Interpetazione di un racconto popolare siciliano: Tridicinu(Fiabe novelle e racconti popolari siciliani, XXXIII)

di Salvatore La Grassa

TAG: Giuseppe Pitré, Fiabe novelle e racconti popolari siciliani, Francesca Leto, Salvatore Salamone Marino, Patri-drau, Matri-drau, convito cannibalesco, il briccone, il maestro ladro, il tredicesimo mese, il briccone, il fanciullo e l'orco, il nano e l'orco, tempo di congiunzione tra un grande anno lunisolare e il successivo, periodo liminare, classi umili prendono in giro i maggiorenti, orco nel bosco con moglie, orco nel bosco con moglie e figli(in alcune varianti), il furto ai danni dell'orco come prova di valore, imprese assegnate su richiesta dei rivali gelosi o dei fratelli invidiosi, Capodanno, fine e inizio d'anno, uso e consumo di dolcetti tipici di fine autunno e inizio inverno, moglie dell'orco finisce nel forno e la sua carne in tavola, l'orco corre per invitare i parenti e gli amici al convito cannibalesco, Erisittone sradicatore di alberi sacri, Nodey nipote del pope, nei giorni festivi lo spettacolo dei condannati a morte



Conclusioni 3. Il cunto Corvetto del Pentamerone, la supremazia del re, le esecuzioni delle condanne a morte nei giorni festivi

Conclusioni 3. Il cunto Corvetto del Pentamerone, la supremazia del re, le esecuzioni delle condanne a morte nei giorni festivi


Il Basile, nel cunto Corvetto(Pentamerone, III,7), riporta la storia a fatti accaduti qualche secolo prima in Toscana, nel periodo delle ingerenze del Papato nei comuni di Firenze e altre città. Ma sfugge chi possa nascondersi dietro il personaggio della moglie dell'orco, la magna femmina, grande massara, al lavoro un solo giorno dopo aver partorito. Questa donna è uccisa da Corvetto, che la colpisce in testa con la scure al posto di centrare il ceppo. Probabilmente Corvetto uccide la donna perché ha generato un orchetto o un’orchetta. In un altro racconto del Pentamerone(Il ceppo d’oro, V,4) Tuoni-e-lampi, il figlio dell’orca di cui è innamorata Parmetella, dice a Parmetella di buttare nel forno la figlia neonata della sorella della madre, perché tanto era carne di orca (sentenza pari a quella di un giudice-asino, in quanto chi la pronuncia è pure lui figlio di orca, ndr) : allora è meglio punire le donne che si uniscono agli orchi? C’è da aggiungere, per comprendere il gesto di Parmetella, che l’orca, futura suocera, l’aveva mandata presso la sorella per chiederle gli strumenti musicali che servivano per lo sposalizio del figlio Tuoni-e-lampi. Ma con un’altra ambasciata l’orca diceva alla sorella di ammazzare e mettere nel forno la fanciulla che le avrebbe chiesto gli strumenti musicali e di aspettarla per mangiarne insieme le carni a tavola. Parmetella va a trovare la sorella orca della futura suocera orca e quella le chiede di tenere un attimo la neonata, il tempo giusto per prendere di sopra gli strumenti. Nel frattempo, Parmetella getta nel forno la bambina, come gli aveva detto di fare Tuoni-e-lampi.
Altra possibile motivazione per Corvetto di uccidere la magna femmina può essere sottintesa, ovverossia perché il figlio appena nato non era per certo dell’orco. Dico questo perché scrittori come Erodoto, Strabone ed anche Odorico da Pordenone denotarono nei costumi dei popoli che praticavano il cannibalismo anche la promiscuità sessuale e a volte l’andare in giro nudi. L’accusa di promiscuità sessuale fu ribaltata poi sugli ebrei, sui maghi e le streghe e sugli eretici(ibidem, Martina De Febo). Ed in effetti nel cunto Il ceppo d’oro non si fa cenno ai consorti dell’orca e di sua sorella.
Per essere più precisi nel cunto di Corvetto l’orco stava organizzando la festa con i parenti per festeggiare la nascita del figlio; quindi non si tratta sicuramente di un convito cannibalesco, ma questa svolta è possibile che l’abbia data lo stesso Basile. E' infatti possibile che il cunto del Basile abbia una morale rovesciata. Ovvero che Corvetto e il re rappresentino un potere oppressivo che mandava a morte centinaia di persone. Ritornando a Firenze o meglio alla Toscana non si deve dimenticare che in questa regione fu accolto e fu seguito il movimento dei Catari proveniente dalla Francia. In Toscana non ci furono tante condanne a morte come in Francia, ma gli studiosi ne contano moltissime(vedi Eresia e inquisizione in Toscana fra XIII e XIV secolo, tesi di laurea magistrale di Irene Mazzei).
Qualcuno si chiederà il perché in alcune fiabe gli orchi lottano con un personaggio di piccola statura e soccombono ad esso. Bisogna considerare che nelle antiche feste pagane di Capodanno una caratteristica ricorrente era il rovesciamento dell’ordine. Le classi più umili, nei giorni di festa, oppure nel tredicesimo mese, acquisivano il potere e potevano fare scherzi ai maggiorenti. Un esempio eclatante è quello dei Saturnalia di Roma, in cui veniva eletto un re tra le schiere degli schiavi. Quindi il piccolo eroe Tridicinu o il Pollicino del Perrault le suona all’orco. E qui sorge un altro interrogativo. Ma l’orco fa parte dell’autorità, considerato che nei racconti c’è quasi sempre un re? No di certo, secondo un modo di sentire nostro moderno. Però, sotto le sembianze dell’orco ricco potrebbe nascondersi una figura di vassallo del re, vessatore del popolo e dei contadini per le tasse esose loro imposte. Inoltre c’è da considerare che l’orco potrebbe essere il criminale o eretico arrestato e condannato a morte o semplicemente esposto al pubblico ludibrio. Tutti, o quasi tutti, i gruppi politici al potere e sommamente i tiranni e i sovrani assoluti hanno inscenato delle manifestazioni aperte al pubblico in cui venivano eseguite delle condanne a morte. Affinché queste condanne fossero un monito per tutta la popolazione, queste manifestazioni venivano svolte nei giorni festivi in maniera che il popolo potesse accorrere. Il popolo andava a vedere uno spettacolo e intorno c’erano le bancarelle che vendevano dolciumi e frutta secca. Ecco spiegato in parte perché nei racconti trattati si ricordano i dolcetti, le mustacciole, l’uva passa e i fichi secchi. Tridicinu, Tredesìn e il gobbo Tabagnino che trasportano l’orco nella bara possono ricordare sia il condannato portato al patibolo oppure la processione del fantoccio che rappresentava l’anno vecchio e che veniva poi bruciato. Ed in entrambi i casi c’era la festa e la mangiata.

Bancarella del torronaro nella Napoli del XIX secolo

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