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#Gianni #Barbacetto
Slapp
Diffamazione e querele temerarie. L’avvocato Malavenda: “Rivediamo la leggeâ€
L’attacco all’informazione si manifesta anche – come nel caso di Report e di Sigfrido Ranucci – con querele temerarie: “concetto vagoâ€, secondo il ministro della Giustizia, Carlo Nordio. È davvero così? Lo abbiamo chiesto all’avvocato Caterina Malavenda, specialista nella difesa di giornalisti accusati di diffamazione, autrice del libro E io ti querelo (Marsilio). “Premetto: chiunque ha diritto di fare causa civile o penale se è stato diffamato. Aggiungo: occorrerebbe tutelare altrettanto chi la subisce se è infondata o addirittura temeraria. E questo non succedeâ€.
Il ministro Nordio ha detto che “lite temeraria†è un concetto vago.
Temerarietà è il termine atecnico che rimanda alla colpa grave o alla malafede di chi avvia una causa senza alcun appiglio giuridico: se ne parla nei codici di procedura civile e penale, basta leggerli. E la querela temeraria, per rimanere al penale, è quella di chi per esempio contesta la verità di un fatto, chiedendo la punizione di chi l’ha divulgato, pur sapendo che è vero e che, dunque, nessuno sarà condannato; o di chi si lamenta di un’insinuazione che solo lui ha colto.
Non c’è soltanto la lite temeraria. C’è anche la querela infondata.
Sì, anche la querela semplicemente infondata crea problemi, intanto perché devi difenderti, impegnando tempo e denaro, e anche se va a finire bene non recuperi né l’uno né l’altro. Chi ti ha trascinato in tribunale invece non corre alcun rischio, paga solo il suo avvocato.
Il giornalista alla fine è sempre sconfitto.
Il giornalista che vince la causa civile almeno recupera le spese legali, che vengono pagate da chi perde, mentre è assai difficile che ottenga anche l’indennità posta a carico di chi abusa del processo, mettendo in moto una macchina che non sarebbe mai dovuta partire o, peggio, promuovendo una lite temeraria, come stabilisce l’articolo 96 del codice di procedura civile.
È il giudice che deve ravvisare una lite temeraria?
Sì, ma chissà perché ha tante remore a ricorrere a questo strumento, anche quando sarebbe sacrosanto. Il problema a volte non è nella legge, ma in chi deve applicarla.
Anche quando gli vengono liquidate spese e indennità , il giornalista fa fatica a recuperarle, se il debitore si dimostra nullatenente.
Basterebbe prevedere una cauzione per chi avvia una causa civile, a copertura almeno delle spese legali e dei danni che dovessero essere liquidati se il giudice gli dà torto. È una delle misure sollecitate dalla direttiva europea sulle Slapp.
Le Slapp (Strategic Lawsuits Against Public Participation) sono le cause usate per intimidire giornalisti, attivisti e Ong. La direttiva europea, se accolta, risolverebbe il problema?
Se ne parla come se fosse la panacea di tutti i mali, senza ricordare che non tocca le cause penali e riguarda solo le azioni civili “con implicazioni transfrontaliereâ€, cioè che vengono intentate in un Paese europeo diverso da quello in cui risiede chi è citato in giudizio.
Nel processo penale non c’è alcuna tutela contro le querele temerarie?
Una norma analoga all’articolo 96 che vale per il processo civile c’è anche nel processo penale, è l’articolo 427, che consente al giudice di condannare il querelante che abbia agito con colpa grave, a risarcire l’imputato, ma solo se viene assolto perché il fatto non sussiste o non lo ha commesso. Peccato che il giornalista venga di solito assolto perché il fatto non costituisce reato…
Rimedi?
Basterebbe poco per equilibrare le cose, intanto stabilendo che solo chi attribuisce volutamente un fatto falso può essere querelato per diffamazione, eliminando ipotesi alternative che lasciano troppo spazio alla discrezionalità del giudice. Oggi, può stabilire la rilevanza penale di un epiteto, un’opinione dura, un accostamento sgradevole, semplicemente affermando che, a suo parere – il solo che conti – superano il limite della continenza verbale e, dunque, devono essere sanzionati. Si potrebbe poi stabilire che tutti gli imputati assolti debbano essere risarciti, se si accerta la colpa grave di chi li ha querelati. Sono proposte già fatte e mai recepite. Sono anni che dico e che sento sempre le stesse cose su quel che si potrebbe fare, per migliorare la vita dei giornalisti, per evitare che diventino bersagli di rappresaglie giudiziarie, ma gli interventi sono di natura squisitamente politica e non mi paiono proprio all’ordine del giorno.
Data articolo: Sat, 15 Nov 2025 18:55:55 +0000Salva-Milano
Il Comune vara i “rimediâ€. In attesa della Salva-Milano2
“Misure rimedialiâ€. È questo l’oggetto dell’ultima delibera di giunta con cui il Comune di Milano cerca di tornare nel solco della legge. Proprio così: “Misure rimedialiâ€. La locuzione suona un po’ neolingua burocratico-amministrativa, ma dice la necessità di “rimediareâ€, di adeguarsi alle leggi urbanistiche, dopo le indagini della magistratura.
In particolare alle norme – per niente confuse – che distinguono “nuova costruzione†da “ristrutturazioneâ€. Ci dev’essere continuità tra ciò che si abbatte e ciò che si ricostruisce. Il nuovo edificio deve avere la stessa volumetria di quello abbattuto. Demolizione e ricostruzione devono avvenire nello stesso arco temporale. Senza l’accorpamento di volumi che erano prima suddivisi.
Questi sono, in sintesi, i criteri indicati nella sentenza del Consiglio di Stato emessa 4 novembre, come ultima parola della giustizia amministrativa su uno dei casi sotto inchiesta a Milano, la palazzina tirata su in un cortile di via Fauchè. Nove giorni dopo, il 13 novembre, la giunta di Milano prende atto e si adegua, votando la delibera sulle “misure rimedialiâ€. Il Consiglio di Stato chiama, la giunta di Milano risponde.
In verità , anche la Cassazione si era espressa nella stessa direzione. Già il 24 luglio, era intervenuta su un altro dei casi milanesi, quello delle Torri Lac di via Cancano, tre grattacieli affacciati su un laghetto al bordo del parco delle Cave, costruiti con una Scia (Segnalazione certificata d’inizio attività ) come fossero “ristrutturazione†della vecchia fabbrica delle pompe Peroni. Sono invece “nuova costruzioneâ€, con il conseguente obbligo di pagare gli oneri: così stabilisce definitivamente la Cassazione, dando ragione a pm e gip.
Già a luglio, dunque, il Comune avrebbe potuto far decollare le sue “misure rimedialiâ€. Invece ha aspettato la pronuncia del Consiglio di Stato, forse sperando che potesse essere difforme da quella della Cassazione, per poter giocare sulla (inesistente) “differenza interpretativa†tra giustizia penale e giustizia amministrativa. Aspettativa delusa: si confermano a vicenda.
A questo punto partono le “misure rimedialiâ€, con una vistosa assenza in giunta: quella del sindaco Giuseppe Sala, la cui firma non compare nella delibera. Forse era impegnato a inseguire dialoghi impossibili. “Serve un dialogo con la Procuraâ€, ripete da tempo, “quello che serve è parlarsi, perché altrimenti Milano resta in uno stalloâ€. Ma la Procura parla con i suoi atti, seguendo i codici, e non può certo mettersi ad aprire impossibili trattative con i suoi indagati.
L’aspetto curioso della vicenda è che, mentre da una parte si vara la delibera che ammette l’errore di aver considerato “ristrutturazione†le nuove costruzioni, perdendo oneri per milioni di euro, dall’altra si dice “mi adeguo ma non mi piegoâ€: è la vicesindaca Anna Scavuzzo a dichiarare che il Comune di Milano “mette in campo una serie di misure correttive per gli interventi di urbanistica che sono oggetto delle inchieste o che rischiano di esserloâ€, per “riorientare l’attività degli uffici comunaliâ€; ma senza ammettere colpe e solo in attesa di altro: “Aspettiamo un’azione complessiva che permetta di adeguare le norme in materia urbanistica alle istanze che da diverse città oggi emergono, non più solo da Milanoâ€.
Una nuova Salva-Milano, formato magnum, per tutta l’Italia. La contraddice il capogruppo di Fratelli d’Italia in Comune, Riccardo Truppo: “Questi colpevoli ritardi sono inaccettabili, come il tentativo continuo di buttare la palla in corner chiedendo norme nazionali che invece non servonoâ€.
Intanto emerge una incauta scelta del Comune. Quando, in seguito alle inchieste, sono stati riorganizzati gli uffici dell’urbanistica, Sala ha assunto come dirigente Massimiliano Lippi, oggi al vertice della Direzione attuazione diretta Piano di governo del territorio e Sportello unico edilizia. Ma ora emerge (lo segnala l’agenzia LaPresse) che Lippi nel 2023 è stato condannato in via definitiva dalla Corte dei conti a risarcire al Comune di Arcore, dove era dirigente, un danno erariale di 400 mila euro, insieme all’allora sindaco di Forza Italia, Marco Rocchini: per una complessa vicenda urbanistica partita dalla trasformazione di un’area da agricola a produttiva. L’uomo giusto per le “misure rimediali†del Modello Milano.
Data articolo: Sat, 15 Nov 2025 17:19:50 +0000Sistema Milano
Ma davvero la Cassazione ha sepolto le indagini sull’urbanistica a Milano?
Gioiscono i due “sindaci†di Milano: Giuseppe Sala, quello eletto, e Manfredi Catella, quello acclamato, via chat, dall’(ex) assessore Giancarlo Tancredi. Dopo la doppia decisione di ieri su Milano della Cassazione, Sala ha dichiarato: “La Suprema corte smentisce la Procura. Ma purtroppo vedo che la Procura continua ad andare avanti senza tener conto che il sistema giudicante non accoglie in parte significativa la sua lineaâ€. Catella aggiunge, per rassicurare i suoi preoccupati stakeholder: “Undici giudici hanno radicato fino al livello massimo della magistratura la nostra estraneità a quanto contestatociâ€. Poi esagera: “Equivale a un riconoscimento virtuoso dell’integrità , del rigore, della professionalità e della capacità di reazione della nostra organizzazione e di tutte le persone di Coimaâ€.
È proprio così? La Cassazione ha davvero sepolto l’indagine della Procura sul Sistema Milano? Dovremo aspettare le motivazioni delle due decisioni. Ma già ora alcune cose sono chiare. Innanzitutto che l’indagine Grattacieli puliti è composta da due livelli.
Il primo riguarda i reati urbanistici: torri residenziali fatte passare per “ristrutturazione†di piccoli laboratori; edifici tirati su nei cortili; grattacieli permessi con un’autocertificazione (la mitica Scia) mentre la legge impone chiaro chiaro, per le costruzioni oltre i 25 metri, un piano attuativo, cioè l’arrivo di nuovi servizi per i cittadini; e il pagamento di oneri adeguati (Sala ha fatto perdere alla città , negli ultimi anni, ben 2 miliardi di euro regalati a costruttori e fondi immobiliari). Questo livello è stato finora sempre confermato da Tar, Consiglio di Stato, gip, gup e, in sede cautelare, giudici del riesame e Cassazione. Le indagini aperte sono decine, aumenteranno nelle prossime settimane e in quattro casi sono già approdate al dibattimento in aula.
Il secondo livello – quello su cui ieri si è pronunciata la Cassazione – è più complesso. Secondo la Procura, a Milano si è consolidato un metodo di corruzione sistemica. Il vecchio patto corruttivo tra l’imprenditore e il pubblico ufficiale, con le sue poco eleganti tangenti, è stato sostituito dalla “cattura del regolatoreâ€: la Commissione paesaggio, a cui sono stati conferiti i superpoteri di decidere al posto degli uffici comunali, è a libro-paga degli operatori immobiliari, che remunerano i loro interlocutori bifronti (progettisti ma anche pubblici ufficiali) con incarichi professionali e consulenze. La tangente cool della corruzione 2.0.
Il Rito Ambrosiano ha realizzato la privatizzazione dell’organo decisore (la Commissione paesaggio) e organizzato un sistema di corruzione strutturale, ontologica. Chiunque abbia un po’ d’intelligenza e di buon senso vede questo sistema e capisce quanto male faccia allo sviluppo della città , consegnato ai privati. È la metropoli-Farwest, dove vige il diritto del più forte (chi ha più soldi da investire) e viene dimenticato il diritto dei cittadini (a non vedere un grattacielo costruito davanti alle loro finestre, a non perdere servizi urbani per 2 miliardi di euro). Una politica sana sarebbe corsa subito a correggere queste storture, prima dell’arrivo dei giudici. Non lo ha fatto, anzi ha consolidato il nuovo sistema.
E ora? È adeguato il codice penale (massacrato dalle contro-riforme) a cogliere la corruzione 2.0? In sede cautelare, la Cassazione ha trattato il ricorso della Procura sugli arresti di Catella, Alessandro Scandurra e Andrea Bezziccheri: lo ha dichiarato “inammissibileâ€; non ne ha disposto il rigetto nel merito. Perché la Procura non ha motivato l’attualità delle esigenze cautelari (si sono tutti dimessi); o perché ha portato nuovi elementi di fatto, mentre la Cassazione deve limitarsi a questioni di legittimità ? Ha poi annullato le interdittive che avevano sostituito gli arresti per Giancarlo Tancredi, Giuseppe Marinoni e Federico Pella: perché già tutti dimissionari, o perché non è sufficientemente dimostrato il patto corruttivo? A rispondere saranno le motivazioni. (Il Fatto quotidiano, 14 novembre 2025)
La cronaca. Le due decisioni della Cassazione
La Cassazione ha rigettato come “inammissibile†il ricorso della Procura di Milano contro l’annullamento, deciso dal Tribunale del riesame, degli arresti (avvenuti l’estate scorsa) dello sviluppatore immobiliare Manfredi Catella, dell’architetto e membro della Commissione paesaggio del Comune Alessandro Scandurra (entrambi ai domiciliari) e del costruttore Andrea Bezziccheri (in carcere). Ha invece accolto i ricorsi dell’ex assessore all’urbanistica Giancarlo Tancredi, dell’ex presidente della Commissione paesaggio Giuseppe Marinoni e dell’imprenditore Federico Pella, per i quali non ha ravvisato la necessità di misure cautelari (si sono tutti dimessi dalle cariche) e ha dunque revocato le misure interdittive che il Riesame aveva loro comminato al posto degli arresti.
Saranno le motivazioni, nelle prossime settimane, a spiegare le decisioni della suprema corte. Intanto gioiscono Catella e il sindaco di Milano. Giuseppe Sala è tornato a chiedere “un dialogo vero con la Procura, altrimenti la città resta in stallo. La Procura continua ad andare avanti senza tener conto del fatto che il sistema giudicante non accoglie in parte significativa la sua lineaâ€. Una nota di Coma, la società di Catella, sostiene che “dal 16 luglio, data di notifica delle accuse, al 12 novembre, data di udienza della Corte suprema – in 120 giorni – undici giudici, oltre alla stessa Procura generale, hanno radicato progressivamente la nostra estraneità a quanto contestatoci. Questa dinamica equivale a un riconoscimento virtuoso dell’integrità , del rigore, della professionalità e della capacità di reazione della nostra organizzazione e di tutte le persone di Coimaâ€.
Intanto la Procura prosegue le indagini, sia sul “secondo livello†del Sistema Milano, quello sui conflitti d’interesse e sulle contestate corruzioni, sia, e ancor di più, sul “primo livelloâ€, quello sulle irregolarità urbanistiche, sempre confermate anche dalla Cassazione e ormai approdate a quattro dibattimenti. (Il Fatto quotidiano, 14 novembre 2025)
Vincenzo Lanni
Quel coltello nella schiena del Modello Milano
Un fatto diventa simbolo quando a pesare è il contesto. Un accoltellamento in piazza Gae Aulenti sarebbe stato, negli anni di trionfo del Modello Milano, una svista del destino, una stravaganza del fato, un cigno nero, anzi nerissimo. Oggi, in una fase di crisi del Sistema Milano, diventa un sintomo.
Vincenzo, la mattina del 3 novembre, ha piantato un coltello nella schiena di Anna Laura, scelta a caso tra la gente che passava in piazza Gae Aulenti. Sarebbe stato “spinto a premeditare l’aggressione in un luogo simbolo del potere economicoâ€, ha confessato al pm. Voleva colpire “il contesto nel quale si trovava, per l’insofferenza per il licenziamento subito dieci anni prima da parte dell’azienda di programmazione informatica per cui lavoravaâ€. Un Luigi Mangione alla milanese.
È chiaro che l’atto di una persona con gravi problemi psichici, in fuga da una comunità protetta, è drammaticamente imprevedibile e angosciosamente individuale, non imputabile ad alcun contesto sociale e collettivo, se non alla mancanza di attenzione e di cure per la malattia mentale.
Ma anche la caduta dell’insegna Generali dal grattacielo di Citylife, che se fosse avvenuta tre anni prima sarebbe stata un incidente senza alcun valore simbolico, a giugno 2025 è stata commentata come una metafora dell’incrinatura del destino di una città e delle sue torri. È il contesto che, in semiotica, conferisce volume di senso al singolo fatto. Così quel coltello nella schiena di una manager di Regione Lombardia può assumere un senso metaforico, sul palcoscenico della piazza più “iconica†e “instagrammabile†della città (gli aggettivi sono imposti dalla neolingua locale).
Nella Milano “place to be†c’è perfino un tour guidato, costo 229 euro su Tripadvisor, punto di partenza Eataly, percorso: Porta Nuova, corso Como, piazza Gae Aulenti, Bosco Verticale. Quella piazza è il luogo-simbolo del Modello Milano, ma anche un non-luogo più simile a un centro commerciale che a una piazza, presidiato dalle guardie private (Sicuritalia) del gruppo Coima che lo gestisce, per conto dei nuovi proprietari, gli arabi del fondo sovrano del Qatar (Paese accusato in passato di finanziare il terrorismo islamista, ma questo non pesa).
È a un passo da quella “Biblioteca degli alberi†che non ce la fa a essere un parco di veri alberi ma è piuttosto il giardino condominiale (aperto al pubblico) di Manfredi Catella. Il luogo, “iconico†e “instagrammabile†ma anche piacevole, attira pubblico. Milanesi in giro per lo shopping, famiglie, genitori a passeggio con i bambini, turisti a caccia di luoghi-simbolo, maranza che arrivano dalle periferie, giovani latini che si danno appuntamento, ragazzini che provano hip-hop specchiandosi nei grattacieli.
Si è creata una stratificazione antropologica e sociale, con un sopra e un sotto. Sopra prevale la folla commerciale e sorridente. Sotto c’è la massa dei disperati, nell’adiacente stazione Garibaldi: al riparo dalle telecamere di sorveglianza della piazza, vivono i ragazzi come la maranzina che ha accoltellato una compagna di scuola. “Le luci, la musica, le rapineâ€, ha raccontato intervistata dal Corriere. “Ti senti dentro una cosa grande. Ma è un mercato: chi offre, chi compra, chi guarda. Ti passa accanto un tipo con lo zaino pieno di pasticche, un altro ti afferra per la schiena, anche se dici no. Ogni tanto vai su, in Gae Aulenti: si balla, si litiga, si pippa. Qualcuno tenta lo scippo: telefonini sfilati di mano, portafogli strappati dalle tascheâ€.
La politica intanto litiga, la destra agita la bandiera della sicurezza che rende voti ma non risolve problemi. Piazza Gae Aulenti resta lì, non-luogo al tempo stesso incantevolmente attrattivo e sottilmente inquietante, come la città che cresce e cambia, producendo al tempo stesso ricchezza ed esclusione.
Data articolo: Sun, 09 Nov 2025 13:22:47 +0000Simone Uggetti
Il libro-riscossa del sindaco che infanga l’impiegata whistleblower che lo aveva denunciato
Più che un libro, è una rivincita. Titolo: Storia di un sindaco, da San Vittore all’assoluzione. Autore: Simone Uggetti, che nel 2016 fu arrestato con l’accusa di aver truccato la gara per la gestione delle piscine comunali di Lodi, nel 2018 fu condannato in primo grado a 10 mesi, ma poi al secondo appello, nel 2023, fu ritenuto non punibile per “la particolare tenuità del fattoâ€: la turbativa d’asta c’era stata, la gara era stata scritta su misura per chi la doveva vincere, ma il fatto era particolarmente leggero.
Ora ha scritto il suo libro della riscossa, con prefazione di Aldo Cazzullo, postfazione di Gian Domenico Caiazza, contributo di Gaia Tortora e applausi pubblici di Michele Serra. L’unica a rimanere senza parole è Cateria Uggè, la whistleblower, l’impiegata comunale che nel 2016 segnalò alla Guardia di finanza che il bando di gara era stato scritto da quello che poi la vinse. “Parlo per la prima volta dopo dieci anni. Ma ora non ce la faccio più. Nelle pagine di quel libro ho trovato un ritratto di Caterina Uggè deformato, ridicolizzato, gravemente diffamatorio. Il mio nome viene ripetuto 74 volte. Ho timore per la mia reputazione, per il mio nuovo lavoro di insegnante. Ho già incaricato il mio avvocato di intraprendere tutte le azioni legali necessarie a tutelare la mia persona. La Uggè Caterina del libro è una funzionaria limitata professionalmente, che capisce poco, inventa numeri, è responsabile di una deposizione ai magistrati piena di errori e falsità . Una donna manipolata, priva di competenze, capacità e autonomia personaleâ€.
Eppure la sentenza finale lo dice chiaro: “Deve pertanto confermarsi la sussistenza del fatto, la sua illiceità penale, la sua corretta qualificazione giuridica, nonché l’accertamento che gli imputati lo hanno commessoâ€. Uggè sorride: “Sì, questa non è un’opinione, è la verità processuale. Ma Uggetti getta ombre su di me. Nel libro scrive: ‘Restano cose che non sapremo mai (c’è qualcuno che ha ispirato Uggè nella costruzione del suo film?)’. Io ho solo fatto il mio dovere di funzionario pubblico, in completa autonomia. L’ho fatto per rispetto di me stessa e dei miei valori. Un atto di libertà , di rottura rispetto a quello che si aspettavano da me. Come dice il mio amico Andrea Franzoso, ho scelto di essere una disobbedienteâ€.
Destino ingrato, quello dei whistleblower. “Sì, sono costretti a cambiare vita. Io mi sono licenziata dal Comune di Lodi sei anni dopo il mio esposto. Anni emotivamente duri. Mi sono rimessa a studiare, ho preso una seconda laurea per potermi costruire una nuova vita professionale. Non volevo andarmene: non mi sembrava giusto che passasse il messaggio che chi sceglie l’onestà deve sempre poi pagarne il prezzo. Ma alla fine ho ceduto e ho voltato pagina. Non sono fuggita: ho cercato di restituire senso a ciò che mi aveva ferito. Oggi insegno Diritto ai ragazzi delle scuole superiori. Sto bene con loro. Mi sento, dopo anni difficili, finalmente al sicuroâ€.
Nel suo libro, Uggetti (Pd) confessa che non era la prima volta che pilotava una gara, ma sempre per il bene del Comune (il giudice del bene e del male? Sempre lui). “Ma la cosa che più mi ha amareggiata è vedere che un giornalista come Aldo Cazzullo ha firmato la prefazione di questo libro che scredita in modo sistematico la figura della whistleblower. Una testimone di giustizia che gli stessi magistrati hanno descritto come ‘attendibile’, ‘rigorosa nella sua rettitudine morale e nella correttezza espositiva’. Le mie dichiarazioni sono state definite di ‘una credibilità generale, fondata su una serie di conferme documentali e inconfutabili del suo narrato’. Mi ha sorpreso ugualmente Michele Serra che lo ha presentato con tutti gli onori proprio a Lodi, la mia città . E Arianna Ravelli che lo ha co-firmato, precisando che non erano stati scritti nomi di magistrati perché non si voleva ‘cercare il colpevole da additare’. Il mio nome invece è stato ripetuto 74 volte. Non comprendo nemmeno il patrocinio al libro di Anci (Associazione nazionale comuni italiani) e di Ali (Autonomie locali italiane): il whistleblowing è uno strumento istituzionale, regolato da una legge specifica, che tutela chi segnala irregolarità e sanziona ogni forma di ritorsioneâ€.
Ma ora chi tutela Caterina Uggè?
Leggi anche:
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– “Noi Cinquestelle in aula contro Uggetti: Caro Di Maio, io non chiedo scusaâ€
Sindaco
Visioni/Il discorso della vittoria di un Mamdani a Milano
QUESTO È IL DISCORSO DELLA VITTORIA di Zohran Mamdani. Ma tradotto in milanese: il discorso del nuovo sindaco che farà ripartire Milano. Se è accaduto a New York, dove di grattacieli ne hanno tanti, può accadere anche a Milano.
Urbanistica
Il Consiglio di Stato (su via Fauchè): è abuso edilizio, non rigenerazione urbana
Per la prima volta, anche il Consiglio di Stato si pronuncia sulle indagini urbanistiche a Milano: dando ragione alla Procura e torto a Comune e costruttore. Respinge il ricorso di Palazzo Marino contro la sentenza del Tar che già aveva accolto le ragioni dei pm a proposito del cantiere di via Fauché, dove i cittadini avevano denunciato la costruzione di un edificio di tre piani dentro il cortile, al posto di un laboratorio completamente abbattuto.
È rigenerazione urbana, secondo il Comune e i costruttori. No, rispondono i giudici amministrativi: la palazzina nel cortile è illegittima. “Le caratteristiche dell’intervento posto in essere dalla società proprietaria del beneâ€, scrivono i giudici, “esorbitano dai confini della nozione di ‘ristrutturazione ricostruttiva’ e inducono a qualificarlo come ‘nuova edificazione’, con ciò che ne consegue in termini di titolo abilitativo necessario (il permesso di costruire, non sostituibile dalla Super-Scia)â€.
Il Consiglio di Stato, spiega l’avvocato Wanda Mastrojanni che assiste gli abitanti del condominio di via Fauchè-via Castelvetro, “stabilisce per la prima volta il principio di neutralità urbanistica: il nuovo edificio costruito dopo una demolizione deve essere ‘neutro’, non consumare suolo e non aumentare le volumetrieâ€. I giudici precisano anche il concetto di “rigenerazione urbanaâ€: “Si può parlare di rigenerazione urbana e di risparmio di nuovo suoloâ€, continua Mastrojanni, “solo in presenza di ristrutturazione edilizia, mentre la nuova costruzione consuma sempre suoloâ€.
I giudici elencano le tre caratteristiche che distinguono la ristrutturazione dalla nuova edificazione: la neutralità urbanistica, la contestualità temporale fra demolizione ricostruzione e l’unicità dell’immobile interessato dall’intervento.
“Neutralità †significa che il nuovo edificio deve avere la stessa volumetria di quello abbattuto, “senza ulteriori trasformazioni della morfologia del territorioâ€. Demolizione e ricostruzione devono avvenire nello stesso arco temporale: se costruita anni dopo, una palazzina deve essere considerata “nuova costruzioneâ€. L’unicità dell’immobile impone che non possa essere considerato ristrutturazione edilizia l’accorpamento di volumi che erano prima suddivisi in più edifici, né il frazionamento in più edifici nuovi di un unico edificio presistente.
Questo è ciò che stabiliscono i giudici amministrativi. Intanto prosegue, in sede penale, il dibattimento sui reati contestati a costruttori, progettisti e dirigenti comunali: lottizzazione abusiva, abuso edilizio e falso.
Stadio
Dolcetto o scherzetto? Il rogito per San Siro e le carriere delle soprintendenti
di Gianni Barbacetto e Leonardo Bison /
Era previsto per Halloween l’appuntamento dal notaio per il rogito che passerà a Milan e Inter la proprietà dello stadio di San Siro. Dolcetto per le squadre, ma paura di scherzetto per chi firma e per il notaio che assevera. Ci sono ancora da risolvere problemi tecnico-finanziari con i documenti e le garanzie bancarie, ma anche il notaio deve aver preteso maggior chiarezza prima di chiudere un’operazione che sembra mantenere larghi spazi di opacità .
Così il rogito è stato spostato alla settimana prossima. Mentre incombono le tagliole dei due vincoli che potrebbero rendere il Meazza non abbattibile: il “vincolo culturale semplice†che tutela il secondo anello dello stadio allo scoccare del settantesimo anno d’età ; e il “vincolo archivisticoâ€, già scoccato, secondo la soprintendente archivistica della Lombardia, Annalisa Rossi, poi trasferita contro la sua volontà da Milano in Toscana, con una decisione del ministero della Cultura che ora la Corte dei conti ha dichiarato illegittima.
Anche la soprintendente ai beni culturali, Emanuela Carpani, non ha avuto vita facile. È rimasta a Milano, ma ha dovuto subire le pressioni del sindaco. Era il luglio 2023 quando Giuseppe Sala le scrive un messaggio che dietro la cortesia formale nasconde una vena minacciosa: “Ciao Emanuela, tutti parlano ormai del ‘vincolo semplice’, che sarà anche semplice ma non permetterà di abbattere San Siro. Le squadre vanno fuori Milano. E il Comune rimarrà con San Siro vuoto. Chiederò al Governo di comprarselo, perché questo è un danno economico enorme per il Comune (sai che il valore erariale è di circa 100 milioni). È anche un gigantesco danno di immagine per Milano. Qualcuno però dovrà renderne conto ai cittadini. Vediamo il Ministero cosa dirà . Buona serataâ€.
E l’assessore Giancarlo Tancredi scrive a Sala: “Sullo stadio, ancora notizia riservata, vincolo ‘semplice’ sul secondo anello. Lei mi scrive che è una cosa positiva… sto incalzando chiedendole se quindi si può demolire almeno in parte. Attendo risposta (forse puoi chiamarla tu?…)â€. La riunione al ministero avviene poi il 22 ottobre 2024 e una Carpani ormai ammorbidita dirà che lo stadio si può abbattere, purché diventi privato prima che scattino i 70 anni: il 10 novembre 2025, secondo Sala; l’11 settembre, secondo Luigi Corbani, animatore del comitato Sì Meazza.
Il notaio Filippo Zabban ha già ricevuto l’invito dall’avvocato Gaetano Braghò a non perfezionare il rogito della cessione prima del 10 novembre, in attesa della decisione definitiva sul vincolo da parte della Soprintendenza. Il consigliere di maggioranza Enrico Fedrighini ha invece segnalato a Zabban che la delibera di giunta sul Meazza va bloccata perché prevede la possibilità della “compensazione del danno ambientale attraverso crediti di carbonioâ€.
Ancor più intricato, per Zabban, sarà l’accertamento del “titolare effettivoâ€, dietro la selva di società che controllano il compratore, domiciliate in Lussemburgo e alle Cayman. In questi casi, il notaio ha l’obbligo di inviare una “sos†(segnalazione di operazione sospetta) a Bankitalia.
Quanto alla ex soprintendente archivistica Annalisa Rossi, non è legittimo il suo trasferimento in Toscana, avvenuto a fine luglio. Aveva osato riconoscere che il secondo anello di San Siro è un “archivio espostoâ€, quindi inalienabile, non vendibile. Il vincolo archivistico riguarda le targhe e le epigrafi storiche che celebrano i successi di Milan e Inter, nella tribuna ovest.
Il 21 ottobre, la sezione centrale del controllo di legittimità sugli atti del governo e delle amministrazioni della Corte dei conti ha stabilito che era illegittimo il trasferimento di Rossi e di una decina di altri dirigenti del ministero. Erano stati mandati in uffici che non avevano scelto, contro il dettato del contratto collettivo nazionale dei dirigenti (come nel caso di Rossi), o scelti all’esterno del ministero nonostante ci fossero dirigenti di ruolo che avevano fatto domanda per la stessa sede. Il caso riguarda dirigenti di Toscana, Sicilia, Veneto, Lazio, Calabria, Torino, Salerno, Caserta, Trieste, Siena.
Il ministero, interrogato dal Fatto, aveva negato qualsiasi relazione tra il trasferimento di Rossi e il suo impegno sul vincolo San Siro: sarebbe stata normale rotazione dopo sette anni nello stesso ufficio. Comunque sia, il vincolo archivistico sul secondo anello di San Siro c’è già ora, come ha ribadito l’Avvocatura dello Stato. Un altro problema, per il notaio Zabban.
Sistema Milano
Il secondo livello del Sistema Milano? È la corruzione 2.0
Il Modello Milano era quello della città place to be, delle magnifiche sorti e progressive di una metropoli priapica che si sviluppa in altezza, esibisce skyline, genera benessere (immobiliare), moltiplica gli zecchini nel campo dei miracoli della rendita, con felice sgocciolamento dall’alto verso il basso della ricchezza e della felicità . Ora abbiamo imparato che dietro il Modello Milano c’è il Sistema Milano, che produce esclusione (400 mila milanesi espulsi dalla città ), crea disuguaglianza, produce ricchezza per pochi e impoverimento per molti, aumenta i costi dell’abitare e diminuisce i servizi pubblici.
Ci fosse un Guido Martinotti, studierebbe il cambiamento sociologico della metropoli, la mutazione genetica, sociale, economica, antropologica, dei milanesi. Saprebbe disegnare il crepuscolo del ceto medio impaurito e impoverito. Nell’attesa che le università milanesi producano ricerca innovativa e critica sulla realtà , oltre ai ben remunerati report per le lobby immobiliari, dobbiamo almeno provare a raccontare che cosa abbiamo visto disvelarsi sotto i nostri occhi in questi ultimi due anni.
A decidere se sono stati commessi reati e se vi sono responsabilità penali saranno i giudici – dopo molti anni, molteplici gradi di giudizio e cambi di leggi al volo. Già subito, però, sarebbe opportuno capire il Sistema per poterlo correggere – se la politica volesse riparare le storture, autoriformandosi senza aspettare le sentenze e le prescrizioni.
Ebbene, il Sistema è un edificio a due livelli. Il primo è quello della sistematica violazione delle norme urbanistiche, sostituite dal Rito Ambrosiano che aumenta il cemento, chiama ristrutturazioni le nuove costruzioni, permette di edificare nei cortili, concede di tirar su grattacieli senza piano attuativo, cioè senza nuovi servizi per i cittadini, regalando agli operatori un paio di miliardi che dovevano essere usati per attrezzare spazi pubblici in città .
Queste contestazioni – sul piano giudiziario – oggi sono già a dibattimento, dopo essere state confermate finora da giudici delle indagini preliminari, giudici dell’udienza preliminare, giudici del riesame, giudici di Cassazione in funzione cautelare. Per queste violazioni – sul piano invece politico – la soluzione è (se davvero la si volesse cercare) relativamente facile: rientrare da oggi in poi nelle regole, magari chiedendo agli operatori quello che non hanno pagato finora.
Il secondo livello del Sistema Milano è quello della corruzione su cui (secondo le ipotesi d’accusa) sono regolati i rapporti tra pubblico e privato in materia urbanistica. La vecchia corruzione, quella delle tangenti nelle buste o nelle valigette riempite di banconote, ma anche quella dei versamenti bancari estero su estero, è sostituita da una nuova corruzione, cool, sistemica e ambientale.
Il teatro dell’accordo di Sistema è la Commissione paesaggio. Nel Rito Ambrosiano le sono stati conferiti super-poteri: a differenza che nel resto d’Italia, decide al posto degli uffici comunali quali progetti realizzare, come costruire la città . Chi ne fa parte è dunque pubblico ufficiale, che decide a nome della collettività ; ma è anche progettista a libro-paga degli operatori immobiliari. Gli architetti che compongono la Commissione paesaggio sono dunque strutturalmente portati a dare l’ok ai progetti degli operatori che alimentano i loro studi professionali.
È avvenuta la privatizzazione dell’organo decisore e, nello stesso tempo, la “cattura del Regolatoreâ€: gli operatori privati hanno a libro-paga l’organismo regolatore che decide come costruire la città . Gli sviluppatori ne discutono direttamente con il sindaco, il direttore generale del Comune, l’assessore all’urbanistica, poi la Commissione approva. È la corruzione 2.0: strutturale, ambientale, sistemica.
Dov’è il patto tra corruttore e corrotto? Guardate bene: è scritto nelle righe del regolamento della Commissione paesaggio.
Data articolo: Sun, 02 Nov 2025 17:45:26 +0000Separazione carriere
Di Pietro: “Sì alla separazione delle carriereâ€. Ma aveva sempre detto che era il programma di Gelli
di Gianni Barbacetto /
Antonio Di Pietro, il pm di Mani pulite, è pronto per fare il testimonial del sì al referendum sulla divisione delle carriere?
Io sono pronto senz’altro a far sentire la mia voce su questa riforma costituzionale. Ma in nome e per conto di Antonio Di Pietro. Non lascerò che alcun partito politico ci metta il cappello sopra.
Ma il testimonial per il sì lo che stanno cercando i partiti del centrodestra. Sarebbe il testimonial di Giorgia Meloni.
No. Io mi auguro che ci siano tanti testimoni, anzi, tanti comitati, per il sì e per il no. Perché questa è la democrazia. Per quale ragione un comitato deve essere per forza teleguidato da un partito? Questa è una riforma costituzionale, quindi è una riforma dei cittadini. Io rappresento me stesso e, al massimo, quei cittadini che vogliono essere informati sentendo le due campane: anche quella del sì. Non ho bisogno di avere un capo in testa. Ragiono da me stesso e rappresento me stesso.
Si troverebbe a essere l’anti Gratteri.
Nicola Gratteri lo rispetto sul piano professionale e lo stimo sul piano personale. Non la vedo, la contrapposizione con lui. So che anche lui è favorevole al sorteggio. Vede, tutti concentrano questa riforma sulla separazione delle carriere, ma in realtà ha altri due punti focali che bisogna spiegare ai cittadini: la estromissione del Consiglio superiore della magistratura dalle scelte disciplinari sui magistrati e l’introduzione del sorteggio per togliere potere alle correnti. Credo che su questo molti magistrati siano favorevoli, e anche Gratteri. Quindi voglio valutare questa riforma non perché l’ha fatta il centrodestra, anzi credo che sbaglino – e rischino – quelli del centrodestra che ci vogliono mettere il cappello sopra. Questa è una riforma che è la naturale conseguenza di quel che venne deciso nel 1989, quando passammo dal sistema inquisitorio al sistema accusatorio.
D’accordo dunque con questa riforma della giustizia?
Non è una riforma della giustizia, è una riforma della magistratura. L’unica riforma della giustizia che serve è quella di farla funzionare. Ma questa riforma non incide sull’accelerazione o l’ammodernamento della giustizia, questa riforma chiude solo il cerchio di un sistema processuale che nel 1989 da inquisitorio è diventato accusatorio. E ha al suo interno due tematiche su cui vale la pena riflettere, prima di dire no: togliere ai giudici la possibilità di giudicare se stessi ed eliminare, grazie al sorteggio, il correntismo e l’amichettismo palamaresco. Quello che invece non condivido è il fatto di speculare su questa riforma, dicendo che migliora la giustizia. No, non è il suo fine, non accelera i processi, non migliora la macchina processuale.
Ci hanno detto che è la realizzazione di uno dei sogni di Silvio Berlusconi.
Ma no, è solo la chiusura del cerchio della riforma del 1989, quando Berlusconi neppure ci pensava di fare politica.
Nessuna paura che la separazione delle carriere sia una vendetta della politica contro i magistrati e che si possa trasformare nella sottomissione del pm al potere politico?
Il pubblico ministero che si vuole sottomettere lo può fare oggi e lo potrà fare domani. Chi non si vuole sottomettere non lo fa oggi e non lo farà domani. Oggi e domani resta l’articolo 104 della Costituzione. Oggi dice che la magistratura è un ordine autonomo e indipendente, domani dirà che i magistrati giudicanti e quelli del pubblico ministero sono un ordine autonomo e indipendente. Per modificare questa norma ci vorrebbe un’altra riforma costituzionale, che non riusciranno mai a far digerire al popolo italiano, perché l’indipendenza della magistratura è una sacra realtà che nessuno può toccare. Paventare che questa riforma incida sull’autonomia e l’indipendenza è un’affermazione contraria alla realtà .
Il presidente del Senato, Ignazio La Russa, in questi giorni si è mostrato preoccupato del fatto che la destra abbia messo in moto la macchina del referendum, assumendosi il rischio politico di una sconfitta. Ha detto apertamente che “il gioco non vale la candelaâ€, anche perché di fatto le carriere, dopo la riforma Cartabia, sono già distinte.
Infatti io sottolineo gli altri due punti di questa riforma. E temo che l’Associazione magistrati sia fermamente, per non dire ferocemente, contraria proprio per quei due punti: togliere al Csm il potere di giudicare i magistrati e di spartire potere.
È vero che le hanno chiesto di candidarsi in Molise per Fratelli d’Italia?
Di candidarmi me lo chiedono continuamente, anche da sinistra. Ma escludo totalmente di candidarmi, non solo per Fratelli d’Italia, ma neppure per il partito di Di Pietro. (Il Fatto quotidiano, 30 ottobre 2025)
“Si vorrebbe imporre, per garantire l’imparzialità del giudice, la separazione non fra potere giudiziario e politico, ma fra magistrati inquirenti e giudicanti: così le inchieste contro la corruzione e il potere politico non si potranno più fare con serenità †(15.3.2000).
“Voterò no al referendum per separare le carriere†(15.5.2000).
“La Giustizia ha bisogno di interventi radicalmente opposti a quelli sbandierati dal Polo: non la separazione delle carriere e lo snaturamento del Csm aumentando i membri di nomina politica†(13.1.2003).
“La divisione delle carriere impedirà la fisiologica trasmigrazione tra pm e giudici, con grave danno per le professionalità e la libertà di scelta dei magistrati†(8.3.2003).
“Il processo di Milano (a Berlusconi e Previti per corruzione di giudici, ndr) dimostra che a carriere unite possono accadere cose turche. In primo grado ha dimostrato che degli avvocati possono corrompere dei giudici. Più separate di così, le carriere, si muore! Il problema non sono le carriere, ma la deontologia professionale, la moralità di chi svolge incarichi pubblici delicati†(4.5.2003).
“Il centrodestra vuole separare le carriere per mettere sotto controllo dell’esecutivo la magistratura. È il vecchio piano di Licio Gelli, poi ripreso dal libro rosso di Previti†(24.3.2004).
“Il ministro Alfano vuole separare le carriere in violazione del dettato costituzionale. La Giustizia affidata al governo Berlusconi è come un pronto soccorso lasciato in balìa di Dracula†(4.6.2008).
“Berlusconi lasci stare Falcone, è come il diavolo che parla dell’acqua santa. I problemi della Giustizia sono la mancanza di fondi e di personale, non la mancata separazione delle carriere. Così si vuole solo sottomettere la giustizia al potere politico e segnare la fine della certezza del diritto†(21.8.2008).
“La separazione delle carriere è l’anticamera della fine dell’obbligatorietà dell’azione penale, attraverso il controllo dell’esecutivo sul pm. È una proposta gravissima perché farebbe crollare uno dei cardini della Costituzione: l’autonomia della magistratura†(15.7.2013).
Così parlò per tutta la vita Antonio Di Pietro: idee chiarissime contro tutte le bicamerali e le schiforme di ogni colore. Poi un giorno qualcuno lo convinse che era sempre stato favorevole alla separazione delle carriere e lui non solo cominciò a dire il contrario di ciò che aveva sempre pensato, ma entrò persino nel Comitato del Sì alla schiforma Nordio. Chissà com’è successo. (Il Fatto quotidiano, 2 novembre 2025)