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#news #Potere #Popolo
Esprimiamo tutta la nostra solidarietà e vicinanza al lavoratore e delegato sindacale USB recentemente licenziato dall’azienda che gestisce l’appalto dei Drivers per Amazon a Pisa. Licenziamento avvenuto con un chiaro atto antisindacale.
Da sempre, insieme ai sindacati conflittuali come USB, denunciamo come nel settore della logistica si concentri l’accumulazione di profitti miliardari nelle mani di multinazionali come Amazon, per cui i governanti su ogni livello, da quello nazionale, passando dalla Regione Toscana fino ai comuni della provincia di Pisa intendono incentrare lo “sviluppo” del territorio. Uno sviluppo che significa sfruttamento selvaggio del suolo, condizioni di vantaggio fiscale con le Zone Logistiche Speciali in porti e interporti e riproduzione del sistema degli appalti e subappalti, dove si annidano spesso e volentieri il malaffare e condizioni di sfruttamento lavorativo sempre peggiori. Il delegato licenziato si batteva sul posto di lavoro proprio contro la scarsa sicurezza, i turni estenuanti e le retribuzioni insufficienti, che sono la norma nel nostro paese dove i più semplici diritti sono garantiti soltanto sulla carta e non rispettati se non accompagnati con l’organizzazione e il conflitto sociale. Il delegato è stato continuamente vessato negli ultimi due anni, con oltre 30 contestazioni disciplinari e 40 giorni di sospensione, fino al licenziamento avvenuto pochi giorni fa.
Di fronte a questi atti intimidatori e autoritari ribadiamo tutto il nostro supporto al delegato di USB e alla mobilitazione in suo sostegno.
Organizziamoci per respingere al mittente ogni repressione padronale, denunciando le responsabilità di chi ha aperto la strada: dalle controriforme dei governi di ogni colore negli ultimi decenni, che arrivano oggi al disegno di legge 1660, fino alla complicità di quei sindacati che hanno consentito che nei posti di lavoro potessero realizzarsi queste condizioni antioperaie.
Perché schiavi non lo siamo e non lo saremo mai.
Potere al Popolo Pisa
L'articolo [PISA] CONTRO IL MODELLO AMAZON E OGNI REPRESSIONE PADRONALE! TOCCA UNO, TOCCA TUTTI! proviene da Potere al Popolo.
Facciamo nostro l’appello alla solidarietà internazionalista lanciato dall’Esquerra Independentista dels Països Catalans (le Organizzazioni della Sinistra Indipendentista dei Paesi Catalani) in favore delle popolazioni della comunità valenziana e chiediamo a tutti e tutte le italiane, soprattutto a colore che vivono e lavorano in Spagna, di contribuire, ognunÉ™ secondo le proprie possibilità !
È fondamentale non lasciare nessunÉ™ solÉ™ e dimostrare che al cinismo e alle mancanze delle Istituzioni, il popolo risponde con la solidarietà e l’organizzazione.
L’alluvione della DANA ha fatto oltre 200 vittime e migliaia di dispersi. Una tragedia figlia del cambiamento climatico che il potere mediatico continua a definire “catastrofe naturale†per sollevare da qualsiasi responsabilità il potere politico. Una strategia comunicativa che conoscono bene le popolazioni dell’Emilia Romagna così come tutte quelle travolte da fenomeni climatici la cui furia devastatrice è incredibilmente accentuata dalle mancanze delle Istituzioni.
Sappiamo che, anche stavolta, la maggior parte delle vittime poteva essere evitata se solo il governo spagnolo e i negazionisti del cambiamento climatico non avessero ignorato le segnalazioni del servizio meteorologico ed avessero inviato allarmi di emergenza alla popolazione ben prima che l’acqua e il fango avevano già sommerso numerosi villaggi. Perché dietro ognuno di questi eventi, e l’alluvione della DANA non fa eccezione, ci sono dei responsabili diretti di cui è necessario fare i nomi:
Per questo chiediamo a tutti e tutte di:
Mostriamo che solo il popolo salva il popolo e che la solidarietà può arrivare dove le Istituzioni hanno fallito miseramente, perché interessate solo a difendere gli interessi di pochi a discapito del benessere di tanti.
L'articolo SOLO IL POPOLO SALVA IL POPOLO: METTIAMO IN MOTO LA SOLIDARIETÀ INTERNAZIONALISTA IN FAVORE DELLE POPOLAZIONI DELLA COMUNITÀ VALENZIANA proviene da Potere al Popolo.
Giovedì sera, nella notte di Halloween, siamo statÉ™ nelle strade del centro a Pozzuoli per rivendicare il miglioramento delle condizioni di lavoro che, soprattutto nei nuovi settori esplosi con il boom turistico, rasentano la dignità . Ci siamo travestitÉ™ da “fantasmi del lavoroâ€, riprendendo un percorso che abbiamo iniziato tre anni fa, e abbiamo denunciato le attuali condizioni di lavoro nel mondo della ristorazione, in quello alberghiero e della grande distribuzione. Questa manifestazione, però, è diversa. Non si tratta solo di una denuncia pubblica ma di ben altro ben più importante: abbiamo annunciato la nascita di uno sportello legale e sindacale che supporti i lavoratori e le lavoratrici proprio di questi settori.
In realtà , lo sportello legale nasce da un lavoro pregresso che in città abbiamo già portato avanti assieme a un avvocato del lavoro attivo sul territorio e che ci ha permesso di vincere già alcune battaglie al fianco di lavoratorə.
In questi tre anni abbiamo capito però che, per quanto sia certamente un progresso permettere al singolo lavoratore che si rivolge allo sportello di ottenere una vittoria, dobbiamo andare oltre e lavorare per organizzare tutte le persone che lavorano in questi settori scarsamente sindacalizzati: per passare dalla fase di difesa dei diritti conquistati con la lotta il secolo scorso, all’offensiva e al miglioramento delle condizioni di lavoro. Perciò abbiamo deciso di unire questo lavoro cittadino avviato, da tempo, all’attività del sindacato Slang-USB.
Negli ultimi decenni le diverse misure di smantellamento dei diritti del lavoro e della sua precarizzazione sono riuscite a distruggere la solidarietà tra le lavoratrici e i lavoratori che si sono trovati sempre di più soli, spesso costretti a rapportarsi individualmente con il proprio datore di lavoro, ricattati giorno dopo giorno. Di fronte a questo cambiamento nessun sindacato confederale è risultato all’altezza, ormai diventati utili solo nei luoghi di lavoro che conservano rapporti e strutture simili a quelle del secolo scorso. Questo decadimento dei sindacati confederali, in particolare nella CGIL, non sta in un mancato ammodernamento bensì nell’abbandono della prospettiva conflittuale: si è smesso di lottare per il miglioramento delle condizioni di lavoro, puntando tutto sulla difesa degli equilibri raggiunti e dell’influenza che riuscivano a esercitare.
Perché creare i “fantasmi organizzati”?
Proprio questa mancanza di conflittualità (e quindi incapacità di migliorare le condizioni di lavoro) ha fatto sì che i lavoratori e le lavoratrici perdessero la fiducia nei sindacati. Il dato del calo costante di adesioni agli scioperi o di tesseramento al sindacato è l’emblema di questa sfiducia. Perciò, in questo contesto ci tocca lavorare affinché la lotta per un lavoro migliore torni a essere qualcosa in cui credere e che possa portare a risultati. Dobbiamo ridare credibilità allo strumento sindacale che ormai, soprattutto nei settori non sindacalizzati che abbiamo prima citato, viene guardato con diffidenza. Per questo abbiamo fatto nascere i fantasmi organizzati: un progetto che punta a essere comunicativamente nuovo e che provi a far capire che solo organizzandosi collettivamente si può riconquistare la dignità che i datori di lavoro ci tolgono ogni giorno.
In cosa consiste?
Continueremo con l’attività di sportello legale, specie per le categorie dei settori interessati dallo sviluppo turistico. Lo sportello assisterà , nell’area flegrea, lavoratorÉ™ a nero, a grigio o assuntÉ™ regolarmente ma a cui è stato tolto ciò che gli spetta, lavoratorÉ™ che hanno subito violenze e abusi, lavoratrici che hanno subito molestie sul posto di lavoro.
Contemporaneamente lavoreremo per far nascere, sostenere e rafforzare le battaglie sindacali in città , affinché si ricostruisca la solidarietà tra lavoratori e lavoratrici e ci si unisca per tornare all’offensiva, per il miglioramento delle condizioni di lavoro.
Abbiamo un mondo da conquistare, i padroncini della nostra città a confronto non ci fanno paura. Che inizino ad aver paura loro, i lavoratori e le lavoratrici si stanno organizzando!
Potere al Popolo!
L'articolo [NAPOLI] POZZUOLI: NASCONO I FANTASMI ORGANIZZATI proviene da Potere al Popolo.
9/11/2024
dalle 14.00 alle 20.00
Roma, Nuovo Cinema Aquila-Via l’Aquila 66/74
Israele è ormai una minaccia per il Medio Oriente e per tutti noi: l’onda lunga della guerra può abbattersi con violenza sul resto del mondo, incluso il nostro paese.
Mentre continua il genocidio a Gaza con le sue oltre 43000 uccisioni e la distruzione totale, Israele procede impunemente nel progetto della “grande Israele”, con la riannessione dei territori palestinesi, del Libano meridionale, e del Golan siriano già occupato da decenni.
Anche la nuova amministrazione statunitense, che emergerà dalle elezioni del 5 novembre, verrà messa di fronte al fatto compiuto, grazie al potere di condizionamento della lobby sionista negli Usa sia verso Trump che verso Harris.
I gravissimi arroganti attacchi alle Nazioni Unite sia a livello istituzionale che militare, sono frutto dell’impunità di cui Israele gode da decenni, diventando uno stato-canaglia che minaccia non solo i popoli del Medio Oriente ma anche la stabilità e la pace nel resto del mondo.
Lo scontro tra la legittima aspirazione del popolo palestinese alla propria autodeterminazione e l’occupazione coloniale-militare israeliana, avviene oggi in un quadro in trasformazione.
Una guerra di Israele contro l’Iran avrebbe conseguenze ben più pesanti, anche in termini economici, delle operazioni militari e terroristiche israeliane fin qui condotte contro le organizzazioni della resistenza palestinese o Hezbollah in Libano. Anche I ripetuti bombardamenti sulla Siria avvengono in un’area dove sono rilevanti il protagonismo della Russia e la collaborazione con questi paesi.
Siamo in una fase di profondi sconvolgimenti del sistema mondiale uscito dalla seconda guerra mondiale, sembrano  saltati tutti gli spazi di concertazione, mentre avanzano in tutto il mondo il riarmo e le opzioni militari.
Questa guerra ” illimitata” condotta da israele non mette al riparo nessuno, neanche chi come i Governi Italiani ed europei continuano a vendergi armi, mantenere accordi economici privilegiati, collaborazioni scientifiche, accettando le giustificazioni ideologiche.
Tuttavia oggi gran parte dell’opinione pubblica italiana è con le ragioni dei palestinesi.
I tentativi di criminalizzazione e repressione governativi non fermano le manifestazioni in solidarietà con la Palestina
Diventa urgente che la generosa mobilitazione sviluppata fino ad oggi al fianco dei popoli palestinese e libanese ridefinisca i propri obiettivi sulla base del nuovo scenario che si va delineando in Medio Oriente.
Intendiamo discutere collettivamente di queste urgenze in una assemblea il 9 novembre per preparare una grande manifestazione. Vogliamo mandare un potente segnale di opposizione all’escalation della guerra di Israele in Medio Oriente, di protesta contro la complicità del nostro governo con il genocidio.
Vogliamo riaffermare la solidarietà popolare con la causa palestinese.
Mandare le adesioni a: ass.palestina9@gmail.com
Elenco adesioni in aggiornanento:
-Movimento studenti palestinesi in Italia
-Associazione dei palestinesi in Italia/API
-Comunità palestinese d’Italia
-Mezzaluna Rossa palestinese
-Associazione amici dei prigionieri palestinesi
-Comunità palestinese della Campania
-Comunità palestinese di Roma e del Lazio
-Comunità palestinese Puglia e Basilicata
-Comunità palestinese Abbruzzo
-Comunità palestinese Toscana
-Comunità palestinese Lombardia
-Comunità Palestinese Veneto
-Comunità palestinese Parma
-Comunità palestinese Sicilia
-Comunità palestinese Sardegna
-Comunità libanese di Parma
-Comunita’ Libanese Roma
-Assopace Palestina
-Cultura è LibertÃ
-BDS Roma
-ULAIA Arte Sud/Odv
-Associazione LeNove studi e ricerche
-AntropologÉ™ per la Palestina
-Rete Ricerca e Università per la Palestina – RUP
-Docenti per Gaza
-Unione degli studenti libanesi in Italia
-Cambiare Rotta
-Osa
-Rete degli Studenti Medi Nazionale
-Rete degli Studenti Medi di Roma
-Rete degli Studenti Medi del Lazio
-Unione degli Universitari / UDU nazionale
-Unione degli Universitari di Roma
-Lavoratrici e lavoratori dell’Università di Firenze per la Palestina
-Contropiano
-Rivista online “Gramsci oggiâ€
-ANBAMED
-Redazione di Comune
-Giornale del MpRC, “Futura Società â€
-Rivista trimestrale QUADERNI DI LOTTA CONTINUA
-Rete No Bavaglio
Agenzia Stampa Pressenza
-CRED
-Associazione Nazionale Giuristi Democratici
-ARCI Nazionale
-Arci Lazio
-Arci Roma
-Arci Crotone
-Arci Rieti
-Arci Viterbo
-Arci Milano
-Circolo Arci Angelo Mai/Roma
-Circolo Arci Trenta Formiche/Roma
-Circolo Arci pianeta sonoro/aps
-Circolo Arci Gap/Roma
-Circolo Arci Pietralata
-Circolo Arci Santa Libbirata
-Circolo Arci Canapè
-Circolo Arci Fanfulla 5a
-Circolo Arci Agorà Pisa
-Circolo Arci Concetto Marchesi
-Circolo Arci sottoscala9 di Latina
-Circolo Arci Givizzano27 Roma
-Circolo Arci di Poggio Mirteto
-Circolo ARCI Arcobaleno (Garbatella – Roma)
-Arci Cassandra aps di Salve (LE)
-ArCircolo Alessandro Casponi di Pomezia
-Differenza Lesbica Roma
-La Fattorietta/Roma
-E’ arrivato Godot APS
-Sanitari per Gaza
-Associazione Nazionale “Per la scuola della Repubblica†OdV
-Associazione Nazionale di Amicizia Italia/Cuba
-Comunità Curda
-Cravos Siena
-Comitato Pace e non più guerra
-Wilpf Italia
-JVP Sri Lanka comitato in Italia
-Giù le Mani dall’Africa
-comitepopulardelutaitalia
-Palestinamo
-Comitato solidarietà con la Palestina in III Municipio/Roma
-Movimento per il diritto all’abitare
-ALAS Associazione Lavoratori Studenti Scuola
-Rete Romana di solidarietà con il popolo palestinese
-nucleoptRoma
-Coordinamento della marcia della pace di Tivoli Guidonia
-Coordinamento pisano per il boicottaggio di Israele
-Modena per la Palestina
-Coordinamento orvietano per la Palestina
-Associazione culturale Liguria/Palestina
-Associazione senza paura Genova
-Casa del popolo la Conviviale di Vasto
-Donne de borgata
-Donne in nero di Parma
-ar circolo Alessandro Capponi di Pomezia
-Associazione culturale “Pane e Rose” di Campoleone – Lanuvio
-Collettivo autonomo lavoratori portuali (Calp) Genova
-Associazione Solidarieté Nord Sud ONLUS (Roma)
-Associazione Il limone lunare di Genova
-Comitato Roma 12 per i beni comuni
-Deposito Dei Segni ETS
-Associazione Vita per Gaza
-U.S. Citizens for Peace & Justice
-Lista NoNato
-Centro Socio-Culturale Nuvola Rossa (Villa San Giovanni)
-Rete NoWar
-G.A.MA.DI.
-Giovani Musulmani Roma
-Associazione “Life for Gaza“ Napoli
-Associazione Alma Terra, Mola di Bari
-Aucs APS
-Collettivo Donne per la Palestina, Salento
-Coordinamento provinciale di Catanzaro a sostegno del popolo palestinese
-V ZONA
-Donne in Nero Napoli
-AWMR Italia (Donne della Regione Mediterranea)
-Associazione Multipopolare
-Coordinamento provinciale Palestina di Catanzaro
-Vogliamo tutt’altro
-AMISS APS (associazione mediatrici interculturali) di Bologna
-Piattaforma Progressista Latinoamericana PLAM-ITALIA
-Associazione La Maggiolina
-Lambretta/Milano
-Vogliamo tutt’altro assemblea costituente lavorat3 dello spettacolo
-Catanesi Solidali con il Popolo Palestinese
-CSOA Macchia Rossa
-Associazione Alkemia, Modena
-PMLI
-Il Bolscevico
-OST Barriera/Torino
-Sud Sud Equosolidale Lecce
-Firenze per la Palestina
-Coordinamento Ternano per la Palestina
-Mani Rosse Antirazziste
-All Eyes on Palestine, Perugia
-Associazione Culturale Livorno Palestina
-Rete Ecosocialista Roma
-Communia
-Ex Opg Je So Pazzo
-Cau Napoli
-Cau Torino
-Cau Padova
-Centro Antiviolenza Donna L.I.S.A.
-Unione Sindacale Italiana Commercio Turismo & Servizi/Roma
-Associazione Controvento/Rieti
-Laboratorio Sociale Villetta/Roma
-Rieti Città Futura
-Rete Mobilitazione Globale Ritmo
-La scuola per la pace Torino e Piemonte
-Coordinamento Palestina Ravenna
-Collettivo La Comune Ravenna
-Pacto Histórico Internacional Italia
-Centro internazionale Crocevia
-Circolo Metromondo di Milano
-Gaza Freestyle
-Pro Africa Onlus
-Movimento Migranti Rifugiati Napoli
-Collettivo di fabbrica lavoratori Gkn
-Società Operaia Mutuo-Soccorso Insorgiamo (Soms Insorgiamo)
-Associazione di amicizia italo-palestinese di Firenze
-Collettivo “inventareilfuturo”
-CSOA Angelina Cartella Reggio Calabria
-Le “Nuove Pantere Bianche”
-Ecologia Politica Napoli
-T’Immagini Rieti
-Cooperativa sociale Nelson Mandela – Gioiosa Ionica (Reggio Calabria)
-USB
-CUB/Confederazione Unitaria di Base
-Asia-Usb
-Cobas Scuola Sicilia
-Rete dei Comunisti
-Potere al popolo
-Alternativa Comunista
-Patria Socialista
-Rifondazione Comunista
-Movimento paneuropeo DiEM25
-Partito Comunista Italiano
-Sinistra Anticapitalista
-Costituente Comunista
-Movimenti per la Rinascita Comunista
-Resistenza Popolare
-Partito MERA25 Italia
L'articolo ASSEMBLEA NAZIONALE: FERMARE IL GENOCIDIO E L’ESCALATION D’ISRAELE. VERSO LA MANIFESTAZIONE NAZIONALE proviene da Potere al Popolo.
A ridosso del 4 Novembre, una serie inquietante di episodi ci ricorda come Esercito e Polizia stiano entrando sempre più spesso e impunemente nelle scuole.
Ha fatto giustamente scalpore la notizia riportata dal quotidiano Domani della scuola di manganello all’Expo Training 2024 di Milano, dove dei poliziotti insegnavano, appunto, a usarlo ed era addirittura riprodotta una cella. Questo avveniva nell’ambito delle attività di PCTO, ex “alternanza scuola lavoroâ€, negli anni diventato un corridoio per portare impunemente nelle scuole esperienze di sfruttamento, infortuni, omicidi sul lavoro e sempre più spesso educazione alla violenza e alla repressione.
A volte la penetrazione del mondo militare a scuola passa per vie più “innocentiâ€: ad esempio alcun* studenti* del Liceo Galanti di Campobasso a indirizzo musicale saranno prelevati dalle aule e portati a suonare con la fanfara militare per le celebrazioni in piazza del prossimo 4 Novembre.
A CHI CI RICORDA L’OVVIO, E CIOÈ CHE L’ESERCITO E LA POLIZIA SONO “ISTITUZIONI†DELLO STATO COME LA SCUOLA E QUINDI NON C’È NULLA DI MALE NEL FATTO CHE SI INCONTRINO, RICORDIAMO ALTRETTANTO BANALMENTE CHE CIÒ NON CONSENTE L’ELEVAZIONE DELL’IDEOLOGIA MILITARE A VALORE UNIVERSALE, NÈ TANTOMENO LA “NORMALIZZAZIONE†DELLA VIOLENZA ANCHE SE È IN DIVISA NÈ, IN SINTESI, LA TRASFORMAZIONE DELLE SCUOLE IN ACCADEMIE MILITARI.
Del resto le preoccupazioni in tal senso, nostre, di tante e tanti docenti singoli o organizzati come nell’Osservatorio contro la militarizzazione delle Scuole non sono infondate: siamo di fronte ad una tendenza voluta alla commistione dei due ambiti.
Il 30 Ottobre scorso l’ex premier finlandese Saul Niinisto ha presentato alla Commissione Europea il suo report analitico sulla Difesa Europea, nel quale, secondo quanto riportato dalla stampa si leggerebbe testualmente: “sviluppare incentivi mirati per aumentare l’attrattiva delle carriere nella Difesa, nella sicurezza e nella risposta alle emergenze tra le giovani generazioni, collaborando con i sindacati e le organizzazioni dei datori di lavoro†e ancora “scambi strutturati tra i Paesi membri†per “aiutare a identificare le migliori pratiche in relazione ai modelli di servizio nazionale e di leva, ai programmi educativi, alla creazione di sistemi di riserva funzionantiâ€.
Insomma, di fronte ai diversi scenari di guerra aperta che vedono direttamente coinvolta l’UE con forniture di armi e intelligence, la politica non procede in direzione della pace e della diplomazia ma in direzione della preparazione delle società europee – società che stanno facendo i conti con una situazione di stagnazione e declino economico, con conseguenti tagli al welfare, moderazione salariale etc – a scenari ancora più aggressivi, dove è bene, secondo chi governa, che ci sia nuova carne da cannone, dopo circa 80 anni in cui sembrava che la militarizzazione di massa fosse diventato solo un brutto ricordo del Novecento.
Come studentesse e studenti, docenti, educatrici ed educatori che si riconoscono in Potere al Popolo e che in generale militano nel campo della pace, della democrazia, della nonviolenza non possiamo che condividere e rilanciare gli allarmi in tal senso ed invitare tutte e tutti gli attori delle comunità educative a praticare fermamente il boicottaggio e l’opposizione ad ogni forma, anche la più blanda, di relazione tra Esercito, FF.OO e scuole.
CONTRO LA VIOLENZA DI STATO, LE SCUOLE RIMANGANO PRESIDI DI PACE.
L'articolo SCUOLA DI POLIZIA proviene da Potere al Popolo.
Nel 1919, Winston Churchill scrisse: “Sono fortemente favorevole all’uso di gas velenoso contro le tribù inciviliâ€. Churchill, all’epoca alle prese con la ribellione curda nel nord dell’Iraq in qualità di Segretario di Stato britannico per la guerra e l’aviazione, sosteneva che l’uso del gas “diffonderebbe un vivace terrore e tuttavia non lascerebbe gravi effetti permanenti sulla maggior parte delle persone colpiteâ€.
La guerra del gas era stata impiegata per la prima volta dalla Francia nell’agosto 1914 (durante la Prima Guerra Mondiale) con l’uso di gas lacrimogeni, seguita dalla Germania con l’uso del cloro nell’aprile 1915 e del fosgene (che penetra nei polmoni e provoca il soffocamento) nel dicembre 1915. Nel 1918, l’uomo che sviluppò l’uso del cloro e del fosgene come armi, il dottor Fritz Haber (1868-1934), vinse il premio Nobel per la chimica. È tristemente noto che Haber sviluppò anche gli insetticidi con acido cianidrico Zyklon A e Zyklon B, quest’ultimo utilizzato per uccidere sei milioni di ebrei durante l’Olocausto, compresi alcuni membri della sua famiglia. Nel 1925, il Protocollo di Ginevra proibì “l’uso in guerra di gas asfissianti, velenosi o di altro tipo e di metodi di guerra batteriologiciâ€, smentendo l’affermazione di Churchill secondo cui tali armi “non lasciano effetti permanenti gravi sulla maggior parte delle persone colpiteâ€. La sua valutazione non era altro che propaganda di guerra che non tiene conto della vita di popoli come le “tribù incivili†contro cui questi gas venivano impiegati. Come scrisse un anonimo soldato indiano in una lettera che mandò a casa nel 1915, mentre arrancava nel fango e nei gas delle trincee europee: “Non pensate che questa sia una guerra. Non è una guerra. È la fine del mondoâ€.
All’indomani della guerra, Virginia Woolf scrisse nel suo romanzo La signora Dalloway di un ex soldato che, sopraffatto dalla paura, disse: “Il mondo vacillava e fremeva e minacciava di bruciareâ€. Questo sentimento non vale solo per il disturbo da stress post-traumatico di questo ex soldato: è quello che provano quasi tutti, assediati dalla paura di un mondo inghiottito dalle fiamme senza poter fare nulla per evitarlo.
Queste parole risuonano oggi con le provocazioni della NATO in Ucraina che mettono sul tavolo la possibilità di un inverno nucleare e con gli Stati Uniti e Israele che continuano a commettere un genocidio contro il popolo palestinese – mentre il mondo guarda con orrore. Ricordando queste parole oggi ci si chiede: possiamo svegliarci da questo incubo lungo un secolo, stropicciarci gli occhi e renderci conto che la vita può continuare senza guerre? Questa meraviglia nasce da un impulso di speranza, non da un’evidenza reale. Siamo stanchi di carneficine e morte. Vogliamo la fine definitiva della guerra.
Al sedicesimo vertice di ottobre, i nove membri dei BRICS hanno rilasciato la Dichiarazione di Kazan, in cui hanno espresso preoccupazione per “l’aumento della violenza†e “i continui conflitti armati in diverse parti del mondoâ€. La conclusione: il dialogo è meglio della guerra. Il tenore di questa dichiarazione riecheggia i negoziati del 1961 tra John McCloy, consigliere per il controllo degli armamenti del presidente americano John F. Kennedy, e Valerian A. Zorin, ambasciatore sovietico alle Nazioni Unite. Gli accordi McCloy-Zorin sui principi concordati per il disarmo generale e completo contenevano due punti importanti: primo, che ci sarebbe dovuto essere un “disarmo generale e completo†e, secondo, che la guerra non sarebbe più dovuta essere “uno strumento per risolvere i problemi internazionaliâ€. Nulla di tutto ciò è oggi all’ordine del giorno, poiché il Nord globale, con gli Stati Uniti alla guida, sputa fuoco come un drago arrabbiato, non volendo negoziare con l’avversario in buona fede. L’arroganza che si è instaurata dopo il crollo dell’Unione Sovietica nel 1991 rimane. Durante la sua conferenza stampa a Kazan, il presidente russo Vladimir Putin ha dichiarato a Steve Rosenberg della BBC che i leader del Nord globale “cercano sempre di metterci [noi russi] al nostro posto†durante i loro incontri e di ridurre “la Russia a uno Stato di serie Bâ€. È questo atteggiamento di superiorità che caratterizza le relazioni del Nord con il Sud. Il mondo vuole la pace, e per la pace ci devono essere negoziati in buona fede e in condizioni di parità .
La pace può essere intesa in due modi diversi: o come pace passiva, o come pace attiva. La pace passiva è quella che esiste quando c’è una relativa assenza di guerre in corso, ma i Paesi del mondo continuano a sviluppare i loro arsenali militari. Le spese militari superano ormai i bilanci di molti Paesi: anche quando non si spara, si continuano ad acquistare armi. Questa è una pace di tipo passivo.
La pace attiva è una pace in cui la preziosa ricchezza della società è destinata a porre fine ai dilemmi dell’umanità . Una pace attiva non è solo la fine degli spari e delle spese militari, ma anche un drastico aumento della spesa sociale per porre fine a problemi come la povertà , la fame, l’analfabetismo e la disperazione. Lo sviluppo – in altre parole, il superamento dei problemi sociali che l’umanità ha ereditato dal passato e riproduce nel presente – si basa su una condizione di pace attiva. La ricchezza, prodotta dalla società , non deve arricchire le tasche dei ricchi e alimentare i motori della guerra, ma riempire le pance delle persone.
Vogliamo un cessate il fuoco, certo, ma vogliamo di più. Vogliamo un mondo di pace attiva e di sviluppo.
Vogliamo un mondo in cui i nostri nipoti debbano andare in un museo per vedere com’era fatta un’arma.
Nel 1968, la poetessa comunista statunitense Muriel Rukeyser scrisse “Poema (Ho vissuto nel primo secolo di guerre mondiali)â€. Ricordo spesso la frase sui giornali che pubblicano “storie imprecisi†e le riflessioni della Rukeyser sulla possibilità o meno di risvegliarci dalla nostra amnesia:
Ho vissuto nel primo secolo di guerre mondiali.
La maggior parte delle mattine ero più o meno folle,
I giornali arrivavano con le loro storie imprecise,
Le notizie uscivano da vari apparecchi
Interrotti da tentativi di vendere prodotti a chi non si vede.
Chiamavo i miei amici su altri dispositivi;
Erano più o meno arrabbiati per motivi simili.
Lentamente prendevo carta e penna,
scrivevo le mie poesie per gli altri non visti e non nati.
Nel corso della giornata mi tornavano in mente quegli uomini e quelle donne,
coraggiosi, che stabilivano contatti attraverso vaste distanze,
consideravano un modo di vivere senza nome, di valori quasi inimmaginabili.
Mentre le luci si oscuravano, mentre le luci della notte si accendevano,
cercavamo di immaginarli, di trovarci l’un l’altro,
di costruire la pace, di fare l’amore, di riconciliarci con la vita.
La veglia con il sonno, noi stessi con l’altro,
noi stessi con noi stessi. Cercavamo con ogni mezzo
di raggiungere i limiti di noi stessi, per andare oltre noi stessi,
di lasciare andare i mezzi, di svegliarci.
Ho vissuto nel primo secolo di queste guerre.
Si può andare oltre se stessi?
Con affetto,
Vijay
*Traduzione della quarantatreeisma newsletter (2024) di Tricontinental: Institute for Social Research.
Come Potere al Popolo traduciamo la newsletter prodotta da Tricontinental: Institute for Social Research perché pensiamo affronti temi spesso dimenticati da media e organizzazioni nostrane e perché offre sempre un punto di vista interessante e inusuale per ciò che si legge solitamente in Italia. Questo non significa che le opinioni espresse rispecchino necessariamente le posizioni di Potere al Popolo. A volte accade, altre volte no. Ma crediamo sia comunque importante offrire un punto di vista che spesso manca nel panorama italiano.
L'articolo UN MONDO IN CUI I NOSTRI NIPOTI ANDRANNO AL MUSEO PER VEDERE UN’ARMA proviene da Potere al Popolo.
Il mondo della scuola e dell’università affrontano da anni difficoltà pervasive a tutti i livelli: stipendi bassi mai adeguati all’inflazione nonostante i rinnovi tardivi, precariato e conseguente frammentazione delle rivendicazioni, aziendalizzazione del settore e relativa competizione tra lavoratori, riduzione di spazi di democrazia e libertà sempre più marginali.
Le condizioni in cui versano scuola e università sono il risultato dell’intervento di governi che, di ogni colore, hanno smantellato il settore pubblico dell’istruzione – dalla riforma Moratti a quella di Bianchi passando per la Buona Scuola di Renzi. Oggi, Valditara sigla provvedimenti che sono la conseguenza spontanea di un processo lungo vent’anni.
Mentre:
– si taglia il turn over del 25% in tutte le amministrazioni pubbliche in particolare all’Università , alla ricerca e all’Alta formazione artistica e musicale;
– si taglia 5.660 docenti dell’organico dell’autonomia e 2.174 unità di personale Ata, in meno;
– si aumentano le spese militari;
– si procede con l’autonomia differenziata che aumenterà le forti diseguaglianze già presenti nel nostro Paese;
– si colpisce il dissenso con il DDL “sicurezzaâ€, reprimendo il diritto a manifestare e atomizzando sempre di più la società ;
Noi scendiamo in piazza per:
– assunzioni straordinarie su tutti i posti effettivamente vacanti e per le classi di concorso le cui graduatorie sono effettivamente esaurite, contro il sistema delle supplenze endemiche, le ingiustizie dell’algoritmo, e i ritardi nei pagamenti delle supplenze brevi;
– corsi di abilitazione e specializzazione gestiti dal sistema pubblico e realmente formativi, contro la compra-vendita dei titoli;
– adeguamento contrattuale all’inflazione per tutto il personale pubblico, stabile e precario;
– eliminare i tagli degli organici nella scuola e nelle università ;
– per una scuola democratica, responsabile e capace di annullare le diseguaglianze sociali: contro l’autonomia differenziata, le nuove linee guida dell’educazione civica ispirate all’individualismo, alla centralità del profitto, l’utilizzo del voto in condotta come strumento punitivo, per il diritto a manifestare e a occupare gli spazi democratici.
L'articolo IL 31 OTTOBRE È SCIOPERO GENERALE! proviene da Potere al Popolo.
L’accordo del governo Meloni con Edi Rama fa breccia anche tra i popolari ed alcuni socialdemocratici europei. Per contrastare queste politiche l’unica strada è la costruzione di un progetto comune collettivo. E intanto Il tribunale di Bologna ha rinviato alla Corte di giustizia europea il decreto “Paesi sicuri”.
Ad agosto 2023 Giorgia Meloni, la presidente del Consiglio italiano, trascorre le vacanze in Albania, ospite del presidente Edi Rama, membro “associato†della famiglia del Partito socialista europeo, di cui sono parte anche il Pd di Elly Schlein e il Psoe di Pedro Sánchez.
Galeotta fu la vacanza. È lì, infatti, che si gettano le basi per raggiungere un accordo che sarà poi siglato il 6 novembre 2023.
Meloni e Rama firmano un protocollo che prevede la costruzione a Gjader e Shengjin, nel Nord dell’Albania al confine con il Montenegro, di centri a giurisdizione italiana in cui deportare i migranti dall’Italia.
A Gjader il progetto prevede la costruzione di un centro per il trattenimento dei richiedenti asilo da 880 posti, di un Centro di permanenza per il rimpatrio (Cpr) da 144 posti e di una prigione da 20 posti.
Costo stimato: almeno 670 milioni di euro in cinque anni. Pagati con i proventi delle tasse dei lavoratori e delle lavoratrici italiane.
A un anno di distanza, in occasione del traguardo dei due anni di governo, Giorgia Meloni può vantare di aver trasformato quel protocollo in realtà (sebbene con sei mesi di ritardo sulla tabella di marcia) e, soprattutto, di aver individuato «una nuova rotta rispetto alle politiche sull’immigrazione» (Il Tempo, 22 ottobre 2024).
I due centri sono stati aperti martedì 15 ottobre 2024.
A “inaugurarliâ€, un “carico residuale†– così li definì il Ministro degli Interni Piantedosi il 5 novembre 2022 durante una conferenza stampa presso la Prefettura di Milano – di 16 migranti.
Trasportati dalla nave Libra, pattugliatore della Marina militare italiana, dopo due giorni di navigazione arrivano in Albania. Sei provengono dall’Egitto, dieci dal Bangladesh. Tutti maschi, come da accordi tra Roma e Tirana (migranti maschi, non vulnerabili, provenienti da Paesi sicuri); soccorsi al largo di Lampedusa mentre erano a bordo di due imbarcazioni di fortuna salpate da Sabratha e Zuara, entrambe in Libia.
Costo stimato della traversata per l’Albania: tra i 250mila e i 290mila euro, circa 18mila euro a migrante. Una bella spesa per chi da anni lamenta che l’Italia “spreca†troppi soldi per il salvataggio e l’accoglienza delle persone migranti.
Per un’operazione che sa di “spot elettoraleâ€. La pubblicità è l’anima del commercio ma, evidentemente, anche della politica.
Ad accogliere la Libra al porto di Shengjin ci sono anche attivisti che denunciano l’accordo tra Italia e Albania: “The European dream ends hereâ€, si legge sullo striscione, mentre su uno stendardo sono ritratti Edi Rama e Giorgia Meloni vestiti da guardie carcerarie. «La crisi dei migranti non è una crisi che si risolve a scapito di altri popoli», spiegano alla stampa presente.
La contestazione è solo il primo degli intoppi che emergeranno in rapida successione.
Nemmeno il tempo di sbarcare e dei sedici migranti ben quattro devono fare immediato rientro in Italia: due, infatti, risultano minorenni e altri due presentano problemi di salute.
Il vero colpo, però, il governo Meloni lo riceve venerdì 18 ottobre: il Tribunale di Roma decide di non convalidare il trattenimento dei 16, perché provenienti da Paesi considerati “non sicuriâ€, vale a dire Egitto e Bangladesh. Per produrre la decisione, applica una sentenza del 4 ottobre 2024 con cui la Corte di giustizia europea stabilisce che per essere considerato “sicuro†un Paese dev’esserlo in tutto il suo territorio e per tutte le persone che ci vivono. Criteri che il Tribunale di Roma non ha riscontrato né per il Bangladesh né per l’Egitto – dal quale, tra l’altro, l’Italia attende ancora sia fatta luce e giustizia per l’omicidio del ricercatore Giulio Regeni, presumibilmente assassinato dagli apparati di sicurezza del Cairo nel 2016.
Di più: secondo la Corte di giustizia europea, che un Paese sia sicuro dev’essere verificato dal giudice per ogni specifica situazione, non potendo esser considerata sufficiente la compilazione di una lista di Paesi sicuri da parte di uno Stato.
La reazione di Meloni & Co. è furibonda e si dispiega tanto nel campo discorsivo quanto in quello normativo.
Fratelli d’Italia, il partito della presidente del Consiglio, pubblica su X un post indignato. «Assurdo! Il tribunale non convalida il trattenimento dei migranti in Albania. In aiuto della sinistra parlamentare arriva quella giudiziaria» – si legge sulla grafica, accompagnata da un testo ancor più duro: «Alcuni magistrati politicizzati hanno deciso che non esistono Paesi sicuri di provenienza: impossibile trattenere chi entra illegalmente, vietato rimpatriare i clandestini. Vorrebbero abolire i confini dell’Italia, non lo permetteremo».
Salvini, impegnato quello stesso venerdì 18 nel processo di Palermo in cui rischia fino a 6 anni di carcere per aver sequestrato i 147 migranti a bordo della Open Arms quand’era ministro degli Interni, ai tempi del governo M5s-Lega, non è da meno e scrive: «Se diciamo che non possiamo espellere nessuno, se qualcuno di questi dodici clandestini portati in Albania domani commettesse un reato, rapinasse, stuprasse, uccidesse qualcuno, chi ne paga le conseguenze? Il magistrato che li ha riportati in Italia?».
Il potere mediatico dell’ultradestra è perfettamente allineato. Sabato 19 ottobre le prime pagine dei quotidiani nelle mani del parlamentare leghista e grande ras della sanità privata Angelucci suonano la carica: “Il blitz di giudici e sinistra. L’Italia riaperta ai clandestini†(Il Giornale); “Il golpe giudiziario. I giudici aboliscono i confini†(Libero).
In Tv il copione è lo stesso. Non solo sulle reti Mediaset della famiglia Berlusconi, dove lunedì 21 ottobre viene trasmessa un’intervista a Salvini nel talk show di prima serata Quarta Repubblica. Anche sulla Tv pubblica, in Rai. Sabato 19 ottobre, infatti, il Tg1, il principale telegiornale del Paese, lascia ampio spazio a un’intervista al vice-premier e capo della Lega che può affermare, senza contraddittorio, che «una piccola parte dei magistrati in Italia fa politica, usa il tribunale come un centro sociale».
L’ultradestra di Meloni e Salvini, insomma, sembra impegnata in una nuova crociata contro i giudici, accusati di essere “toghe rosseâ€, come ai tempi del berlusconismo.
In un’intervista a Repubblica, il presidente del Senato La Russa, che si vanta dei busti di Mussolini che custodisce a casa, avanza la necessità di cambiare la Costituzione per avere «maggiore chiarezza nel rapporto tra politica e magistratura».
Nel mirino, dunque, lo stesso equilibrio tra i poteri.
In campo normativo, Meloni & Co. conducono una battaglia lampo. Il Consiglio dei ministri riunito lunedì 21 ottobre predispone un disegno legislativo che contiene la lista di ben 19 Paesi “sicuriâ€: Albania, Capo Verde, Bangladesh, Costa d’Avorio, Algeria, Bosnia-Herzegovina, Egitto, Perù, Gambia, Georgia, Ghana, Kosovo, Macedonia del Nord, Marocco, Senegal, Montenegro, Serbia, Sri Lanka e Tunisia.
Spariscono tre Paesi prima presenti (Camerun, Colombia e Nigeria). La lista sarà aggiornata annualmente, secondo quanto riferito dal Sottosegretario Mantovano (Il 29 ottobre il Tribunale di Bologna ha rinviato alla Corte di Giustizia europea il decreto del governo sui Paesi sicuri Ndr).
Il governo Meloni agisce così direttamente sul piano della legge. La ratio emerge dalle parole del ministro della Giustizia Nordio: «nel momento in cui un elenco di Paesi sicuri viene inserito in una legge, il giudice non può disapplicare la legge».
Il tutto in attesa che nel 2026 entri in vigore il Patto per la migrazione, firmato ad aprile 2024, che sostituirà la direttiva del 2013 su cui oggi si fonda la definizione di Paese sicuro. Con il nuovo Regolamento per la procedura d’asilo, si allargheranno le maglie di ciò che è considerato “sicuroâ€: «La designazione di un Paese terzo come Paese d’origine sicuro a livello sia dell’Ue che nazionale può essere effettuata con eccezioni per determinate parti del suo territorio o categorie di persone chiaramente identificabili». In sintesi, le sentenze della Corte di giustizia europea del 4 ottobre e quello del Tribunale di Roma del 18 ottobre non potrebbero più sussistere.
Sbaglieremmo a inquadrare l’accordo Italia-Albania e i suoi successivi risvolti semplicemente come una storia italiana. Non solo perché il quadro normativo è quello europeo.
Ma perché è davvero il terreno di sperimentazione di nuove politiche contro i migranti.
In prima fila Ursula Von der Leyen. La presidentessa della Commissione Europea, in vista del Consiglio Europeo del 17 e 18 ottobre 2024, invia una lettera in cui ribadisce che: «Dovremmo anche continuare a esplorare possibili strade da percorrere riguardo all’idea di sviluppare centri di rimpatrio al di fuori dell’Unione Europea, soprattutto in vista di una nuova proposta legislativa sui rimpatri. Con l’avvio delle operazioni previste dal protocollo Italia-Albania, saremo anche in grado di trarre lezioni pratiche».
Il vertice delle istituzioni europee legittima il patto Italia-Albania e considera il governo Meloni la necessaria nave rompighiaccio che possa aprire la strada ad altre imbarcazioni.
L’ultradestra europea è subito in coda.
Geert Wilders, leader del PVV olandese, vincitore delle ultime elezioni e oggi al governo: «L’Italia sta mandando persone in Albania: per noi è un buon modello, un buon esempio. In Olanda stiamo pensando di fare una cosa simile in Uganda».
L’ungherese Viktor Orban usa lo stesso concetto: «L’hub per in migranti in Albania è un buon modello, congratulazioni».
Ma non sono solo i “Patrioti per l’Europa†a essere entusiasti.
Si sommano alcuni importanti membri del Partito popolare europeo. A partire da quel governo austriaco che parla addirittura di un’Italia che “mostra come innovareâ€. Spiegando: «raccoglie il consenso del Ppe […]. Mi sembra che sia una iniziativa innovativa, che viene seguita con grande interesse».
Sorprendentemente per chi continua a considerarli alternativa alle destre, l’accordo Italia-Albania piace anche ad alcuni socialdemocratici.
La premier danese Mette Frederiksen ha chiesto «nuove soluzioni», sostenendo che «potrebbe essere la cooperazione che esiste ora tra Italia e Albania».
Il laburista britannico Starmer, arrivato a settembre in visita a Roma, dopo aver elogiato il Governo Meloni per i «progressi notevoli» in tema di migranti irregolari, aveva affermato di seguire il protocollo «con molta attenzione».
E se oggi il premier tedesco Olaf Scholz si mostra tiepido («concetti che possono assorbire pochissime piccole gocce, se si guardano i numeri, non sono realmente la soluzione per un Paese grande come la Germania»), è pur vero che fino non troppo tempo fa aveva aperto più di una porta al modello italiano.
Il terreno della “questione migranti†è il principale terreno su cui si dispiega l’egemonia dell’ultradestra, capace di trascinare a sé non solo le destre tradizionali, ma sempre più ampi settori della tradizionale socialdemocrazia e anche di pezzi di vecchia e nuova sinistra.
Si tratta di una delle più pesanti disfatte ideologiche dei “progressistiâ€, che hanno fatto propria buona parte dell’armamentario ideologico di Orban, Meloni, Le Pen, Abascal: dalla cornice “sicurezza†sotto cui inquadrare il tema migranti, passando per la sacra difesa dei confini, arrivando alla politica di esternalizzazione delle frontiere. Fino a poco tempo fa pronunciata da pochi solo sottovoce, oggi diventa politica ufficiale di uno dei principali governi europei ed esempio per tutto il resto dell’Unione.
Inseguire l’ultradestra non permette una vittoria, come pure suggerivano e continuano a suggerire famosi spin doctor. L’effetto che si produce è il disarmo ideologico, premessa di ogni sconfitta.
Non basta, allo stesso tempo, rimanere su posizioni di mera difesa dei diritti umani.
La questione non è trattare i migranti come esseri umani (anche se per nulla scontato con personaggi come Salvini che, di fronte a un ragazzo maliano ucciso da un poliziotto che stava aggredendo, arriva a scrivere «non ci mancherà », ma smetterla di considerarli “altro da sé†e trovare le forme, culturali e materiali, di costruzione comune di un progetto di trasformazione fondato su quel soggetto collettivo già oggi composto da autoctoni e migranti.
Questo articolo di Giuliano Granato (portavoce di Potere al Popolo!) è stato pubblicato da LEFT in collaborazione con Canal Red, fondato e diretto da Pablo Iglesias
In foto: la presidente del Consiglio Giorgia Meloni, il ministro dell’Interno Piantedosi e il presidente Edi Rama, Gjader, 5 giugno 2024
L'articolo DEPORTAZIONE DEI MIGRANTI IN ALBANIA, LA POLITICA DISUMANA CHE PIACE ALLE DESTRE EUROPEE (E NON SOLO) proviene da Potere al Popolo.
Dall’università del Molise parte un appello, già firmato da oltre 200 intellettuali, che invita tutti a disertare l’inaugurazione dell’anno accademico inaugurato il 30 ottobre dal ministro Piantedosi.
L’università dovrebbe essere un mondo libero. L’istruzione e la formazione, come la ricerca, dovrebbero sempre essere ispirate dal pensiero critico, aperte alla pluralità delle idee e al dissenso, orientate al cambiamento e alla costruzione di un mondo migliore. Lo dice anche la Costituzione italiana: “L’arte e la scienza sono libere e libero ne è l’insegnamento… Le istituzioni di alta cultura, università ed accademie, hanno il diritto di darsi ordinamenti autonomi†(art. 33). Allo stesso modo, la nostra Costituzione afferma il diritto di ciascun individuo di manifestare le proprie idee, considerando ciò una condizione essenziale per lo sviluppo di una comunità democratica.: “Tutti hanno diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione†(art. 21),
Occorre ricordarlo, oggi più che mai, perché non sempre i docenti e i ricercatori sono liberi di agire e di dissentire, di criticare i valori imperanti e di ribellarsi alle tendenze centralistiche e autoritarie attualmente in atto, che minano alle radici l’autonomia universitaria e la libertà d’insegnamento. Da anni ormai, le politiche dirigiste che si condensano nell’attività dell’Anvur, la faraonica e autoreferenziale Agenzia nazionale di valutazione del sistema universitario e della ricerca che ha finito per creare sistema rigido, burocratizzato, con regole di governance che non lasciano spazio alla sana autonomia gestionale e l’utilizzo spesso improprio di concetti come “merito†e “eccellenzaâ€, tendente alla concentrazione delle strutture di didattica e di ricerca in pochi e affollati poli o aree.
Così si mina il diritto allo studio e l’uguaglianza tra tutti i cittadini italiani; si concentrano le risorse nelle aree centrali penalizzando le regioni periferiche, si penalizzano drasticamente le università del Mezzogiorno e le discipline umanistiche che tanta importanza hanno nella formazione dei giovani.
A questa linea, ormai di lungo periodo, si aggiungono ora la proposta del ministro Bernini di istituire nuove figure pre-ruolo, che incrementerebbe il già esteso precariato, e il taglio di oltre 500 milioni di euro al Fondo di Finanziamento delle Università , per non parlare del moltiplicarsi degli atenei telematici nell’ottica di una progressiva privatizzazione del sapere.
Il restringimento degli spazi di libertà e di autonomia nell’Università fa il paio con il disegno governativo autoritario e repressivo che riguarda l’intera società e di cui è espressione il disegno di legge 1660, cosiddetto “Sicurezzaâ€. La saldatura di questo binomio tra attacco al sapere critico e regimentazione sociale comincia ad essere esplicita e preoccupante, non solo nei comportamenti effettivi di repressione del dissenso e di delegittimazione dei conflitti aperti nella società e sul territorio (lavoro, casa, ambiente…), ma anche nei rituali delle istituzioni politiche e accademiche. L’Università del Molise ha invitato ad intervenire alla cerimonia di inaugurazione dell’anno accademico, che si tiene a Campobasso il 30 ottobre, il ministro dell’Interno Matteo Piantadosi. Chi si è chiesto cosa c’entra il ministro dell’Interno con l’Università ? L’Università dovrebbe essere la sede privilegiata della libertà di formazione e ricerca, la fucina del pensiero critico e non un problema di ordine pubblico, né uno spazio da normalizzare.
Si tratta di una situazione generale che richiede una ampia e immediata mobilitazione in tutto il Paese, che chiama ad una responsabilità civile, ancor prima che politica, gli stessi partiti democratici, le forze sindacali e tutte le organizzazioni rappresentative dei lavoratori e dei cittadini e gelose della democrazia a suo tempo faticosamente conquistata.
Proprio dal Molise, nella cui Università dovrebbe mettere piede il ministro dell’Interno, è partito un appello, già firmato da oltre 200 tra intellettuali, docenti, rappresentanti della società civile e tante personalità di rilievo del mondo della cultura e delle professioni, con un obiettivo principale: invitare i professori, gli studenti i rappresentati istituzionali, politici, sindacali e del mondo dell’associazionismo e del volontariato a disertare l’inaugurazione dell’anno accademico alla presenza di Piantedosi, come atto visibile e concreto contro le politiche repressive che il governo Meloni sta mettendo in essere. All’appello ha fatto eco un documento del movimento studentesco “Dal Bassoâ€, inviato ai docenti e dirigenti Unimol, nel quale si afferma che l’università deve restare libera e si ribadisce l’invito a disertare la cerimonia di inaugurazione. Anche la FLC, il sindacato CGIL dei lavoratori della conoscenza, con un documento ha fatto sapere che, pur essendo invitata, non parteciperà all’inaugurazione dell’anno accademico dell’Ateneo molisano: “Noi non ci saremoâ€, hanno scritto la Camera del Lavoro e la FLC-Molise.
L’attività del Ministro Piantedosi – si legge nell’appello dei 200 – in questi due anni di Governo è stata tutta rivolta alla repressione e alla criminalizzazione del dissenso e della solidarietà . Piantedosi è il ministro del DDL sicurezza 1660 che inasprisce la repressione e le pene per chi dissente, è il ministro che definì “carichi residuali†gli esseri umani morti a Cutro, venendo meno ai principi costituzionali di uguaglianza e di dignità della persona umana. Sembra un paradosso dover ricordare la Costituzione ai ministri che su di essa hanno giurato e che dovrebbero essere i primi ad applicarla e rispettarla.
Tra i primi firmatari dell’appello figurano docenti universitari di diversi Atenei (Molise, Bologna, Firenze, Cassino, Pisa, IUAV Venezia, ecc.). Tra questi Rossano Pazzagli, Adriano Prosperi, Enzo Scandurra, Pietro Bevilacqua, Anna Marson , Alberto Ziparo, Pasquale Beneduce, Ilaria Agostini, Daniela Poli, Pino Ippolito Arminio, l’ideatore di Cammina Molise Giovanni Germano, il giurista Giovanni Russo Spena, il segretario nazionale di FLAI-CGIL Giovanni Mininni, il presidente di Antigone Molise Vincenzo Boncristiano, il coordinatore dell’Osservatorio Repressione Italo Di Sabato, l’assessore alla cultura del Comune di Campobasso Adele Fraracci, i consiglieri regionali del Pd Vittorino Facciolla e Alessandra Salvatore, gli ex consiglieri regionali Nella Astore, Pasquale Di Lena, Domenico Di Lisa, Michele Giambarba, Michele Petraroia, il direttore della rivista “La Fonte†don Antonio Di Lalla, l’artista CROMA. L’appello integrale è disponibile sul sito www.osservatoriorepressione.info
Sarebbe importante che la scintilla accesasi nel piccolo Molise attecchisse nel resto del Paese e la mobilitazione si estendesse a macchia d’olio perché, nelle circostanze date, la costruzione di un mondo migliore può passare solo attraverso la difesa degli spazi di libertà , dei diritti fondamentali e del rispetto del pluralismo, del dissenso e delle lotte sociali che sempre nella storia, insieme al sapere, hanno costituito la principale molla di avanzamento civile e morale.
L’autore: Rossano Pazzagli è docente all’Università del Molise e fa parte della rete di studiosi dell’Officina dei saperi
Fonte: Left
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Perché è importante scioperare compatti il 31 Ottobre?
Il Pubblico Impiego si trova ad affrontare le fasi finali di un processo di smantellamento che dura da almeno 20 anni, portato avanti da Governi di entrambi gli schieramenti.
Che cosa abbiamo vissuto?
Definanziamento, blocco delle assunzioni, riduzione degli organici, congelamento degli stipendi e delle carriere, aumento delle mansioni e del carico di lavoro, precarizzazione dei rapporti lavorativi.
Nessun settore è stato escluso: scuola, sanità , ricerca, funzioni centrali ed enti locali, tutti sotto la mannaia dei tagli.
La percentuale di impiegati pubblici sul totale dei lavoratori inferiore di 4-5 punti alla media OCSE: siamo intorno al 14% contro, ad esempio, il 20% della Francia. Gli stipendi sono al palo e la prevista riduzione del cuneo in manovra consentirà di rallentare ancora i rinnovi salariali, a spese della collettività !
L’aumento delle inefficienze e disfunzioni è conseguenza di tutto questo, e non del fatto che saremmo fannulloni, pigri, incompetenti come vuole una campagna denigratoria in corso da decenni!
Il pubblico impiego è l’ossatura di un Paese; la nostra si sta fratturando in più punti.
BASTA! SCIOPERIAMO PER RIVENDICARE:
•RINNOVI CONTRATTUALI PER TUTTI I SETTORI PER RECUPERARE IL POTERE D’ACQUISTO E RENDERE ATTRATTIVO L’IMPIEGO PUBBLICO
• STABILIZZAZIONE DEI RAPPORTI DI LAVORO
• NUOVE ASSUNZIONI PER PORTARCI AL LIVELLO MEDIO EUROPEO
• INVESTIMENTI CONSISTENTI IN TUTTI I SETTORI PER EVITARE IL COLLASSO
Il futuro del nostro Paese dipende da noi: non restiamo a guardare!
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