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#news #tempi.it
La Lombardia protagonista in Europa con la qualità dei propri artigiani, con il “saper fare lombardo”, unico nel suo genere, che incarna la forza di un territorio riconosciuto a livello internazionale per le proprie eccellenze. Un patrimonio da custodire, promuovere anche attraverso nuove iniziative come il Festival “Made in Lombardia”, che ha debuttato oggi a Milano nella piazza del palazzo regionale. Si tratta dell’evento dedicato ai giovani artigiani più importante d’Italia, voluto e organizzato da Regione Lombardia e Unioncamere in collaborazione con “Eccellenza Italiana”’”, la startup impegnata nella promozione digitale delle aziende Made in Italy. Per tutta la giornata 26 giovani maestri del “saper fare”, provenienti dalle diverse province lombarde, hanno lavorato in piazza mostrando cosa significhi essere artigiani oggi.
Un racconto in presa diretta per descrivere il fascino di mestieri antichi e moderni che, in molti casi, è a rischio estinzione. Una ricerca di Altagamma prevede che nei prossimi 10 anni scompariranno più di 300.000 professioni dell’artigianato di qualità . La stessa Confartigianato lancia l’allarme sulla grave carenza di manodopera specializzata e di giovani propensi a scommettere su un solido futuro nella manifattura di eccellenza. Uno studio di Gi Group holding Skuola.net inoltre ci dice che oltre il 61% degli studenti italiani esclude di potersi interessare a mestieri tecnici o pratici per il proprio futuro lavorativo. Secondo i ragazzi la “colpa” è anche delle attività di orientamento svolte dalle scuole italiane, che tendono ad enfatizzare i percorsi universitari rispetto agli ITS (studi tecnici superiori); oltre il 76% dei ragazzi dichiara di essere stato indirizzato principalmente in questo senso e solo il 29% dei liceali afferma di conoscere questi percorsi di formazione. Per molti commentatori quindi continuare a investire sull’artigianato potrebbe essere diseconomico; per molti ma non per Regione Lombardia, per Unioncamere, per Eccellenza Italiana e per i tantissimi ragazzi che oggi hanno preso parte alle kermesse lombarda. È da questa convinzione che si basa tutto il lavoro dell’assessore Guidesi che mira a far conoscere l’arte del ‘saper fare’ attraverso l’entusiasmo di tanti giovani artigiani.
Lo spirito dell’evento, rivolto appunto a studenti delle scuole superiori e laureandi, è valorizzare la figura dell’artigiano presso le nuove generazioni: sul palco principale si sono susseguiti discorsi ispirazionali, workshop e incontri interattivi con esperti di fama nazionale e internazionale nei diversi settori del comparto, dalla moda al design, dall’enogastronomia all’intrattenimento.
“È fondamentale innescare un cambio di approccio al mondo dell’artigianato, che deve tornare ad essere attrattivo per i giovani, in modo da non disperdere l’enorme patrimonio lombardo di conoscenze ed ingegno. È necessario valorizzare le tante positività che questi mestieri custodiscono e raccontare le storie di successi di grandi artigiani che oggi, ad esempio, esportano in tutto il mondo. Come Regione abbiamo voluto scommettere sui giovani, sul loro entusiasmo e sulla loro capacità di coinvolgimento; oggi abbiamo l’ennesima dimostrazione che, se stimolati, i ragazzi hanno potenzialità straordinarie. La Lombardia esprime un ‘saper fare’ unico, frutto di una straordinaria cultura del lavoro che ha consentito alla nostra terra di primeggiare, dal punto di vista economico e sociale, in Europa e non soloâ€, ha spiegato l’assessore allo Sviluppo economico di Regione Lombardia, Guido Guidesi, ideatore dell’evento. “Il nostro sostegno al comparto dell’artigianato è assoluto – ha proseguito Guidesi – e si declina in misure e strumenti specifici a supporto degli investimenti delle imprese, così come nella strategia delle filiere per agevolare le connessioni tra mondo produttivo, mondo accademico e scientifico e istituti formativi. Ma occorre, appunto, anche un cambio di passo in termini di mentalità : lavorare nell’artigianato significa spesso scegliere una solida stabilità professionale, avere la soddisfazione del fare, esprimersi attraverso la creatività e diventare interpreti e custodi di tradizioni uniche innovandole e rinnovandoleâ€.
La sfida è partita e la Lombardia si candida ad essere anche in questo caso protagonista, e lo vuole fare con il rilancio dell’artigianato attraverso la forza dei giovani.
Fra i politici di sinistra al potere in Europa è rimasto soltanto Pedro Gomez, capo del governo spagnolo grazie al sostegno dei partiti indipendentisti catalani e baschi, a fare discorsi “di sinistra†sulle questioni dei migranti e dei richiedenti asilo, ma con sfumature. Il socialdemocratico Olaf Scholz alla guida della “coalizione semaforo†che da quasi tre anni governa la Germania e il laburista Keir Starmer, che da due mesi e mezzo guida il Regno Unito dopo quattordici anni di ininterrotto dominio conservatore, stanno decisamente svoltando verso politiche restrittive, a costo di irrigidire frontiere e causare proteste da parte dei paesi dell’Unione Europea nel primo caso, o di chiedere collaborazione e know-how al governo di destra-centro italiano e causare proteste di Ong e media di sinistra nel secondo caso.
Alla fine del mese scorso, il capo del governo spagnolo ha visitato tre paesi dell’Africa occidentale attraverso i quali passano i migranti illegali che cercano di approdare nelle Isole Canarie: Mauritania, Senegal e Gambia. Mentre il flusso che si riversa sulle coste italiane attraverso il Mediterraneo centrale si è più che dimezzato nell’ultimo anno, passando da 128.815 approdi a 44.676 nei primi otto mesi, quello che investe la Spagna è più che raddoppiato grazie soprattutto alla pericolosissima rotta atlantica che gli spagnoli chiamano “ruta Canariaâ€, perché nell’arcipelago sotto il governo di Madrid si arriva, se non si muore in mare, dalle coste africane dopo un viaggio di quasi mille chilometri. Attualmente si parla di 26.578 arrivi al 15 settembre contro i 14.454 dell’anno scorso alla stessa data. Fra loro ci sono 6 mila minori, dei quali a norma della legge spagnola devono occuparsi le amministrazioni locali e non quelle nazionali. Ma i fondi a disposizione della comunità autonoma delle Canarie non coprono più di 2 mila unità .
Sanchez dunque è andato in Africa e ha esaltato le migrazioni come «una necessità che implica alcuni problemi», ma che è «fondamentale» per l’economia spagnola perché produce «ricchezza, sviluppo e prosperità ». E ha concluso coi tre governi accordi di «migrazione circolare», coi quali si impegna ad accogliere in Spagna lavoratori africani che poi torneranno dopo un certo periodo nei paesi d’origine. A condizione però che i tre paesi africani si riprendano i loro migranti illegali attualmente presenti in Spagna…
Senza nuance appare invece la posizione del governo tedesco, soprattutto dopo i due attentati di matrice islamista che hanno funestato l’estate in Germania e dopo l’exploit elettorale dell’estrema destra alle amministrative della Turingia e della Sassonia. Dal 16 settembre la Germania ha rafforzato ed esteso i controlli alle frontiere che aveva inaugurato undici mesi fa. Allora il filtro ai confini era stato attivato con Svizzera, Austria, Repubblica Ceca e Polonia. Da lunedì scorso è esteso a Olanda, Belgio, Lussemburgo e Francia.
Il premier polacco Donald Tusk ha rinnovato le sue rimostranze per l’«inaccettabile» decisione tedesca, dichiarando che essa equivale «a una sospensione di fatto su larga scala degli accordi di Schengen». In realtà Schengen permette agli stati europei di sospendere la libera circolazione delle persone attraverso le loro frontiere e di introdurre controlli per ragioni di sicurezza per una durata massima di sei mesi. Essi però sono rinnovabili senza limiti, ed è esattamente quello che la Germania sta facendo da un anno a questa parte.
Insieme a molto altro: sono riprese le espulsioni di immigrati afghani che hanno subito condanne, sospese dopo l’ascesa al potere dei talebani in Afghanistan, è stata decisa la sospensione di tutti i sussidi nei confronti dei richiedenti asilo la cui domanda è stata respinta e la polizia è stata autorizzata a utilizzare tecnologie di riconoscimento facciale con telecamere di sorveglianza per identificare sospetti criminali (la misura, criticata da alcune forze politiche, riguarda qualunque forma di illegalità , ma è stata inserita in una sorta di decreto sicurezza pensato per combattere il terrorismo islamista e l’immigrazione irregolare).
Inoltre il 5 settembre scorso Joachim Stamp, commissario speciale del governo federale per gli accordi sull’immigrazione, si è dichiarato favorevole a trasferire in Ruanda i migranti illegali entrati in territorio tedesco. Si ricorderà che il governo conservatore di Rishi Sunak aveva avviato d’intesa col Ruanda un piano per trasportare nel paese africano richiedenti asilo approdati nel Regno Unito, ed era stato attrezzato un centro chiamato Hope Hostel, che non è mai entrato in funzione.
Il governo laburista ha annullato il progetto, ma sta valutando altri modelli di gestione delle richieste di asilo fuori dai propri confini, con particolare attenzione ai due hot spot per migranti che l’Italia sta creando in Albania. Stamp, che è affiliato al partito liberale che fa parte dell’attuale maggioranza di governo in Germania, ha affermato che il Ruanda ha senso come destinazione per i migranti illegali in territorio tedesco perché già esistono strutture create coi fondi del Regno Unito. E inoltre «Al momento nessun paese terzo si è fatto avanti, ad eccezione del Ruanda». Tuttavia, a differenza del piano britannico, quello tedesco sarebbe supervisionato dalle Nazioni Unite.
Accompagnato dalle dichiarazioni che in patria rilasciava il ministro degli Interni Yvette Cooper, secondo la quale il Regno Unito è interessato al modello Italia-Albania di gestione delle domande dei richiedenti asilo e ad accordi coi paesi nordafricani per la prevenzione delle partenze illegali e per la lotta ai trafficanti di esseri umani, lunedì 16 settembre è arrivato in Italia il premier britannico Keir Starmer per un incontro bilaterale con Giorgia Meloni che aveva come principale (benché non unico) contenuto la gestione dei flussi migratori.
Il quotidiano Avvenire ha sintetizzato i contenuti del summit con un titolo che recita “Migranti, asse tra Meloni e Starmer†e un sottotitolo che dettaglia: “Il primo ministro inglese elogia i progressi di Roma contro gli ingressi irregolari e apre al modello-Albania. Polemiche in patriaâ€. Effettivamente il primo ministro laburista ha lodato i «notevoli progressi» dell’Italia nel contenimento degli sbarchi clandestini: «L’Italia ha dimostrato che possiamo». E per rispondere a quanti si mostrano sorpresi che un governo di sinistra cerchi lumi presso un governo di destra ha precisato: «I britannici sono molto bravi col pragmatismo. Faremo attenzione a tutto quello che funziona».
Prima di partire per Roma in un’intervista al quotidiano Guardian aveva detto: «Avrò un incontro bilaterale con il premier italiano nel pomeriggio, ma condividiamo già l’intento di lavorare insieme contro questo vile commercio che spinge le persone oltre i confini. Sul fronte italiano ci sono state delle riduzioni piuttosto drastiche. Quindi voglio capire come è successo. Sembra che ciò sia dovuto al lavoro a monte svolto in alcuni dei Paesi da cui provengono le persone. Credo da tempo che impedire alle persone di viaggiare sia uno dei modi migliori per affrontare il problema. I principi che seguiremo in tutto ciò che faremo sono che sia fattibile, economicamente conveniente e in linea con il diritto internazionale umanitario. Ma è fondamentale impedire alle persone di intraprendere questi viaggi: abbiamo assistito a troppi decessi sia nel Mediterraneo che nella Manica».
Starmer ha già in passato fatto conoscere la sua approvazione al “processo di Romaâ€, cioè alla strategia del governo italiano, enunciata dopo i vari appuntamenti e protocolli firmati con governi della sponda sud del Mediterraneo nell’estate del 2023, di concludere accordi bilaterali per prevenire il fenomeno delle migrazioni illegali. Così nel documento firmato congiuntamente da Starmer e Meloni si legge che la collaborazione fra le due parti punterà a «promuovere congiuntamente partenariati per la migrazione con i Paesi di origine e di transito» e a «rafforzare la nostra cooperazione transfrontaliera, anche attraverso il nuovo Comando per la sicurezza delle frontiere del Regno Unito per sconfiggere le organizzazioni criminali che traggono profitto dal mettere le vite a rischio», come si legge nel documento congiunto conclusivo.
La missione Starmer in Italia ha fatto arrabbiare lo stesso Guardian, quotidiano filo-laburista, che dissentendo dal richiamo del primo ministro al “pragmastismo britannico†ha duramente commentato: «Un governo laburista impegnato in una politica migratoria umana ha bisogno di una bussola morale adeguata che guidi il suo pensiero. Non ne troverà tracce nella Roma della Meloni».
Va ricordato che il modello-Albania per la gestione extraterritoriale dei flussi migratori del governo italiano è profondamente diverso dal modello-Ruanda del governo conservatore britannico: nel primo caso il richiedente asilo che veda riconosciuta la propria domanda può essere accolto in Italia, nel caso della normativa varata dal governo Sunak il richiedente asilo poteva rivolgersi soltanto alle autorità ruandesi, e da loro essere accolto come profugo.
Scrive Repubblica che il progetto di legge sul fine vita del comitato “Liberi subito†di Marco Cappato in Lombardia è «affondato ancora prima di partire». La verità è che il testo fa acqua da tutte le parti a prescindere da qualunque «scontro tra FdI e Pd».
Lo attesta oggi il parere dell’ufficio legislativo del Consiglio regionale, e prima ancora il parere con il quale il servizio legislativo legale del Consiglio regionale della Lombardia, il 6 marzo 2023, aveva negato assistenza tecnica alla redazione del progetto di legge. «Potenziali rischi di invasione nella legislazione statale», avvertiva l’ufficio. La conferma il 6 agosto scorso, quando viene presentata la scheda tecnica sul pdl suicidio assistito: l’ufficio legislativo del Consiglio conferma che la proposta contiene articoli che invadono la sfera di competenza legislativa esclusiva dello Stato in materia di ordinamento civile e penale.
Non è una tara lombarda: come abbiamo più volte sottolineato l’incompatibilità costituzionale di un intervento regionale in materia era già stata acclarata dall’Avvocatura dello Stato nei casi di Veneto e Friuli-Venezia Giulia e trasmesso in Piemonte, il disegno di legge naufragato in tutte e tre le Regioni.
Certo, il parere non è vincolante: libero il legislatore nazionale di non disciplinare la materia (a prescindere da ogni sentenza ed editorialista di Repubblica ciò rientra nella discrezionalità e nell’esclusiva disponibilità di quest’ultimo), libero il Consiglio regionale di votare una legge incostituzionale per sollevare un tema politico con il governo e andare davanti alla Corte costituzionale. I precedenti esistono: è questa la strategia dei radicali che in tutte le Regioni giocano sull’equivoco della “tutela della salute†(in tema di suicidio assistito, sic) quale competenza concorrente tra Stato e Regioni per aprire il varco a una normativa nazionale.
Ma è sulle modalità di erogazione ed esecuzione che – al contrario di quanto affermato dal pdl che rivendica ruoli, procedure e tempi certi di attuazione – le Regioni non possono e non devono toccare palla. Ribadiamolo: non solo perché i provvedimenti andrebbero a impattare sull’ordinamento civile e penale, ma perché andrebbero a intervenire in assenza di un quadro normativo nazionale introducendo nuovi Lea (uno per regione stando ai desiderata di Cappato), livelli essenziali di assistenza di «esclusiva competenza statale» secondo la stessa Corte costituzionale.
Curioso che proprio in Lombardia, dove è iniziato l’iter delle audizioni congiunte in commissione regionale Sanità e Affari istituzionali in coda ai “naufragi†di Veneto, Friuli e Piemonte (Liguria dopo il caso Toti non pervenuta, dello scandaloso colpo di mano di Bonaccini in Emilia-Romagna abbiamo già scritto tutto qui, qui e qui) che formalmente ha seguito l’altrettanto formale via libera dell’ufficio di presidenza del Consiglio (chiamato a verificare appunto non il merito ma l’ammissibilità formale e procedurale del progetto), l’opposizione resti trincerata sull’equivoco, anzi gli equivoci: «Il testo riguarda le modalità di organizzazione del servizio sanitario regionale a fronte della sentenza della Consulta» (Carmela Rozza, Pd), «Non passa giorno in cui il centrodestra lombardo non invochi maggiore autonomia. Trovo singolare che, nel momento in cui è chiamato a confrontarsi su un tema così sentito dai cittadini, finisca per nascondersi dietro lo Stato» (Nicola Di Marco, M5s).
«Ma di quale autonomia parlano? Vogliono impedirci di assumere medici e infermieri in autonomia ma vogliono legiferare sui diritti fondamentali in capo allo Stato. Autonomia si chiede sulle famose 23 materie concorrenti fatta salva la determinazione dei princìpi fondamentali stabiliti dalle leggi statali, quello che vuole l’opposizione si chiama indipendenza», ribatte a Tempi Matteo Forte, presidente Commissione Affari istituzionali in quota Fdi. «Quanto poi ai diritti, la Consulta si è sempre pronunciata sulla non punibilità dell’aiuto al suicidio, ma non ha mai affermato il diritto del malato al suicidio: un diritto che non esiste».
Il riferimento è alla sentenza di luglio con la quale la Corte Costituzionale è tornata a ribadire quanto aveva già affermato nel 2019 sul caso Dj Fabo che Cappato vorrebbe con ogni mezzo tradurre in legge per dare la morte assistita (ricordate quando Amato presidente della Consulta bocciò il referendum nel 2022? «Non era affatto sull’eutanasia – disse – ma sull’omicidio del consenziente»), «entrambe le sentenze hanno piuttosto ribadito “la necessaria offerta effettiva di cure palliative e di terapia del dolore†quali “pre-requisito†per verificare le richieste di suicidio assistito. Questo è un aspetto su cui una legge regionale invece può e deve intervenire, dalle terapie del dolore fino alla sedazione palliativa». Anche perché, sempre a proposito della rivendicata “tutela della saluteâ€, come hanno chiarito esperti di ogni risma, è stato ampiamente dimostrato che là dove si toglie il dolore, la richiesta di eutanasia e suicidio assistito si riduce di 10 volte. Al contrario, dove c’è una legge il numero di richieste si impenna per effetto dell’accettazione pubblica.
I nove mesi dall’assegnazione alle commissioni del progetto di legge in Lombardia scadono il 21 novembre. Le normative (e dunque l’iter del pdl), nella regione di Dj Fabo e dove è stato consegnato l’Ambrogino d’oro a Cappato, differiscono moltissimo da quelle delle altre amministrazioni. «Ogni strada è aperta», conclude Forte.
«Un colpo sotto la cintura». È questa la definizione che fonti interne dei servizi israeliani – che ufficialmente negano un loro coinvolgimento – danno delle migliaia di micro attentati che hanno colpito in Libano i membri di Hezbollah. Un colpo che nessuno si era immaginato. L’attacco è figlio dell’intuizione di qualcuno che sa navigare nel mondo digitale e conosce bene il punto debole dell’obiettivo. È frutto della cooperazione tra esperti elettronici, abili artificieri e agenti capaci di infiltrarsi nei depositi dove sono stati posizionati gli ordigni. È successo qualcosa di inedito in una guerra in cui sembrava si fosse già visto tutto, qualcosa che forse aprirà nuovi scenari con una risposta da parte di Hezbollah.
Fino a ieri cyber attacco era sinonimo di sabotaggio, messa fuori uso di uno o più sistemi informatici, con conseguenze più o meno gravi. L’hacker mina il cuore del computer, rende stupida l‘intelligenza artificiale, colpisce e indebolisce la capacità operativa di un aeroporto, di una base militare, di una rete di comunicazioni. Mai, fino ad ora, un cyber attacco si era tradotto in un cyber attentato su vasta scala: cinquemila sistemi cercapersone che sono esplosi contemporaneamente causando, è il bilancio provvisorio, 12 morti a Beirut, tra cui due bambini, 19 guardie della rivoluzione in Siria, quattromila feriti, oltre cinquecento gravi. E altre esplosioni, ieri, a Beirut, nel Sud, nella valle della Bekaa. Ovunque ci siano basi Hezbollah esplodono walkie-talkie e cercapersone trasformati in ordigni telecomandati.
Tutto è iniziato alcuni mesi fa, quando Hezbollah ha capito che la rete di comunicazione via smartphone era troppo facilmente intercettabile. Gli attacchi mirati che hanno ucciso i capi di Hamas e di Hezbollah a Teheran, Beirut e Gaza sono stati chiaramente scoperti non solo grazie a talpe infiltrate tra le fila dei terroristi, ma anche grazie a intercettazioni tra gli agenti addetti alla sicurezza. Così Israele ha potuto sistemare ordigni, preparare armi comandate a distanza, lanciare missili nel punto esatto dove si trovavano gli obiettivi. Hezbollah, che può contare sulla collaborazione dei migliori hacker al mondo (gli iraniani, che in più occasioni hanno saputo mettere in difficoltà Israele), ha deciso di difendersi ricorrendo ad un sistema di comunicazione molto più obsoleto, pensando così di sfuggire all’orecchio israeliano. Nulla di più sbagliato. L’intelligence israeliana, saputa la notizia, è ricorsa alla più antica delle tecniche di lotta. Non un colpo di forza, ma il suo esatto contrario: rendere la difesa del nemico lo strumento per attaccarlo.
Tutto questo non verrà mai confermato da Israele. Ma, stando a quanto abbiamo potuto ricostruire, chiunque sia stato ha saputo per tempo della decisione di Hezbollah, ha avuto acceso all’ordine di acquisto indirizzato tramite intermediario alla società Apollo Gold di Taiwan – una delle poche che ancora costruisce cercapersone con frequenze criptate -, ha saputo che l’ordine era stato affidato ad una società ungherese, ha avuto accesso all’intera partita in un luogo dove ha trovato il tempo e il modo di piazzare la giusta dose di esplosivo. Stiamo parlando di una quantità minima, dieci grammi, quel tanto che basta per provocare gravi danni a distanza ravvicinata, ma non abbastanza da insospettire le vittime che, per molte settimane, hanno portato addosso l’arma che li avrebbe colpiti.
Chi ha piazzato l’esplosivo sapeva cosa stava facendo. L’ha sistemato nel posto giusto, vicino alla batteria al litio, sapendo che questo avrebbe innescato l’esplosione. Ha trovato la frequenza segreta su cui comunicavano i militanti di Hezbollah e infine ha agito nelle stesso momento e con lo stesso metodo. Sono partite cinquemila chiamate, pochi squilli, quel tanto che basta da indurre il portatore del cercapersone a guardare lo schermo per vedere il messaggio di chiamata. Pochissimi hanno notato che il meccanismo si stava surriscaldando e, come sia stato preparato quest’ultimo passaggio non è chiaro, probabilmente un chip inserito vicino all’esplosivo ha innescato un processo che ha portato in un nanosecondo all’esplosione simultanea.
Tutto calcolato alla perfezione. Gli Hezbollah non hanno avuto il tempo di lanciare l’allarme. L’intera rete di cercapersone è deflagrata coinvolgendo anche i civili che erano nelle vicinanze. Qualcuno lo aveva in mano, altri in tasca, altri nel taschino della giacca. A Beirut e Damasco i militanti del partito di Dio sono stati travolti dalla stessa onda micidiale.
Da alcuni giorni il premier israeliano Benjamin Netanyahu ha intensificato le dichiarazioni su una prossima e rapida battaglia che permetterà ai centomila israeliani sfollati dal Nord di rientrare nell’Alta Galilea. La situazione sul fronte settentrionale, infatti, continua ad essere incandescente. Il mese scorso Israele ha attaccato un centinaio di basi di Hezbollah nel Sud del Libano e in Siria. La milizia sciita, dal canto suo, continua a mostrare video con nuovi missili a lunga gittata facendo intendere di essere in grado di raggiungere l’interno dello Stato ebraico. Il livello di guardia continua ad innalzarsi e si è rafforzata la convinzione che ormai, nonostante l’opposizione americana e le perplessità dei militari, sia inevitabile un attacco al Libano.
Il cyber attentato su vasta scala potrebbe quindi essere un’ulteriore mossa per indebolire la capacità operativa di Hezbollah e, contemporaneamente, lanciare un messaggio a nemici e alleati: Israele non rallenta la sua offensiva, anzi. E, non a caso, ancora una volta, gli alleati statunitensi sono stati informati solo a cose avvenute, messi di fronte al fatto compiuto. Con un colpo a sorpresa, sotto la cintura.