Oggi è Lunedi' 16/06/2025 e sono le ore 21:03:45
Nostro box di vendita su Vinted
Condividi questa pagina
Oggi è Lunedi' 16/06/2025 e sono le ore 21:03:45
Nostro box di vendita su Vinted
Condividi questa pagina
Nostra publicità
Compra su Vinted
Compra su Vinted
Compra su Vinted
Compra su Vinted
#Gianni #Barbacetto
Procura di Milano
Il “concerto†di Caltagirone, le indagini della Procura, gli interventi del governo MeloniCi sono eccome, le indagini sul possibile “concerto†tra il gruppo Caltagirone, Delfin (la finanziaria della famiglia Del Vecchio) e Banca Akros (gruppo Bpm), per arrivare al controllo di Generali, la più grande compagnia assicurativa italiana, e di Mediobanca, che di Generali è il primo azionista.
Tutti smentivano: Mediobanca (“non è stato presentato alcun esposto alla Procura di Milano avente ad oggetto il concerto relativo a operazioni di mercato in essereâ€), Unicredit (“Nessun esposto in relazione a Delfin e Caltagironeâ€), la Procura (“Nessun atto d’indagine in corsoâ€). Ma ora è emerso che la Guardia di finanza ha già eseguito le prime perquisizioni presso Akros e il velo sulle indagini è caduto.
Ci sono eccome, gli esposti di Mediobanca e di Unicredit sul “concertoâ€, come esistono altri esposti gemelli, inviati alla Consob (l’Autorità di Borsa) e alla Bce. Il primo esposto, quello di Mediobanca, è travestito da denuncia per diffamazione in relazione a un articolo di Osvaldo De Paolini sul Giornale. Ma presentato, guarda caso, non ai pm che si occupano di diffamazione, bensì al procuratore aggiunto che si occupa di reati finanziari, Roberto Pellicano.
Quello di Unicredit è stato invece presentato alla Consob, ma è poi arrivato anche in Procura: è centrato sul tentativo di Unicredit di comprare azioni Montepaschi, respinto da Banca Akros. Il risultato di entrambi è stato quello di far aprire indagini sul “concerto†senza coinvolgere direttamente i vertici di Mediobanca (Alberto Nagel) e di Unicredit (Andrea Orcel).
Interessante soprattutto l’esposto targato Mediobanca. È un documento dettagliato che allinea fatti e operazioni finanziarie dal 2019 a oggi, ipotizzando che Caltagirone, Delfin, Banca popolare di Milano (Bpm), con le sue controllate Banca Akros e Anima, abbiano agito di “concertoâ€, con acquisti di azioni molteplici, simultanei e concordati, e altre attività finanziarie, con il risultato di manipolare il mercato, senza informare le autorità di vigilanza.
Tra i fatti allineati, ci sono alcune operazioni del ministero delle Finanze che suggeriscono un intervento attivo nella vicenda da parte del governo di Giorgia Meloni. La ricostruzione parte dai ripetuti tentativi di Caltagirone-Delfin, dal 2023 al 2025, di conquistare la maggioranza nei cda di Generali e Mediobanca. Senza risultati di rilievo: i due istituti restano sotto la guida di Philippe Donnet (Generali) e Alberto Nagel (Mediobanca).
Delfin tenta nel 2022 di salire oltre il 20% in Mediobanca, ma è fermata dalla Bce perché le norme europee impediscono a un soggetto non finanziario di controllare una banca. Ecco allora che Caltagirone e Delfin cambiano strategia e si attrezzano per conquistare un istituto di credito. Puntano su Montepaschi (Mps), attraverso un’alleanza non dichiarata con Bpm, e sotto lo sguardo benevolo del governo Meloni.
Per non violare le regole europee sugli aiuti di Stato, il Tesoro doveva vendere una quota consistente di Mps, per riprivatizzare una banca che nel 2017 aveva salvato dal crac. Scatta allora un’operazione finanziaria chiamata Abb (Accelerated Bookbuild), una procedura per vendere rapidamente grossi quantitativi di azioni. Di norma, operazioni di questo tipo sono realizzate da grossi istituti finanziari che si dividono i rischi e fanno da bookrunner: rilevano a sconto (a un prezzo leggermente inferiore a quello di mercato) i pacchetti di azioni e poi li collocano sul mercato.
È quello che succede nella prima fase (gennaio 2024) e nella seconda (marzo 2024) della Abb. Nella terza però (novembre 2024) lo scenario cambia – segnala l’esposto di Mediobanca: il governo incarica un solo operatore bookrunner, la piccola Banca Akros, che si accolla da sola un rischio da oltre 1 miliardo per il 15% di Mps.
Compra oltretutto non a sconto, ma riconoscendo al venditore un piccolo premio (5%), accettato rapidissimamente (in soli nove minuti) con offerte fotocopia da quattro soggetti: Caltagirone, Delfin, Bpm e Anima. Una vendita in famiglia, visto che sia Akros sia Anima sono controllate da Bpm. A questo punto, Montepaschi diventa lo strumento di Caltagirone-Delfin per assaltare Mediobanca, con il lancio (24 gennaio 2025) di un’offerta pubblica di scambio (ops). Anche Unicredit tenta di comprare da Akros un 10% di azioni Montepaschi, ma non ottiene risposta: per reazione, lancia una ops su Bpm, contrastata dal governo.
Per capire davvero questa vicenda è necessario considerare gli interventi del governo, che un professionista vicino a Mediobanca definisce “il terzo concertista†accanto a Caltagirone e Delfin. Interviene nel 2024 con la “legge capitaliâ€, che permette a Caltagirone e Delfin di aumentare i loro rappresentanti dentro i cda di Mediobanca e Generali. Poi – cruciale secondo l’esposto – è l’operazione Abb che permette a Caltagirone-Delfin-Bpm di acquisire il controllo di Montepaschi e quindi partire all’assalto di Mediobanca.
Alla partita partecipano, schierandosi con Caltagirone-Delfin, anche le casse di previdenza (Enasarco, Enpam, Cassa forense) ai cui vertici sono insediati uomini vicini al governo Meloni. Il prossimo appuntamento: lunedì 16 giugno, quando l’assemblea di Mediobanca dovrà votare la contromossa di Nagel, la ops lanciata il 28 aprile su Banca Generali per sfuggire all’assalto di Mps. (Il Fatto quotidiano, 14 giugno 2025)
Vigilia d’attesa
per l’assemblea Mediobanca
del 16 giugno
Come alla vigilia di una finale di Champions, il mondo finanziario e politico ha tutti gli occhi puntati sull’assemblea di Mediobanca di lunedì 16 giugno, che dovrà approvare o respingere l’operazione proposta dal ceo Alberto Nagel, lo scambio tra il 50,02% di Banca Generali con il 6,5% di azioni Generali che Mediobanca ha in portafoglio.
È la risposta di Nagel all’assalto a piazzetta Cuccia lanciato da Montepaschi, con alle spalle come registi il gruppo Caltagirone e Delfin (la holding della famiglia Del Vecchio). Incerto l’esito della partita, in un’assemblea a cui parteciperà più dell’80% del capitale, con la necessità dunque di conquistare più del 40% dei voti.
Il clima è infuocato per le accuse di “concerto†rivolte dagli attuali vertici di Mediobanca e di Generali a Caltagirone-Delfin-Bpm, che sotto lo sguardo benevolo del governo Meloni sostengono invece l’offerta pubblica di scambio lanciata da Montepaschi con l’obiettivo di conquistare Mediobanca per poi controllare anche Generali.
Con Nagel sono schierati gli investitori istituzionali. Potrebbero invece votare no o astenersi, schierandosi con Caltagirone, Unicredit (1,9%), che pure aveva segnalato a Consob, come anche Mediobanca e Generali, il possibile “concerto†di Caltagirone-Delfin, su cui sta indagando la Procura di Milano. Secondo le norme europee, per configurare un “concerto†sarebbero sufficienti comportamenti paralleli e coincidenti ripetuti nel tempo, come acquisti di azioni, voti nelle assemblee e nei cda, anche senza la scoperta di un patto occulto formale.
Con il fronte Caltagirone (9,9%) e Delfin (19,8%) sono schierati JpMorgan e Jefferies (2%), come pure le casse previdenziali Enpam, Enasarco e Cassa forense, che con gli acquisti di azioni Mediobanca delle ultime settimane, al massimo dei prezzi, hanno circa tra il 5 e il 6%. Ancora sconosciuta l’intenzione di voto del gruppo Benetton (2,2%). (Il Fatto quotidiano, 15 giugno 2024)
Domenica 15 giugno, una nota di Mediobanca ha comunicato che l’assemblea è spostata al 25 settembre.
POTERI
L’incredibile storia dei Furbetti del quartierinoLe scalate bancarie dell’estate 2005, un incrocio di finanza, politica e potere. Questo il racconto fatto da Gianni Barbacetto sul numero speciale di Diario pubblicato nell’ottobre 2005. Per leggerlo, clicca qui:
Data articolo: Fri, 13 Jun 2025 11:41:13 +0000Rito Ambrosiano
Dopo la Salva-Milano, vogliono la legge-lanciafiammeÈ iniziato il dopo Salva-Milano. La sanatoria che piaceva tanto a Giuseppe Sala è tramontata, stritolata tra appelli di professori preoccupati per i suoi effetti micidiali e le accuse di corruzione piovute sui protagonisti del Sistema Milano. Così, adesso, gli orfani del condono ambrosiano, acciaccati come l’Inter dopo Monaco, cercano di preparare le nuove partite.
Alcuni di loro si sono ritrovati nella sede di Assoedilizia, la più antica fra le organizzazioni sindacali dei proprietari immobiliari, che ha convocato qualche politico e qualche professionista, assegnando loro il tema da svolgere: “Lacune nella legislazione urbanistica nazionaleâ€. Prima dicevano che le norme erano contraddittorie e confuse, adesso dicono che hanno “lacuneâ€: perché non permettono di fare quello che vogliono loro.
Insomma, il compito assegnato era: che fare dopo le scoppole della Procura di Milano e il fallimento della Salva-Sala? Ospite d’onore Erica Mazzetti, deputata di Forza Italia, che si è portata avanti depositando alla Camera la proposta di legge 2332 che riscrive tutte le norme urbanistiche, dando vita a un nuovo testo unico sull’edilizia. Semplificare, deregolare, concedere, privatizzare. Più cemento per tutti, avrebbe detto il fondatore del suo partito. Ma con una prima, impellente necessità : “Abrogare tutte le norme precedenti. Sennòâ€, sospira Mazzetti, “poi arriva un magistrato e…â€. Magistratofobia diffusa, tra i relatori del convegno.
Gianni Verga, costruzione e fatturazione, ex assessore regionale e comunale del centrodestra, ribadisce: “Dobbiamo innanzitutto abrogare tutta la legislazione urbanistica fatta dal 1942 a oggi. Fare un falò più grande di quello realizzato da Calderoli nel 2010â€. La politica del lanciafiamme. Per poi scrivere, finalmente, “la legge urbanistica dei principi. Perché è più semplice che scrivere una legge di dettagliâ€, spiega Verga. Solo grandi principi (sussidiarietà , proprietà , abitazione, equità ). L’intendenza seguirà . Ma poi i “dettagli†chi li scrive? Per realizzare gli interessi di chi?
Anche per Marco Engel, presidente di quel che resta dell’Inu, l’Istituto nazionale di urbanistica, è indispensabile “una legge urbanistica nazionale che mandi in pensione i testi vecchiâ€. Altrimenti, si rischia di ritrovarsi “a discutere di questioni spinose nell’aula del tribunale penaleâ€. Sfoderando la giacchetta aragosta della sua collezione, ribadisce che le norme sono vecchie, che ci sono troppi vincoli, che l’obbligo dei piani attuativi è archeologia, è una “nicchia che permaneâ€.
Eppure era lui che, intercettato mentre parlava con il progettista indagato Marco Prusicki, ammetteva: “È una roba che grida vendetta, com’è possibile che abbiamo distorto la norma tanto che un intervento di questa dimensione può essere ‘ristrutturazione’, e con Scia! La cosa è successa solo a Milano, perché solo Milano si sente forte abbastanza da dire chi se ne fotte…â€. In pubblico abbandona i toni da “chiacchierata serale tra antichi amici†ma ribadisce che bisogna tenere lontani dall’urbanistica i magistrati penali.
Lo ripete anche Pierluigi Mantini, Politecnico di Milano, che però tira frecce avvelenate contro Sala e la Salva-Milano: fatta male, indifendibile, nata dall’arroganza. Certo, i magistrati penali non devono mettere lingua sulle vicende edilizie, “non è la sede penale quella dove si deve discutere di queste coseâ€, ripete Federico Filippo Oriana, presidente di Aspesi unione immobiliare, citando una Costituzione immaginaria (supponiamo quella di Paperopoli) e dimenticando che in Italia esistono anche i reati penali di abuso edilizio e lottizzazione abusiva.
Gli dà manforte il presidente di Assoedilizia, il forbito Achille Colombo Clerici, che difende anche le sanatorie: hanno validità “dal punto di vista sociale perché recuperano valori economici e fiscaliâ€; attacca invece l’informazione: quella (poca, in verità ) che alimenta “un’opinione pubblica deviata da chi evoca solo gli aspetti negativi delle sanatorieâ€. Ma poi è Oriana a vincere il contest (X Building?) pronunciando la frase definitiva: basta “con gli egoisti sociali che non vogliono grattacieli in giardino perché poi i loro gerani prendono due ore in meno di soleâ€.
Stragi
Crimini inconfessabili. L’Italia del golpe permanente. Un libro di Giuliano TuroneCi sono “crimini inconfessabili†che costituiscono la trama del tessuto storico del dopoguerra italiano. A sostenerlo, con penna da narratore e metodo da investigatore, è Giuliano Turone, che è rimasto giudice istruttore nell’intimo, ben oltre le sue dimissioni dalla magistratura nel 2007, quando lasciò la toga di giudice di Cassazione. Da giudice istruttore, poco più che trentenne, era entrato di persona nel covo-prigione di uno dei primi sequestrati italiani, l’imprenditore Luigi Rossi di Montelera; e aveva poi scoperto il responsabile del sequestro di persona, arrestato la mattina del 16 marzo 1974: era un ometto siciliano che abitava in via Ripamonti 84, a Milano, e che sulla carta d’identità aveva scritto Luciano Leggio, anche se era già noto come boss di Cosa nostra con il nome di Luciano Liggio.
Negli anni seguenti, Turone si era occupato, come tanti suoi colleghi, del terrorismo rosso e già doveva girare per la città con la scorta armata. Poi con il collega Gherardo Colombo indagò sul falso sequestro di Michele Sindona e sull’omicidio di Giorgio Ambrosoli: durante una perquisizione nell’ufficio di Licio Gelli a Castiglion Fibocchi scoprirono le liste della loggia P2.
Turone ha continuato a indagare senza toga sulla nostra storia recente, producendo libri tra cui, di grande successo, Italia occulta (Chiarelettere). Ora prosegue quel cammino con Crimini inconfessabili (Fuori Scena), partendo dall’inquietante incidente stradale in cui resta coinvolto Enrico Berlinguer nel 1973 a Sofia. È tentato omicidio, documenta Turone, per togliere di scena il leader del più grande partito comunista dell’Occidente che si stava per affrancare dal campo dell’Unione Sovietica.
Berlinguer sopravvive. Non così il suo omologo nel campo avverso, il leader democristiano Aldo Moro, che con Berlinguer stringe il patto del compromesso storico. Nel 1978 l’amministrazione Usa stila un memorandum contro l’eurocomunismo di Berlinguer. Il 16 marzo di quell’anno le Brigate rosse sequestrano Moro. Il comitato di crisi voluto da Francesco Cossiga per gestire il sequestro è massicciamente presidiato da uomini della P2, che controllano alcuni delicati gangli dello Stato. In quel comitato entra Steve Pieczenik, l’americano mandato a Roma da Henry Kissinger: la sua “falsa trattativa†abbandonerà Moro al suo destino e al piombo delle Br.
Il terzo protagonista di questo dramma italiano è Piersanti Mattarella, il presidente della Regione Sicilia, fratello dell’attuale capo dello Stato, ma soprattutto l’erede politico di Aldo Moro. Anch’egli non sopravvive: viene ucciso il 6 gennaio 1980, sotto casa, a Palermo. “Nel suo operato politico si era battuto per sradicare i vincoli di reciproco condizionamento tra politici, forze imprenditoriali e organizzazioni mafioseâ€. Lavorava per rompere il triangolo perverso politica-affari-mafia. Cosa nostra non glielo perdona.
Ma c’è qualcosa di anomalo, nell’omicidio Mattarella: la mafia appare alleata con i neri dei Nar, guidati da Giusva Fioravanti. I mafiosi vogliono togliere di mezzo il politico che ostacolava i loro affari. I killer neofascisti partecipano a un disegno politico: porre fine al tentativo di convergenza politica tra Dc e Pci, ideata da Moro a Roma e anticipata da Piersanti Mattarella a Palermo, nel governo siciliano. Questa è l’ipotesi su cui Turone lavora: “Un’alleanza di Cosa nostra con il terrorismo politico, in particolare con i Nuclei armati rivoluzionari e Terza posizioneâ€. È l’ipotesi su cui ha lavorato anche Giovanni Falcone negli anni 1986-1987, ostacolato ed emarginato dai capi degli uffici giudiziari palermitani.
Giusva Fioravanti e Gilberto Cavallini sono indicati da alcuni collaboratori di giustizia provenienti dalla destra eversiva (tra cui il fratello di Giusva, Cristiano) come gli autori materiali dell’omicidio Mattarella. La vedova di Piersanti riconosce in Giusva il killer del marito. Un nero, Alberto Volo, rivela che l’omicidio era stato chiesto da Licio Gelli per bloccare le aperture al Pci. Ma il processo che è stato celebrato assolve Fioravanti e Cavallini e oggi l’inchiesta riaperta dalla Procura di Palermo sembra diretta a indicare i killer in due uomini di Cosa nostra, Antonino Madonia e Giuseppe Lucchese.
Poi è la strage di Bologna a diventare il centro della analisi di Turone, che la disseziona per ricostruirla come “strage della P2â€, finanziata con i soldi del Banco Ambrosiano di Roberto Calvi (a sua insaputa) e il contributo di “Zafferanoâ€, il re delle spie italiane, Federico Umberto D’Amato, già potentissimo capo dell’Ufficio affari riservati del ministro dell’Interno.
È un’Italia da golpe permanente, quella che esce dalle pagine di Crimini inconfessabili. Il potere della P2, apparentemente disarticolato dopo la scoperta delle liste, sopravvive. Segrete restano le liste e i documenti dell’archivio uruguaiano di Licio Gelli, fatto sparire dalla Cia. E “il sistema P2, dopo avere attraversato una breve crisi determinata dall’esito della perquisizione di Castiglion Fibocchi del 17 marzo 1981â€, scrive Turone, “ha recuperato tutto il suo potere già a partire da uno o due anni dopoâ€.
L’Italia è stata stretta per decenni nella tenaglia tra “atlantismo estremo†e “ottusità sovieticaâ€: è quella che stritola Berlinguer, Moro e Mattarella, nel quadro geopolitico della Guerra fredda e relativa strategia della tensione che “hanno ridotto ai minimi termini la sovranità del nostro Paeseâ€. Così “le stragi, teorizzate dal lugubre Manuale Westmoreland come ‘utili operazioni speciali di stabilità ’â€, sono pianificate “per perseguire cinicamente†gli obiettivi di un “atlantismo esasperato e spesso criminaleâ€.
Arriva, finalmente, la caduta del Muro di Berlino. “L’America scopre che il pericolo comunista non c’è più, ma il sistema P2 non è d’accordoâ€, annota Turone. E il suo “golpe strisciante†si ripresenta nei primi anni Novanta, con la nuova strategia della tensione delle stragi politiche corleonesi a Palermo, ma anche a Firenze, Roma, Milano. Poi arriva Silvio Berlusconi. “Insieme al terrore delle stragi mafiose, su cui ancora si indaga perché quello che sappiamo e quello che raccontano schiere di pentiti non basta a spiegare tutto quello che è avvenuto. Basta solo a sapere che quelle operazioni terroriste non possono essere rubricate solo come espressione della follia omicida di Totò Riina. Occorre raccontare quei fatti attraverso l’intero sistema di potere che li ha generati. Occorre cioè rifare la storiaâ€.
Data articolo: Mon, 02 Jun 2025 15:00:26 +0000Urbanistica
Grattacielopoli, Roma copia MilanoMilano fa scuola. La Grattacielopoli delle torri abusive si estende, il Rito Ambrosiano in urbanistica viene copiato anche a Roma. Ai Parioli, quartiere elegante della capitale, c’è un intervento edilizio che sembra una copia di quelli sotto inchiesta a Milano per abuso edilizio e lottizzazione abusiva. In via Petrolini sta per essere edificato un palazzo di dieci piani, di cui due interrati, al posto di una palazzina di cinque piani, completamente abbattuta, in cui avevano sede gli uffici della Kpmg.
È chiaramente una nuova costruzione, un edificio residenziale di lusso, come si vede dai render sul sito immobiliare.it che sta già vendendo gli appartamenti. Ma è stata fatta passare, come d’uso da anni a Milano, per “intervento di ristrutturazione ediliziaâ€, avviato senza il piano attuativo previsto dalla legge, ma solo con una Scia, la ormai mitica “segnalazione certificata d’inizio attività †con cui a Milano si costruiscono grattacieli al posto di laboratori o di piccoli edifici completamente rasi al suolo. La società Ecopetrolini spa di Luca Ceri nel 2024 ha depositato negli uffici del Comune di Roma la Scia in cui segnala anche il cambio di destinazione d’uso: da “servizi direzionali†(cioè uffici) ad “abitativaâ€.
Ad opporsi ai lavori è il comitato delle Muse, un gruppo di abitanti del quartiere che prende il nome dalla vicina piazza delle Muse. Sono inquilini delle case attorno, preoccupati soprattutto per il fatto che gli scavi profondi che sono in corso (per costruire due piani sottoterra) possano mettere in pericolo la stabilità degli edifici circostanti.
“Non risultaâ€, scrivono i tecnici ingaggiati dal comitato, “la previsione di opere a salvaguardia delle fondazioni degli edifici adiacenti, in funzione degli scavi da eseguire per realizzare la nuova soletta di fondazione dello spessore di un metro, soletta estesa anche al di sotto dell’edificioâ€.
Il comitato ha presentato un ricorso al Tar, il Tribunale amministrativo regionale, in cui allinea una lunga serie di osservazioni su quelle che ritiene irregolarità edilizie. Ma oltre che al Tar, il comitato ha presentato un esposto anche alla Corte dei conti, segnalando che i costruttori avrebbero pagato al Comune di Roma meno del dovuto per gli oneri d’urbanizzazione e per gli oneri relativi alle sanatorie richieste dai proprietari dell’area negli anni precedenti.
Le acque si sono smosse, ed è intervenuta anche la Procura della Repubblica, che ha aperto una indagine per appurare eventuali responsabilità penali. La Mani pulite dei grattacieli abusivi arriva anche a Roma?
“Ci hanno spiegato che i costruttori stanno operando in forza della legge regionale del Lazio numero 7 del 2017â€, racconta Francesco Benigni, presidente del Comitato delle Muse. È la legge che permette la trasformazione di edifici degradati in una zone degradate. “Ma qui siamo ai Parioliâ€, protesta Benigni. In effetti, nella zona ci sono le costruzioni dei più noti architetti degli anni Trenta e Quaranta, da Luigi Piccinato a Vittorio Cafiero, da Giò Ponti a Carlo Aymonino.
Non proprio un’area degradata. Non doveva essere degradata neppure la palazzina abbattuta, visto che è stata restaurata nel 2021 e venduta nel 2022. Per dimostrare l’ottima salute di quell’edificio, il comitato delle Muse sfodera le foto di Google Street View datate luglio e dicembre 2021, allegate al ricorso al Tar: nel mondo digitale resta traccia di tutto.
Dopo le proteste dei cittadini, la società Ecopetrolini è corsa ai ripari. Ha dimenticato la Scia che aveva depositato e ha chiesto al Comune di Roma un regolare permesso di costruire, ottenuto a tempo di record nel marzo 2025. Dopo una storia più che travagliata. La palazzina precedente, quella abbattuta per iniziare i lavori del nuovo palazzo, è stata infatti oggetto di molteplici sanatorie, rettifiche documentali, cambi di destinazione d’uso, aumenti di volumetrie: con procedure illegittime, secondo il comitato.
Le irregolarità del presente si sono innestate sulle irregolarità del passato. Il permesso di costruire dovrebbe essere illegittimo, perché è stato concesso come variante del precedente titolo, già illegittimo. Ora ai Parioli si aspettano le decisioni del Tar, le valutazioni della Corte dei conti, e gli sviluppi dell’indagine della Procura.
Urbanistica
Cara Elly, finalmente hai parlato di Milano. E ora che cosa farai?Cara Elly Schlein, mi rivolgo a te perché ti ho conosciuta, ben prima che tu diventassi segretaria del Pd, come persona perbene, con la passione per la politica come ricerca del bene comune. Ti avevo invitata, già nel novembre 2024, a guardare a Milano, allo scandalo dei grattacieli abusivi, dell’urbanistica fuorilegge, della scandalosa legge Salva-Milano che anche il Pd aveva votato alla Camera.
Su questi temi, per tutti questi mesi non hai mai detto una sola parola. Hai parlato per la prima volta il 26 maggio, intervistata a 100 minuti, su La7, da Corrado Formigli e Alberto Nerazzini. Ho capito che ti trovi in una situazione imbarazzante: sei costretta a sostenere comunque la giunta di Giuseppe Sala, di cui il Pd “è l’azionista di maggioranza†(l’espressione è orribile, ma è del sindaco).
Non solo: un pezzo del tuo partito, a Milano ma anche a Roma, era (e resta) favorevole alla Salva-Milano e ha sostenuto (e continua a sostenere) la clamorosa deregulation urbanistica praticata da anni in città , che è stata alfine svelata dai magistrati come una colossale, generale violazione delle leggi urbanistiche.
A me ricorda, fatte le dovute proporzioni, la colossale, generale violazione delle leggi sul finanziamento ai partiti che fu chiamata Tangentopoli. Capisco, dunque, il tuo imbarazzo. E ammetto che, pur senza proferire finora neppure una parola, una scelta chiara è stata fatta: la Salva-Milano è saltata. “È finita lìâ€, hai detto a Formigli e Nerazzini, “ormai è andataâ€.
Ma ho ancora qualche domanda da porti sul caso Milano. Non sarà possibile affrontarlo in maniera netta finché non si prende atto che il Modello Milano (che ormai ha contagiato tante altre città italiane) è strutturalmente un sistema che produce disuguaglianze, espelle cittadini anche e soprattutto del ceto medio (400 mila negli ultimi anni hanno dovuto lasciare Milano), toglie e peggiora i servizi pubblici (dai trasporti alle piscine), privilegia la rendita lasciata diventare il motore della produzione privata di valore, attraverso però l’utilizzo di un bene pubblico: il territorio urbano, l’effetto città .
Le indagini hanno rivelato anche la corruzione, il traffico di influenze illecite, i molteplici conflitti d’interesse. Ma a essere criminogeno è il sistema apparentemente legale con cui a Milano si gestisce lo sviluppo e la “rigenerazione†urbana: un sistema fatto di determine e circolari comunali che hanno preteso di sostituirsi alle leggi nazionali e regionali e hanno devastato la città , aumentato il consumo di suolo, hanno permesso di edificare nei cortili, hanno fanno sconti mostruosi ai costruttori, con l’effetto di togliere servizi ai cittadini.
La “londrizzazioneâ€, che aumenta le disuguaglianze, impoverisce il ceto medio, rende più difficile da vivere la città alla maggioranza dei suoi cittadini, non è un destino inesorabile: tante altre metropoli europee, da Vienna a Barcellona, da Amsterdam a Copenaghen, da Berlino a Monaco, hanno adottato altri modelli di sviluppo, hanno introdotto almeno dei correttivi. Nella democristianissima Baviera, Monaco pretende dai costruttori dal 20 al 30 per cento del valore estratto dalla città ; Milano solo l’8 per cento.
Si può fare, cara Elly, si può cambiare. Ma il diritto all’abitare non può essere difeso soltanto dando altri soldi pubblici (ancora!) ai costruttori per realizzare abitazioni private che non calmiereranno davvero il mercato, e per moltiplicare studentati privati che tra dieci anni diventeranno alberghi. La destra al governo non deve diventare l’alibi per non fare “cose di sinistra†nelle città dove governa la sinistra. Dalle politiche per la città può partire un grande programma di governo per la sinistra unita. Ma occorre una cesura netta con il passato e con gli uomini che hanno fin qui costruito, sviluppato e difeso il Modello Milano.
PS. Un uomo del tuo partito è indagato a Milano per corruzione e reati urbanistici. È contemporaneamente assessore all’urbanistica a Torino. Va bene così?
Data articolo: Sat, 31 May 2025 10:23:19 +0000Rito Ambrosiano
La delibera di Sala è illegittima: reintroduce il Rito ambrosianoLa delibera della giunta di Milano varata il 7 maggio 2025, con il titolo “nuove linee di indirizzo per lo sviluppo delle attività amministrative in materia urbanistica ed ediliziaâ€, è illegittima. Potrà essere impugnata e dovrà essere annullata, poiché contraddice la legge. Tramonta così il (maldestro) tentativo dell’amministrazione comunale milanese di rientrare nella legalità per affrontare i processi avviati dalla Procura di Milano sulle procedure urbanistiche ed edilizie in città .
Sono una ventina i procedimenti giudiziari già avviati contro Grattacielo selvaggio, cioè sulla prassi del Comune di Milano di lasciar costruire in contrasto alle regole nazionali e regionali: seguendo un Rito Ambrosiano che permette di innalzare torri oltre i 25 metri d’altezza con una semplice Scia (la ormai mitica autocertificazione di inizio attività ), senza un piano attuativo che calcoli invece i servizi dovuti ai cittadini; di considerare “ristrutturazione†l’edificazione di nuove costruzioni al posto di piccoli edifici completamente abbattuti; di costruire dentro i cortili; di non incassare dagli operatori quanto previsto dalla legge (facendo perdere negli ultimi anni alle casse comunali – cioè ai cittadini milanesi – una cifra che potrebbe avvicinarsi ai 2 miliardi di euro: e intanto vediamo che 2 mila bambini non trovano posto negli asili nido a Milano, perché “non ci sono i soldiâ€).
Il Rito Ambrosiano si fonda su determine dirigenziali e circolari, firmate dai dirigenti del Comune di Milano (come la famosa circolare Collarini del 21 luglio 2023), che pretendono di contraddire e superare le norme stabilite dalle leggi. Le indagini della Procura hanno rivelato l’inganno: determine e circolari non possono sostituire le leggi. Il 7 maggio a Milano è avvenuta una svolta: sono state dettate nuove regole, e per la prima volta non con atti amministrativi dei dirigenti comunali, ma con una delibera di giunta, che porta la firma del sindaco e degli assessori. Un considerevole cambio di passo. Il sindaco ci ha finalmente messo la faccia, si è assunto la responsabilità politica di una decisione che dice, in sintesi: prendiamo atto delle contestazioni dei pm e dei giudici e ci allineiamo alle loro richieste, cioè rientriamo nella legge.
Ci sono però due pesanti zavorre, in questo “ritorno alla leggeâ€. La prima è una dichiarazione “politica†del sindaco Giuseppe Sala che dice: “Al momento per sbloccare i cantieri abbiamo fatto così. Ma non significa negare le ragioni della nostra azione passata. Credo e spero di tornare ai principi che per 13 anni hanno governato Milanoâ€. Prevede e annuncia, insomma, la recidiva.
La seconda zavorra è perfino più pesante, perché rende illegittima la nuova delibera: la legge (articolo 41-quinquies, sesto comma, della norma 1150/1942) dice che per gli edifici rilevanti (oltre i 25 metri di altezza o di densità superiore ai 3 metri cubi per metro quadro) è d’obbligo il piano attuativo, senza eccezioni; le “nuove linee di indirizzo†del Comune di Milano introducono invece un paio di eccezioni, rendono di fatto possibili alcune delle costruzioni fuorilegge innalzate a Milano, provano insomma a reintrodurre il Rito Ambrosiano, questa volta per delibera di giunta invece che per determina o circolare comunale.
Una prospettiva già respinta dai giudici delle indagini preliminari e dai giudici del riesame in quattro casi (Torre Milano di via Stresa, Parco delle Cave di via Cancano; Scalo House di via Lepontina 4 e via Valtellina 38; via Lepontina 7/9). Le “nuove linee d’indirizzo†contraddicono dunque la legge, rendendo la determina illegittima. È un segnale ambiguo: da una parte Sala mostra di voler accettare le contestazioni avanzate da pm e giudici; dall’altra fa un nuovo tentativo di ribadire le prassi fuorilegge del Rito Ambrosiano, che sono un grande regalo ai costruttori e un enorme furto ai cittadini.
Rito Ambrosiano
Sala ritorna alla legge. Ma con il truccoContrordine: il Comune di Milano non vuole rientrare nei confini della legge. Il Rito Ambrosiano è formalmente revocato, ma continua a sopravvivere. Cerchiamo di spiegare la situazione, lineare come la trama di un film di David Lynch. Ma ambientato a Palazzo Marino, in un clima ciclotimico con passaggi repentini dall’esaltazione alla depressione.
Scena prima, esterno giorno. Un ministro, forse ancora segnato da una passata estate con mojito sulla spiaggia, escogita un grande condono democratico, per tutti, per le piccole irregolarità sul balcone di casa e per i grandi grattacieli tirati su a Milano con modalità fuori legge (secondo la Procura).
Scena seconda, interno notte. Un sindaco bizzoso e incupito rifiuta la sanatoria, che sarebbe ammissione di aver sbagliato per anni a lasciar costruire con regole farlocche. Pretende una presunta “legge d’interpretazione autentica†che estenda a tutta Italia e per sempre il Rito Ambrosiano, cioè gli abusi milanesi. È la “salva-Milanoâ€.
Scena terza, interno giorno. La salva-Milano si spiaggia in Senato, dopo essere stata approvata alla chetichella alla Camera (dalla destra e dalla sinistra, tranne Cinquestelle e Avs): 140 professori spiegano che era una porcata che avrebbe fatto danni in tutto il Paese; molti senatori (a sinistra, ma anche a destra) si rifiutano di approvarla. Anche il sindaco bizzoso, sempre più incupito, accetta di far buon viso a cattivo gioco: non chiede più la salva-Milano, anche perché intanto si è scoperto che l’avevano scritta gli indagati, su misura per i loro reati. Per di più, il 5 marzo arriva anche la corruzione tra i reati contestati nella Grattacielopoli di Palazzo Marino.
Scena quarta, interno giorno. Il 7 maggio la giunta del sindaco bizzoso approva “nuove linee di indirizzo per lo sviluppo delle attività amministrative in materia urbanistica ed ediliziaâ€. Dicono che per costruire edifici sopra i 25 metri non basta più la Scia, cioè l’autocertificazione prevista dal Rito Ambrosiano, ma ci vuole il piano attuativo: come è scritto nella legge. Il Comune di Milano insomma torna alla legalità . Il sindaco incupitissimo spiega a denti stretti che però non è un’ammissione di colpa: “Al momento per sbloccare i cantieri abbiamo fatto così. Non significa negare le ragioni della nostra azione passata. Credo e spero di tornare ai principi che per 13 anni hanno governato Milanoâ€. Comunque sia, il 7 maggio sembra essere una data storica: l’amministrazione milanese dice basta a grattacielo selvaggio e s’impegna a seguire da qui in avanti le regole stabilite dalle leggi urbanistiche: per il bene comune, non dei soli costruttori ma di tutti i cittadini. Si avviano anche trattative tra Comune e operatori edilizi per recuperare almeno parte dei soldi che l’amministrazione per anni non ha chiesto, considerando “ristrutturazione†le nuove edificazioni di grattacieli tirati su al posto di qualche magazzino. Santa Procura e la paura delle condanne hanno fatto il miracolo.
Tutto bene dunque? No, perché si apre la scena quinta, interno notte cupa. A leggerle bene, le “nuove linee di indirizzo per lo sviluppo delle attività amministrative in materia urbanistica ed ediliziaâ€, si scopre che c’è il trucco. La legge (art. 41-quinquies, sesto comma, 1150/1942) dice che sopra i 25 metri si deve fare in ogni caso il piano attuativo, senza eccezioni. Le nuove disposizioni ambrosiane introducono invece delle eccezioni, distinguendo tre modalità diverse d’intervento (e recuperando così parte della circolare Collarini del 21 luglio 2023, già dichiarata fuori legge da più gip). Insomma: ci sono ricascati, è più forte di loro. Titoli di coda: il Rito Ambrosiano è morto, viva il Rito Ambrosiano.
Data articolo: Wed, 21 May 2025 08:29:01 +0000Palaitalia
Olimpiadi, 7 milioni del Comune per lavori che poi dovranno essere rifattiDovevano essere Olimpiadi a costo zero per le finanze pubbliche, interamente pagate dai privati. Invece i Giochi invernali Milano-Cortina 2026 peseranno eccome sulle casse pubbliche. L’ultimo esborso, 7,350 milioni di euro, è quello stanziato dal Comune di Milano per “garantire le condizioni di accessibilità all’Arena PalaItalia†che sarà edificata dalla multinazionale Eventim nel quartiere Santa Giulia.
Lo si legge in una delibera della giunta guidata dal sindaco Giuseppe Sala, datata 7 maggio 2025: “Sarà il Comune di Milano a farsi carico di realizzare in tempo utile, in via provvisoria, alcune opere necessarieâ€. Sono “tratti di strada a ovest dell’Arena, tra via Bonfadini a nord e via Toledo a sud, e di un’area pedonale antistante l’ingresso, denominata Piazzaleâ€. Si tratta di “pavimentazioni, della messa a punto di un sistema di raccolta delle acque meteoriche e di recinzioni di tipo New Jersey, oltre alla predisposizione dell’impianto di illuminazione.â€
Attenzione: “in via provvisoriaâ€. Cioè solo per il breve periodo delle Olimpiadi. Poi “i tratti stradali verranno realizzati in modo definitivo, a cura dei soggetti privati attuatori, una volta terminato l’evento olimpico e solo in seguito alla chiusura del piano operativo di bonifica dei terreniâ€. Insomma: più di 7 milioni di euro buttati, per un lavoro che poi dovrà essere rifatto.
La delibera di giunta è arrivata negli stessi giorni in cui il sindaco Sala dichiarava a Repubblica: “Abbiamo raschiato il fondo del barile di tutte le ultime proprietà che il Comune ha. Per tenere in ordine i conti del Comune io in questi nove anni che cosa ho fatto? Ho venduto tutto il vendibileâ€. Eppure ora spende oltre 7 milioni per opere “in via provvisoriaâ€. E per Olimpiadi che dovevano essere a costo zero, “interamente finanziate da capitali privati†e da realizzare con “una formula sostenibile e innovativa che permetterà all’Italia di essere un esempio per le prossime edizioni dei Giochiâ€.
Il sottosegretario con delega allo Sport, Giancarlo Giorgetti, aveva promesso: “Il governo non ci metterà un euroâ€. E il presidente della Lombardia, Attilio Fontana, aveva garantito: “Le nostre saranno le prime Olimpiadi risparmioseâ€. Invece il Comune di Milano, ma anche il governo e le Regioni Lombardia e Veneto hanno allargato i cordoni della borsa. L’Arena per l’hockey su ghiaccio, a cui ora il Comune deve garantire l’accessibilità , è stata oltretutto giudicata da una relazione riservata del Coni non adatta all’hockey su ghiaccio: “Il progetto non appare rispondente alle norme di legge per quanto riguarda l’attività di hockey su ghiaccioâ€.
Leoncavallo
Si riaprono le indagini sull’omicidio nero di Fausto e IaioSi riapre la storia nera dell’omicidio di Fausto e Iaio, i due ragazzi del centro sociale Leoncavallo uccisi dai neofascisti il 18 marzo 1978. Freddati a colpi di pistola a diciott’anni, in via Mancinelli, a un passo dalla vecchia sede del Leonka. L’indagine fu chiusa senza aver individuato i colpevoli, poi riaperta nel 2000, ma di nuovo archiviata.
Oggi i pm di Milano Leonardo Lesti e Francesca Crupi riprendono in mano i fili di una trama slabbrata e tentano di ricucirli, 47 anni dopo. A partire da tre indagati neri che tornano a essere iscritti nei fascicoli d’inchiesta, dopo la riapertura decisa dalla gip Maria Idria Gurgo di Castelmenardo. Sono Massimo Carminati, Mario “Marione†Corsi e Claudio Bracci.
L’omicidio di Fausto Tinelli e Lorenzo “Iaio†Iannucci è maturato all’incrocio tra gli ambienti fascisti di Roma e quelli di Milano. Gli indizi raccolti in anni di indagini e rimasti senza certezze oggi sono riletti, riconsiderati, confrontati con nuove evidenze. Il volantino di rivendicazione, firmato “Esercito nazionale rivoluzionario-Brigata combattente Franco Anselmi†(un neofascista bolognese morto due settimane prima durante una rapina all’armeria Centofanti di Roma), fu fatto trovare in una cabina telefonica del quartiere Prati il giorno dopo i commossi, oceanici funerali dei due ragazzi a Milano.
Ora è stato confrontato con un altro volantino, quello che rivendicava un attentato avvenuto il 29 maggio 1979 contro la sezione del Pci del quartiere Balduina a Roma. Nella capitale operavano Carminati e gli altri neofascisti già in passato indagati. A Milano c’erano i loro referenti neri, con base nel bar Pirata, non lontano dal Leoncavallo. Al Pirata arrivò una strana telefonata (intercettata) su un impermeabile scomparso, forse quello indossato da uno dei tre assassini visti in via Mancinelli.
Perché sono stati uccisi, i due ragazzi? Il Leonka stava facendo un’inchiesta sui fascisti e sui loro traffici di droga. La mamma di Fausto, nel 2011, aggiunse un’accusa ai servizi segreti. In un’intervista a Radio 24 disse: “Negli anni ho riannodato i fili della memoria, i pezzi di un piccolo mosaico che mi ha permesso di raggiungere la vera verità che io conosco. Mio figlio è stato vittima di un commando di killer giunti da Roma a Milano, nel pieno del rapimento di Aldo Moro, in una città blindata da forze dell’ordine. Un omicidio su commissione di uomini dei servizi segretiâ€.
I due pm milanesi ripartono da queste piste mai accertate, da indizi mai diventati prove. Dovranno selezionare il vero dal falso, districare un gomitolo diventato un ammasso pieno di nodi. La riapertura delle indagini avviene, casualmente, dopo l’avvio della campagna avviata da Ignazio La Russa su Sergio Ramelli, il ragazzo anch’egli diciottenne ucciso nel 1975 da un gruppo di sinistra.
Da ciò che si capisce finora, risulterà difficile confrontare i due episodi: le forze entrate in campo per togliere la vita ai due ragazzi del Leoncavallo sembrano un coacervo di politica nera, affari illegali, forse incroci pericolosi con apparati dello Stato. Ma solo dalle prossime scelte dei pm sarà possibile capire quale direzione prenderanno le indagini.