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Esteri
Ucraina, il pessimismo è d’obbligo (ma sui piani di pace c’è una buona notizia)
Data articolo:Tue, 25 Nov 2025 03:55:00 +0000 di Rodolfo Casadei

Le possibilità che il piano di pace americano in 28 punti per mettere fine al conflitto in Ucraina sia operativo entro giovedì prossimo, in conformità all’ultimatum che Donald Trump aveva inizialmente notificato a Kiev il 20 novembre, sono nulle.

Il piano comprende decisioni su questioni che riguardano anche Nato e Unione Europea, ed è per questo che una delle prime reazioni alla sua pubblicazione è stata la formulazione di uno speculare “piano europeo” in 24 punti formulato da Francia, Germania e Regno Unito, dissimile da quello made in Usa su punti qualificanti (per la verità, sulla paternità delle proposte Washington ha riproposto il  balletto consueto, da quando si è insediata l’attuale amministrazione presidenziale, fatto di smentite delle dichiarazioni del giorno prima e di smentite delle smentite). Successivamente il piano delle tre potenze europee è stato presentato (da Reuters) come anch’esso in 28 punti che assecondano o contrastano a seconda dei casi i 28 punti del piano americano.

Il summit di Ginevra Usa-Ue-Ucraina

Il summit di Ginevra fra americani, europei ed ucraini è servito a cercare di concordare una proposta che vada bene a tutti e tre i soggetti, dopodiché toccherà ai russi dare il loro placet, che non è per nulla scontato dal momento che l’originario piano americano, presumibilmente concordato con Mosca (i suoi contenuti appaiono ricalcati su esigenze molte volte manifestate dal Cremlino), uscirà modificato dai negoziati intraoccidentali.

Il Financial Times parla di un piano ridotto a 19 punti come risultato del negoziato fra americani ed europei, ma al momento in cui scriviamo nessuno conosce il testo di questo piano ridotto; i 19 punti potrebbero essere non un piano intero da sottoporre ai russi, ma piuttosto l’insieme delle questioni su cui le tre parti presenti a Ginevra si trovano d’accordo, mentre sulle restanti 9 del piano originario devono ancora discutere perché d’accordo non sono. 

Un cartello di protesta contro il piano di pace americano degli ucraini a Londra
Un cartello di protesta contro il piano di pace americano degli ucraini a Londra (foto Ansa)

Il pessimismo è d’obbligo

I principali punti di contrasto fra gli iniziali piani americano ed “europeo” riguardano l’entità delle forze militari dell’Ucraina post-bellica, il destino dei territori non occupati dai russi ma da essi pretesi in qualche forma per accettare il cessate il fuoco, la questione dell’adesione dell’Ucraina alla Nato e della presenza di truppe straniere sul suo territorio, il finanziamento della ricostruzione del paese e il destino delle riserve finanziarie russe congelate in Belgio.

Qualunque compromesso su questi punti che si allontani dal primo testo americano solleverà verosimilmente obiezioni da parte di Mosca e alimenterà la sua indisponibilità a cessare le ostilità. Il pessimismo è d’obbligo.

La buona notizia

C’è però una buona notizia che si può sin da ora rilanciare: le bozze dei piani trapelate alla stampa (non esistono al momento versioni ufficiali) manifestano punti di vista opposti su questioni cruciali, ma anche un’incoraggiante convergenza: europei e americani sono d’accordo che occorre creare un’architettura di sicurezza comune in Europa che coinvolga la Russia.

Nel piano di Washington questo concetto viene espresso ai punti 2 e 4. Il primo recita: «Tra Russia, Ucraina ed Europa verrà concluso un accordo di non aggressione globale e completo. Tutte le ambiguità degli ultimi 30 anni saranno considerate risolte». Nel secondo si legge: «Si terrà un dialogo tra Russia e Nato, con la mediazione degli Stati Uniti, per risolvere tutte le questioni di sicurezza e creare le condizioni per una de-escalation, al fine di garantire la sicurezza globale e aumentare le opportunità di cooperazione e di futuro sviluppo economico».

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Il necessario accordo Russia-Nato

Il punto 2 si ritroverebbe tale e quale anche nel piano europeo in 28 punti, mentre il punto 4 è proposto con alcune correzioni: «Dopo la firma dell’accordo di pace, si terrà un dialogo tra Russia e Nato per affrontare tutte le preoccupazioni in materia di sicurezza e creare un ambiente di de-escalation per garantire la sicurezza globale e aumentare le opportunità di connettività e le future opportunità economiche».

Più sintetico ma ancora più suggestivo il contenuto del punto 24 di quello che sarebbe stato l’iniziale piano anglo-franco-tedesco secondo una delle bozza circolate: «Colloqui separati sull’architettura di sicurezza europea saranno avviati insieme a tutti gli Stati dell’Osce (l’organizzazione per la sicurezza e la cooperazione in Europa che riunisce 57 Stati – ndt)».

Perché servono intese globali

C’è voluta una guerra di quasi quattro anni su suolo europeo per la quale il conto finale dei morti e dei feriti sarà fatto in milioni di unità, per arrivare alla conclusione che la pace e la sicurezza sono garantite più dagli accordi globali fra soggetti che escono da conflitti nei quali si sono combattuti (direttamente o per interposta persona), che non dall’illimitata espansione delle rispettive alleanze militari (Nato e Csto, l’alleanza costituita attorno alla Russia che ha preso il posto del vecchio Patto di Varsavia).

C’è voluta l’ennesima inutile strage per giungere a capire che la sicurezza, nei rapporti internazionali, è un bene indivisibile: la libertà di aderire a qualsivoglia alleanza militare non è il più alto dei valori di uno Stato sovrano, essa deve essere contemperata con la percezione che della propria sicurezza hanno gli Stati confinanti e vicini.

Il braccio destro di Zelensky, Andriy Yermak (a sinistra), discute con la stampa insieme al segretario di Stato americano Marco Rubio a Ginevra, dopo i colloqui tra Usa e Ucraina sui piani di pace di Trump e Ue
Il braccio destro di Zelensky, Andriy Yermak (a sinistra), discute con la stampa insieme al segretario di Stato americano Marco Rubio a Ginevra, dopo i colloqui tra Usa e Ucraina sui piani di pace di Trump e Ue (foto Ansa)

Garanzie di sicurezza per l’Ucraina

L’orizzonte verso cui i 57 Stati dell’Osce dovrebbero muovere ha solo come tappa intermedia quella di un assetto fatto di Stati Nato, Stati Csto e paesi neutrali: l’obiettivo è un’Eurasia che non abbia più bisogno di alleanze militari perché nessuno si sente minacciato dal vicino e a nessun imprenditore politico viene offerto il cespite di consenso rappresentato dall’esistenza di un nemico esterno (reale o fantasmatico) contro il quale agitare le folle e alla fine inviare le truppe.

Nel breve periodo sono dunque necessarie le garanzie di sicurezza per l’Ucraina che implicano anche impegni di spesa militare da parte dei paesi che l’hanno sostenuta nel corso della guerra, ma nel medio e lungo periodo il sentiero tracciato dai punti delle bozze dei vari piani di pace sopra citati va nella direzione del progressivo disarmo onnilaterale e bilanciato, con conseguente diminuzione della spesa militare.

Cattive notizie per i produttori di armi

L’andamento dei titoli di Borsa il 21 e il 24 novembre segnala che gli investitori percepiscono sviluppi delle relazioni internazionali che renderanno meno profittevoli le attività delle industrie della difesa. Renk, Hensoldt, Rheinmetall (tedesche), Leonardo, Fincantieri (italiane) e Saab (svedese) hanno registrato significative perdite venerdì e lunedì. Al termine di quelle due sedute l’indice Stoxx Aerospace & Defence ha perso quasi il 4 per cento. Cattiva notizia per gli azionisti, motivo di speranza per tutti gli altri esseri umani europei.

Il prezzo pagato e ancora da pagare per l’avvento di una coscienza più matura e più realistica delle relazioni internazionali che si sta manifestando non consiste solo nelle immani perdite di vite umane, nelle mutilazioni e menomazioni con cui molti reduci dovranno fare i conti per il resto della loro esistenza, nelle distruzioni materiali e nello spreco di risorse che la guerra ha comportato. Il prezzo comprende anche la rinuncia a perseguire coloro che hanno commesso crimini di guerra e crimini contro l’umanità.

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È meglio una pace senza giustizia
o la giustizia senza pace?

Il piano di pace americano in 28 punti al punto 26 prevede che «tutte le parti coinvolte in questo conflitto riceveranno piena amnistia per le loro azioni durante la guerra e si impegnano a non avanzare alcuna richiesta o a prendere in considerazione alcuna lamentela in futuro». I piani “europei†non sembrano raccogliere questa indicazione, ma è evidente che la Russia non firmerà mai un trattato di pace che non preveda l’immunità per i suoi vertici politici come per i suoi comandanti e soldati sul campo.

Tornano attuali le parole di Robert D. Kaplan sulla condizione tragica degli esseri umani, costretti spesso a scegliere fra una pace senza giustizia e una giustizia senza pace. Cioè a scegliere necessariamente fra cose che possono essere presentate come due mali o come due beni in competizione fra loro: «In base alla definizione che ne hanno dato i Greci, la tragedia non è il trionfo del male sul bene, ma il trionfo di un bene su un altro bene che provoca sofferenza».

Chi oggi manifesta indignazione per accordi di pace apparentemente troppo generosi nei confronti di chi ha iniziato le ostilità del 24 febbraio 2022, dovrebbe avere l’onestà di esplicitare il suo pensiero circa l’alternativa alla pace senza giustizia. Che è soltanto la giustizia senza pace, cioè la prosecuzione del conflitto fino a che trionfino le ragioni del diritto (già malmenato in molte circostanze di conflitto internazionale recenti). Tradotto per il cittadino comune: l’entrata in guerra dei paesi europei a fianco dell’Ucraina. Cioè la Terza Guerra mondiale, anche stavolta a partire dal suolo europeo.

@RodolfoCasadei

Società
La “famiglia nel bosco†e la giustizia-balia
Data articolo:Tue, 25 Nov 2025 03:40:00 +0000 di Caterina Giojelli

A chi fa paura la “famiglia nel bosco”? Un paese che si commuove per i “nomadi digitali” in diretta Instagram oggi si agita fino alla guerra civile per una famiglia che decide di vivere in un casolare nei dintorni di Palmoli, terra d’Abruzzo, con acqua di pozzo, pannelli solari e tre bambini tirati su senza scuola pubblica, senza playstation. Il derby che ne è nato (pro-magistrati contro pro-famiglia) non è folclore. È la versione aggiornata del più antico conflitto politico dell’Occidente: di chi sono i figli.

Per farla breve. La famiglia anglo-australiana di Nathan Trevallion e Catherine Birmingham si è stabilita in un’ex casa colonica nei boschi di Palmoli. Niente allacci alla rete elettrica, niente acqua corrente, istruzione parentale per i tre figli, 8 anni e due gemelli di 6. Possono farlo? Certo che sì. Di ecovillaggi e famiglie che vivono “felici in autosufficienza†è piena l’Italia e soprattutto il paese digitale. I nomadi digitali vengono celebrati come eroi sostenibili mentre attraversano mezzo mondo educando i figli “on the roadâ€: in van, su case galleggianti, i più instagrammabili in barca a vela. E la scelta di provvedere direttamente all’istruzione e all’educazione dei propri figli senza far ricorso alla scuola, né pubblica né privata, e senza prendersi per forza un precettore, è perfettamente lecita e legale.

Perché il tribunale smantella “la famiglia nel bosco”

Lo riconosce lo stesso Tribunale per i minorenni di L’Aquila che, nell’ordinanza con cui ha sospeso la responsabilità genitoriale e ordinato l’allontanamento dei loro tre bambini, collocandoli in una casa-famiglia di Vasto, chiarisce: «L’ordinanza cautelare non è fondata sul pericolo di lesione del diritto dei minori all’istruzione, ma sul pericolo di lesione del diritto alla vita di relazione (art. 2 Cost.)».

Tradotto: il problema non è la scuola, ma l’isolamento. Secondo i giudici, l’isolamento prolungato comporterebbe infatti rischi «psichici ed educativi»: difficoltà nella gestione dei conflitti, rischio di aggressività o isolamento, bullismo, bassa autostima, ansia sociale, depressione, incapacità di riconoscere l’altro. È la prima cornice concettuale: non si giudica una condotta illegale, si fa prevenzione. Poi arrivano i fatti.

Funghi e decreti

Settembre 2024. La famiglia finisce al pronto soccorso per un’intossicazione da funghi. Essendo coinvolti dei minori, parte la segnalazione ai carabinieri e al Servizio sociale. Che in seguito ai controlli di prassi segnalano al procuratore del Tribunale dei minorenni «indizi di preoccupante negligenza genitoriale, con particolare riguardo all’istruzione dei figli e alla vita di relazione degli stessi, conseguenti alla mancata frequentazione di istituti scolastici e all’isolamento in cui vivevano». Si segnala inoltre una «situazione abitativa disagevole e insalubre», «la famiglia viveva in un rudere fatiscente e privo di utenze e in una piccola roulotte», «i minori non avevano un pediatra e non frequentavano la scuola».

La procedura si attiva: il Tribunale emette un decreto provvisorio ad aprile, confermato a maggio. I bambini restano con i genitori, ma sono affidati formalmente al Servizio Sociale, a cui viene attribuito «il potere esclusivo di decidere sul loro collocamento, nonché sulle questioni di maggior rilevanza in materia sanitaria». I genitori assicurano collaborazione, attestano la regolarità del percorso di istruzione parentale della primogenita, dichiarano di avere a disposizione una nuova abitazione con tutte le utenze, promettono collaborazione e aggiornamenti sullo stato di avanzamento dei lavori del casale. Poi il dietrofront: a ottobre, si legge in una nuova relazione del Servizio Sociale «i genitori non hanno inteso più avere incontri e colloqui», impediscono l’accesso all’abitazione agli assistenti sociali. Una mediazione rimette in moto la collaborazione e prevede un accesso settimanale a un centro socio-psico-educativo.

Lo scontro su sanità e impianti

Ma anche lì la macchina si inceppa: nell’ordinanza del 20 novembre, scrivono i giudici, «i genitori hanno poi rifiutato di partecipare alle attività di supporto alla genitorialità, senza partecipare ad alcun incontro. Gli accertamenti sanitari obbligatori non sono stati compiuti». La pediatra aveva richiesto una visita neuropsichiatrica infantile e accertamenti ematochimici sullo stato vaccinale.

Il punto strutturale pesa: la perizia del geometra dei genitori viene giudicata «del tutto insufficiente». Mancano impianti, rifiniture, certificazioni, agibilità ex Testo unico dell’edilizia – in Abruzzo, regione sismica, la sicurezza statica non è un dettaglio filosofico. Per il Tribunale l’assenza di requisiti essenziali «è sufficiente a far scattare il rischio di pregiudizio per l’incolumità dei minori».

Dal problema “scuola” al problema “isolamento”

Il capitolo scuola è un concentrato di frizioni tecniche. Per i giudici manca documentazione: il certificato rilasciato dalla “Novalis Open School†di Brescia non risulta notificato alla dirigente scolastica competente. L’avvocato ribalta il quadro: presenta l’atto dell’istituito comprensivo competente che autorizza l’home schooling per l’anno in corso e conferma l’idoneità della figlia maggiore. Il ministero dell’Istruzione conferma a sua volta che l’obbligo scolastico è stato regolarmente espletato «attraverso l’educazione domiciliare legittimata dalla Costituzione e dalle leggi vigenti e tramite l’appoggio ad una scuola autorizzata».

L’avvocato sostiene che quel documento non sia mai stato trasmesso al Tribunale perché «a quanto ci risulta, l’assistente sociale lo ha tenuto nel cassetto invece di trasmetterlo tempestivamente al giudice». È solo una delle “inesattezze” che i genitori porteranno a ricorso. Poco male: il Tribunale insiste sull’isolamento, «la deprivazione del confronto tra pari ostacola lo sviluppo delle competenze sociali, emotive e cognitive essenziali, rendendo più difficile l’adattamento del bambino sia nel sistema educativo che nella società in generale».

Le Iene e la privacy dei minori

Il tribunale accusa inoltre la coppia di aver esposto mediaticamente i bambini partecipando alla trasmissione Le Iene. Avrebbero «violato il diritto dei minori alla riservatezza», divulgato «dati idonei a consentire l’identificazione dei minori», mostrando di «fare uso dei propri figli allo scopo di conseguire un risultato processuale». Punto pesante, perché entra nel territorio tanto scivoloso – quanto ipocrita ai tempi dei Ferragnez -del giudizio morale.

La conclusione è drastica: «In considerazione delle gravi e pregiudizievoli violazioni dei diritti dei figli all’integrità fisica e psichica, all’assistenza materiale e morale, alla vita di relazione e alla riservatezza, i genitori vanno sospesi dalla responsabilità genitoriale». Il Tribunale nomina un tutore provvisorio e «ordina l’allontanamento dei minori dalla dimora familiare e il loro collocamento in casa-famiglia». I bambini vengono portati via, la madre ottiene il permesso di seguirli, ma non di dormire con loro.

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La versione dei giudici. E quella dei genitori

Ad oggi Nathan e Catherine non hanno più titolo per decidere dove vivono i figli, quali cure ricevono o quale percorso educativo seguono. L’avvocato smentisce punto per punto l’ordinanza: «I bambini hanno fatto i vaccini obbligatori, non hanno fatto il richiamo perché non vanno a scuola», «non hanno problemi di socialità e neppure di scolarizzazione, e l’abitazione ha l’idoneità statica». Il tecnico aveva già predisposto la costruzione di un sistema di fitodepurazione, una soluzione ecologica prevista dalla legge, per un bagno alla casa nel bosco.

E poi c’è il contesto sociale: Palmoli è quasi tutta con loro. Il sindaco ricorda di aver già messo a disposizione lo scorso anno una casa con tutte le utenze ma che la famiglia aveva lasciato perché non “corrispondeva ai loro princìpiâ€: acqua del pozzo, water a secco, pannelli solari. Catherine, addestratrice equestre, e Nathan, ebanista, hanno vissuto in tutto il mondo, parlano cinque lingue e non accettano i fondi pubblici offerti dal Comune: come ricorda l’avvocato «non vogliono assistenzialismo, non vogliono accedere a benefici che ritengono di non dover sottrarre alla comunità. Hanno una loro autonomia economica e hanno chiarito che, se ci sono lavori da fare, li pagheranno di tasca loro».

Una “non scuola” legale

La famiglia vive come i Neorurali: zero emissioni, autoproduzione, animali, orto, fiume. Il metodo dell’unschooling (filosofia ben diversa dall’home schooling e decisamente più radicale, nata negli anni 70 come atto di accusa contro la società avida, competitiva e consumistica) lo hanno portato avanti con l’aiuto di una insegnante locale. I bambini vivono con una gatta, due cani, l’asino, il cavallo, coltivano l’orto, raccolgono uova delle galline, vanno al parco, fanno le gite e il bagno nel fiume con «i loro amici». Pesci? No, altri bambini. I Neorurali contano una trentina di famiglie, sessanta persone tra uomini, donne e bambini, stabilitesi negli anni tra Palmoli, Tufilo e San Buono, arrivati nei boschi d’Abruzzo per rifiutare il consumo e incarnare quel “riconnettersi con la naturaâ€, green e sconnesso raccomandato dagli esperti e che paradossalmente fa hype sui social.

Per capirci, come ha spiegato il sindaco di Palmoli alla Stampa, sono stati i Birmingham-Trevallion a fare piazza pulita di tutti i comfort di cui pure disponeva il casolare acquistato per 20mila euro: «Quando la coppia l’ha comprata, l’abitazione era provvista di tutte le utenze necessarie. Ma appena entrati, hanno staccato gli allacci della luce e dell’acqua e hanno demolito il bagno».

Salvini scatena l’ira dei magistrati

La domanda che brucia è semplice: questo quadro giustifica portare via i figli? La vicenda è diversa, complessa e delicata ma come non essere d’accordo con Matteo Salvini quando evoca i campi rom di Giugliano: centinaia di bambini sporchi in età scolare che non vanno a scuola, vivono senza luce, senza acqua, «E lì dov’è il tribunale dei minori? Dove sono gli assistenti sociali?». Intervengono Meloni (che si dice «allarmata») e Nordio che promette «approfondimenti».

Tanto basta a scatenare l’Anm: secondo i magistrati l’ordinanza «è stramotivata, è lunga dieci pagine», «si fonda su valutazioni tecniche e su elementi oggettivi: sicurezza, condizioni sanitarie, accesso alla socialità, obbligo scolastico». I membri del Csm hanno chiesto al Comitato di presidenza di aprire una pratica per la tutela dei magistrati del Tribunale per i minorenni dell’Aquila, per proteggerli da «indebita pressione mediatica», segnalando il rischio che la vicenda venga strumentalizzata per orientare l’esito del referendum sulla riforma della giustizia.

Gli appelli a “salvare la famiglia nel bosco”

Nel mirino le petizioni di Provita accanto ad altri sette appelli per salvare la “famiglia nel bosco†che hanno raccolto centinaia di migliaia di firme. Il 6 dicembre ci sarà un sit-in di “concittadini, amici e sostenitori della coppia†davanti al ministero della Famiglia. Protestano contro una “misura estremaâ€, figlia – dicono – di un pregiudizio culturale. Sul principio, pur provenendo da matrici diversissime, gli appelli concordano.

Perché se lo Stato può intervenire così sulla libertà educativa, allora non è in discussione solo la libertà di Nathan e Catherine, ma quella di tutti. Sono anni che magistrati e tribunali si esercitano a “normalizzare†famiglie e affermare i diritti degli adulti sui figli: cosa temono davvero da una famiglia che vive nel bosco col bagno a secco?

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Quelli per cui «i bambini sono figli dello Stato»

Il filosofo Gianfranco Pellegrino, su Domani, lo chiarisce con freddezza maoista: «I bambini sono figli sempre della società e dello Stato». La loro educazione è per definizione, materia pubblica, oggetto di «discussione democratica». Per Pellegrino la pericolosità della famiglia del bosco e sostenitori à la Meloni o Salvini sta nel diffondere «una concezione della genitorialità come proprietà, oltre che una concezione della libertà come privilegio di monadi isolate di farsi gli affari propri, scaricando su tutti gli altri le conseguenze», «un genitore non può disporre dei figli a proprio insindacabile arbitrio».

È singolare che lo stesso autore che definisce l’opposizione di destra alla maternità surrogata «ideologia omofobica» ora rivendichi la titolarità pubblica dell’educazione perché «nessun essere umano può disporre liberamente di un altro essere umano. I figli sono pezzi di cuore, non pezzi di proprietà». Della famiglia, beninteso. Perché in fondo, al netto – ribadiamolo – dei troppi aspetti che ancora non si conoscono della vicenda e delle sue diverse versioni, la “famiglia nel bosco” non è un modello, né un pericolo. È promemoria della tentazione ricorrente del paternalismo giudiziario (di molti commentatori intervenuti sulla vicenda, e non solo addetti ai lavori) di fronte a tante famiglie reali, non perfette, forse anarchiche ma certamente non astratte: confondere tutela e supplenza. Fare della protezione dei minori una forma di amministrazione correttiva delle famiglie secondo il sentire di questo o quel momento.

Politica
Veneto, Puglia, Campania. Tre lezioni per destra e sinistra
Data articolo:Tue, 25 Nov 2025 03:35:00 +0000 di Emanuele Boffi

Tre a tre. Il risultato finale della partita delle regionali è un pareggio. Dopo le vittorie del centrodestra in Calabria e Puglia e del centrosinistra in Toscana nei mesi scorsi, ieri sono arrivate quelle della sinistra in Puglia e Campania e della destra in Veneto. Risultati scontatissimi, che confermano le previsioni della vigilia.
Come in ogni pareggio, c'è chi è più contento e chi meno. In questo caso, a sorridere di più è il centrodestra, se non altro perché viene smentita l'enfasi che Elly Schlein aveva dato, prima del voto, al risultato delle regionali, ipotizzando un cinque a uno che invece non si è verificato.
Al di là di questo, il voto di ieri - oltre a confermare l'ennesimo calo dell'affluenza - era importante per misurare le forze interne alle due coalizioni.

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Cultura
Boccaccino, un “minore†di livello assoluto
Data articolo:Tue, 25 Nov 2025 03:20:00 +0000 di Marco Bona Castellotti

Boccaccio Boccaccino, nome che quando si sente pronunciare fa ridere, è un importante pittore del Rinascimento dell’Italia padana, zona compresa tra l’Emilia, la Lombardia, Ferrara e Cremona. Oggetto di studi di insigni storici dell’arte, vanta tra i suoi esegeti niente meno che Mario Soldati, versatile rappresentante della cultura italiana del Novecento. Regista di innumerevoli film degli anni Quaranta e Cinquanta, vedi Malombra, scrittore raffinato, giornalista e soprattutto intellettuale refrattario a qualunque schieramento politico, lontano dal potere delle cosche e delle dinastie letterarie, Mario Soldati, che avevo saputo essersi laureato in Storia dell’arte a Roma da uno dei suoi figli, Michele, mio compagno di classe al liceo Berchet di Milano, fece una tesi nel 1927 su Boccaccio Boccaccino, uno studio d’avanguardia, concentrandosi sul pittore padano che nel 1927 era praticamente ignoto.
Ho appreso con una certa emozione questo episodio della biografia di Soldati, leggendo il c...

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Blog
La saggia cautela di Mattarella e Meloni sul caso Garofani
Data articolo:Mon, 24 Nov 2025 07:47:54 +0000 di Lodovico Festa

Su Huffington Post Italia Fabio Luppino scrive:

«Il consigliere di Sergio Mattarella non smentisce di aver detto di sperare in un provvidenziale scossone per fermare la salita al Colle di Giorgia Meloni, parlando con il Corriere della Sera. Racconta, però, di parole in libertà con amici. Troppo e troppo poco per il delicatissimo ruolo che occupa».

Mattarella è un coerente gentiluomo palermitano e uno scrupoloso costituzionalista, è perfettamente consapevole della funzione delicata di transizione che un presidente rieletto ha in un sistema istituzionale italiano inquadrato da una Costituzione che recita: «Il presidente della Repubblica è eletto per sette anni» (non per quattordici). Non è pensabile che manovri contro il governo indicato dall’esito delle elezioni politiche del 2022.
Naturalmente il suo compito è complicato perché il presidente della Repubblica italiana non ha le caratteristiche di mero garante delle istituzioni, ma ha anche un evidente ruolo politico. Dunque non avreb...

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Esteri
«I cristiani sono a rischio estinzione in Siria»
Data articolo:Mon, 24 Nov 2025 03:55:00 +0000 di Leone Grotti

«Dopo 14 anni la guerra è finita in Siria, ma ancora non c'è la pace. Il paese è diviso e i cristiani vivono nella paura». Le parole di monsignor Ihab Alrachid, archimandrita della Chiesa greco-melchita cattolica, fanno a pugni con l'immagine della Siria che viene offerta dalla maggioranza dei media. Attentati, massacri, soprusi, sharia: il paese "liberato" da Ahmed al-Sharaa non è poi così libero, ma sprofonda nell'anarchia sotto il peso di un tentativo di islamizzazione violenta.
Il docente di Diritto canonico presso la Facoltà teologica di Damasco è stato invitato in Italia da Aiuto alla Chiesa che soffre in occasione della Red Week per parlare della persecuzione dei cristiani in Siria. A margine dell'incontro La fede calpestata. Cristiani in Siria e Burkina Faso, che si è tenuto venerdì a Palazzo Lombardia, il prelato ha rilasciato un'intervista a Tempi: «Il presidente non ha il controllo dei gruppi armati e i cristiani vengono trattati come se fossero ospiti nel paese. Ma noi viv...

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Società
La gentilezza come oppio delle anime belle
Data articolo:Mon, 24 Nov 2025 03:40:00 +0000 di Caterina Giojelli

Siamo circondati: Giornata Mondiale della Gentilezza (13 novembre), Settimana della Gentilezza, corsi di formazione, eventi, convegni sulla gentilezza dalla scuola al lavoro. E l’immancabile trend “mondo sii gentileâ€, usato sui social come cappello a video emotivi e sponsorizzati.

È il nuovo catechismo laico. In un’epoca meno raffinata della nostra, il comandamento suonava: «Ama il prossimo tuo come te stesso», pure quello che ti aveva fregato la moglie, il posto di lavoro e il motorino. Arduo, scandaloso, richiedeva una specie di miracolo quotidiano. Oggi che i tempi sono più civili è stato aggiornato a «Sii gentile»: fa molto meno Gesù e più Hallo Kitty, si stampa bene sulle magliette.

Gentilezza, gentilezza ovunque

E così eccoci sommersi da un’ondata di gentilezza organizzata, come se la carità cristiana fosse stata mandata in pensione e sostituita da un ente morale con partita Iva. Esiste la Giornata e la Settimana della Gentilezza, ma anche il Festival della Gentilezza del Corriere. Con i gentilissimi Severgnini, Calabresi, Berruti, D’Avenia, Gherardo Colombo, Luciano Fontana, Lina Sotis e Walter Veltroni eccetera, c’è perfino la “meditazione gentile†di Lama Paljin Tulku Rinpoce. Da Milano a Genova largo a corsi aziendali su “Gentilezza nei sistemi sanitariâ€, “Gentilezza al lavoroâ€. Nel torinese si inaugurano parchi e panchine viola della Gentilezza, a Caivano si piantano ulivi della pace, presto avremo un’“agorà della gentilezza†anche a San Basilio, Roma.

Nel frattempo Cristian Brocchi vince il premio “Costruiamo Gentilezza nello sport†e il comune di Chieti annuncia la “delega alla gentilezzaâ€. Sì, esiste la rete dei costruttori di gentilezza con i registri di assessori, allenatori, insegnanti, imprenditori della Gentilezza, l’alfabeto della gentilezza per un mondo gentile, «Grazie alle persone che partecipano al progetto – leggiamo sul portale – raggiungeremo insieme questo obiettivo entro il 21 Marzo 2036». Manca solo la statua di Cenerentola in piazza Duomo e poi il cerchio è chiuso.

Apoteosi! Arriva la gentilezza di Stato

Il culmine dell’apoteosi è il Kindness Act, proposta di legge italiana del Movimento italiano per la gentilezza elaborata in seguito all’Assemblea mondiale della gentilezza per inserire la gentilezza tra gli indicatori ufficiali del Benessere Equo e Sostenibile (Bes) dell’Istat. Due i testi collegati: uno per le scuole – affinché la gentilezza diventi “metodo educativo†anti-bullismo – e uno per il lavoro, per garantire ambienti “inclusivi e rispettosiâ€, “senza molestieâ€. Non manca la Carta dei Sei Valori della Gentilezza – rispetto, ascolto, solidarietà, equità, pazienza, generosità. Evidentemente Dio sbagliò quando ne comandò dieci sul Sinai, o forse erano finite le virtù civili, ma i giornali rilanciano al grido “Sono già moltissimi i Paesi che hanno normato il tema”.

Avremo dunque l’Istat che misura quanta gentilezza circola nel paese, come oggi misura l’inflazione o il debito pubblico. Immaginiamo già il bollettino: «Gentilezza +0,3% nel trimestre, grazie alla nuova panchina viola dei piemontesi; lieve flessione nel Napoletano dopo gli spari di Capodanno». Ma perché non ci abbiamo pensato prima, ad abolire bulli e molestatori per decreto e con la forza della gentilezza?

I promotori, gente seria, laureata, competente, spiegano che solo riconoscendo la gentilezza come «atto politico» potremo trasformare la società in uno spazio di rispetto reciproco. È una frase bellissima, da calendario di Snoopy. Peccato che tra un simposio gentile e l’altro nella molto progressivamente aggiornate città come Milano bande di giovanotti figli del loro tempi si esercitino nell’arte di accoltellare il prossimo, sfondare crani a sprangate, animando risse col machete, filmando il tutto per TikTok. Ma niente paura: abbiamo i festival e gli ulivi.

Peccato originale e bassifondi

Ora, qui siamo, e lo rivendichiamo, chestertoniani: uomini di taverna, non di tavolino, convinti, come zio G. K., che il problema dell’ubriachezza nei bassifondi non sia il bere, ma i bassifondi. Amiamo la gentilezza quale virtù deliziosa tanto quanto troviamo comica la pretesa di farne la nuova religione civile, il collirio universale che dovrebbe guarire il mondo dalla sua antica malattia: il peccato originale. È come spegnere un incendio con la pistola ad acqua e senza pompieri.

A sentire i simposi, la gentilezza che oggi si propongono di inoculare al popolo e nelle scuole come «metodo educativo» anti-bullismo è la stessa che cent’anni fa insegnava ai bambini a levarsi il cappello davanti alla dama mentre nella stiva gli schiavi crepavano incatenati: pura cortesia vittoriana. I ragazzi non cambiano, e hanno ragione: sanno che il mondo fatto degli adulti fatto di separazioni, assenza, abbandoni, solitudine, violenze non è un’immensa aula di mindfulness con sottofondo di flauto tibetano. Sanno che i lupi non si convertono con una panchina viola e un cartello «Be kind». E che mentre l’insegnante spiega dolcemente che «le parole sono pietre», nel parco accanto un coetaneo viene massacrato per un telefono e il video finisce su TikTok con cuoricini e risate.

Dalla carità alle virtù da sala d’aspetto

Nessuno, intendiamoci, propone di allevare piccoli Apache. Ma trasformare la gentilezza in istituzione, in legge cosmica, addirittura in «metodo educativo» è come insegnare l’importanza di dire “per favore†o “grazie†prima di sbranare o essere sbranato. L’educazione è lotta brutale, temeraria, categorica, una responsabilità ancestrale, è «essere così sicuri che qualcosa è vero da avere il coraggio di dirlo a un bambino». Invece noi abbiamo preso il comandamento più scandaloso della storia – «Amatevi gli uni gli altri» – e l’abbiamo dolcificato in «Siate gentili».

Tolto Cristo, il sangue, la carne e la Croce, della carità non è rimasta che una virtù da sala d’aspetto. Ancora Chesterton l’aveva previsto: «L’ideale cristiano non è stato provato e trovato mancante; è stato trovato difficile e lasciato inattuato». Solo che la carità ha rovesciato imperi, ha svuotato le arene, ha costruito ospedali e cattedrali. La gentilezza, al massimo, ha profumato l’aria mentre il tetto crollava.

Società
Ambrogini di latta
Data articolo:Mon, 24 Nov 2025 03:35:00 +0000 di Emiliano Ronzoni

Sapete qual è l’indicatore più certo della decadenza di Milano? I prezzi delle case? La telenovela della vendita di San Siro? L’affaire urbanistica? Macché. Puntate sull’Ambrogino d’oro e non sbaglierete.

Da quasi un secolo ormai, il povero sant’Ambrogio il 7 dicembre, e sì che dovrebbe essere la sua festa, viene preso e portato a campeggiare sul fondo di sala Alessi a palazzo Marino, per la consegna delle onorificenze che celebrano il suo nome.

Che io sappia, è forse l’unico santo condannato allo strabismo, obbligato com’è ogni anno a girare vorticosamente gli occhi a destra e sinistra quasi si trovasse a Wimbledon davanti a un match di Sinner. Già, perché, se lo schieramento meneghino di centrosinistra propone una candidatura per l’onorificenza, ecco che il centrodestra sbatte sul piatto una contro-candidatura di centrodestra. È stata la cronaca di questi mesi: “Ah sì, tu mi provochi con una proposta di onorificenza alla Flottilla? E beccati sto Trump!”. “Tu cannoneggi con Jasmine, la lavoratrice della Scala che aveva gridato Palestina libera in occasione della visita della Meloni? Eccoti un siluro marca Sgaraglia, il prefetto che ha sgomberato il Leoncavallo ad agosto”.

Insomma, è tutto un fuoco d’artificio di destra-sinistra, sinistra-destra. E pazienza se, come recita lo statuto, dovrebbe essere candidato chi abbia giovato a Milano «sia rendendone più alto il prestigio attraverso la sua personale virtù, sia servendone con disinteressata dedizione le istituzioni…». Trump e la Flotilla, appunto.

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Una comunità civica

Non è sempre stato così. Ci sono stati anni in cui il senso del decoro prevaleva e, diciamo grossomodo a tutti gli anni Ottanta, più che la contrapposizione delle candidature contava il peso e il prestigio con cui si era onorato e servito la città di Milano.

La china del degrado si è fatta vertiginosa dalla metà degli anni Novanta in avanti. Fino ad allora l’assegnazione dei riconoscimenti veniva approvata dalla giunta, su proposta del sindaco, accogliendo e vagliando le candidature avanzate da partiti politici, associazioni, istituzioni e semplici cittadini.

Fosse che il vertice istituzionale sentisse il peso del proprio ruolo, fosse che erano altri tempi e che tutti sentissero di appartenere a una comunità civica più grande delle proprie scelte di parte, fatto sta che la cerimonia degli Ambrogini era il momento in cui tutta la città si riconosceva.

La consegna della medaglia d'oro a Marco Cappato da parte del Sindaco durante la cerimonia per gli Ambrogini al Teatro Dal Verme a Milano, 7 dicembre 2022 (ansa)
La consegna della medaglia d’oro a Marco Cappato da parte del Sindaco durante la cerimonia per gli Ambrogini al Teatro Dal Verme a Milano, 7 dicembre 2022 (ansa)

Quando è cominciata la guerra

Da quegli anni, il disastro. La competenza passa in mano al consiglio comunale ed è subito terreno di caccia delle orde partitiche. Ogni benemerenza uno scalpo, scaramucce, agguati, feriti, dispersi, attacchi e ripiegamenti. Mentre fuori la città viveva tranquillamente la propria vita, lì, dentro le aule del palazzo, insigni signori, fior di professionisti, politici di risulta, consumavano la più inutile della guerra dei bottoni.

Artefice di quel bel capolavoro, duole dirlo, ma fu un avvocato della destra democristiana, Massimo De Carolis, ex enfant prodige della maggioranza silenziosa. Di silenzioso in lui c’era solo il lavorio continuo e indefesso con cui scavava per aumentare il proprio di prestigio. E, da presidente del consiglio comunale, pensò bene di apparecchiarsi nel piatto la designazione degli Ambrogini. Vedere arrivare in consiglio gli Ambrogini e vedere scatenarsi una guerra quale poi si vedrà solo in questi nostri anni disgraziati è stato tutt’uno.

I duellanti

L’anno horribilis della guerra degli Ambrogini fu il 2002. Quell’anno non si fecero prigionieri, solo morti. Destra contro sinistra. La candidatura di Saverio Borrelli diede il via a una serie di veti e controveti incrociati. La furia dei colpi e delle sciabolate fu tale che si decise di rifiatare e di non assegnare alcuna medaglia d’oro.

Ma tranquilli, come ne I duellanti, il film di Ridley Scott, con i due ufficiali napoleonici che si sfidano a singolar tenzone per tutta la vita, il 2002 fu solo una pausa, una tregua. Bastò aspettare un anno e già nel 2003 tornarono a incrociarsi le lame. Tu vai di fioretto con Ivan Ghitti? E io rispondo di sciabola con Gianfranco Miglio.

Beppe coniglio

E così, anno dopo anno, si è arrivati alla stanca sceneggiata di quest’anno con le comparsate di Trump e della Flotilla. Vedremo mai la fine della china? Preso nota del coraggio e del piglio con cui il sindaco Sala conduce le vicende milanesi (do you remember “Salva Milano” con contorno di urbanistica?) temiamo proprio di no.

A Bernardini de Pace che, scandalizzata per la candidatura marca Flotilla, aveva minacciato il sindaco di riconsegnare l’Ambrogino consegnatole nel 2015, Sala (che ha diritto di veto sulle candidature) non ha trovato di meglio che rispolverare l’antico vulnus e, vergognoso, spoilerare che non era stata colpa sua ma del consiglio comunale.

Che è un po’ come quando alle elementari si diceva alla maestra che non eravamo stati noi a tirare i capelli alla bambina davanti, ma il nostro compagno di banco. Sala insomma, un po’ sindaco, un po’ coniglio, un po’ spia.

Blog
Punturine
Data articolo:Mon, 24 Nov 2025 03:30:00 +0000 di Annalisa Teggi

Oltre al buio, una delle paure classiche dei bambini sono le punture. L’immaginario comune oggi è capovolto e le iniezioni sono associate al sogno di un corpo “come io comandoâ€, sinonimo di miracoli estetici raggiunti senza sforzo e con quel diminutivo “punturine†che rende tutto così facile, innocuo, veloce.
Eppure i contorni dell’incubo permangono, proprio dietro l’immagine di un ago che inietta qualcosa sotto pelle. Il confine tra elisir e veleno è molto sottile, non solo dal punto di vista medico-farmacologico, ma nel delirio che s’illude di tenere in mano il proprio destino e si crede capace di plasmarlo con una puntura.
«Volevo avvertire le persone sui rischi, ma io sono così malato che probabilmente continuerei finché non mi sarà completamente scomparsa la vista da un occhio», ha dichiarato la popstar Robbie Williams, denunciando un grave effetto collaterale delle costosissime iniezioni dimagranti a cui si è sottoposto e che stanno spopolando tra i vip. Si tratta di farmaci nati...

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Spettacolo
Chi ha paura degli attori che non esistono
Data articolo:Sun, 23 Nov 2025 03:55:00 +0000 di Piero Vietti

Tilly Norwood è una giovane attrice che è stata presentata per la prima volta al Film Festival di Zurigo poche settimane fa. È bella senza intimidire e sa recitare indifferentemente la parte della ragazza della porta accanto e quella dell’eroina che salva la Terra combattendo contro mostri alieni, ha il volto di chi potrebbe interpretare una maestra d’asilo, l’accento british ed è già cercata da moltissimi agenti che vogliono rappresentarla. Tilly Norwood, però, non è reale: è un personaggio generato con l’intelligenza artificiale dalla londinese Particle6 Productions, e finora è comparsa solo in brevi spezzoni di un video satirico e nelle immagini postate sul suo profilo Instagram.
La sua apparizione ha gettato nel panico attori, registi e naturalmente critici cinematografici. Il sindacato del mondo dell’intrattenimento negli Stati Uniti si è detto contrario alla «sostituzione degli artisti umani con attori sintetici» e ha accusato gli ideatori di Tilly di copiare senza permesso le pe...

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