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News contratti e accordi da collettiva.it (CGIL)

News contratti e accordi da collettiva.it (CGIL)

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News n. 1
Immigrazione, la Calabria può essere un modello di accoglienza

"I numeri crescenti di sbarchi sulle coste calabresi e non solo richiedono interventi mirati e strutturati che non vadano a ledere i principi di solidarietà e accoglienza". È questo uno dei punti sollevati e discussi nell'ultimo incontro del Coordinamento regionale Politiche e Immigrazione convocato dalla segretaria Cgil Calabria con delega all'Immigrazione Celeste Logiacco con la partecipazione del segretario generale Cgil Calabria Angelo Sposato.

"Sulle politiche di immigrazione anche le regioni e i comuni possono avere un ruolo fondamentale. Occorre aprire un confronto istituzionale anche in Calabria con Regione, Sindaci, associazioni, per politiche di accoglienza e integrazione. I modelli di Riace, Camini e Acquaformosa, per citarne alcuni, indicano una strada che potrebbe essere diffusa in tutto il Paese. La Calabria può essere un nuovo modello di accoglienza e presto avvieremo una conferenza regionale sull'immigrazione per focalizzare analisi e proposte".

Il coordinamento si oppone fermamente al decreto che prevede il pagamento di una somma di poco meno di cinque mila euro da parte dei migranti per evitare di essere inseriti nei Cpr (Centri di permanenza per i rimpatri). "Come Cgil abbiamo lanciato un appello “Contro il razzismo, per un'Italia accogliente” perché crediamo che per dare piena attuazione alla nostra Carta Costituzionale occorrano interventi profondi per rimuovere le cause di esclusione, di discriminazione e di separazione a danno delle persone migranti".

"Condividiamo le parole di Papa Francesco secondo cui 'chi rischia la vita in mare non invade, cerca accoglienza, cerca vita' e il fenomeno migratorio 'non è un'urgenza momentanea, sempre buona per far divampare propagande allarmiste ma un processo che va governato con sapiente lungimiranza: con una responsabilità europea'".

"Il diritto alla mobilità va garantito, i centri di accoglienza sono in sofferenza, i numeri crescenti di migranti (anche più del doppio rispetto alla capacità delle strutture) non permettono di dare loro adeguate risposte e sostegno. È su questo che il governo dovrebbe lavorare, andando a irrobustire la rete dell'accoglienza e non implementando quella legata ai rimpatri". 

"Chiediamo - spiega il Coordinamento - un profondo processo di riforma della legislazione sull'immigrazione per superare il carattere punitivo e restrittivo che ha caratterizzato la nostra legislazione passata e presente (dalla Legge Bossi-Fini ai tanti decreti legge che hanno ridotto progressivamente lo spazio dei diritti per le persone di origine straniera, alla mancata modifica della legge sull'acquisizione della cittadinanza italiana); investire in termini strutturali nel sistema di accoglienza per richiedenti asilo e rifugiati, inserendolo stabilmente come servizio del sistema nazionale di welfare territoriale; garantire adeguati e strutturali canali di accesso legali per lavoro e per ricerca di lavoro, così come per chiedere protezione; investire su un processo di regolarizzazione che superi le limitazioni dei provvedimenti adottati in questi anni, consentendo a chi è già presente sul territorio nazionale di accedere a una procedura di emersione stabile. Anche questi temi porteremo in piazza il 7 ottobre a Roma, nella grande manifestazione che vedrà la Cgil protestare insieme a oltre cento realtà per la difesa della Costituzione e la sua reale e piena applicazione".

Data articolo: Thu, 28 Sep 2023 09:07:43 GMT
News n. 2
Violenza sulle donne: Cgil, reprimere non basta

“La violenza sulle donne è sì un'emergenza, ma di natura strutturale. I fatti di cronaca rappresentano solo la punta di un fenomeno molto più esteso e profondamente sommerso, che affonda le sue radici nella cultura patriarcale del nostro Paese. Proprio per questo, un approccio esclusivamente penale e repressivo del legislatore rischia di intercettare il fenomeno quando è troppo tardi e solo nelle sue rappresentazioni apicali”. È quanto ha dichiarato oggi Giorgia Fattinnanzi, responsabile delle Politiche di contrasto alla violenza e alle molestie di genere della Cgil nazionale, nell'audizione in Commissione Giustizia della Camera sull'esame delle proposte di legge recanti "Disposizioni per il contrasto della violenza sulle donne e della violenza domestica”. 

“In quest'ottica, nel corso dell'audizione sul ddl dei ministri Roccella, Nordio e Piantedosi – ha affermato la dirigente sindacale – pur esprimendo apprezzamento per le novità introdotte e per gli aggiustamenti al Codice Rosso, abbiamo sottolineato la necessità di un approccio sistemico al fenomeno, così come indicato dalla Convenzione di Istanbul”.  

Il testo integrale dell'audizione Cgil

Data articolo: Thu, 28 Sep 2023 04:52:46 GMT
News n. 3
Migrare diventa reato

Il governo si “accanisce contro chi scappa dalle guerre, dalle persecuzioni e cerca asilo in Europa, contro chi scappa da miseria, devastazioni ambientali e cerca accoglienza trovando invece trattamenti non dignitosi”. La Cgil reagisce così al nuovo decreto Immigrazione e sicurezza, varato dal Consiglio dei ministri in materia di immigrazione che sancisce la linea delle politiche punitive, come afferma la segretaria confederale del sindacato, Maria Grazia Gabrielli.  

Il provvedimento, il quarto in materia di immigrazione nel giro di nove mesi, prevede una serie di strette sulle norme che regolano l'accoglienza dei migranti. A colpire sopra tutte è quella sui minori, con la riduzione delle garanzie: davanti al problema di stabilire se i minori siano davvero tali il governo decide che, se non saranno in possesso di documenti (spesso ne arrivano privi), possono essere sottoposti ad accertamenti medico-scientifici (visite, test antropometrici, radiografie) e, se si scopre che hanno mentito, le autorità possono procedere anche con l'espulsione. 

Non solamente, se i centri di prima accoglienza destinati a ospitare i minori migranti sono saturi, i ragazzi di oltre 16 anni devono essere ospitati nei centri per adulti, anche se in sezioni separate, in una situazione di promiscuità e di assenza dei servizi dedicati. Questo è consentito per tre mesi, ha specificato il ministro dell'Interno, Matteo Piantedosi, al termine del Consiglio dei ministri. Sempre in tema di sovraffollamento dei centri il decreto prevede il raddoppio del numero di persone ospitate rispetto alla capienza ora consentita. E ancora, le nuove norme prevedono l'espulsione immediata per chi ritenuto socialmente pericoloso, anche se in Italia da anni. 

Quindi tocca alle norme sulla richiesta d'asilo, perché il governo ha stabilito che, se il migrante non si presenta in questura il giorno in cui è convocato per formalizzare la domanda, quest'ultima gli viene cancellata e, se si allontana dal centro nel quale è stato collocato, la sospensione dell'esame della richiesta si accorcia da un anno a nove mesi. Questo a fronte del fatto che sono necessari mesi e mesi di attesa per vedere la propria richiesta d'asilo analizzata e che spesso i migranti finiscono per essere sparsi sul territorio e quindi di non venire a immediata conoscenza della convocazione, o di non riuscire a raggiungere tempestivamente la questura. Diviene oltremodo complicato chiedere nuovamente la protezione internazionale, dopo una prima bocciatura, nel caso in cui sia in corso un procedimento di espulsione.

Il governo stanzia quindi alcuni milioni di euro in caso di arrivi massicci di migranti in Italia e per rafforzare i controlli all'interno delle ambasciate e dei consolati sui visti d'ingresso. Si tratta di denaro per l'impiego di agenti di polizia nel 2023 e poi per il periodo compreso tra il 2024 e il 2030 con quote annuali, oltre ad altre risorse per impiegare 400 militari in più nelle stazioni ferroviarie, nell'ambito dell'operazione Strade sicure. 

A fronte di queste misure la segretaria confederale della Cgil afferma che “la questione migratoria ha bisogno di ben altre risposte, a partire da una nuova governance europea, investendo su solidarietà e accoglienza, e dall'accantonare logiche securitarie rappresentate anche dai Centri di permanenza per il rimpatrio, i cosiddetti Cpr. Centri di limitazione delle libertà, in cui i migranti potranno essere trattenuti fino a 18 mesi”. 

“Ignobile e vergognosa”, così Gabrielli definisce inoltre la clausola contenuta nel decreto attuativo del dl Cutro, secondo cui i richiedenti asilo per non essere trattenuti dovranno pagare una somma di circa 5mila euro: “Una misura indegna di un Paese civile”. "Riteniamo sia indispensabile - aggiunge la segretaria confederale - depurare questo tema da tutti gli interessi di campagna elettorale e lavorare per un'equa redistribuzione dei migranti per assicurare così solidarietà e accoglienza”. 

Infine l'appello: “Anche per dire no al razzismo e sì a una società accogliente, il 7 ottobre saremo in piazza a Roma, insieme a oltre 100 associazioni, per una grande manifestazione nazionale”. 

Data articolo: Thu, 28 Sep 2023 04:45:34 GMT
News n. 4
Sulla via maestra per i diritti e le tutele

Online il nuovo numero del Notiziario dell'Inca Cgil dal titolo "Sulla via maestra per i diritti e le tutele" (leggetelo QUI). La rivista del patronato è dedicata alla mobilitazione messa in campo dalla Cgil insieme a più di cento associazioni. "La Via Maestra, Insieme per la Costituzione" culminerà nella manifestazione prevista a Roma per sabato 7 ottobre. All'interno della rivista digitale l'editoriale del presidente dell'Inca, Michele Pagliaro, e gli interventi di esponenti di alcune delle associazioni. Qui di seguito pubblichiamo il testo di una lettera aperta con cui il Notiziario ha scelto di aprire questo numero. La firma è di Pietro, uno studente che ha iniziato da poco il suo ultimo anno di scuola ed esprime ai ministri del governo le sue paure per il futuro.

Carissimi Ministri...

Carissimi Ministri,
Mi chiamo Pietro; la scorsa settimana ho iniziato la scuola. Il mio ultimo primo giorno di scuola. Un primo giorno di scuola come tanti altri, come quelli che già in passato ho affrontato. Tuttavia, quest'anno, la prospettiva con cui inizio il percorso di istruzione è diversa. Inizio il quinto anno delle superiori senza nessuna certezza sul futuro. Come si potrebbe averne? Alla fine di quest'anno io e i miei compagni e le mie compagne di classe saremo chiamati e chiamate alla scelta del nostro percorso post-scolastico, ma ci domandiamo quale possa davvero essere il nostro futuro in un mondo così precario. In un mondo nel quale le diseguaglianze e le disparità continuano a crescere, nel quale noi giovani siamo sempre agli ultimi posti nell'ordine delle priorità; le certezze sul nostro futuro sono troppo poche. Così come lo sono anche quelle sul nostro presente. Come possiamo pensare di essere davvero considerati e considerate se per esercitare un nostro diritto, quello di andare a scuola, dobbiamo continuare a fare fronte ai costi così esorbitanti, tra libri, materiale di corredo, trasporti, viaggi d'istruzione e quant'altro?

Ma non è solo questo il problema; la precarietà è il tema cruciale della nostra generazione. Io non posso, così come non possono i miei coetanei e le mie coetanee, approcciarmi a una scelta così importante come quella su “che cosa voglio fare da grande” sapendo che il mondo in cui vado a inserirmi è un mondo di precarietà e instabilità. È questo il mondo che abbiamo davanti! Un mondo dove la chiarezza su ciò che accadrà è nulla; un mondo dove il lavoro, pur essendo riconosciuto come un diritto, è difficile trovarlo, e si fa poco o nulla per renderlo concreto. O dove, addirittura, ci sono persone che sono sfruttate proprio sul lavoro o che, pur lavorando onestamente, non riescono a sbarcare il lunario. O, ancora, che perdono la propria vita o mettono a repentaglio la propria incolumità mentre svolgono le loro mansioni. A cosa serve tutto questo? Non voglio essere parte di un sistema che mi vuole iperspecializzato; che esige che io sia velocissimo nell'imparare e nell'apprendere, per poi essere sfruttato economicamente e mettere in discussione la mia stessa vita per arrivare a fine mese.

Senza contare il rischio, concreto, che, non appena io sarò pronto per entrare nel mondo del lavoro, mi venga proposta come prima “esperienza professionale” una cosa così sporca come continuano a essere i cosiddetti stage non pagati; altra questione su cui non siamo mai stati ascoltati e ascoltate. Questo sistema è generatore di ansia, di preoccupazione, di disagio. Di un disagio, anche psicologico, che è generazionale: non riguarda la singola persona. Ed è forse la questione psicologica una delle più importanti, una di quelle di cui si dovrebbe parlare di più. Situazioni di malessere psicologico sono diffusissime tra me e la mia generazione, ed è un malessere collettivo che deve essere attenzionato e affrontato con quanta più cura possibile perché, se è il sistema che ce lo causa, è sempre il sistema a doverci aiutare. Questi sono i motivi per cui dico che il primo giorno quest'anno è andato oltre la “normale” tensione generata dalla ripresa delle lezioni. Perché, oltre a essere accompagnato dall'incertezza su come andrà l'anno scolastico, è stato accompagnato anche dalla ben più grande ansia dovuta ai dubbi sul mio futuro. 

Non so cosa farò tra un anno, ma nel frattempo il mio posto è qui, tra i banchi di scuola, recluso in quella zona grigia di speranza e incertezza. Non voglio rassegnarmi a questa prospettiva. Voglio combattere perché si arresti questa deriva. Per questa ragione sarò in piazza a Roma il 7 ottobre insieme alla Cgil e a tante associazioni, che hanno a cuore il benessere di tutti e che vogliono una società più giusta.

Data articolo: Tue, 26 Sep 2023 10:57:51 GMT
News n. 5
Codice Rosso: Cgil, modifiche inutili

Le modifiche al testo del Codice Rosso approvate giovedì 7 settembre rischiano di aggravare il problema della violenza di genere. Il provvedimento dà “la possibilità al procuratore di revocare l'assegnazione di un fascicolo se la donna non viene udita entro i tre giorni successivi alla denuncia”. Per la segretaria confederale Cgil Lara Ghiglione e la responsabile delle Politiche di contrasto alla violenza e alle molestie di genere della Cgil nazionale Giorgia Fattinnanzi, in questo modo si “costringono le donne a rivivere dopo così poche ore la sofferenza della narrazione dei fatti e della denuncia”.

A questo si aggiunge che “affidare il fascicolo a un gip non specializzato sulla violenza di genere può produrre risposte non all'altezza della situazione. Più utile sarebbe stata, piuttosto, un'accelerazione del ddl violenza dei tre ministri, che rafforza la prevenzione”. Il problema della violenza sulle donne, concludono Ghiglione e Fattinnanzi, non si può affrontare solo con un approccio penale, ma serve “formazione degli operatori della giustizia e un piano straordinario di formazione a partire dalle scuole per sconfiggere un fenomeno che è strutturale”.

Data articolo: Fri, 08 Sep 2023 09:08:47 GMT
News n. 6
Quanto consuma l'intelligenza artificiale?

La possibile causa intentata dal New York Times a OpenAI per la violazione del copyright da parte di ChatGPT ha riportato all'attenzione le contraddizioni dell'utilizzo di meccanismi di intelligenza artificiale. Tra queste quello meno esplorato è l'impatto energetico e l'impronta ambientale che l'utilizzo di queste tecnologie comporta.

Quali sono gli elementi da considerare per valutare questi parametri? Di certo l'energia utilizzata per far funzionare il sistema, strettamente connessa alla potenza dell'hardware e poi la quantità di energia utilizzata per “educare” l'algoritmo e quella per alimentare i data center.

Lo sviluppo dell'intelligenza artificiale generativa (AI), quella che è alla base di chatbot come ChatGPT, ossia strumenti in grado di produrre testi o, nelle versioni più evolute, persino opere d'arte, video o musica originali a partire da un testo, necessita di una grande potenza di calcolo. Bisogna tenere conto che la cosiddetta IA generativa utilizza delle architetture che sono basate su reti neurali (modelli matematici composti da neuroni artificiali che si comportano come il cervello umano), dunque prevede milioni di parametri che devono essere addestrati.

Ed è proprio nella fase di addestramento che il consumo di energia è massimo. All'algoritmo devono essere forniti milioni di esempi perché possa imparare e l'utilizzo di grandi numeri di Gpu (unità di elaborazione grafica) richiede un consumo energetico rilevante.Tutto questo rende l'impatto energetico molto forte.

Del resto è noto che l'industria ITC, già negli anni scorsi, ha generato emissioni di carbonio pari a quelle del sistema di aviazione. E tutti sappiamo che l'utilizzo di acqua per raffreddare i data center (secondo uno studio di Nature Google ha utilizzato 15,8 miliardi di litri nel 2021e Microsoft ha dichiarato l'utilizzo di 3,6 miliardi di litri) così come la necessità di metalli rari per costruire i componenti di hardware rendono le nuove tecnologie ad alto impatto ambientale.

Secondo alcune ricerche pare che i data center cinesi siano alimentati per il 73% da elettricità generata dal carbone, il che rende evidente che anche la fonte energetica ha un peso sostanziale sull'impronta ecologica complessiva della tecnologia digitale. L'università del Colorado Riverside e dell'università del Texas di Arlington hanno poi calcolato che l'addestramento di ChatGPT-3 ha consumato 700.000 litri di acqua dolce solo per il raffreddamento del data center. Per avere una idea almeno approssimativa dell'impatto che ciascuno di noi può comportare utilizzando nuove tecnologie è bene sapere che, da quanto si calcola, scambiando solo 20 messaggi con ChatGPT, si consuma mezzo litro di acqua.

Se pensiamo che l'intelligenza artificiale è diventata gradualmente più integrata nelle nostre attività (pensiamo ad  Alexa o Siri o alla navigazione con Google Maps, alla domotica e all'internet delle cose) e sempre più lo sarà e che un sempre maggior numero di aziende utilizza sistemi di intelligenza artificiale, poter misurare l'impatto ambientale di questi meccanismi diventa fondamentale.

Nessuno mette in discussione i vantaggi che le applicazioni di IA possono portare. Sappiamo ad esempio che l'applicazione di meccanismi di IA nel settore petrolifero e del gas è utile per monitorare e migliorare la sicurezza ma anche per aumentare le prestazioni operative e per fornire modelli predittivi. Di sicuro l'uso dell'IA potrebbe migliorare significativamente la gestione delle catene di approvvigionamento.

La trasformazione della rete elettrica in smart grid, distribuite uniformemente a tutti i livelli della filiera elettrica, con i sistemi di IA che permettono di ottimizzare anche i consumi finali degli utenti addestrando la rete e permettendole di interagire con il sistema di produzione in un continuo interscambio di dati, sarà un passo avanti determinante per ottimizzare produzione, distribuzione e consumo di energia

Allo stesso modo la gestione con meccanismi di IA degli impianti di distribuzione dell'acqua per ridurre le perdite e prevenire le rotture è elemento di grande importanza anche dal punto di vista ambientale.

Ma la tecnologia è di per sè stessa fonte di contraddizioni per cui il rischio che si corre è che l'uso dell'IA, come abbiamo detto, sia di sicuro estremamente positivo ma che non si valuti correttamente il fabbisogno energetico di queste tecnologie e la loro impronta ecologica.

Ad oggi non esistono studi completi ed esaustivi sull'impatto ambientale e il consumo energetico dell'IA, in larga parte per la scarsa trasparenza delle aziende nell'indicare i processi e la complessità dei modelli utilizzati, in modo da poter effettuare una valutazione corretta.

Secondo uno studio di Sasha Luccioni (https://arstechnica.com/gadgets/2023/04/generative-ai-is-cool-but-lets-not-forget-its-human-and-environmental-costs/) la complessità di un LLM (un algoritmo deep learning in grado di riconoscere contenuti, di generarli, tradurli e anche prevederli) è determinata dai parametri, cioè dalle connessioni che gli consentono di imparare.

Più sono i parametri maggiore è l'efficacia. Ma quanti sono i parametri utilizzati, ad esempio, per ChatGPT ultima versione? La non trasparenza dei dati impedisce una corretta valutazione. Dunque, mentre in Europa si legifera con l'IA Act, regolamentando l'utilizzo dell'intelligenza artificiale, sarebbe parimenti opportuno, anche ai fini della contrattazione dei nuovi modelli produttivi, che se ne valutasse la sostenibilità ambientale imponendo trasparenza a produttori e utilizzatori, in modo da consentire scelte ragionate e applicazioni che, pur efficientando filiere e consumi, non comportino un saldo finale negativo.

Cinzia Maiolini è segretaria nazionale Filctem Cgil

Data articolo: Sun, 03 Sep 2023 06:04:00 GMT
News n. 7
Educare, non punire

Come affrontare il tema delle sostanze, dei consumi e delle dipendenze a scuola?È l'argomento della Summer School organizzata da Forum droghe e Cnca, che prende avvio il 31 agosto 2023 a Roma presso la Città dell'Altra Economia. Lo stimolo a questa riflessione parte dall'esigenza di un profondo cambiamento delle politiche pubbliche sulle droghe, a partire da una nuova rappresentazione sociale del fenomeno e della figura dei consumatori.

L'obiettivo è superare l'approccio penale sul tema superando, anche, finalmente, la logica della tolleranza zero e del consumo zero, dopo che anni di studi e ricerche hanno dimostrato l'impossibilità di un mondo e di una società completamente senza droghe, che, invece, in varie forme, accompagnano da sempre le diverse culture.

Le politiche proibizioniste hanno provocato molti più danni alle persone di quelli provocati dal consumo: basti pensare alla presenza di persone ristrette in carcere a causa della vigente normativa sulle droghe, la L. 309/90.

Tutti gli anni la Cgil porta il proprio contributo, in termini di contenuto, ai lavori della Summer School. Quest'anno, trattandosi di scuola, è stato chiesto il coinvolgimento anche della categoria, la Flc Cgil, che sarà presente e interverrà ai lavori della tre giorni. Il dibattito evidenzierà il ruolo che la scuola può avere su questo tema, il ruolo che la “comunità educante e democratica” (art. 32 nuovo Ccnl Istruzione e Ricerca 2019/21) può svolgere per creare una cultura diversa, sulle droghe sui consumi e sulle dipendenze in genere.

In queste settimane numerosi fatti di cronaca hanno riportato l'attenzione sull'enorme disagio sociale che sta attraversando il nostro Paese e soprattutto sul disorientamentodelle giovani generazioni. Molti episodi vedono coinvolti giovani adolescenti o post-adolescenti, vittime e carnefici allo stesso tempo, spesso di varie estrazioni sociali e familiari. Nei luoghi comuni che sentiamo spesso la scuola viene evocata come “causa” e/o come “soluzione”, ma nessuno che dica davvero cosa si dovrebbe fare per permettere alla comunità scolastica di svolgere a pieno il proprio ruolo incidendo su queste dinamiche.

Gli episodi che accadono sono di varia natura, ma la matrice comune è rappresentata dal disagio espresso da una intera società in pieno calo demografico, in crisi economica, con forti sbilanciamenti territoriali, dove aumentano le disuguaglianze, e che offre sempre meno opportunità soprattutto ai più giovani, incapace di costruire progetti di sistema che guardino al futuro.

La politica risulta incapace di leggere questa fase, le forze sociali e l'associazionismo cercano di stare accanto alle persone e di disegnare soluzioni. Proprio la buona volontà degli insegnanti, del personale docente ed Ata, spesso copre le carenze e le distorsioni di uno Stato che non investe sulla scuola, sull'istruzione e la formazione, sul futuro dei giovani e quando lo fa, lo fa male: contavamo sugli investimenti del Pnrr che potessero dare quella scossa per rimettere in moto il Paese, ma ad oggi arranchiamo.

Affinché la scuola possa dare risposte, a partire dal tema dei consumi di sostanze, dobbiamo inquadrare il compito che dovrebbe assolvere nella società odierna: non più solo realtà dove si apprendono contenuti ma anche luogo di socialità dove si costruisce la personalità, l'identità del futuro cittadino. La comunità scolastica deve prima di tutto costruire una “relazione educativa” in grado di legare tutti i soggetti presenti al suo interno: in primis gli studenti, poi il personale scolastico, con particolare riferimento ai docenti, le famiglie, le istituzioni e il territorio. È attraverso la relazione che possono cambiare i comportamenti, consolidarsi, diventare stabili e cambiare il volto della società. Oggi organici adeguati, strutture efficienti dovrebbero rispondere a questo obiettivo.

Abbiamo assistito in anni passati e soprattutto in varie scuole superiori all'arrivo delle forze dell'ordine, come risposta al fenomeno del consumo e dello spaccio di sostanze. Tali episodi, oltre a suscitare l'attenzione spesso morbosa e strumentale dei media e dell'opinione pubblica, hanno suscitato un acceso dibattito, tra tutti gli attori coinvolti, sull'utilità o meno di una risposta orientata al solo controllo, se non meramente punitiva. La risposta non può che essere una: educare, non punire. Perché sappiamo che non è vero che ogni consumo porta inevitabilmente alla dipendenza (il famoso tunnel che piace tanto a certe narrazioni) e sappiamo invece quanto sono efficaci interventi di informazione con i giovani. Invece, si continuano a proporre, e preferire, interventi che creano stigma, distanza, isolamento.

Raccogliendo le testimonianze e i vissuti dei ragazzi di alcuni istituti è emerso forte il bisogno di essere ascoltati, coinvolti, nonché la necessità di altre modalità educative e d'intervento meno disciplinanti, ma più partecipate, che tengano conto dei loro vissuti, delle loro esperienze, e dei loro desideri.

Da riflessioni nate dall'incontro di più professionalità e punti di vista, è emersa vivida la necessità di ripensare gli approcci e le relazioni all'interno della scuola, volgendo maggiore attenzione all'acquisizione di competenze come l'autonomia e l'autoregolazione da parte dei ragazzi, anche per quanto riguarda i consumi di sostanze, fin dai primi gradi della scuola dell'obbligo, rendendo essi stessi partecipi e protagonisti: autonomia e responsabilità, per la gestione dello spazio scuola come strada verso la consapevolezza.

Molte evidenze scientifiche, infatti, hanno già da tempo dimostrato come metodi educativi volti al solo controllo e basati su disparitàdipotere (chi decide vs chi ubbidisce), abbiano sovente invece incoraggiato quegli stessi comportamenti su cui volevano intervenire.

Esiste un'alternativa educativa alla disciplina e al controllo, molto più utile e rispettosa di tutte le individualità coinvolte nel processo, in grado di intervenire anche in termini preventivi rispetto all'insorgenza di fenomeni come l'abuso di sostanze, le dipendenze, il bullismo e l'isolamento sociale.

Gli spazi scolastici vanno ripensati così da rappresentare una sorta di “palestra” per le abilità di autonomia, autoregolazione e socializzazione, facilitate dalla presenza di professionalità, anche ulteriori rispetto a quelle già esistenti, con specifiche competenze soprattutto negli spazi non presidiati, come ad esempio quelli durante le ricreazioni.

Possono essere previsti diversi momenti d'incontro con i genitori e con gli insegnanti per attività più specifiche volte a migliorare le modalità relazionali e comunicative, nonché a generalizzare ciò che viene co-costruito nei momenti d'incontro libero negli spazi all'aperto. Si sottolinea infatti l'importanza e la necessità del lavoro di rete che dovrebbe svilupparsi tra scuola e famiglia, condividendo il fine ultimo di agire per il benesseredei ragazzi facilitandone il processo di crescita ed apprendimento.

In tal senso, appare necessario sostenere i genitori nell'acquisizione di strumenti utili per promuovere livelli adeguati di autonomia e di autoconsapevolezza nei propri figli. Una progettualità di questo tipo deve poter contare su un approccio integrato che mutua elementi dall'educazione socio-affettiva, dalla psicologia sociale e dalla psicologia di comunità, avvalendosi di strumenti come il “cooperative learning”, il “problem solving” collaborativo nonché “circle time” e “focus group” volti per esempio a migliorare la competenza emotiva.

Utilizzare specifiche professionalità è utile per effettuare un monitoraggio del lavoro e dei cambiamenti osservati attraverso rendicontazione scritta. L'attivazione di uno sportello psicologico scolastico (per insegnanti, genitori, ragazzi) è considerato un obiettivo necessario e condiviso e dobbiamo dire oramai presente nelle scuole. Osservare i ragazzi durante i momenti di socializzazione, relazionarsi con loro, intervenire, se necessario, qualora si verificassero dei conflitti, utilizzando modalità come la mediazione attiva, il problem solving guidato, analisi delle emozioni proprie ed altrui, possono essere attività a cui dedicare un tempo che oggi l'organizzazione scolastica purtroppo non ha.

Si potranno sviluppare forme di “peer educators” (ragazzi formati per l'affiancamento e il sostegno dei compagni) al fine di sostenere lo sviluppo di una maggiore autonomia e consapevolezza nella comunità scolastica.

Insomma, si tratta di scelte e priorità, si tratta di imboccare, davanti ad un bivio, una strada piuttosto che un'altra: pensiamo che umiliazione, voto in condotta, bocciature, non siano la strada migliore! Anche di tutto questo cercheremo di parlare alla summer school del Forum Droghe.

Data articolo: Thu, 31 Aug 2023 12:22:15 GMT
News n. 8
L'inutile proibizionismo del governo

Il decreto del ministero della salute pubblicato in Gazzetta Ufficiale il 21 agosto di quest'anno revoca la sospensione del decreto emanato nel 2020 dallo stesso ministero, che aveva inserito il cannabidiolo (Cbd) nelle tabelle delle sostanze stupefacenti.

 “Tale sospensione – afferma Denise Amerini responsabile dipendenze e carcere, area Stato sociale e diritti della Cgil nazionale - era stata ottenuta grazie alla mobilitazione delle organizzazioni e delle associazioni della società civile, compresa la Cgil, che da anni sono impegnate sul tema delle sostanze, che ne avevano chiesto il completo ritiro. Giudicammo, allora, quel risultato una prima parziale vittoria, che andava nella direzione delle più recenti affermazioni della medicina e della ricerca scientifica, ma che, soprattutto, non impediva il diritto alla cura per tante persone affette da patologie spesso anche invalidanti”.

Oggi il ministro Schillaci annulla quell'atto di sospensione inserendo il cannabidiolo fra le sostanze stupefacenti: dal 22 settembre questo, nonostante la comprovata assenza di effetti psicoattivi, sarà inserito nella tabella B dei medicinali, secondo il testo unico degli stupefacenti, senza alcuna evidenza scientifica a supporto.

Tutt'altro. Già l'Oms, nelle raccomandazioni all'Onu, aveva chiesto di rimuovere dalle convenzioni questa sostanza perché non psicoattiva, e già altri Paesi europei hanno escluso l'assoggettabilità di medicinali anche ad alta concentrazione di Cbd agli stupefacenti.

Dietro questo provvedimento, oltre agli interessi economici delle grandi aziende farmaceutiche, si legge chiaramente la visione proibizionista, pregiudiziale, dell'attuale governo, basata su una guerra alla droga che parte dal rifiuto ideologico e a prescindere di ogni sostanza, e della canapa in quanto tale.

L'Italia sarà il solo Paese europeo che considera il Cbd e le sue preparazioni ad uso orale come uno stupefacente, determinando anche una situazione complessa da gestire, visto che la Corte di giustizia europea ha stabilito che il Cbd prodotto da uno Stato membro debba poter circolare anche negli altri Stati, proprio perché non è considerato stupefacente.

La revoca arriva, inoltre, in un momento in cui in altri Paesi dell'Unione Europea si sta ragionando per la legalizzazione della cannabis: “Oltre a confermare la politica ultraproibizionista dell'attuale governo, è una ulteriore dimostrazione delle politiche repressive che già si erano evidenziate a partire dal cosiddetto decreto Rave”, aggiunge Daniela Barbaresi segretaria confederale della Cgil. Non a caso già c'è stato chi ha giudicato favorevolmente il provvedimento, affermando esplicitamente che il Cbd è “il cavallo di Troia per promuovere il consumo di cannabis”, visione vecchia e smentita dai fatti, quella che vuol fare della cannabis la porta di accesso a consumi di sostanze sempre più pesanti.

“È evidente come questo sia un passo nella direzione, peraltro esplicitamente dichiarata dal governo, della ‘tolleranza zero'” - conclude Amerini -. In questi giorni si tiene, a Roma, la Summer School sulle droghe, appuntamento annuale promosso da Forum Droghe e Cnca, a cui da sempre la Cgil collabora e contribuisce, dove esperti, operatori, amministratori si confrontano per produrre un pensiero più avanzato e politiche più avanzate: sarà il luogo giusto per affrontare anche questo tema, nello spirito che informa la nostra azione: conoscere, affrontare la realtà fuori dai pregiudizi. Non serve dire no, serve conoscere”.

Data articolo: Thu, 31 Aug 2023 12:22:01 GMT
News n. 9
Libro Vannacci, Cgil: «Parole inaccettabili che disonorano Forze armate»

“Il cambiamento culturale verso principi democratici è purtroppo ancora lontano per alcuni alti vertici militari. Quanto espresso dal generale Roberto Vannacci nel suo libro in relazione a quelle che a suo dire sono ‘dittature delle minoranze', con tutta una serie di volgari insulti tipici degli stereotipi della destra contro donne, omosessuali, ambientalisti, migranti e marxisti, è inaccettabile e indegno per una persona che riveste un ruolo così rilevante negli ambiti delle gerarchie militari”. È quanto dichiarano la segretaria confederale della Cgil, Lara Ghiglione, e il responsabile Politiche per la sicurezza della Cgil nazionale, Fabrizio Spinetti.  

“Bene ha fatto il ministro della Difesa, Guido Crosetto, a prendere immediatamente le distanze dalle dichiarazioni del generale e a valutare la possibilità di procedere con un provvedimento disciplinare”, proseguono i dirigenti sindacali. “Riteniamo che il ministro debba valutare anche la possibilità che il generale Vannacci non permanga nell'attuale incarico”. “Un comportamento censurabile come quello del generale - sostengono - reca solo disonore alle Forze armate e a tutte e tutti coloro che svolgono i propri compiti istituzionali nel pieno rispetto dei valori democratici dello Stato”. Per questo, affermano in conclusione Ghiglione e Spinetti, “monitoreremo che gli impegni assunti dal ministro vengano portati a compimento”. 

Vannacci destituito dall'incarico

"Il generale Vannacci, in data 20 agosto 2023, cessa dall'incarico di Comandante dell'Istituto Geografico Militare. In data 21 agosto è trasferito in forza extra organica al Comfoter Area Territoriale ed è posto a disposizione del Comandante area territoriale per incarichi vari, sede Firenze": è quanto si legge in un provvedimento d'impiego dell'Esercito Italiano sulla vicenda che riguarda Vannacci, dopo le polemiche sollevate sul suo libro. "Il generale Panizzi, mantenendo l'incarico primario di Comandante area territoriale, in data 21 agosto 2023 - prosegue l'informativa interna - assume l'ulteriore incarico di Comandante dell'istituto Geografico Militare".

(Aggiornato il 18 agosto 2023, 15.41)

Data articolo: Fri, 18 Aug 2023 10:14:00 GMT
News n. 10
Tavolo Asilo e Immigrazione: «Fermare la deriva del sistema di accoglienza»

“Profonda preoccupazione per l'ennesima grave crisi del sistema d'accoglienza” e “totale disaccordo con l'approccio emergenziale assunto dal governo che ancora una volta punta a ostacolare il diritto d'asilo e il diritto a una accoglienza dignitosa”. Lo afferma il Tai, Tavolo Asilo e Immigrazione – di cui fa parte anche la Cgil – commentando la recente circolare del 7 agosto del ministero dell'Interno che "ostacola il diritto di asilo e quello all'accoglienza dignitosa" dei migranti. "Facciamo appello al presidente della Repubblica, al governo, alle istituzioni italiane ed europee, ai/alle parlamentari, alla società civile – conclude la nota che si leggere qui in versione integrale – affinché si arresti immediatamente la deriva del sistema dell'accoglienza e l'intervento istituzionale venga riportato dentro il quadro previsto dalle direttive europee e perché non si rinnovi una stagione di ghetti e di produzione di disagio sociale estremo, scaricato sui territori".

 

Data articolo: Fri, 11 Aug 2023 16:20:28 GMT
News n. 11
Cgil Caserta: «Piantedosi sbaglia sulle espulsioni di migranti»

Le dichiarazioni del ministro Piantedosi per la linea dura in materia di espulsione dei migranti non sorprendono la Camera del lavoro di Caserta, perché “in perfetta linea politica con le azioni messe in campo da questo governo sul tema migratorio". In una nota congiunta la segretaria generale e la responsabile dipartimento Politiche dell'immigrazione della Cgil casertana, Sonia Oliviero ed Elena Russo, dichiarano: "Abbiamo ancora bene in mente le immagini immediatamente successive alla strage di Cutro, in cui il ministro, in barba al dolore di centinaia di famiglie e al lutto di una Nazione intera, null'altro ha avuto da dire se non colpevolizzare i morti in mare”.

“In risposta a quella strage – proseguono - il governo ha dato vita al decreto Piantedosi 2, che, convertito poi in legge, non ha fatto altro che creare ulteriore disagio in un tessuto sociale e in comunità già fortemente colpite dai decreti sicurezza del 2018 e dall'arretratezza normativa della legge Bossi-Fini. Come Cgil da subito abbiamo espresso forte contrarietà alle norme contenute nel decreto Piantedosi 2, ben consci che avrebbero colpito lì dove c'era già maggiore vulnerabilità”.

Le due sindacaliste ricordano che “Castel Volturno paga caro il prezzo di queste scelte e il conto diventa ancora più salato per le non scelte, nell'indifferenza di chi avrebbe potuto cambiare le cose e non l'ha fatto": "Non possiamo negare che sia un territorio difficile, ma è una realtà molto distante da quella descritta dal ministro che, accostando la camorra ai migranti, sa bene di alimentare un clima di odio al solo fine propagandistico. Parla di espulsioni dimenticando che si tratta di esseri umani, di persone radicate in una comunità che cerca riscatto, di famiglie e di bambine e bambini che qui sono nati e cresciuti. Parla di lavoratori e lavoratrici, spesso sotto ricatto proprio a causa delle leggi che il suo governo difende".

La Cgil di Caserta esorta Piantedosi a offrire soluzioni per Castel Volturno e "per tutti gli altri territori in cui per decenni i governi hanno ghettizzato i migranti", offrendo "percorsi di integrazione, di inserimento lavorativo, potenziando gli uffici immigrazione delle Questure per far sì che non ci vogliano 10 mesi per rinnovare un permesso di soggiorno o per formalizzare una richiesta di protezione internazionale". Il ministro viene invitato a "lavorare per superare la Bossi-Fini e liberare i migranti dalle maglie dello sfruttamento e del caporalato", a conoscere il lavoro svolto dal sindacato, come tante altre associazioni, sul territorio. "Venisse ad ascoltare le storie di chi ha perso ogni tutela e speranza anche a causa della legge che porta la sua firma - aggiungono -. Riconoscesse i diritti che spettano a migliaia di ragazze e ragazzi nati qui, che parlano unicamente la nostra lingua e conoscono solo la nostra cultura e le nostre tradizioni".

"Lo aspettiamo nel nostro sportello dedicato a Jerry Essan Masslo, rifugiato ucciso dall'odio, a cui il 24 Agosto dedicheremo, come ogni anno nell'anniversario della sua morte - concludono - , una giornata in ricordo della sua vita e del suo lascito, quello che da più di 30 anni ci sprona a stare al fianco dei più vulnerabili, in difesa dei diritti e del lavoro"

Data articolo: Tue, 08 Aug 2023 14:54:00 GMT
News n. 12
Borgo Mezzanone, acqua potabile dopo la protesta

Serbatoi di acqua potabile puntualmente riempiti con le autobotti nella ex pista aeroportuale di Borgo Mezzanone. Cartoline dalla baraccopoli nel Foggiano, dove, finalmente, gli impegni presi dalle autorità iniziano a diventare fatti. L'acqua potabile è essenziale per i migranti che affollano questo cosiddetto insediamento informale, operai agricoli al lavoro nei campi della Capitanata e del Tavoliere - con temperature che spesso superano i quaranta gradi - troppe volte sfruttati e sottopagati.

Una settimana fa c'era stato l'ultimo incontro in Prefettura a Foggia, dopo l'ennesimo presidio della Flai Cgil e dei migranti, proprio in corso Giuseppe Garibaldi. Qualcosa si è mosso, la lotta sta pagando. E adesso il sindacato e gli operai agricoli non nascondono la loro soddisfazione. “Con le temperature così alte l'acqua è preziosa, ne serve tanta, tantissima. C'è bisogno di altri serbatoi”, dice il segretario generale della Flai Cgil Foggia, Giovanni Tarantella, con gioia mista a orgoglio per i passi avanti che si stanno facendo, mentre parla con i ragazzi del ghetto insieme a Michele Chiucchiarello e Maria Palmieri.

“Il prefetto Valiante – ricorda Tarantella – ha preso anche l'impegno ad aprire entro la fine del mese 130 moduli abitativi, in grado di ospitare oltre 400 persone, che in futuro aumenteranno di numero e potranno dare alloggio a più di mille lavoratori. Una prima tappa necessaria per evitare di piangere nuove vittime negli incendi che quasi quotidianamente colpiscono il ghetto di Borgo Mezzanone. Un luogo indegno, che non dovrebbe esistere, perché, la legge 199 contro sfruttamento e caporalato prevede un'accoglienza dignitosa. Le autorità e gli Enti locali si sono comunque impegnati a bonificare nel più breve tempo possibile la baraccopoli”. La lotta paga. 

Data articolo: Tue, 08 Aug 2023 13:26:24 GMT
News n. 13
Cgil, no alla riesumazione del ddl Pillon

La Cgil nazionale lancia l'allarme per la possibilità che venga riesumato il ddl Pillon, il provvedimento affossato nel 2019 e che sembra riaffacciarsi dopo le “gravissime” dichiarazioni attribuite dalla stampa al senatore e presidente della commissione Giustizia della Camera, Angelo Balboni, negli scorsi giorni. 

“Si torna ad affrontare in modo distorto il tema dell'affido dei minori – si legge in una nota del sindacato -. Sarebbe infatti inaccettabile veder riproposto, come avvenuto in altre legislature, un disegno di legge che, dietro il fine fittizio di soddisfare il diritto delle donne a una maggiore libertà e degli uomini a esercitare la genitorialità, usa i minori come strumento di punizione e vendetta nei confronti delle donne”.

La Cgil si mostra quindi fortemente preoccupata rispetto a “una posizione evidentemente ideologica tesa, a prescindere, a ‘dare più spazio ai papà', cancellando la figura del ‘genitore collocatario', con l'obiettivo di attaccare il preminente diritto del minore e la figura in genere più debole economicamente”. Viene quindi contestata quella che è definita un ‘giustificazione pelosa', vale a dire la dichiarata volontà non danneggiare le aspirazioni lavorative delle madri, nascondendo “una riedizione del progetto di legge a prima firma Pillon” e riproponendo l'idea dell'utilizzo dei figli per ‘consumare vendette'.  

Come spiega il sindacato, da parte di chi ripropone i contenuti del vecchio ddl viene avanzata c'è un'allusione che porta in sé “la tristemente nota ‘pas', una sindrome inventata negli Stati Uniti e sempre rigettata dalle scienze psicologiche che, purtroppo, ha dato vita a decine di allontanamenti forzosi dei minori dalle madri, anche nei casi in cui queste ultime erano vittime di violenza domestica”. 

Inoltre “la ventilata rivisitazione dell'istituto della contribuzione economica, svela ancor più le reali intenzioni punitive dell'annunciato ddl. Ancora una volta – sottolinea la Cgil – occorre richiamare l'interesse superiore del minore che va valutato nel singolo caso e non può essere sacrificato a impostazioni ideologiche e vendicative”. Ci sono quindi elementi come pas, bigenitorialità perfetta, annullamento del mantenimento che caratterizzavano anche il precedente disegno di legge a firma Pillon che “è rimasto lettera morta proprio grazie al grande movimento di protesta nato spontaneamente nel nostro Paese di cui il sindacato è stato attore fondamentale”.

La Cgil si dice quindi pronta a fare ancora la sua parte per contrastare un progetto culturale e sostanziale che, afferma, “vuole le donne ridotte al silenzio nel loro ruolo di mogli/madri, per evitare che bambini e bambine diventino un'arma brandita per negare l'autodeterminazione delle donne e il contrasto della violenza domestica”.

Data articolo: Mon, 07 Aug 2023 14:59:27 GMT
News n. 14
La protesta social della Cgil: «Sui diritti non si torna indietro»

È diventata subito virale la protesta lanciata sui social dalle donne della Cgil sotto lo slogan Sì alle tutele/No ai tutori contro l'ingresso nell'ospedale sant'Anna di Torino degli antiabortisti del Movimento per la vita di Rivoli. Da tutta Italia e da tutte le categorie, nel giro di poche ore, sono state postate migliaia di foto con i volti seri, arrabbiati, irremovibili e decisi, delle donne e degli uomini della Cgil che sotto l'hashtag #liberediscegliere contestano l'idea chiaramente paternalistica che le donne che decidono di abortire abbiano bisogno di un “sostegno” per ripensarci. 

Che poi, cosa si intenda per “sostegno” non è spiegato in nessuno degli 11 articoli dell'accordo quasi tutti dedicati a definire il rapporto tra ospedale e associazione, e nel quale si cita solo una generica “vicinanza umana” che affidata agli antiabortisti assume una connotazione a dir poco preoccupante. Non è un caso infatti che l'accordo sia stato promosso e rivendicato dall'assessore regionale alle politiche sociali, Maurizio Marrone di Fratelli d'Italia, già noto al mondo femminista piemontese per avere finanziato con oltre 400 mila euro le associazioni no choice con la convinzione che per aumentare la natalità occorra contrastare il ricorso all'IVG libera e sicura.

Per le Politiche di genere della Cgil che monitorano e contrastano la deriva ultraconservatrice della destra anche italiana contro l'autodeterminazione delle donne, l'accordo torinese è apparso subito la breccia per analoghe misure che il partito della premier potrebbe promuovere in altre regioni e a livello nazionale sulla scia di quanto sta accadendo nel resto del mondo.

Negli Usa nel giugno del 2022 una sentenza della Corte suprema ha cancellato il diritto federale all'aborto libero e sicuro consentendo così agli stati guidati da governatori ultracon di renderlo illegale. In Polonia, dove dal 2021 l'aborto non è più lecito stanno aumentano i casi di donne uccise da setticemie e infezioni perché nessun medico interviene anche se il feto è fortemente malformato o deceduto. In Ungheria lo scorso settembre è entrata in vigore la legge sull'obbligo di far ascoltare il battito fetale alle donne che vogliono interrompere la gravidanza. 

A dispetto delle dichiarazioni della presidente del Consiglio e della ministra Roccella circa il rispetto della legge 194, dopo il caso Torino, cresce il timore che anche l'Italia voglia seguire le orme dei Paesi politicamente affini all'attuale governo. Per questo la Cgil tutta si è subito mobilitata: sui diritti non si torna indietro e le donne devono essere #liberediscegliere.

Esmeralda Rizzi, politiche di genere Cgil nazionale

Data articolo: Fri, 04 Aug 2023 14:46:50 GMT
News n. 15
Borgo Mezzanone, la Flai in piazza con i migranti

“Non ci prenderanno in giro di nuovo”, Won't get fooled again, cantavano i giovani Who in una delle loro canzoni più belle, diventata subito un classico a tal punto da essere scelta, trent'anni dopo, anche come sigla di una famosissima serie tv, Csi. Non ci inganneranno di nuovo, dicono ora i migranti di Borgo Mezzanone, lavoratori agricoli costretti a sopravvivere in una baraccopoli indegna di un paese civile.  Dopo tante promesse a vuoto, possono vedere con i loro occhi le case mobili che sono finalmente arrivate nell'ex pista aeroportuale a pochi chilometri di Foggia. Ma non ci possono entrare, restano chiuse, per responsabilità (o per ignavia) di una politica che, al solito, si trincera dietro mai precisati ‘problemi burocratici'. “Siamo in Europa, in Italia, sembra incredibile che esistano posti del genere.

Nel ghetto, dove ci si chiama per nome

Non è giusto”, dice Muhammed a Giovanni. Ci chiamiamo tutti per nome, una confidenza dettata da un'unità di intenti che rende forti, quando siamo insieme. Giovanni Mininni, il segretario generale della Flai Cgil, è di nuovo al ghetto, con Jean René Bilongo e Giusy Angheloni perché ogni promessa è un debito. E dopo i due incendi a distanza di pochi giorni che hanno distrutto tante baracche all'interno dell'ex pista di Borgo Mezzanone, cancellando documenti e oggetti personali di tanti lavoratori – nonostante le rassicurazioni – non si ha alcuna certezza del trasferimento nei moduli abitativi predisposti dalla Regione per chi, suo malgrado, vive in condizioni precarie e insicure, molti senza più neppure la brandina, il vecchio materasso, il posto dove dormire.

«Siamo pronti per manifestare»

La diffidenza lascia il posto alla consapevolezza che da solo non si salva nessuno. Serigne, Lamine, sono in tanti di fronte alla Casa del popolo della Flai ‘rigorosamente abusiva', come del resto tutto qui, sorta nel ghetto. “Siamo pronti per andare davanti alla Prefettura di Foggia”. Ai problemi dell'oggi si aggiungono le richieste di un domani diverso, un futuro migliore possibile. Solo il caso ha voluto che non si piangessero altre vittime come accaduto in passato, sempre a causa dei continui incendi che si propagano nel ghetto. Siamo a dieci chilometri da Foggia, in una borgata rurale nel comune di Manfredonia, sembra di essere in un altro mondo. “Abbiamo anche il problema degli animali, che fanno cuccioli, sono malati, nessuno ci aiuta”.  Gruppi di cani e gatti, polverosi come tutto qua, si aggirano per il ghetto. Si avvicinano, muovono la coda, chiedono cibo, o forse una carezza.

Lamiere infuocate 

Le altissime temperature rendono ancora più difficile la vita in questo villaggio di fortuna, le lamiere, materiale più diffuso in questo cosiddetto insediamento informale, con il sole diventano incandescenti. Impossibile resistere anche per loro, i migranti operai agricoli, che vengono in genere dall'Africa sub Sahariana. Le case mobili per loro dovevano essere pronte in pochi giorni avevano assicurato le autorità. Invece resteranno chiuse per tutto il mese di agosto, e procede con esasperante lentezza anche l'iter dei progetti che dovrebbe portare al superamento del ghetto, grazie agli oltre 50 milioni di euro assegnati a questo scopo dal programma del Pnrr.

Ecco perché la Cgil e la Flai della Capitanata sono insieme ai lavoratori in sit in di fronte alla Prefettura di Foggia. Uno dopo l'altro Muhammed, Lamine, Serigne, spiegano a Giovanni, Emanuela e Michele tutte le difficoltà di una vita quotidiana quasi impossibile da sostenere. Con permessi di soggiorno che spesso e volentieri restano un miraggio, troppo difficili da ottenere, mentre i caporali come la gramigna infestano il territorio, sempre pronti ad arricchirsi sulle spalle di chi raccoglie frutta, verdura, ortaggi dieci ore al giorno e più.  

L'impegno della Flai, il video su TikTok

La Flai di Foggia, con il segretario Giovanni Tarantella, qui è di casa. Non passa giorno che non venga ad ascoltare i problemi e le denunce di chi, con il suo lavoro, permette alle famiglie italiane di avere sempre cose buone in tavola. Muhammed ha fatto pure un video su TikToK, diventato virale, per invitare i compagni di lavoro a venire davanti alla Prefettura. Vuole ringraziare Emanuela Mitola: “Lei non ci abbandona, non è solo parole ma anche tanti fatti”. Michele Chiuccariello conosce il ghetto talmente bene che potrebbe fare la guida turistica, viste le ore passate ad aiutare i migranti, parlando con le varie aziende dove lavorano e insistendo con le autorità per i permessi di soggiorno. Una bella luna illumina e quasi addolcisce questo posto dimenticato dall'uomo bianco. Nell'aria si sente musica, qualche rudimentale bar offre da bere, ci sono negozietti di vestiti usati e di utensileria varia, hanno organizzato perfino una piccola discoteca per sentirsi più vicini a casa. “Quello è il negozio di Armani”, scherzano indicando una baracca ricolma di magliette, pantaloni, scarpe. “I soldi ci sono questa situazione vergognosa deve essere superata”, assicura Mininni. Purtroppo tutto fa pensare che il segretario generale della Flai Cgil tornerà presto da queste parti, a protestare di fronte alla Prefettura, sempre insieme a tutti loro.

Data articolo: Tue, 01 Aug 2023 11:44:00 GMT
News n. 16
Detenuti, stesso lavoro e stessi diritti

La Cgil è impegnata da tempo per garantire il riconoscimento dei diritti e delle tutele del lavoro per i detenuti che sono impiegati alle dipendenze di datori esterni e, soprattutto, dell'amministrazione penitenziaria. È in questo caso, infatti, che si registrano i problemi maggiori, legati anche alla cronica mancanza di diritti e tutele, a partire da una lettera di assunzione che stabilisca compiti, mansioni, orario, durata del rapporto, inquadramento e retribuzione.

Questo, oltre a non stabilire come per ogni dipendente il quadro entro cui si colloca la prestazione in termini quantitativi e qualitativi, rende più complesso anche garantire le prestazioni assistenziali, quali l'indennità di disoccupazione alla cessazione del rapporto.

Al detenuto devono essere riconosciute tutte le tutele previste per gli individui liberi, perché il lavoro è un diritto delle persone ristrette, e non soltanto un'opportunità, ed è strumento cardine della rieducazione e del reinserimento, che sono il fine assegnato alle pene dalla Costituzione. Costituzione che tutela il lavoro in tutte le sue forme senza fare distinzioni fra lavoratori ristretti e non.

La Cgil è da tempo parte attiva nel promuovere ricorsi laddove l'Inps neghi, cosa che succede con frequenza, tale riconoscimento.

È di pochi giorni fa la sentenza del tribunale di Busto Arsizio che ha accolto il ricorso di una detenuta lavoratrice, assistita dalla Cgil di Milano, e che fa seguito a una precedente decisione, per una vertenza sostenuta sempre dalla Cgil di Milano, del novembre 2021, e a molte altre nel resto del Paese.

La sentenza di Busto Arsizio risponde a una odiosa discriminazione che contrastiamo con determinazione, a maggior ragione dopo che l'Inps, con il messaggio 309/2019, ha instaurato la prassi del mancato riconoscimento della Naspi a detenuti, o ex detenuti, che abbiano svolto lavoro alle dipendenze dell'amministrazione penitenziaria.

Già un anno fa in un'iniziativa pubblica della Cgil nazionale avevamo chiesto all'Inps un impegno concreto per rivedere la posizione espressa con quel messaggio, evidenziando la consistenza delle ragioni per cui diversi giudici hanno dato e ci danno ragione. In quell'occasione erano stati presi alcuni impegni, e prospettate diverse possibilità per delineare possibili soluzioni: a oggi, nonostante ripetute sollecitazioni, ancora nessun passo è stato fatto.

L'articolo 27 della Costituzione dice chiaramente che le pene non devono mai consistere in trattamenti disumani e degradanti, e devono sempre avere un carattere rieducativo e mai afflittivo. Il lavoro è strumento cardine della rieducazione ma, per esserlo davvero, deve perdere ogni connotazione di minore riconoscimento, e stabilire pari dignità e diritti: orario, ferie, retribuzione, contributi, accesso agli ammortizzatori e quindi, il diritto alla Naspi.

Lo stesso ordinamento penitenziario (legge 354/1975) stabilisce che il lavoro è il principale strumento rieducativo, e che, proprio per questo, al detenuto deve essere assicurato un impiego che non abbia carattere afflittivo e che sia remunerato. Dunque deve essere garantito, retribuito e tutelato.

Oggi però su 55 mila detenuti ne lavorano solo 19 mila, praticamente un terzo, e di questi solo uno su dieci lavora per imprese private o cooperative mentre gli altri per l'amministrazione penitenziaria. Ma per questi ultimi, l'assenza delle normali tutele contrattuali, a partire dalla retribuzione contrattualmente prevista, rischia di mettere in discussione anche il progetto inclusivo e di reinserimento sociale.

In questi mesi la Cgil, insieme a decine di realtà associative espressione della società civile, diverse delle quali hanno come riferimento proprio i diritti delle persone ristrette e la qualità della vita in carcere, sta portando avanti con determinazione una mobilitazione in difesa della Costituzione e per la sua piena attuazione, che ci porterà di nuovo in piazza in autunno.

Assume quindi particolare importanza sostenere con forza, come recita l'appello Insieme per la Costituzione “quel modello di democrazia e di società che pone alla base della Repubblica il lavoro, l'uguaglianza di tutte le persone, i diritti civili e sociali fondamentali” come il diritto al lavoro e alla salute, che non possono essere diversamente esigibili a seconda del luogo dove una persona si trova.

Non è un caso che l'articolo 27 della Costituzione sia così chiaro, benché ancora non compiutamente applicato: molti dei nostri padri e delle nostre madri costituenti il carcere l'avevano provato, e sapevano bene di cosa si trattasse.

Daniela Barbaresi, segretaria confederale Cgil

Data articolo: Wed, 26 Jul 2023 13:02:31 GMT
News n. 17
Borgo Mezzanone, la Flai tra le baracche della vergogna

Alla fine a Borgo Mezzanone ci scapperà nuovamente il morto. Una previsione terribile ma realistica, visto i continui incendi che nell'indifferenza generale scoppiano nella grande baraccopoli sorta intorno a un'antica pista aeroportuale a pochi chilometri da Foggia. Nell'inferno del ghetto, pietosamente definito insediamento informale, perché lì sono nate anche botteghe, una moschea, spacci di generi alimentari, perfino meccanici che riparano auto e motorini d'antan, sono costretti a vivere circa 2000 migranti impegnati nella raccolta di frutta, verdura e ortaggi nei vasti campi della Capitanata e del Tavoliere. In una situazione del genere basta poco per far divampare le fiamme e mandare una, due, cinque, dieci baracche in cenere.

Accade d'inverno a causa dei cortocircuiti degli artigianali impianti di riscaldamento, accade d'estate perché basta un attimo, una minima disattenzione, un mozzicone di sigaretta a incendiare le baracche e quello che c'è dentro. Povere cose, indumenti spesso laceri, scarpe vecchie, brandine e materassi logori, ma anche i preziosi documenti senza i quali questi operai agricoli semplicemente tornano ad essere degli ‘invisibili'. Perché senza il permesso di soggiorno non si può fare nulla: né affittare una stanza più decente, né avere un contratto di lavoro, né guidare un mezzo. Eppure nel Pnrr, il piano nazionale di ripresa e resilienza sono previsti finanziamenti per cancellare questi luoghi vergognosi, indegni di un paese come l'Italia, ma la burocrazia, sopratutto la mancanza di volontà politica danno fiato a chi ha e continuerà a speculare sul lavoro e la vita di miglia di esseri umani, ‘colpevoli' solo di essere nati nella parte sbagliata del pianeta.

Dopo l'ennesimo incendio il segretario generale della Flai Cgil, Giovanni Mininni, ha preso un caravan ed ha viaggiato, insieme ad altri dirigenti del sindacato, Jean Renè Bilongo, Silvia Cicerchia, da Roma a Foggia, per rendersi conto di persona di quanto era successo e dare una volta ancora concreta solidarietà ai dannati del ghetto. Lì la Flai Cgil ha organizzato anche una piccola, artigianale Casa del Popolo, allestendo uno sportello diritti per dare assistenza sindacale e legale alle ultime ruote del carro di un macrocosmo capace di esportare generi alimentari per un totale di 55 miliardi annui, ma che spesso e volentieri ‘dimentica', come si fa con la polvere che si mette sotto il tappeto, i suoi operai agricoli. Non se ne dimentica la Flai di Foggia, che con Giovanni Tarantella, Emanuela Mitola, Michele Chiuccariello, Antonio Vocale e Maria Palmieri è ormai un habituè della Prefettura per risolvere i quotidiani problemi burocratici legati al campo e a chi ci vive. Loro conoscono questi ragazzi, ne sono diventati amici, sanno chi sono i datori di lavoro, non abbassano mai la guardia, perché non è consentito. Proprio mentre siamo al campo squilla il cellulare di Tarantella, sette aziende agricole sono state commissariate dalla magistratura dopo casi di intermediazione illecita e sfruttamento dei lavoratori.

“Raccontateci le vostre storie - esorta il segretario di Foggia - ed aiutateci a denunciare i caporali”. I lavoratori fanno capannello, sono incuriositi dall'arrivo di tutti questi ospiti. “Siamo ritornati qui, a Borgo Mezzanone, solamente l'altro ieri c'è stato l'ennesimo incendio - spiega Mininni - le baracche prendono fuoco in continuazione perché sono di cartone, di lamiera quando va bene. In pochissimi riescono a costruire una casa di mattoni. Una situazione incredibile, indecente, che non comprendiamo. In questo ghetto, come lo chiamiamo noi - aggiunge il segretario della Flai - alcuni problemi potevano essere risolti da mesi. Perché ci sono centinaia di moduli abitativi, che sono stati acquistati con i soldi dei contribuenti, e che invece restano inutilizzati. Possiamo vederli dall'altro lato della vecchia pista aeroportuale, dietro questa rete che definisce il perimetro del ghetto, sul terreno dell'ex Cara. Sono stati comprati per accogliere questi lavoratori, eppure restano chiusi, non vengono assegnati alle persone per le quali sono stati destinati. Dalla Prefettura abbiamo avuto la garanzia dell'installazione delle prime 150 case mobili, per una capacità di 400 posti entro una settimana, ne faranno seguito altre 200, per un totale di mille possibili ospiti. Vigileremo perché venga fatto davvero”.

In questo periodo di temperature altissime e di aumento della presenza dei lavoratori è stato anche garantito un presidio dei Vigili del fuoco, con lo studio di percorsi agevolati dentro il villaggio per i mezzi antincendio. “La Flai ha chiesto, per chi ha perso i documenti negli incendi, il rilascio in tempi rapidi di nuovi permessi”, ripete Emanuela con una lista di nomi tra le mani domandando se qualcuno sia rimasto escluso. Una pacca sulla spalla e un sorriso valgono più di mille parole. Il sindacato assicura che non li lascerà soli: se non ci ascolteranno andremo una, due, dieci volte sotto la prefettura.

Dopo il tramonto, a Borgo Mezzanone ci si può muovere a stento, grazie alla poca elettricità ‘conquistata' con allacci di fortuna. Davanti all'artigianale Casa del popolo messa in piedi dalla Flai Cgil, i lavoratori fanno a gara a porre domande a Mininni. La Flai ha faticato per vincere la naturale diffidenza di chi fino ad ora ha preso solo calci in faccia dall'Italia, dovendo per giunta subire la beffa di vedere arrivare le case mobili che però restano chiuse e per ora inutilizzabili. Fra la polvere di questa distesa brulla e rovente, sono polverosi anche i cani e i gatti che hanno trovato la loro cuccia in una vecchia carcassa d'auto, o tra avanzi di materiali edili buttati come in una discarica. Come un mantra, i migranti chiedono di poter avere un permesso di soggiorno per motivi di lavoro. Un'autentica impresa, nelle pieghe di leggi razziste e xenofobe in vigore da più di vent'anni.

Eppure quel pezzo di carta segna il confine tra un'esistenza che può diventare quantomeno dignitosa e l'invisibilità agli occhi del mondo, quella che li consegna a intermediari senza scrupoli, i cosiddetti caporali, e alle pretese di aziende disinvolte che pur di fare profitti non esitano a sfruttare chi contribuisce al loro arricchimento. Di volta in volta i migranti si presentano, dicono come si chiamano, da che paese dell'Africa vengono, raccontano delle loro speranze di poter guadagnare un po' di soldi da poter inviare alle famiglie rimaste a casa, poi indicano le baracche bruciate: non è giusto vivere in queste condizioni, basta un incendio e c'è chi perde tutto. Ogni tanto le voci diventano concitate, in un misto di francese, inglese e italiano elementare chiedono di non essere lasciati soli. È una promessa che Giovanni, come lo chiamano loro, prende in carico. Poi si va a letto, a cercare di dormire qualche ora. Perché alle cinque del mattino suonerà la sveglia e i pomodori da raccogliere non aspettano.    

Data articolo: Sun, 23 Jul 2023 11:04:00 GMT
News n. 18
Borgo Mezzanone, il «ghetto» che brucia nell'indifferenza

Ancora in fumo una parte della baraccopoli di Borgo Mezzanone, in provincia di Foggia, dove trovano rifugio centinaia di migranti e braccianti agricoli stagionali. Una ventina le baracche interessate dall'incendio, che per fortuna non ha causato feriti. Il segretario generale della Flai Cgil, Giovanni Mininni, ha fatto visita all'area interessata dalle fiamme denunciando come questo ennesimo episodio poteva essere evitato e chiedendo soprattutto l'apertura dei nuovi moduli abitativi, limitrofi al campo, destinati ai migranti che potrebbero vivere in condizioni di maggiore sicurezza.

Data articolo: Fri, 21 Jul 2023 19:42:37 GMT
News n. 19
Se protesti ti punisco

Un senso di ostilità verso le azioni di disobbedienza civile, come quelle messe in atto da parte degli attivisti della giustizia climatica, e un chiaro tentativo di criminalizzarle. È questo il portato del disegno di legge di iniziativa governativa in materia di sanzioni per la distruzione e il deturpamento di beni culturali e paesaggistici, licenziato dal Senato e adesso approdato alla Camera, il cosiddetto ddl Eco-vandali. Si tratta di un provvedimento che per come è stato pensato ed elaborato, intende punire condotte che sono già perseguite dal codice penale, aggravando ulteriormente le multe.

Preoccupazioni e perplessità sono state sollevate da Amnesty International Italia, secondo cui nel testo proposto ci sono molte criticità in relazione alle garanzie di libertà di assemblea e protesta assicurate dalla legge italiana e tutelate da strumenti internazionali.

Pesanti sanzioni amministrative

“In pratica, si aggiungono pesanti sanzioni amministrative a figure già previste dall'ordinamento, che si traducono in un forte deterrente alle contestazioni e al dissenso – spiega Mariapaola Boselli, dell'ufficio campagne di Amnesty -, e non solo degli attivisti per la giustizia climatica. Pensato per arginare le loro azioni, se diventerà legge il provvedimento andrà a colpire qualsiasi protesta. In questo modo si ledono diritti giuridicamente tutelati. La protesta, infatti, rientra nel diritto a manifestare sancito dai nostri padri costituenti. Ma se si introducono forti sanzioni, si va a intaccare il diritto di assemblea e si disincentivano gli atti di disobbedienza civile di qualsiasi tipo”.

Da 20 mila a 60 mila euro in alcuni casi, da 10 mila a 40 mila euro in altri, non solo se si distrugge, si disperde o si deteriora un bene culturale o paesaggistico, ma anche se lo si rende non fruibile o lo si usa in modo incompatibile con il suo carattere storico o artistico. Quindi anche srotolare uno striscione di protesta sulla facciata di un edificio storico o salire su un monumento per attirare l'attenzione e fare un'azione dimostrativa potrebbero rientrare in queste ipotesi.

Reclusione e multe nel codice penale

La fattispecie a cui si fa riferimento, per entrare nel dettaglio della norma, è già prevista dal nostro ordinamento, per l'esattezza all'articolo 518-duodecies del codice penale “Distruzione, dispersione, deterioramento, deturpamento, imbrattamento e uso illecito di beni culturali o paesaggistici”, che prevede reclusione e multe.

“Ma nella proposta di legge si tratta anche del semplice imbrattamento – precisa Andrea Ronchi, avvocato e componente della consulta giuridica Cgil -: se si lancia un pugno di fango o si usano coloranti naturali che si disperdono con l'acqua, si rischiano sanzioni fino a 60 mila euro; se salgo su un monumento ed espongo un cartellone la sanzione potrebbe arrivare fino a 20 mila euro. Sono cifre sproporzionate, che colpiscono pesantemente la libertà di manifestare del cittadino. Ma anche le sanzioni minime, che partono da 10 mila euro, sono di ostacolo anche alle mere azioni dimostrative o a quelle simboliche a effetto. Ogni compressione al diritto di manifestare liberamente è sempre molto grave”.

Metodi emergenziali

Possiamo essere d'accordo o meno con i metodi usati nelle loro manifestazioni dagli eco attivisti, condividere o meno le loro iniziative, ma non possiamo condividere un legislatore che tratta queste azioni con metodi e misure di sapore emergenziale: mettere mano in questo modo a norme penali è sempre improvvido.

“Sono pene gigantesche che vanno a colpire direttamente l'attività politica - aggiunge Ronchi -. Il governo vuole imporre un certo tipo di manifestazione in modo assolutamente antidemocratico: alla lunga l'unica modalità di manifestazione che sarà gradita al governo e quindi non sanzionata sarà la manifestazione silenziosa, senza colori, cartelli, fumogeni, che non disturbi la produzione, come per gli scioperi. La precettazione dei ferrovieri della scorsa settimana e questi progetti normativi mi sembrano frutti avvelenati della stessa logica politica”.

Il dissenso è democrazia

Secondo il legale, uno Stato, un governo, un potere costituito se è veramente democratico non deve ostacolare le manifestazioni di dissenso e protesta ma deve favorire la dialettica e la contrapposizione all'interno della società.

“Perché di questo si nutre la democrazia, con un unico limite – dice Ronchi -: l'ordine pubblico costituzionale. Se scendo in piazza mettendolo in pericolo la collettività è giusto che lo Stato intervenga anche con la sanzione penale, ma se vieti o sanzioni in modo abnorme questo tipo di manifestazioni pacifiche e colorate, e se impedisci sempre e comunque l'uso di un bene pubblico artistico per rafforzare le ragioni della mia protesta, restringi e rendi inefficace il mio diritto a manifestare, privando la democrazia della sua principale ragione d'essere: la partecipazione alla cosa pubblica dei cittadini dissenzienti con le politiche del governo”.

Campagna globale

Amnesty sta lavorando a livello globale sul diritto di protesta con una campagna che coinvolge molte sezioni, perché a seguito della pandemia in tanti Paesi si è sviluppata una tendenza a mettere limiti stringenti alle manifestazioni e perché si registra un uso eccessivo della forza.

“Ma le azioni di disobbedienza civile e di dissenso hanno cambiato il mondo, sono il cuore dei processi storici di cambiamento – conclude Boselli -. Poiché lo spirito di questa norma sembra essere proprio quello di limitare le libertà, come il decreto anti-rave varato dal governo Meloni appena insediato, e tenta di criminalizzare l'attivismo, chiediamo alla Camera di fare un passo indietro e di non approvarlo”. 

Data articolo: Fri, 21 Jul 2023 04:20:55 GMT
News n. 20
Il diritto di sciopero è a rischio?

Il diritto di sciopero si è ristretto. Un fenomeno che è si è verificato negli ultimi anni, durante i quali regolamenti e orientamenti hanno messo paletti, stabilito limitazioni, imposto procedure a un diritto costituzionalmente garantito. E la precettazione del ministro delle Infrastrutture Salvini dei lavoratori dei trasporti (Trenitalia e Italo) che (giustamente) volevano scioperare il 13 e 14 luglio per chiedere il rinnovo del contratto è solo la punta di un iceberg più grande e più profondo, che ci dice quanto questo potere in mano al cittadino per affermare le proprie ragioni si sia ridotto, sia stato depotenziato, inibito.

Disciplina rigorosa

Partiamo da un dato di fatto: se confrontiamo la disciplina italiana dell'esercizio del diritto di sciopero nei servizi pubblici essenziali con quella degli altri Paesi europei, la nostra risulta essere tra le più rigorose e severe di tutta l'Unione. Prima di dichiaralo, infatti bisogna rispettare una serie di procedure e passare attraverso un iter complesso.

Iter e procedure

“Prima c'è la procedura di raffreddamento e di conciliazione, poi bisogna consultare l'osservatorio del Mit e verificare che non ci siano astensioni troppo ravvicinate tra loro nello stesso settore – spiega Carmen La Macchia, docente di diritto del lavoro all'università di Messina e consulente legale della Cgil -. Quindi bisogna rispettare gli intervalli obbligatori tra un'astensione e l'altra e infine attenersi anche a una franchigia, cioè ai periodi in cui per legge non si può fermare il servizio. Nel caso del trasporto ferroviario, per esempio, è dal 27 giugno al 4 luglio e dal 27 luglio al 3 settembre. Questo dimostra che abbiamo una regolamentazione molto restrittiva dell'esercizio di sciopero. Se pensiamo a Francia, Germania e Regno Unito dove è permesso scioperare a oltranza! Lo testimoniano le cronache di questi ultimi mesi”.

Tutele per l'utente

Inoltre, da noi il servizio non si azzera del tutto, perché sono garantiti i servizi minimi, che nel ferroviario sono consistenti: trasporto regionale assicurato in due fasce orarie, e treni a lunga percorrenza a copertura di diverse direttrici. Infine, l'astensione a oltranza non è proprio contemplata: nel trasporto è previsto un primo sciopero di 8 ore e un secondo di 24 ore.

Questo vuol dire che nel nostro Paese l'utente è ben garantito, tenendo presente che la legge attuativa del diritto di sciopero nei servizi pubblici, la 146 del 1990, prevede il contemperamento dei diritti costituzionali: il che significa che il cittadino deve sopportare il disagio, secondo il principio dell'equità nella distribuzione dei sacrifici.

Eclissi della Costituzione

“Il diritto di sciopero soffre di gravissime limitazioni, provocate dalla iper regolamentazione ed è per questo che è in pericolo – aggiunge la giurista La Macchia -. Basti pensare all'astensione del personale di Trenitalia e di Italo. Con un contratto fermo da sei anni, ha potuto scioperare una prima volta a febbraio e una seconda volta, a causa delle lungaggini procedurali, soltanto a luglio, quando poi è intervenuta la precettazione di Salvini che ha ridotto le ore. Mi spieghi quale efficacia, quale pressione economica sul datore di lavoro può esercitare un'azione del genere? Qui siamo in presenza di un'eclissi della nostra Costituzione”.

Se prima le proteste dei lavoratori erano ben visibili e le aziende erano davvero messe sotto pressione e quindi disposte a trattare, adesso con l'allungamento del periodo di proclamazione, questo strumento è diventato sempre più blando, meno efficace. Ci sono settori nei quali lo sciopero lo fai o non lo fai è la stessa cosa, non cambia niente, perché non è abbastanza incisivo. 

Commissione poco garantista

Un altro tassello dell'esercizio del diritto di sciopero, che è tutelato sì dalla Costituzione ma è accerchiato da tutti i lati, è la nomina dei nuovi componenti della Commissione di garanzia sull'attuazione della legge sugli scioperi nei servizi pubblici, autorità indipendente istituita dalla 146/90, avvenuta a giugno scorso.

“A parte il fatto che come dice la dottrina dovrebbero essere tutte persone di chiara fama, e non è questo il caso, a quanto ci risulta al momento tre su cinque membri sembrano non possedere i requisiti di competenza e di compatibilità – prosegue La Macchia -, cioè non sono esperti di diritto del lavoro, costituzionale o relazioni industriali. Dico al momento perché a oggi i curriculum non sono stati ancora pubblicati sul sito della Commissione. Una mancanza di trasparenza gravissima, oltre che una violazione di legge”.

Precettazione illegittima

Sulla vicenda della precettazione del personale di Trenitalia e di Italo in sciopero il 13 e 14 luglio scorso, ricostruendo i fatti si scopre che è stata suggerita dalla stessa Commissione di garanzia appena insediata, la ha dimostrato in questo modo di voler esercitare uno strapotere. Senza contare che l'ordinanza del ministro è stata emanata apposta sette ore prima e non 48 ore, come prevede la legge.

“Un'iniziativa, vergognosa, sbagliata e illegittima - ha dichiarato il segretario generale della Filt Cgil Stefano Malorgio, che ha aggiunto: "Le proclamazioni degli scioperi erano a conoscenza del ministero dei Trasporti dall'8 e dal 22 giugno, in questi 34 giorni nulla è stato fatto per evitarli mentre vi era tutto il tempo e la disponibilità per farlo".

E l'interesse generale?

“Abbiamo provato a opporci con una richiesta di sospensiva, come si fa di prassi, ma il giudice ha ritenuto di non accoglierla, considerato che lo sciopero era già iniziato – conclude La Macchia -. Adesso andiamo avanti con il ricorso. Se in passato c'è stato qualche intervento estemporaneo, questo di Salvini è davvero gravissimo perché ha compresso il diritto di sciopero impunemente, utilizzando le leggi strumentalmente”. In fin dei conti, non aveva lo scopo di tutelare l'interesse generale, perché il beneficio collettivo protetto dall'ordinanza proprio non lo abbiamo visto.

Data articolo: Fri, 21 Jul 2023 04:18:06 GMT
News n. 21
Accoglienza e inclusione: la Scuola del popolo nel Fucino

Si sono appena spente le luci dell'Auditorium del Gssi, ma già da subito inizia il vero lavoro. Questo è infatti il lascito alla Camera del lavoro del 2° Forum nazionale della Scuola del popolo tenutosi all'Aquila il 7-8 luglio. Dopo l'analisi di un anno di attività realizzata nelle varie sedi, si è passati ad una proposta di azione concreta, che raccoglie la sfida insita nell'accordo tra la Flai, la Flc e la Cgil nazionale.

Due categorie nazionali e la Cgil si propongono di unire le forze per rendere concreto l'impegno di solidarietà contenuto nell'art. 2 dello Statuto. La sede scelta per la presentazione di questo impegno è stata appunto quella del 2° Forum, piena di suggestioni e di coinvolgimento che ha permesso di illustrare un progetto ambizioso, oggi assolutamente controcorrente ma coerente con lo spirito dei grandi della Cgil: Di Vittorio, Lama, Trentin.

Si chiama P.A.I. Cgil, acronimo che sta a significare Punti di ascolto e inclusione, aperti e gestiti dalla Cgil, dal mondo della Cgil per meglio dire, proprio nei luoghi dove sono presenti comunità di lavoratori stranieri, in questo caso del Marocco, utilizzati nei lavori agricoli. In tempi in cui prevale la competizione a tutti i costi e perdono valore e consistenza le strutture di aggregazione sociale, come affermato da Zygmunt Bauman, la Cgil va contro corrente e apre un luogo fisico di aggregazione e accoglienza dove proporre animazione culturale e solidarietà ai lavoratori stranieri.

I volontari della Flc, della Flai, della Camera del lavoro, con il pieno coinvolgimento dell'intero mondo della Cgil, gestiranno il punto di accoglienza, proponendo tutela sindacale e guidandoli nell'acquisizione dei rudimenti della lingua. Ancora una volta viene ripescata una vecchia idea. Nel 1957 la Rai, infatti, organizzò delle lezioni “televisive” per raggiungere la popolazione sparsa nelle campagne e aiutarla nell'acquisizione della licenza elementare. All'interno di questo progetto, il ministero della Pubblica istruzione organizzò i P.A.T. (Punti di ascolto televisivi) in bar, parrocchie, case del popolo gestiti da un docente che supportava questi gruppi.

Una televisione presente in un luogo fisico e un docente: questa la sintesi del progetto. L'idea viene ripresa integralmente dai P.A.I.: la televisione viene sostituita dalla rete internet e i docenti vengono sostituiti dai volontari del sindacato. L'obiettivo è ambizioso: offrire animazione culturale cercando di creare una contaminazione tra culture. Non si pensa, infatti, ad un concetto “colonialista” della cultura ma, al contrario, si vuole creare uno scambio di conoscenze, valorizzando usanze e competenze dei cittadini stranieri.

Ovviamente questa azione si aprirà al territorio, alle sue agenzie, all'associazionismo ma soprattutto alla Scuola. L'obiettivo è quello infatti di creare le condizioni perché possa svilupparsi un'azione sinergica con i Cpia perché anche questa parte di popolazione possa entrare a pieno titolo nella società che li ospita. La prima sperimentazione, ma si stanno preparando altre esperienze, nascerà a Pescina nel Fucino. Si tratta (mai casualità ebbe così grande fascino) di un luogo simbolico, dove ebbe i natali Ignazio Silone che nelle sue opere spesso parlò della Marsica e della vita dei contadini di quel territorio. Un progetto ricco di significato, quindi, in cui l'animazione culturale è un'azione prettamente politico-sindacale basata sulla solidarietà, valore fondante dello Statuto della Cgil.

Francesco Marrelli, segretario generale della Cgil L'Aquila
Miriam Del Biondo, Flc L'Aquila

Data articolo: Thu, 20 Jul 2023 07:26:34 GMT
News n. 22
Michele Pagliaro confermato presidente Inca Cgil

Questa mattina, 19 luglio, su proposta dell'Assemblea generale della Cgil, Michele Pagliaro è stato confermato per altri quattro anni alla guida dell'Inca. Insieme a lui sono stati votati anche il Collegio di Presidenza - confermati gli attuali componenti, Anna Bilato, Lorella Linda Brusa, Sara Palazzoli e Mauro Soldini - e il Cda del patronato.

Le prime parole di Michele Pagliaro

“Una riconferma importante - ha detto ai microfoni di Collettiva, Michele Pagliaro - che ci spinge a sviluppare un lavoro ancora più incisivo. L'Inca è una straordinaria finestra in Italia e nel mondo, che si occupa di tutela individuale. Continueremo il lavoro collettivo portato avanti in questi anni spesso complicati, difficili, di pandemia, determinati a dare risposte alle esigenze dei cittadini e ai bisogni delle persone”.

Data articolo: Wed, 19 Jul 2023 11:35:21 GMT
News n. 23
I problemi del carcere riguardano la collettività

Nelle carceri italiane ci sono stati 33 suicidi in soli sei mesi. È la conferma di una tendenza in atto che dovrebbe portare a raggiungere le cifre dello scorso anno: 85. L'estate è infatti un periodo molto difficile per chi lo trascorre in una cella, tanto che nell'agosto del 2022 si è registrato un suicidio ogni due giorni. A pesare sono le condizioni dei nostri istituti di pena, ma non solamente. Come sostiene Mauro Palma, Garante nazionale delle persone private della libertà, è necessario prima di tutto intervenire sulla cultura esterna al carcere. 

Palma ci ricorda che stiamo parlando delle persone "più fragili e più deboli", e lo fa citando i due ultimi suicidi: un uomo appena entrato in carcere e una donna, condannata a quattro anni e dieci mesi, alla quale mancava un mese e mezzo alla scarcerazione. “La sensazione – afferma - è di essere in un mondo di cui nessuno si interessa e i detenuti pensano che ne usciranno peggio di quando sono entrati, cioè con lo stigma del carcere. Nel caso della donna, subentra anche la paura del mondo esterno: ‘dopo 4 anni qui dentro, rientrerò nella stessa situazione di prima'. Tutto ciò, più che interrogare il carcere, interroga l'idea che la collettività ha del carcere”. 

Risorse, soprattutto umane 

Gli interrogativi cadono anche sulle risorse, ma non in termini puramente di denaro, bensì “di qualificazione del personale, affinché abbia connotazioni sociali e faccia da mediatore tra interno ed esterno del carcere: non può essere affidato tutto alla polizia penitenziaria, che oltretutto non è preparata per questo compito”. 

Un altro elemento esterno fondamentale, secondo il Garante, è l'assenza dei luoghi di aggregazione, senza i quali la società “manda tutte le contraddizioni a finire nel penale e nel carcere. Ci sono più di 1.500 persone detenute per pene inferiori a un anno, altri 2.700 tra uno e due anni: sono persone che rappresentano povertà e minorità sociale. Alcune di loro non hanno nemmeno casa e quindi non posso usufruire degli arresti domiciliari, a volte non sanno nemmeno cosa potrebbero chiedere proprio per una condizione di minorità culturale. Tutte contraddizioni che dovrebbero essere state intercettate dal territorio, prima e con altri strumenti”, ma così non accade. 

Il carcere come mera punizione 

Mauro Palma ricorda i rudimenti fondamentali, i princìpi che dovrebbero essere scontati per chi di carcere si occupa a ogni livello: "Il diritto penale deve essere la misura estrema per chi ha commesso reati minori, non la prima. I fatti ci dicono che il carcere non potrà fare niente per queste persone, perché il carcere è una macchina complessa. In pochi mesi non si riesce a mettere in campo alcun programma e i detenuti si riconsegneranno al territorio esterno tali e quali a quando sono stati arrestati, in una condizione di solitudine, in situazioni destinate a ripetersi, con grandi probabilità di ritornare dentro. Sarà stata solamente una sottrazione di vita”.

“Anche economicamente è una soluzione sballata – prosegue -. La carcerazione sembra una misura buona per avere consenso politico nell'opinione pubblica: dimostrare che, se una persona sbaglia, la si prende e sbatte dentro. Le difficoltà di una società complessa vengono affrontate espungendole, facendole finire nel penale, nella carcerazione”. 

Circa l'esito delle pressioni dell'associazionismo impegnato su questo fronte, Palma esorta le associazioni stesse a fare rete, a uscire dalla tentazione del protagonismo individuale, perché solamente con un impulso unitario e massiccio si possono ottenere risultati, anche sul fronte della sensibilizzazione dell'opinione pubblica.

Il reato di tortura è intoccabile  

Impossibile non parlare con il Garante nazionale delle persone private della libertà delle violenze emerse nella questura di Verona e dell'intenzione del governo di modificare il reato di tortura. Palma si dice convinto che queste proposte sono destinate a subire una battuta d'arresto in quanto irricevibili. “C'è un segnale fortemente negativo che viene dato: se il giorno stesso in cui vengono alla luce i fatti di Verona, un deputato ed ex sindaco di Verona (Flavio Tosi, ndr) dice ‘cambiamo il reato', siamo davanti a un messaggio di implicita impunità”. 

“A livello sociale – spiega - non si è elaborata fino in fondo la consapevolezza della realtà di chi ha la responsabilità di una persona, della sua restrizione della libertà, e poi esercita violenza su quella stessa persona. L'articolo 13 della Costituzione ci dice che è proibita ogni violenza psichica o fisica sulle persone sottoposte a restrizione di libertà ed è un segnale molto forte che si è stentato a rendere operativo per decenni. Ora che lo è, anche grazie a inchieste e processi, anziché capire come la giurisprudenza possa essere anche un'indicazione culturale per persone che hanno commesso determinate violenze, il messaggio è: state tranquilli che cambiamo la legge. Questa è una grossa responsabilità”. 

Mauro Palma ricorda anche che durante la scorsa legislatura c'era stata una proposta di modifica della Costituzione e del comma che prevede si debba tendere alla rieducazione del condannato con prima firmataria Giorgia Meloni, della quale non si trova invece traccia nella riproposizione della proposta nell'attuale legislatura e questo proprio per l'attuale responsabilità di governo. L' indicazione culturale “rimane però particolarmente grave”. 

“Sono preoccupato – conclude - perché, indipendentemente dallo schieramento politico, sta guadagnando consensi nell'opinione pubblica l'insofferenza nei confronti delle difficoltà e la ricerca di soluzioni sbrigative. Un tempo la complessità era un valore, ora è un fastidio”. 

Data articolo: Sun, 16 Jul 2023 04:30:00 GMT
News n. 24
Fare rete e ascoltare per risolvere i problemi

"Ascoltare, ascoltare". In questa parola il messaggio e la sintesi di una mattinata che ha visto nascere la strana alleanza tra l'ambasciatrice del Lussemburgo in Italia, Michèle Pranchère-Tomassini, e la Flai, la federazione della Cgil che difende i lavoratori dell'agroindustria. In un mondo sempre più globalizzato nel quale lo sfruttamento nel lavoro dei nostri campi subisce l'influenza dei flussi migratori e l'effetto di crisi economiche mondiali, la rete dei contatti di chi vuole cambiare le cose e lottare contro questi fenomeni si deve ampliare e deve raccogliere tutti i soggetti disponibili, per la loro parte, a organizzarsi.

Nasce così l'intenso scambio di obiettivi e di informazioni che si è compiuto tra l'ambasciatrice e la Flai Cgil. "Il nostro dovere di ambasciatori è quello di ascoltare e informare". 

Data articolo: Thu, 13 Jul 2023 07:58:47 GMT
News n. 25
Ci prendiamo cura di te!

Al via la seconda campagna “Ci prendiamo cura di te” promossa dalla Cgil, dai suoi Caaf, dal Patronato Inca e dal Sindacato Pensionati Spi per assicurare tutta l'assistenza possibile quando viene a mancare un familiare. Come per altri eventi della vita, anche in occasione di un evento così doloroso e drammatico quale la perdita di un congiunto, non si è soli e si può essere assistiti rispetto a tutti gli adempimenti di legge. Rivolgendosi ai Caaf Cgil e al Patronato Inca si ha inoltre la garanzia di poter soddisfare i propri bisogni sulla base dei propri diritti, non solo per sé stessi ma anche per il familiare che non c'è più.

A seguito del decesso del coniuge si può aver diritto alla pensione di reversibilità, ai ratei maturati e non riscossi quando il congiunto era pensionato. Se la persona deceduta possedeva patrimoni mobiliari (conti correnti, investimenti) e immobiliari (terreni e fabbricati, aree edificabili) sorge per gli eredi l'obbligo di presentare la dichiarazione di successione e, in presenza di testamento, occorre provvedere alla sua pubblicazione, così come potrebbe essere obbligatorio presentare la dichiarazione dei redditi o pagare l'IMU per conto del deceduto.

Le disposizioni legislative sono numerose e complesse, sia dal punto di vista previdenziale/assistenziale, sia dal punto di vista fiscale e per assolvere agli adempimenti previsti occorre conoscerle e sapersi districare. In questi ultimi anni l'Amministrazione pubblica e l'Inps hanno effettuato molti investimenti nell'ambito delle innovazioni tecnologiche, mettendo a disposizione dei cittadini strumenti per dialogare direttamente con le istituzioni e per promuovere un rapporto diretto con i cittadini.

Mediante lo SPID o la Carta di Identità Elettronica o la Carta Nazionale dei Servizi i cittadini possono accedere alle banche dati dell'amministrazione finanziaria o dell'Inps, hanno la possibilità anche di presentare istanze e domande on line, a patto che si conoscano regole, requisiti, dati e documenti necessari per ottenere quanto spetta. Ma non tutti sono in grado di utilizzare le nuove tecnologie e gli strumenti messi a disposizione, perché non si ha uno smartphone o un pc oppure perché - pur possedendoli - non si è in grado di usarli.

La Cgil, i Caaf, l'Inca e lo Spi sono ben consapevoli che l'innovazione tecnologica e i processi di digitalizzazione sono in continua evoluzione e hanno obiettivi a medio e lungo termine volti a semplificare il rapporto con gli utenti e proprio per questo intendono essere protagonisti del cambiamento con l'impegno di non lasciare indietro nessuno. Non tutti i diritti possono essere riconosciuti con un semplice click e non sempre il fai da te può soddisfare tutti i bisogni delle persone poiché non garantisce automaticamente l'accesso a tutte le prestazioni e/o agevolazioni spettanti. In molte situazioni della vita, l'assistenza e la tutela sono indispensabili per garantire a tutte e tutti ciò di cui hanno bisogno.

 

Data articolo: Wed, 12 Jul 2023 13:23:01 GMT

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