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Il Preposto è la persona che generalmente sovrintende le attività e monitora la corretta applicazione della materia relativa alla salute e sicurezza sul lavoro all’interno degli ambienti operativi. Con la conversione in legge del Decreto Legge 21 ottobre 2021, n.146 e l’entrata in vigore della Legge 17 dicembre 2021, n. 215, sono state introdotte alcune novità riguardanti la figura del Preposto in azienda.
L’entrata in vigore di questo provvedimento normativo modifica alcuni articoli del Testo Unico sulla Sicurezza sul Lavoro, il D. Lgs 81/08.
Secondo l’articolo 2 del D. Lgs 81/08, il preposto è definito come “persona che, in ragione delle competenze professionali e nei limiti di poteri gerarchici e funzionali adeguati alla natura dell’incarico conferitogli, sovrintende alla attività lavorativa e garantisce l’attuazione delle direttive ricevute, controllandone la corretta esecuzione da parte dei lavoratori ed esercitando un funzionale potere di iniziativaâ€.
In sostanza è la persona che, in funzione delle sue competenze e della sua esperienza, vigila e supervisiona l’attività lavorativa per conto del Datore di Lavoro con lo scopo di assicurarsi che le misure di sicurezza vengano applicate in modo corretto. Ad esempio, generalmente, ricoprono il ruolo di preposto le seguenti figure:
Secondo quanto stabilito dall’articolo 18 del Testo Unico, Il Datore di lavoro ha l’obbligo di individuare il/i preposto/i per l’effettuazione dell’attività di vigilanza.
La nuova normativa modifica l’articolo 19 del D. Lgs 81/2008, introducendo i seguenti nuovi obblighi per la figura del preposto. Gli oneri del proposto sono:
Essendo il preposto una figura che ricopre un ruolo di vigilanza con poteri di iniziativa, ovvero di poter riprendere i lavoratori in caso di mancato rispetto delle misure di sicurezza e di segnalare al Datore di Lavoro eventuali inadempienze, sono previste sanzioni in caso di mancato svolgimento del suo ruolo, come indicato dalla sentenza n. 54825 la Corte di Cassazione, che riconosce la responsabilità del preposto nel caso di tolleranza di prassi scorretta e pericolosa in uso nell’azienda.
È comunque compito del Datore di Lavoro vigilare sul corretto svolgimento dei compiti del preposto come indicato dalla normativa in materia di salute e sicurezza sul lavoro.
Per dimostrare concretamente lo svolgimento dei suoi compiti di supervisione e segnalazione, il preposto dovrebbe ricorrere all’uso di segnalazioni in forma scritta, in modo da mantenere traccia dello svolgimento del suo incarico e dei suoi interventi.
Ad esempio l’oggetto delle segnalazioni può spaziare tra:
Al fine di verbalizzare l’avvenuta individuazione del preposto all’interno del luogo di lavoro, è necessaria la predisposizione di una nomina scritta in cui il Datore di Lavoro riporta:
In alcuni casi, nonostante nel luogo di lavoro non sia presente un preposto nominato, è possibile individuare un lavoratore che svolge le sue funzioni.
L’articolo 299 del D. Lgs 81/2008, infatti, prevede il riconoscimento del cosiddetto preposto “di fattoâ€, ovvero un lavoratore che, anche senza nomina formale da parte del Datore di Lavoro, svolge il compito di vigilanza e sovraintendimento dell’attività lavorativa. Nei luoghi di lavoro, questa figura viene spesso identificata nel caporeparto / capoturno o da un lavoratore che, in ragione delle competenze professionali ricopre un ruolo di spicco all’interno dell’organizzazione lavorativa.
Questa figura ha l’obbligo giuridico di ottemperare tutti gli obblighi previsti per il Preposto incaricato e, in caso di violazione del D. Lgs 81/2008 o in caso di infortunio, è considerato responsabile nei casi previsti dalla legge.
Essendo parte integrante dell’organigramma aziendale della sicurezza, al Preposto possono essere delegati compiti di norma attribuiti al Datore di Lavoro o ai Dirigenti.
Questa pratica prevede il trasferimento, dal soggetto delegante al Preposto, di alcuni poteri in materia di salute e sicurezza sul lavoro.
Ai sensi dell’articolo 16 del D. Lgs 81/2008 per poter essere considerata valida, la delega (o sub-delega) che il preposto riceve deve riportare le seguenti caratteristiche:
La delega dovrà poi essere concretamente effettiva, e ne deve essere data tempestiva pubblicità . La delega di funzioni non esclude l’obbligo di vigilanza in capo al datore di lavoro in ordine al corretto espletamento da parte del delegato delle funzioni trasferite.
Si ricorda che, secondo l’articolo 17 del D. Lgs 81/2008, il Datore di lavoro non può delegare:
Secondo quanto stabilito dall’articolo 37 del D. Lgs 81/2008 e dall’Accordo Stato-Regioni del 21 Dicembre 2011, il preposto, per poter svolgere l’incarico affidatogli, deve effettuare uno specifico corso di 8 ore, da svolgere in aggiunta alla canonica formazione generale e specifica dei lavoratori.
L’Accordo Stato-Regione prevede che, durante il corso vengano affrontate obbligatoriamente le seguenti tematiche:
L’aggiornamento della formazione del preposto esonera dall’obbligo di aggiornamento della formazione lavoratori.
Con le recenti modifiche all’articolo 37 del Testo Unico, la formazione dei preposti deve essere svolta esclusivamente in presenza, eliminando quindi la possibilità di svolgimento di corsi in modalità e-learning. Inoltre, l‘aggiornamento dei preposti deve avvenire con cadenza biennale, anziché ogni cinque anni, come precedentemente previsto.
Con il Decreto Legge 146/2021, viene modificato l’articolo 26 del D. Lgs 81/2008: il nuovo provvedimento stabilisce che, in caso di svolgimento di attività in regime di appalto o sub-appalto, i datori di lavoro appaltatori e subappaltatori devono indicare /espressamente al datore di lavoro committente il personale che svolge la funzione di preposto.
Considerate le modifiche apportate al Testo Unico e considerato il nuovo ruolo di responsabilità rivestito da questa figura, sono state individuate nuove sanzioni per la figura del preposto:
Considerato l’incarico di responsabilità e di vigilanza ricoperto del preposto, con l’entrata in vigore della nuova Legge 215/2021, è stata prevista la possibilità di concedere, allo stesso, un aumento salariale.
Tale aspetto verrà regolato nell’ambito della contrattazione collettiva nazionale relativa ai vari settori professionali.
L'articolo Il Preposto: ruolo, compiti, responsabilità e formazione proviene da Ecloga Italia S.p.A..
Data articolo: Wed, 06 Mar 2024 13:23:26 +0000La molatura dei metalli è un’operazione comune in molteplici settori industriali, che va dall’ingegneria meccanica alla produzione di utensili. Tuttavia, insieme ai suoi vantaggi nell’ottenere superfici precise e finiture di alta qualità , questa pratica presenta anche diversi rischi per la salute e la sicurezza sul lavoro che devono essere attentamente gestiti.
Le operazioni di molatura di metalli sono causa di esposizione a numerosi rischi per la salute e la sicurezza sul lavoro, suddivisibili in diverse categorie relative al tipo di conseguenza generata.
La complessità dei rischi associati alla molatura dei metalli è influenzata da vari fattori, che possono includere:
In funzione di questi fattori, i rischi per la sicurezza per i lavoratori addetti alla molatura dei metalli possono essere come di seguito distinti:
Oltre a rischi sopra elencati, riportiamo di seguito i principali rischi per la salute a sono sottoposti cui gli addetti alla molatura dei metalli:
A fronte dei rischi individuati, l’operazione di molatura di componenti metallici risulta un’operazione particolarmente rischiosa per la salute e la sicurezza dei lavoratori e deve essere quindi organizzata adeguatamente con adeguate misure di gestione del rischio.
Alla luce dei possibili rischi evidenziati è obbligo del Datore di Lavoro, in collaborazione con il RSPP, il Medico Competente e il RLS, secondo quanto previsto dal D. Lgs 81/2008, valutare l’entità del rischio legato all’effettuazione di operazioni di molatura dei metalli e adottare tutte le misure di prevenzione e protezione adeguate al fine di ridurre il rischio.
Innanzitutto, l’articolo 15 del D. Lgs 81/2008, sancisce che, qualora sia possibile, il Datore di Lavoro sia tenuto ad eliminare dal ciclo produttivo le operazioni di molatura dei metalli o ridurre al minimo il tempo di esposizione a questo tipo di lavorazione.
Qualora questo non fosse possibile, in accordo con lo schema previsto dall’articolo 15 del D. Lgs 81/2008, è possibile individuare le seguenti misure di prevenzione e protezione:
Si ricorda inoltre che, in considerazione dei rischi per la salute precedentemente riportati, gli operatori che svolgono attività di molatura dei metalli devono essere obbligatoriamente sottoposti a sorveglianza sanitaria, volta ad individuare precocemente eventuali segni di esposizione dannosa e adottare misure correttive tempestive. Gli esami medici periodici, svolti dal Medico Competente, consentono di monitorare lo stato di salute dei lavoratori e di adattare le misure preventive in base alle esigenze specifiche. Inoltre, la sorveglianza sanitaria fornisce un’importante opportunità di sensibilizzazione e formazione sui rischi per la salute e sulla corretta adesione alle procedure di sicurezza.
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Data articolo: Thu, 22 Feb 2024 08:00:26 +0000L’ADR (Accordo europeo relativo al trasporto internazionale su strada delle merci pericolose) è un accordo internazionale che regola il trasporto su strada delle merci pericolose, garantendone la sicurezza attraverso un accurato processo di classificazione e controllo dei prodotti, degli imballaggi e dei veicoli utilizzati.
L’obiettivo dell’ADR è quello di standardizzare le misure di prevenzione e protezione obbligatorie in materia di trasporto su strada di merci pericolosi, con lo scopo di armonizzare il livello di sicurezza richiesto dai vari Stati che hanno sottoscritto l’Accordo.
Come specificato dall’Accordo, e secondo quanto previsto dalle Raccomandazioni ONU in materia, le disposizioni ADR si applicano a tutte le imprese la cui attività prevede il trasporto di merci pericolose o lo svolgimento di operazioni ad esso connesse, come l’imballaggio, il carico/scarico e il riempimento.
In particolare, le disposizioni si applicano ai seguenti soggetti:
La sezione 1.4.1 del Accordo prevede che tutti i soggetti che rientrano nel campo di applicazione debbano adottare congrue misure di prevenzione, protezione e di gestione delle emergenze volte a scongiurare rischi per la salute e la sicurezza dei lavoratori e della popolazione.
A questo scopo, l’Accordo individua degli obblighi specifici per ogni soggetto, prevedendo misure di controllo lungo tutta la catena trasporto:
Soggetto ADR | Obbligo secondo ADR |
Speditore |
|
Trasportatore |
|
Destinatario |
|
Caricatore |
|
Imballatore |
|
Riempitore |
|
Gestore del contenitore |
|
Scaricatore |
|
Secondo quanto previsto dall’Accordo, le imprese che rientrano nel campo di applicazione dell’ADR devono nominare formalmente un proprio Consulente per la sicurezza merci pericolose ADR.
Il Consulente ADR, introdotto con la Direttiva CE 96/35, è un professionista specializzato nella gestione dei trasporti di merci pericolose in conformità con quanto previsto dall’Accordo. Questo consulente fornisce assistenza e consulenza alle aziende che operano nel settore dei trasporti di merci pericolose per garantire la conformità normativa e la sicurezza durante il trasporto.
Le responsabilità del Consulente ADR possono includere:
I consulenti ADR possono essere soggetti interni o collaboratori esterni specializzati nel settore dei trasporti di merci pericolose e devono avere una conoscenza approfondita delle normative e delle pratiche di sicurezza relative a questo tipo di attività , ottenuta mediante corsi di formazione generica e specifica in materia e aggiornamenti periodici.
Le sanzioni per chi viola le norme ADR sul trasporto di merci pericolose possono variare a seconda del paese, ma generalmente includono multe significative, la sospensione o revoca delle licenze di trasporto, e in casi gravi, possono portare a procedimenti penali contro i responsabili.
Le direttive europee che recepiscono l’Accordo ADR, prevedono sanzioni a carico delle imprese inadempienti, per valori che possono raggiungere gli 80000€, oltre all’obbligo di risarcimento per eventuali danni ambientali causati da una scorretta gestione del trasporto delle merci pericolose su strada
La mancata nomina del Consulente ADR, secondo quanto stabilito dal D. Lgs 35/2010, può comportare una sanzione amministrativa pecuniaria da 6.000€ a 36.000€.
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Data articolo: Wed, 21 Feb 2024 15:35:04 +0000Le distanze di sicurezza dalle linee elettriche sono fondamentali per proteggere la vita e l’incolumità delle persone che lavorano in prossimità di impianti elettrici. Esse vengono sono stabilite per ridurre al minimo il rischio di contatto elettrico, che può causare gravi lesioni o, addirittura, la morte.
L’allegato IX del D. Lgs 81/2008 stabilisce all’allegato le distanze dalle linee elettriche e dagli impianti elettrici in funzione della tensione, riassunte nella seguente tabella:
Tensione nominale (kV) | Distanza minima consentita (m) |
<1 | 3 |
Da 1 a 30 | 3.5 |
Da 30 a 132 | 5 |
>132 | 7 |
La materia è inoltre regolata da una norma tecnica europea, la norma CEI EN 50110-1, ed. II, 2005-2, CEI 11-48, fasc. 7523, che prescrive le modalità operative sicure di attività di lavoro, sia sugli impianti elettrici sia nelle vicinanze degli stessi.
Le linee elettriche sono classificabili in funzione della tensione di esercizio in quattro gruppi, ovvero:
In relazione alla loro tensione nominale i sistemi elettrici si dividono in:
Le linee ad altissima tensione e alta tensione sono linee aeree, con due o più conduttori mantenuti ad una certa distanza da tralicci metallici e sospesi a questi ultimi mediante isolatori.
L’elettricità ad alta tensione viene trasportata in trifase da terne di conduttori fino alle cabine primarie di trasformazione, poste in prossimità dei centri urbani, nei quali la tensione viene abbassata, attraverso le cabine primarie, a un valore di media tensione. Oltre alla riduzione della tensione in questa fase avviene il passaggio alla corrente monofase.
Infine, la media tensione viene trasformata in bassa tensione attraverso delle cabine secondarie, dalle quali alle destinazioni finali, solitamente abitazioni, a 230V se si tratta di un’utenza monofase o 400V se si tratta di un trifase (si utilizza per potenze superiori a 6 kW, e viene applicata soprattutto in ambito industriale o artigianale).
Le nuove distanze dalle linee elettriche, ora variabili in base alla tensione presente e non più indicate in misura fissa, hanno lo scopo di portare una maggiore tutela contro il rischio elettrico, in modo da ridurre gli incidenti derivanti dal possibile contatto con le stesse.
Per ridurre il rischio infortunistico durante lo svolgimento di lavori elettrici, è importante adottare adeguate misure di prevenzione e protezione.
Le principali misure di prevenzione sono relative alla classificazione, formazione ed addestramento del personale addetto allo svolgimento di lavori elettrici e l’adozione di idonee procedure di lavoro volte a garantire un’adeguata distanza dalle linee o, in alternativa, la disattivazione delle stesse. E’ inoltre di fondamentale importanza l’informazione del personale operativo, attraverso informative scritte e tramite la segnaletica verticale dei pericoli.
L’utilizzo di DPI è inoltre di fondamentale importanza per la prevenzione del rischio elettrico, in particolare:
Tutte le misure di prevenzione e protezione da prendere in considerazione, devono essere il frutto di un attento processo di valutazione del rischio, secondo quanto previsto dalle misure generali di tutela di cui all’articolo 15 del D: Lgs 81/2008.
L'articolo Distanze dalle linee elettriche: quali norme per la sicurezza? proviene da Ecloga Italia S.p.A..
Data articolo: Wed, 14 Feb 2024 16:00:09 +0000È stata pubblicata la nuova modulistica relativa alla compilazione del modulo OT23 per inoltrare la domanda di riduzione del tasso medio di tariffa per le aziende che avessero effettuato interventi a tutela delle condizioni di  salute e sicurezza nei luoghi di lavoro.
L’INAIL, ovvero l’Istituto Nazionale per l’Assicurazione contro gli Infortuni sul Lavoro, è l’ente nazionale che si occupa di vigilare sulla prevenzione svolta dalle aziende per la lotta agli infortuni sul lavoro.
L’Istituto premia quelle aziende che eseguono interventi volti al miglioramento delle condizioni di prevenzione e tutela della salute e sicurezza nei luoghi di lavoro tramite una riduzione del canone, che prende il nome di “oscillazione per prevenzione“.
Tale misura riduce il premio applicabile all’azienda, facendo risparmiare la stessa circa il premio dovuto all’INAIL nella seguente misura:
Le categorie di interventi per le quali possono essere effettuati miglioramenti, riconosciute dal modulo OT23, sono le seguenti:
All’interno del Modulo OT23 che deve essere compilato e presentato, vengono riportate le misure di prevenzione e protezione che possono essere attuate al fine di ottenere la riduzione del premio assicurativo. Ad ogni misura è dunque associato un punteggio: sommando i punteggi ottenuti dagli adempimenti attuati si ottiene il proprio score.
Per poter accedere alla riduzione del tasso medio di tariffa è necessario aver effettuato interventi tali che lo score ottenuto dalla somma dei punteggi attributi dal modulo OT23 sia pari almeno a 100.
Per poter presentare la richiesta di riduzione del canone assicurativo, è necessario essere in possesso sono i seguenti requisiti:
L’inoltro del modulo OT23 deve avvenire in modalità telematica attraverso la sezione dei Servizi online del portale INAIL entro la fine di febbraio dell’anno per il quale si richiedere la riduzione.
Per scaricare la modulistica di presentazione del modulo OT23, premi al seguente link.
Per consultare il manuale di compilazione domanda per la riduzione del tasso medio per prevenzione anno 2024, clicca sul seguente link.
L'articolo Modulo OT23: informazioni e modulistica proviene da Ecloga Italia S.p.A..
Data articolo: Wed, 24 Jan 2024 09:00:46 +0000La sicurezza alimentare è una priorità imprescindibile nella gestione e nella preparazione degli alimenti. In questo contesto, l’Anisakis, un parassita marino, emerge come una potenziale minaccia per la salute umana attraverso il consumo di pesce crudo o poco cotto, alimento sempre più presente nella dieta comune.
L’Anisakis è un parassita marino appartenente alla famiglia degli ascaridi, comunemente presente in molte specie di pesci e cefalopodi.
Questo ascaride può causare gravi problemi di salute se ingerito attraverso il consumo di pesce crudo o poco cotto: in particolare, l’Anisakis è noto per provocare l’Anisakiasi, una patologia gastrointestinale che può avere sintomi variabili, addirittura mortali nei casi più gravi.
L’Anisakiasi può manifestarsi con sintomi quali vomito, nausea, dolori addominali e diarrea.
Solitamente, i sintomi iniziano a comparire nelle prime 4-6 ore dopo l’ingestione del parassita, quando il sistema gastrointestinale sta svolgendo il processo di digestione.
La gravità dei sintomi può variare a seconda della quantità di parassiti ingeriti, dalla risposta individuale dell’organismo, dalle caratteristiche fisiologiche della persona colpita e dalla presenza pregressa di terapie farmacologiche che potrebbero inibire l’attività parassitaria dell’ascaride.
Nei casi più gravi, l’Anisakiasi può portare a complicazioni quali ostruzione intestinale, perforazione dell’intestino e reazioni allergiche.
Mentre la mortalità associata all’Anisakiasi è generalmente bassa, è essenziale sottolineare che i casi gravi richiedono interventi medici tempestivi.
La presenza di sintomi persistenti o l’aggravamento repentino delle condizioni richiede un’attenzione immediata da parte di personale sanitario qualificato, prevedendo la necessità di un intervento chirurgico per la rimozione fisica del parassita. La prevenzione rimane quindi la chiave per evitare tali complicazioni, con pratiche sicure durante la preparazione del pesce che giocano un ruolo cruciale nella gestione di questo rischio alimentare.
L’Anisakis è comunemente presente in vari tipi di pesce e cefalopodi, con una maggiore incidenza nelle specie marine che si trovano nelle acque fredde. Tra i pesci più a rischio ci sono il merluzzo, l’aringa, il salmone, il tonno e il nasello. I cefalopodi, come il calamaro, la seppia e il polpo, possono anch’essi essere portatori del parassita.
La presenza di Anisakis è più diffusa in pesce crudo o poco cotto, come accade spesso in piatti come sushi, sashimi e carpacci. Tuttavia, è importante sottolineare che il parassita può anche essere presente in pesce cotto se non sono stati seguiti rigorosi protocolli di cottura o congelamento o in altri alimenti che potrebbero aver subito una contaminazione crociata in quanto venuti a contatto con superfici o attrezzature non sanificate, utilizzate precedentemente per cucinare pesce non bonificato.
La prevenzione dell’Anisakis è cruciale e può essere attuata attraverso alcune pratiche chiave previste dalla normativa e dalle buone prassi igieniche.
Ovviamente la riduzione del consumo di pesce crudo o poco cotto, come il sushi, riduce notevolmente il rischio di infezione.
Come per tutte le contaminazioni biologiche, inoltre, la cottura accurata del pesce a temperature adeguate è fondamentale per uccidere il parassita.
Per quanto riguarda le operazioni di abbattimento e congelamento, il Reg. CE 2004/853 prevede che i prodotti ittici destinati al consumo da crudi, debbano essere abbattuti con un trattamento ad una temperatura di -20 °C per 24 ore al cuore del prodotto o, in alternativa a -15 °C per 96 ore e a -35 °C per 15 ore. A questo proposito, il Reg. CE 2011/1169 prevede l’obbligo di indicazione in etichetta dell’avvenuto abbattimento del pesce o, al contrario, l’obbligo di cuocere l’alimento prima di consumarlo.
È inoltre di fondamentale importanza adeguarsi alle buone prassi igieniche, consigliate da OMS, per la gestione sicura degli alimenti, al fine di evitare contaminazioni: a questo proposito, è di fondamentale importanza che il personale che tratta alimenti a rischio venga adeguatamente formato in materia di autocontrollo.
La gestione del rischio di contaminazione da Anisakis avviene, come per tutti gli altri rischi legati alla sicurezza alimentare, secondo i principi dell’HACCP, indicati dall’articolo 5, comma 2 del Reg. CE 2004/852.
Gli OSA che trattano alimenti a rischio Anisakis devono elaborare delle vere e proprie procedure, basate secondo i principi dell’HACCP, che vengono riportate all’interno del manuale di autocontrollo, secondo i principi dell’HACCP, indicati dall’articolo 5, comma 2 del Reg. CE 2004/852:
E’ importante sottolineare che l’attività di somministrazione di pesce crudo, ai sensi del Reg. CE 2004/853, non può essere effettuata senza preventiva notifica all’AUSL.
Ecloga Italia può supportarti nella redazione del manuale di Autocontrollo HACCP e nella formazione in materia di autocontrollo HACCP, scopri di più nel nostro sito.
L'articolo Anisakis: cos’è, sintomi e gestione proviene da Ecloga Italia S.p.A..
Data articolo: Wed, 24 Jan 2024 08:00:45 +0000Le Schede Dati di Sicurezza (SDS), note anche come Material Safety Data Sheets (MSDS), sono documenti fondamentali nel campo della tutela della sicurezza e della sicurezza sul lavoro e della tutela ambientale, necessari alla corretta gestione dei prodotti chimici durante tutto il loro ciclo di vita, dalla messa in produzione, sino allo smaltimento.
Le Schede Dati di Sicurezza sono documenti che forniscono informazioni dettagliate sulla composizione, sui rischi per la salute e sull’impatto ambientale delle sostanze e delle miscele chimiche.
Sono strumenti essenziali per la corretta gestione dei prodotti chimici in ambito industriale e commerciale, fornendo indicazioni su come manipolarli, trasportarli, stoccarli, smaltirli in modo sicuro e su come gestire eventuali emergenze ad essi correlate.
Nell’Unione Europea La normativa principale di riferimento per le SDS è il REACH (Registration, Evaluation, Authorisation and Restriction of Chemicals), ovvero il Regolamento (CE) n. 1907/2006. Questo regolamento impone ai produttori e agli importatori di sostanze chimiche di registrare, valutare e autorizzare l’uso di queste sostanze, oltre a restrizioni specifiche, in base alla tipologia di prodotto, per la loro commercializzazione.
I contenuti minimi delle SDS sono generalmente stabiliti secondo il sistema armonizzato globale (GHS) delle Nazioni Unite e possono variare leggermente a seconda delle normative locali. Tuttavia, di solito includono le seguenti sezioni:
Queste sezioni sono generalmente incluse nelle SDS per garantire una completa comprensione dei pericoli associati a una sostanza chimica e le misure necessarie per utilizzarla in sicurezza.
Il D. Lgs 81/2008, in accordo con quanto previsto dal REACH, prevede che il Datore di Lavoro, al fine di una corretta valutazione e gestione del rischio causato dalla presenza e dall’esposizione ad agenti chimici, debba reperire le Schede Dati di Sicurezza dei prodotti utilizzati (di norma consegnate dal fornitore al momento dell’acquisto dei prodotti) e implementare tutte le misure di sicurezza basate richieste dalle SDS per minimizzare i rischi legati all’uso delle sostanze chimiche.
Le Schede Dati sono, inoltre, necessarie e fondamentali per lo svolgimento dell’iter di valutazione del rischio chimico necessario a classificare il livello di esposizione dei lavoratori effettuato ai sensi dell’articolo 223 del D. Lgs 81/2008, e all’individuazione delle misure di prevenzione e protezione da attuare.
È inoltre importante rispettare i limiti di esposizione professionale, qualora indicati nelle SDS, che rappresentano i livelli massimi consentiti di esposizione dei lavoratori a sostanze chimiche pericolose.
Il Datore di Lavoro deve fornire le Schede Dati di Sicurezza ai lavoratori che utilizzeranno i prodotti chimici e, in ottemperanza a quanto previsto dagli articoli 36 e 37 del D. Lgs 81/2008, assicurarsi che questi abbiano ricevuto idonee informazioni per un loro corretto e sicuro utilizzo.
Le schede devono essere conservate in un luogo accessibile e aggiornate in caso di modifiche o nuove informazioni.
In considerazione del loro fondamentale ruolo nella tutela della sicurezza e della salute degli utilizzatori finali dei prodotti chimici, il Regolamento REACH stabilisce obblighi specifici per i fornitori di prodotti chimici, ovvero qualsiasi entità nella catena di approvvigionamento che mette sostanze chimiche sul mercato. In particolare, la normativa prevede i seguenti obblighi a carico di questa figura:
In caso di non conformità con le disposizioni relative alle SDS o alla loro gestione, possono essere applicate sanzioni a carico dei fornitori e/o del Datore di Lavoro della Società utilizzatrice finale del prodotto.
Le sanzioni previste è il fornitore, per una mancata o non corretta trasmissione delle schede di sicurezza, sono disciplinate dall’art. 10 del D. Lgs 133/2009. In particolare:
Per quanto riguarda, invece, il Datore di Lavoro della Società utilizzatrice finale del prodotto, le inadempienze relative alle Schede Dati di Sicurezza si riflettono sulle sanzioni elargite in materia di valutazione del rischio chimico e dell’attuazione delle misure generali di tutela.
In base alla fattispecie, le sanzioni previste per il Datore di Lavoro possono ammontare da 569,30€ a 9112,57€.
Ecloga Italia S.p.a. ti supporta nella valutazione del rischio chimico e nella gestione delle Schede Dati di Sicurezza dei prodotti chimici utilizzati.
L'articolo Schede dati di sicurezza: contenuti e obblighi correlati proviene da Ecloga Italia S.p.A..
Data articolo: Tue, 16 Jan 2024 15:53:37 +0000L’Italia è una delle nazioni più industrializzate del mondo, con un tessuto economico complesso e una forza lavoro altamente qualificata. Tuttavia, il progresso economico e tecnologico ha portato con sé un rischio lavorativo sempre più importante: lo stress lavoro correlato.
Lo stress è la condizione in cui si trova un organismo quando, ostacolato in modo permanente o temporaneo, diretto o indiretto, nella soddisfazione dei propri bisogni e aspirazioni, risponde alla situazione con uno stato di tensione emotiva, di esaurimento fisico, stanchezza, irritabilità .
Quando questa condizione si verifica sul luogo di lavoro, si fa riferimento al termine “Stress lavoro-correlatoâ€, che, secondo l’Accordo Europeo dell’8 ottobre 2004, è definito come “uno stato, che si accompagna a malessere e disfunzioni fisiche, psicologiche o sociali che consegue dal fatto che le persone non si sentono in grado di superare i gap rispetto alle richieste professionali o alle attese nei loro confrontiâ€.
Le cause possono essere molteplici e variano in funzione delle caratteristiche dell’azienda, dell’organizzazione aziendale, del numero di lavoratori presenti e della gestione del lavoro. In particolare è possibile riconoscere come cause dello stress lavoro correlato i seguenti fattori:
Questi fattori possono interagire in modi complessi e variabili, influenzando la percezione di stress da parte dei dipendenti.
Lo stress lavoro-correlato può avere un impatto significativo sulla salute del lavoratore, manifestandosi attraverso una serie di disturbi fisici e psicologici.
A livello fisico, l’esposizione prolungata allo stress può contribuire a disturbi quali mal di testa, disturbi gastrointestinali, tensione muscolare e disturbi del sonno. Inoltre, a causa di una sua forte attivazione, il sistema immunitario può subire compromissioni, aumentando la suscettibilità alle malattie infettive.
A livello psicologico, lo stress può portare a sintomi come ansia, depressione, irritabilità e affaticamento mentale. L’accumulo di stress nel tempo è associato anche a problemi cardiaci, ipertensione e altri disturbi cardiovascolari.
L’aumento dei livelli di stress può compromettere la concentrazione e la vigilanza, aumentando il rischio di incidenti e infortuni sul lavoro.
L’affaticamento mentale associato allo stress può ridurre la prontezza dei lavoratori nel valutare situazioni pericolose e rispondere tempestivamente.
Inoltre, l’elevato stress può influenzare negativamente la coordinazione motoria e la capacità di prendere decisioni rapide, elementi cruciali per prevenire incidenti.
Infine, in considerazione del fatto che l’esposizione a stress aumenta la suscettibilità alle malattie infettive, lo stress lavoro correlato è individuato come la principale causa di assenza dal lavoro per motivi di malattia.
In Italia, la normativa è regolamentata principalmente dal Decreto Legislativo 81/2008.
Secondo quanto stabilito dall’articolo 17 del D. Lgs 81/2008, il Datore di lavoro, al fine di ottemperare ai propri obblighi non delegabili, deve individuare e valutare tutti i rischi presenti all’interno del luogo di lavoro posto sotto la propria tutela. A questo proposito, l’articolo 28, sancisce che “La valutazione dei rischi […], deve riguardare tutti i rischi per la sicurezza e la salute dei lavoratori, […] tra cui anche quelli collegati allo stress lavoro-correlato, secondo i contenuti dell’Accordo Europeo dell’8 ottobre 2004â€.
La normativa obbliga dunque il Datore di Lavoro ad identificare e valutare i rischi psicosociali, tra cui lo stress lavoro correlato, e ad adottare misure di prevenzione e protezione per tutelare la salute dei dipendenti.
Lo scopo della valutazione del rischio stress lavoro correlato è quello di guidare e sostenere datori di lavoro e i lavoratori nella riduzione del rischio attraverso l’analisi degli indicatori oggettivi aziendali e l’eventuale rilevazione delle condizioni di stress percepito dai lavoratori.
La valutazione, come per tutti gli altri rischi, deve essere effettuata dal Datore di Lavoro, che ne ha la responsabilità , con il coinvolgimento delle figure aziendali come RSPP, RLS, Medico Competente, oltre ad eventuali altri soggetti interni/esterni indicati dalle organizzazioni.
La valutazione del rischio stress lavoro correlato avviene secondo l’iter indicato dalle linee guida indicate stilate da INAIL, in accordo con quanto previsto dall’Accordo Europeo dell’8 ottobre 2004.
Secondo le linee guida, infatti, il Datore di Lavoro deve condurre valutazioni periodiche per identificare i fattori di stress presenti nell’ambiente lavorativo. Tali valutazioni devono seguire il seguente iter:
Generalmente questi indicatori vengono ottenuti mediante la somministrazione di una specifica checklist ai gruppi omogenei di mansione, che indicherà gli aspetti che dovranno essere gestiti con misure di prevenzione e protezione volte a rendere il rischio accettabile.
In base al risultato della checklist, è possibile classificare il rischio in tre diverse fasce:
RISCHIO BASSO | L’analisi degli indicatori non evidenzia particolari condizioni organizzative che possono determinare la presenza di stress correlato al lavoro: ciononostante potrebbero essere state individuate condizioni organizzative che possano determinare la presenza di stress correlato al lavoro e che necessitano quindi di misure di misure di prevenzione e protezione. Le linee guida prescrivono un piano periodico di monitoraggio, che si traduce nella somministrazione periodica della checklist, con cadenza massima di tre anni. | |
RISCHIO MEDIO | L’analisi degli indicatori evidenzia condizioni organizzative che possono determinare la presenza di stress lavoro-correlato; vanno adottate azioni correttive e successivamente va verificata l’efficacia degli interventi stessi, attraverso una nuova somministrazione della checklist entro un anno. In caso di inefficacia delle misure proposte, è necessario procedere alla fase di valutazione approfondita. | |
RISCHIO ALTO | L’analisi degli indicatori evidenzia un livello di rischio stress lavoro-correlato non accettabile, tale da richiedere il ricorso ad azioni correttive immediate. È quindi necessario procedere con la valutazione approfondita del rischio stress lavoro-correlato |
La valutazione dello stress lavoro correlato è parte integrante e fondamentale del Documento di Valutazione dei Rischi e deve essere quindi svolta da tutte le aziende che ricadono nel campo di applicazione del D. Lgs 81/2008.
La gestione dello stress lavoro correlato è cruciale per mantenere un ambiente di lavoro sano.
Il D. Lgs 81/2008, in accordo con l’Accordo Europeo dell’8 ottobre 2004, promuove la consapevolezza tra i dipendenti e il Datore di Lavoro, fornire programmi di sostegno psicologico e incoraggiare un equilibrio tra vita lavorativa e personale. In particolare, al fine di ridurre il rischio di stress lavoro-correlato, vengono consigliate le seguenti misure di prevenzione e protezione:
La prevenzione dello stress lavoro correlato richiede l’impegno di tutti i soggetti che compongono l’organigramma aziendale, dai datori di lavoro ai lavoratori stessi che, secondo l’articolo 20, hanno l’obbligo normativo di segnalare qualsiasi eventuale condizione di pericolo di cui vengano a conoscenza.
Ecloga ti supporta nello svolgimento della valutazione dello stress lavoro correlato e nell’individuazione delle misure di prevenzione e protezione da metter in atto.
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Data articolo: Wed, 10 Jan 2024 16:43:35 +0000