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News da tempi.it

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Esteri
«La guerra con l’Ucraina porterà alla morte della Russia»
Data articolo:Mon, 01 Dec 2025 03:55:00 +0000 di Leone Grotti

Chiedete ad Aleksandr Danièl’, storico del movimento dissidente e cofondatore di Memorial in Russia, che cos’era il regime sovietico e forse vi racconterà alcuni episodi che sono rimasti impressi per sempre nella sua memoria. Come un viaggio di otto ore in treno da Mosca fino alla stazione di Pot’ma, e da lì, su una linea a scartamento ridotto, nelle profondità delle foreste della Mordovia, fino al villaggio di Javas, la “capitale†del campo di lavoro correzionale, un tempo noto sotto Stalin come “Campo Speciale n. 3†o Dubravlag. Contrariamente all’opinione diffusa in Occidente e anche in Russia, questo campo non fu affatto chiuso dopo l’epoca staliniana. Sotto Nikita ChruÅ¡Äëv e Leonid Brežnev smise di essere chiamato “lagerâ€, ma mantenne diverse sezioni per prigionieri politici e continuò a funzionare, triturando vite e distruggendo destini.
Il giovane Aleksandr a 14 anni intraprendeva questo viaggio insieme a sua madre (Larisa Bogoraz, anche lei in seguito arrestata per motivi polit...

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Salute e bioetica
Che tristezza questo nostro mondo che esalta il suicidio delle Kessler
Data articolo:Mon, 01 Dec 2025 03:54:00 +0000 di Lorenzo Malagola

Che cosa resta di noi quando la nostra vita volge al termine? Che cosa lasciamo quando affrontiamo l’Eternità? Queste due domande sono forse quelle che più hanno segnato la storia dell’uomo, dominando filosofia e scienza, e anche laddove la fede ha saputo rispondere dando una prospettiva che va ben oltre quella del nostro cammino in questo mondo, rimane complesso e misterioso riflettere su quel che accadrà a ciò che noi conosciamo quando non saremo più qui per vederlo. Alcuni di noi, molti, immaginano che la propria eredità si costruisca sui figli e i nipoti o su tutte quelle persone che, in un modo o nell’altro, ci hanno accompagnato nella vita e che abbiamo saputo accudire e far crescere. Con la speranza, all’ultimo istante, di poterci guardare indietro e sorridere per ciò che abbiamo fatto e per ciò che rimarrà.
E mentre faccio queste riflessioni, mi chiedo cosa pensassero le gemelle Kessler, Alice ed Ellen, quando hanno deciso di porre fine alla propria vita insieme, lo scorso 17 n...

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Magazine
Addio 2025, bentornato “Te Deumâ€. Che cosa c’è nel numero di dicembre di Tempi
Data articolo:Mon, 01 Dec 2025 03:53:00 +0000 di Redazione

Si chiude il 2025 e Tempi, come da tradizione, sfida il piagnisteo e il disfattismo che regnano nei media proponendo a dicembre l’attesissimo numero “Te Deumâ€, uno speciale dedicato a fatti, episodi e scoperte che in qualche modo (magari misterioso o drammatico) hanno reso positivo l’anno che volge al termine. A raccontare i loro motivi di gratitudine sono stavolta Päivi Räsänen, parlamentare ed ex ministro finlandese sotto processo dal 2019 per avere condiviso sui social alcuni versetti della Bibbia; Sebastien Lai, figlio di Jimmy Lai, l’editore più importante di Hong Kong incarcerato da cinque anni per il suo dissenso verso il regime cinese; Bashar Fawadleh, parroco dell’ultimo villaggio cristiano della Cisgiordania; “il Molokano†Renato Farina; Sara Ghidoli, mamma di una ragazza speciale; don Patricio “Pato†Hacin, che dalla scomparsa un anno fa di padre Aldo Trento guida la sua parrocchia-reducción ad Asunción; l’ex calciatore Vincenzo Sommese, appena tornato in campo come allenatore dopo una brutta vicenda di scommesse.

Il numero di dicembre 2025 di Tempi è già disponibile per tutti gli abbonati nello sfogliatore digitale e arriverà presto in carta e ossa nelle case degli abbonati che hanno scelto la formula full. A proposito, lo sapete che a Natale si può regalare l’abbonamento a Tempi a un prezzo speciale? Si chiama OFFERTA NATALE 2025: se regali un abbonamento a un amico non attualmente abbonato, risparmi 10 euro sia sulla formula full (cartaceo + digitale) che sulla formula digitale. Vale fino al 31 gennaio 2026. Qui tutti i dettagli.

Sesso a scuola, Bagnasco, Mamdani

Non è finita, ovviamente. Oltre al “Te Deum†infatti nel nuovo numero di Tempi c’è un piccolo dossier sull’educazione (o alienazione?) sessuo-affettiva con un affondo di Giancarlo Cesana e le inquietanti testimonianze raccolte da Caterina Giojelli di genitori di ragazzine trasformate in “trofei†trans. Il cardinale Angelo Bagnasco invece dice a Rodolfo Casadei di vedere in atto «una primavera della fede» in Italia e in Europa, mentre nel suo editoriale Emanuele Boffi spiega perché converrà votare “sì†al referendum sulla giustizia della prossima primavera. Continua poi la serie “Voci e visioni sul futuro di Milanoâ€: Lorenzo Margiotta ha intervistato questa volta uno dei massimi rappresentanti delle cooperative edilizie, l’urbanista Alessandro Maggioni.

Ampio spazio, come sempre, all’attualità internazionale nel numero di Tempi di dicembre. I lettori troveranno nella rivista una impressionante testimonianza di un sacerdote arrestato, torturato ed esiliato dal regime sandinista del Nicaragua; il ritratto di Mattia Ferraresi dell’aspirante “Trump democratico†Zohran Mamdani, neoeletto sindaco di New York; la grande intervista di Leone Grotti ad Aleksandr Danièl’, storico del dissenso antisovietico e cofondatore di Memorial, che dice: «La guerra con l’Ucraina porterà alla morte della Russia».

I nostri 30 anni, il viaggio dei magi

Con la fine del 2025 si concludono anche i nostri festeggiamenti per i 30 anni di Tempi: un onore che abbiamo affidato a Caterina Giojelli e Piero Vietti. È invece affidata a Matteo Brogi la rubrica “L’Italia del buon lavoroâ€, dove Stefano Davitti ripercorre la storia del Gruppo E, specializzato in information technology. E Matteo Rigamonti fa raccontare a Luca Lantero, direttore di Cimea, in cosa consiste «l’arte» di ricostruire il valore dei titoli di studio conseguiti all’estero.

Ancora. Marco Bona Castellotti confessa il proprio stupore per la quantità di bellezza scoperta nella mostra “Restituzioni†di Banca Intesa, Annalisa Teggi presenta il nuovo romanzo di Emmanuel Exitu sul viaggio dei re magi, Emanuele Boffi recensisce l’originale antologia di perle letterarie selezionate e chiosate da quel “lettore compulsivo†che è il nostro Lodovico Festa.

Le rubriche e il mensile da sfogliare

Senza dimenticare ovviamente le rubriche delle nostre firme: Lorenzo Malagola sulla tristezza di una società che esalta il suicidio delle gemelle Kessler, Marina Corradi sulla casa di famiglia che si svuota, la vignetta natalizia di Guido Clericetti, Pier Paolo Bellini sulla parola “soddisfazioneâ€, Simone Fortunato su Her, capolavoro di Spike Jonze, il diabolico Berlicche sull’uso e abuso di Falcone e Borsellino.

Tutto questo e altro ancora nel numero di Tempi di dicembre. In attesa che la rivista arrivi nelle loro case, gli abbonati possono già sfogliarla in formato digitale nell’area riservata del sito. I non abbonati, invece, farebbero bene ad abbonarsi subito. O magari a farsi regalare l’abbonamento a Tempi approfittando dell’OFFERTA NATALE 2025. E voi, insegnanti, ricordatevi che potete abbonarvi anche con la Carta del docente.

Blog
Un bambino “migliore†nascerà per voi
Data articolo:Mon, 01 Dec 2025 03:40:00 +0000 di Annalisa Teggi

Comincia l’Avvento, ma sono già spuntati come funghi i calendari con le caselle apribili e pieni di ogni genere di regalucci. Continuano a essere chiamati calendari d’avvento, ma l’attesa si riduce alla modesta frenesia di trovare una sorpresina da appagare di giorno in giorno. Dolcetti, profumi, makeup, giochi, conchiglie, tisane, candele, dinosauri, di tutto. Esiste persino “il calendario d’avvento mentre fai la caccaâ€.
A ogni azione corrisponde una reazione uguale e contraria, e così al veleno del delirio consumistico risponde il presunto antidoto del moralismo. Mossi da uno spirito di reazione a tutto questo edonismo natalizio, abbiamo creato il nuovo prodotto perfetto: il calendario d’avvento educativo. Per imparare i mestieri, per conoscere le emozioni, per sconfiggere lo stress, per riscoprire la lentezza.
L’attesa non c’entra più niente, è solo un gioco dell’oca infiocchettato con la scusa di un apprendimento orientato all’essere più responsabili, più sereni, più civili. Ci sf...

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Esteri
I tre ostacoli alla tregua in Ucraina
Data articolo:Sun, 30 Nov 2025 03:55:00 +0000 di Emanuele Boffi

«Questo piano non porterà a una pace giusta, ma eviterà una capitolazione». Ha risposto così Fausto Biloslavo, inviato di guerra e grande esperto del conflitto in Ucraina, alla nostra domanda su cosa dovessimo aspettarci dalle ultime trattative che riguardano il paese dell’Est Europa invaso dalla Russia il 24 febbraio 2022.

Venerdì siamo stati a Brescia, invitati dalla vivace associazione Tito Speri per un incontro intitolato “Dall’Ucraina al Mediterraneo nell’era dei conflitti permanenti”. A fare gli onori di casa è stato Massimiliano Battagliola, capogruppo di Brescia Civica in Loggia, cui è seguito l’intervento di Patrizio Campana, coordinatore di missioni umanitarie in Ucraina, che ha raccontato i suoi trenta viaggi nel martoriato paese per portare aiuti, soprattutto medici. Operazione difficilissima, ma fondamentale, dato il grande bisogno di ambulanze per soccorrere i feriti (proprio venerdì il Comune ha accolto la mozione di Brescia Civica per sostenere l’acquisto di un’ambulanza da portare al fronte).

La cronaca ha imposto di iniziare la conversazione parlando del cosiddetto piano di pace americano di 28 punti, poi ridotti a 19, per arrivare a un cessate il fuoco tra i due paesi. Il presidente russo Vladimir Putin ha già dichiarato di essere disposto a una tregua, a patto che l’Ucraina rinunci alla Crimea e al Donbass. Biloslavo conosce bene la situazione: si recò nel Donbass già nel 2014, era a Kiev quando i russi invasero il paese ed è stato spesso al fronte, sulla linea dei combattimenti. Un’esperienza che poi ha riversato nel libro Ucraina: Nell’inferno dell’ultima guerra d’Europa. Durante l’incontro ha mostrato alcuni spezzoni video dei suoi reportage, raccontando con sincera partecipazione le storie drammatiche dei soldati incontrati durante le sue missioni.

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I tre ostacoli

Qualunque sarà la formulazione del piano, secondo Biloslavo «non dobbiamo aspettarci una pace “giusta”, ma nemmeno una capitolazione». Esistono tre ostacoli, «che si stanno smussando», da superare per arrivare a una tregua. «Il primo riguarda le garanzie di sicurezza. Si potrebbe usare un “simil articolo 5” della Nato, come proposto dalla nostra presidente Giorgia Meloni. L’Ucraina non entra nell’Alleanza, ma i membri si impegnano a sostenerla in caso d’attacco. Verrebbe garantito uno scudo aereo e un contingente di stanza in Polonia. Dei tre ostacoli, questo mi sembra il più superabile».

Il secondo riguarda il numero delle forze armate ucraine. La Russia vorrebbe fossero ridotte a 100 mila uomini, gli Stati Uniti hanno proposto 600 mila, la nuova idea sarebbe di portarle a 800 mila unità. «Qui il problema – ha spiegato l’inviato di guerra – più che il numero riguarda la qualità degli armamenti».

Il terzo ostacolo è il più ostico «e riguarda i territori. Se la Crimea è sacrificabile, il vero problema è l’ultima porzione del Donbass, quel 16 per cento di territorio che la Russia non ha ancora conquistato. Quella è la linea del Piave, dall’alto valore simbolico per entrambi gli eserciti. Per arrivare a un accordo questa zona dovrebbe rimanere neutrale con una forte presenza di osservatori internazionali, come mi ha spiegato Keith Kellogg, l’inviato speciale della Casa Bianca che ho intervistato qualche giorno fa sul Giornale».

Un momento dell’incontro “Dall’Ucraina al Mediterraneo nell’era dei conflitti permanenti”, Brescia, 28 novembre 2025

Soluzione coreana

Da diverso tempo Biloslavo – lo aveva ricordato anche a Caorle nel giugno 2024 al festival organizzato da Tempi – vede come unica via d’uscita «non una pace ma un armistizio, un congelamento della linea del fronte, come avvenne nel 1953 lungo il 38° parallelo tra il nord e il sud della Corea».

Domanda semplice, ma cruciale: Putin accetterebbe una soluzione del genere? Ha risposto Biloslavo: «Non lo so, ma di una cosa sono certo: i russi non hanno vinto la guerra. Nelle intenzioni del loro presidente, avrebbero dovuto, nel giro di poco tempo, controllare il paese e farlo ritornare nell’orbita di Mosca, magari favorendo l’avvento di un governo amico. Invece, l’Ucraina ha resistito e ha riconquistato il 50 per cento dei territori che aveva perso. Si stima che la Russia abbia lasciato sul terreno oltre un milione di soldati, tra morti e feriti. E, anche dal punto di vista strategico, Putin deve farsi qualche domanda. Si è sempre lamentato di avere la Nato ai confini, ma finora l’unico risultato ottenuto dopo l’invasione dell’Ucraina è che altri due Paesi, Svezia e Finlandia, hanno aderito all’Alleanza atlantica».

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Riprendere fiato

Perché, allora, non proseguire il conflitto? «Putin è disposto ad andare avanti», ha risposto l’inviato di guerra. «Ma, parliamoci chiaro, l’iniziativa sul campo è russa. L’Ucraina ha raschiato il fondo del barile negli arruolamenti. Ha uomini che combattono da quasi quattro anni… mentre i russi sono di più».

Biloslavo porta un esempio per chiarire, raccontando di un eroico capitano ucraino di 60 anni che ha conosciuto al fronte. «Un amico, un eroe, un vero patriota, più volte ferito, che combatte nel Donbass. Oggi, tra soldati feriti, scappati e impazziti, si trova a guidare un gruppo di settanta persone. Per quel che deve fare, ne servirebbero cento. Quale capitano accetterebbe di continuare a combattere in simili condizioni? Quindi io dico, con estrema ammirazione per l’eroismo ucraino: amici, fermatevi, riprendete fiato, vi conviene trovare un accordo. Poi, fra 10 o 15 anni la situazione potrà essere diversa. Putin non è eterno e voi nel frattempo potrete entrare nell’Unione Europea. La stessa storia della Corea del Sud insegna che, congelato il conflitto, si può voltare pagina e molte cose possono cambiare».

Chiesa
«Il Papa venga anche qui nel sud del Libano dove la fede è sotto minaccia»
Data articolo:Sun, 30 Nov 2025 03:45:00 +0000 di Leone Grotti

«La nostra gioia per la visita del Papa in Libano è grande, ma è frammista a un profondo dolore: avremmo voluto che il Santo Padre venisse in questa terra di frontiera per vedere con i suoi occhi il testamento vivente della fede sotto minaccia». Ayoub Khraish è il sindaco di Ain Ebel, uno dei più importanti villaggi cristiani del sud del Libano al confine con Israele.
Durante la guerra tra lo Stato ebraico ed Hezbollah, i circa 1.500 abitanti del paese sono stati messi a dura prova: una decina di case sono state distrutte, un centinaio danneggiate. Per qualche mese, la popolazione è stata costretta temporaneamente a fuggire, ma un manipolo di coraggiosi è rimasto anche durante la fase più dura dei bombardamenti pur di fare la guardia al paese e impedire ai miliziani di Hezbollah di infiltrarlo.
La guerra ha portato via tutto ai cristiani di Ain Ebel: il turismo, principale fonte di sostentamento dei suoi abitanti, è stato azzerato. La raccolta di olive, dopo il rogo di oltre diecimila ...

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Blog
Il male assoluto in formato tascabile
Data articolo:Sun, 30 Nov 2025 03:15:00 +0000 di Emiliano Ronzoni

Cos’è il demoniaco? Cosa diavolo è mai il diavolo? E non ditemi che la questione non vi interessa. Caso mai ci fosse un mistero che stia al pari di quello della nostra vita, ebbene questo non potrebbe essere altro che il mistero della sua presenza. Di lui, il diabolon. Perché c’è? Cosa mai è? Dove sta? E cosa sta a far che?
La prima cosa che dovete fare è scordare tutte le americanate hollywoodiane – più volgari e oscene del diavolo stesso –, sprizzanti orrore da tutte le parti con ghigni terrificanti, ululati e echi cavernosi. Se volete trovarlo cercatelo dove la vita è stupida e meschina. Forse, a volte, non occorre nemmeno andare tanto lontano. Oppure lo troverete che sta lì e si aggira in una polverosa, sperduta, cittadina di una sperduta provincia del fine Ottocento russo.
Sto parlando del mondo descritto da Il demone meschino di Fëdor Sologub, un libro poco conosciuto in Occidente ma che è stato definito il più perfetto dei romanzi russi dopo quelli di Dostoevskij. Andrej Belyj ...

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Sport
511 milioni e non dimostrarli. Perché il Liverpool è in crisi
Data articolo:Sun, 30 Nov 2025 03:15:00 +0000 di Sandro Bocchio

Cinquecentoundici milioni di euro per ritrovarsi dodicesimo. Come in Italia è posizionato il Torino, che di milioni – al mercato estivo – ne ha spesi sedici. Dicevano (e dicevamo) che il Liverpool sarebbe stata la squadra da battere, in Inghilterra e in Europa. E in tanti l’hanno battuto… L’ultimo a iscriversi alla gara degli schiaffoni ai Reds è stato, in Champions League, il Psv Eindhoven, ricco di gente congedata in fretta dalla nostra Serie A e passato con un sonoro 4-1 mercoledì a Anfield Road. Dove, a un certo punto, i tifosi olandesi si sono messi ad applaudire ironicamente i colleghi locali che stavano abbandonando lo stadio a match in corso.

È stata la nona sconfitta nelle ultime dodici partite, la terza consecutiva incassando tre reti di scarto: mai era successo in una storia cominciata nel 1892 e impreziosita con 55 titoli ufficiali. Soffiano venti gelidi sulla panchina di Arne Slot, chiamato nel 2024 a raccogliere la pesante eredità di Jurgen Klopp. Il Liverpool non ama cambiare in corsa ma, se obbligato, lo fa. L’ultimo tecnico cacciato prima del tempo era stato Brendan Rogers, licenziato il 4 ottobre di dieci anni fa per abbracciare chi aveva fatto grande il Borussia Dortmund. Il turno di domenica, in casa del West Ham, potrebbe essere decisivo. In ogni senso.

Tigre di carta

Slot non è nuovo a questi periodi di crisi. Gli era già successo la passata stagione, dopo un inizio formidabile in Premier League con undici vittorie (più un pareggio e una sconfitta) nelle prime tredici giornate e un primo posto a +9 sul Chelsea. Un vantaggio poi decisivo quando seguì un appannamento che costò prima l’uscita in FA Cup, quindi in Champions e infine nella Coppa di Lega. Tre battute a vuoto emendate dalla conquista del titolo. Oggi, quel titolo, è già lontano undici punti, mentre in Europa la situazione può complicarsi visto che, prima del Qarabag all’ultima giornata, le avversarie saranno Inter in casa e Marsiglia fuori. E non infonde fiducia quanto sta attualmente offrendo il Liverpool.

Eppure l’inizio in Premier era stato prepotente: cinque successi consecutivi, compreso quello sull’attuale capolista Arsenal. Poi, dall’1-2 incassato in trasferta con il Crystal Palace, l’Invincibile Armata si è trasformata in una tigre di carta: difesa friabile, centrocampo colabrodo, attacco spuntato, idee smarrite, atteggiamento tattico e psicologico dimesso.

L'allenatore del Liverpool, Arne Slot, a bordocampo
L’allenatore del Liverpool, Arne Slot (foto Ansa)

La rivoluzione fallita di Slot sul mercato

In estate Slot aveva chiesto – e ottenuto – una rivoluzione del gruppo, per smarcarsi definitivamente da Klopp e mettere una impronta personale sulla squadra e sul gioco. Ingressi di alto profilo, come Isak, Wirtz ed Ekitike per dare corpo al 4-2-4 altamente offensivo immaginato dal tecnico. Ma gli acquisti si sono rivelati finora non all’altezza della nuova realtà, mentre hanno pesato (eccome) gli addii. Quello di Alexander-Arnold innanzitutto, che ha costretto il povero Szoboszlai a sacrificarsi come terzino destro in mancanza di alternative non ritenute all’altezza. E quelli di Luis Diaz e Nunez in attacco. Gente che, oltre ai gol, assicurava anche equilibrio alla squadra.

L’equilibrio che manca oggi clamorosamente, visti l’eclissarsi di Salah (un anno fa di questi tempi, e a contratto da rinnovare, dispensava mirabilie; ora è la pallida controfigura di se stesso), l’appannarsi di elementi chiave come Van Dijk e gli infortuni vari, grazie ai quali Federico Chiesa è stato inserito all’ultimo in lista Champions, dimostrandosi uno dei più vivaci. Senza dimenticare, infine, quanto continui a pesare l’assenza di Diogo Jota, morto il 3 luglio in un tragico incidente stradale. Un evento ancora dolorosamente vivo nella testa di molti suoi compagni.

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Per tentare di ritrovare una identità, Slot ha abiurato il 4-2-4 per passare a un più conservativo 4-3-3. In teoria dovrebbe garantire maggiori sicurezze, nella realtà dei fatti pare aver ancora più confuso i Reds. Il Liverpool ha innanzitutto bisogno di ritrovare la propria forza mentale e di gruppo, oltre a un sistema di gioco efficace. E non potrà farlo da solo. Ma se viene abbandonato anche dai tifosi, allora significa che qualcosa si è realmente rotto.

Blog
Il milanese senza fissa dimora che dorme tra due fermate
Data articolo:Sun, 30 Nov 2025 03:10:00 +0000 di Fabio Cavallari

C’è un ragazzo che vive a Milano ma non ha un indirizzo. Dice che tanto l’ultima moda è il minimalismo. Dorme dove capita, «così non pago le spese condominiali». Ogni mattina si lava in stazione, che per lui è la spa dei poveri con vista binario.

Una volta aveva un lavoro, ma poi l’hanno sostituito con un tirocinante felice. «Io non reggevo tutta quella motivazione gratuita», racconta. Adesso raccoglie bottiglie: dice che almeno quelle, se vuote, valgono qualcosa.

Orari fissi

Conosce i bar dove danno gli avanzi e i portoni dove non chiude mai bene il citofono. «Milano è una città accogliente», dice, «basta bussare al posto giusto e con la faccia giusta di chi non serve a niente». Quando piove entra nei musei, «tanto l’arte non scappa».

I volontari lo chiamano per nome, ma lui cambia nome ogni settimana: «Mi tengo aggiornato, come i software». Una volta gli hanno chiesto se si sentisse solo. Ha risposto: «No, condivido lo spazio con le mie delusioni. Pagano meno dell’affitto».

Non ha casa, ma ha orari fissi. Alle sette il caffè offerto, alle dieci il controllo polizia, a mezzanotte il tram che fa da ninna nanna. Dice che dormire tra due fermate è comodo: «Se sogno di partire, sono già in viaggio».

Cultura
Sii terra ora
Data articolo:Sun, 30 Nov 2025 03:00:00 +0000 di Marina Corradi

12 ottobre, Monferrato. Fa ancora caldo, ma la terra sa che l’estate è finita. I girasoli alti quasi come uomini, anneriti dal solleone, se ne stanno in fila come un esercito. Le corolle pesanti reclinate sembrano capi chini di soldati sconfitti. 
Le rose, ancora, sbocciano, più pallide. Le viti americane sono splendide, del colore del sangue. Ma oggi ho guardato la terra dei campi già rivoltati, e per la prima volta mi è sembrata molto bella.
Bella la nudità delle zolle frantumate, nella loro assoluta povertà. Non hanno più messe né foglie, non hanno più niente. Solo creta indurita e riarsa, in questo ultimo sole. La terra consumata, spogliata e annichilita, diresti.
Eppure come è bella, in questo suo starsene aperta al cielo, qualunque cosa ne venga: pioggia, gelo, neve, semi randagi portati dal vento. Prima di essere seminata la terra va ribaltata, scomposta, ridotta in frammenti. Proprio in quelle spaccature nere troveranno dimora i semi della futura stagione. 
Non ci avevo ma...

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