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Cultura
Lo zio Josh e la crisi del cinema italiano
Data articolo:Tue, 09 Dec 2025 08:02:20 +0000 di Redazione

Sapendo forse leggere e scrivere, ma di certo non sapendo far di conto, parteciperò al dibattito mettendomi per gioco nei panni dello zio Josh. Chi è lo zio Josh? È un personaggio ricorrente dei cosiddetti rube films di inizio Novecento, i primi a mettere in scena il rapporto tra il cinema e il suo spettatore. In breve, Uncle Josh è il campagnolo che arriva in città e incontra per la prima volta la stravaganza moderna del cinematografo. Non sa bene come comportarsi (del resto non esisteva ancora una liturgia codificata dello stare al cinema) e ovviamente se la fa sotto quando vede arrivare dallo schermo un treno in corsa – una strizzata d’occhio alla celebre leggenda metropolitana storiografica che ancora capita di trovare, incredibilmente, nelle prime pagine di certi manuali di cinema. Attenzione: lo zio Josh, nel mio ragionamento, non è lo spettatore bifolco ma semplicemente lo spettatore naïf, insomma il pubblico pagante, che sia sofisticato o meno nei gusti estetici. Quello che non ha idea di come si producano i film né di come si finanzino, perché gli interessa solo una cosa: vedere qualcosa che valga il prezzo del biglietto.

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Blog
Basta con i giudici che fanno (anche) i politici
Data articolo:Tue, 09 Dec 2025 07:53:48 +0000 di Lodovico Festa

Su Strisciarossa Alfiero Grandi scrive: 

«La legge Nordio contro i magistrati è l’ariete che punta a sfondare le difese e i difensori della Costituzione. Sottovalutarne la portata e il pericolo sarebbe un grave errore politico. Finora la destra è partita in anticipo per la campagna referendaria, puntando a organizzare un vero e proprio plebiscito per il "Sì alla Nordio"; l’opposizione è in ritardo. Bisogna assolutamente recuperare, perché spiegare cosa è in gioco nel referendum richiede tempo e molto lavoro. Giorgia Meloni si è convinta che da quel varco possa passare anche il premierato e, se per riuscirci deve "mollare" alla Lega l’autonomia differenziata, pazienza. L’opposizione politica e la società civile che difendono la Costituzione devono reagire all’altezza della sfida, a fianco dell’Anm».

Il povero Palmiro Togliatti si rivolterà nella tomba vedendo i suoi bisnipotini allo sbando che si dimenticano di difendere la sovranità popolare, così decisiva per i ceti meno abbienti, n...

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Chiesa
Bagnasco: «Io vedo in atto una primavera della fede»
Data articolo:Tue, 09 Dec 2025 03:55:00 +0000 di Rodolfo Casadei

«L’uomo è stato creato per amore, perciò la sua natura è quella di un essere fatto per amare e per essere amato. Fuori da ciò, l’uomo è smarrito». L’intervento del cardinale Angelo Bagnasco al convegno “Giovanni Paolo II – Un magistero per la Chiesa e per la società del terzo millennio†dell’8 novembre scorso presso l’Università Cattolica di Milano, promosso dall’associazione culturale Fortitudo Mea nata dall’eredità spirituale di monsignor Luigi Negri, è la prova della solida formazione tomista di uno dei protagonisti della vita della Chiesa italiana degli ultimi trent’anni.
Presidente per un decennio (2007-2017) della Conferenza episcopale italiana (Cei) e per un quinquennio (2011-2016) del Consiglio delle Conferenze episcopali europee, anche dopo aver lasciato per raggiunti limiti di età il governo dell’arcidiocesi di Genova (di cui è stato arcivescovo fra il 2006 e il 2020) e il collegio cardinalizio che elegge il papa, Bagnasco resta una voce molto ascoltata. Quest’anno ha pubblic...

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Società
«Voglio sembrare una Barbie laggiù». Così i medici improvvisano sui corpi dei ragazzi
Data articolo:Tue, 09 Dec 2025 03:45:00 +0000 di Caterina Giojelli

Sky, diciotto anni, pronome “they/themâ€, ha un’idea molto chiara di sé: «Voglio sembrare una Barbie laggiù». Lo racconta Amy Penkin, assistente sociale del Transgender Health Program dell’Oregon Health & Science University, a un pubblico di clinici e colleghi riuniti a porte chiuse. Sky non aveva mai fatto sesso, non aveva il minimo interesse a farlo, e aspirava a un corpo senza alcuna sensazione erotica: «Sperava fosse possibile rimuovere tutti i tessuti erogeni», dice Penkin.

Non molto tempo fa, pazienti come Sky avrebbero ricevuto una valutazione psicologica e un supporto psicologico. Ma nel mondo in continua evoluzione della medicina di genere, i medici ora vogliono aiutare i giovani come Sky a raggiungere i loro “obiettivi di genere”.

Queste ammissioni emergono dai video ottenuti e pubblicati in esclusiva da The Free Press, registrazioni delle conferenze 2021 e 2022 della famigerata World Professional Association for Transgender Health (WPATH) e della sua sezione americana (USPATH). Materiale che rivela ciò che i clinici di genere si dicono tra loro quando non hanno la stampa addosso.

«L’azzeramento dei genitali è ancora poco accessibile»

Penkin spiega che i casi come Sky sono in aumento, le richieste di procedure «non binarie» crescono, ma il sistema, lamenta, è ancora ingessato in presupposti “binari”. La “nullificazione” (cioè l’eliminazione chirurgica dei genitali esterni) o la vaginoplastica con preservazione del pene sono, per ora, trattamenti «meno accessibili di quanto dovrebbero essere». Il messaggio ai colleghi è chiaro: gli standard attuali «non sono sufficienti», per rispondere ai pazienti «dobbiamo passare al livello successivo».

La psicologa Mair Marsiglio, sua collega all’OHSU, rincara la dose sulla necessità di riformulare il ruolo dello psicologo o dell’esperto di salute mentale: non più un filtro, un gatekeeper, ma un vero e proprio «collaboratore». Neppure chi soffre di disturbi gravi («personalità multiple», «psicosi») andrebbe escluso dalla chirurgia di genere solo perché l’équipe «si sente a disagio» a operarlo: far parte del team, per Marsiglio, significa «aiutare il paziente a orientarsi» dentro un percorso di cura, anche quando si tratta di operazioni «mai eseguite prima» o «ad alto rischio».

Nel caso di Sky, sono bastate «due lettere di supporto» da professionisti della salute mentale per ottenere l’autorizzazione alla castrazione. Aveva diciotto anni: era legalmente maggiorenne.

Il caso dell’Alabama

Il caso Sky (e di tanti altri giovani) è emerso grazie a una causa legale, Boe v. Marshall, intentata nel 2022 per bloccare la legge dell’Alabama che criminalizzava le transizioni mediche per minori. Una strategia che si è rivelata un boomerang per chi l’aveva promossa.

I querelanti avevano infatti chiesto al tribunale di fidarsi dell’autorità della WPATH. Peccato che l’indagine legale condotta dallo Stato dell’Alabama, tra il 2023 e il 2024, abbia restituito un quadro sconcertante dell’associazione: revisioni delle evidenze soppresse, limiti di età eliminati per motivi politici, conflitti di interesse ignorati, raccomandazioni modellate sugli interessi di chi le formulava.

Le rivelazioni sono finite sul New York Times, sull’Economist, sul Washington Post, persino sul BMJ. L’Alabama ha potuto acquisire così centinaia di ore di conferenze interne, organizzate da WPATH e USPATH. Una finestra su una medicina che, come ha dimostrato The Free Press pubblicando alcuni materiali, parla a porte chiuse una lingua ben diversa da quella usata con le famiglie e il pubblico.

«Voglio le tette» ma anche «che le mie parti funzionino ancora»

Nel giugno 2024 la Corte Suprema ha stabilito che gli stati possono limitare o vietare le transizioni pediatriche: vittoria piena per l’Alabama. Nel frattempo WPATH ha supplicato la corte di non rendere pubblici i video. E ha perso.

Nelle sessioni interne raccontate da Tfp, i medici riconoscono ciò che all’esterno negano: la minaccia del suicidio come leva emotiva per convincere le famiglie; la rassicurazione affrettata su interventi che possono comportare infertilità, danni permanenti, effetti collaterali gravi.

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Una delle ammissioni più crude riguarda la natura sperimentale – spesso non dichiarata – di molti trattamenti. Nessun protocollo, nessuna ricerca formale, nessuna approvazione etica: si fa perché i pazienti lo chiedono: li chiamano «obiettivi di incarnazione» (sic).

Come nel «caso composito» presentato dall’endocrinologa pediatrica Hayley Baines: quello un tredicenne non binario (pronome «they/them») che voleva «le tette» ma anche «che le mie parti funzionino ancora». Solo durante la visita, lui e il genitore (anche quest’ultimo dichiarato “non binarioâ€) avevano scoperto che gli ormoni avrebbero potuto compromettere la fertilità. Il ragazzo aveva reagito con un laconico «c’est la vie», il genitore, che desiderava dei nipoti biologici, scoppiando a piangere. È compito del team, spiega Baines, capire come far convivere fertilità, erezione, desideri estetici e identità.

Ci sono poi i video in cui i clinici discutono della loro preoccupazione principale: come proteggersi dalle possibili conseguenze legali.

«Stiamo tutti improvvisando»

Nel 2022 WPATH aggiorna i suoi standard di cura aggiungendo nuovi capitoli e definizioni, in primis “Non binarioâ€. Per essere non binari basta un «senso interno di genere» in contrasto con le aspettative sociali legate al proprio sesso di nascita.

Questo include generi indigeni o non occidentali, identità multiple o mutevoli, chi non si riconosce in alcun genere, chi fonde elementi di più generi o cambia identità nel tempo. Un caso discusso a OHSU riguardava un adolescente che dichiarava: «Frank-N-Furter di The Rocky Horror Picture Show è la mia identità di genere».

Secondo gli standard la “non binarietà†coinvolgerebbe tra il 25 e il 50 per cento della popolazione transgender, con una quota particolarmente alta tra i giovani. Alla conferenza del 2022 a Montreal, a chi domanda perché gli standard prevedono il consulto di un «team multidisciplinare» prima di passare agli interventi (passaggio che agli addetti ai lavori sembra «più restrittivo» rispetto all’obiettivo dichiarato di WPATH di eliminare barriere alla «affermazione» medica) viene risposto che la misura serve a proteggere i medici: alcuni pazienti inevitabilmente si pentiranno delle procedure e «avere una rete di contatti, in cui il team ha preso una decisione insieme al paziente, offre un quadro per dire: “Bene, l’etica è stata esplorata…â€Â».

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Non solo: il consulente endocrinologo britannico Leighton Seal riconosce che gli interventi si basano su prove scarse o nulle – «stiamo eseguendo procedure per le quali non disponiamo di dati sugli esiti» – e che senza questo supporto i medici sarebbero «vulnerabili».

Alla fine della seduta, una terapeuta dello Utah ha raccontato di vedere richieste di interventi non binari «drammaticamente aumentate», ammettendo: «A volte ho la sensazione che stiamo tutti improvvisando», «Forse però possiamo improvvisare insieme». È la medicina della nuova era.

Eunuchi, nuova identità di genere

Non sappiamo come sia finita per Sky. Sappiamo però di altri adolescenti che hanno ottenuto l’intervento che Sky desiderava: l’asportazione dei genitali.

Gli standard del 2022 introducono infatti un altro nuovo capitolo: gli “Eunuchiâ€. Non più condizione sociale o pena antica, ma nuova identità di genere, «coloro a cui è stato assegnato lo stato di sesso maschile alla nascita» e «che desiderano eliminare le caratteristiche fisiche maschili, i genitali maschili o la funzionalità genitale», «possono essere consapevoli della propria identità durante l’infanzia o l’adolescenza», e come altre persone «transgender e di genere diverso», sono un gruppo «emarginato».

Gli autori del capitolo (Thomas W. Johnson, professore emerito di antropologia alla California State University di Chico, e Michael S. Irwig, medico del Beth Israel Deaconess Medical Center di Boston) spiegano alla conferenza del 2022 che il desiderio di essere eunuco può nascere dal rifiuto di essere maschio o femmina, dall’idea che i genitali non appartengano al corpo, o da «parafilie estreme».

Obiettivo dei medici WPATH: normalizzare la castrazione

Durante la discussione, l’unico commento critico riguarda il termine «castrazione», ritenuto troppo stigmatizzante. Un chirurgo di San Francisco ringrazia tuttavia i colleghi per avergli fatto superare ogni dubbio prima di eseguire la sua prima castrazione su un uomo gay: ora ne esegue «un discreto numero» insieme ad altre procedure «non standard» e chiede come convincere più chirurghi a unirsi alla causa.

Secondo Irwig, la risposta è nella normalizzazione: ora che la castrazione è dentro gli Standard di Cura, nelle linee guida ufficiali, non sembrerà più ai medici un intervento di cui vergognarsi o a rischio ritiro di licenza. È tutto lì: far entrare un concetto nel manuale, e il resto seguirà.

WPATH non dedica alcun capitolo ai “detransitionersâ€: liquida anzi il tutto con una formula: la detransizione «sembra essere rara». Un’altra bugia.

Passare dalla «logica del miglioramento clinico» alla «euforia di genere»

Come abbiamo ricordato più volte, è dagli anni 2010 che inizia ad esplodere il fenomeno: sempre più adolescenti, soprattutto ragazze, spesso con fragilità psicologiche, iniziano a chiedere testosterone e mastectomie. Non si tratta appena di applicare il famigerato “protocollo olandese” (mai testato seriamente ma che dagli anni 90 aveva colonizzato l’Occidente) ma di cambiare il dibattito identitario e il target terapeutico: non solo «passare» all’altro sesso, ma farlo in nome del diritto all’autodeterminazione, alla «autenticità» e «all’espressione del sé».

Nel 2024, scrive The Free Press, Annelou de Vries, madrina del protocollo olandese, firma un articolo sul BMC Medical Ethics che invita a superare la «logica del miglioramento clinico». Citando la giurista trans canadese Florence Ashley, propone un nuovo paradigma: l’«euforia di genere», la «trasfigurazione creativa», il corpo come «opera d’arte di genere».

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«Questo nuovo paradigma – commenta TFP – implica che i medici non si sentano più come se stessero curando un disturbo di salute mentale, anche se lo dichiarano alle compagnie assicurative per motivi di fatturazione». Anche se dicono «ai genitori dei minori e al pubblico in generale che gli interventi medici che propongono sono “salvavitaâ€Â», ai colleghi, nelle conferenze a porte chiuse, proclamano quasi orgogliosamente di «non effettuare alcuna valutazione, né della salute mentale né dell’identità di genere», e di basare le loro considerazioni «sul trattamento sugli “obiettivi” estetici di un individuo».

Diritti civili vs evidenze scientifiche

All’inizio della sua amministrazione Biden aveva ampliato l’accesso alle cure di affermazione di genere per i minori: «La questione dei diritti civili del nostro tempo», la chiamava. Nel suo primo mese, Trump ha firmato un ordine esecutivo per «proteggere i bambini dalle mutilazioni chimiche e chirurgiche».

Da allora il Dipartimento della Salute ha pubblicato una revisione delle evidenze – in linea con i paesi europei più progressisti – che conclude che la transizione medicalizzata dei minori non è affatto sostenuta da evidenze.

L’aggiornamento pubblicato a novembre Supplement to Treatment for Pediatric Gender Dysphoria Report Peer Reviews and Responses qui tradotto nei suoi passaggi più significativi da GenerAzioneD – con le repliche a tutte le obiezioni mosse da gruppi medici come l’American Academy of Pediatrics, Endocrine Society o l’American Psychiatric Association – conferma che gli interventi medici e chirurgici su minori (bloccanti della pubertà, ormoni cross-sex, chirurgia di riassegnazione) espongono a rischi gravi e permanenti, a cominciare dall’infertilità, e che non vi sono prove robuste che garantiscano benefici psichici o di riduzione della disforia sufficienti a giustificare tali rischi. Anzi.

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Dopo anni in cui clinici, psicologi e chirurghi hanno ampliato le opzioni a giovani come Sky, modificando genitali, sopprimendo tessuti erogeni, prevedendo “identità eunuche†e “corpi neutriâ€, ora l’autorità sanitaria pubblica degli Stati Uniti segna uno spartiacque.

Opinione pubblica e politica

Secondo un recente sondaggio New York Times/Ipsos, più di sette americani su dieci, tra cui più della metà degli elettori democratici, ritengono che ai minorenni non dovrebbero essere offerti bloccanti della pubertà o ormoni cross-sex.

Ma il neosindaco di New York, Zohran Mamdani, ha promesso di spendere 65 milioni di dollari per «espandere e proteggere l’assistenza di genere in tutta la città… sia per i giovani che per gli adulti transgender».

Già travolta dallo scandalo “WPATH filesâ€, l’associazione non mostra segni di voler riconsiderare le proprie posizioni. Ma i suoi video a porte chiuse mostrano, ancora una volta, con nitidezza brutale, dove si trova il confine: nel punto in cui la scienza smette i curare e comincia a improvvisare. Sulla pelle dei ragazzini.

Blog
Non ci sarebbe stato il Movimento Popolare senza un “movimento†reale
Data articolo:Tue, 09 Dec 2025 03:20:00 +0000 di Peppino Zola

Scrivere del Movimento Popolare mi è possibile solo riferendomi alla esperienza personale da me vissuta dentro quella entusiasmante esperienza di popolo: da semplice laico cristiano non mi avventuro in teorie pur necessarie per una vita non banale, ma mi limito a far memoria di una esperienza, rispetto alla quale non posso che essere grato.

Occorre premettere che vi è, per me personalmente e per tanti di coloro che hanno dato vita al Movimento Popolare, un “primaâ€, costituito dalla intensa e coinvolgente educazione ricevuta all’inizio in Gioventù Studentesca e poi in Comunione e Liberazione (Cl). Una educazione che ci aveva e ci ha trasmesso una evidenza inestirpabile, e cioè che Cristo c’entra con tutta la vita e che il cristianesimo non è un insieme di riti, ma una novità che investe, appunto, tutta la vita in tutti i suoi aspetti, compresi quelli più pubblici. Una persona cambiata dall’esperienza vissuta nella comunità cristiana è cambiata in tutto e non solo in alcuni aspetti, magari quelli più intimi e nascosti, che non incidono su tutto ciò che definiamo come “bene comuneâ€.

Tale educazione, quindi, ha inciso non solo su quella parte di vita che di solito viene definita “spiritualeâ€, ma sulla vita affettiva e familiare, sul compito educativo, sul rapporto con tutti gli uomini e le donne e anche su quell’aspetto che chiamiamo “politicaâ€, a partire da impegni in opere sociali che sono venuti prima dell’interesse diretto alla politica. Era inevitabile che, anche contro una certa mentalità che persisteva dentro al mondo cattolico, persone educate in tale modo prima o poi si interessassero anche del “bene comune†e di iniziative che precedevano la politica in senso stretto, ma che ne erano la sana premessa. Anzi: la qualità dell’azione politica ha cominciato a peggiorare quando tanti hanno pensato di occuparsi di tale attività senza prima dedicarsi a positivi e creativi impegni sociali.

Il primo giorno di scuola

Anche a me è capitato di vivere un itinerario del genere. Infatti nel 1971, quando in famiglia avevamo la preoccupazione di scegliere la scuola materna per il primo figlio, ci ponemmo il problema e dopo una breve esperienza in una scuola comoda perché “sotto casaâ€, capimmo, soprattutto per merito di mia moglie Adriana, che non potevamo rassegnarci ad una scuola qualsiasi, sia per essere coerenti con il grandioso insegnamento ricevuto da don Luigi Giussani e conseguentemente con la responsabilità di non rassegnarsi ad una vita vissuta banalmente, sia perché uno dei punti sempre sottolineati proprio da don Giussani era quello relativo al compito educativo.

Allora, forti di questi insegnamenti e del bene che volevamo a nostro figlio, ci confrontammo con alcuni amici e decidemmo di assumere una insegnante che contribuisse alla formazione dei nostri figli coerentemente con le preoccupazioni educative che noi avevamo. Un istituto di suore ci mise a disposizione un’aula, qui a Milano in via Duccio da Boninsegna, e così cominciò questa avventura.

Ho ancora la fotografia del primo giorno di scuola (materna) che ritrae le quattro famiglie: i Feliciani (con Aldino), i Bertacchi (con Maria), i Peregrini (con Sophie) e gli Zola (con Giovanni). Nello stesso periodo un’esperienza analoga veniva realizzata da un altro gruppo di famiglie in zona Vigentino.

L’impegno per la libertà di educazione

L’anno dopo ci mettemmo insieme, anche su consiglio di don Giussani, e così iniziò di fatto e poi anche giuridicamente la scuola La Zolla, che oggi ospita circa 1.200 allievi tra materna, elementare e scuola media. Dieci anni dopo, e cioè nel 1981, si tenne un primo incontro tra tutte le scuole nate sull’onda della Zolla (che, a sua volta, si era ispirata all’esempio di una scuola creata da alcuni amici a Rho). Parteciparono 34 scuole, il che significa che, in quel periodo, nascevano tre scuole ogni anno: un ritmo straordinario, che testimoniava una vitalità ed una creatività fuori dal comune!

Questa esperienza fu per me anche, indirettamente, l’inizio di un avvicinamento alla politica. Interessandomi di scuola, infatti, nacquero molti rapporti con persone non appartenenti al movimento di Cl e con esse, anche grazie al Movimento Popolare che aveva come responsabile per la scuola Gianfranco Lucini, nacque un vero e proprio “movimento†a difesa della libertà di educazione. Assistetti alla nascita dell’Agesc (Associazione genitori scuole cattoliche) e, sulla spinta di uno dei fondatori di tale associazione (il grande Giancarlo Tettamanti), accettai di candidarmi per il Consiglio scolastico provinciale. Alle elezioni ricevetti un sorprendente numero di voti, e oltre ad essere eletto fui presidente del Consiglio per circa due anni (1978-1980). Furono anni di grandi battaglie culturali e politiche, a difesa della libertà di educazione sia nelle scuole statali che nelle scuole paritarie (che ancora non erano definite giuridicamente come tali, e noi chiamavamo “scuole libereâ€).

Il precedente del divorzio

Facendo un passo indietro, occorre ricordare che nel 1974 vi era stata un’altra storica battaglia da combattere, quella relativa al referendum sul divorzio. Intenso fu il nostro impegno, che si manifestò nella stesura di un importante documento nel quale si definiva il divorzio una “riforma borgheseâ€, nel momento in cui con la parola “borghese†i sessantottini di ogni tendenza squalificavano qualunque posizione culturale e politica diversa dalla loro. Ricordo che prima dell’inizio di una grande assemblea pubblica sul referendum un gruppo di sindacalisti presenti all’evento leggeva proprio il nostro documento, e uno di loro, favorevole alla legge che aveva introdotto il divorzio in Italia, disse che quello era l’unico giudizio in circolazione da considerare “pericoloso†per le ragioni dei fautori del divorzio.

Partecipai ad un numero molto grande di assemblee anche nelle scuole. Insieme a Roberto Formigoni praticamente ogni sera e per tutta la campagna referendaria tenemmo incontri: io illustravo i problemi giuridici che riguardavano l’argomento, mentre Roberto sosteneva le ragioni politiche che dovevano portarci a rifiutare anche a livello legislativo il divorzio. Non sempre tali assemblee si svolgevano tranquillamente: alcune volte dovemmo lasciare la sala da porte secondarie…

I radicali, i cattolici, la Dc

Purtroppo la maggioranza del popolo italiano espresse un parere diverso dal nostro. L’esito di quel referendum mise in luce molti problemi esistenti nel nostro paese. In particolare, divenne evidente che la cultura di sinistra ed anticattolica aveva rotto gli argini, alleandosi, paradossalmente, con la cultura liberal-radicale. La legge che aveva introdotto il divorzio in Italia era stata presentata da due deputati, Loris Fortuna e Antonio Baslini, socialista il primo e liberale il secondo. Ma a rendere popolare la legalizzazione del divorzio erano stati i radicali, e a condurre la campagna per il “no†alla sua abrogazione furono i comunisti. Questi ultimi, attraverso le pagine del giornale di partito, L’Unità, ingaggiarono una durissima e quotidiana battaglia contro gli “oscurantisti†nemici del divorzio. Fu da quel referendum che il Pci cominciò a trasformarsi in un “partito radicale di massaâ€, come aveva preconizzato Augusto Del Noce.

I radicali, esigui per numero nelle urne, divennero i protagonisti di un cambiamento culturale prima che politico, che poi portò all’approvazione dell’aborto ed ora, sempre con il sostegno degli ex compagni del Pci transitati nel Partito democratico (Pd), stanno sostenendo eutanasia e suicidio assistito. Appaiono come gli specialisti delle riforme di morte.

L’altro aspetto messo in luce dalla campagna referendaria fu la grave divisione manifestatasi in casa cattolica. Tante associazioni, e in particolare quelle alimentate e vezzeggiate per molti anni dalla classe intellettuale cattolica, si espressero anche pubblicamente a favore del mantenimento della legge sul divorzio, disobbedendo apertamente alle indicazioni dei vescovi italiani che invitavano a votare per l’abrogazione.

Tutto ciò, naturalmente, mise anche in luce l’inizio della crisi democristiana, che sempre meno riusciva a far riferimento agli ideali da cui aveva preso le mosse. Al contrario di ciò che diceva Giulio Andreotti, il potere stava logorando la Democrazia cristiana. Molti di noi si accorsero subito di questa situazione e questo fu uno dei fattori fondamentali che mise in moto un movimento culturale e politico che portò a ipotizzare la nascita di un soggetto che ridesse le giuste spinte ideali alla “balena biancaâ€, l’appellativo con cui ci si riferiva alla Dc. Si arrivò così all’assemblea di fondazione del Movimento Popolare, il 21 dicembre 1975.

(1. continua)

fondazione.europacivilta@outlook.it

Cultura
Thatcher, «un Hayek con la borsetta»
Data articolo:Tue, 09 Dec 2025 03:10:00 +0000 di Carlo Marsonet

A distanza di un secolo dalla sua nascita, Margaret Thatcher è più viva che mai. E per diversi motivi. Al lettore non può sfuggire, per esempio, quanto l’Italia sia ostaggio costante dei sindacati. Meglio, di una loro parte, quella più politicizzata ed estremista, dimentica troppo spesso che un paese non può dirsi civile, tra le altre cose, se i suoi sindacati non sono responsabili. Basta non solo sentir parlare il segretario della Cgil, chiaro esempio di vacuità contenutistica, ma leggere le varie motivazioni dietro le quali si indicono ogni settimana gli scioperi: cambiamento climatico e liberazione della Palestina (da Israele, non dai terroristi, ovviamente) sono tra i più gettonati.

La Iron Lady, com’è noto, tenne la mano ferma contro quelle organizzazioni sindacali che contribuirono a rendere il Regno Unito un Paese complessivamente bloccato e stagnante. Ma non è solo questo. Ne parla lo storico scozzese Niall Ferguson in un libro da poco tradotto per la Luiss University Press: Apologia di Margaret Thatcher.

Una grande donna

L’autore non fa mistero della sua predilezione per Thatcher, e per diverse ragioni, a partire da quelli autobiografici. Da ragazzo, Ferguson ricorda come nulla in pratica funzionasse. Nel 1975 l’inflazione era al 27 per cento. Gli scioperi erano costanti. Ma nei ranghi conservatori prese a farsi largo una donna che nel 1979 sarebbe stata eletta riportando il Paese sulla retta via. Liberale in economia, conservatrice sul piano culturale, Thatcher è l’esempio per Ferguson della “teoria del grande uomoâ€, in questo caso della “grande donnaâ€: la storia, in altre parole, la fanno una minoranza di persone, di élite.

Per Ferguson Thatcher riportò speranza laddove albergava la frustrazione e sembrava non vi fosse via di uscita dalla stagflazione. Emblematica è la descrizione che offre un liberalconservatore come è, senza misteri, proprio l’autore: Thatcher «era un Hayek con la borsetta, e mi piaceva da impazzire».

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Meno statalismo, più responsabilità

Oggi, insieme al suo alter ego americano, Ronald Reagan, viene considerata l’emblema del male: liberista selvaggia, distruttrice della società, amica dei capitalisti e così via. Ma Thatcher, semplicemente, fece qualcosa di tipico buon senso: e cioè provò a riportare la responsabilità nelle mani delle persone, senza nascondersi dietro al paternalismo statalista, e a ridare spazio alla libertà individuale. Concetto, al giorno d’oggi, tanto evocato quanto bistrattato, visto che a farla da padrone è il proposito socialisteggiante di riduzione e, ancor meglio, eliminazione delle diseguaglianze.

Ferguson non cela come il liberalismo economico thatcheriano ebbe una certa influenza negativa sul piano culturale: l’individualismo promosso contribuì a erodere la stabilità delle famiglie, così come quella matrimoniale; si sfilacciò la Britishness che univa inglesi, scozzesi, gallesi e irlandesi, così come la fede cristiana. Ma complessivamente le sue lezioni rimangono, per chi le voglia ascoltare: meno socialismo, di destra o di sinistra poco importa, più libertà; meno statalismo, più responsabilità. Sia sul piano nazionale sia su quello europeo, terreno di polemica accesa da parte di Lady Thatcher, ostile com’era alla creazione di un’organizzazione burocratica sovra-statale.

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Le idee sono cruciali

Su questo come sul resto, ricorda Ferguson, aveva ragione. E come nota nella prefazione Lorenzo Castellani, da Thatcher si apprende pure un’altra fondamentale lezione. E cioè che le idee e la cultura sono cruciali, anche e soprattutto in politica. Lei stessa fu legata ad alcuni think tank liberali, come il “Centre for Policy Studiesâ€, che contribuirono a far cambiare il vento collettivista del Paese.

Seminare le idee richiede tempo e sforzo. La sinistra lo sa bene, la destra molto meno. E spesso, anzi quasi sempre segue la via sbagliata: quella della schiavitù, di cui parlava Hayek.

Ambiente
La catastrofica ritrattazione dello studio ultra catastrofista di “Nature†sul clima
Data articolo:Mon, 08 Dec 2025 03:55:00 +0000 di Francesco Ramella

Pubblicato nel mese di aprile 2024 sulla prestigiosa rivista Nature, aveva avuto un grande successo di pubblico e critica. Nella classifica degli articoli scientifici più citati dai media nel 2024 aveva conquistato il secondo posto; era stato citato 168 volte e visualizzato oltre 300 mila volte.
Ma non solo. Le sue risultanze erano state adottate dal “Network for Greening the Financial Systemâ€, un consorzio che raggruppa banche centrali di tutto il mondo (l’americana Fed ne è fuoriuscita a gennaio), e da altre istituzioni finanziarie come riferimento per sottoporre a stress test le politiche monetarie tenendo conto dei rischi climatici. Qualche giorno fa è arrivata la retromarcia. Il paper è stato ritrattato perché, come riconosciuto dagli stessi autori, per porre rimedio agli errori metodologici rilevati da altri ricercatori, «sarebbero necessarie modifiche troppo sostanziali per una semplice correzione».
«Ho difficoltà a credere ai risultati»
Forse un po’ di prudenza in più da parte ...

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Esteri
Gli stupri di Hamas il 7 ottobre «avevano intento genocida»
Data articolo:Mon, 08 Dec 2025 03:45:00 +0000 di Giancarlo Giojelli

Le testimonianze dei sopravvissuti al massacro del 7 ottobre, il racconto dei primi militari, dei volontari del Magen David Adom, la croce rossa israeliana, che hanno visto e fotografo lo sfacelo che era stato fatto dai terroristi ai corpi delle vittime, le comunicazioni tra gli assalitori intercettati dall’intelligence israeliana e anche i biglietti trovati nelle tasche dei terroristi arrestati non lasciano dubbi. Il 7 ottobre 2023 segna un giorno in cui la violenza sessuale è stata chiaramente e scientificamente usata come arma di sterminio di massa e come messaggio a tutto un paese.

Il rapporto Dinah sugli stupri di Hamas

Lo dimostra una inchiesta svolta dalla fondazione Dinah (dal nome della prima donna, figlia di Giacobbe, di cui la Bibbia nella Genesi racconta lo stupro). Dinah è un progetto di studio e ricerca che unisce un team di donne di alto livello accademico, che sta approfondendo gli aspetti giuridici delle violenze sessuali in guerra. Crimini che hanno una configurazione non ancora chiaramente definita a livello internazionale e che in molti casi è difficile perseguire.

Ruth Halperin-Kaddari, giurista di fama internazionale, è con la giudice Nava Ben-Or tra le fondatrici del progetto e ha redatto il rapporto finale. La incontriamo a Tel Aviv. A Tempi illustra i risultati dell’indagine che Dinah ha svolto dopo i primi rapporti della commissione Onu, guidata da Pamel Patten, che avevano confermato le violenze sessuali. L’indagine è raccolta in un volume, A Quest for Justice, October 7 and Beyond, che è il primo quadro giuridico e probatorio completo ad analizzare l’uso sistematico della violenza sessuale come arma di guerra durante gli attacchi di Hamas contro Israele il 7 ottobre.

Il “Dinah Report” raccoglie le testimonianze di 15 ostaggi rilasciati, 17 sopravvissuti ai massacri del Nova Festival e dei kibbutz Re’im, Nir Oz e Kfar Aza, 27 primi soccorritori, i medici dell’obitorio e i terapisti che lavorano con le vittime del 7 ottobre.

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«Modello per perseguire le violenze»

«A differenza dei precedenti rapporti che si concentravano sulla documentazione delle atrocità – dice Halperin-Kaddari – questo libro costruisce un modello legale per perseguire questi crimini, anche quando l’attribuzione diretta ai singoli autori è impossibile».

Basandosi sulle testimonianze dei sopravvissuti, sulle prove forensi, sui video e le dichiarazioni di alcuni terroristi catturati, il libro sostiene che la violenza sessuale non è stata incidentale, ma parte di una strategia genocida deliberata. Redatto da un team interamente femminile di esperte di diritto e genere riconosciute a livello mondiale, il rapporto di Dinah sfida i governi, la Corte penale internazionale, le Nazioni Unite e gli organismi per i diritti umani ad agire: chiede di perseguire Hamas per crimini contro l’umanità e di inserire il gruppo fondamentalista nella lista nera delle Nazioni Unite per l’uso della violenza sessuale come tattica di guerra.

«Non solo – dice Halperin-Kaddari a Tempi – occorre modificare gli standard legali internazionali su come affrontare la violenza sessuale in situazioni di guerra. Questo non è solo un libro su Israele, ma un caso di studio legale globale per affrontare la violenza sessuale legata ai conflitti in tutto il mondo. La violenza sessuale non è stata accidentale, ma parte di una deliberata strategia genocida, una intenzionale e strategica arma utilizzata per disumanizzare le vittime, seminare paura e degradare la famiglia, il gruppo, l’etnia, la nazione a cui la vittima appartiene. Attaccando la sessualità, una della fonti primarie di vita e simbolo della continuità della esistenza della comunità manda un messaggio di morte e distruzione a tutti». 

Le atrocità compiute il 7 ottobre

La violenza sessuale in guerra pone questioni legali e sociali complesse. Il 7 ottobre, come in molti altri casi nel mondo, molte vittime sono state uccise, i corpi bruciati. Non possono parlare. Dopo le urla le avvolge il silenzio. I sopravvissuti e gli ostaggi rilasciati spesso sono troppo traumatizzati per testimoniare contro i loro abusatori e le prove forensi necessarie a una incriminazione sono difficili da ottenere sulla scena del crimine devastata nelle zone di guerra. Questo crea profonde difficoltà a raccogliere le basi per ottenere giustizia. Per superare questi ostacoli e assicurare la possibilità di perseguire i criminali e portarli davanti ad un giudice, il progetto Dinah ha sviluppato una cornice legale innovativa.

Il punto non è solo colpire i colpevoli diretti, è riconoscere le ferite profonde inflitte agli individui e alle comunità. Ristabilire la verità storica e prevenire future atrocità perché simili atti in futuro non restino impuniti. Il rapporto è dettagliato: la violenza sessuale è stata consumata al Nova Festival, sulla strada 232, alla base militare di Nahal Oz, nei kibbutz Re’im , Nir Oz e Kfir Aza.

Alcune vittime sono state trovate nude con le mani legate, spesso ad alberi o pali, stuprate e uccise in modo atroce, con i genitali mutilati. Il rapporto, spedito alle Nazioni Unite, descrive nei dettagli i crimini avvenuti durante il festival, nei kibbutz, nelle basi militari e nei tunnel a Gaza. Familiari sono stati costretti ad assistere agli abusi sessuali su amici e parenti prima che fossero uccisi. Le vittime avevano chiodi, granate, sbarre di ferro e coltelli inseriti negli organi sessuali. Una donna aveva i genitali «come se qualcuno l’avesse fatta a pezzi», dice un medico forense.

Una protesta davanti alla Bbc nel 2024 per denunciare gli stupri di donne israeliane da parte di Hamas il 7 ottobre 2023
Una protesta davanti alla Bbc nel 2024 per denunciare gli stupri di donne israeliane compiuti da Hamas il 7 ottobre 2023 (foto Ansa)

«Hamas aveva un intento genocida»

Le violenze sessuali sono continuate durante la prigionia. Nudità forzata, assalti sessuali fisici e verbali, minacce di matrimoni forzati. Molte vittime sopravvissute sono ancora troppo traumatizzate per parlare. Altre stanno ritrovando solo ora il coraggio e la forza per raccontare cosa è accaduto e vincere il terribile senso di vergogna che le attanagliata, orribile effetto collaterale, ulteriormente disumanizzante, di questo genere di violenza. Le foto scattate durante le autopsie sono inequivocabili e troppo orrende per poter essere mostrate. Gli organi sessuali delle donne sono stati devastati, lacerati con ogni genere di strumenti acuminati, con efferato disprezzo. Le comunicazioni tra i terroristi che sono state intercettate confermano il racconto dei sopravvissuti. I terroristi si incoraggiavano a vicenda. Alcuni di quelli che sono stati catturati hanno ammesso. Avevano in tasca le istruzioni, frasi in ebraico da dire alle vittime per minacciarle e costringerle a sottoporsi agli abusi.

L’intento, in sostanza, era genocida, disumanizzante e ha coinvolto tutti coloro che hanno partecipato all’assalto, anche se non hanno personalmente commesso gli stupri. Per questo Dinah chiede di non abbassare il livello di responsabilità personale, ma di estenderlo alla responsabilità di quanti hanno partecipato in diverso modo alle atrocità: il contesto dell’attacco non è solo lo scenario, ma anche la prova dell’intento dello stupro di massa.

«In sostanza – dice la giurista – lo scopo di Hamas era usare la violenza sessuale come parte di un intento genocida con l’obiettivo di terrorizzare e disumanizzare la società israeliana con significative implicazioni a livello internazionale. Un quadro che si deve estendere ad altri conflitti in corso. Non solo per dare giustizia alle singole vittime: la comunità internazionale non può permettere che simili crimini siano compiuti impunemente o minimizzati come singoli casi».

Il silenzio dell’Onu

Resta aperta l’atroce questione della negazione o della minimizzazione da parte di molte organizzazioni internazionali. Il progetto Dinah ha faticato a trovare la collaborazione che si aspettava da parte delle Associazioni internazionali per i diritti delle donne e degli organismi dell’Onu nati a tutela delle donne, quando non ha dovuto fronteggiare aperte ostilità.

E i fatti denunciati sono ancora oggi negati, minimizzati, ridotti a singoli episodi o, peggio, in qualche modo riportati come inevitabili benché esecrabili “effetti collaterali” di una guerra “che ha ben altre ragioni”. Come se si temesse che dimostrare che le violenze sessuali in una situazione di conflitto non sono “ordinarie violenze” sminuisse le “ragioni per cui si combatte”. Per quanto riguarda il 7 ottobre il negazionismo è evidente. Ma attenzione: è una logica che si ritrova in diversi conflitti, in tutto il mondo. Vale per tutti.

Sbaglia chi pensa di poter confinare l’uso, l’abuso, il sadico accanimento, l’esercizio del potere sul corpo umano da cui nasce la vita a un passato ormai remoto di una barbara umanità. Sono dinamiche che appartengono al presente, in tutti i continenti, in tutte le guerre, note o dimenticate, vicine o lontane. Vedremo come si muoveranno le Nazioni Unite: Dinah chiede un’ulteriore missione internazionale di accertamento dei fatti, alla luce del crescente numero di prove. Chiede che i crimini vengano riconosciuti come specifici reati e possano essere perseguiti tutti coloro che li hanno, in diversi modi, commessi o aiutato a commetterli. Aggiungerei: colpevoli anche quanti questi stupri li hanno esaltati o consapevolmente negati.

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Specchio dell’anima
Data articolo:Mon, 08 Dec 2025 03:30:00 +0000 di Annalisa Teggi

Al tempo dei selfie, abbiamo paura di un volto. «Questa mattina, mentre la Grand Place a Bruxelles iniziava ad animarsi, è emerso un dettaglio insolito nel presepe appena inaugurato: al Bambino Gesù mancava la testa». Se fosse stato l’inizio di un racconto di Dino Buzzati, sarebbe stata una storia in cui leggere le penombre piene del mistero autentico che incide segni sulla pelle dell’umano.
È un fatto di cronaca, accaduto come strascico di una polemica precedente. Nella Grand Place di Bruxelles è stato allestito un presepe senza volti: la scena della Natività è fedele alla tradizione, ma i visi dei personaggi sono stati sostituiti con pezzi di stoffa, a significare un’inclusione così accogliente di razze, fisionomie, fluidità da cancellare ogni volto. Alle discussioni che sono seguite, si è aggiunta la decapitazione del Bambinello. Qualcuno ha sottratto la testa di Gesù, ed è un atto di vandalismo che era già accaduto nel 2017 e nel 2014.
Il vandalo batte dove il cuore duole. È perico...

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Chiesa
Cristianità e cristianesimo. Facciamo chiarezza
Data articolo:Mon, 08 Dec 2025 03:15:00 +0000 di Marco Invernizzi

Cristo, cristianesimo, cristianità sono cose diverse ma certamente collegate fra loro. Separarle radicalmente può comportare un rifiuto del mistero cristiano fondamentale, che distingue la fede dalle altre religioni: il mistero dell’Incarnazione. Cristo non ha disprezzato nulla dell’uomo, se non il peccato. Il Creatore si è fatto creatura. Confonderli però sarebbe altrettanto fuorviante. Cristo ha fondato la Chiesa che è il cristianesimo nella storia e dalla predicazione del Vangelo sono nate nella storia alcune società cristiane, delle cristianità, i cui errori non sono colpa di Cristo (e nemmeno del cristianesimo), ma hanno avuto, e avrebbero, il merito di rendere più praticabile la vita cristiana per gli uomini. La cristianità serve ai piccoli e ai poveri, ai più deboli, perché li aiuta nella via della salvezza e della santificazione.

“Siamo alla fine della cristianità†titolava il Corriere della Sera di alcuni giorni fa riprendendo un intervento del card. Matteo Maria Zuppi, presidente della Conferenza episcopale italiana. Viene un po’ da sorridere, pensando da quanti decenni si parli della fine della cristianità fra i cattolici (e non solo), come ha fatto notare lo stesso cardinale, il quale ha opportunamente detto anche che fine della cristianità non significa fine del cristianesimo.

Una società a misura d’uomo

Vogliamo provare a mettere un po’ d’ordine in questo dibattito confuso e spesso fuorviante?

Di cristianità ce ne sono state diverse, in Oriente e in Occidente, ma quella a cui normalmente si fa riferimento è il frutto della prima evangelizzazione, che dopo l’Editto di Milano del 313 permette alla Chiesa di annunciare il Vangelo liberamente nei confini dell’impero romano. Da questa predicazione nasce una cultura, cioè un giudizio sulla realtà della vita anche pubblica dei popoli, che arriva a “toccare†le istituzioni. Nasce così una civiltà, prima l’impero romano cristianizzato poi la cristianità medioevale, una civiltà cristiana occidentale che dura circa un millennio, da Costantino allo “schiaffo di Anagni†(1303), che certifica secondo una certa interpretazione storica un dissidio “ideologico†fra Chiesa e potere politico.

Questa «società a misura d’uomo e secondo il piano di Dio», per usare l’espressione di san Giovanni Paolo II, non è l’unica possibile e non è stata priva di colpe anche gravi, ma ha comunque impresso i valori evangelici nella cultura, nell’arte, nella carità, in generale nella vita quotidiana.

La cristianità non c’è più

Qualcuno però l’ha contestata, anche all’interno della Chiesa, rifiutando l’idea stessa di chiesa costantiniana, troppo vicina al potere politico, auspicando invece una Chiesa come “separata†dalla storia.

Così, questi cattolici ostili all’idea di cristianità non hanno apprezzato il grande sforzo operato dalla Chiesa, in primis dal suo Magistero, per difendere e riconquistare il consenso perduto, opponendosi al processo di scristianizzazione messo in atto da forze anti-cristiane durante l’epoca delle ideologie (1789-1989).

Una cosa detta dal card. Zuppi è certamente vera: quella cristianità non c’è più e non da oggi. Lo ha scritto ripetutamente il Magistero almeno da Pio XII, sforzandosi di imprimere nel vissuto delle comunità cristiane uno spirito missionario, che sta alla base della “nuova evangelizzazioneâ€. Questa consapevolezza è importante perché è la base di quello che tutti i pontefici chiedono da prima della Seconda guerra mondiale e in modo particolare ha chiesto la Dichiarazione Apostolicam actuositatem sull’apostolato dei laici (1965): la consecratio mundi, o se preferiamo l’«animazione cristiana dell’ordine temporale».

Secolarizzazione triste

Quindi, ricapitolando: la cristianità non c’è più, ma rimane il cristianesimo, seppure minoritario, e rimane la Chiesa, diversa e uguale a quella medioevale e anche a quella del Concilio di Trento (1545-1563). Quest’ultima, in particolare, era la Chiesa fondata sulla parrocchia guidata da un sacerdote (qualcuno l’ha definita una “civiltà parrocchialeâ€), mentre oggi il Magistero chiede (senza molto ottenere) il coinvolgimento dei laici e soprattutto lo sforzo per fare penetrare il Vangelo fra “i lontaniâ€, fra coloro che per diversi motivi non frequentano la Chiesa, che non sono più gli avversari dell’epoca delle ideologie, ma semplicemente il triste e drammatico risultato di una secolarizzazione sempre più selvaggia.

Ecco allora che la strada è indicata: la nuova evangelizzazione, che presuppone una Chiesa missionaria, composta anche e soprattutto da laici formati, per i quali il Catechismo della Chiesa Cattolica non sia un oggetto con cui riempire le librerie, ma qualcosa da leggere e studiare, perché altrimenti non saremo in grado di “rendere ragione della speranza che è in noi†(1 Pt, 3-15).

Patrimonio da riscoprire

L’esito di una nuova evangelizzazione è nelle mani di Dio, ma essa certamente prevede anche la diffusione della dottrina sociale della Chiesa attraverso cui la fede diventa cultura e può dare vita a una nuova cristianità, alla “civiltà della verità e dell’amore†ripetutamente evocata dai Papi. Quali poi potrebbero essere le caratteristiche di questa cristianità non è dato sapere: certo, sarebbe assurdo non tenere conto di tutto quello che è successo nei secoli della modernità: il pluralismo religioso dopo gli spostamenti delle popolazioni, la diffusione e il fallimento delle ideologie, la secolarizzazione dei costumi, le tossine lasciate dalla “dittatura del relativismoâ€. Eppure, Dio è più grande rispetto al tanto male che è stato diffuso, e gli uomini possono convertirsi, sollecitati dalla Grazia e dopo una proposta seria e affascinante.

Ma credo sia proprio questo il punto: siamo convinti e siamo preparati per fare questa proposta oppure siamo succubi del “pensiero dominante†che ci vuole sottomessi al “politicamente corretto†al punto dall’avere dimenticato la bellezza del nostro patrimonio cristiano?


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