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Blog
La saggia cautela di Mattarella e Meloni sul caso Garofani
Data articolo:Mon, 24 Nov 2025 07:47:54 +0000 di Lodovico Festa

Su Huffington Post Italia Fabio Luppino scrive:

«Il consigliere di Sergio Mattarella non smentisce di aver detto di sperare in un provvidenziale scossone per fermare la salita al Colle di Giorgia Meloni, parlando con il Corriere della Sera. Racconta, però, di parole in libertà con amici. Troppo e troppo poco per il delicatissimo ruolo che occupa».

Mattarella è un coerente gentiluomo palermitano e uno scrupoloso costituzionalista, è perfettamente consapevole della funzione delicata di transizione che un presidente rieletto ha in un sistema istituzionale italiano inquadrato da una Costituzione che recita: «Il presidente della Repubblica è eletto per sette anni» (non per quattordici). Non è pensabile che manovri contro il governo indicato dall’esito delle elezioni politiche del 2022.
Naturalmente il suo compito è complicato perché il presidente della Repubblica italiana non ha le caratteristiche di mero garante delle istituzioni, ma ha anche un evidente ruolo politico. Dunque non avreb...

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Esteri
«I cristiani sono a rischio estinzione in Siria»
Data articolo:Mon, 24 Nov 2025 03:55:00 +0000 di Leone Grotti

«Dopo 14 anni la guerra è finita in Siria, ma ancora non c'è la pace. Il paese è diviso e i cristiani vivono nella paura». Le parole di monsignor Ihab Alrachid, archimandrita della Chiesa greco-melchita cattolica, fanno a pugni con l'immagine della Siria che viene offerta dalla maggioranza dei media. Attentati, massacri, soprusi, sharia: il paese "liberato" da Ahmed al-Sharaa non è poi così libero, ma sprofonda nell'anarchia sotto il peso di un tentativo di islamizzazione violenta.
Il docente di Diritto canonico presso la Facoltà teologica di Damasco è stato invitato in Italia da Aiuto alla Chiesa che soffre in occasione della Red Week per parlare della persecuzione dei cristiani in Siria. A margine dell'incontro La fede calpestata. Cristiani in Siria e Burkina Faso, che si è tenuto venerdì a Palazzo Lombardia, il prelato ha rilasciato un'intervista a Tempi: «Il presidente non ha il controllo dei gruppi armati e i cristiani vengono trattati come se fossero ospiti nel paese. Ma noi viv...

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Società
La gentilezza come oppio delle anime belle
Data articolo:Mon, 24 Nov 2025 03:40:00 +0000 di Caterina Giojelli

Siamo circondati: Giornata Mondiale della Gentilezza (13 novembre), Settimana della Gentilezza, corsi di formazione, eventi, convegni sulla gentilezza dalla scuola al lavoro. E l’immancabile trend “mondo sii gentileâ€, usato sui social come cappello a video emotivi e sponsorizzati.

È il nuovo catechismo laico. In un’epoca meno raffinata della nostra, il comandamento suonava: «Ama il prossimo tuo come te stesso», pure quello che ti aveva fregato la moglie, il posto di lavoro e il motorino. Arduo, scandaloso, richiedeva una specie di miracolo quotidiano. Oggi che i tempi sono più civili è stato aggiornato a «Sii gentile»: fa molto meno Gesù e più Hallo Kitty, si stampa bene sulle magliette.

Gentilezza, gentilezza ovunque

E così eccoci sommersi da un’ondata di gentilezza organizzata, come se la carità cristiana fosse stata mandata in pensione e sostituita da un ente morale con partita Iva. Esiste la Giornata e la Settimana della Gentilezza, ma anche il Festival della Gentilezza del Corriere. Con i gentilissimi Severgnini, Calabresi, Berruti, D’Avenia, Gherardo Colombo, Luciano Fontana, Lina Sotis e Walter Veltroni eccetera, c’è perfino la “meditazione gentile†di Lama Paljin Tulku Rinpoce. Da Milano a Genova largo a corsi aziendali su “Gentilezza nei sistemi sanitariâ€, “Gentilezza al lavoroâ€. Nel torinese si inaugurano parchi e panchine viola della Gentilezza, a Caivano si piantano ulivi della pace, presto avremo un’“agorà della gentilezza†anche a San Basilio, Roma.

Nel frattempo Cristian Brocchi vince il premio “Costruiamo Gentilezza nello sport†e il comune di Chieti annuncia la “delega alla gentilezzaâ€. Sì, esiste la rete dei costruttori di gentilezza con i registri di assessori, allenatori, insegnanti, imprenditori della Gentilezza, l’alfabeto della gentilezza per un mondo gentile, «Grazie alle persone che partecipano al progetto – leggiamo sul portale – raggiungeremo insieme questo obiettivo entro il 21 Marzo 2036». Manca solo la statua di Cenerentola in piazza Duomo e poi il cerchio è chiuso.

Apoteosi! Arriva la gentilezza di Stato

Il culmine dell’apoteosi è il Kindness Act, proposta di legge italiana del Movimento italiano per la gentilezza elaborata in seguito all’Assemblea mondiale della gentilezza per inserire la gentilezza tra gli indicatori ufficiali del Benessere Equo e Sostenibile (Bes) dell’Istat. Due i testi collegati: uno per le scuole – affinché la gentilezza diventi “metodo educativo†anti-bullismo – e uno per il lavoro, per garantire ambienti “inclusivi e rispettosiâ€, “senza molestieâ€. Non manca la Carta dei Sei Valori della Gentilezza – rispetto, ascolto, solidarietà, equità, pazienza, generosità. Evidentemente Dio sbagliò quando ne comandò dieci sul Sinai, o forse erano finite le virtù civili, ma i giornali rilanciano al grido “Sono già moltissimi i Paesi che hanno normato il tema”.

Avremo dunque l’Istat che misura quanta gentilezza circola nel paese, come oggi misura l’inflazione o il debito pubblico. Immaginiamo già il bollettino: «Gentilezza +0,3% nel trimestre, grazie alla nuova panchina viola dei piemontesi; lieve flessione nel Napoletano dopo gli spari di Capodanno». Ma perché non ci abbiamo pensato prima, ad abolire bulli e molestatori per decreto e con la forza della gentilezza?

I promotori, gente seria, laureata, competente, spiegano che solo riconoscendo la gentilezza come «atto politico» potremo trasformare la società in uno spazio di rispetto reciproco. È una frase bellissima, da calendario di Snoopy. Peccato che tra un simposio gentile e l’altro nella molto progressivamente aggiornate città come Milano bande di giovanotti figli del loro tempi si esercitino nell’arte di accoltellare il prossimo, sfondare crani a sprangate, animando risse col machete, filmando il tutto per TikTok. Ma niente paura: abbiamo i festival e gli ulivi.

Peccato originale e bassifondi

Ora, qui siamo, e lo rivendichiamo, chestertoniani: uomini di taverna, non di tavolino, convinti, come zio G. K., che il problema dell’ubriachezza nei bassifondi non sia il bere, ma i bassifondi. Amiamo la gentilezza quale virtù deliziosa tanto quanto troviamo comica la pretesa di farne la nuova religione civile, il collirio universale che dovrebbe guarire il mondo dalla sua antica malattia: il peccato originale. È come spegnere un incendio con la pistola ad acqua e senza pompieri.

A sentire i simposi, la gentilezza che oggi si propongono di inoculare al popolo e nelle scuole come «metodo educativo» anti-bullismo è la stessa che cent’anni fa insegnava ai bambini a levarsi il cappello davanti alla dama mentre nella stiva gli schiavi crepavano incatenati: pura cortesia vittoriana. I ragazzi non cambiano, e hanno ragione: sanno che il mondo fatto degli adulti fatto di separazioni, assenza, abbandoni, solitudine, violenze non è un’immensa aula di mindfulness con sottofondo di flauto tibetano. Sanno che i lupi non si convertono con una panchina viola e un cartello «Be kind». E che mentre l’insegnante spiega dolcemente che «le parole sono pietre», nel parco accanto un coetaneo viene massacrato per un telefono e il video finisce su TikTok con cuoricini e risate.

Dalla carità alle virtù da sala d’aspetto

Nessuno, intendiamoci, propone di allevare piccoli Apache. Ma trasformare la gentilezza in istituzione, in legge cosmica, addirittura in «metodo educativo» è come insegnare l’importanza di dire “per favore†o “grazie†prima di sbranare o essere sbranato. L’educazione è lotta brutale, temeraria, categorica, una responsabilità ancestrale, è «essere così sicuri che qualcosa è vero da avere il coraggio di dirlo a un bambino». Invece noi abbiamo preso il comandamento più scandaloso della storia – «Amatevi gli uni gli altri» – e l’abbiamo dolcificato in «Siate gentili».

Tolto Cristo, il sangue, la carne e la Croce, della carità non è rimasta che una virtù da sala d’aspetto. Ancora Chesterton l’aveva previsto: «L’ideale cristiano non è stato provato e trovato mancante; è stato trovato difficile e lasciato inattuato». Solo che la carità ha rovesciato imperi, ha svuotato le arene, ha costruito ospedali e cattedrali. La gentilezza, al massimo, ha profumato l’aria mentre il tetto crollava.

Società
Ambrogini di latta
Data articolo:Mon, 24 Nov 2025 03:35:00 +0000 di Emiliano Ronzoni

Sapete qual è l’indicatore più certo della decadenza di Milano? I prezzi delle case? La telenovela della vendita di San Siro? L’affaire urbanistica? Macché. Puntate sull’Ambrogino d’oro e non sbaglierete.

Da quasi un secolo ormai, il povero sant’Ambrogio il 7 dicembre, e sì che dovrebbe essere la sua festa, viene preso e portato a campeggiare sul fondo di sala Alessi a palazzo Marino, per la consegna delle onorificenze che celebrano il suo nome.

Che io sappia, è forse l’unico santo condannato allo strabismo, obbligato com’è ogni anno a girare vorticosamente gli occhi a destra e sinistra quasi si trovasse a Wimbledon davanti a un match di Sinner. Già, perché, se lo schieramento meneghino di centrosinistra propone una candidatura per l’onorificenza, ecco che il centrodestra sbatte sul piatto una contro-candidatura di centrodestra. È stata la cronaca di questi mesi: “Ah sì, tu mi provochi con una proposta di onorificenza alla Flottilla? E beccati sto Trump!”. “Tu cannoneggi con Jasmine, la lavoratrice della Scala che aveva gridato Palestina libera in occasione della visita della Meloni? Eccoti un siluro marca Sgaraglia, il prefetto che ha sgomberato il Leoncavallo ad agosto”.

Insomma, è tutto un fuoco d’artificio di destra-sinistra, sinistra-destra. E pazienza se, come recita lo statuto, dovrebbe essere candidato chi abbia giovato a Milano «sia rendendone più alto il prestigio attraverso la sua personale virtù, sia servendone con disinteressata dedizione le istituzioni…». Trump e la Flotilla, appunto.

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Una comunità civica

Non è sempre stato così. Ci sono stati anni in cui il senso del decoro prevaleva e, diciamo grossomodo a tutti gli anni Ottanta, più che la contrapposizione delle candidature contava il peso e il prestigio con cui si era onorato e servito la città di Milano.

La china del degrado si è fatta vertiginosa dalla metà degli anni Novanta in avanti. Fino ad allora l’assegnazione dei riconoscimenti veniva approvata dalla giunta, su proposta del sindaco, accogliendo e vagliando le candidature avanzate da partiti politici, associazioni, istituzioni e semplici cittadini.

Fosse che il vertice istituzionale sentisse il peso del proprio ruolo, fosse che erano altri tempi e che tutti sentissero di appartenere a una comunità civica più grande delle proprie scelte di parte, fatto sta che la cerimonia degli Ambrogini era il momento in cui tutta la città si riconosceva.

La consegna della medaglia d'oro a Marco Cappato da parte del Sindaco durante la cerimonia per gli Ambrogini al Teatro Dal Verme a Milano, 7 dicembre 2022 (ansa)
La consegna della medaglia d’oro a Marco Cappato da parte del Sindaco durante la cerimonia per gli Ambrogini al Teatro Dal Verme a Milano, 7 dicembre 2022 (ansa)

Quando è cominciata la guerra

Da quegli anni, il disastro. La competenza passa in mano al consiglio comunale ed è subito terreno di caccia delle orde partitiche. Ogni benemerenza uno scalpo, scaramucce, agguati, feriti, dispersi, attacchi e ripiegamenti. Mentre fuori la città viveva tranquillamente la propria vita, lì, dentro le aule del palazzo, insigni signori, fior di professionisti, politici di risulta, consumavano la più inutile della guerra dei bottoni.

Artefice di quel bel capolavoro, duole dirlo, ma fu un avvocato della destra democristiana, Massimo De Carolis, ex enfant prodige della maggioranza silenziosa. Di silenzioso in lui c’era solo il lavorio continuo e indefesso con cui scavava per aumentare il proprio di prestigio. E, da presidente del consiglio comunale, pensò bene di apparecchiarsi nel piatto la designazione degli Ambrogini. Vedere arrivare in consiglio gli Ambrogini e vedere scatenarsi una guerra quale poi si vedrà solo in questi nostri anni disgraziati è stato tutt’uno.

I duellanti

L’anno horribilis della guerra degli Ambrogini fu il 2002. Quell’anno non si fecero prigionieri, solo morti. Destra contro sinistra. La candidatura di Saverio Borrelli diede il via a una serie di veti e controveti incrociati. La furia dei colpi e delle sciabolate fu tale che si decise di rifiatare e di non assegnare alcuna medaglia d’oro.

Ma tranquilli, come ne I duellanti, il film di Ridley Scott, con i due ufficiali napoleonici che si sfidano a singolar tenzone per tutta la vita, il 2002 fu solo una pausa, una tregua. Bastò aspettare un anno e già nel 2003 tornarono a incrociarsi le lame. Tu vai di fioretto con Ivan Ghitti? E io rispondo di sciabola con Gianfranco Miglio.

Beppe coniglio

E così, anno dopo anno, si è arrivati alla stanca sceneggiata di quest’anno con le comparsate di Trump e della Flotilla. Vedremo mai la fine della china? Preso nota del coraggio e del piglio con cui il sindaco Sala conduce le vicende milanesi (do you remember “Salva Milano” con contorno di urbanistica?) temiamo proprio di no.

A Bernardini de Pace che, scandalizzata per la candidatura marca Flotilla, aveva minacciato il sindaco di riconsegnare l’Ambrogino consegnatole nel 2015, Sala (che ha diritto di veto sulle candidature) non ha trovato di meglio che rispolverare l’antico vulnus e, vergognoso, spoilerare che non era stata colpa sua ma del consiglio comunale.

Che è un po’ come quando alle elementari si diceva alla maestra che non eravamo stati noi a tirare i capelli alla bambina davanti, ma il nostro compagno di banco. Sala insomma, un po’ sindaco, un po’ coniglio, un po’ spia.

Blog
Punturine
Data articolo:Mon, 24 Nov 2025 03:30:00 +0000 di Annalisa Teggi

Oltre al buio, una delle paure classiche dei bambini sono le punture. L’immaginario comune oggi è capovolto e le iniezioni sono associate al sogno di un corpo “come io comandoâ€, sinonimo di miracoli estetici raggiunti senza sforzo e con quel diminutivo “punturine†che rende tutto così facile, innocuo, veloce.
Eppure i contorni dell’incubo permangono, proprio dietro l’immagine di un ago che inietta qualcosa sotto pelle. Il confine tra elisir e veleno è molto sottile, non solo dal punto di vista medico-farmacologico, ma nel delirio che s’illude di tenere in mano il proprio destino e si crede capace di plasmarlo con una puntura.
«Volevo avvertire le persone sui rischi, ma io sono così malato che probabilmente continuerei finché non mi sarà completamente scomparsa la vista da un occhio», ha dichiarato la popstar Robbie Williams, denunciando un grave effetto collaterale delle costosissime iniezioni dimagranti a cui si è sottoposto e che stanno spopolando tra i vip. Si tratta di farmaci nati...

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Spettacolo
Chi ha paura degli attori che non esistono
Data articolo:Sun, 23 Nov 2025 03:55:00 +0000 di Piero Vietti

Tilly Norwood è una giovane attrice che è stata presentata per la prima volta al Film Festival di Zurigo poche settimane fa. È bella senza intimidire e sa recitare indifferentemente la parte della ragazza della porta accanto e quella dell’eroina che salva la Terra combattendo contro mostri alieni, ha il volto di chi potrebbe interpretare una maestra d’asilo, l’accento british ed è già cercata da moltissimi agenti che vogliono rappresentarla. Tilly Norwood, però, non è reale: è un personaggio generato con l’intelligenza artificiale dalla londinese Particle6 Productions, e finora è comparsa solo in brevi spezzoni di un video satirico e nelle immagini postate sul suo profilo Instagram.
La sua apparizione ha gettato nel panico attori, registi e naturalmente critici cinematografici. Il sindacato del mondo dell’intrattenimento negli Stati Uniti si è detto contrario alla «sostituzione degli artisti umani con attori sintetici» e ha accusato gli ideatori di Tilly di copiare senza permesso le pe...

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Esteri
Il miracolo (col trucco) dell’economia spagnola
Data articolo:Sun, 23 Nov 2025 03:45:00 +0000 di Rodolfo Casadei

«D’accordo, i più importanti alleati nell’ascesa di Pedro Sánchez ai vertici del Partito socialista sono sotto processo per aver incassato tangenti, associazione a delinquere, corruzione e altri reati, nei guai giudiziari ci sono anche sua moglie e suo fratello, non passa giorno che la Guardia Civil non renda note intercettazioni imbarazzanti e vai e vieni di buste o sacchi della spazzatura pieni di contanti presso la sede del partito, ma l’economia va alla grande. Saremo anche un po’ ladri, ma l’economia spagnola è la migliore d’Europa. Lo ha scritto anche il Financial Times: “La Spagna è diventata l’economia più importante d’Europaâ€, e gli ha fatto eco il Corriere della Sera: “Spagna, l’economia più invidiata d’Europaâ€Â». Militanti e simpatizzanti del Psoe, il Partito socialista spagnolo, al governo per il terzo mandato di seguito, potrebbero rispondere così a chi punta il dito contro il malcostume che sembra emergere da molte inchieste giudiziarie e a chi ironizza sulla “banda della ...

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Società
Influencer rimmel e Corano, il volto pop dell’islam radicale
Data articolo:Sun, 23 Nov 2025 03:30:00 +0000 di Caterina Giojelli

Fino a tre anni fa Hanna Hansen, nome di battesimo Victoria Stadtlander, modella, madre di due figli, ex campionessa mondiale di kickboxing e pugile di successo, avrebbe potuto lottare per un titolo mondiale in Belgio. Un sogno per cui aveva lavorato duramente per tre anni. Ma nel dicembre 2022, al termine di un allenamento, una barra nera le attraversò la vista. Diagnosi: distacco della retina. Prognosi: fine della carriera. Qualunque pugno avrebbe potuto portarla alla cecità.

Oggi Hanna Hansen è probabilmente l’influencer salafita più nota in Germania. Con oltre 500.000 follower, è considerata una stella nascente tra i musulmani su TikTok e Instagram. Ed è sotto “sorveglianza” dell’Ufficio bavarese per la protezione della Costituzione quale «influencer islamista».

Hanna Hansen, dai guantoni al velo

Cosa è successo quando ha appeso i guantoni al chiodo? Secondo l’esperta di islamismo Sigrid Herrmann, l’ex pugile ha trasformato la ricerca di senso e significato della vita «in un nuovo modello di business». Tutto documentato sui social, dove «similmente ai predicatori maschi, Hansen si finanzia attraverso servizi basati sulla sua nuova fede»: iscrizioni a pellegrinaggi, raccolte fondi, tesseramento alla sua associazione Helfende Hand eV che porta aiuti in Marocco, Afghanistan, Pakistan, Gambia, Somalia, Sudan, Ciad, Kosovo e Siria.

L’Ufficio per la protezione della Costituzione ne documenta l’ascesa dall’inizio del 2024: «Grazie alle sue attività e alla sua presenza sui social media, è riuscita a diventare in brevissimo tempo un’attivista di spicco sulla scena islamista». Nella primavera del 2024, Hansen inizia a tenere comizi al fianco del predicatore salafita Abu Alia della piattaforma “Islamstudium” raccontando il suo percorso: lontana dal mondo «anti-islamico e presumibilmente amorale» della moda, della musica e delle arti marziali, verso la fede. «La convertita collega la sua “narrazione del risveglio†a un appello alle giovani donne affinché comprendano il velo e l’hijab come un mezzo di emancipazione e rimuovano il secolarismo dalle loro vite».

L’influencer salafita più nota in Germania

Nel novembre 2024 Hansen diventa la terza moglie del predicatore islamista Sven Lau, noto per precedenti penali e condanne per sostegno a gruppi terroristici. Le autorità di sicurezza vedono questo matrimonio come un legame pericoloso. Lau è amico del predicatore d’odio Pierre Vogel, anche lui ex pugile e convertito all’Islam. In quanto donna, Hansen ha di fatto palancato «nuove strade» alla propaganda salafita femminile, praticamente senza concorrenza, aumentando enormemente la sua influenza.

«Nonostante le sue vaste attività nel campo della “da’wa” (proselitismo) – scrive ancora l’organo di intelligence del Land Baden-Württemberg -, Hansen non ha una formazione teologica islamica formale. Può solo dimostrare di aver conseguito studi di base in studi islamici presso un’università serba. […] Hansen promuove l’islamismo più come uno stile di vita che come un più profondo impegno teologico con l’ideologia islamista. Una componente centrale della sua agitazione è la demarcazione e la denigrazione dello stile di vita occidentale, che descrive come immorale e corrotto. […] Propaga un forte dualismo tra credenti e non credenti (ostili ai musulmani), così come tra bene e male. Secondo lei, i musulmani in Germania e in Occidente affrontano pericoli e tentazioni ovunque, che saranno puniti con il fuoco eterno dell’inferno nell’aldilà. Inoltre, sostiene che lo Stato tedesco combatta attivamente i musulmani attraverso presunte misure repressive».

L’ascesa delle femministe “halal” su Instagram e Tik Tok

Hansen fa parte di un nuovo movimento femminile musulmano attivo in Germania (vedi gli incontri della rete di “sorelle” tra Monaco e Friburgo) e in rapida espansione su TikTok e Instagram. «Giovani e devote donne musulmane stanno assumendo un ruolo sempre più importante nelle pubbliche relazioni islamiche, da quelle conservatrici a quelle fondamentaliste», ha scritto Emma, rivista femminista tedesca in una lunga inchiesta segnalata qualche tempo fa dal Feministpost. Video patinati con versetti coranici e consigli di trucco, Ramadan e rossetto, presentano la donna musulmana casta e velata come antitesi della donna occidentale «peccatrice».

Le “influencer halal†raggiungono milioni di ragazze e ragazzi, plasmando la coscienza religiosa della giovane generazione digitale. I video sono realizzati con cura cinematografica: Netflix style, ma con un messaggio chiaro: l’Islam come cultura pop e identità separata dalla società occidentale.

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Hijab come corona, l’islam come emancipazione femminista

L’hijab, simbolo visibile dell’Islam, gioca un ruolo centrale e non è solo visto come un obbligo religioso, ma reinterpretato come atto di autodeterminazione. Le donne dovrebbero indossare il velo «come una corona», consiglia l’influencer Amal Kobeissi. L’hijab fa brillare le donne «come principesse» e le rende più forti di fronte alle ostilità. Kobeissi, donna di origine tedesca con radici libanesi, pubblica su TikTok la sua vita familiare quotidiana intervallata da messaggi religiosi e politici. Con oltre 220.000 follower su Instagram e mezzo milione su TikTok, è una delle influencer musulmane di lingua tedesca più influenti. Ha lanciato persino una linea di moda di veli, promuovendola come naturale estensione della sua religione.

Come Kobeissi, altre influencer spiegano in migliaia di video perché indossano il velo, come reagisce la società e come vengono spesso emarginate. L’hijab diventa simbolo di emancipazione: le donne sarebbero rispettate nell’Islam e libere di praticare la loro religione. La realtà di molti paesi musulmani, dove le donne sono costrette a portarlo o punite per violazioni, non intacca l’immagine glamour dei video su TikTok.

Un minore di 16 anni su due vuole teocrazia

La guerra di Gaza ha recentemente innescato nuove conversioni. Fenomeno già osservato tra terroristi occidentali dell’Isis, circa il 20 per cento dei quali si era convertito durante i combattimenti in Siria. Lo Stato Islamico ha promosso il suo paradiso digitale: nobili jihadisti che combattono per Allah, donne rispettate e «non ridotte ai loro corpi». Molti influencer musulmani operano in rete sostenuti da associazioni e organizzazioni, partecipando a seminari e scambi di informazioni. Parte dei finanziamenti proviene dall’estero, dagli Stati del Golfo. Le influencer donne rappresentano la controparte amichevole dei vecchi sceicchi barbuti, ricorda ancora Emma: non incitano all’odio, ma i loro messaggi fanatici non sono meno pericolosi, semplicemente confezionati in chiave femminile e pop.

TikTok e Instagram accelerano questa tendenza, visibile nelle scuole e nelle università. Insegnanti riferiscono di ragazze con velo e ragazzi che controllano il rispetto di preghiere e Ramadan, prendendo informazioni direttamente da internet. Un’insegnante di Vienna racconta di studentesse che si nascondevano nei bagni per mangiare durante il digiuno, temendo di essere smascherate.

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Università tedesche come Kiel e Charité a Berlino hanno ospitato eventi segregati con predicatori salafiti, sollevando preoccupazioni politiche. Uno studio del 2024 dell’Istituto di Ricerca Criminologica della Bassa Sassonia (KFN) mostra quanto i giovani musulmani siano vulnerabili ai movimenti islamisti: il 46 per cento dei minori di 16 anni intervistati concorda con la teocrazia come miglior forma di governo. Hansen chiude idealmente il cerchio – dalla campionessa di kickboxing alla predicatrice, dalla vita pubblica nello sport a quella digitale nella religione -, incarnando una nuova generazione di influencer salafite che mettono in discussione la libertà e la sicurezza della società occidentale.

Blog
Il medico condotto che cura tutti e non sa più dove abita
Data articolo:Sun, 23 Nov 2025 03:10:00 +0000 di Fabio Cavallari

Nel Paese dei Normali c’è un medico condotto che visita tutti. Dal neonato al novantenne, dal cane ferito alla suocera malinconica. Viaggia con una Panda del ’98 che conosce a memoria le buche ma non le strade. Dice che ormai il navigatore lo guida per compassione.

Ogni sera torna tardi, e una sì, una no, si scorda dove abita. La moglie lo chiama e lui risponde da un posto diverso: «Tranquilla, stasera dormo dai signori Bianchi, hanno fatto il risotto». Una volta è rientrato con una coperta di pile ricamata: «Grazie, dottore». Non ricordava di chi fosse il ringraziamento.

Il paziente non collabora

Dice che la medicina moderna ha dimenticato la stretta di mano e lui la distribuisce come vaccino morale. Ha le tasche piene di prescrizioni, caramelle e biglietti della tombola. A volte sbaglia casa, ma mai diagnosi. Si commuove quando gli anziani gli offrono vino o salame. «L’alcol uccide – dice – ma solo chi non ha più nessuno che gli voglia bene».

Ogni tanto si addormenta nel corridoio di un paziente, scambiato per un parente lontano. Una volta ha curato il gatto di una signora convinta di avere la febbre. Ha misurato la temperatura a entrambi e ha prescritto riposo a tutti e due.

Quando finalmente rientra, la moglie lo abbraccia e gli chiede se almeno stavolta abbia curato se stesso. Lui risponde: «Ci ho provato, ma il paziente non collabora». Poi si addormenta sul divano con lo stetoscopio al collo, pronto a sognare la prossima visita.

Nel Paese dei Normali è l’unico che non guarisce mai del tutto, ma fa guarire gli altri solo con la sua confusione.

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Tutto per costruire la pace
Data articolo:Sun, 23 Nov 2025 03:00:00 +0000 di Ubaldo Casotto

Fine 1945. Una stanza di quattro metri quadrati. È l’abitazione di Takashi Paolo Nagai a Nagasaki: Nyokodo (il luogo dell’amore a sé stessi), così ha voluto chiamarla.
2025, ottant’anni dopo. Sul palco del teatro tre teli trasparenti bianchi, uno frontale e due di quinta, cinque attori e una cantante lirica. La stessa essenzialità della casa e della vita del dottor Nagai, medico radiologo, dopo l’esplosione della bomba atomica su Nagasaki, l’8 agosto 1945.
Nagai. L’uomo che portò la pace a Nagasaki è una pièce del Teatro degli Scarrozzanti con la regia di Andrea Carabelli e Massimo Morelli, e il teatro è meglio vederlo in sala (le date del tour italiano le trovate qui). Io l’ho visto a Roma, al Teatro Marconi, il 16 ottobre 2025. Però poi ho voluto comprare il libro, per memorizzare lo struggente impatto dell’evento.
La “magia†della scienza atomica
E l’evento è questo: un uomo vissuto per curare gli altri, morto di leucemia a quarantaquattro anni, testimonia che per costruire la pace ...

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