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Sicurezza sul lavoro, RSPP, RLS, tecnici della prevenzione, esperti Testo Unico 81/08, consulenti e formatori alla sicurezza

Sicurezza sul lavoro, RSPP, RLS, tecnici della prevenzione, esperti Testo Unico 81/08, consulenti e formatori alla sicurezza

News n. 1
Movimentazione manuale dei carichi (MMC): normativa e valutazione dei rischi

La Movimentazione Manuale dei Carichi (MMC) coinvolge numerose attività lavorative in cui il corpo è sottoposto a sforzi fisici significativi, spesso ripetuti o prolungati nel tempo.

Le operazioni di sollevamento e trasporto manuale di carichi richiedono sforzo fisico significativo e, se non gestite correttamente, possono determinare affaticamento muscolare, posture scorrette e danni all’apparato muscoloscheletrico.

Una corretta valutazione dei rischi e l’adozione di soluzioni ergonomiche sono strumenti fondamentali per prevenire infortuni e patologie professionali legate alla MMC.

Indice

MMC: definizione secondo il D. Lgs 81/2008

La Movimentazione Manuale dei Carichi (MMC), secondo quanto definito dall’articolo 167 del D. Lgs 81/2008, comprende le operazioni di trasporto o di sostegno di un carico ad opera di uno o più lavoratori, comprese le azioni del sollevare, deporre, spingere, tirare, portare o spostare un carico, che, per le loro caratteristiche o in conseguenza delle condizioni ergonomiche sfavorevoli, comportano rischi di patologie da sovraccarico biomeccanico, in particolare dorso-lombari.

In questo contesto rientrano quindi le attivitĂ  di sollevamento e trasporto manuale di carichi.

Campo di applicazione e limiti di carico

Nell’ambito del sollevamento manuale di carichi, la normativa in materia di MMC considera solamente i carichi superiori ai 3 kg e individua limiti di peso raccomandati in relazione alla frequenza di movimentazione e al genere dell’operatore:

  • Uomini adulti: fino a 25 kg per sollevamento frequente.
  • Donne adulte: fino a 15 kg per sollevamento frequente.

Tali limiti sono da considerarsi indicati e relativi solamente ad una movimentazione adeguata del carico, effettuata in condizioni ottimali.

Carichi superiori a questi valori devono essere considerati a rischio critico, richiedendo ausili meccanici o operazioni con piĂą operatori.

Rischi per la Salute nella MMC

La Movimentazione Manuale dei Carichi espone i lavoratori a una serie di rischi che possono manifestarsi sia in modo immediato sia nel tempo.

Tra le problematiche piĂą comuni vi sono i disturbi muscolo-scheletrici, che interessano principalmente la schiena, le spalle, i gomiti e le ginocchia. Tra questi rientrano lombalgie, ernie discali, tendiniti, epicondiliti, borsiti e sindromi da compressione nervosa. Questi disturbi si sviluppano soprattutto quando le operazioni di sollevamento o trasporto vengono effettuate in modo scorretto, con posture errate, carichi troppo pesanti o movimenti ripetuti senza pause adeguate.

Oltre ai rischi cronici, la MMC può comportare eventi acuti come strappi muscolari, distorsioni, contusioni o cadute dovute alla perdita di controllo del carico.

La probabilitĂ  di infortunio aumenta in presenza di condizioni ambientali sfavorevoli, come pavimenti scivolosi o irregolari, spazi di manovra limitati, ostacoli sul percorso, illuminazione insufficiente o temperature e umiditĂ  non ottimali.

Anche il genere, la forma fisica, l’età, la fatica accumulata e la formazione ricevuta influenzano la capacità del lavoratore di gestire carichi in sicurezza

Movimentazione Manuale dei Carichi: la normativa

Il riferimento normativo principale è il Titolo VI del D. Lgs 81/2008, che disciplina la Movimentazione Manuale dei Carichi (MMC).

Gli articoli 167–171 e l’Allegato XXXIII stabiliscono gli obblighi del Datore di Lavoro in materia di movimentazione manuale dei carichi.

Valutazione del rischio MMC

Secondo quanto previsto dagli articoli 18 e 168 del D. Lgs 81/2008, Il Datore di Lavoro, nell’ambito della valutazione dei rischi, deve effettuare una valutazione del rischio da Movimentazione Manuale dei Carichi.

Secondo quanto stabilito dal comma 3 dell’articolo 168 del D. Lgs 81/2008, la valutazione del rischio da MMC deve basarsi su criteri e metodi riconosciuti dalle norme tecniche riconosciute (Norma UNI ISO 11228 – 1 per quanto riguarda il sollevamento e trasporto manuale di carichi).

Nel contesto della valutazione del rischio da MMC, i fattori da considerare sono molteplici:

  • Caratteristiche fisiche del carico: peso elevato, ingombrante, instabile, difficile da afferrare o spostare;
  • Postura e movimenti per la MMC: sollevamento o abbassamento con tronco flesso o ruotato, braccia tese, distanza carico-tronco elevata;
  • Frequenza e durata della movimentazione nel turno di lavoro: compiti ripetuti frequentemente o prolungati nel tempo;
  • Caratteristiche dell’ambiente di lavoro: spazi ristretti, pavimenti irregolari, scarsa illuminazione, microclima sfavorevole;
  • Caratteristiche individuali dei lavoratori: genere, etĂ , forza fisica, stato di salute, mancata formazione adeguata.

Misure di prevenzione e protezione

Le misure preventive previste dal Titolo VI del D. Lgs 81/2008 e la norma tecnica UNI 11228-1 in materia di MMC si articolano in:

  • Misure tecniche: utilizzo di ausili meccanici, progettazione ergonomica, manutenzione delle attrezzature;
  • Misure organizzative: limitazione del peso e durata, rotazione del personale, pianificazione dei percorsi, formazione specifica;
  • Utilizzo di DPI allo scopo di proteggere il lavoratore e facilitare le operazioni di sollevamento e trasporto.

Sorveglianza sanitaria in ambito MMC

La sorveglianza sanitaria è obbligatoria qualora la valutazione del rischio identifichi esposizione significativa al rischio di MMC.

Per il personale esposto il Datore di Lavoro deve quindi prevedere la nomina di un Medico Competente e l’adozione di una procedura di sorveglianza sanitaria conforme a quanto previsto dall’articolo 41del D. Lgs 81/2008.

Nell’ambito della Movimentazione manuale dei carichi, il medico competente valuta lo stato di salute del lavoratore al fine del rilascio del certificato di idoneità del lavoratore, monitorando l’insorgenza di patologie delle strutture osteoarticolari, muscolotendinee e nervovascolari.

Il Medico Competente, nell’ambito della tutela della salute dei lavoratori, collabora con il Datore di Lavoro, il RSPP e il RLS allo svolgimento dell’attività di valutazione dei rischi e all’identificazione delle corrette misure di prevenzione e protezione da adottare.

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Data articolo: Mon, 03 Nov 2025 08:00:48 +0000
News n. 2
Rischi di genere: valutazione e strategie di prevenzione

I rischi connessi alle differenze di genere derivano dalle diverse modalità con cui uomini e donne possono essere esposti ai pericoli lavorativi. Il D. Lgs 81/2008 richiede che la valutazione del rischio consideri tali differenze, comprese molestie e discriminazioni.

Differenze di genere: i rischi connessi

I rischi connessi alle differenze di genere riguardano le diverse modalitĂ  con cui uomini e donne possono essere esposti ai rischi presenti nei luoghi di lavoro e subire effetti differenti sulla salute e sicurezza. Tra i principali ambiti figurano:

  • Rischi ergonomici e biomeccanici: la movimentazione manuale dei carichi, le posture statiche e l’uso prolungato di videoterminali possono avere effetti diversi su uomini e donne, in funzione di differenze fisiche e antropometriche.
  • Rischi da agenti chimici e biologici: alcune sostanze possono influire in modo diverso sulla fertilitĂ , sul ciclo ormonale o sulla gravidanza, richiedendo una specifica sorveglianza sanitaria.
  • Rischi psicosociali: stress lavoro-correlato, burnout, discriminazioni e molestie possono colpire in modo diverso a seconda del genere e del ruolo ricoperto in azienda.
  • Rischi legati all’organizzazione del lavoro: orari prolungati, turni notturni o smartworking possono incidere sulla conciliazione vita-lavoro, con impatti diversi tra uomini e donne.

Valutazione del rischio di genere

La valutazione dei rischi connessi alle differenze di genere è parte integrante del Documento di Valutazione dei Rischi (DVR) previsto dal D. Lgs 81/2008.

L’articolo 28 del Testo Unico, infatti, sancisce che la Valutazione dei Rischi deve riguardare tutti i rischi per la salute e la sicurezza dei lavoratori, prendendo in considerazione le differenze di genere, età e provenienza.

Il Datore di Lavoro, con il supporto del Servizio di Prevenzione e Protezione, del Medico Competente e del Rappresentante dei Lavoratori per la Sicurezza (RLS), deve quindi integrare la prospettiva di genere nella valutazione del rischio, in particolare:

  • Analizzare la composizione della forza lavoro (differenze di genere, etĂ , mansione, tipologia contrattuale);
  • Individuare i rischi presenti che possono avere impatti differenziati in base al genere;
  • Valutare gli effetti sulla salute in relazione a carichi fisici, esposizioni chimiche o fattori organizzativi;
  • Prevedere misure correttive e preventive mirate, inclusi eventuali adattamenti ergonomici e organizzativi;

La valutazione dei rischi di genere, così come stabilito dall’articolo 29 del D. Lgs 81/2008, deve essere aggiornata in caso di modifiche del processo produttivo o della organizzazione del lavoro significative ai fini della salute e sicurezza dei lavoratori, o in relazione al grado di evoluzione della tecnica, in seguito ad infortuni significativi o quando i risultati della sorveglianza sanitaria ne evidenzino la necessità.

Misure di prevenzione e protezione

Il D. Lgs 81/2008 stabilisce che il Datore di Lavoro deve adottare tutte le misure necessarie per eliminare o ridurre i rischi correlati alle differenze di genere tra i lavoratori.

Le misure di prevenzione e protezione devono garantire la sicurezza in modo equo, attraverso interventi mirati su aspetti fisici, organizzativi e formativi.

Le principali misure comprendono:

  • Adeguamento delle postazioni di lavoro in base alle caratteristiche fisiche e antropometriche di uomini e donne.
  • Organizzazione dei turni e orari di lavoro che favorisca l’equilibrio tra vita privata e professionale.
  • Sorveglianza sanitaria specifica, con particolare attenzione agli aspetti riproduttivi e muscolo-scheletrici.

Tali adempimenti rientrano nelle misure generali di tutela previste dall’articolo 15 del D. Lgs 81/2008.

Il rischio molestie

Nell’ambito della valutazione dei rischi connessi alle differenze di genere, il rischio di molestie sul luogo di lavoro rientra a pieno titolo tra i rischi psicosociali da valutare ai sensi del D. Lgs 81/2008.
Le molestie possono manifestarsi attraverso comportamenti verbali, fisici o psicologici, a connotazione sessuale o discriminatoria, che compromettono la dignitĂ  e la salute del lavoratore.

A questo proposito, il Datore di Lavoro è tenuto a:

  • Inserire il rischio molestie nella valutazione dei rischi psicosociali;
  • Adottare procedure di segnalazione e gestione dei casi;
  • Promuovere formazione specifica per dirigenti, preposti e lavoratori sul rispetto reciproco e la prevenzione delle discriminazioni;

La gestione strutturata del rischio di molestie non solo tutela la salute dei lavoratori, ma contribuisce a migliorare il clima organizzativo e la reputazione aziendale.

Certificazione UNI/PdR 125:2022 per la paritĂ  di genere

La UNI/PdR 125:2022 è un’iter di certificazione che supporta le aziende nell’adozione e nella promozione di politiche di paritĂ  di genere all’interno della loro organizzazione.

L’adozione, su base volontaria, di un sistema conforme alla UNI/PdR 125 favorisce un approccio strutturato alla valutazione del rischio di genere, migliorando la prevenzione e la gestione dei comportamenti discriminatori e delle molestie.

Inoltre, consente alle imprese di accedere a incentivi economici e premialitĂ , valorizzando la responsabilitĂ  sociale e la sostenibilitĂ  aziendale in coerenza con il D. Lgs 81/2008 e con gli obiettivi di sviluppo sostenibile.

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Data articolo: Wed, 29 Oct 2025 08:00:44 +0000
News n. 3
Segnaletica di sicurezza: classificazione, normativa e obblighi

La segnaletica di sicurezza è uno strumento indispensabile per prevenire infortuni nei luoghi di lavoro. Serve a richiamare in modo immediato e visibile l’attenzione dei lavoratori su rischi presenti, comportamenti da adottare, divieti, obblighi o indicazioni utili in caso di emergenza. Il suo corretto utilizzo, previsto dalla normativa vigente, è parte integrante delle misure di prevenzione e protezione che il Datore di Lavoro è tenuto a garantire.

Indice

Definizione di segnaletica

La Segnaletica di sicurezza e di salute sul luogo di lavoro viene definita dall’articolo 162 del D. Lgs 81/2008 come “una segnaletica che, riferita ad un oggetto, ad una attività o ad una situazione determinata, fornisce una indicazione o una prescrizione concernente la sicurezza o la salute sul luogo di lavoro, e che utilizza, a seconda dei casi, un cartello, un colore, un segnale luminoso o acustico, una comunicazione verbale o un segnale gestuale.”

La segnaletica di sicurezza è quindi finalizzata ai seguenti scopi:

  • Avvertire di un pericolo o di un rischio le persone esposte;
  • Vietare comportamenti pericolosi;
  • Prescrivere i comportamenti necessari ai fini della sicurezza;
  • Fornire indicazioni relative alle uscite di sicurezza o ai mezzi di soccorso o di salvataggio;
  • Fornire altre indicazioni in materia di prevenzione e sicurezza.

Tipologie di segnaletica

La segnaletica di sicurezza può assumere forme diverse, ciascuna con una funzione specifica, e deve essere scelta e utilizzata in base alla natura del rischio presente, al contesto lavorativo e alla possibilità di percezione da parte dei lavoratori.

L’articolo 162 del D. Lgs 81/2008, in accordo a quanto previsto dall’Allegato XXV e dall’Allegato XXIV, classifica la segnaletica in diverse categorie, che si distinguono per modalità di comunicazione e significato:

  • Segnali di divieto: Impediscono comportamenti che potrebbero generare pericoli per la salute e la sicurezza;
  • Segnali di avvertimento: avvisano della presenza di un pericolo potenziale. Sono triangolari, con bordo nero e fondo giallo;
  • Segnali di prescrizione: Impongono un comportamento obbligatorio, ad esempio l’uso di dispositivi di protezione individuale. Hanno forma circolare, con sfondo blu e simbolo bianco;
  • Segnali di salvataggio o di soccorso: forniscono indicazioni relative a uscite di emergenza, vie di fuga, presidi di primo soccorso o mezzi di salvataggio. Sono di forma rettangolare o quadrata, con sfondo verde e simbolo bianco;
  • Segnali di informazione: trasmettono messaggi generici non classificabili nelle categorie precedenti, come ad esempio istruzioni operative, limiti di carico, o indicazioni direzionali. Anche questi sono rettangolari o quadrati, generalmente a fondo azzurro o bianco.

ModalitĂ  di segnalazione

La segnaletica può essere installata all’interno del luogo di lavoro in diverse modalità, sulla base dei rischi che si intende segnalare. In particolare, gli Allegati XXIV, XXV, XXVI, XXVII del D. Lgs 81/2008 prevedono le seguenti modalità di segnalazione:

  • Cartelli e cartelli supplementari;
  • Simboli o pittogrammi;
  • Segnaletica orizzontale;
  • Segnali luminosi;
  • Segnali acustici;
  • Comunicazioni verbali;
  • Segnali gestuali.

Il Datore di Lavoro, coadiuvato dal RSPP, ha quindi il compito di valutare e scegliere la migliore modalitĂ  di segnalazione coerentemente con le caratteristiche della attivitĂ  lavorativa.

Segnaletica: normativa di riferimento

Il riferimento normativo principale è il Titolo V del D. Lgs 81/2008, , che disciplina l’uso della segnaletica nei luoghi di lavoro.

L’articolo 163 del Testo Unico prevede che se, a seguito della valutazione dei rischi, risultano rischi che non possono essere evitati o sufficientemente limitati con misure, metodi, ovvero sistemi di organizzazione del lavoro, o con mezzi tecnici di protezione collettiva, il Datore di Lavoro fa ricorso alla segnaletica di sicurezza, conformemente agli allegati e XXIV, XXII, XXVIII.

Oltre alla segnaletica prevista dagli Allegati del D. Lgs 81/2008, la normativa prevede inoltre la possibilitĂ  di utilizzo di segnaletiche standardizzate, sancite dalle norme tecniche interazionali, come la UNI EN ISO 7010.

Obblighi del Datore di Lavoro

Il Datore di Lavoro, così come stabilito dall’articolo 163 del D. Lgs 81/2008 è responsabile dell’adozione della segnaletica di sicurezza. I suoi obblighi includono:

  • Effettuare una valutazione dei rischi, in collaborazione con RSPP, Medico Competente ed RLS al fine di valutare la necessitĂ  di prevedere la presenza di segnaletica di sicurezza;
  • Individuare le aree o situazioni in cui la segnaletica è necessaria sulla base della valutazione dei rischi;
  • Installare la segnaletica in modo ben visibile, durevole, conforme alla normativa tecnica e coerente con le condizioni ambientali;
  • Assicurare la manutenzione e l’aggiornamento dei segnali, verificandone periodicamente lo stato;
  • Informare e formare i lavoratori e il RLS sul significato dei segnali e sulle condotte da adottare, così come stabilito dall’articolo 164 del D. Lgs

Sanzioni

Il mancato rispetto delle disposizioni relative alla segnaletica previste dal Titolo V del D. Lgs 81/2008 è considerata una contravvenzione, e può quindi comportare sanzioni penali ai sensi dell’articolo 165 del D. Lgs 81/2008. In particolare:

  • Arresto da tre a sei mesi o ammenda da 3.559,60 a 9.112,57 euro per la mancata installazione della segnaletica laddove necessaria, ai sensi dell’articolo 163 del D. Lgs 81/2008;
  • Arresto da due a quattro mesi o ammenda da 1.067,88 a 5.695,36 euro per la mancata installazione della segnaletica laddove necessaria, ai sensi dell’articolo 163 del D. Lgs 81/2008.

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Data articolo: Wed, 30 Jul 2025 15:26:24 +0000
News n. 4
Chiusura Estiva

Si informa la gentile clientela che i nostri uffici saranno chiusi dal giorno 09 agosto 2025 al 24 agosto 2025.

In caso di urgenze è possibile contattare l’ufficio all’indirizzo e-mail: segreteria@consulentiecloga.it

Ecloga Italia S.p.A. augura a tutti buone vacanze.

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Data articolo: Wed, 30 Jul 2025 12:00:40 +0000
News n. 5
Microclima: definizione, valutazione e gestione del rischio

Il rischio microclimatico riguarda l’effetto delle condizioni ambientali – temperatura, umidità, ventilazione – sulla salute e sicurezza dei lavoratori.

Un microclima sfavorevole può causare discomfort, riduzione delle performance o, nei casi più gravi, danni alla salute. Per questo, la sua valutazione e gestione rappresentano un aspetto fondamentale nella gestione della salute e sicurezza nei luoghi di lavoro.

Indice

Definizione di microclima

Il termine microclima si riferisce all’insieme delle condizioni termoigrometriche che caratterizzano un determinato ambiente di lavoro. La loro combinazione può influenzare l’equilibrio termico dell’organismo umano, e dunque il benessere, le performance e la salute dei lavoratori.

Il rischio microclimatico si manifesta quando queste condizioni escono dai limiti di tolleranza fisiologica, causando un carico termico eccessivo (sia in caldo sia in freddo).

Ambienti moderabili e vincolati

Dal punto di vista microclimatico, ai fini valutativi e gestionali, gli ambienti di lavoro vengono suddivisi nelle seguenti categorie

  • Ambienti moderabili, ossia quelli in cui è possibile raggiungere condizioni di comfort termico agendo sui parametri ambientali;
  • Ambienti vincolati, nei quali non è possibile modificare significativamente le condizioni ambientali o i parametri individuali (es. tute protettive, attivitĂ  fisiche intense), e che quindi richiedono un approccio focalizzato sulla tutela della salute.

Rischi per la salute e la sicurezza dei lavoratori

I rischi per i lavoratori derivanti da un microclima sfavorevole possono variare da semplici disagi a gravi patologie da stress termico. Tra gli effetti piĂą comuni si riscontrano:

  • Disconforto termico: sensazione di caldo o freddo, affaticamento, difficoltĂ  di concentrazione, malessere generale;
  • Rischi acuti: colpo di calore, disidratazione, crampi, congestione, ipotermia, congelamento;
  • Incremento del rischio infortunistico, dovuto alla ridotta prontezza di riflessi, a movimenti piĂą rigidi in condizioni di freddo o a un’eccessiva sudorazione che può compromettere la presa e la stabilitĂ ;
  • Problemi cronici, in caso di esposizione reiterata a condizioni estreme (ad es. artriti, disturbi circolatori, malattie cardiovascolari).

 Le reazioni dell’organismo a tali condizioni dipendono da molteplici fattori: intensità dello sforzo fisico, tipo di abbigliamento indossato, età e stato di salute del lavoratore, oltre ovviamente alla durata e frequenza dell’esposizione.

Obblighi del datore di lavoro

Ai sensi del D. Lgs 81/2008, il Datore di Lavoro è tenuto a valutare tutti i rischi per la salute e la sicurezza dei lavoratori, compreso il rischio microclimatico (art. 28 e art. 181).

Sebbene non vi sia un capo specifico dedicato al microclima, il rischio è inquadrato tra gli agenti fisici del Titolo VIII e soggetto agli obblighi generali di valutazione, prevenzione e protezione.

Il Datore di Lavoro, nello specifico, deve:

  • Effettuare una valutazione specifica del rischio microclimatico, avvalendosi di personale qualificato;
  • Predisporre una relazione tecnica con i dati ambientali e soggettivi rilevati, le misure adottate e quelle programmate;
  • Consultare RLS o lavoratori e informare/formare i dipendenti sui rischi derivanti dal microclima;
  • Adottare misure idonee per eliminare o ridurre il rischio e proteggere i lavoratori.

La valutazione del rischio microclimatico, ricadendo tra quelle legate ai rischi correlati agli agenti fisici, deve essere aggiornata almeno ogni quattro anni o in caso di modifiche significative ai processi, agli impianti o all’organizzazione del lavoro.

ModalitĂ  di valutazione del rischio microclimatico

La valutazione del rischio microclimatico deve tenere conto sia dei parametri ambientali oggettivi, sia delle caratteristiche individuali dei lavoratori. In funzione della natura dell’ambiente, si distinguono due principali approcci:

  • Per ambienti moderabili (es. uffici, scuole, ambienti con impianti HVAC), si utilizza il metodo PMV/PPD (UNI EN ISO 7730), che quantifica il grado di soddisfazione termica dei lavoratori e la percentuale prevista di insoddisfatti;
  • Per ambienti vincolati, si applicano metodi specifici:
    • PHS (Predicted Heat Strain) per ambienti caldi, che valuta il rischio di stress termico da calore;
    • IREQ (Insulation Required) per ambienti freddi, che stima il fabbisogno di isolamento termico dell’abbigliamento.

La valutazione deve essere condotta mediante misurazioni con strumenti tarati, e includere anche l’analisi dei vincoli , come ad esempio l’obbligo di indossare DPI ingombranti, impossibilità effettuare pause e la presenza di sorgenti radianti.

La valutazione deve prendere in considerazione l’eventuale presenza di soggetti sensibili, come lavoratori anziani, persone con patologie e lavoratrici in stato di gravidanza.

Giustificazione del rischio microclimatico

Se la natura e l’entità del rischio microclimatico non richiedono una valutazione approfondita, il Datore di Lavoro può non effettuare la valutazione specifica, così come previsto dal principio di giustificazione sancito dall’art. 181, comma 3 del D. Lgs 81/2008.

In ogni caso, nel Documento di Valutazione dei Rischi deve essere presente un’analisi che motivi questa scelta.

Misure di prevenzione e protezione

Sulla base dei risultati della valutazione, il Datore di Lavoro deve predisporre un insieme coerente di misure di prevenzione e protezione per limitare l’esposizione e mitigare gli effetti del rischio microclimatico. Tali misure includono:

  • Misure tecniche:
    • Climatizzazione, ventilazione o riscaldamento degli ambienti;
    • Barriere termiche, schermature solari, isolamento di fonti di calore/freddo;
    • Miglioramento delle condizioni di aerazione naturale e artificiale.
  • Misure organizzative:
    • Turnazione dei lavoratori, pause in ambienti climatizzati, modulazione dei ritmi di lavoro;
    • Sospensione dell’attivitĂ  nelle ore piĂą calde o fredde;
    • Pianificazione della sorveglianza sanitaria mirata per lavoratori sensibili.
  • Dispositivi di protezione individuale (dpi):
    • Indumenti termici o traspiranti adeguati alle condizioni climatiche;
    • Accessori per la protezione da calore e freddo (cappelli, guanti, occhiali, copricapo isolanti);
    • Ausili per l’idratazione e la protezione dal sole (creme protettive, borracce, ecc.).
  • Formazione e informazione:
    • Sensibilizzazione dei lavoratori sul riconoscimento dei sintomi da stress termico;
    • Procedure di primo intervento in caso di malori;
    • Corretta gestione dell’abbigliamento e dell’idratazione.

Sorveglianza sanitaria

L’articolo 185 del D. Lgs 81/2008 prevede che, in caso di esposizione agli agenti fisici, tra cui il rischio microclimatico, il personale debba essere sottoposto a sorveglianza sanitaria, da parte di un Medico Competente nominato dal Datore di Lavoro.

Sanzioni

La mancata valutazione del rischio microclimatico prevede l’arresto da tre a sei mesi o ammenda da 3.559,60 a 9.112,57 euro, relativa all’inadempienza dell’obbligo di valutazione dei rischi legati agli agenti fisici, sancito dall’articolo 181 del D. Lgs 81/2008.

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Data articolo: Wed, 23 Jul 2025 09:25:45 +0000
News n. 6
Lavoro notturno: orario, rischi e obblighi

Il lavoro notturno è una modalità organizzativa necessaria in molti settori produttivi e dei servizi, nei quali si richiede operatività continuativa nelle 24 ore.

Sebbene sia disciplinato da un quadro normativo articolato, comporta rischi specifici per la salute e la sicurezza dei lavoratori che lo svolgono con regolaritĂ .

Indice

Definizione di lavoro notturno

Il lavoro notturno, ai sensi del D. Lgs 66/2003, è definito come un’attività lavorativa svolta all’interno del periodo notturno, ovvero qualsiasi arco temporale di almeno sette ore consecutive che comprende l’intervallo tra le ore 00:00 e le 05:00.

In questo ambito rientrano, ad esempio, le fasce orarie 22:00–05:00, 23:00–06:00 e 00:00–07:00.

Lavoratore notturno

Per la definizione di Lavoratore notturno occorre far riferimento sia alla definizione canonica di lavoratore, prevista dall’articolo 2 del D. Lgs 81/2008 che dalla definizione fornita dall’articolo 1 del D. Lgs 66/2003.

Il lavoratore è definito, ai sensi dell’art. 2, comma 1, lettera a) del D. Lgs 81/2008 come “la persona che, indipendentemente dalla tipologia contrattuale, svolge un’attività lavorativa nell’ambito dell’organizzazione di un Datore di Lavoro, con o senza retribuzione, anche al solo fine di apprendere un mestiere, un’arte o una professione”.

Per l’inquadramento quale “Lavoratore notturno”, l’articolo 1 del D. Lgs 66/2003 prevede le seguenti casistiche:

  • Lavoratore che svolge almeno tre ore del proprio orario di lavoro giornaliero in modo regolare durante il periodo notturno (lavoratore notturno orizzontale);
  • Lavoratore che svolge, durante il periodo notturno, attivitĂ  per almeno tre ore in almeno 80 giorni lavorativi all’anno, in assenza di disciplina collettiva (lavoratore notturno verticale). Il suddetto limite è riproporzionato per i lavoratori a tempo parziale.

Esenzioni e limitazioni all’obbligo di lavoro notturno

La prestazione notturna è di norma obbligatoria se prevista dal contratto collettivo di appartenenza, tuttavia l’art. 11 del D. Lgs 66/2003 stabilisce che alcune categorie di lavoratori possono legittimamente rifiutare di svolgere lavoro notturno, per motivi legati alla tutela della maternità, della genitorialità o di situazioni familiari particolari. In dettaglio, non sono obbligati a prestare lavoro notturno:

  • Lavoratrici con accertato stato di gravidanza;
  • La lavoratrice madre di un figlio di etĂ  inferiore a 3 anni, oppure, in alternativa, il padre convivente con la stessa;
  • Il genitore unico affidatario di un figlio convivente di etĂ  inferiore a 12 anni;
  • Il genitore adottivo o affidatario di un minore, nei primi tre anni dall’ingresso del minore nel nucleo familiare e comunque non oltre il dodicesimo anno di etĂ ;
  • Il lavoratore o la lavoratrice che abbia a proprio carico un soggetto disabile, come definito dalla Legge 5 febbraio 1992, n. 104.

Tali esenzioni sono riconosciute per legge: il Datore di Lavoro, una volta presa notizia della condizione di esenzione, non può quindi obbligare il lavoratore o la lavoratrice alla prestazione notturna.

Lavoro notturno: lavoratori minorenni

Il lavoro notturno è generalmente vietato ai minori di 18 anni, ai sensi della Legge 17 ottobre 1967, n. 977.

La legge, però, in accordo con i diversi contratti collettivi, prevede alcune deroghe tra cui:

  • AttivitĂ  culturali, artistiche, pubblicitarie o sportive, a condizione che la prestazione non si protragga oltre le ore 24:00;
  • Casi eccezionali di forza maggiore, che impediscano il regolare funzionamento dell’impresa, per adolescenti con almeno 16 anni di etĂ , e solo se:
    • L’attivitĂ  è temporanea e non può essere rinviata;
    • Non siano disponibili lavoratori adulti;
    • Venga garantito un periodo di riposo compensativo equivalente entro tre settimane.

Tali attività, così come le attività lavorative diurne effettuate da lavoratori minorenni, devono essere sottoposte ad una specifica valutazione dei rischi per i lavoratori minorenni, firmata da un genitore/tutore, secondo l’iter previsto dal D. Lgs 81/2008 e dalla Legge 17 ottobre 1967, n. 977.

In tali casi, il Datore di Lavoro è obbligato a comunicare tempestivamente alla Direzione provinciale del lavoro i nominativi dei minori, le circostanze di forza maggiore e le ore lavorate.

Rischi per la salute e la sicurezza del lavoratore

Lo svolgimento regolare di attivitĂ  lavorativa durante la notte comporta una serie di alterazioni fisiologiche e psicologiche, derivanti principalmente dalla disorganizzazione del ciclo sonno/veglia e dalla disregolazione del ritmo circadiano.

Quando l’organismo è costretto a lavorare durante le ore fisiologicamente destinate al riposo, viene sottoposto a una forma di stress cronico, che può compromettere l’omeostasi e la capacità di recupero psico-fisico del soggetto.

L’impatto sulla salute dipende dalla frequenza, durata e organizzazione dei turni, nonché dalla capacità individuale di adattamento.

Effetti a breve termine

Nel breve periodo, il lavoro notturno può determinare una serie di sintomi e disturbi funzionali, tra cui:

  • Disturbi del sonno: difficoltĂ  ad addormentarsi durante il giorno, sonno frammentato e non ristoratore, aumento della sonnolenza diurna;
  • Affaticamento cronico: sensazione costante di stanchezza, ridotta capacitĂ  di recupero, calo dell’energia;
  • Problemi gastrointestinali: alterazione dell’appetito, digestione rallentata, senso di nausea, crampi addominali;
  • Riduzione della vigilanza e della reattivitĂ : deficit dell’attenzione, tempi di reazione rallentati, incremento della probabilitĂ  di errore;
  • Malessere generale e stress psico-fisico: irritabilitĂ , apatia, difficoltĂ  relazionali, alterazioni dell’umore.

Questi effetti possono compromettere non solo la salute individuale, ma anche l’efficienza e la sicurezza dell’attività lavorativa, soprattutto in ambienti che richiedono attenzione costante, precisione e prontezza decisionale. Per questo motivo, oltre ai rischi per la salute, l’attività notturna è associata a un aumento del rischio infortunistico, dovuto principalmente alla riduzione della soglia di attenzione e alla stanchezza accumulata. La probabilità di incidenti sul lavoro tende a essere maggiore nella seconda parte del turno notturno, in particolare tra le 2:00 e le 5:00 del mattino, quando le funzioni neurocognitive raggiungono il punto minimo di efficienza fisiologica.

Effetti a lungo termine

L’esposizione protratta nel tempo al lavoro notturno è associata a un incremento significativo del rischio di patologie croniche e degenerative. In particolare:

  • Malattie cardiovascolari: ipertensione arteriosa, aritmie, aterosclerosi e, nei casi piĂą gravi, infarto del miocardio. Il disallineamento tra ritmo biologico e attivitĂ  lavorativa ha un impatto diretto sulla regolazione del sistema cardiocircolatorio;
  • Disturbi metabolici: alterazioni della glicemia, insulino-resistenza, aumento del rischio di sviluppare diabete di tipo 2 e obesitĂ ;
  • Patologie dell’apparato digerente: gastrite cronica, ulcere peptiche, colon irritabile, reflusso gastroesofageo;
  • Effetti sulla sfera psicoaffettiva: depressione, ansia, disturbi dell’umore, isolamento sociale e alterazione del ciclo relazionale familiare;
  • Rischio cancerogeno: secondo la IARC, il lavoro notturno che altera il ritmo circadiano è stato classificato nel Gruppo 2A, ovvero tra gli agenti “probabilmente cancerogeni per l’uomo”. In particolare, sono in corso studi epidemiologici sulla possibile correlazione con tumori della mammella, della prostata e del colon-retto

Obblighi del Datore di Lavoro

Il Datore di Lavoro, in collaborazione con il RSPP ed il Medico Competente, è obbligato a mettere in atto tutte le misure necessarie per assicurare un elevato livello di tutela della salute e della sicurezza dei lavoratori che svolgono attività durante le ore notturne, tenendo conto delle specificità legate a questa particolare modalità di lavoro che può influire negativamente sul benessere fisico e psichico:

  • La valutazione dei rischi specifici con riferimento ai ritmi lavorativi, alla turnazione, all’ambiente e alla durata dell’esposizione, da includere nel Documento di Valutazione dei Rischi;
  • Informazione e formazione dei lavoratori sui rischi legati al lavoro notturno e alle corrette prassi da seguire;
  • La garanzia di pari condizioni operative tra i turni diurni e notturni (illuminazione, DPI, pronto soccorso, cartellonistica, ecc.);
  • Il rispetto del limite massimo di 8 ore di lavoro notturno in media nelle 24 ore, calcolato su base settimanale, salvo diversa disciplina contrattuale;
  • L’adozione di misure organizzative compatibili con i ritmi biologici (pause, turnazione bilanciata, carichi di lavoro contenuti);
  • La comunicazione annuale alla Direzione Provinciale del Lavoro dell’utilizzo di lavoro notturno, qualora non sia previsto dal CCNL, con contestuale informazione alle organizzazioni sindacali.

Obblighi del lavoratore notturno

Il lavoratore notturno, oltre ai diritti di tutela della salute, ha precisi obblighi previsti dal D. Lgs. 81/2008 in materia di salute e sicurezza sul lavoro:

  • Rispettare le disposizioni aziendali in materia di salute e sicurezza;
  • Partecipare alle attivitĂ  di informazione, formazione e addestramento specifico sui rischi del lavoro notturno;
  • Sottoporsi agli accertamenti sanitari obbligatori;
  • Segnalare tempestivamente eventuali sintomi o situazioni soggettive incompatibili con l’orario notturno;
  • Collaborare alla realizzazione delle misure preventive adottate;
  • Utilizzare correttamente le attrezzature e i dispositivi di protezione forniti.

Sorveglianza sanitaria

I lavoratori notturni sono soggetti a sorveglianza sanitaria obbligatoria, ai sensi dell’art. 14 del D. Lgs 66/2003, dell’art. 5 del D. Lgs. 532/1999 e dell’articolo 41 del D. Lgs 81/2008.

Il Datore di Lavoro che prevede, all’interno della propria organizzazione aziendale, è quindi sottoposto all’obbligo di nomina del Medico Competente e all’attivazione della sorveglianza sanitaria.

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Data articolo: Wed, 09 Jul 2025 07:00:18 +0000
News n. 7
Temperature elevate: limitazione dell’orario lavorativo

L’Ordinanza n. 348 del 1° luglio 2025 è stata emanata dalla Regione Lombardia per far fronte ai rischi infortunistici crescenti legati al caldo estivo, e alle relative temperature elevate, a cui sono esposti i lavoratori operanti all’aperto o in ambienti non climatizzati.

Indice

La normativa

L’Ordinanza 348 di Regione Lombardia è un provvedimento contingibile e urgente che introduce nuove restrizioni temporanee legate alle attività che presentano un elevato rischio infortunistico relativo all’esposizione alle temperature elevate ambientali.

L’Ordinanza introduce un divieto di svolgimento dell’attività lavorativa tra le ore 12:30 e le 16:00, nel periodo compreso tra il 2 luglio e il 15 settembre 2025.

Tale obbligo si applica solamente nei giorni considerati a livello di rischio climatico “ALTO” dal sistema Worklimate, consultabile a questo link.

Ambito di applicazione

L’Ordinanza 348 di Regione Lombardia del 01/07/2025 sulla limitazione degli orari di lavoro per via delle temperature elevate si applica ai seguenti settori.:

  • Ai cantieri edili all’aperto;
  • Al settore agricolo e florovivaistico;
  • Alle cave estrattive.

La norma inoltre prevede il rispetto delle Linee di indirizzo per la protezione dei lavoratori dal calore e dalla radiazione solare in tutte le lavorazioni all’aperto e nelle lavorazioni che avvengono in ambienti chiusi non climatizzati, ove le condizioni termiche siano influenzate dalle condizioni meteoclimatiche esterne,

Esenzioni previste dall’Ordinanza

Le limitazioni previste dall’Ordinanza per via delle temperature elevate non si applicano alle seguenti categorie:

  • Pubbliche Amministrazioni
  • Concessionari di pubblico servizio e ai loro appaltatori, limitatamente agli interventi di pubblica utilitĂ , protezione civile o salvaguardia della pubblica incolumitĂ .

L’esenzione può ritenersi valida a condizione che vengano adottate idonee misure organizzative e operative previste dalle Linee guida, e che sia stata effettuata una valutazione del rischio climatico ai sensi del D. Lgs 81/2008.

Sanzioni

La violazione del divieto previsto dall’Ordinanza 348 di Regione Lombardia è punita ai sensi dell’art. 650 del Codice Penale, relativo all’inosservanza dei provvedimenti delle Autorità Competenti, salvo che il fatto non costituisca reato più grave.

La pena prevista dall’articolo 650 del Codice Penale prevede l’arresto fino a tre mesi o un’ammenda fino a 206€.

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Data articolo: Wed, 02 Jul 2025 08:47:37 +0000
News n. 8
Emissioni in atmosfera: autorizzazione degli impianti

Le emissioni in atmosfera rappresentano una delle principali fonti di inquinamento dell’aria derivanti dalle attività industriali e produttive. La tutela della qualità dell’aria è oggi una priorità ambientale che coinvolge in modo diretto le imprese, chiamate a rispettare precisi obblighi autorizzativi e a garantire il contenimento delle sostanze inquinanti prodotte dagli impianti.

Il quadro normativo di riferimento impone alle aziende procedure di autorizzazione che variano in base alla tipologia e alla rilevanza delle emissioni generate.

Indice

Emissione in atmosfera: definizione

Secondo il D. Lgs 152/2006, si definisce emissione in atmosfera qualsiasi sostanza solida, liquida o gassosa immessa nell’aria, proveniente da un impianto o da un’attività produttiva, in grado di alterare le normali condizioni ambientali e costituire un potenziale rischio per la salute umana e per l’ambiente.

Tali sostanze possono essere convogliate (ad esempio tramite camini) o diffuse, e comprendono inquinanti quali polveri, composti organici volatili (COV), ossidi di azoto, solventi e fumi derivanti da processi termici o chimici.

Normativa in materia

La disciplina delle emissioni in atmosfera è contenuta nella Parte Quinta del D.Lgs. 152/2006, che stabilisce le condizioni per il rilascio delle autorizzazioni, le tipologie di impianti soggetti, i valori limite di emissione, i controlli e le sanzioni.

La normativa si applica a tutti gli impianti industriali che producono emissioni in atmosfera, con esclusione di quelli giĂ  soggetti ad Autorizzazione Integrata Ambientale (AIA) o rientranti in normative specifiche (come gli impianti di incenerimento regolati dal D.Lgs. 133/2005).

Emissioni scarsamente rilevanti

Le emissioni scarsamente rilevanti sono quelle che, per la loro entitĂ  e natura, non presentano un impatto significativo sull’ambiente. Le attivitĂ  che rientrano nella casistica delle emissioni scarsamente rilevanti sono quelle definite dall’elenco riportato nell’Allegato IV del D. Lgs 152/2006.

In questi casi, non è necessaria un’autorizzazione, ma è sufficiente una comunicazione al Comune competente circa l’esistenza dell’emissione.

Non sono previsti obblighi di monitoraggio analitico, ma resta comunque necessario il rispetto delle regole generali per la prevenzione dell’inquinamento atmosferico.

Emissioni in deroga

Il regime autorizzativo delle emissioni in deroga, disciplinato dall’art. 272, comma 2 del D. Lgs 152/2006, costituisce una procedura semplificata riservata a specifiche attività a ridotto impatto emissivo, caratterizzate da cicli tecnologici standardizzati e ben definiti, individuate tramite gli allegati tecnici rilasciati dalla Regione di riferimento.

Possono accedervi solo quegli impianti che rispettano integralmente i requisiti tecnici e gestionali previsti dagli allegati tecnici di riferimento, senza possibilitĂ  di deroghe o personalizzazioni.

La richiesta di autorizzazione è preventiva alla messa in esercizio dell’impianto che genera l’emissione e deve essere svolta mediante una comunicazione semplificata corredata da relazione tecnica, effettuata tramite il portale telematico del SUAP territoriale di riferimento.

La validità dell’autorizzazione è di 15 anni, rinnovabile con almeno 45 giorni di anticipo rispetto alla scadenza.

Una volta ottenuta l’autorizzazione e comunicata la data di messa in esercizio e a regime dell’impianto, il gestore è tenuto al rispetto continuo delle prescrizioni tecniche indicate nell’autorizzazione generale.

Nel caso in cui l’allegato tecnico specifico per l’attivitĂ  svolta lo preveda, il gestore è tenuto all’effettuazione di analisi delle emissioni, generalmente con cadenza biennale, volte a verificare il rispetto dei limiti di emissione di legge. Il risultato delle analisi deve essere comunicato agli enti, tramite il portale AUA POINT.

Emissioni ordinarie

Il regime autorizzativo ordinario delle emissioni in atmosfera, disciplinato dall’art. 269 del D. Lgs 152/2006, si applica a tutte le attività che non rientrano nelle categorie escluse (es. impianti soggetti ad AIA, inceneritori, impianti per la difesa nazionale, sfiati adibiti esclusivamente alla sicurezza dei luoghi di lavoro) e che comportano emissioni convogliate potenzialmente rilevanti per l’ambiente e la salute pubblica.

L’autorizzazione è rilasciata dalla Provincia territorialmente competente, previo coinvolgimento degli enti locali e dell’ARPA, attraverso un procedimento che prevede la presentazione di un’istanza corredata da una dettagliata relazione tecnica contenente la descrizione dell’impianto, il ciclo produttivo, le sostanze utilizzate ed emesse, le misure di prevenzione e abbattimento adottate, i punti e le modalitĂ  di emissione, nonchĂ© le misure di autocontrollo.

La procedura istruttoria si svolge in sede di Conferenza di Servizi, durante la quale gli enti coinvolti valutano la conformità dell’impianto ai limiti normativi e alle migliori tecniche disponibili (BAT).

L’autorizzazione, valida per 15 anni, stabilisce valori limite di emissione, modalità e frequenza dei controlli analitici (di norma annuali), eventuali prescrizioni integrative, obblighi di monitoraggio e gestione dei rifiuti derivanti dall’abbattimento.

Anche in questo caso, le analisi devono essere trasmesse agli enti, tramite il portale AUA POINT, solo dopo la prima messa in esercizio, e successivamente conservate presso l’azienda per eventuali verifiche.

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Data articolo: Wed, 28 May 2025 10:30:28 +0000

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