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Sicurezza sul lavoro, RSPP, RLS, tecnici della prevenzione, esperti Testo Unico 81/08, consulenti e formatori alla sicurezza

Sicurezza sul lavoro, RSPP, RLS, tecnici della prevenzione, esperti Testo Unico 81/08, consulenti e formatori alla sicurezza

News n. 1
Accordo Stato Regioni: novità formazione sicurezza sul lavoro

Il nuovo Accordo Stato Regioni del 17 aprile è stato approvato in sede dell’ultima Conferenza Stato-Regioni. L’Accordo, allegato agli atti della Conferenza, ridefinisce in modo organico e aggiornato il sistema formativo in materia di salute e sicurezza sul lavoro.

Il provvedimento sostituisce e accorpa i precedenti accordi, introducendo importanti novità per quanto riguarda la durata, i contenuti minimi, le modalità di erogazione, le verifiche di apprendimento e i criteri di aggiornamento dei percorsi formativi obbligatori.

Indice

Nuovo Accordo Stato Regioni: entrata in vigore

L’Accordo entrerà in vigore dopo 15 giorni dalla sua pubblicazione in Gazzetta Ufficiale, ad oggi non ancora avvenuta.

Accordo Stato Regioni: novità inerenti la formazione dei lavoratori

Secondo il nuovo Accordo, la formazione lavoratori verrà gestita con le stesse modalità previste dal precedente Accordo Stato Regioni 21 Dicembre 2011.

Sono infatti previsti i seguenti moduli formativi:

  • Formazione generale, della durata di 4 ore, valida come credito formativo permanente ed univoca per tutti i lavoratori. La formazione generale può essere svolta anche in videoconferenza e modalità e-learning;
  • Formazione specifica, sulla base dei rischi specifici previsti durante lo svolgimento della mansione. La durata della formazione specifica viene decretata sulla base della condizione di rischio prevista dalla classificazione ATECO relativa alla mansione svolta:
    • Formazione specifica – basso rischio, della durata di 4 ore (erogabile anche in modalità videoconferenza e modalità e-learning);
    • Formazione specifica – medio rischio, della durata di 8 ore (NON erogabile in e-learning);
    • Formazione specifica – alto rischio, della durata di 12 ore (NON erogabile in e-learning);

La formazione deve essere completata prima dell’inizio dell’attività lavorativa o, nei casi previsti, entro sessanta giorni dall’assunzione.

È previsto un aggiornamento quinquennale della durata minima di sei ore. Oltre all’aggiornamento quinquennale, la formazione lavoratori deve essere aggiornata ogni qualvolta intervengano elementi modificativi in termini di esiti della valutazione dei rischi o quando le risultanze delle verifiche di efficacia della formazione durante lo svolgimento della prestazione lavorativa ne evidenzino la necessità.

Formazione dei preposti

I preposti, secondo il nuovo Accordo, dovranno frequentare un corso specifico della durata minima di 12 ore, successivo alla formazione generale e specifica da lavoratore.

Viene dunque esteso il monte ore obbligatorio per il corso necessario allo svolgimento del ruolo di preposto, in accordo con gli aggiornamenti normativi degli ultimi anni che evidenziano un trend di responsabilizzazione sempre maggiore di questa figura.

L’erogazione del corso in modalità e-learning non è consentita. È invece ammessa la videoconferenza sincrona.

L’aggiornamento è previsto con cadenza biennale, con un corso di durata minima di 6 ore.

Per i preposti che abbiano completato l’ultimo aggiornamento da oltre due anni alla data di entrata in vigore dell’Accordo, è stabilito l’obbligo di aggiornamento entro dodici mesi.

Formazione dei dirigenti

A differenza di quanto sancito dal precedente Accordo, il corso per dirigenti prevede ora una durata minima di dodici ore, alla quale è necessario aggiungere un modulo aggiuntivo di sei ore nel caso in cui il dirigente operi in ambito cantieristico.

L’Accordo consente l’erogazione della formazione in modalità videoconferenza o e-learning.

Anche per i dirigenti è previsto l’aggiornamento ogni cinque anni, con un corso di durata minima di 6 ore.

Accordo Stato Regioni: formazione dei datori di lavoro

Il nuovo Accordo Stato Regioni del 17 Aprile 2025 introduce l’obbligo di formazione per il Datore di Lavoro, anche nel caso in cui questo non svolga direttamente il ruolo di RSPP.

In considerazione della novità normativa, I Datori di Lavoro dovranno effettuare il corso di formazione entro due anni dalla pubblicazione in Gazzetta Ufficiale dell’Accordo.

Il corso, della durata di 16 ore (con l’aggiunta dell’eventuale modulo cantieristico di 6 ore) potrà essere svolto in presenza, in videoconferenza ed in modalità e-learning.

La periodicità di aggiornamento è stata fissata a 5 anni, con un corso di durata minima di 6 ore.

Formazione per Datori di Lavoro che svolgono il ruolo di RSPP

Il datore di lavoro che decide di assumere direttamente il ruolo di Responsabile del Servizio di Prevenzione e Protezione (RSPP), ai sensi dell’articolo 34 del D. Lgs 81/2008, deve frequentare uno specifico corso previsto dall’Accordo.

Per poter accedere al corso di formazione per Datore di Lavoro – RSPP, è necessario aver frequentato il corso per Datore di Lavoro di cui al paragrafo precedente.

Il corso di formazione per il Datore di Lavoro – RSPP prevede un modulo comune di 8 ore e lo svolgimento degli eventuali moduli tecnici – integrativi, legati al settore di appartenenza:

  • Modulo integrativo 1, Agricoltura – Silvicoltura – Zootecnia (macrocategoria ATECO A 01-02): 16 ore;
  • Modulo integrativo 2, Pesca (macrocategoria ATECO A 03): 12 ore;
  • Modulo integrativo 3, Costruzioni (macrocategoria ATECO F): 16 ore;
  • Modulo integrativo 4, Chimico – Petrolchimico (macrocategoria ATECO C 19 – 20): 16 ore;

Il corso di formazione per Datori di Lavoro – RSPP può essere svolto solamente in presenza o in videoconferenza.

Per mantenere valida l’abilitazione, il Datore di Lavoro-RSPP è tenuto a frequentare un corso di aggiornamento con cadenza quinquennale. La durata minima dell’aggiornamento è fissata in 8 ore. Il corso di aggiornamento può essere effettuato in presenza, videoconferenza e in e-learning.

Formazione per RSPP e ASPP

Per i responsabili e gli addetti del servizio di prevenzione e protezione, il nuovo Accordo conferma la struttura modulare della formazione, articolata in

  • Modulo A, con durata di 28 ore (erogabile anche in modalità videoconferenza e modalità e-learning);
  • Modulo B, con durata di 48 ore a cui si aggiungono le ore eventuali formazioni specialistiche (erogabile in presenza ed in modalità videoconferenza);
  • Modulo C, con durata di 24 ore, obbligatorio per lo sviluppo del ruolo di RSPP (erogabile in presenza ed in modalità videoconferenza);.

L’aggiornamento rimane quello sancito dal precedente Accordo Stato Regioni del 7 Luglio 2016: 40 ore per i RSPP e 20 ore per gli ASPP, da effettuare con cadenza quinquennale (erogabile anche in e-learning).

Formazione dei coordinatori per la sicurezza

I coordinatori per la progettazione e per l’esecuzione dei lavori nei cantieri (CSP – CSE) devono frequentare un corso della durata complessiva di 120 ore, come previsto dall’allegato XIV del D.Lgs. 81/2008.

L’Accordo consente l’erogazione in modalità e-learning del solo modulo giuridico.

È previsto un aggiornamento quinquennale della durata di almeno 40 ore, effettuabile anche in e – learning.

Formazione spazi confinati

Per lavoratori, autonomi e datori di lavoro che operano in ambienti sospetti di inquinamento o in spazi confinati, secondo quanto previsto dal DPR 177/2011, è previsto un corso obbligatorio di formazione ed addestramento. Il nuovo Accordo regola ora i contenuti e le modalità di effettuazione del corso:

  • Modulo giuridico – tecnico, con durata di 4 ore;
  • Parte pratica, con durata di 8 ore;

L’aggiornamento prevede un corso solamente costituito dalla parte pratica, della durata di 4 ore

Per quanto riguarda gli spazi confinati, il nuovo Accordo definisce un regime transitorio di un anno, entro cui devono essere effettuati i corsi sopra descritti.

Formazione per l’uso di attrezzature

Il nuovo Accordo Stato Regioni del 17 aprile 2025 incorpora anche il precedente Accordo del 22/02/2012, relativo ai corsi di formazione per gli operatori che utilizzano attrezzature di lavoro per le quali è richiesta una specifica abilitazione.

Ai corsi già previsti dal precedente Accordo, sono stati aggiunti i corsi relativi all’utilizzo del carroponte e all’utilizzo dei caricatori per la movimentazione di materiali CMM.

Per quanto riguarda i corsi relativi all’utilizzo del carroponte, il nuovo Accordo prevede:

  • Modulo teorico, della durata di 4 ore;
  • Modulo pratico, della durata di 6 ore (se viene utilizzato solamente il carroponte o la gru a cavalletto con comando pensile/radiocomando) o 7 ore (se utilizzate entrambe le attrezzature);
  • Aggiornamento quinquennale, relativa al solo modulo pratico, della durata di 4 ore.

Per quanto riguarda il CMM, il nuovo accordo prevede:

  • Modulo teorico, della durata di 4 ore;
  • Modulo pratico, della durata di 4 ore;
  • Aggiornamento quinquennale, relativa al solo modulo pratico, della durata di 4 ore.

Per queste attrezzature, il nuovo Accordo definisce un regime transitorio di un anno, entro cui devono essere effettuati i corsi sopra descritti.

Crediti Formativi previsti dall’Accordo Stato Regioni

Il nuovo Accordo Stato Regioni prevede che i crediti formativi maturati attraverso la partecipazione a corsi conformi ai precedenti Accordi (21 Dicembre 2011, 22 Febbraio 2012 e 7 Luglio 2016) possano essere riconosciuti ai fini dell’esonero da ulteriori obblighi formativi, a condizione che siano documentati mediante attestati validi e che i contenuti dei corsi precedentemente frequentati risultino coerenti con quelli richiesti per la nuova formazione.

Vengono inoltre confermati gli esoneri previsti dai precedenti Accordi relativamente allo svolgimento dei vari ruoli dell’organigramma della sicurezza sul lavoro.

Tutti i crediti formativi per gli esoneri per lo svolgimento dei corsi, sono descritti all’interno delle tabelle dell’Allegato III dell’Accordo, disponibile al presente link.

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Data articolo: Tue, 22 Apr 2025 10:47:47 +0000
News n. 2
Persone con esigenze speciali: la gestione delle emergenze

Le persone con esigenze speciali, disabilità motorie, sensoriali o cognitive, nonché quelle con limitazioni temporanee, possono riscontrare difficoltà pratiche durante le operazioni di evacuazione e di gestione delle emergenze.

La normativa antincendio (D.M. 2 Settembre 2021 e D.M. 3 Settembre 2021), in concerto con quanto sancito dal D. Lgs 81/2008, prevede l’introduzione di specifiche misure di prevenzione e protezione volte alla garanzia di una corretta gestione delle emergenze nei confronti di questa categoria di lavoratori.

Indice

Persone con esigenze speciali: normativa

L’articolo 43 del D. Lgs 81/2008, stabilisce che il Datore di Lavoro deve adottare misure organizzative adeguate a garantire l’evacuazione sicura di qualsiasi lavoratore presente nel luogo di lavoro, tra cui quindi le persone disabili o con esigenze speciali.

Tale obbligo deve tener conto delle esigenze specifiche, che devono essere individuate durante la valutazione dei rischi effettuata in collaborazione con il RSPP, così come sancito dagli articoli 17 e 28 del D. Lgs 81/2008.

Il paragrafo 3 dell’Allegato II del D.M. 2 Settembre 2021 1 prevede che il Datore di Lavoro deve tenere conto delle necessità particolari delle persone con esigenze speciali nella progettazione e realizzazione delle misure di sicurezza antincendio, nonché nella redazione delle procedure di evacuazione dal luogo di lavoro.

Tale obbligo si applica sia nei confronti dei lavoratori presenti, che nei confronti degli eventuali ospiti del luogo di lavoro.

Identificazione delle persone con esigenze speciali

Le persone con esigenze speciali includono lavoratori con disabilità motorie, sensoriali o cognitive, nonché individui con limitazioni temporanee dovute a infortuni o a condizioni mediche particolari.

L’identificazione di queste persone deve avvenire in maniera conforme al Regolamento UE 2016/679 (GDPR), nel rispetto della privacy, e deve prevedere il coinvolgimento diretto delle persone stesse per individuare le soluzioni più appropriate da adottare nel piano di emergenza aziendale.

Misure di assistenza e soccorso di persone disabili o con esigenze speciali

Il D.M. 2 settembre 2021 stabilisce che il Datore di Lavoro deve adottare una serie di misure specifiche per garantire la sicurezza durante l’evacuazione delle persone disabili o con esigenze speciali. Tali valutazioni rientrano nell’ambito della valutazione del rischio incendio, prevista dal D.M. 3 Settembre 2021.

In particolare, è previsto che vengano designati lavoratori formati come assistenti all’evacuazione del personal con esigenze speciali, i quali avranno il compito di supportare le persone con difficoltà motorie, sensoriali o cognitive durante le operazioni di evacuazione.

Tale misura si inserisce all’interno di un approccio più ampio, sancito dall’articolo 63 del D. Lgs 81/2008, che riguarda la predisposizione di percorsi accessibili: i luoghi di lavoro e le vie di esodo devono essere progettati tenendo conto delle necessità delle persone con disabilità e le specifiche caratteristiche strutturali, come porte, scale, ascensori e posti di lavoro, devono rispondere a requisiti di accessibilità. Quest’obbligo non si applica a tutti i luoghi di lavoro utilizzati precedentemente al 1° gennaio 1993.

Un’altra misura prevista riguarda l’adozione di dispositivi di evacuazione, come sedie di evacuazione (Evac – Chair), che consentano di trasportare in sicurezza le persone con disabilità motorie.

Inoltre, il Datore di Lavoro è tenuto ad installare sistemi di allarme inclusivi, che comprendano dispositivi visivi, sonori e tattili, tutti conformi alla norma UNI EN 54.
Questo garantisce che tutti, compresi coloro che possono avere difficoltà uditive o visive, ricevano l’avviso in caso di emergenza.

Una misura particolarmente rilevante per le persone con disabilità cognitive o per chi potrebbe vivere un’alta dose di ansia in situazioni di emergenza è la previsione di spazi calmi, ovvero ambienti dedicati in cui la persona con esigenza speciale può stazionare durante l’evacuazione per un lungo periodo, facilitando l’assistenza da parte del personale incaricato.

Piano di Emergenza

Il Piano di Emergenza aziendale, come previsto dal paragrafo 2.2 dell’Allegato II del D.M. 2 settembre 2021 e dall’articolo 43 del D. Lgs 81/2008, deve includere specifiche procedure per l’evacuazione delle persone con esigenze speciali.

Il Piano di Emergenza deve inoltre prevedere le Planimetrie di Emergenza, che devono essere consultabili dalle eventuali persone disabili o con esigenze speciali e devono riportare la segnalazione di eventuali presidi ad esse dedicati (Evac – Chair, spazi calmi, ecc…).

Il piano deve essere aggiornato periodicamente e condiviso con tutti i lavoratori.

Si ricorda che l’obbligo di redazione del Piano di Emergenza, si applica alle seguenti casistiche:

  • Luoghi di lavoro in cui sono presenti più di 10 lavoratori;
  • Luoghi di lavoro aperti al pubblico caratterizzati dalla presenza contemporanea di più di cinquanta persone, indipendentemente dal numero dei lavoratori;
  • Luoghi di lavoro che rientrano nell’allegato I al decreto del Presidente della Repubblica 1° agosto 2011, n. 151 (CPI).

Prove di evacuazione

Le prove di evacuazione, obbligatorie ai sensi del D.M. 2 Settembre 2021 per le categorie soggette alla redazione del Piano di Emergenza, sono essenziali per verificare l’efficacia delle misure di gestione delle emergenze messe in atto nei confronti delle persone con esigenze speciali.

Le prove devono essere pianificate con cadenza almeno annuale (ad eccezione delle realtà per cui la frequenza delle esercitazioni è maggiore) e devono prevedere scenari realistici che tengano conto delle diverse situazioni di rischio.

L’esito delle prove deve essere formalizzato attraverso la redazione di un apposito verbale.

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Data articolo: Wed, 02 Apr 2025 15:11:00 +0000
News n. 3
Alternanza Scuola – Lavoro: obblighi in materia di salute e sicurezza

L’Alternanza Scuola – Lavoro espone lavoratori inesperti, come gli studenti, a rischi lavorativi per cui hanno ancora poca esperienza.

Per questo motivo, è fondamentale che gli Istituti Scolastici e le Aziende Ospitanti si coordinino adeguatamente per garantire il rispetto degli obblighi normativi e assicurare la tutela della salute e sicurezza degli studenti coinvolti nei percorsi PCTO. In questo contesto, la tutela della salute e della sicurezza degli studenti inseriti nei percorsi di alternanza riveste un’importanza fondamentale, con specifici obblighi normativi previsti dal D. Lgs. 81/2008.

Indice

Alternanza Scuola – Lavoro: cos’è

L’alternanza Scuola-Lavoro, oggi denominata “Percorsi per le Competenze Trasversali e per l’Orientamento” (PCTO), è una metodologia didattica che permette agli studenti delle scuole superiori di integrare la formazione teorica con un’esperienza pratica in azienda.

L’Alternanza Scuola-Lavoro permette infatti agli studenti di partecipare attivamente alle giornate lavorative di un’Azienda (detta “Soggetto Ospitanteâ€), sia essa pubblica che privata, mettendo in pratica le conoscenze acquisite a scuola.

Questo sistema, introdotto dalla Legge 107/2015, ha reso obbligatorio il PCTO per gli studenti dell’ultimo triennio di licei, istituti tecnici e professionali.

La Legge prevede che, per lo svolgimento del PCTO, debba essere stipulata una Convenzione tra il Soggetto Promotore (l’Istituto Scolastico) e il Soggetto Ospitante (Azienda), in cui vengono descritte le modalità di gestione dell’attività di alternanza.

PCTO e sicurezza sul lavoro

Per capire a quali obblighi normativi, in materia di salute e sicurezza sul lavoro, siano sottoposti i studenti nell’ambito del PCTO, è importante far riferimento alla definizione di “Lavoratore” riportata dall’articolo 2, comma 1, lettera a) del D. Lgs 81/2008:

“Lavoratore: persona che, indipendentemente dalla tipologia contrattuale, svolge un’attività lavorativa nell’ambito dell’organizzazione di un datore di lavoro pubblico o privato, con o senza retribuzione, anche al solo fine di apprendere un mestiere, un’arte o una professione […].â€

Considerato quindi quanto sopra, è logico concludere che gli studenti, operando presso le aziende nell’ambito dell’Alternanza Scuola-Lavoro allo scopo di apprendere le modalità di svolgimento del lavoro, sono soggetti a tutti gli adempimenti previsti dal D. Lgs 81/2008.

Valutazione dei rischi – PCTO

Essendo quindi che gli studenti PCTO sono equiparati ai lavoratori, il Datore di Lavoro dell’Azienda Ospitante, deve sottostare a tutti gli obblighi previsti dal D. Lgs 81/2008, anche se nell’azienda operano solamente studenti che svolgono Alternanza Scuola – Lavoro.

Inoltre, con l’entrata in vigore del Decreto Legge 4 Maggio 2023 e la modifica della Legge 145 del 30/12/2018, è stato introdotto l’obbligo del Datore di Lavoro di integrare il proprio Documento di Valutazione dei Rischi in caso di utilizzo di questa forma di lavoro subordinato:

“Le imprese iscritte nel registro nazionale per l’alternanza integrano il proprio documento di valutazione dei rischi con un’apposita sezione ove sono indicate le misure specifiche di prevenzione dei rischi e i dispositivi di protezione individuale da adottare per gli studenti nei percorsi per le competenze trasversali e per l’orientamento. L’integrazione al documento di valutazione dei rischi è fornita all’istituzione scolastica ed è allegata alla Convenzione.â€

Oltre alla valutazione dei rischi specifica per l’attività di Alternanza Scuola – Lavoro, il Datore di Lavoro ha l’obbligo di designazione di un tutor aziendale con il compito di affiancare lo studente e garantirne l’integrazione sicura nell’ambiente di lavoro.

Obblighi dell’Istituto scolastico

L’ente promotore (l’istituto scolastico) ha un ruolo chiave nella tutela degli studenti nell’ambito dell’Alternanza Scuola – Lavoro. Tali obblighi, segnalati all’interno della Convenzione, hanno lo scopo di:

  • Verificare l’idoneità dell’azienda ospitante e la presenza di condizioni di sicurezza adeguate;
  • Assicurarsi che lo studente riceva la formazione generale sulla sicurezza prima dell’inizio del tirocinio;
  • Monitorare l’andamento del percorso e intervenire in caso di problematiche relative alla sicurezza.

Formazione in materia di salute e sicurezza

Così come previsto dal D. Lgs 81/08 e dall’Accordo Stato Regioni 21/12/2011, la formazione dei lavoratori o equiparati (tra cui i soggetti del PCTO), prevede lo svoglimento di un corso di formazione generale e di un corso di formazione specifica.

L’art. 5 del D.M. 195/2017 stabilisce che gli studenti devono ricevere preventivamente dal Soggetto Promotore, la formazione generale sulla sicurezza, di 4 ore di durata. L’attestato di formazione generale deve essere consegnato al Datore di Lavoro dell’Azienda Ospitante in fase di stipula della Convenzione.

La formazione specifica, relativa ai rischi presenti in azienda e connessi alle mansioni svolte dallo studente, è invece a carico del Soggetto Ospitante, che deve essere erogata secondo quanto previsto dall’articolo 37 del D. Lgs 81/2008 e dall’Accordo Stato – Regioni 21/12/2011.

L’azienda può delegare la scuola ad impartire tale formazione, l’istituzione dovrà comunque tenere conto delle potenziali macchine e/o attrezzature utilizzate, dei dispositivi di protezione individuali eventualmente necessari e dei rischi a cui potrebbe essere sottoposto lo studente durante l’esperienza di tirocinio e/o stage. I precisi  accordi, compresi quelli formativi, sono tuttavia definiti nell’ambito della convenzione sottoscritta tra scuola e azienda (struttura ospitante), nel quale si specifica a chi spetta l’onere della formazione.

Sorveglianza sanitaria

Qualora gli studenti siano esposti a rischi che prevedano la sorveglianza sanitaria obbligatoria (come previsto dall’art. 41 del D. Lgs. 81/2008), il Datore di Lavoro dell’Azienda Ospitante è tenuto a sottoporli a visita medica preventiva.

Lo scopo è accertare l’idoneità allo svolgimento delle attività lavorative previste nel PCTO, garantendo che non sussistano controindicazioni legate alla salute dello studente.

Consegna dei DPI

Nel caso in cui lo studente debba operare in ambienti in cui è richiesta l’adozione di dispositivi di protezione individuale (DPI), l’Azienda Ospitante ha l’obbligo di fornirli gratuitamente e di garantire un’adeguata formazione ed addestramento sul loro utilizzo.

È inoltre necessario, attraverso la vigilanza dei preposti, verificare che lo studente utilizzi correttamente i DPI durante tutta la durata dell’esperienza lavorativa.

Lavoro minorile e sicurezza nei PCTO

Un aspetto cruciale da considerare nei percorsi di Alternanza Scuola – Lavoro è la tutela dei minori inseriti in tali esperienze. La normativa italiana sul lavoro minorile, regolata dal D. Lgs. 345/1999 e dal D. Lgs. 262/2000, stabilisce specifiche limitazioni alle attività che possono essere svolte dai minori di 18 anni.

Sono vietati lavori particolarmente faticosi, pericolosi o insalubri, come quelli che comportano l’esposizione a agenti chimici, fisici e biologici dannosi.

Inoltre, sono previste restrizioni sugli orari di lavoro: i minori non possono lavorare in orari notturni e la durata della loro prestazione deve rispettare limiti specifici.

Il datore di lavoro è tenuto a valutare attentamente i rischi specifici per i minori e adottare misure di protezione adeguate, nonché a garantire una formazione dettagliata in materia di salute e sicurezza, con particolare attenzione ai pericoli legati all’età e all’inesperienza dei giovani lavoratori.

Per questo motivo, in caso di lavoro minorile nell’ambito PCTO, la sezione del DVR relativa all’Alternanza Scuola – Lavoro deve essere integrata coerentemente con le limitazioni previste dalla normativa sul lavoro minorile.

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Data articolo: Tue, 25 Mar 2025 11:16:28 +0000
News n. 4
MUD 2025: categorie soggette, adempimenti e scadenze

Indice dei contenuti

Con la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale del Decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 29 gennaio 2025, è stato approvato il Modello Unico di dichiarazione Ambientale 2025, relativo alle attività di gestione dei rifiuti svolte nel 2024.

MUD: che cos’è

Il Modello Unico di Dichiarazione ambientale (MUD) è un modello attraverso il quale devono essere denunciati alla Camera di Commercio i rifiuti prodotti dalle attività economiche, quelli raccolti e trasportati e quelli smaltiti e avviati al recupero relativi all’anno precedente la dichiarazione.

Le tipologie di MUD

Nel MUD i rifiuti vengono raggruppati per tipologia (attraverso i codici CER), per produttore e provenienza.

Il DPCM prevede le seguenti tipologie di dichiarazione:

  • Rifiuti
  • Rifiuti semplificata
  • Imballaggi
  • RAEE (Rifiuti da Apparecchiature Elettriche ed Elettroniche)
  • Rifiuti urbani e raccolti in convenzione
  • Produttori di Apparecchiature elettriche ed elettroniche.

MUD 2025 – rifiuti: chi lo deve presentare

Il DPCM 26 Gennaio 2024, apporta modifiche all’elenco dei soggetti tenuti alla presentazione della comunicazione rifiuti (individuati precedentemente dall’articolo 189, commi 3 e 4, del D.Lgs. 152/2006 e dal precedente DPCM 17 Dicembre 2021).

Il MUD 2025, riferito alle attività effettuate nel 2024, deve essere quindi presentato dalle seguenti categorie:

  • Chiunque effettua a titolo professionale attività di raccolta e trasporto di rifiuti;
  • Commercianti ed intermediari di rifiuti senza detenzione;
  • Imprese ed enti che effettuano operazioni di recupero e smaltimento dei rifiuti;
  • Imprese ed enti produttori iniziali di rifiuti pericolosi;
  • Imprese ed enti produttori iniziali di rifiuti non pericolosi che hanno più di dieci dipendenti, che rientrano nelle seguenti categorie:
    • Rifiuti derivanti da attività edilizia di costruzione, demolizione e scavo (fermo restando la possibilità di gestire gli stessi come sottoprodotti);
    • Rifiuti derivanti da attività industriali;
    • Rifiuti derivanti da attività sanitarie;
  • Consorzi e i sistemi riconosciuti, istituiti per il recupero e riciclaggio di particolari tipologie di rifiuti, ad esclusione dei Consorzi e sistemi istituiti per il recupero e riciclaggio dei rifiuti di imballaggio che sono tenuti alla compilazione della Comunicazione Imballaggi;

Chi non deve presentare il MUD 2025

Secondo quanto previsto dal DPCM, non devono presentare la dichiarazione MUD i soggetti che producono solo ed esclusivamente rifiuti non pericolosi che rientrano nelle seguenti categorie:

  • I soggetti che effettuano attività di trasporto in conto proprio dei propri rifiuti NON pericolosi;
  • Le imprese e gli enti, con un numero di dipendenti uguale o inferiore a 10, che producono rifiuti NON pericolosi derivanti da:
    • Lavorazioni industriali;
    • Lavorazioni artigianali;
    • Fanghi derivanti dalla potabilizzazione e da altri trattamenti delle acque;
    • Fanghi derivanti dalla depurazione delle acque reflue o dall’abbattimento di fumi;
    • Fosse settiche e reti fognarie;
  • Le imprese che esercitano attività di demolizione o costruzione (solo per i rifiuti NON pericolosi);
  • Le imprese che esercitano attività di commercio o di servizio (solo per i rifiuti NON pericolosi).

Non devono inoltre presentare la Dichiarazione MUD, anche in presenza di rifiuti pericolosi:

  • Gli imprenditori agricoli di cui all’articolo 2135 del Codice Civile con un volume di affari annuo non superiore a 8000€;
  • I liberi professionisti che non operano in forma d’impresa e i produttori di rifiuti pericolosi non rientranti in organizzazione di Ente o impresa. Ai sensi dell’art. 190, comma 6, come modificato dal D. Lgs 116/2020, questi soggetti assolvono all’obbligo normativo di comunicazione delle attività relative alla gestione dei rifiuti attraverso la conservazione progressiva per tre anni del formulario di identificazione o del documento di conferimento rilasciato dal soggetto competente;
  • I soggetti che svolgono le attività di estetista, acconciatore, trucco permanente e semipermanente, tatuaggio, piercing, agopuntura, podologo, callista, manicure, pedicure e che producono rifiuti pericolosi e a rischio infettivo.

Infine, i soggetti che durante l’anno 2024 non hanno prodotto, trasportato, intermediato, recuperato o smaltito rifiuti, non devono presentare la dichiarazione MUD, neanche in bianco.

Modalità di presentazione del MUD 2025

Il MUD 2025 va presentato alla Camera di Commercio competente per territorio, ovvero a quella della Provincia in cui ha sede l’unità locale cui si riferisce la dichiarazione: tale adempimento prevede il caricamento del MUD compilato e firmato digitalmente sul portale del sito del MUD Telematico.

Per quanto riguarda le attività di solo trasporto e gli intermediari senza detenzione, il MUD va presentato alla Camera di Commercio della Provincia in cui hanno la sede legale.

La presentazione del MUD telematico prevede il pagamento di 10€ relativi ai diritti di segreteria, che devono essere pagati esclusivamente con carta di credito, PagoPA o con Telemaco InfoCamere.

Gli Enti Locali (Comune, Consorzio di Comuni o Comunità Montana) devono compilare la comunicazione in via telematica, tramite il seguente sito predisposto da Unioncamere.

Scadenza Presentazione MUD

La presentazione del Modello Unico di Dichiarazione ambientale 2025, riferito alle attività effettuate nel 2024, deve avvenire entro il 28 Giugno 2025.

Comunicazione semplificata: chi può presentarla

È possibile assolvere agli obblighi di comunicazione tramite la Comunicazione Rifiuti Semplificata (MUD semplificato) nel caso in cui ai dichiaranti ricorrono contemporaneamente le seguenti condizioni:

  • Sono produttori iniziali tenuti alla presentazione della dichiarazione per non più di sette rifiuti;
  • I rifiuti sono prodotti nell’unità locale cui si riferisce la dichiarazione;
  • Per ogni rifiuto prodotto non vengono incaricati più di tre trasportatori e più di tre destinatari;
  • Vengono conferiti i rifiuti a destinatari localizzati sul territorio nazionale.

La Comunicazione Rifiuti Semplificata va compilata, firmata ed inviata via PEC in formato PDF all’indirizzo unico comunicazioneMUD@pec.it.

Comunicazione semplificata: modalità di presentazione

Per la presentazione del MUD, mediante l’iter di comunicazione semplificata, Il dichiarante dovrà seguire i passaggi previsti dalle istruzioni fornite dal sito, scaricabili al seguente link.

Alla Comunicazione devono essere allegate la copia della Sezione anagrafica firmata in modo autografo dal dichiarante, la copia dell’attestato di versamento dei diritti di segreteria alla CCIAA competente e la copia del documento di identità del sottoscrittore (non necessaria se il file PDF è firmato digitalmente).

La presentazione del MUD 2025 mediante comunicazione semplificata prevede il pagamento di 15€ di diritti di segreteria, per ogni Unità Locale del dichiarante.

Sanzioni

Secondo il DPCM, sono previste sanzioni per il ritardo nella presentazione del MUD o per la sua mancata, incompleta o inesatta presentazione:

  • la presentazione della Dichiarazione MUD effettuata dopo il termine previsto dalla normativa, ma entro 60 giorni dalla scadenza, comporta una sanzione da euro 26,00 a euro 160,00.
  • la presentazione successiva ai 60 giorni dalla scadenza, l’omessa dichiarazione e la dichiarazione incompleta o inesatta comportano una sanzione amministrativa pecuniaria da 2.000,00 euro a 10.000,00 euro.

Ecloga Italia offre supporto alla gestione degli adempimenti connessi al MUD.

Contattaci per capire se la tua Azienda è soggetta all’obbligo di presentazione del MUD.

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Data articolo: Wed, 19 Mar 2025 08:00:35 +0000
News n. 5
Il Ruolo di PES, PAV e PEI nella Sicurezza Elettrica

Il rischio elettrico rappresenta una delle principali fonti di pericolo nei luoghi di lavoro in cui vengono svolti interventi su impianti e apparecchiature elettriche.

Per garantire la sicurezza degli operatori, la normativa italiana ha introdotto una classificazione specifica del personale addetto ai lavori elettrici.

Indice

Normativa di Riferimento PES PAV PEI

La normativa italiana che regola la sicurezza dei lavoratori in materia di rischio elettrico è il Decreto Legislativo 81/08.

Il Testo Unico, infatti, al capo III del Titolo III, “IMPIANTI E APPARECCHIATURE ELETTRICHE†prevede una serie di obblighi a carico del Datore di Lavoro in materia di rischio elettrico. Tali obblighi riguardano sia gli impianti e le attrezzature elettriche presenti all’interno del luogo di lavoro, sia lo svolgimento di lavori di tipo elettrico.

In particolare, gli articoli 82 e 83, prevedono che il personale che effettua lavori sotto tensione o in prossimità di parti attive debba essere effettuato da lavoratori abilitati dal Datore di Lavoro ai sensi della pertinente normativa tecnica riconosciuti idonei per tale attività.

Per la garanzia dell’adeguatezza normativa, Il D. Lgs 81/2008 rimanda alle norme tecniche di riferimento, in particolare alla Norma CEI 11-27, una norma tecnica rilasciata dal Comitato Elettrico Italiano, ovvero l’Ente responsabile in ambito nazionale della normazione tecnica in campo elettrotecnico, elettronico e delle telecomunicazioni.

Classificazione del personale PES PAV PEI

La Norma CEI 11-27 definisce tre livelli di qualifica per il personale che opera su impianti elettrici:

  • PES – Persona Esperta: dispone di conoscenze tecniche approfondite e di esperienza pratica nel settore elettrico. Questa figura è in grado di valutare autonomamente i rischi connessi ai lavori elettrici e di adottare le misure di sicurezza necessarie.
  • PAV – Persona Avvertita: ha ricevuto un’adeguata formazione sui rischi elettrici ed è in grado di svolgere lavori su impianti elettrici, ma solo sotto la supervisione di una Persona Esperta.
  • PEI – Persona Idonea: oltre a possedere i requisiti di una PES, ha ottenuto un’abilitazione specifica per eseguire lavori sotto tensione nei limiti definiti dalla normativa.

Classificazione dei lavori elettrici

Le attività svolte dal personale qualificato si suddividono in tre categorie principali:

  1. Lavori sotto tensione: interventi eseguiti su parti attive di un impianto elettrico in tensione, consentiti solo a personale con qualifica PEI.
  2. Lavori in prossimità di tensione: interventi eseguiti vicino a parti attive sotto tensione, che possono essere svolti da PES e PAV sotto determinate condizioni.
  3. Lavori fuori tensione: operazioni eseguite su impianti preventivamente scollegati dalla rete elettrica, che possono essere eseguite sia da PES che da PAV, purché supervisionati.

Formazione PES PAV PEI

Il D. Lgs 81/2008, in accordo con la norma CEI 11-27, prevede che il personale che svolge lavori elettrici (PES – PAV- PEI) debba essere adeguatamente formato sul rischio elettrico.

La formazione è un aspetto cruciale per ottenere la qualifica di PES, PAV o PEI. I corsi di formazione previsti dalla normativa CEI 11-27 prevedono moduli teorici e pratici, con aggiornamenti periodici per mantenere elevate le competenze professionali. La formazione comprende:

  • Conoscenza delle normative e delle procedure di sicurezza.
  • Tecniche di lavoro sugli impianti elettrici.
  • Utilizzo di dispositivi di protezione individuale (DPI) e collettiva.
  • Simulazioni di interventi in situazioni di emergenza.

I corsi per il conseguimento delle qualifiche PES, PAV e PEI devono essere aggiornati con cadenza quinquennale o in caso di variazioni significative nelle attività lavorative o nelle misure di sicurezza adottate.
Alcune categorie di lavoratori possono essere esonerate dalla formazione PES/PAV/PEI se dimostrano di possedere esperienza e conoscenze equivalenti, ad esempio attraverso titoli di studio o esperienze lavorative pregresse riconosciute dal datore di lavoro.

Valutazione del rischio elettrico

In accordo con quanto previsto dall’articolo 17 del D. Lgs 81/2008, Il Datore di Lavoro, ai sensi dell’articolo 80, comma 2 del D. Lgs 81/2008 deve eseguire una valutazione del rischio elettrico che prenda in considerazione almeno i seguenti rischi rischi di natura elettrica connessi all’impiego dei materiali, delle apparecchiature e degli impianti elettrici messi a loro disposizione:

  • Contatti elettrici diretti;
  • Contatti elettrici indiretti;
  • Innesco e propagazione di incendi e di ustioni dovuti a sovratemperature pericolose, archi elettrici e radiazioni;
  • Innesco di esplosioni;
  • Fulminazione diretta ed indiretta;
  • Sovratensioni;
  • Altre condizioni di guasto ragionevolmente prevedibili.

Misure di prevenzione e protezione

Sulla base del risultato della valutazione, al fine di ridurre il rischio elettrico nei luoghi di lavoro, il Datore di Lavoro è fondamentale adottare misure di prevenzione e protezione adeguate:

  • Progettazione sicura degli impianti elettrici, per minimizzare i pericoli di contatto diretto e indiretto.
  • Utilizzo di dispositivi di protezione collettiva, come interruttori differenziali, barriere e segregazioni.
  • Impiego di Dispositivi di Protezione Individuale (DPI) idonei, come guanti isolanti, tappeti e attrezzi isolati.
  • Segnaletica e delimitazione delle aree di lavoro, per prevenire l’accesso non autorizzato a zone a rischio.
  • Procedure operative ed incarico allo svolgimento di lavori elettrici a solo personale competente (PES, PAV, PEI), per garantire che le attività siano svolte in sicurezza.
  • Verifiche periodiche e manutenzione degli impianti elettrici, per assicurare il corretto funzionamento delle apparecchiature, così come stabilito dall’articolo 86 del D. Lgs 81/2008 e dalla norma CEI 11-27.
  • Rispetto delle distanze di lavoro dalle parte attive, in caso di svolgimento di lavori non elettrici, così come previsto dall’articolo 83 del D. Lgs 81/2008

 

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Data articolo: Wed, 05 Mar 2025 09:06:41 +0000
News n. 6
Bando ISI: incentivi sicurezza Inail

A partire dal 14 aprile 2025 viene aperta la possibilità di accedere alla procedura informatica per la compilazione della domanda di partecipazione al Bando ISI, per l’incentivazione dell’adozione di misure di mitigazione dei rischi lavorativi.

Bando ISI: di cosa si tratta

Il Bando ISI INAIL 2025 è un’iniziativa dell’Istituto Nazionale per l’Assicurazione contro gli Infortuni sul Lavoro (INAIL), finalizzata a incentivare le imprese nell’adozione di misure per il miglioramento delle condizioni di salute e sicurezza nei luoghi di lavoro.

Il Bando rientra nell’ambito di quanto stabilito dall’Articolo 11, Comma 5, del Decreto Legislativo 81/2008, che prevede che lo Stato debba svolgere attività promozionali per la diffusione della sicurezza nelle imprese.

Il finanziamento, erogato a fondo perduto, è destinato a progetti che riducano i rischi professionali, promuovano la sostenibilità ambientale e favoriscano l’innovazione tecnologica nel settore della sicurezza sul lavoro.

Obiettivi e destinatari

L’obiettivo del bando è supportare le imprese nell’attuazione di interventi volti alla prevenzione degli infortuni e delle malattie professionali.

Le risorse finanziarie sono destinate a progetti che includono la riduzione dei rischi infortunistici e tecnopatici, l’adozione di modelli organizzativi per la gestione della sicurezza, la bonifica di materiali contenenti amianto e l’acquisto di macchinari innovativi a basso impatto ambientale.

Possono accedere al finanziamento tutte le imprese che ricadono nel campo di applicazione del D. Lgs 81/2008, regolarmente iscritte alla Camera di Commercio, nonché enti del Terzo Settore per interventi specifici riguardanti la movimentazione manuale di persone.

Bando ISI: dove si presenta la richiesta

Le domande di partecipazione devono essere istruite in modalità telematica tramite la sezione dei servizi on-line di INAIL.

Bando ISI: scadenza presentazione richiesta

La documentazione richiesta per la presentazione del bando ISI deve essere presentata a partire dal 14 aprile 2025 ed entro il 30 maggio 2025.

Finanziamenti e progetti ammissibili

Il bando prevede cinque diversi assi di finanziamento:

  • Asse 1: Interventi per la riduzione dei rischi tecnopatici e infortunistici, inclusa l’adozione di modelli organizzativi per la sicurezza sul lavoro.
  • Asse 2: Acquisto di attrezzature e dispositivi di sicurezza per la prevenzione degli infortuni sul lavoro.
  • Asse 3: Bonifica da materiali contenenti amianto mediante rimozione e smaltimento.
  • Asse 4: Supporto a micro e piccole imprese in settori specifici, come l’artigianato e il trasporto.
  • Asse 5: Incentivi per micro e piccole imprese agricole per l’acquisto di macchinari innovativi ed ecologici.

Le modalità di presentazione della richiesta di adesione al Bando per ogni Asse devono ancora essere rilasciate da INAIL.

Entità del finanziamento e modalità di presentazione delle domande

I finanziamenti coprono fino al 65% delle spese ammissibili per i progetti rientranti negli Assi 1, 2, 3 e 4,  fino all’80% per i progetti relativi all’Asse 1.2 e per giovani agricoltori dell’Asse 5.2.

L’importo finanziabile varia tra 5.000 e 130.000 euro, senza un minimo per le microimprese con meno di 50 dipendenti.

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Data articolo: Tue, 25 Feb 2025 08:34:06 +0000
News n. 7
Infortunio di un estraneo: le responsabilità del Datore di Lavoro

Un infortunio sul lavoro che coinvolge una persona estranea può avere conseguenze legali significative per il Datore di Lavoro e l’azienda. Questo tipo di evento solleva questioni di responsabilità che richiedono un approfondimento normativo e l’adozione di efficaci misure preventive.

Normativa italiana di riferimento

Il sistema legislativo italiano stabilisce che il Datore di Lavoro è responsabile della sicurezza all’interno dei luoghi di lavoro, non solo per i dipendenti, ma anche per chiunque acceda ai locali aziendali, compresi fornitori, visitatori e altre persone estranee.

La norma principale è il D. Lgs 81/2008, che fornisce una regolamentazione dettagliata:

  • Articolo 18 – Obblighi del Datore di Lavoro e del dirigente: Questo articolo specifica gli obblighi del Datore di Lavoro di garantire la sicurezza delle persone presenti nei luoghi di lavoro. Tra le responsabilità più rilevanti vi è quella di adottare misure adeguate perla protezione anche di soggetti non dipendenti che possano trovarsi nel luogo di lavoro.
  • Articolo 26 – Obblighi connessi ai contratti d’appalto, d’opera e di somministrazione: Il Datore di Lavoro deve verificare che le attività svolte da appaltatori o soggetti esterni siano eseguite in condizioni di sicurezza, cooperando e coordinandosi con i responsabili delle ditte coinvolte.
  • Articolo 64 – Obblighi per i luoghi di lavoro: Questo articolo prevede che i luoghi di lavoro siano progettati e mantenuti in modo da garantire la sicurezza di chiunque vi acceda.
  • Articolo 65 – Luoghi di lavoro pericolosi: Stabilisce specifiche regole per l’accesso a zone considerate pericolose, imponendo l’uso di segnaletica, protezioni fisiche e limitazioni.

Un ulteriore riferimento normativo è il Codice Civile, in particolare:

  • Articolo 2050 – Responsabilità per l’esercizio di attività pericolose: Chi esercita un’attività pericolosa è tenuto a risarcire i danni cagionati, salvo che provi di aver adottato tutte le misure idonee a evitare il danno.
  • Articolo 2043 – Risarcimento per fatto illecito: Qualsiasi fatto doloso o colposo che cagiona un danno ingiusto obbliga chi lo ha commesso al risarcimento.

Infortuni di estranei: sentenze rilevanti

Le decisioni giurisprudenziali assumono un ruolo fondamentale nell’interpretazione e applicazione della normativa in materia di sicurezza sul lavoro.

Attraverso le sentenze, i giudici chiariscono aspetti cruciali della responsabilità del Datore di Lavoro, fornendo indicazioni pratiche e precedenti utili per prevenire situazioni simili.

Di seguito, alcune delle pronunce più significative in questo ambito: Alcune sentenze della Corte di Cassazione offrono interpretazioni significative:

  • Cassazione Penale, Sezione IV, Sentenza n. 34147/2022: In questa sentenza, è stato confermato che il Datore di Lavoro è responsabile per un infortunio occorso a un soggetto estraneo in quanto il luogo di lavoro non rispettava i requisiti di sicurezza minimi. Il giudice ha sottolineato come l’assenza di segnaletica e di barriere protettive abbia contribuito in modo determinante all’incidente.
  • Cassazione Civile, Sentenza n. 21754/2019: La Corte ha ribadito che il Datore di Lavoro è chiamato a dimostrare di aver adottato tutte le misure necessarie per prevenire rischi, anche nei confronti di terzi non dipendenti.

Misure di prevenzione per evitare infortuni a persone estranee

Prevenire gli infortuni a persone estranee nel luogo di lavoro richiede l’implementazione di una serie di misure integrate e ben coordinate.

Un aspetto fondamentale è la valutazione e gestione dei rischi, che dovrebbe includere un’analisi specifica all’interno del Documento di Valutazione dei Rischi (DVR), elaborato in collaborazione con RSPP, Medico Competente ed RLS.

Una delle prime azioni da intraprendere riguarda il controllo degli accessi, per il quale è utile predisporre un sistema di registrazione che consenta di monitorare l’ingresso e l’uscita di persone esterne. Questo sistema, aiuta a limitare l’accesso alle sole aree pertinenti.
Parallelamente, è importante adottare procedure di accoglienza che includano l’accompagnamento dei visitatori durante il loro percorso all’interno degli ambienti lavorativi, insieme ad eventuali briefing iniziali sulle norme di sicurezza da rispettare.

La segnaletica rappresenta un altro elemento cruciale: l’installazione di cartelli di avvertimento nei punti critici, come in prossimità di macchinari in funzione o in zone pericolose, può prevenire situazioni di rischio. Segnali visivi e acustici possono essere utilizzati per attirare l’attenzione su situazioni di potenziale pericolo.

La formazione e l’informazione svolgono un ruolo essenziale. I dipendenti devono essere sensibilizzati sull’importanza di segnalare la presenza di estranei non autorizzati, mentre ai visitatori devono essere fornite indicazioni chiare sui comportamenti da adottare per garantire la propria sicurezza: a questo scopo ricoprono un importante ruolo le planimetrie di emergenza e le procedure semplificate di gestione dell’emergenza, affisse nelle varie zone dell’ambiente di lavoro.

Si ricorda, infine, che l’accesso di fornitori esterni nel luogo di lavoro, in regime di appalto, prevede l’iter di gestione sancito dall’articolo 26, che obbliga i Datori di Lavoro della Società committente ed appaltatrice ad informarsi reciprocamente sui rischi introdotti dall’interferenza lavorativa. Nella maggior parte dei casi, tale scambio si formalizza nella redazione del DUVRI (Documento unico di valutazione rischi da interferenze).

Conclusioni

La responsabilità in caso di infortunio di una persona estranea nel luogo di lavoro è una questione complessa che richiede il rispetto della normativa vigente e l’adozione di misure preventive adeguate.

I datori di lavoro devono essere consapevoli che la tutela della sicurezza riguarda tutti, indipendentemente dal loro ruolo o rapporto contrattuale con l’azienda.

Una corretta gestione dei rischi non solo riduce la probabilità di incidenti, ma protegge l’azienda da possibili conseguenze legali e reputazionali.

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Data articolo: Wed, 05 Feb 2025 16:14:12 +0000
News n. 8
Dati Biometrici dei lavoratori: quando e come è possibile utilizzarli

L’utilizzo dei dati biometrici ha subito un aumento esponenziale negli ultimi anni, complice la diffusione di sistemi di riconoscimento che utilizzano tali dati per approvare procedure di accesso, registrare presenze, e altre finalità simili. Tuttavia, l’implementazione di tali tecnologie in ambito lavorativo è soggetto ad alcune importanti limitazioni e questioni legate alla privacy e alla protezione dei dati personali dei dipendenti.

Indice

Cosa sono i dati biometrici?

La definizione di dati biometrici è presente all’interno del Regolamento Generale sulla Protezione dei Dati 2016/679 (GDPR), che li definisce come i “dati personali ottenuti da un trattamento tecnico specifico relativi alle caratteristiche fisiche, fisiologiche o comportamentali di una persona fisica che ne consentono o confermano l’identificazione univoca, quali l’immagine facciale o i dati dattiloscopici“. Quindi esempi comuni includono impronte digitali, scansione dell’iride, riconoscimento facciale.

Normativa vigente sull’uso dei dati biometrici in ambito lavorativo

Il GDPR, all’articolo 9, vieta in linea generale il trattamento dei dati biometrici, salvo in presenza di specifiche condizioni di liceità, come il consenso esplicito dell’interessato o la necessità di adempiere a obblighi legali. Tuttavia, in ambito lavorativo, il consenso dei dipendenti non è generalmente considerato una base giuridica valida, a causa dello squilibrio di potere tra datore di lavoro e dipendente, che potrebbe compromettere la libertà del consenso, in quanto viene considerato poco probabile che il lavoratore possa negare liberamente il consenso senza ricadere in ripercussioni lavorative. In Italia, l’articolo 2-septies del Codice in materia di protezione dei dati personali (D. Lgs 196/03) stabilisce che il trattamento dei dati biometrici è consentito solo in presenza di specifiche condizioni, come l’assolvimento di obblighi e l’esercizio di diritti in materia di diritto del lavoro, o per motivi di interesse pubblico rilevante, sempre nel rispetto delle garanzie appropriate per i diritti fondamentali degli interessati.

Utilizzo dei dati biometrici per la rilevazione delle presenze

L’uso di sistemi biometrici per la rilevazione delle presenze dei dipendenti è considerato sproporzionato, poiché esistono tecnologie e procedure meno invasive, come i badge o i sistemi di timbratura tradizionali, che possono raggiungere lo stesso scopo senza implicare il trattamento di dati particolari. Il Garante per la protezione dei dati personali ha più volte ribadito che tali pratiche non sono giustificate, a meno che non vi siano obiettive e documentate necessità che rendano indispensabile l’adozione di sistemi biometrici. Neppure la raccolta del consenso può rendere lecito questo trattamento per via di quanto spiegato sopra sulla sproporzionalità tra le parti coinvolte.

Utilizzo dei dati biometrici per l’accesso ad aree sensibili

L’utilizzo di dati biometrici può essere giustificato, in rarissimi casi, per controllare l’accesso a zone particolarmente sensibili. In questi casi, è fondamentale effettuare una valutazione d’impatto sulla protezione dei dati (DPIA) per analizzare i rischi associati e adottare misure adeguate a tutela dei diritti degli interessati.

Obblighi per le aziende che intendono implementare sistemi biometrici

Le aziende che intendono implementare sistemi biometrici devono:

  • Valutare la necessità e proporzionalità: Assicurarsi che l’uso di dati sia indispensabile per le finalità perseguite e che non esistano alternative meno invasive;
  • Condurre una DPIA: Effettuare una valutazione d’impatto per identificare e mitigare i rischi associati al trattamento dei dati biometrici;
  • Informare adeguatamente i dipendenti: Fornire un’informativa dettagliata sul trattamento dei dati, specificando finalità, modalità, tempi di conservazione e diritti degli interessati;
  • Adottare misure di sicurezza appropriate: Implementare misure tecniche e organizzative per proteggere i dati biometrici da accessi non autorizzati, perdita o distruzione;
  • Aggiornare la documentazione: aggiornare il registro dei trattamenti, ove presente, le nomine degli incaricati che avranno accesso ai dati, ed il materiale formativo considerando questi nuovi dati in gestione.

Sanzioni per il trattamento illecito dei dati

Il trattamento non conforme dei dati biometrici può comportare sanzioni significative, che possono raggiungere il 4% del fatturato mondiale annuo dell’impresa. Sono presenti casi recenti di sanzioni nell’ordine delle decine di migliaia di euro per aziende che hanno adottato trattamenti di dati biometrici per la registrazione delle presenze non conformi.

Conclusioni

L’utilizzo dei dati biometrici in ambito aziendale richiede un’attenta valutazione delle normative vigenti e delle implicazioni in termini di privacy. Le aziende devono assicurarsi che tali sistemi siano realmente necessari e proporzionati alle finalità perseguite, adottando tutte le misure necessarie per garantire la protezione dei dati personali dei dipendenti e il rispetto dei loro diritti fondamentali.

Ecloga Itala può supportarti nella valutazione della conformità dei trattamenti di dati svolti nella tua impresa. Contattaci per ulteriori informazioni sul servizio.

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Data articolo: Mon, 27 Jan 2025 07:30:03 +0000

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