e Simona Collarini (che “confessa†in un “verbale di riunione staff†del 29 marzo 2022: “Dobbiamo cercare di non ripetere situazioni come via Cancano, dove la struttura commerciale ‘ha divorato’ gran parte della superficie fondiaria, obbligando a una soluzione progettuale delle residenze molto impattante (peraltro fronte Parco Cave)â€.
Per la prima volta, viene indagato anche un notaio: Dario Restuccia, davanti al quale è stata firmata la “convenzione urbanistica†per le tre torri. È uno dei miracoli del Rito Ambrosiano: la legge dice che le “convenzioni†devono essere approvate dal Consiglio comunale o almeno dalla giunta; a Milano, invece, dal 2013 si firmano davanti a un notaio, come fossero un atto privato. È il Sistema Milano, bellezza.
Olimpiadi 2026
Olimpiadi 2026. «L’importante non è vincere, ma partecipare». Agli affari
Milano ha voluto il bis dell’Expo 2015: le Olimpiadi invernali Milano-Cortina 2026. C’è una foto – iconica, si direbbe sotto la Madonnina – scattata il 24 giugno 2019: ritrae il sindaco di Milano, Giuseppe Sala, con i pugni chiusi alzati al cielo e la bocca aperta in un incontenibile urlo di gioia. È il momento in cui Milano, in alleanza con Cortina, viene proclamata vincitrice della gara per ospitare i giochi olimpici invernali del 2026. Accanto a Sala, i presidenti (leghisti) della Regione Lombardia, Attilio Fontana, e del Veneto, Luca Zaia.
Davvero strano il caso delle Olimpiadi della neve vinte dalla città dove non nevica da anni e dove non si pratica alcuno sport invernale. Non c’è neppure una pista di pattinaggio, a Milano. Quelle che c’erano sono chiuse da tempo. La gara, in verità , era andata quasi deserta, con un solo concorrente sconfitto, Stoccolma. Ma Sala lo considera un trionfo. E anche un felice ritorno al grado zero della sua carriera politica, quando fu chiamato da Letizia Moratti a gestire un Expo che rischiava di naufragare e poi, alla fin della fiera, fu premiato con la poltrona di sindaco. Quattro anni dopo, è lui che indossa i panni della Moratti e la fascia da sindaco e sogna di essere ancora quel Sala che fu chiamato a “salvare l’esposizioneâ€. Nella speranza che le Olimpiadi distraggano l’attenzione pubblica dalla crisi del Modello Milano e dalle inchieste giudiziarie sull’urbanistica.
Sala, Fontana e Zaia, tutti galvanizzati dal brivido bipartisan del grande evento. Centrosinistra e centrodestra insieme per la grande avventura. Una nuova occasione, ricorrente nella politica italiana, per concentrare soldi pubblici, avviare lavori e grandi opere, mettere un’altra volta in moto la macchina della comunicazione e del marketing urbano. Soldi e narrazione, affari e propaganda.
Prevedibili, ma mai previsti, gli effetti collaterali di ogni grande evento: gli aumenti dei costi, i ritardi, le deroghe, i litigi per la gestione, gli errori, gli sprechi, le infiltrazioni mafiose. In Lombardia, che pure è la regione più avanzata d’Italia, solo il 44 per cento degli edifici scolastici ha una palestra. Eppure un sacco di soldi pubblici viene impegnato per una manifestazione che dura diciassette giorni (più dieci di Paralimpiadi), per costruire impianti sportivi provvisori da smontare dopo qualche settimana, come la pista di pattinaggio dentro la Fiera di Rho che sarà smantellata a Giochi finiti; o per realizzare strutture che saranno sottoutilizzate, come la pista di bob a Cortina, per uno sport che non si può certo definire di massa (gli iscritti al settore bob della Federazione italiana sport invernali sono una quarantina).
Sala, Fontana e Zaia vincono la non proprio affollata gara per i Giochi invernali con un dossier di candidatura che prometteva Olimpiadi «interamente finanziate da capitali privati» e che sarebbero state realizzate con «una formula sostenibile e innovativa che permetterà all’Italia di essere un esempio per le prossime edizioni dei Giochi». Il sottosegretario con delega allo Sport, il leghista Giancarlo Giorgetti, aveva annunciato: «Il governo non ci metterà un euro». Il presidente Fontana aveva promesso: «Le nostre saranno le prime Olimpiadi risparmiose». Come è andata a finire lo leggerete in questo libro. Le previsioni di spesa si sono gonfiate. Il sogno di compensare i costi con le entrate dagli sponsor, gli incassi dei biglietti e del merchandising si è infranto.
Come nella peggiore tradizione italiana, accanto agli impianti sportivi da costruire è cresciuta la lista di opere pubbliche, strade, svincoli, tramvie, piste ciclabili, ponti, gallerie, che sono classificate come opere per le Olimpiadi, anche se non saranno di certo pronte nel 2026. Alcune si sono perse per strada, altre sono state finanziate con soldi pubblici: altro che «Olimpiadi risparmiose», altro che «Giochi a costo zero».
Fu Alessandro Morelli, braccio destro di Matteo Salvini e sottosegretario alla presidenza del Consiglio, a escludere interventi finanziari del governo, perché sarebbero stati un «aiuto di Stato» non permesso dall’Unione europea. Ma, si sa, quando si tratta di soldi e politica, il modo si trova. Quando la multinazionale Eventim, che stava costruendo il PalaItalia per l’hokey su ghiaccio, è arrivata a batter cassa, Sala ha dichiarato al Giornale: «I privati hanno bisogno che ci mettiamo qualcosa. Siamo arrivati al punto che io e il governatore Attilio Fontana siamo disponibili a pensarci noi, ma basta che diano una modalità per cui non rischiamo con la Corte dei conti se affidiamo fondi per un bene privato. Serve una legge che ci permetta di tutelare noi e i nostri dirigenti».
Sala vuole una norma speciale, una sorta di sanatoria anticipata. «Troveremo il modo», ha ribadito. «Stiamo cercando una formula perché dei fondi possano arrivare». Per dare un aiutino, per esempio, agli imprenditori privati (come Manfredi Catella di Coima, o come Covivio, società francese controllata attraverso Delfin dal gruppo Luxottica-Del Vecchio) che insieme a Prada sviluppano l’area del Villaggio olimpico. Sono società con ricchi bilanci e ottimi ricavi. Ma in Italia vige il libero mercato alle vongole: quando ci sono da fare profitti, viva l’iniziativa privata; quando arrivano le difficoltà , si bussa ai denari pubblici.
In questo libro-inchiesta leggerete cose che noi umani non siamo abituati a vedere. L’Arena del PalaItalia, nel quartiere di Santa Giulia a Milano, è stata realizzata per ospitare le gare di hockey su ghiaccio, che sono le competizioni più importanti tra quelle che si disputeranno a Milano. Ma la commissione impianti sportivi del Coni «rileva che il progetto non appare rispondente» alle norme di legge «relativamente al rispetto delle condizioni di visibilità degli spettatori, in particolare per quanto riguarda l’attività di hockey su ghiaccio, dichiarata come temporanea e limitata ad alcuni eventi sportivi». Dunque: il palazzetto fatto per l’hockey su ghiaccio non è adatto all’hockey su ghiaccio. Agghiacciante, no?
Altro grande classico delle grandi opere e dei grandi eventi: le illegalità , i sospetti di corruzione, le ombre di mafia. Proprio come Expo 2015. La Procura di Milano ha provato a contestare i reati di corruzione e turbativa d’asta all’ex amministratore delegato della Fondazione Milano-Cortina, Vincenzo Novari, e ad altri. Erano perfino intervenuti – come è emerso dall’inchiesta – per pilotare il televoto – per pilotare il televoto e far vincere uno dei due loghi di Milano-Cortina 2026 presentati al pubblico perché scegliesse quello da adottare. Neanche il televoto lasciano libero e trasparente. Quando era stato scelto come amministratore delegato della Fondazione per le Olimpiadi, Novari aveva incassato il plauso del sindaco Sala, manager di grande fiuto: «Ha esperienza, io personalmente lo conosco da vent’anni, eravamo competitori nel mondo delle telecomunicazioni a inizio 2000 e credo che potrà fare molto bene».
Novari ha poi negato ai pm milanesi Francesco Cajani e Alessandro Gobbis di aver preteso tangenti per pilotare appalti. Ha ammesso di aver ricevuto molte segnalazioni per piazzare dentro la Fondazione amici e parenti di personaggi della politica e del potere. In effetti, vi hanno lavorato molti amici e figli di, da Lorenzo Cochis La Russa, figlio del presidente del Senato, a Livia Draghi, nipote dell’ex presidente del Consiglio.
Quando poi la procuratrice aggiunta Tiziana Siciliano ha, insieme ai suoi pm Marina Petruzzella, Paolo Filippini e Mauro Clerici, scoperchiato il Sistema Milano, è stato svelato il metodo secondo cui gli operatori immobiliari (in questo caso Manfredi Catella di Coima) premevano sul sindaco (Giuseppe Sala) e l’assessore (Giancarlo Tancredi) per far passare i loro progetti e realizzarli alle migliori condizioni. Nel Sistema Milano, operano i progettisti double face: da pubblici ufficiali, membri della Commissione paesaggio, danno l’ok del Comune ai progetti; poi, da professionisti privati, ricevono il generoso ringraziamento degli operatori a cui avevano fatto passare i progetti. Non certo in denaro dentro le inestetiche valigette della corruzione old style, ma in prestigiosi incarichi professionali e consulenze. A Milano, ormai, anche la tangente è cool.
Il Villaggio olimpico costruito sull’ex scalo ferroviario Romana resterà come esempio di architettura neo-sovietica a Milano: sei casermoni addossati l’uno all’altro che neanche nella Bucarest di Ceaușescu. Le Olimpiadi, per Coima, sono il pretesto per portare a casa una nuova operazione immobiliare, questa volta centrata sul nuovo business milanese, le residenze per studenti. Finiti i Giochi, i sei casermoni diventeranno lo studentato più grande d’Italia. Bello caro: malgrado gli aiutini in arrivo a Catella dalle casse pubbliche, l’affitto per gli studenti sarà di un migliaio di euro al mese.
Proteste sono arrivate anche per le casette del villaggio olimpico di Cortina. Il responsabile per l’Italia del Mbi (Modular Building Institute, l’associazione internazionale dei costruttori e rivenditori del settore), Furio Barzon, ha criticato modalità e tempi della gara per l’assegnazione delle unità prefabbricate destinate a ospitare gli atleti, sostenendo in una denuncia pubblica che il bando era costruito su misura per l’unica azienda che ha partecipato e dunque vinto.
Anche la mafia – poteva mancare? – ha proiettato la sua ombra sui lavori per le Olimpiadi. Nel giugno 2022, è stato arrestato Pietro Paolo Portolesi, considerato affiliato di un gruppo di ’ndrangheta attivo tra il Piemonte e la Lombardia. Piccolo imprenditore attivo nel movimento terra, stava lavorando nel trasporto delle macerie dei lavori per il villaggio olimpico di Porta Romana, quello costruito da Coima. Doveva portare in una sua discarica il materiale proveniente dalla demolizione e bonifica delle vecchie strutture delle Ferrovie dello Stato, ma è finito agli arresti domiciliari con l’accusa, ancora da provare, di trasferimento fraudolento di beni e appropriazione indebita: formalmente risultava solo un autista, dipendente di un’azienda che invece controllava e che aveva intestato ad alcuni prestanome, tra cui sua figlia, ottenendo così l’iscrizione alla white list delle imprese. Così aveva ottenuto anche un subappalto per le demolizioni nell’area dell’Ortomercato di Milano.
Nel commentare l’inchiesta, la procuratrice milanese antimafia Alessandra Dolci ha sostenuto che «si tratta di qualcosa di più di una infiltrazione mafiosa nei lavori per i Giochi olimpici del 2026. È un caso di intestazione fittizia di beni e società da parte di un personaggio già condannato per associazione mafiosa. Ferma restando la presunzione di innocenza, siamo di fronte a un soggetto che continuava a lavorare nonostante le interdittive, utilizzando dei prestanome. E bypassando il sistema della white list».
Il sistema dei controlli, per le Olimpiadi 2026, si è dimostrato ancora più debole di quello che era stato costruito per Expo 2015: «Le verifiche sono state accentrate al ministero dell’Interno. Non ho contezza», sostiene Dolci, «dell’efficacia dei controlli, che non sono più a livello locale».
Il governo Meloni ha peggiorato la situazione elevando per legge una sorta di scudo per proteggere la Fondazione. È formalmente privata, ma è completamente controllata e garantita dal pubblico, dunque i suoi rappresentanti dovrebbero essere considerati pubblici ufficiali, soggetti alle leggi sulle società pubbliche che puniscono la corruzione e il traffico di influenze. Ma ecco che il governo Meloni ha decretato che la Fondazione è una società a tutti gli effetti privata, così da evitare o depotenziare ulteriori inchieste giudiziarie (anche a rischio di una bocciatura da parte della Corte costituzionale).
Se Portolesi è personaggio di ’ndrangheta, attorno ai lavori olimpici hanno ronzato anche uomini di Cosa nostra: quelli della società Infrastrutture M&B, che secondo la Direzione distrettuale antimafia di Milano è espressione delle famiglie mafiose di Barcellona Pozzo di Gotto, in provincia di Messina. Due uomini, arrestati nell’estate del 2024, puntavano (senza però riuscire ad aggiudicarsi la gara) ai lavori per un parcheggio interrato a Livigno, un’opera da 28 milioni di euro bandita da Infrastrutture Milano-Cortina 2026 spa: «Un bel lavoro», dicevano gli arrestati, «c’è un mare di movimento terra».
Don Luigi Ciotti, il fondatore di Libera, tornato nel settembre 2025 nel paese dov’è nato, Pieve di Cadore, per festeggiare gli 80 anni, ha lanciato un allarme: «Sono preoccupato per la speculazione in atto sulle Dolomiti». Ha parlato di «effetto Olimpiadi», di «acquisto massiccio di immobili da parte di investitori internazionali, da utilizzare durante il periodo olimpico». E si è detto «indignato per la sottrazione di fondi per l’antimafia passati alle Olimpiadi».
Un bel gemellaggio, quello tra Milano e Cortina: a Milano (soprattutto) gli affari, a Cortina (soprattutto) gli scempi. Il Fatto quotidiano li ha documentati pubblicando fotografie e video. Nel settembre 2024 anche il Corriere della Sera ha pubblicato alcune immagini che mostrano gli abbattimenti di centinaia di larici secolari, commentate da un vibrante Gian Antonio Stella che scrive: «Macché droni! Non servono droni, funamboli o reporter acrobatici appesi ai tralicci per fotografare la distruzione dei boschi sopra Cortina. A dispetto dei top secret, dei divieti, delle denunce di misteriosi robot teleguidati, basta salire sulla cabinovia Freccia nel cielo che ascende verso la spettacolare Tofana per “ammirare le Dolomiti patrimonio Unesco†(così dice il depliant!) ed ecco che, di sotto, si spalanca l’oscena devastazione di quello che fino a pochi mesi fa era il Parco Avventura, dove i ragazzini seguivano un percorso di larice in larice all’Indiana Jones. Sventrato».
Ma le proteste sono restate inascoltate. Gli scempi ambientali sono proseguiti. Gli affari hanno trionfato. Le gare olimpiche sono solo lo sfondo su cui si muovono le imprese e la politica, la propaganda e gli affari. Del resto, come dice la frase che Pierre de Coubertin riprese dal vescovo anglicano Ethelbert Talbot, «L’importante non è vincere, ma partecipare».
Questa è la prefazione al libro di Giuseppe Pietrobelli, Una montagna di soldi, Paper First editore, ottobre 2025

Sergio Spadaro
Financial Times: «Allarme delle Ong sui pm anticorruzione di Milano»
Tangenti e corruzione
Le ONG lanciano l’allarme sul caso contro i procuratori anticorruzione italiani
L’ex capo dell’unità anticorruzione di Milano ha presentato ricorso contro la condanna per occultamento di prove nel caso contro Eni/Shell
Un articolo del Financial Times
di Silvia Sciorilli Borrelli, da Milano
Gli attivisti anticorruzione hanno lanciato l’allarme sul procedimento giudiziario contro due importanti procuratori italiani anticorruzione che hanno condotto un’indagine sulla società statale italiana Eni e sul gruppo energetico anglo-olandese Shell. Fabio De Pasquale, ex sostituto procuratore generale di Milano e capo dell’unità anticorruzione, e il suo collega Sergio Spadaro hanno condotto un processo storico su un accordo petrolifero nigeriano che si è concluso nel 2021 con l’assoluzione della società statale italiana Eni e della Shell.
I due uomini sono in attesa di una decisione della corte d’appello questa settimana, dopo essere stati condannati nel 2024 a otto mesi di reclusione per aver presumibilmente nascosto prove favorevoli alla grande compagnia energetica italiana durante il processo. È molto insolito che i pubblici ministeri italiani siano processati per la conduzione delle loro indagini. Gli attivisti sostengono che De Pasquale e Spadaro stiano pagando il prezzo per aver tentato di perseguire la più grande azienda italiana, di cui lo Stato è il maggiore azionista.
“Pur rispettando pienamente l’indipendenza della magistratura, in questo caso va detto che, anche se i fatti accertati dal tribunale riflettono la verità , un errore del genere da parte dei pubblici ministeri non è stato finora perseguibile come reato penale in nessun paese, Italia compresaâ€, ha affermato Drago Kos, ex presidente del gruppo di lavoro dell’OCSE sulla corruzione nelle transazioni commerciali internazionali.
Simon Taylor, cofondatore della ONG Global Witness, coinvolta nel caso contro i gruppi petroliferi, sostiene che il procedimento contro i pubblici ministeri “puzza di interferenza politicaâ€. “È impossibile non vedere il targeting dei pubblici ministeri come un tentativo deliberato di porre fine alle indagini sulle società italiane per corruzione internazionaleâ€, ha affermato Taylor, che ora dirige il gruppo di attivisti Hawkmoth con sede ad Amsterdam.
Dopo la condanna iniziale dei pubblici ministeri, il ministro della Giustizia italiano Carlo Nordio, egli stesso ex procuratore, ha affermato che i casi giudiziari “come quelli contro De Pasquale non offrono una buona immagine della magistratura italiana†e hanno contribuito alla “perdita di credibilità †del settore.
De Pasquale e Spadaro sono saliti alla ribalta nel 2012 dopo aver vinto un caso di frode fiscale di alto profilo contro l’ex premier Silvio Berlusconi, costretto a lasciare il parlamento a seguito della condanna. De Pasquale è stato anche il procuratore capo nella parte italiana dell’indagine Qatargate, che ha esaminato presunti casi di corruzione nel Parlamento europeo.
Il processo internazionale di alto profilo contro Eni e Shell, conclusosi quattro anni fa con la loro assoluzione, era incentrato su un giacimento petrolifero non sviluppato al largo della costa della Nigeria, denominato OPL 245. I pubblici ministeri hanno sostenuto che, nel 2011, quando è stata ottenuta la licenza, sono state pagate tangenti per 1,1 miliardi di dollari su un accordo da 1,3 miliardi di dollari a funzionari pubblici nigeriani.
Eni e Shell hanno sempre negato qualsiasi illecito. I pubblici ministeri si sono basati su migliaia di documenti interni di Shell ed Eni sequestrati durante la complessa indagine transfrontaliera. Vincenzo Armanna, ex dirigente di Eni licenziato dall’azienda prima dell’inizio del processo, aveva inizialmente testimoniato che lui e i suoi colleghi “erano consapevoli che una buona parte [del prezzo pagato per la licenza petrolifera] sarebbe andata a beneficio dei promotori politici dell’operazioneâ€, secondo le informazioni di dominio pubblico relative al caso. Armanna ha anche affermato che decine di milioni di dollari in tangenti erano stati pagati ai dirigenti di Eni.
Tali affermazioni sono state smentite da altri testimoni del processo. Armanna ha poi ritrattato la sua testimonianza sostenendo che il procuratore De Pasquale lo aveva pressato affinché confermasse che Eni sapeva che parte del prezzo pagato per la licenza OPL 245 sarebbe andato a beneficio dei funzionari nigeriani. De Pasquale e il suo collega Spadaro sono stati accusati di aver nascosto cinque documenti, tra cui una registrazione video e messaggi WhatsApp, che minavano le affermazioni iniziali di Armanna riguardo alla conoscenza dei pagamenti da parte della società , secondo i verbali delle udienze contro i pubblici ministeri nella città di Brescia.
Il pubblico ministero di Brescia che ha condotto il caso, ha rifiutato di commentare. Anche De Pasquale e Spadaro hanno rifiutato di commentare. “Una sentenza del tribunale [contro i pubblici ministeri] implicherebbe che qualsiasi errore commesso dai pubblici ministeri in Italia potrebbe essere qualificato come reato penale piuttosto che come semplice violazione delle norme procedurali che potrebbe portare all’inammissibilità delle prove o a una potenziale responsabilità disciplinare per i pubblici ministeriâ€, ha affermato Kos.
De Pasquale e Spadaro negano qualsiasi illecito, sostenendo che sarebbe stato illegale da parte loro divulgare prove che, all’epoca, erano oggetto dell’indagine. In tribunale, la loro difesa ha anche sostenuto che la decisione di non includere i documenti nel fascicolo del caso rientrava nella loro discrezionalità di pubblici ministeri ed era stata approvata dai loro superiori.
L’organizzazione di Taylor, Hawkmoth, insieme alla ONG anticorruzione britannica Corner House e al gruppo per i diritti umani HEDA Resource Centre, ha anche esortato l’unità anticorruzione dell’OCSE a riesaminare il caso. “È sconcertante che ora il gruppo di lavoro [dell’OCSE] sulla corruzione sembri non avere alcun interesse a esaminare queste questioniâ€, ha affermato Taylor. Kos ha dichiarato che durante il suo mandato come presidente, il gruppo di lavoro si è impegnato seriamente con gli Stati in merito a presunte violazioni della convenzione anticorruzione dell’OCSE “che erano considerevolmente meno gravi e supportate da informazioni molto meno approfonditeâ€, ha affermato Kos.
Articolo tradotto con Deepl.com