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News conflittiestrategie.it

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#conflitti #strategie

analisi di fase attualità

¡Ay! La Italia vasalla,traducción Carlos X Blanco

Tenemos la sensación de que la guerra en Ucrania se acerca a su fin, aunque nada se resolverá realmente porque hemos entrado en una larga fase geopolítica en la que se acumulan problemas críticos que solo un conflicto global puede solucionar. El frente de Kiev se resiente, a pesar de las armas y la financiación occidentales; parece que el momento decisivo está cerca. Un país devastado permanece en manos de una satrapía sedienta de sangre que, en nuestra región, paradójicamente se denomina “bastión de la democracia”. En cierto sentido, todo es muy coherente: la llamada democracia es ahora lo más corrupto y degenerado que representa Occidente

Continua


Articolo del Sat, 08 Nov 2025 19:04:44 +0000
a cura di G. P.

analisi di fase attualità

Ahi serva Italia

Abbiamo la sensazione che la guerra in Ucraina stia per giungere al suo epilogo, benché nulla sarà davvero risolto perché siamo entrati in una lunga fase geopolitica in cui si affastellano criticità che solo un conflitto globale potrà sistemare. La tenuta del fronte scricchiola per Kiev, nonostante armi e finanziamenti occidentali, sembra che si stia per arrivare al dunque. Un Paese devastato resta nelle mani di una satrapia di sanguinari che, dalle nostre parti, viene paradossalmente definita “avamposto della democraziaâ€. In un certo senso è tutto molto coerente, la cosiddetta democrazia è ormai quanto di più corrotto e degenerato rappresenti l’Occidente.
Il piano inclinato su cui siamo scivolati trascina con sé l’intera impalcatura ideologica dell’Occidente, che rotolando lungo la storia va a sbattere contro la realtà. Siamo stati complici e ispiratori della guerra contro la Russia, combattuta per procura attraverso l’Ucraina, ma ora che tutto crolla iniziamo a negare e a nascondere la mano, scaricando su russi e ucraini ogni responsabilità.
Gli ucraini ci hanno messo la carne da macello, ma i macellai siamo stati noi. E oggi, con ipocrisia, fingiamo di essere terzi in un conflitto che abbiamo ispirato, finanziato, armato e combattuto con personale specialistico, pretendendo ora perfino di distribuire patenti di sanguinarietà agli altri. Abbiamo diffuso una propaganda di basso conio, tanto ossessiva da aver finito per crederci noi stessi. Altro sintomo di una inarrestabile decadenza intellettuale e psicologica.
In Italia, poi, abbiamo toccato vertici di imbecillità ineguagliabili, parlamentari ed europarlamentari che si adoperano per chiudere spettacoli o censurare testi di autori russi, come se la cultura fosse una misura l’infiltrazione del nemico nei nostri ranghi. Piuttosto la cultura ci impedisce di mostrificare il nemico, per questo gli ignoranti guerrafondai la temono, neutralizza la loro becera propaganda da quattro soldi. Finché l’Italia sarà rappresentata da simili buffoni, e da governi che, pur proclamandosi nazionalisti, si piegano ai diktat statunitensi ed europei invece di difendere gli interessi nazionali, questo Paese continuerà a sprofondare nella cloaca della storia. Un elemento dovrebbe essere chiaro, chiunque è stato responsabile di questa sconfitta vergognosa dovrebbe essere tenuto a farsi da parte. Ma essendo degli impuniti non lo faranno perché sono degli irresponsabili di fronte al loro popolo. Una classe dirigente di questo tipo non può che portare alla rovina tutta la nazione.
Ahi serva Italia.


Articolo del Sat, 08 Nov 2025 06:44:48 +0000
a cura di G. P.

analisi teorica e storica

El fin del culto a la superioridad occidental, traducción Carlos X Blanco

El fin del culto a la superioridad occidental

 

El fin del culto a la superioridad occidentalGianni Petrosillo (Conflitti&Strategie)

 

Occidente siempre se ha sentido superior por haber inventado o reinventado la democracia y la religión de la libertad, y por ello se arroga el derecho de exportar estos valores universales, que en realidad son relativos y parciales en todas partes, provocando incluso guerras civiles o bombardeando a quienes se oponen a ellos. En realidad, existen pueblos con historias milenarias en los que no hay cabida para estos valores, los cuales distan mucho de ser universales, siendo el resultado de una reinterpretación estrecha de nuestra cultura que pretende asolar el planeta


Articolo del Sat, 01 Nov 2025 19:04:56 +0000
a cura di G. P.

analisi di fase attualità

La crítica marxista de Carlos X. Blanco a la teoría del Imperio de Gustavo Bueno

La crítica marxista de Carlos X. Blanco a la teoría del Imperio de Gustavo Bueno

Carlos X. Blanco distingue entre imperios absorbentes y aglutinantes desde una perspectiva crítica del materialismo filosófico de Gustavo Bueno, proponiendo una visión más cercana al marxismo y a la idea de imperio como forma de emancipación de los pueblos


Articolo del Sat, 01 Nov 2025 11:32:50 +0000
a cura di G. P.

analisi di fase attualità

La fine del culto della superiorità Occidentale

 

L’Occidente si sente da sempre superiore perché ha inventato o reinventato la democrazia e la religione della libertà, per questo si arroga il diritto di esportare tali valori universali, che sono in verità relativi e parziali ovunque, anche scatenando guerre civili o bombardando chi si oppone. In realtà ci sono popoli con storie millenarie che non sanno che farsene di tali valori, che sono tutt’altro che universali in quanto esito di una stretta reinterpretazione della nostra cultura che si proietta all’assalto del pianeta.
Noi restiamo quasi inorriditi se qualcuno rifiuta libertà e democrazia o tutta quella serqua di diritti spesso inutili e pleonastici che andiamo inventando per moltiplicare cariche e incarichi, eppure non c’è proprio nulla di strano, perché per un altro popolo un valore più alto della libertà, che spesso coincide col più becero arbitrarismo individuale (peraltro sotto forma di teoresi), può consistere nella supremazia del collettivo in una accezione meno egoistica.
Così come la democrazia ridotta alla ritualità di un voto in cui si possono scegliere solo coloro che passano dalla selezione sistemica, altrove avviene attraverso una partecipazione più fattiva che va oltre l’inserimento di un foglio nell’urna a periodi prestabiliti.
Come afferma giustamente Dario Fabbri, l’Occidente pensa di essere il punto di arrivo della civiltà e crede di aver tracciato la via per tutta l’umanità, salvo che l’umanità non può essere ricondotta ad un’unica visione e lo ha dimostrato divenendo sempre più insensibile ai richiami del modello occidentale, che è ormai minoritario nel mondo e sempre meno temuto grazie all’avanzamento militare, economico e sociale di altre formazioni sociali che stanno rinascendo o nascendo, sfidandoci e rintuzzando le nostre sicumere e ubbie universalistiche.
Ciò implica che prima o poi si arriverà a nuovi scontri che ricacceranno l’Occidente sempre più indietro, con una progressiva messa in discussione della sua presunta superiorità anche valoriale.
Anzi, diciamolo una volta per tutte, non esistono valori universali, i valori sono un prodotto, per quanto abbastanza stabili, di convinzioni parziali di un’epoca che non valgono in assoluto e si modificano col cambiamento dei rapporti di forza e dell’evoluzione sociale. Basti vedere come, finché non avevamo avversari nel mondo, ci rintronavano con quello della pace, che oggi invece diventa meno saldo perché bisogna di nuovo prepararsi alla guerra.
Fa dunque ancora più ribrezzo quando qualche cane politico che si sente un vero leader sale su palcoscenici vari e, con la sua supponenza, afferma che oggi la sfida è tra noi, le democrazie buone, e gli altri, le autocrazie cattive. Si tratta sempre di un’autodefinizione e di una autovalutazione che ci diamo per sentirci dalla parte giusta della storia, ma la storia non ha una parte e non è nemmeno giusta, la storia è conflitto, in cui chi vince ha ragione, non la ragione (che non esiste), e chi perde ha torto, almeno fino a che non ricominceranno gli squilibri che rimetteranno immancabilmente tutto in discussione.
Questo è una di quelle intuizioni che hanno la caratteristica delle verità, perché non sono la verità assoluta, ma un riscontro di quello che si è sempre verificato nel corso del percorso storico. La verità insomma non ha mai fatto cambiare idea alla storia.
Inoltre, per mantenere credibile la nostra narrazione secondo cui noi siamo nel giusto e sono gli altri a rompere questi equilibri delicati di permanenza di una specie di tranquillità e giustizia internazionali, dobbiamo sempre rimuovere le nostre malefatte e raccontare la storia dal punto in cui i nostri nemici reagiscono a tali aggressioni del mondo libero.
È quanto sta accadendo nei confronti dei russi, che accusiamo di aver invaso l’Ucraina, rimuovendo tutto quel che abbiamo combinato nel suo estero prossimo e nella sua precedente zona d’influenza dalla caduta dell’URSS. Chiamiamo quei sistemi autocratici o dittatoriali per questioni di propaganda e di legittimazione di noi stessi, che però funzionano sempre meno, perché un Paese che resiste e addirittura recupera forza ha ben altro da dare per convincere i suoi cittadini rispetto alle nostre vacuità verbose, dietro le quali si stagliano le nostre bombe sempre meno efficaci.
Anche in campo scientifico e tecnologico il nostro primato viene eroso, ma non volendolo accettare spargiamo bufale nella nostra opinione pubblica. I russi, che stanno combattendo contro tutto l’Occidente, altro che Ucraina che senza la Nato sarebbe già sparita, venivano dati per finiti e armati malissimo, addirittura rubavano i chip dalle lavatrici, ma ora annunciano e testano missili a propulsione nucleare a noi sconosciuti.
Della Cina sappiamo ancora meno, eccetto che ha smesso di copiarci invadendoci con i suoi prodotti ad alto impatto tecnologico, mentre solo qualche anno fa ci lamentavamo dei loro salotti a basso costo che avevano messo a dura prova il nostro settore del mobile imbottito.
Tra le propagande incrociate (nessun sistema ne è immune( è doveroso interpretare le effettive tendenze in atto, la lotta dei valori è solo la superficie dei problemi, quella che si vede di più ma quella meno decisiva.
Quando vedete qualche politico imbonitore che vi viene a raccontare che in ballo c’è la sopravvivenza della democrazia e della libertà, sapete che quello è il servo sciocco, in palio c’è l’egemonia di forza e poteri che, mutando, modificano anche quei principi che consideriamo acquisiti per sempre.
Nessuno detiene la ragione o la verità, perché esistono tante ragioni e tante verità, ma solo alcune emergeranno e si imporranno con la forza tramite la lotta. E chi si affermerà descriverà sé stesso come giusto e corretto, mentre gli sconfitti saranno trattati alla stregua di mostri. Almeno questo è quello che il nostro Occidente ha fatto finora e non possiamo dubitare che sarà trattato alla stessa maniera dai futuri predominanti, che tuttavia penso prima di giungere a rimbecillirsi del tutto come noi godranno di un lungo periodo di grazia.


Articolo del Sat, 01 Nov 2025 06:37:50 +0000
a cura di G. P.

analisi di fase attualità

Algunas enseñanzas de La Grassa, traducción Carlos X. Blanco

Gianni Petrosillo

Una de las mayores lecciones que nos legó Gianfranco La Grassa fue, sin duda, su antihumanismo con fundamento científico. En su pensamiento, el ser humano no ocupa el centro de un mundo mejor, dotado de cualidades que lo harían superior por naturaleza. No existe un Hombre con mayúscula, aquel que deba encarnar los grandes valores morales, el ser naturalmente bueno que precede a las demás criaturas.
El ser humano, como animal particular, se distingue de otros seres por una naturaleza social específica que nada tiene que ver con categorías como bueno o malo; de hecho, si es posible, puede convertirse en una bestia sin parangón. La diferencia entre el ser humano y las demás bestias reside simplemente en la capacidad de producir un excedente, gracias a una estructura cerebral que le permite pensar, algo que otros animales no pueden. De ese excedente surgen innumerables implicaciones; nace la historia.
Y es este excedente, y la lucha por su apropiación, lo que genera un tipo de sociedad y conflictos totalmente peculiares y desconocidos para el mundo animal. Esta es la característica del hombre: estar dotado de pensamiento, pero jamás alcanzar esas metas imaginadas —la verdad, la razón, la espiritualidad— que no son más que creencias construidas en torno a sus hábitos sociales, características de su existencia física.
El pensamiento de La Grassa forma parte integral de la ciencia política más auténtica, la que se extiende desde Maquiavelo hasta nosotros. ¿Cuántas veces nos dijo que, para comprender la política, pero también disciplinas como la economía, el texto de referencia era «De la guerra» de Clausewitz? ¿Y cuántas veces arremetió contra esos filósofos falsamente marxistas que querían convertir a Marx en un pensador humanista, un teórico de la alienación, o que lo reducían a un «clásico menor» que supuestamente «anticipó la globalización» de forma meramente economicista, previendo la mercantilización de todo, incluso de las conciencias?
La Grassa nos mantuvo alejados de semejantes disparates moralistas y pseudociencias. En cambio, nos invitó a leer e interpretar la lógica del conflicto que impregna la realidad, un conflicto inagotable, históricamente generado por la necesidad de apropiarse del excedente que los seres humanos son capaces de producir y que quienes controlan pueden usar para dominar la sociedad. Naturalmente, esta perspectiva trasciende la mera materialidad de las cosas, pues interpreta las relaciones sociales que surgen de ella.
Qué lejos seguimos estando en la adquisición del pensamiento lagrassiano. Aún hoy, caemos presa de los fraudes y las disputas ideológicas que los verdaderos depredadores y los falsos revolucionarios utilizan para competir por la verdad, engañando moralmente a los dominados. No hay guerras por la verdad ni por la superioridad moral; hay conflictos por la dominación, que surgen de las profundidades de la sociedad porque quienes ostentan el poder se niegan a cederlo y quienes los desafían buscan ocupar su lugar.
Sin embargo, tampoco aquí debemos caer en el moralismo. Si examinamos científicamente estas relaciones conflictivas, vemos que son necesarias no porque existan personas buenas o malas, sino porque cada grupo tiende a afirmar su propia idea de sociedad, que choca con la de los demás. De ahí surgen los conflictos; la realidad es un flujo constante de cambios que alteran continuamente las perspectivas, a pesar de la estabilidad que los seres humanos intentan conferir a sus construcciones históricas.
Aplicando este razonamiento a la actualidad, en lo que a nosotros, como segmento de la sociedad occidental, nos concierne la realidad italiana, donde nuestras clases dirigentes se han convertido en ramas cada vez más serviles de una arrogancia extranjera, en relativo declive, que arrastra a nuestro país hacia la desintegración con tal de preservarse, aunque sea de forma limitada. Estas clases traidoras, especialmente cuando se autoproclaman soberanas o comprometidas con el bien común (o peor aún, comunistas), que ahora solo sobreviven para explotar a su propio pueblo y a su propia nación, deben ser superadas para abrirnos nuevas posibilidades en un escenario histórico en constante cambio.
Estas élites decadentes, con sus nociones obsoletas de democracia, derechos y libertad, nos debilitan como sociedad y agravan nuestra subordinación a un orden decadente. Por lo tanto, deben ser derrotadas y reemplazadas, no porque poseamos la verdad absoluta ni porque les ofrezcamos un mundo mejor, sino porque necesitamos una nueva fuerza capaz de derrocar el viejo orden decadente que nos está destruyendo. Al igual que Marx, no ofrecemos recetas para las tabernas del futuro, pero sabemos que si las cosas continúan así, de este pobre país no quedará ni escombros.

“Sin embargo, incluso en un contexto totalmente distinto, y por tanto sin expectativas revolucionarias, ¿qué pretenden lograr los últimos renacimientos marxistas, que buscan redescubrir al gran pensador —revolucionario en su época, sobre todo con su teoría— como un banal precursor de la «globalización», es decir, de la generalización del mercado, por muy libre que esté de obstáculos? Una tesis, por tanto, complementaria al neoliberalismo, a la «mano invisible» de Smith. Para eso sirven los falsos elogiadores de un pensador ya revolucionario: para embalsamarlo, para hacerle pasar un mal rato, para reducirlo a un «clásico menor». Estamos tratando con reaccionarios de gran calado, no con verdaderos elogiadores de Marx; igual de reaccionarios son aquellos que le hacen descubrir al “Hombreâ€, completamente absorto en la “Cálida Comunidad†de intenciones (y sueños que llenan de alegría a los dominantes, viendo a los falsos oponentes dedicarse a la estupidización de ciertos sectores de la juventud). Y citamos a otros más, dignos compañeros de “Carlos de Inglaterraâ€, quien anuncia el fin del mundo en 99 meses (¡al menos podría haber hecho una cuenta redondeada de 100!), si todos —es decir, los falsos anticapitalistas que engañan a las mentes jóvenes e inexpertas— no se lanzan de cabeza al ecologismo para desviar la atención de los problemas más acuciantes.
Me asombra ver a algunos jóvenes, sin duda generosos e inteligentes, ya arruinados por viejos charlatanes que solo buscan buenos trabajos o quizás simplemente han perdido la cabeza por las decepciones sufridas. Lo que se necesita aquí es una nueva generación que finalmente limpie el viejo arsenal del siglo XX (en realidad, de hace un siglo, en algunos casos, dos); esta última no debe olvidarse, sino utilizarse con absoluta libertad, sin paralizarse por los intocables “monstruos sagrados”; y con sensibilidad hacia la era cambiante. La vieja “lucha de clases”, por favor, al desván y a un rincón apartado. Lo mismo para la Clase Trabajadora. Debe prestarse la máxima atención a la situación geopolítica, al conflicto multipolar que, en mi opinión, caracterizará al menos las próximas dos décadas; no descuidar el conflicto por la redistribución de la renta, con la defensa no solo de los trabajadores asalariados (clase media-baja), sino también de los niveles correspondientes de “autoempleo”. Y debe prestarse especial atención a los sectores —económicos, políticos, culturales— que podrían fomentar una mayor autonomía para el país (y el sistema educativo global) en el que nos encontramos. Sectores que, francamente, me parecen muy débiles hoy, casi invisibles; pero esto no significa que debamos dejar de “buscarlos”, ya que seguimos actuando como portadores subjetivos, que asumimos la responsabilidad incluso de ir contracorriente, con todos los riesgos posibles. de fracasoâ€. (Gianfranco La Grassa)

“Todos los animales realizan el esfuerzo necesario para cumplir su propósito vital, el cual, sin embargo, generalmente debe considerarse solo desde un punto de vista puramente biológico. A lo sumo, todos los animales reservan una cierta cantidad “extra” en una estación determinada para consumirla en otra en la que no obtienen lo que necesitan (por diversas razones). Los seres humanos —según las diferentes especies, de las cuales solo la especie sapiens (y de momento sapiens) ha sobrevivido— producen una cantidad “extra” “absoluta”, una cantidad “extra” que nos permite modificar los regímenes de vida asociados y descubrir constantemente nuevas formas y herramientas para obtener alimento.
Este resultado se logra, obviamente, gracias a un cerebro diferente al de otros animales, un cerebro dotado de lo que podemos definir como pensamiento, razón. Sin embargo, se trata de una forma de comportarse que no está “inmediatamente” dirigida al objetivo de alimentarse y reproducirse mediante la procreación. Existe una creciente capacidad de reflexión sobre la propia acción vital, modificando sus movimientos y organización, obteniendo así, también mediante la transformación adecuada de las herramientas necesarias para este fin, una cantidad “extra”, en resumen. Un «producto excedente», en constante aumento. De ahí la singular historia del ser humano, de carácter evolutivo, es decir, transformadora de las relaciones entre los distintos individuos e incluso de la individualidad de cada uno; y, por tanto, de lo que llamamos pensamiento o razón, o como se prefiera. Todo esto precisamente porque el ser humano, dotado de este particular funcionamiento cerebral, no se contenta (ni puede contentarse) con «comer» únicamente para reproducir su modo de existencia habitual. Al producir el producto excedente, puede pensar cada vez más y aumentarlo; pero también puede idear nuevas formas y herramientas para incrementarlo.
Evidentemente, no nos limitamos a reservarlo en cantidades cada vez mayores, sino que consumimos cantidades crecientes para lo que podríamos llamar la vida cotidiana. Pero todo proceso de este tipo requiere organización, división de tareas y distintas habilidades para las diferentes herramientas utilizadas. Y requiere, nos guste o no, una dirección de los procesos en cuestión. Y las distintas habilidades y, por consiguiente, las distintas capacidades de dirección se diferencian, y, poco a poco, se forman estructuras particulares de relaciones. relaciones interindividuales, relaciones entre grupos sociales, etc. etc. Y la historia evolutiva de estas capacidades humanas, por lo tanto, no está (ni puede estar) separada de la de las estructuras de las relaciones sociales.
Cualquier mejora en lo que llamamos condiciones de vida (que, por lo tanto, aumentan gradualmente en “nivel”) nos obliga, en última instancia, a preguntarnos cuáles son las características del entorno del que obtenemos lo que nos permite vivir, el entorno “natural” en el que estamos inmersos. Debemos comprenderlo para no limitarnos a extraer de él lo que permita una mera reproducción de nuestra existencia sin una verdadera transformación, sin el crecimiento del “producto” para la vida diaria y del “producto excedente”. Así surge el conocimiento del entorno que nos rodea, que solo puede conducir a su mutación (sin la cual ni el “producto” ni el “producto excedente” crecen). Y finalmente, no muy pronto, nace lo que llamamos ciencia. Pero es lógico que no podamos evitar preguntarnos quiénes somos, cómo “emergimos”, moldeados según modalidades específicas. También somos plenamente conscientes de que somos transitorios (primero como individuos; como género y especie, lo veremos a su debido tiempo), y así, todas las reflexiones sobre lo que podría ser “después”, en una “vida después de la muerte” salvadora, etc., cobran vida. No puedo profundizar en esto; no soy filósofo ni escribo sobre este tipo de reflexiones. Tampoco soy psicólogo, por lo que no puedo adentrarme en el conocimiento que busca comprender cómo se «ensamblan» nuestros cerebros, especialmente en nuestras formas de pensar, que a menudo se vuelven introspectivas y producen una serie de consecuencias crecientes y cambiantes.
Debo volver al «producto necesario» —necesario para la reproducción de la vida cotidiana, pero en constante evolución debido a las cambiantes relaciones entre los individuos, en resumen, a lo que llamamos sociedad, sujeta a mutaciones periódicas en forma de relaciones entre diferentes grupos de individuos— y al «producto excedente», indispensable para mejorar las condiciones de vida, para desarrollar el conocimiento y la ciencia, para reflexionar sobre nosotros mismos y nuestro «destino futuro», para transformar las relaciones sociales e incluso para las diversas formas de pensar y conocer; y, por supuesto, para inventar y perfeccionar las herramientas para «producir» (y «producir excedente») cada vez más. Todo esto no puede ocurrir sin la reflexión mencionada sobre todo lo que hacemos y sin un choque constante con el entorno que nos rodea. No podemos dejarla en su “estado natural”, el de antes de la vida animal, pero sobre todo de la vida humana, dotada de pensamiento y por tanto de la capacidad —que se convierte en una necesidad absoluta— de obtener también el “producto excedente”.
Para (intentar) defender verdaderamente el “medio ambiente”, deberíamos eliminar esta especie animal “dañina”, dejando el mundo terrenal a animales incapaces de pensar y de producir un “excedente”. Se necesita un suicidio colectivo, con la esperanza de ir todos juntos al llamado “más allá”, al “otro mundo”, en resumen, a la supuesta y anhelada dimensión espiritual que dura para siempre sin la carga del cuerpo y sus exigencias, tan destructivas para la “naturaleza”; la cual cambia por sí misma sin necesidad de esperar nuestras acciones, las acciones de pigmeos que se creen gigantes, ¡o incluso dioses! Si alguien quiere que lleguemos a este fin, estoy listo; me frotaría las manos al pensar en partir en tan gran compañía: “todos juntos, apasionadamente”. Obviamente, estoy bromeando para burlarme de los ecologistas, los “idiotas” y los de la “economía verde”. En realidad, son personajes de total mala fe que, al influir en una humanidad en decadencia intelectual, ganan mucho dineroâ€. (Gianfranco La Grassa)

https://www.conflittiestrategie.it/qualche-insegnamento-di-la-grassa

Traducción : Carlos X. Blanco


Articolo del Thu, 30 Oct 2025 18:31:22 +0000
a cura di G. P.

analisi di fase attualità

Qualche insegnamento di La Grassa

 

Uno dei più grandi insegnamenti che ci ha lasciato Gianfranco La Grassa è stato, senza dubbio, il suo anti-umanesimo di approccio scientifico. Nel suo pensiero l’uomo non occupa il centro di un mondo migliore, dotato di qualità che lo renderebbero superiore in natura. Non c’è l’Uomo con la U maiuscola, colui che deve incarnare i grandi valori morali, l’essere naturalmente buono che viene prima delle altre creature.
L’uomo, in quanto animale particolare, si è distinto dagli altri esseri per una specifica natura sociale che non ha nulla a che vedere con categorie come il buono o il cattivo, anzi, se possibile, può arrivare ad essere una bestiaccia senza paragoni. La differenza tra la bestia uomo e le altre bestie sta semplicemente nella capacità di produrre un plusprodotto, grazie a una conformazione cerebrale che gli permette di pensare, cosa che altri animali non possono fare. Da quel plusprodotto nascono mille implicazioni, nasce la storia.
Ed è questo plusprodotto, e la lotta per la sua appropriazione, a generare un tipo di società e di conflitti del tutto peculiari e sconosciuti al mondo animale. Questa è la caratteristica dell’uomo, essere dotato di pensiero che però non raggiunge mai quegli scopi immaginati, verità, ragione, spiritualità, che sono soltanto credenze costruite attorno alle sue abitudini sociali, caratteristiche della sua esistenza fisica.
Il pensiero di La Grassa si inserisce a pieno titolo nella scienza politica più autentica, quella che da Machiavelli arriva fino a noi. Quante volte ci ha ripetuto che, per comprendere la politica, ma anche discipline come l’economia, il testo di riferimento fosse “Della guerra†di Clausewitz? E quante volte si era infuriato contro quei filosofi falsamente marxisti che volevano fare di Marx un pensatore umanistico, un teorico dell’alienazione, o che lo riducevano a un “classico minore†che avrebbe “anticipato la globalizzazione†in chiave meramente economicistica, prevedendo la mercificazione di tutto, anche delle coscienze.
La Grassa ci teneva lontani da simili balle moralistiche e da pseudo-scienze. Ci invitava invece a leggere e interpretare la logica dei conflitti che permea la realtà, un conflitto inesauribile, storicamente generato dalla necessità di appropriarsi del plusprodotto che l’essere umano è in grado di produrre e che chi controlla può usare per dominare la società. Naturalmente questo sguardo va oltre la mera materialità delle cose, perché interpreta i rapporti sociali che da quella materialità discendono.
Quanto siamo ancora indietro rispetto a queste acquisizioni del pensiero lagrassiano. Ancora oggi cadiamo nelle truffe e nelle baruffe ideologiche che autentici predoni e falsi rivoluzionari usano per contendersi la verità, ingannando moralisticamente i dominati. Non ci sono guerre per la verità o per la superiorità morale, ci sono conflitti per il dominio, che emergono dalle viscere della società perché chi detiene il potere non intende cederlo e chi lo contesta vuole prenderne il posto.
Anche qui non dobbiamo però indulgere al moralismo. Se prendiamo in modo scientifico queste relazioni conflittuali, vediamo che sono necessarie non perché esistano buoni o cattivi, ma perché ogni gruppo tende ad affermare una propria idea di società che si scontra con quella altrui. Da qui nascono i conflitti, la realtà è un flusso continuo di mutamenti che modificano costantemente le prospettive, nonostante la stabilità che gli esseri umani tentano di conferire alle proprie costruzioni storiche.
Calando questo ragionamento nell’oggi, per quel che ci riguarda come porzione di società occidentale, constatiamo che in Italia le nostre classi dominanti sono divenute succursali ancora più servili di una prepotenza straniera, in relativo declino, che sta trascinando il nostro paese verso lo sfaldamento pur di preservarsi anche in una modalità ridotta. Queste classi traditrici, soprattutto quando si dichiarano sovraniste o tese al bene comune (o peggio comunistico)che sopravvivono ormai solo per spolpare il proprio popolo e la propria nazione, devono essere superate per aprirci possibilità negli scenari epocali che mutano rapidamente.
Queste élite putrescenti, con i loro concetti logori di democrazia, diritti e libertà, ci stanno indebolendo come società e aggravano la nostra subordinazione a un ordine in decomposizione. Per questo devono essere sconfitte e sostituite, non perché noi possediamo la verità in tasca o portiamo in dono un mondo migliore, ma perché necessitiamo di una nuova forza che diventi forza nuova, capace di abbattere il vecchiume putrescente che ci sta distruggendo. Come Marx non offriamo ricette per le osterie del futuro ma sappiamo che se continua così di questo pauvre pays non resteranno nemmeno le macerie.

“Tuttavia, pur in un contesto totalmente mutato, e dunque senza attese rivoluzionarie, che cosa si crede cerchino di ottenere le ultime Marx rénaissances, che vorrebbero riscoprire il grande pensatore – comunque rivoluzionario nell’epoca in cui visse e operò, soprattutto con la sua teoria – quale banale anticipatore della “globalizzazioneâ€, cioè della generalizzazione del mercato, comunque libero da intralci? Tesi perciò in fondo complementare rispetto al neoliberismo, alla smithiana “mano invisibileâ€. Ecco a che servono i finti elogiatori di un pensatore già rivoluzionario: a imbalsamarlo, a fargli scoprire “l’acqua caldaâ€, a ridurlo ad un “classico minoreâ€. Si ha a che fare con sostanziali reazionari, non con effettivi elogiatori di Marx; così come simmetricamente reazionari sono quelli che gli fanno scoprire “l’Uomo†tutto proteso alla “Calda Comunità†di intenti (e di sogni che riempiono di gioia i dominanti, nel vedere i finti oppositori dedicarsi al rimbecillimento di alcuni strati giovanili). E citiamo altri ancora, degni compari di “Carlo d’Inghilterra†che annuncia la fine del mondo tra 99 mesi (poteva almeno fare conto tondo a 100!) se tutti – cioè i finti anticapitalisti ingannatori di giovani e inesperti cervelli – non si gettano a capofitto sull’ambientalismo per distogliere l’attenzione dai problemi più impellenti.
Rimango allibito quando vedo alcuni giovani, senz’altro generosi e intelligenti, già rovinati da vecchi tromboni solo in cerca di buoni posticini o forse semplicemente fuori di testa per le delusioni patite. Qui occorre una nuova generazione che faccia infine piazza pulita del vecchio armamentario novecentesco (in realtà, di un secolo fa; in certi casi due); quest’ultimo non deve essere dimenticato, solo utilizzato con assoluta libertà, senza più farsi paralizzare dai “mostri sacriâ€, intoccabili; e con la sensibilità per l’epoca che sta mutando. La vecchia “lotta di classeâ€, per favore, in soffitta e in un angolo fuori mano. Idem per C.O. (Classe Operaia). Attenzione massima alla situazione geopolitica, al conflitto multipolare che a mio avviso caratterizzerà almeno i due prossimi decenni; nessun oblio del conflitto per la redistribuzione del reddito, con difesa non del solo lavoro dipendente (salariato degli strati medio-bassi) ma anche dei corrispondenti livelli del lavoro “autonomoâ€. E speciale attenzione ai settori – economici, politici, culturali – che possano eventualmente favorire una maggiore autonomia del paese (e dell’area della formazione mondiale) in cui siamo situati. Settori che francamente mi sembrano oggi assai deboli, pressoché invisibili; non per questo, però, dobbiamo smettere di “cercarli†poiché ci comportiamo pur sempre da portatori soggettivi, che si assumono la responsabilità di andare anche controcorrente con tutti i possibili rischi di fallimento”. (Gianfranco La Grassa)

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“Tutti gli animali compiono lo sforzo necessario a realizzare lo scopo vitale, da considerarsi però in generale soltanto da un punto di vista puramente biologico. Al massimo, tutti gli animali mettono da parte un certo “di più†in una data stagione per consumarlo in un’altra in cui non ottengono il necessario (per vari motivi). L’essere umano – secondo diverse specie, di cui poi è restata solo quella sapiens (e ancora sapiens) – produce un “di più†proprio “in assolutoâ€, un “di più†che consente di mutare regimi di vita associata e di scoprire sempre nuove modalità e nuove strumentazioni di ottenere il “da mangiareâ€.
Tale risultato è ovviamente ottenuto grazie ad un cervello differente dagli altri animali, un cervello dotato di quello che possiamo definire pensiero, ragione. Comunque, un modo d’atteggiarsi non “immediatamente†diretto allo scopo di nutrirsi e riprodursi figliando. C’è capacità, crescente, di ri-flessione sulla propria azione vitale, mutandone le mosse e l’organizzazione, ottenendo così, anche tramite adeguata trasformazione degli strumenti all’uopo necessari, un “di piùâ€, insomma un “plusprodottoâ€, pur esso sempre crescente. Da qui quindi la speciale storia dell’uomo, che ha carattere evolutivo, cioè trasformativo delle relazioni intercorrenti tra i vari individui e anche di ogni data individualità; e dunque di quello che chiamiamo pensiero o ragione o come preferite. Tutto ciò proprio perché l’animale uomo, dotato di questo particolare lavorio del cervello, non si accontenta (non può accontentarsi) di “mangiare†al solo scopo di riprodurre la sua usuale modalità d’esistenza. Producendo il plusprodotto, sempre più può pensare e accrescerlo; ma sempre più può escogitare nuove modalità e nuovi strumenti per accrescerlo.
Evidentemente, allora, non ci si limita ad accantonarlo in misura sempre maggiore, ma se ne consumano quantità crescenti per quel vivere che possiamo dire quotidiano. Ma ogni processo del genere esige organizzazione, divisione dei compiti, abilità diverse per i diversi strumenti utilizzati. Ed esige, piaccia o non piaccia, una direzione dei processi in questione. E si differenziano le diverse abilità e poi le diverse capacità di comando direzionale e, via via, si vengono formando strutture particolari dei rapporti interindividuali, dei rapporti tra gruppi sociali, ecc. ecc. E la storia evolutiva di queste capacità umane non è dunque disgiunta (non può esserlo) da quella delle strutture dei rapporti sociali.
Ogni miglioramento di quelle che definiamo condizioni di vita (che quindi aumentano via via di “livelloâ€) esige alla fin fine che ci si cominci a chiedere quali sono le caratteristiche dell’ambiente da cui traiamo quanto ci consente di vivere, l’ambiente “naturale†in cui siamo immersi. Dobbiamo conoscerlo per non limitarci ad estrarre da esso ciò che consentirebbe una pura riproduzione della nostra esistenza senza vere trasformazioni, senza crescita del “prodotto†per la vita quotidiana e del “plusprodottoâ€. E nasce quella conoscenza dell’ambiente a noi “circostanteâ€, che non può che condurre alla sua mutazione (senza la quale non cresce né il “prodotto†né il “plusprodottoâ€). E alla fine, non troppo presto, nasce quella che chiamiamo scienza. Ma è logico che non possiamo non chiederci chi siamo, come siamo “saltati fuori†conformati secondo specifiche modalità. Prendiamo inoltre piena coscienza che siamo transitori (intanto come individui; come genere e specie si vedrà a tempo debito) e quindi prende vita e aire tutto il pensiero di ciò che potrebbe esserci “dopoâ€, in una salvifica “altra vitaâ€, e via dicendo. Non posso addentrami in questo, non sono filosofo e non sto scrivendo di questo genere di riflessioni. Nemmeno sono psicologo e dunque non posso nemmeno addentrami in quel tipo di conoscenza che cerca di comprendere com’è “combinato†il nostro cervello soprattutto nei nostri modi di pensare, che spesso si flettono su se stessi e producono anche qui una serie di conseguenze in crescita e variazione.
Debbo tornare al “prodotto necessario†– necessario alla riproduzione della vita quotidiana, ma in continua trasformazione dato il mutare delle relazioni degli individui associati, insomma di quella che definiamo società, soggetta a periodiche mutazioni della forma dei rapporti tra i diversi gruppi di individui – e del “plusprodotto†indispensabile ad accrescere le condizioni di vita, a svolgere conoscenza e scienza, i pensieri su noi stessi e la nostra “sorte futuraâ€, le trasformazioni dei rapporti sociali e anche dei vari modi di pensare e conoscere; e naturalmente a inventare e perfezionare gli strumenti per “produrre†(e “plusprodurreâ€) sempre di più. Tutto ciò non può avvenire senza la già detta ri-flessione su ogni cosa che stiamo facendo e senza continuo scontro con l’ambiente che ci circonda. Non possiamo lasciarlo al suo “stato naturaleâ€, quello di prima della vita animale, ma soprattutto della vita umana dotata di pensiero e quindi di capacità – che diventa necessità assoluta – di ottenere anche il “plusprodottoâ€.
Per (tentare di) difendere veramente “l’ambienteâ€, dovremmo allora eliminare questa “nociva†specie animale, lasciare il mondo terreno agli animali incapaci di pensare e di realizzare un “plusprodottoâ€. Occorre un suicidio collettivo, sperando di andare tutti insieme nel cosiddetto “al di làâ€, nell’“altro mondoâ€, insomma nella supposta e sperata altra dimensione spirituale che dura in eterno senza l’ingombro del corpo e delle sue esigenze, così distruttive della “naturaâ€; che muta essa stessa senza bisogno di aspettare le nostre azioni, le azioni di pigmei che si credono giganti, anzi più ancora Dei! Se qualcuno vuole che si arrivi a questa fine, io sono pronto, mi fregherei le mani al pensiero di andarmene in così numerosa compagnia: “tutti insieme appassionatamenteâ€. Ovviamente scherzo per ironizzare sugli ambientalisti, quelli “gretini†e della “green economyâ€; in realtà dei personaggi in totale malafede che, influenzando un’umanità in decrescita intellettiva, guadagnano fior di soldi”. (Gianfranco La Grassa)


Articolo del Sun, 26 Oct 2025 06:37:31 +0000
a cura di G. P.

analisi di fase attualità

Normalizzare il genocidio: quello di Gaza e quello dell’Europa, di Carlos X. Blanco

Il mondo sta precipitando nell’abisso. Tutti i demoni sono stati scatenati e, da quello stesso abisso infernale, emergono fuoco e morte: saranno come talpe meccaniche sempre più grandi che scavano, finché l’oscurità che segue sempre il calore rosso della guerra non riempirà il globo. Continua


Articolo del Sat, 25 Oct 2025 19:35:36 +0000
a cura di G. P.

analisi di fase attualità

El mito original de una democracia mejor, Traducción revisada por Carlos X. Blanco

Gianni Petrosillo (Conflitti&Strategie)

Análisis, cuando menos ingenuos, siguen rondando el concepto de democracia. Ciertamente provienen de mentes que podríamos llamar críticas, pero eso no basta para garantizar la corrección del pensamiento ni la precisión de la interpretación. De hecho, las reflexiones que he leído recientemente de figuras como la embajadora Elena Basileo la filósofa Donatella Di Cesare siempre parten de la premisa de un mito de origen: hubo una época en que la democracia era, si no perfecta, al menos mejor. No es así.
Según estos análisis, la democracia se ha degenerado en las últimas décadas debido al neoliberalismo u otras formas de degradación, incluidas las tecnocráticas, que la han acercado a una especie de fascismo, o tecnofascismo, como lo llama Di Cesare. Desde esta perspectiva, la culpa siempre recaería en el retorno de la
mentalidad fascista que oscurece la supuesta bondad y belleza de la democracia original. ¡Tonterías! El fascismo fue un movimiento político, no una categoría del espíritu que nace y renace a voluntad en nuevas formas.
Así que las cosas no son lo que parecen en esta narrativa. Lenin ya definió la democracia como “la mejor cáscara para la dictadura”, e incluso en la literatura, autores reflexivos la han descrito como “juego de bandidos”. Defender hoy el mito de una Arcadia democrática traicionada en el camino, que solo degeneró más o menos recientemente, es perderse en una ilusión.

Hace tiempo, escribí que la democracia es exactamente lo que está sucediendo. La democracia es el sonido de las bombas que caen sobre Gaza; son las guerras de agresión estadounidenses y occidentales de ayer, hoy y mañana; son las oligarquías europeas corruptas y parasitarias; es nuestro sistema político servil y degradante. El colonialismo y el imperialismo fueron democráticos; la injerencia humanitaria inhumana es democrática. La democracia es todo esto, con pequeñas variaciones a lo largo del tiempo. Observé que la democracia siempre ha cometido los mismos crímenes que cualquier otro sistema, quizás mistificándolos mejor, pero solo porque resultó estar del lado ganador. Algunos de sus mecanismos ideológicos están bien engrasados porque fomentan una mayor confianza en la gente, pero esto no cambia la esencia.
Esto es lo que escribí: cuando la democracia censura un pensamiento etiquetándolo de noticia falsa, como sucede cada vez con más frecuencia, no es fascista, ni nazi, ni comunista; es simplemente ella misma, democracia pura. Los descontentos claman fascismo, los satisfechos afirman ser inmunes a las dictaduras del pasado, pero la verdad es simple: todo lo que sucede en una democracia es democrático, incluso el abuso.
Los estadounidenses y sus sirvientes occidentales “exportan la democracia” democráticamente, es decir, criminalmente. Si la “mayor democracia de Oriente Medio”, Israel, destruye ciudades y masacra civiles, es extremadamente democrática, porque la democracia mata, viola, tortura y extermina. Una democracia no degenera en fascismo, nazismo o comunismo; una democracia degenera en democracia, mostrando su verdadero rostro, más allá del moralismo, los votos y los procedimientos.
¿Y qué hay de la libertad de pensamiento, voto y expresión? No me sirven estas habladurías. Se puede pensar libremente incluso en una dictadura; el pensamiento no se ve ni se oye, e incluso cuando se imprime en algún lugar, hasta que se transforma en acción, no existe. El problema surge cuando el pensamiento mueve cuerpos; entonces interviene todo régimen, democrático o no.

Si mi pensamiento se tradujera en una fuerza colectiva que movilizara a las masas contra los reductos del servilismo nacional, por ejemplo, saboteando bases militares estadounidenses en Italia, mi destino sería la cárcel o la desaparición. Si intentara derrocar al gobierno con los métodos que Occidente empleó en Venezuela o Ucrania, apelando a servicios de inteligencia extranjeros, sufriría el mismo trato que los traidores, salvo que, en las democracias, los traidores ya están dentro del Estado.
Así que dejemos de alimentar este mito democrático, esta leyenda de un pasado incorrupto que nunca existió. La democracia es una forma de condicionamiento extranjero —cultural, militar y político— forjado por el imperio estadounidense para mantenernos encadenados. O la crítica se vuelve radical y sensata, o se queda en un romanticismo inútil. No inventemos fórmulas literarias; usemos el método galileano; observemos la “naturaleza” social; ya está ahí. Detrás de la democracia se esconden grupos gobernantes decadentes que son devastadores para nuestro país, en lo que a nosotros, los italianos, respecta. Pero la tendencia disoluta parece estar afectando a todo Occidente en distintos grados.

Elena Basile:

“Las democracias liberales de la posguerra se han transformado en oligarquías con tendencia al autoritarismo. Como en el campo de concentración descrito por Primo Levi, en una estructura piramidal de conformismo absoluto y alineamiento con el poder, cada grupo social busca arrollar al inmediatamente inferior y se identifica con el inmediatamente superior. La dimensión colectiva se ha borrado. La jungla y la competencia prevalecen en un individualismo desenfrenado. Nuestras SS invisibles son los poderes económicos, que incluyen al lobby armamentístico e Israel. Nuestra realidad es más compleja y menos definida que la del campo de concentración. Sin embargo, la esencia espiritual ya está presente.â€

Donatella Di Cesare:

“La erosión de la democracia va más allá de simplemente ocultar el proceso que lleva tiempo en marcha. Algunos aluden a un acto final, como si fuera inevitable despedirse, mientras que otros, en cambio, plantean la necesidad de fortalecer el marco, los cimientos internos (normas y procedimientos) y la armadura externa (equipamiento militar). Pero la democracia no es un régimen; no se basa en un pilar estable. Su propia flexibilidad y apertura son, en cambio, baluartes contra cualquier violencia que, tanto interna como externa, pueda socavarla y despojarla de su poder. (…) Para describir esta suspensión técnica de la democracia, que se combina con una revitalización de la soberanía según criterios étnicos, podríamos hablar de tecnofascismo.â€

https://www.conflittiestrategie.it/il-mito-originario-di-una-democrazia-migliore

Traducción revisada por Carlos X. Blanco


Articolo del Sun, 19 Oct 2025 05:58:02 +0000
a cura di G. P.

analisi di fase attualità

Il mito originario di una democrazia migliore: Una questione interessante, di R. Di Giuseppe

Raccolgo il ragionamento dell’amico Gianni, sempre molto stimolante. Non posso che concordare con lui che non esiste, nè sia mai esistita, alcuna arcadia democratica originaria, tanto più se a questa si associa il termine liberale, descritta oggi in una sorta di degenerazione genetica che la stia portando verso una forma di fascio-tecnocrazia. Così pure trovo assai attraente il rovesciamento del concetto corrente di democrazia, associando organicamente ad essa, dominio e sopraffazione, con il loro corollario di distruzione e di morti, piuttosto che interpretare questi, come correntemente si fa, quali accidenti o debolezze della democrazia stessa; la quale, per sua stessa natura, ne rifuggirebbe. In effetti la democrazia non è una categoria dello spirito, ma una prodotto sociale che si determina storicamente. In altre parole è parte di un linguaggio, o se vogliamo, dei molteplici linguaggi di cui le varie società umane, nelle varie epoche, si sono dotate. Era democratica l’Atene di Pericle, dove per vent’anni questi ebbe un potere pressoché assoluto ed incontrastato? Dove si praticava largamente la schiavitù e dove godevano di diritti non tutti gli abitanti della città, ma solo i cittadini riconosciuti come tali? Un’Atene che dominava dispoticamente sulle altre città greche e promuoveva guerre a destra e a manca era una democrazia? Certamente si, seguendo il ragionamento di Gianni, non nonostante guerre e vocazione imperiale, ma insieme a queste o addirittura, grazie a queste. Come dargli torto? Certamente si. Perlappunto, la democrazia non è un moto dell’anima, né un concetto astratto ed astorico, ma un significante che si connette ad altri significanti, formando delle significazioni, cioè delle attribuzioni di senso e valore, storicamente connessi alla vita degli uomini nelle loro specifiche epoche di esistenza. La democrazia non è la semplice copertura di atti di sopraffazione in ogni caso perpetrati, ma è il loro fondamento di senso, la possibilità di affermazione e di durata. La democrazia appartiene ad un linguaggio determinato ed è in esso che va letta. C’è più democrazia nelle beghe di un parlamento o nelle discussioni nel consiglio di affari di una multinazionale? Direi che la risposta venga da sé. Vi è una differenza di democraticità tra le discussioni e le decisioni del gruppo bolscevico ai tempi di Lenin e quelle del gruppo dirigente staliniano? Avrebbe mai potuto l’Unione Sovietica battere la Germania nazista senza l’instaurarsi di un sostanziale dibattito democratico tra Stalin ed i suoi generali? Ma, si potrebbe obiettare, qui si parla di società estese e non di singoli atti sociali. Nel caso io risponderei, balle! Il concetto resta lo stesso e le stesse sono le determinanti del suo funzionamento. Per quanto sia pur vero che la democrazia liberale lancia bombe non nonostante, ma proprio perché democratica, è mio modesto avviso che è tossico lasciare a questa declinazione della democrazia un esclusivo monopolio di significazione perché è in questo preteso monopolio che si struttura la gran parte della sua capacità e volontà di dominio.


Articolo del Sat, 18 Oct 2025 12:52:08 +0000
a cura di G. P.


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