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Cultura
Ritorno in sala: nuove vie per la ripresa del cinema
Data articolo:Thu, 27 Nov 2025 11:29:00 +0000 di Redazione

Parlare di cinema, scrivere di cinema, anzi dei cinema come luoghi, dopo quello che il Covid ha rappresentato in termini di chiusure, difficoltà economiche, cambiamenti di abitudini del pubblico, non è semplice. La pandemia ha rappresentato un autentico shock per tante attività imprenditoriali e in particolare per quelle di spettacolo (cinema, teatri, musica) che vivono grazie all’aggregazione delle persone. I lockdown, la permanenza forzata nelle case, il proliferare delle piattaforme e il loro potenziamento esponenziale, hanno cambiato velocemente le nostre abitudini di fruizione di cinema; o, forse, dal tragico 2020 hanno semplicemente accelerato un processo che era già in atto da tempo. Ricordo, in quei mesi, diversi articoli e interventi che annunciavano – talvolta anche in modo un po’ compiaciuto – la morte dei cinema come luoghi e facevano presagire un futuro fatto sempre più di visioni private di film e contenuti audiovisivi. Uno scenario che valeva a livello internazionale, quindi anche per l’Italia. Anche la major americane, da Hollywood, avevano incrementato i loro investimenti sulle piattaforme. Sembrava quasi che per i cinema non ci fosse futuro.

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Esteri
Occorre prepararsi a una cultura della difesa
Data articolo:Thu, 27 Nov 2025 11:24:42 +0000 di Antonio Gozzi

Per gentile concessione dell’autore ripubblichiamo un articolo di Antonio Gozzi apparso su Piazza Levante.

* * *

Spesso si legge e si dice che il mondo negli ultimi anni è cambiato e in peggio. Certamente ciò è vero per noi occidentali, e per noi europei in particolare.

La mia generazione ha avuto la straordinaria fortuna di nascere e vivere un lungo periodo di pace e di prosperità, una fase senza eguali e senza precedenti nel nostro continente. Un periodo in cui, contrariamente a quanto accaduto ai padri e ai nonni, la guerra non ha fatto parte della nostra vita, con tutto il suo portato tragico di lutti, di distruzione e di morte.

Protetti dall’ombrello atomico americano e dalle armi della NATO (le cui spese in questi 80 anni per più della metà sono state a carico dei contribuenti americani) gli europei si sono potuti occupare di crescita, di welfare, di diritti civili, di ambiente ecc. Ed hanno pensato di essere diventati i più bravi, intelligenti e belli del mondo; i primi della classe insomma, capaci di imporre a tutti le proprie regole e la propria visione, e a questo chiamati. 

Abbiamo coniato il termine “soft powerâ€, intendendo con questo l’illusione che tutto potesse essere regolato senza l’uso della forza ma sulla base di un sistema multilaterale di regole e diritti che la comunità internazionale, per essere tale, doveva rispettare.

Con la caduta del comunismo e del muro di Berlino qualcuno è arrivato a parlare di “fine della storiaâ€, sostenendo che il mondo si era ormai avviato ad un’omologazione totale guidata dagli standard economici e giuridici dell’Occidente.

Non era così; e come spesso succede, riscuotersi dal sonno della presunzione è stato un brusco e brutto risveglio.

Vorrei riassumere quello che è avvenuto negli ultimi tre anni con il deflagrare di due conflitti alle porte dell’Europa, Ucraina e Medio Oriente.

Senza fare ragionamenti sulle cause fondanti dei due conflitti, ma solo limitandomi alla constatazione e al riconoscimento di aggrediti e di aggressori, non si può non rilevare come si sia creato di fatto un asse di paesi autocratici ed aggressivi che hanno attaccato due avamposti occidentali, l’Ucraina e Israele.

Questo asse dell’aggressione è fatto dalla Russia di Putin e dall’Iran degli ayatollah (i due mondi sono in collegamento stretto, molti dei droni che colpiscono l’Ucraina sono prodotti in Iran) con una silente presenza cinese che si è ben guardata dall’impedire le aggressioni.

Putin si muove sempre più chiaramente in un disegno neoimperialista che vuole riportare l’influenza russa il più vicino possibile a quella che fu la dominazione sovietica sui Paesi dell’Est europeo. L’Iran e le sue proxy, Hezbollah, Hamas, Houthi, milizie sciite irachene ecc. si sono mosse con l’obiettivo di cancellare Israele dalla carta geografica, “dal fiume al mare†come, purtroppo, urlano nei cortei molti giovani occidentali.

Ma al di là delle aspirazioni pacifiste di vastissimi settori delle opinioni pubbliche occidentali, nutrite di buona fede e del comprensibile ripudio della forza e delle armi, ciò che emerge con forza sempre maggiore è che nei confronti degli autocrati e dei loro regimi gli sforzi diplomatici, sempre comunque benedetti, non servono.

In Europa per anni si è invocata un’iniziativa diplomatica in luogo o collateralmente all’invio di armi all’Ucraina; ma ogni sforzo è stato vano. Putin non ascolta ragioni, non vuole trattare, ha mandato al macello centinaia di migliaia di giovani russi perché vuole annientare l’Ucraina come paese libero e indipendente, e sente solo il rapporto di forza.

Come abbiamo detto tante volte, in questo contesto, il pacifismo è solo il pacifismo della resa, e bisogna purtroppo ritornare a difendersi e a farlo in maniera efficiente e strutturata.

Le due vicende, Ucraina e Israele, stanno lì davanti a noi a dimostrarlo.

La vicenda Ucraina sta volgendo verso una difficilissima situazione di Kiev che si trova, senza più il sostegno americano, dinanzi ad un nemico che non può sperare di sconfiggere. La lezione è brutale e drammatica: senza gli americani e la loro forza e la loro deterrenza, l’Europa rischia di essere in balia delle minacce e delle mire espansionistiche di Putin.

Lo hanno capito benissimo Svezia e Finlandia, paesi tradizionalmente fuori dalla Nato, che dopo l’invasione russa dell’Ucraina, sono corsi a chiedere l’ingresso nell’alleanza atlantica. Lo hanno capito benissimo Polonia e Paesi Baltici, che stanno vivendo un processo di riarmo difensivo accelerato sostenuto dalle opinioni pubbliche interne sempre più spaventate dalle mire e dall’aggressività dell’orso russo. 

Lo ha capito finalmente anche l’Unione europea, che ha lanciato un complesso e difficile piano di riarmo e di difesa.

La strada, senza gli USA sempre più concentrati sul quadrante del Pacifico, è lunga e difficile, perché è chiaro che ci vorrà molto tempo prima che gli europei riescano ad esprimere una deterrenza efficace, e che farlo costerà tanti soldi, ed impoverirà il lusso del modello sociale europeo per tanti anni orgogliosamente sostenuto ma pagato in buona parte dai contribuenti americani.

L’Europa quindi in questo momento è in una situazione di rischio grave; non solo per la difficilissima governance in caso di tensioni internazionali ai suoi confini, ma anche perché oggi, come dice onestamente il Ministro italiano della difesa Crosetto, non siamo pronti a reggere un’aggressione.

Anche la vicenda di Israele insegna qualcosa e fa riflettere.

La straordinaria forza militare e tecnologica di quell’avamposto dell’occidente in quell’area del mondo, e il sostegno dell’America di Trump, che in questo caso c’è stato, hanno fatto sì che il disegno dell’Iran di cancellare Israele sia stato sconfitto, sia pure al prezzo altissimo delle infinite sofferenze del popolo palestinese di Gaza tenuto prigioniero dai mafiosi tagliagole di Hamas.

Questa sconfitta dell’Iran, duramente colpito militarmente e nelle sue ambizioni nucleari, anche grazie all’intervento diretto dei bombardieri Usa, apre prospettive nuove di pace per tutto il medio-oriente, se è vero, come è vero, che il 7 ottobre è stato anche il disperato tentativo di impedire che anche l’Arabia Saudita aderisse agli accordi di Abramo.

Bisogna capire che non c’è che la deterrenza e l’uso della forza per fermare chi aggredisce e non sente alcuna ragione diplomatica. Bisogna prepararsi a difendere, con molti sacrifici e senza spirito di resa, la civiltà europea che abbiamo costruito negli ultimi 80 anni e che molti ci invidiano. 

Sarà un lavoro difficile e pieno di sacrifici. Ma l’alternativa qual è?

Blog
La persecuzione dei cristiani in Nigeria è reale e drammatica
Data articolo:Thu, 27 Nov 2025 07:38:47 +0000 di Lodovico Festa

Su Scenari economici Fabio Lugano scrive:

Inizialmente si parlava di 227 persone. Un numero già enorme, sufficiente a far cadere governi in qualsiasi democrazia occidentale funzionante. Ma la contabilità del terrore è stata aggiornata al rialzo. La Christian Association of Nigeria (CAN), per bocca del vescovo Bulus Dauwa Yohanna, ha confermato che il numero reale dei rapiti lo scorso venerdì dalla St. Mary’s Catholic Primary and Secondary School di Papiri, nello Stato del Niger, è salito a 315. L’aggiornamento si è reso necessario dopo un “censimento†doloroso: molti genitori, sperando che i figli fossero scappati nel caos, si sono presentati a scuola solo per scoprire che i ragazzi mancavano all’appello. Ottantotto studenti, che si credeva fossero sfuggiti alla rete dei terroristi, sono stati invece catturati mentre tentavano la fuga.Ecco il quadro aggiornato delle vittime in mano ai rapitori:• Totale Rapiti: 315• Studenti (Maschi e Femmine): 303• Insegnanti: 12• Dinamica: Assalto c...

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Esteri
Trump in Ucraina segue la sua “agenda energeticaâ€
Data articolo:Thu, 27 Nov 2025 03:55:00 +0000 di Rodolfo Casadei

Le prime reazioni negative di ucraini ed europei all’originario piano americano in 28 punti per la fine del conflitto fra Russia e Ucraina hanno provocato la controreazione di Donald Trump che ha accusato Volodymyr Zelensky di non mostrare gratitudine per tutto l’aiuto che gli Usa hanno fornito al suo paese nella guerra coi russi e gli europei di essere ipocriti, perché mentre sostengono la linea dell’intransigenza continuano ad acquistare petrolio dalla Russia.
Le repliche europee all’addebito trumpiano non sono state veementi come ci si sarebbe potuti aspettare: secondo i dati ufficiali, l’acquisto di greggio russo da parte dei paesi Ue è sceso dal 27 al 3 per cento del totale delle loro importazioni di petrolio fra il 2021 e il 2024. Quello che ancora viene acquistato finisce quasi tutto in Ungheria e Slovacchia, più una piccola quota in Repubblica Ceca, tutti paesi che hanno ottenuto esenzioni temporanee dalle sanzioni anti-russe decise in sede Ue per motivi logistici e geografici...

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Chiesa
Il viaggio del Papa in Turchia e Libano riguarda anche l’Europa
Data articolo:Thu, 27 Nov 2025 03:45:00 +0000 di Leone Grotti

Unità tra i cristiani e costruzione della pace. Sono questi i due temi che faranno da sfondo al primo viaggio apostolico di Leone XIV, che oggi arriverà in Turchia, dove resterà per tre giorni prima di proseguire per il Libano.

Da Nicea a Erdogan

La visita a Iznik, dove si trovava l’antica Nicea, era stata inizialmente pianificata da papa Francesco per commemorare i 1.700 anni dal Concilio di Nicea, durante il quale fu formulato il Credo che ripristinò l’unità della Chiesa. Papa Leone l’ha confermata e celebrerà l’anniversario insieme al patriarca ortodosso di Costantinopoli Bartolomeo.

La visita in Turchia non sarà importante solo dal punto di vista del dialogo con la Chiesa ortodossa. Stamattina Leone XIV incontrerà anche Recep Tayyip Erdogan in un momento storico in cui il presidente turco è fondamentale in tutte le principali partite geopolitiche, dalla Palestina all’Ucraina, ma è anche protagonista in patria di un’offensiva dittatoriale per rimanere al potere in modo indefinito, fatta di arresti di oppositori politici e persecuzioni giudiziarie.

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Cristiani discriminati in Turchia

Il Papa incontrerà anche i responsabili degli Affari religiosi e sicuramente ne approfitterà per chiedere più libertà per i cristiani in Turchia. Nel paese dove è stato utilizzato per la prima volta nella storia il termine “cristiano” (ad Antiochia) la Chiesa rappresenta appena lo 0,05% della popolazione su 82 milioni di abitanti.

La vita dei cristiani in Turchia è attivamente ostacolata: la Chiesa cattolica non ha personalità giuridica e non può possedere beni, né essere finanziata dallo Stato. Costruire seminari è vietato, al pari di scuole e chiese.

Nonostante questo, l’attuale amministratore del Vicariato apostolico dell’Anatolia, monsignor Antuan Ilgit, è turco. Ad aspettare il Papa ci saranno non solo i cristiani autoctoni, ha spiegato in un’intervista ad AsiaNews, «ma anche i rifugiati – iracheni, siriani, iraniani – che hanno fatto triplicare i numeri della Chiesa».

La gente passeggia in Turchia davanti alla Moschea blu di Istanbul, che sarà visitata da Leone XIV
La gente passeggia in Turchia davanti alla Moschea blu di Istanbul, che sarà visitata da Leone XIV (foto Ansa)

L’unità dei cristiani è tutto

Il ruolo della Chiesa in Turchia – che Leone XIV incontrerà a Istanbul venerdì mattina, durante una riunione con l’episcopato, e sabato pomeriggio alla Messa con 4.000 fedeli presso la Wolkswagen Arena – è «essere un seme perché abbiamo un’eredità molto bella, di cui dobbiamo essere testimoni autentici», spiega monsignor Ilgit.

«Proprio l’anniversario del Concilio di Nicea ci ricorda questo lascito, che ha dato un’impronta al mondo. Lo ricorda a noi e all’Europa, visto che spesso il cristianesimo è molto eurocentrico: invece il centro deve essere Cristo e il suo messaggio è partito da questa terra, così importante per la cristianità e dove invece oggi la Chiesa quasi non esiste».

Qui, insiste, «un tema centrale è senz’altro l’unità tra i cristiani. Qui viviamo un ecumenismo della vita molto intenso con la comunità ortodossa. È importante per la testimonianza tra i musulmani».

Leone XIV nel Libano senza pace

Domenica Leone XIV proseguirà la sua visita apostolica in Libano, un piccolo paese affacciato sul Mediterraneo che da decenni non conosce altro che guerra, devastato dall’ultimo conflitto tra Israele ed Hezbollah e da una crisi economica che non sembra avere fine, eppure fondamentale per la Chiesa cattolica.

Il perché lo spiegava a Tempi a inizio anno il patriarca maronita, cardinale Bechara Boutros Rai: «Come diceva san Giovanni Paolo II, il Libano è un messaggio. Siamo l’unico paese nel mondo arabo con un sistema che conserva e protegge la molteplicità culturale e religiosa. Solo in Libano l’islam non è la religione di Stato. Solo in Libano c’è democrazia. Solo in Libano sono riconosciute tutte le libertà civili, compresa quella religiosa e di coscienza. Solo qui un musulmano, se vuole, può convertirsi liberamente al cristianesimo. Solo in questa terra la convivenza tra religioni diverse è prevista e regolata dalla Costituzione».

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L’Europa dovrebbe aprire le orecchie

In Libano il Papa visiterà i principali santuari mariani del paese, incontrerà le autorità e celebrerà una grande Messa davanti all’area distrutta del porto di Beirut dalla violentissima esplosione del 4 agosto 2020. Alla funzione parteciperanno anche migliaia di cristiani dai paesi vicini.

Qui Leone XIV spiegherà l’importanza di essere «operatori di pace», come da motto della visita apostolica, e di mantenere la propria identità. «Il valore del Libano risiede nel fatto che ciascuno dei suoi gruppi mantiene il proprio ruolo e la propria identità», ha detto il cardinale Rai all’Afp. «Il Papa non viene a dire “abbandonate la vostra identità”, ma piuttosto “vivete la vostra identità”». Un discorso che anche l’Europa farebbe bene ad ascoltare.

@LeoneGrotti

Cultura
“Orfeoâ€, un film buzzatiano bello da morire
Data articolo:Thu, 27 Nov 2025 03:15:00 +0000 di Piero Vietti

«O morte, o morte/ dono sapiente del Dio./ Da te le grazie del mondo/ anche l’amore./ E ora qui, dove tu non ritorni/ con occhi vuoti guardiamo/ le nubi, il mare, le selve/ senza più misteri».

Era cara la morte a Dino Buzzati – sebbene temuta più di ogni cosa – perché in fondo dà un senso alla vita. I versi citati compaiono in Poema a fumetti, graphic novel del 1969 (la prima in assoluto in Italia) che racconta la discesa agli inferi di Orfi per riportare in vita Eura, la ragazza che ama. Mito di Orfeo e Euridice ai giorni nostri, ma anche Divina Commedia buzzatiana che si interroga sul confine che c’è tra il nostro mondo e quell’altro, tra la vita e la morte, è un’opera che sbudella le domande sul tempo che passa, le attese, il mistero delle cose e la loro inevitabile corsa verso la fine.

“Orfeo”, storia di un amore e di una perdita

La locandina di "Orfeo", film di Virgilio Villoresi ispirato a "Poema a fumetti2 di Dino Buzzati

Onirico, scandaloso (ci sono un sacco di nudi di donne che all’epoca scandalizzarono), profondo, malinconico e commovente, Poema a fumetti adesso è diventato un film, Orfeo, che lo reinterpreta senza snaturarlo e riempie lo schermo di oggetti, simboli, disegni e suoni che, proprio come in un racconto di Buzzati, rimandano sempre a qualcos’altro. Presentato all’ultima Mostra del cinema di Venezia e da oggi in alcuni cinema selezionati (lo ha girato Virgilio Villoresi, lo distribuisce Double Line, l’elenco delle sale in cui lo proiettano, in aggiornamento costante, lo trovate qui), Orfeo non è un film “facileâ€, ma neppure una chicca che solo gli appassionati dello scrittore, giornalista e pittore bellunese possono apprezzare. Girato con attori veri, tecnica stop motion e animazione, è «una storia d’amore ma anche di una perdita, e la scoperta di un mondo sconosciuto».

La storia d’amore è quella tra il pianista Orfeo (in Poema suonava la chitarra) e la bella e misteriosa ballerina Eura, interpretati da Luca Vergoni e Giulia Maenza. È una storia che Buzzati non racconta e che Villoresi immagina ispirandosi alle pagine di altre opere dello scrittore – la lettera che lui scrive a lei è il «Vorrei che tu venissi da me in una sera d’inverno» di Inviti superflui, da La boutique del mistero. Un amore che inizia a finire al suo culmine, quando «un suono ci colse di sorpresa» in una baita sulle Dolomiti: c’è tutta la poetica buzzatiana in quel rumore inquietante che rompe un idillio, ricordando a chi lo sente che qualcosa – la morte – incombe come un triste presagio su ogni istante della nostra esistenza.

Una scena di "Orfeo", film di Virgilio Villoresi
Orfeo scende nell’aldilà in una scena del film

Il viaggio nell’aldilà

Eura sparisce, dopo non essere riuscita a dire a Orfeo che sta male. E quando, affacciato dalla finestra della sua casa in via Saterna, strada immaginaria che Buzzati colloca proprio dietro a via Solferino a Milano, lui vede l’ombra di lei attraversare la porta del giardino di una villa misteriosa in cui nessuno è mai entrato, vuole correre a salvarla, e riportarla tra i vivi per amarla ancora. Quella porta è una delle innumerevoli sparse per il mondo che conducono all’aldilà, e il bussare insistente di Orfeo, come nel mito, la fa aprire.

Il viaggio nel mondo dei morti in cui Villoresi accompagna spettatore e protagonista è pieno di musica malinconica e bellissima, arazzi, oggetti come nostalgie, donne provocanti che però non sono Eura; ci sono anime che guardano da certi spioncini il mondo dei vivi e rimpiangono ciò che poteva essere e non sarà mai più; c’è il palazzo dei maniaci dove i morti a due e due passano l’eternità a cercare di ricordare.

C’è il diavolo custode, una giacca stregata che spiega e fa vedere gli inferi al pianista innamorato, così simili a Milano; c’è il tempo che sta per finire prima di potere riabbracciare Eura, un corno da suonare sulle montagne, emissari della morte che portano via il cadavere di Orfeo bambino; c’è un treno «direttissimo espresso dell’eternità della morte» che sta per partire, una voce che attraversa gli «Himalaia delle anime» per amore e c’è un anello verde che è una promessa.

L'attrice Giulia Maenza in una scena del film di Virgilio Villoresi "Orfeo"
Giulia Maenza è Eura nel film “Orfeo”

Che cos’è la vita? E la morte?

Orfeo è un pezzo di cinema di altissima qualità, ha il ritmo di un sogno ed è girato con tecniche artigianali e sperimentali insieme; soprattutto, ha il pregio di parlare di qualcosa che la cultura contemporanea non osa più affrontare, la morte, e lo fa parlandone come la fine di tutto, ma come di qualcosa che c’entra con la vita e con il significato delle nostre attese, paure, gioie. È nell’al di là di Poema a fumetti che i morti «con occhi vuoti» guardano «le nubi, il mare, le selve senza più misteri». Che cos’è la vita? Perché si muore? Né Poema a fumetti né Orfeo si azzardano a rispondere. Ma all’uomo che accanto alla porta del giardino misterioso dice che dall’altra parte non c’è nulla, e tutto era fantasia, Buzzati e Villoresi rispondono con una promessa sussurrata: «Un giorno ci rivedremo».

Esteri
Per gli ostaggi armeni dell’Artsakh neanche un po’ della giustizia di Sharm
Data articolo:Thu, 27 Nov 2025 03:10:00 +0000 di Renato Farina

A Sharm el-Sheik, in Egitto, davanti a un mare favoloso, i leader massimi di 22 Stati hanno firmato, o meglio controfirmato, l’accordo di pace per Gaza tra Israele e Hamas di fatto imposto da Donald Trump alle parti atrocemente confliggenti dal 7 ottobre 2023. Intanto, quel lunedì 13 ottobre 2025 (data completa come si conviene quando si avverte lo scalpiccio di cavalli della storia che passa) si è realizzata una “treguaâ€. Fine bombardamenti, ostaggi liberati, inizio della restituzione dei corpi morti alle famiglie.
Che c’entra il Molokano, che se ne sta con i suoi guai e le sue ferite che non cicatrizzano, sul lago di Sevan? L’Armenia mi ha insegnato che esiste la comunione dei morti, le schiere delle vittime, le lacrime passate e presenti dei miti, mescolate ai denti degli assassini, giacciono nel lago della nostra umanità intera. Una “scintilla di speranza†in Terra Santa (definizione di Leone XIV) buca il buio del mondo intero, mobilita ogni popolo a ricordare cos’è la luce, per ce...

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Società
La “famiglia nel bosco†e le domande che dobbiamo porci
Data articolo:Thu, 27 Nov 2025 03:00:00 +0000 di Redazione

Caro direttore, la vicenda della famiglia di Palmoli cui sono stati tolti i figli pone diversi interrogativi che vorrei provare a mettere in luce. Si sarebbe forse tentati, soprattutto a fronte delle notizie che pian piano emergono in merito, di sorvolare rapidamente, dicendo che “insomma, siamo nel 2025â€, “non si può vivere in quelle condizioniâ€, “sono proprio dei selvaggiâ€, “come si può permettere a dei bambini di crescere in una condizione simile†e via dicendo. E, quindi, in sostanza, “se lo sono meritatiâ€. Invero siamo davanti a un accadimento che chiede di essere osservato con grande attenzione poiché, come è stato fatto notare molto bene dall’articolo di Caterina Giojelli, chiama ad una seria riflessione su un tema atavico e delicatissimo: la libertà di educazione dei propri figli.

Perciò, al di là delle responsabilità di queste persone, i recenti fatti – e i tam tam che ne sono conseguiti ne sono una dimostrazione – convocano a considerazioni più vaste e profonde, che riguardano tutti e ciascuno, anche chi figli non ne ha. Perché, in un certo senso, ci rimettono davanti un aspetto fondamentale e irrinunciabile della vita umana, cioè la vita insieme, la vita comunitaria e, dunque, la vita stessa poiché la solitudine non permette la vita né il propagarsi di essa.

Il diritto alla relazione (non solo nel bosco)

Certamente se i servizi sociali hanno, dopo vario tempo e diversi tentativi, optato per questa drastica soluzione, avranno avuto i loro motivi. Ciò detto, dato che la ragione addotta per il provvedimento non è, come in un primo momento si era pensato, legata all’impossibilità dei giovanissimi figli di andare a scuola (stanno infatti seguendo un percorso di scuola domiciliare legalmente riconosciuto), né è stata determinata solo dalle condizioni di disagio domestico (acqua corrente, elettricità, etc…), ma poiché il provvedimento è fondato “sul pericolo di lesione del diritto alla vita di relazioneâ€, beh, allora, conviene fermarsi un momento e, appunto, riflettere.

Poiché se di diritto alla vita di relazione si tratta, vien da pensare anche a ben altre situazioni, che magari si verificano in contesti non boschivi né agresti, bensì pienamente cittadini, ma in cui è tutto da capire come sia tutelato questo diritto. Provo a spiegarmi.

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I viali dei cani sul passeggino

L’altro giorno cammino per un viale milanese e incrocio una donna che spinge un passeggino doppio, modello unodietrolaltro e non unodifiancoallaltro. Stupore mi prende quando sul sedile posteriore vedo un cane – credo un Jack Russel, ma non sono un esperto – che altezzoso prova a fare capolino verso lo schienale davanti a lui. Dunque il bambino, l’unico a questo punto, che andava a passeggio con la signora, era “portato†alla stregua del cane; benché occupasse il sedile anteriore, sedeva sulla sua omologa seduta, pariteticamente, letteralmente sullo stesso piano.

Non sono riuscito e non riesco a trattenermi dal chiedermi con che tipo di consapevolezza di sé potrà crescere un bambino che, magari anche su altri piani, viene posto alla stessa altezza del suo amico a quattro zampe. Cioè: con che coscienza guarderà agli altri bambini? E agli altri cani? Come si relazionerà ai suoi pari? Con quale intesa giocherà insieme ad altri bambini? In altri termini, come è salvaguardato il suo diritto alla vita di relazione?

Una generazione di bambini soli con gli schermi

Sono spunti per riflettere, ma ahimè reali e molto concreti. Come lo sono le arcinote scene che vediamo al ristorante di adulti che lasciano i propri figli in balia di video (magari su TikTok) o del gioco al cellulare “per godersi finalmente una cenaâ€. Come è salvaguardato qui il diritto alla vita di relazione? Cioè, come è educato il piccolo a costruire conversazioni e relazioni se, in un luogo in cui questo aspetto dovrebbe essere favorito, gli viene impedito proprio da chi dovrebbe farsene carico?

O ancora, sempre sui marciapiedi, capita di vedere, su passeggini (questa volta rigorosamente singoli) spinti da genitori o nonni un po’ affannati, bimbi sottoposti a sedute estenuanti di giochi al cellulare o video di cartoni animati che li estraniano completamente da tutto ciò che hanno intorno, fatti, cose, persone: vita. Ci sono tanti modi di isolare e di isolarsi. Ci sono tanti modi di creare situazioni che rischiano di ledere alla capacità innata e necessaria per la vita dell’uomo di vivere e crescere in comunità. Non si vuole qui certo equipararli, ma tant’è.

La famiglia nel bosco e il deserto delle città

La scelta dei genitori in questione è certamente bizzarra e, in fondo, poco efficace, almeno da alcuni punti di vista. Ma, anche perché non si tratta di gente barbara – pare siano peraltro ben istruiti e acculturati –, è conveniente porsi anche altre domande sulla vicenda, come, ad esempio, “perché si sono spinti ad una scelta così estrema?â€; “cosa intendevano difendere o salvaguardare?â€. Inoltre non si tratta indubbiamente di una vita di comodo – è molto più comodo vivere tra gli agi della civiltà –, e allora perché ingarbugliarsi in tante difficoltà, in tante tortuosità che la modernità ha da molto tempo procurato di evitare? Forse non era loro intenzione difendere il diritto dei figli alla relazione, o forse sì ma in modo certo singolare e forse volutamente provocatorio.

Se infatti il modello di relazione proposto nella società civile è parso loro eccessivamente basato su ciò che è fugace o falso, come un post su Instagram; se quello che sembra proporre oggi la cosiddetta società è effettivamente un isolamento a sua volta, iperindividualistico peraltro; se il rischio che i giovani corrono nella nostra società – e di esempi ne abbiamo, ahimè, in quantità – è quello del ritiro sociale o del ritiro scolastico, non può essere allora considerato il loro come un estremo atto difensivo? Forse, ed è pura ipotesi, magari paradossale, intendevano salvaguardare il diritto dei loro figli ad una sana relazione con sé, con gli altri, col mondo.

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Il compito di costruire luoghi di libertà e di fiducia

Ora, al di là degli intenti di questi genitori, ciò che interessa è il fatto che è desiderio e preoccupazione di ciascun genitore difendere e salvaguardare il diritto alla sana relazione con le cose e le persone dei propri figli perché è proprio attraverso ciò che un bambino, un ragazzo, un giovane può e deve crescere. È, in effetti, la cosa più importante che un genitore dovrebbe aver a cuore per i propri figli. Ma proprio per tale motivo la domanda da porsi a questo punto è: dove e con chi è salvaguardato oggi con la massima apertura questo preziosissimo bene? Chi se ne prende cura? Quali sono, se ci sono, i luoghi che possono essere terreno fertile per la crescita dei nostri giovani? Possiamo costruire insieme questi luoghi?

Penso che uno dei più tristi risvolti in questa storia sia il fatto che questi genitori sul piano educativo non abbiano trovato un alleato che abbia garantito la fiducia sufficiente a permettere loro la serenità di affidare i propri figli a qualcun altro diverso da loro stessi. Penso che noi genitori, noi insegnanti, noi adulti abbiamo il compito di costruire e vivere luoghi che possano essere luoghi di fiducia gli uni per gli altri, cui poter affidare noi stessi e i nostri figli, luoghi di fiducia che conservino il bene prezioso della libertà e che educhino alla libertà. La libertà di educazione è possibile solo se qualcuno decide liberamente di fidarsi dell’altro in un continuo andirivieni di fiducia e accordo tra adulti e giovani.

Esteri
Dall’Ucraina al Mediterraneo
Data articolo:Wed, 26 Nov 2025 10:34:30 +0000 di Redazione

L’associazione Tito Speri organizza per venerdì 28 novembre 2025 alle ore 18:30 presso il Centro Pastorale Paolo VI, in Via Gezio Calini 30, Brescia., l’incontro “Dall’Ucraina al Mediterraneo nell’era dei conflitti permanentiâ€.
Intervengono:
Fausto Biloslavo, giornalista e inviato di guerra
Emanuele Boffi, giornalista e direttore di Tempi
Introdurranno:
Massimiliano Battagliola, Capogruppo di Brescia Civica in Loggia
Patrizio Campana, Coordinatore di missioni umanitarie in Ucraina

Nell’occasione verrà presentata alla Città di Brescia l’iniziativa “Un’ambulanza per l’Ucraina†promossa dall’“Associazione Nadiya†di Brescia, che ha quale scopo la raccolta dei fondi necessari per l’acquisto di un’ambulanza da inviare nella martoriata terra di Ucraina. Iniziativa benefica che avrà la sua presentazione alla cittadinanza bresciana nel corso dell’incontro “DALL’UCRAINA AL MEDITERRANEO – nell’era dei conflitti permanentiâ€.

Questa iniziativa culturale nasce dalla constatazione che purtroppo l’Europa e il mondo intero stanno vivendo in un’era di conflitti bellici permanenti, a partire dall’ingiusta guerra in corso in Ucraina, determinata dall’invasione russa, sino al recente conflitto nella terra di Palestina, senza dimenticare le tante guerre dimenticate in corso in altri continenti e che raramente vengono ricordate dai media. 

Il giornalista Fausto Biloslavo, forte della sua esperienza e presenza personale sui teatri di conflitto quale inviato di guerra, ci aiuterà a meglio comprendere la situazione sia della guerra in Ucraina che le problematiche dei conflitti vicini al nostro Paese che interessano il bacino del Mar Mediterraneo, ivi compresa la connessa problematica dell’immigrazione e dei migranti che approdano in Europa spesso da paesi sconvolti in eventi bellici.

Emanuele Boffi, giornalista e direttore della rivista “Tempiâ€, periodico d’ispirazione cattolica, dove si occupa di politica, cultura e società. Ci aiuterà nelle riflessioni sul tema dell’incontro con il suo giudizio alla luce della sua esperienza culturale e professionale maturata nel corso della sua attività giornalistica. 

Parteciperanno all’incontro anche gli amici Avv. Massimiliano Battagliola che introdurrà l’incontro, insieme a Patrizio Campana che renderà testimonianza dei viaggi di missioni umanitarie in Ucraina a cui ha partecipato, e della cui organizzazione si è reso da tempo promotore.

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Il centrodestra farebbe bene a non contare troppo sull’astensionismo
Data articolo:Wed, 26 Nov 2025 08:05:34 +0000 di Lodovico Festa

Su Startmag Maurizio Sacconi scrive:

«Nonostante la loro caratteristica di prossimità, la partecipazione elettorale [alle regionali] è stata e sarà molto contenuta. Si verifica così un evidente (e apparente) paradosso. Da un lato si ha la percezione che, ove più ove meno, gli amministratori regionali siano prigionieri del consenso immediato. Dall’altro, forse proprio questa spasmodica attenzione a non irritare, o anche solo infastidire, i loro elettori ha impedito l’attitudine a perseguire ambiziosi  obiettivi, così disincentivando il voto. Eppure i governi regionali sono tendenzialmente stabili per cinque anni e i loro presidenti sono rafforzati dalla minaccia di trascinare con sé, nell’eventuale caduta, l’intero Consiglio.
Ciononostante, bisogna forse risalire a molti anni or sono per ritrovare amministratori capaci di grandi opere o di cambiare i modelli organizzativi della sanità, del trasporto pubblico locale o della stessa amministrazione regionale. Le grandi novità intervenute...

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