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È al vaglio della Camera il disegno di legge contenente la riforma del condominio, introducendo numerose novità in tema di gestione amministrativa e responsabilità economiche. La proposta in discussione introduce requisiti più stringenti per la figura dell’amministratore e rafforza le regole sulla trasparenza dei rendiconti e sulla gestione delle morosità , con effetti diretti su proprietari, inquilini e professionisti del settore.
Al centro del dibattito c’è l’obiettivo di ridurre i contenziosi, migliorare la qualità dell’amministrazione e tutelare i condomini da gestioni opache o poco professionali. La riforma è comunque ancora in fase di discussione e dovrà affrontare il confronto parlamentare. Solo dopo l’eventuale approvazione si conosceranno i tempi di entrata in vigore e le modalità di applicazione delle nuove regole. Vediamo intanto cosa prevede.
Il ddl di riforma del condominio, strutturata in 17 articoli, prevede la creazione di un albo professionale degli amministratori di condominio presso il MIMIT, introducendo anche l’obbligo di acquisire una laurea almeno triennale per poter esercitare la professione. Oltre al divieto dei pagamenti in contanti e l’obbligo di nominare un revisore quando i condomini sono più di 20, la norma prevede anche una nuova gestione dei debiti causati da condomini morosi.
Secondo il disegno di legge, infatti, i creditori nei casi di morosità potranno agire sulle somme disponibili sul conto corrente condominiale e, in via sussidiaria, anche sui beni dei condomini in base alla morosità di ciascuno. È anche consentito agire nei confronti dei condomini in regola con i pagamenti. Cambiano anche le tempistiche per il recupero delle quote non versate, infatti, l’amministratore non dovrà più attivare decreti ingiuntivi entro sei mesi dalla chiusura dell’esercizio ma solo successivamente all’approvazione del rendiconto.
Uno dei punti più discussi della riforma riguarda l’accesso alla professione di amministratore di condominio. La proposta prevede un innalzamento dei requisiti minimi, con l’introduzione dell’obbligo di laurea, affiancata a una formazione specifica e continua. L’intento è quello di qualificare maggiormente una figura che oggi gestisce patrimoni rilevanti, flussi finanziari complessi e rapporti giuridici delicati, spesso senza un percorso formativo strutturato.
Con l’inasprimento delle regole, all’amministratore vengono attribuiti anche maggiori obblighi di vigilanza e intervento, soprattutto in caso di irregolarità nei pagamenti o di gestione non conforme. In parallelo, cresce il rischio di responsabilità professionale: errori nei conti, omissioni nei rendiconti o ritardi nelle azioni contro i morosi potrebbero esporre l’amministratore a contestazioni e richieste di risarcimento.
La riforma interviene anche sulla rendicontazione condominiale, prevedendo schemi più chiari e standardizzati. I bilanci dovranno essere redatti in modo comprensibile, con indicazione dettagliata di entrate e uscite; distinzione netta tra spese ordinarie e straordinarie; tracciabilità dei movimenti sul conto corrente condominiale.
L’obiettivo è rendere più semplice il controllo da parte dei condomini e ridurre le aree grigie che spesso alimentano conflitti e impugnazioni delle delibere.
Uno dei nodi più delicati riguarda la gestione dei condomini morosi. La proposta chiarisce che, in presenza di mancati pagamenti, i fornitori possono rivalersi sull’intero condominio, con la conseguenza che i condomini in regola potrebbero anticipare le quote dei morosi.
Una previsione che rafforza la responsabilità collettiva e spinge verso una gestione più tempestiva del recupero crediti, ma che solleva anche preoccupazioni tra i proprietari virtuosi.
Cambiano le regole per comunicare l’avvio di un secondo lavoro durante la cassa integrazione. La Legge 182/2025 pubblicata in Gazzetta Ufficiale lo scorso 3 dicembre, infatti, introduce una nuova procedura e nuovi adempimenti non solo verso l’INPS ma anche nei confronti del datore di lavoro.
In realtà era già previsto che il lavoratore percettore di cassa integrazione con seconda attività lavorativa avesse l’obbligo di informare INPS, ma adesso un comma aggiuntivo alla normativa in vigore in precedenza introduce la doppia comunicazione relativa allo svolgimento di un secondo lavoro, diretta all’ufficio INPS territorialmente competente e all’azienda per cui svolgeva in primo lavoro e dalla quale è stato messo in CIG (al fine di garantire trasparenza e lealtà verso l’azienda).
Per la precisione, la Legge 182/2025 ha introdotto il comma 2 bis all’articolo 8 del Decreto Legislativo 148/2015 (che disciplina gli ammortizzatori sociali in costanza di rapporto di lavoro) con le seguenti disposizioni:
Il lavoratore che fruisce del trattamento di integrazione salariale deve informare immediatamente il datore di lavoro, che ha richiesto il relativo intervento, di aver intrapreso un’attività lavorativa in relazione alla quale ha provveduto a fornire all’INPS la comunicazione.
In questo modo si evita che l’azienda anticipi un trattamento non spettante per intero.
Per coloro che svolgono lavoro subordinato o autonomo durante il periodo di integrazione salariale, il mancato rispetto dell’adempimento può comportare la decadenza dal diritto di percepire il trattamento.
Illustrate le novità introdotte dal Decreto Legge 159/2025 in materia di Assegno di Incollocabilità , che dal 1° gennaio 2026 estende fino al compimento del 67° anno di età il limite massimo di età per la sua fruizione, adeguando il limite precedente di 65 anni.
Con la circolare n. 55 datata 11 dicembre, l’INAIL ha precisa che la nuova disciplina introduce anche un aggiornamento periodico automatico, nel rispetto del nuovo meccanismo di flessibilità .
L’Assegno di Incollocabilità si colloca tra le prestazioni economiche erogate dall’INAIL e si ottiene su domanda, in base alla propria inabilità certificata non inferiore al 34% per infortuni e malattie fino al 31 dicembre 2006 oppure menomazione dell’integrità psicofisica o danno biologico oltre il 20% per eventi successivi (da confermarsi con la documentazione o visita medica).
E’ riconosciuta ai titolari di rendita INAIL che, a seguito di un infortunio sul lavoro o di una malattia professionale, risultano non più collocabili nel mondo del lavoro (per inabilità permanente). Il beneficio viene corrisposto con cadenza mensile, contestualmente alla rendita. L’importo dell’assegno è pari a 308,23 euro al mese. La prestazione è soggetta a rivalutazione annuale, calcolata sulla base delle variazioni dell’indice ISTAT dei prezzi al consumo.
Trattandosi di una prestazione economica rivalutata periodicamente ed erogata in sostituzione dell’assunzione obbligatoria, l’Assegno di Incollocabilità dovrà infatti adeguarsi agli eventuali prossimi innalzamenti dell’età pensionabile, secondo la regola degli scatti per innalzamento delle aspettative di vita; tale adeguamento avverrà in modo automatico.
Per quanto riguarda i titolari di rendita diretta con assegno già in pagamento che compiono 65 anni dal 1° gennaio 2026, l’adeguamento avverrà d’ufficio e sarà mantenuta la prestazione per gli ulteriori due anni. La nuova disciplina si applica anche ai titolari di rendita diretta che hanno compiuto il 65esimo anno di età anteriormente alla data del 1° gennaio 2026.
Con la circolare INPS n. 153 del 19 dicembre 2025 sono state descritte le operazioni di rinnovo delle pensioni e delle prestazioni assistenziali per il 2026, con l’indicazione dei criteri di rivalutazione, degli importi di riferimento e del calendario dei pagamenti.
Per il 2026 è stato indicato un indice di rivalutazione provvisorio pari a +1,4% dal 1° gennaio 2026, con eventuale conguaglio l’anno successivo. La rivalutazione è stata applicata sul cosiddetto cumulo perequativo e viene attribuita, di regola, dall’anno successivo a quello di decorrenza della pensione.
È stato richiamato il meccanismo di perequazione per fasce, con applicazione dell’indice in misura differenziata in base all’importo complessivo dei trattamenti:
Per il 2026 sono state riportate anche le soglie operative legate al trattamento minimo: fino a 2.413,60 euro (4 volte il minimo) e fino a 3.017,00 euro (5 volte il minimo), con applicazione delle percentuali previste per scaglioni.
Nel rinnovo 2026 sono stati indicati gli importi del trattamento minimo INPS, utilizzati anche come base per soglie e limiti delle prestazioni collegate al reddito. Dal 1° gennaio 2026 il trattamento minimo mensile è stato indicato in 611,85 euro (importo annuo 7.954,05 euro).
È stato ricordato che l’incremento introdotto per le pensioni di importo pari o inferiore al trattamento minimo è stato prorogato fino al 2026. Per il 2026 la misura dell’incremento è stata indicata in +1,3%, con un incremento massimo mensile pari a 7,95 euro e un importo massimo riconosciuto pari a 619,80 euro.
È stato rammentato che i pagamenti sono effettuati ordinariamente il primo giorno bancabile del mese, con una particolarità per gennaio, in cui il pagamento viene eseguito il secondo giorno bancabile. Nel calendario 2026 sono state riportate le seguenti date di disponibilità valuta (Poste/Banche):
| Mese | Poste | Banche |
|---|---|---|
| gennaio | 3 | 5 |
| febbraio | 2 | |
| marzo | 2 | |
| aprile | 1 | |
| maggio | 2 | 4 |
| giugno | 1 | |
| luglio | 1 | |
| agosto | 1 | 3 |
| settembre | 1 | |
| ottobre | 1 | |
| novembre | 2 | |
| dicembre | 1 |
Per gli importi pensionistici di ammontare molto contenuto è stata richiamata la disciplina dei pagamenti in rate annuali o semestrali. In particolare, è stato indicato che:
Per il 2026 sono stati riportati anche gli esempi di soglia: da 0,01 a 10,00 euro con pagamento annuale (inclusa tredicesima) e da 10,01 a 90 euro con pagamento semestrale (prima rata a gennaio, seconda a luglio).
Fonte: INPS – Circolare n. 153 del 19 dicembre 2025Â
Dal 2026 non basterà più trasmettere i corrispettivi giornalieri: per esercenti e professionisti scatterà l’obbligo di collegamento tra POS e registratore di cassa, per confermare la coerenza tra incassi e dati sui corrispettivi inviati all’Agenzia delle Entrate. In pratica, i pagamenti elettronici dovranno “dialogare†con la cassa telematica, rendendo immediatamente visibili eventuali scostamenti.
L’obbligo, introdotto dalla Legge di Bilancio 2025, è previsto a partire dal 1° gennaio 2026 ma la procedura per adeguarsi, forniti dall’Agenzia delle Entrate, saranno resi disponibili entro marzo, con scadenza di adeguamento per i POS già attivi il primo dell’anno fissato a 45 giorni dalla data di messa a disposizione dell’apposito servizio web.
Un nuovo adempimento tecnico, quindi, che espone però a nuove sanzioni (fino a 4mila euro) chi non si adegua per tempo. Vediamo come farlo in pochi passi.
Dal 1° gennaio 2026 entra dunque in vigore il nuovo assetto fiscale per i pagamenti elettronici B2C. Il collegamento tra POS e registratori telematici diventa centrale nel sistema di controllo dei corrispettivi, con l’obiettivo di rafforzare la tracciabilità degli incassi e ridurre le irregolarità nella certificazione delle vendite. La novità principale riguarda l’integrazione tra il terminale POS e il registratore telematico. In pratica, quando il cliente paga con carta o strumenti elettronici, l’operazione deve essere coerente e allineata con lo scontrino elettronico trasmesso all’Agenzia delle entrate.
Non si tratta di un obbligo di acquisto di nuovi dispositivi per tutti, ma di un vincolo funzionale: i dati dei pagamenti elettronici devono essere tecnicamente collegabili ai corrispettivi memorizzati e inviati.
Il nuovo sistema consente all’Amministrazione finanziaria di incrociare in tempo reale i dati dei pagamenti POS con quelli dei registratori telematici. In questo modo diventa più semplice individuare pagamenti elettronici non seguiti da scontrino, importi incoerenti tra POS e cassa o mancata trasmissione dei corrispettivi. La misura rientra nella strategia di digitalizzazione dei controlli fiscali e si affianca agli strumenti già operativi come fatturazione elettronica e memorizzazione telematica.
Per collegare il POS al registratore di cassa telematico o agli altri strumenti di certificazione dei corrispettivi già in uso per il rilascio dello scontrino elettronico, l’Agenzia delle Entrate fornisce una specifica funzionalità web per esercenti, senza quindi dover spendere in nuovo hardware per la una connessione fisica.
NB: per gli strumenti attivati dopo il 31 gennaio 2026, il collegamento va effettuato tra il sesto e l’ultimo giorno lavorativo del secondo mese successivo.
Dal 2026 diventano operative sanzioni specifiche per chi accetta pagamenti con POS senza una corretta certificazione fiscale. In caso di violazioni, sono previste:
Dunque, il rischio non riguarda più solo l’assenza totale dello scontrino ma adesso anche le difformità tra quanto incassato con POS e quanto dichiarato.
Le regole coinvolgono esercenti, commercianti al dettaglio, artigiani e professionisti che utilizzano registratori telematici e accettano pagamenti elettronici. Sono inclusi anche i soggetti che adottano soluzioni software di incasso evolute, purché rientrino nel perimetro dei corrispettivi. Resta fermo l’obbligo di accettazione dei pagamenti elettronici, già in vigore, ma dal 2026 l’attenzione si sposta sulla coerenza dei flussi informativi.
In vista dell’entrata in vigore delle nuove regole, negozi e studi professionali aperti al pubblico devono verificare che POS e registratore telematico siano compatibili e collegarli, aggiornare software e firmware dei dispositivi e testando la corretta trasmissione dei dati prima dei controlli effettivi.
Mancano pochi al 31 dicembre 2025, data di scadenza della finestra temporale per l’accesso al Bonus Cinema previsto dalla DGCA del Ministero della Cultura, la Direzione generale Cinema e Audiovisivo che stanza crediti d’imposta destinati alle imprese che operano nel settore.
Il bando promosso dalla DGCA prevede l’erogazione di crediti d’imposta a favore delle:
Per quanto riguarda le caratteristiche delle tax credit, sono concessi crediti d’imposta tra il 15% e il 40% del costo complessivo di produzione delle opere a favore delle imprese di produzione cinematografica e audiovisiva, mentre per le imprese di produzione esecutiva e di post-produzione viene riconosciuto un credito d’imposta compreso tra il 25% e il 30% delle spese eleggibili sostenute.
Alle industrie tecniche e di post-produzione, infine, viene concesso un credito d’imposta in misura non inferiore al 20% e non superiore al 30%.
Le domande possono essere presentate attraverso la piattaforma DGCOL entro le ore 23:59 del 31 dicembre 2025.
Con l’ultimo maxi-emendamento del Governo al disegno di legge di Bilancio 2026, approvato in Commissione Bilancio al Senato e atteso in Aula il 22 dicembre 2025, il capitolo previdenziale registra un intervento mirato sulle pensioni anticipate riservate ai lavoratori usuranti e ai lavoratori precoci.
Il testo non modifica i requisiti di accesso alle misure, ma prevede una riduzione progressiva delle risorse stanziate, con effetti destinati a manifestarsi nel medio-lungo periodo.
Per quanto riguarda i lavoratori addetti ad attività usuranti, la Manovra 2026 interviene sul piano finanziario. Il maxi-emendamento dispone infatti una riduzione della dotazione del Fondo destinato al pensionamento anticipato, con un taglio strutturale che si attiva a partire dal 2033.
La riduzione delle risorse non incide direttamente sui requisiti anagrafici e contributivi previsti dalla normativa vigente, che restano invariati. Tuttavia, la minore capienza del Fondo comporta una disponibilità più limitata di risorse per sostenere le uscite anticipate negli anni successivi.
Un intervento analogo riguarda la pensione anticipata dei lavoratori precoci. Il maxi-emendamento prevede una riduzione progressiva delle risorse destinate alla misura dei 41 anni di contributi, ma introduce una riduzione progressiva delle risorse destinate al finanziamento della prestazione.
I primi risparmi emergono a partire dal 2027, aumentano negli anni successivi e diventano più consistenti nel lungo periodo. La traiettoria delineata dal Governo porta a un ridimensionamento strutturale della spesa, pur mantenendo inalterato il perimetro delle categorie tutelate.
Sul piano normativo, la Manovra 2026 conferma i criteri già previsti per l’accesso alle pensioni anticipate di usuranti e precoci. Restano quindi centrali la tipologia di attività svolta, la contribuzione effettiva e l’appartenenza alle categorie individuate dalla legge.
La riduzione delle risorse rende però più stringente il meccanismo di monitoraggio annuale della spesa. In presenza di fondi più limitati, l’equilibrio tra domande presentate e coperture disponibili diventa un elemento chiave nella gestione delle uscite.
La proposta di intervento inserita nella Manovra 2026 non configura una riforma strutturale del sistema previdenziale. La scelta del Governo si colloca sul piano del contenimento della spesa futura, rinviando a un momento successivo eventuali interventi organici sul pensionamento anticipato.
Nel breve periodo, per i lavoratori interessati non cambiano le regole di accesso. Nel medio-lungo termine, invece, il segnale che emerge dal maxi-emendamento è quello di una progressiva riduzione delle risorse destinate alle pensioni per lavoratori usuranti e precoci.
Il turismo è materia di competenza regionale e le regole sui bed & breakfast, anche in forma imprenditoriale, riguardano l’attività amministrativa locale di promozione e vigilanza: con questa motivazione, la Corte Costituzionale ha definito legittime le disposizioni del Testo Unico del Turismo della Regione Toscana su b&b e locazioni brevi turistiche, comprese le limitazioni imposte dai Comuni e gli obblighi su forma imprenditoriale e destinazione d’uso
Sono nove le norme ritenute impugnate dal Governo e invece riconosciute costituzionali dalla Consulta in base al principio della sussidiarietà che caratterizza l’autonomia amministrativa degli enti locali in materia di turismo.
Fra le regole contestate dal Governo e ritenute invece legittime dalla Consulta c’è quella che impone la destinazione d’uso turistica agli immobili messi sul mercato come bed and breakfast. Secondo la Corte, se una casa è utilizzata in modo stabile e organizzato come struttura ricettiva extra-alberghiera, allora la sua destinazione d’uso non può essere considerata incoerente. Legittima anche la parte in cui la legge regionale impone alle strutture extra alberghiere la modifica della destinazione d’uso a partire dal 1° luglio 2026.
L’obbligo di esercitare l’attività di bed and breakfast e casa vacanze in forma imprenditoriale, per la Consulta ha stabilito che non priva il proprietario della possibilità di ricavare un reddito dal bene immobile. In realtà rappresenta in effetti una limitazione, perché la forma imprenditoriale comporta una serie di obblighi, come l’iscrizione al Registro Imprese, l’apertura della partita IVA, la tassazione sul reddito d’impresa.
Ma qui interviene l’articolo 42 della Costituzione, che con il comma 2 consente di limitare la proprietà allo scopo di assicurarne la funzione sociale, nel caso in esame rappresentata dall’esigenza di limitare fenomeni di overtourism che producono “esternalità †negative: contrazione degli alloggi disponibili per lavoratori e studenti fuori sede, effetto inflazionistico sul costo delle case, rischio di trasformazione urbanistica di interi quartieri e centri con ricadute sulla gestione dei servizi pubblici locali.
«Lo scopo di limitare questi effetti è stato espressamente considerato meritevole dalla Corte di giustizia dell’Unione europea – si legge nella sentenza -, in un giudizio relativo alla disciplina urbanistica francese che impone un’autorizzazione preventiva comunale per il mutamento di destinazione d’uso e l’esercizio di attività di locazione dietro corrispettivo di locali ammobiliati ad una clientela di passaggio». Sono diversi i richiami a legislazioni e casistiche europee. Il Regolamento UE 2024/1028 riconosce i problemi causati dagli short-term rentals.
Una sentenza costituzionale spagnola (64/2025) definisce la limitazione della destinazione ad uso turistico «una misura necessaria per evitare danni all’ambiente urbano, in particolare per proteggere il modello di città previsto dalla pianificazione urbanistica». Il Tribunale costituzionale federale tedesco già nel 1975 respingeva questioni relative alla lesione del diritto di proprietà con riferimento ad una legge che consentiva ai comuni in cui è particolarmente messo a repentaglio l’accesso della popolazione agli alloggi a condizioni adeguate, di imporre l’autorizzazione per adibire lo spazio abitativo a scopi diversi.
L’obbligo della forma imprenditoriale non limita nemmeno il diritto dominicale del proprietario, perché si tratta di una norma che riguarda la gestione di una struttura utilizzata con finalità turistiche e dunque rientra nella disciplina della regolazione di queste attività . «L’obbligo di gestione in forma imprenditoriale, dunque, rappresenta una condizione che attiene alle modalità di esercizio della struttura ricettiva».
Sono legittime anche le disposizione che conferiscono ai Comuni Capoluogo di Provincia oppure ad alta densità turistica la possibilità di stabilire ulteriori paletti alle locazioni brevi. Ci sono diversi esempi in Italia di amministrazioni che hanno legiferato in materia: Roma, Bologna, Venezia. «I problemi posti dalle locazioni turistiche brevi si concentrano in alcune zone del territorio e presentano diverse peculiarità in ognuna di esse. Il livello regionale e locale, dunque, sono in linea di massima più adeguati per adottare la disciplina amministrativa volta a conciliare» i diversi interessi coinvolti. «In altri ordinamenti statali (Francia, Germania, Regno Unito e Spagna), emerge un collegamento tra la disciplina delle locazioni turistiche ed il governo del territorio, con conseguente previsione di poteri regolatori e autorizzatori degli enti locali».
Infine, c’è una regola che riguarda in particolare la possibilità degli alberghi di espandersi associando alla propria gestione unità immobiliari residenziali ubicate entro 200 metri, nel rispetto di determinate condizioni. Una delle regole contestate riguarda la capacità ricettiva dell’albergo, che può essere incrementata con questi immobili nel limite del 40%, ma il Comune può stabilire una percentuale inferiore.
Anche qui, secondo la Corte la norma conferma la generale funzione comunale di regolare gli insediamenti sul proprio territorio. E non viola nemmeno la libertà di iniziativa economica degli albergatori, perché persegue un’utilità sociale, consistente nella possibilità di adeguare l’espansione della ricettività al territorio. E in ogni caso, la limitazione è di modesta portata, perché gli hotel possono eventualmente utilizzare l unità residenziali nella propria disponibilità come strutture ricettive extra-alberghiere.
La Legge di Bilancio 2026 dovrebbe introduce nuove risorse per il lavoro agricolo occasionale a tempo determinato, rendendo strutturale uno strumento pensato per rispondere alle esigenze di manodopera stagionale del comparto. Un emendamento al testo in discussione in Parlamento prevede infatti uno stanziamento di 900mila euro annui, con l’obiettivo di garantire continuità normativa e copertura finanziaria.
La misura punta a offrire alle imprese agricole strumenti semplici e regolari per programmare le attività stagionali, tutelando allo stesso tempo i lavoratori sul piano retributivo, previdenziale e assistenziale.
Lo stanziamento proposto nel disegno di legge della Manovra 2026 renderebbe strutturale la disciplina del lavoro agricolo occasionale, superando la logica degli interventi temporanei. Le risorse sarebbero destinate a coprire gli oneri connessi all’utilizzo di questa forma di impiego, offrendo maggiore certezza alle aziende che operano in un settore fortemente legato alla stagionalità .
L’obiettivo dichiarato è duplice: sostenere l’operatività delle imprese agricole e ridurre il ricorso al lavoro irregolare, favorendo al contempo l’inclusione sociale.
La disciplina consente l’impiego regolare, per attività stagionali, di una platea ampia di soggetti, tra cui:
Si tratta di una previsione che mira a coniugare esigenze produttive e politiche attive del lavoro, offrendo opportunità temporanee ma regolari a soggetti spesso ai margini del mercato occupazionale.
Con lo stesso emendamento viene estesa fino al 2028 la possibilità di utilizzare i voucher in agricoltura. I datori di lavoro agricoli potranno ricorrere a questo strumento per attività stagionali, nel rispetto di precisi limiti:
La misura fornirebbe un orizzonte temporale più ampio alle imprese, facilitando la programmazione delle campagne agricole e delle fasi di raccolta.
L’emendamento interviene anche sui contratti di rete in agricoltura, integrando l’articolo 1-bis del decreto-legge n. 91 del 24 giugno 2014. La modifica chiarisce che i contraenti possono cedere la propria quota di produzione ad altri soggetti aderenti al contratto di rete. Una precisazione che punta a rendere più flessibili le collaborazioni tra imprese agricole, favorendo una gestione più efficiente delle produzioni.
Resta ora da seguire l’iter parlamentare della Manovra per confermare definitivamente contenuti e tempi di applicazione delle nuove regole.
I mutui green rappresentano la soluzione di finanziamento più conveniente sul mercato, caratterizzati da tassi di interesse più bassi della media, fino a 30-40 punti base rispetto a finanziamenti ipotecari tradizionali. Le rilevazioni di MutuiOnline.it segnalano un TAN medio per i mutui destinati a interventi di efficienza energetica a tasso fisso pari al 2,99%, mentre per quanto riguarda il variabile la media scende al 2,62%.
Chi opta per il mutuo green, in genere, si orienta quasi sempre verso il tasso fisso ma chiede importi sostenuti, considerando che gli immobili ad alta efficienza energetica presentano prezzi di vendita più elevati.
Per un mutuo ventennale da 150mila euro, per fare comunque un esempio pratico, l’opzione green a tasso fisso consentirebbe di spendere 27 euro al mese in meno (45 euro se si considerano le migliori offerte). Il risparmio sarebbe pari a oltre 6.300 euro sull’intera durata del finanziamento. Anche un mutuo green a tasso variabile, attualmente, è inferiore di 2 punti base rispetto alla media di mercato.
I cosiddetti “mutui green”, in realtà , si caratterizzano per una durata media maggiore rispetto a quelli tradizionali, 25 anni contro 24 anni e mezzo, mentre i richiedenti sono solitamente più giovani, con un’età di 39 anni e 4 mesi contro 40 anni in media. Come spiega Matteo Favaro, COO & Managing Director Financial Products Italy di MutuiOnline.it, inoltre:
a differenza di quanto accadeva in passato, quando i mutui green potevano essere concessi solamente a immobili che appartenevano alla classe energetica A o B, grazie al recente adeguamento della Direttiva Europea ora i mutui green possono essere erogati anche per case in classe C o D.
Significa una platea molto più ampia di potenziali beneficiari, che rendono l’offerta di mercato più varia e competitiva.
Al momento della stipula di un contratto, datore di lavoro e nuovo assunto concordano la retribuzione annua e solitamente si parla di lordo (RAL) ma ad essere definito può essere anche il netto mensile; altre volte ancora quel che invece serve calcolare è a quanto corrisponde un aumento in busta paga, netto o lordo.
Vediamo come fare.
La relazione tra stipendio lordo e netto segue precise regole, che cambiano in base a diversi elementi, ad esempio a seconda del rapporto di lavoro instaurato: dipendente, di collaborazione o a partita IVA.
Dunque, per calcolare in maniera esatta il netto in busta paga è necessario conoscere tutti gli elementi specifici legati ai singoli contratti o inquadramenti particolari per autonomi e professionisti.
Per prima cosa definiamo le voci di salario non fisse, che contribuiscono a far variare il reddito netto:
Tra gli altri elementi da considerare ci sono poi anche:
Per il calcolo effettivo delle tasse che il lavoratore dovrà versare a fine anno, infine, devono poi essere considerati anche gli altri eventuali altri redditi percepiti.
In ogni caso, per avere un’idea di massima di quello che sarà il netto in busta paga del collaboratore o del dipendente, è possibile calcolare una percentuale di ritenute (IRPEF, previdenza, TFR, ecc.) che va dal 25% al 40%, crescente progressivamente con l’aumentare del reddito totale annuo del lavoratore.
Nel caso di contratti di lavoro dipendente, partendo dalla retribuzione lorda per arrivare allo stipendio netto mensile si applica la seguente formula:
retribuzione netta = reddito imponibile – imposta netta + eventuale bonus Renzi
Laddove:
La nuova Rottamazione quinquies cambia passo rispetto alla versione contenuta nel disegno di Legge di Bilancio 2025 e si presenta come una misura più sostenibile per chi ha cartelle esattoriali pendenti con il Fisco.
Nella riformulazione del suo emendamento alla Manovra, il Governo ha rivisto al ribasso il tasso di interesse applicato ai pagamenti rateali, fissandolo al 3%, con l’obiettivo di favorire l’adesione e rendere più gestibili i piani di rientro.
Il correttivo di Governo è una risposta di compromesso rispetto ad un emendamento simile presentato dalla Lega, che prevedeva un tasso ridotto al 2% rispetto all’ipotesi iniziale del 4% inserita nello schema di legge.
La Rottamazione quinquies riguarda i debiti affidati all’agente della riscossione in un arco temporale molto ampio, che va dal 1° gennaio 2000 al 31 dicembre 2023. In pratica, possono rientrare tutte le cartelle riferite a questo periodo. Restano fuori dal perimetro:
La definizione agevolata si applica ai debiti derivanti dal mancato versamento di imposte dichiarate. Accanto ai tributi, possono essere inclusi anche i contributi previdenziali dovuti all’INPS, purché non derivino da accertamento.
L’impianto della norma punta quindi a distinguere tra irregolarità dichiarative e evasione accertata, concentrando il beneficio sui debiti già emersi.
Aderendo alla rottamazione quinquies, il contribuente è tenuto a versare il capitale, ossia l’importo dell’imposta o del contributo non versato, e le spese di notifica e le eventuali spese per le procedure esecutive.
Vengono invece azzerate sanzioni, interessi di mora, aggio e sanzioni civili sui contributi previdenziali, con una riduzione importante dell’importo complessivo dovuto.
Il debito potrà essere saldato in un’unica soluzione, con scadenza fissata al 31 luglio 2026 oppure tramite un piano rateale fino a 54 rate bimestrali, pari a 9 anni. Tutte le rate avranno lo stesso importo e saranno soggette a un tasso di interesse del 3%, inferiore a quello inizialmente previsto nelle prime versioni dell’emendamento.
La perdita dei vantaggi della rottamazione scatterà in caso di mancato pagamento di due rate, anche non consecutive oppure mancato pagamento dell’unica rata, se non si sceglie la rateizzazione. In caso di decadenza, il debito torna integralmente esigibile secondo le regole ordinarie.
L’ecosistema delle startup italiane mostra segnali contrastanti. Cresce il numero delle operazioni di investimento, ma diminuiscono le risorse complessivamente raccolte. È quanto emerge dal report “Humans SIOSâ€, presentato a Milano in occasione di SIOS25 Winter, che restituisce l’immagine di un sistema dinamico ma ancora fragile nel passaggio dalla fase di avvio a quella di crescita strutturata.
Nel corso del 2025 sono stati chiusi 204 round di investimento, con un incremento del 10,5% rispetto all’anno precedente. A fronte di un aumento delle operazioni, però, la raccolta complessiva si è però fermata a 1,1 miliardi di euro, in calo del 22% rispetto agli 1,4 miliardi del 2024. Un dato che segnala una maggiore frammentazione degli investimenti e una difficoltà crescente nel sostenere round di dimensioni medio-grandi.
Il mercato risulta fortemente polarizzato. Alcune operazioni di grandi dimensioni concentrano una quota rilevante delle risorse disponibili, con pochi round che da soli valgono quasi il 40% dell’intera raccolta annuale. Tra le operazioni di maggior rilievo figurano i round di AAVantgarde Bio, Nanophoria, Exein e Hercle, a conferma di una selettività crescente da parte degli investitori.
Dal punto di vista settoriale, il fintech si conferma il comparto con il maggior numero di operazioni (16 round, pari al 7,9%), seguito da biotech, medtech e HR (13 round ciascuno) e dal deeptech (12 round). Il dato evidenzia una progressiva attenzione verso tecnologie ad alto contenuto scientifico e industriale, considerate più adatte a sostenere strategie di lungo periodo.
Sul piano geografico, la Lombardia si conferma il principale hub nazionale, concentrando il 47,3% dei deal complessivi, pari a 96 operazioni. In controtendenza, il canale dell’equity crowdfunding registra una contrazione, con una raccolta pari a 48 milioni di euro, in calo del 9,2% su base annua.
Il confronto con il resto d’Europa resta critico. Nei primi nove mesi del 2025 il mercato europeo del venture capital ha raccolto circa 33 miliardi di euro, in crescita del 7%, mentre l’Italia rimane marginale in termini di dimensioni e capacità di generare exit. Le operazioni di uscita restano poche e frammentate, un fattore che limita il reinvestimento dei capitali e la maturazione dell’ecosistema. La debolezza del sistema italiano riguarda la fascia centrale delle startup, che fatica a compiere il salto dimensionale necessario per competere su scala europea.
La crescita dei numeri, senza un rafforzamento dei capitali disponibili e delle politiche di sostegno, rischia di tradursi in una moltiplicazione di iniziative che non riescono a consolidarsi.
Conto alla rovescia per il Conto Termico 3.0, nuovo meccanismo incentivante per la transizione energetica di imprese, amministrazioni e cittadini. Pubblicate anche le Regole Operative del GSEÂ per presentare la richiesta di contributi dopo la data spartiacque del 25 dicembre 2025, giorno in cui va in pensione in Conto Termico 2.0.
Per gli interventi realizzati prima di Natale la richiesta di incentivi va trasmessa entro 60 giorni dalla fine dei lavori mentre per i nuovi interventi si utilizzerà il nuovo Portatermico accessibile in Area Clienti sul sito web del GSE (areaclienti.gse.it) previa registrazione. Le imprese che hanno avviato lavori dopo il 7 agosto e non siano li hanno ancora conclusi, possono nel frattempo fare richiesta preliminare di accesso agli incentivi inviando una PEC all’indirizzo preliminareimpreseCT3@pec.gse.it.
Il meccanismo sostiene con contributi a fondo perduto gli interventi di efficienza energetica e l’installazione di impianti termici alimentati da fonti rinnovabili come pompe di calore, caldaie a biomassa e solare termico. Con una dotazione di 900 milioni di euro e procedure semplificate, il Conto Termico 3.0 amplia i beneficiari e introduce nuovi incentivi per l’innovazione green, l’automazione degli edifici e la decarbonizzazione del parco immobiliare italiano.
In questa guida spieghiamo in dettaglio come funziona il Conto Termico 3.0, chi può accedervi, quali sono i requisiti tecnici, le spese ammissibili e le modalità di richiesta online tramite il portale GSE.
Il Conto Termico 3.0 è il meccanismo di sostegno in conto capitale dedicato alla diffusione di interventi di efficienza energetica e di produzione di energia termica da fonti rinnovabili negli edifici. Rappresenta l’evoluzione del Conto Termico 2.0, con ampliamento di platea, tecnologie e modalità di accesso, nonché semplificazioni procedurali e una dotazione annuale potenziata.
Il perimetro dei soggetti ammissibili comprende:
È condizione generale l’intervento su fabbricati esistenti e regolarmente accatastati, con impianti conformi alla normativa tecnica di settore e installazioni eseguite da operatori qualificati.
Il Conto Termico 3.0 consente ai cittadini di accedere agli incentivi per la sostituzione degli impianti termici con tecnologie ad alta efficienza e basse emissioni.
Le spese ammissibili includono pompe di calore elettriche o ibride, generatori a biomassa, sistemi solari termici e dispositivi evoluti di regolazione e controllo della temperatura. Non sono invece finanziabili gli interventi di coibentazione dell’involucro edilizio o altri lavori edilizi.
I contributi possono essere erogati in un’unica soluzione per importi contenuti, con procedure di accesso semplificate tramite portale GSE.
Le imprese e le attività del settore terziario – come negozi, uffici, hotel, ristoranti o strutture ricettive – possono accedere al Conto Termico 3.0 per la sostituzione dei generatori a combustibili fossili con sistemi ad alta efficienza, l’installazione di pompe di calore e impianti solari termici, oltre alla digitalizzazione e automazione degli impianti di climatizzazione.
Gli incentivi possono coprire fino al 65% della spesa ammissibile e sono cumulabili con fondi regionali o europei, nel rispetto del divieto di doppio finanziamento.
Per enti locali (Comuni, Province, Regioni), scuole, ospedali, strutture sanitarie e organizzazioni del Terzo Settore, il Conto Termico 3.0 consente di finanziare fino al 100% delle spese per la riqualificazione energetica degli edifici pubblici e la coibentazione dell’involucro edilizio.
Le amministrazioni possono inoltre utilizzare i contributi per sistemi di building automation, impianti di climatizzazione a pompa di calore e progetti integrati per la gestione intelligente dell’energia, anche in ottica di comunità energetiche pubbliche.
Il Conto Termico 3.0 apre per la prima volta alle Comunità Energetiche Rinnovabili (CER) e ai gruppi di autoconsumo collettivo. Gli incentivi coprono gli impianti termici da fonti rinnovabili, i sistemi di accumulo e le infrastrutture digitali per la gestione condivisa dei flussi energetici.
Le CER possono così combinare i vantaggi del Conto Termico con quelli dell’autoconsumo collettivo, favorendo modelli energetici locali, partecipativi e sostenibili.
I condomìni possono richiedere il contributo per la sostituzione delle centrali termiche condominiali, l’installazione di sistemi di contabilizzazione del calore e di building automation. Gli interventi sull’involucro restano esclusi per i soggetti privati, ma sono ammessi per i condomìni pubblici o misti nell’ambito di programmi locali o PNRR integrati.
Gli amministratori condominiali possono presentare la domanda per conto dei condomini, allegando la delibera assembleare e la documentazione tecnica richiesta dal GSE.
Le imprese agricole, artigiane e produttive possono beneficiare del Conto Termico 3.0 per interventi di efficientamento degli impianti termici, recupero del calore di processo, installazione di pompe di calore e generatori a biomassa per serre, laboratori e locali di produzione.
Per le aziende del Mezzogiorno, gli incentivi sono maggiorati e possono coprire fino al 75% dell’investimento ammissibile, in linea con le politiche di coesione e competitività energetica delle PMI.
| Categoria di beneficiario | Interventi ammessi | Interventi esclusi | Percentuale incentivo |
|---|---|---|---|
| Famiglie e persone fisiche | Pompe di calore, generatori a biomassa, solare termico, sistemi di regolazione e automazione | Coibentazione, cappotti, infissi, schermature solari | Fino al 65% |
| Imprese e immobili del terziario | Sostituzione impianti termici, solare termico, automazione e digitalizzazione energetica | Interventi riqualificazione energetica sull’involucro | Fino al 65% |
| Enti locali ed enti del Terzo Settore | Riqualificazione energetica completa, coibentazione, impianti termici, building automation | Nessuno, se in linea con i requisiti tecnici | Fino al 100% |
| Comunità Energetiche Rinnovabili (CER) | Impianti termici da FER, accumuli, gestione energetica condivisa | Interventi edilizi non connessi alla produzione termica | Fino al 65% |
| Condomìni | Centrali termiche condominiali, contabilizzazione del calore, automazione | Involucro edilizio (salvo condomìni pubblici o misti) | Fino al 65% |
| Imprese agricole e microimprese | Generatori a biomassa, pompe di calore, recupero calore di processo | Interventi edilizi non connessi al ciclo produttivo | Fino al 75% (Mezzogiorno) |
I valori indicativi saranno confermati nei decreti attuativi del Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica e nelle regole applicative del GSE.
Sì, no, forse: l’emendamento di Governo inserito, poi stralciato e poi riproposto (il tutto nel giro di due giorni) dovrebbe alla fine portare un regalo alle imprese del Sud che hanno ottenuto il credito d’imposta ZES Unica: nella Manovra 2026 dovrebbe alla fine esserci il rifinanziamento aggiuntivo rispetto al bonus ripartito in misura pari al 60,3% di quanto teoricamente spettante vista levata affluenza di richieste pervenute. L’emendamento del Governo alla Legge di Bilancio dovrebbe introdurre un’integrazione del credito concesso, pari al 14,6% dell’ammontare dell’importo richiesto con la Comunicazione sugli investimenti effettuati trasmessa entro il 2 dicembre.
La ripartizione del plafond disponibile per il 2025, lo ricordiamo, ha visto le imprese beneficiarie ottenere il 60,3% di quanto richiesto, mentre nel 2026 – per ogni impresa richiedente – il Governo aveva inizialmente deciso di inserire nella nuova Legge di Bilancio ulteriori risorse per elevare la percentuale di credito d’imposta utilizzabile, per un totale di circa il 75% fra prima erogazione e integrazione. La misura era stata poi stralciata, con l’ipotesi di ritornare in un decreto collegato, ma alla fine dovrebbe essere inserita direttamente in Manovra (i condizionali sono d’obbligo vista le tensioni politiche che hanno quasi messo a rischio la tenuta stessa del Governo).
Dopo un’ennesima notte di dibattito politico in seno alla maggioranza, il maxi-emendamento di Governo è stato riscritto venerdì con lo stralcio una serie di misure (ad esempio su pensioni, TFR e riscatto di laurea) e di coperture per il rifinanziamento di strumenti per le imprese, come la ZES Unica e gli investimenti esauriti nel 2025 per la Transizione 4.0, salvo poi rientrare nelle ore successive.
Il Credito d’imposta ZES, lo ricordiamo, agevola gli investimenti in beni strumentali destinati a strutture produttive nella zona economica speciale unica del Mezzogiorno (Abruzzo, Basilicata, Calabria, Campania, Marche, Molise, Puglia, Sicilia, Sardegna e Umbria). Le imprese beneficiarie avevano presentato in primavera una prima comunicazione all’Agenzia delle Entrate per prenotare il bonus sulla base della previsione di spesa, seguita poi dalla comunicazione integrativa di fine anno, per attestare l’avvenuta realizzazione entro il termine del 15 novembre 2025 degli investimenti effettuati e indicare il conseguente credito d’imposta maturato. Il bonus è utilizzabile solo in compensazione, presentando il modello F24.
Nuove opportunità di lavoro nel settore pubblico qualificato. Con la pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale – 4ª Serie speciale Concorsi ed Esami n. 98 del 16 dicembre 2025, la Banca d’Italia ha bandito un concorso pubblico per 160 posti destinati all’amministrazione centrale e alla rete territoriale dell’Istituto.
Il bando prevede l’assunzione complessiva di 160 unità , da destinare sia alle strutture centrali della Banca d’Italia sia alle sedi dislocate sul territorio nazionale. Le risorse selezionate saranno inserite in ruoli che supportano le attività istituzionali dell’Istituto, dalla vigilanza bancaria ai servizi amministrativi e organizzativi.
La partecipazione al concorso è riservata ai candidati in possesso dei requisiti generali per l’accesso al pubblico impiego. Tra questi rientrano, in particolare:
Il bando disciplina in modo puntuale anche i titoli di studio richiesti, differenziati in base ai profili professionali per cui si concorre.
La procedura concorsuale prevede una selezione articolata in più fasi. In linea con i concorsi della Banca d’Italia, sono generalmente previste:
Le modalità di svolgimento delle prove, il calendario e le comunicazioni ai candidati saranno pubblicati secondo le indicazioni fornite dall’Istituto.
La domanda di partecipazione deve essere presentata esclusivamente secondo le modalità indicate nel bando ufficiale, entro il termine stabilito: le ore 12:00 del 27 gennaio 2026, utilizzando esclusivamente l’applicazione disponibile sul sito della Banca d’Italia.
Il testo integrale del bando, con il dettaglio dei profili, dei requisiti specifici e delle scadenze, è consultabile sul sito della Gazzetta Ufficiale e sui canali istituzionali della Banca d’Italia.
Non solo figli piccoli: anche la cura dei genitori anziani entra a far parte del welfare aziendale, che per le nuove generazioni diventa più utile di altri benefit, permettendo loro di accedere a servizi di supporto nell’ambito della conciliazione vita-lavoro
Secondo la recente indagine dell’Osservatorio HR Innovation Practice del Politecnico di Milano, infatti, un giovane su due tra gli appartenenti alla Generazione Z dà valore alla possibilità di beneficiare di servizi di welfare aziendale che tutelano i familiari anziani di cui sono caregiver.
Ammonta al 67%, inoltre, la percentuale di coloro che considera importante poter contare su servizi sanitari per la salute individuale, mentre un buon 57% mostra interesse verso la disponibilità di servizi sanitari per i genitori. Dietro questa tendenza, come spiega Martina Mauri, direttrice dell’Osservatorio, c’è la constatazione dell’insufficienza di servizi pubblici mirati allo stesso scopo.
Una richiesta che crescerà sempre di più e di cui registriamo una crescente consapevolezza da parte delle aziende.
Le società si affidano spesso per la gestione dei pacchetti ai provider, segnala l’Osservatorio: da un lato è una semplificazione delle procedure ma dall’altro viene meno la personalizzazione dei benefit che spesso fa la differenza in ottica di retention.
Il braccio di ferro interno alla maggioranza di Governo su una serie di misure da inserire nella Legge di Bilancio 2026 ha portato ad un taglia e cuci estenuante del maxi-emendamento con i correttivi al testo da discutere in Aula: i nodi sciolti in Commissione sono stati inerenti al pacchetto previdenziale ed al rifinanziamento degli incentivi 4.0 alle imprese. La soluzione individuata dall’Esecutivo Meloni era stata in prima battuta lo stralcio delle misure più controverse e il rinvio a un decreto legge collegato da approvare entro la fine dell’anno, salvo poi ripristinare i fondi aggiuntivi per i crediti d’imposta e cercare una mediazione sulle pensioni.
Il calendario parlamentare prevede ora il passaggio finale alla Camera dopo il via libera del Senato, dove la discussione in Aula è fissata per lunedì 22 dicembre e con voto definitivo atteso alla Camera per il 30 dicembre.
Vediamo tutto.
Il capitolo previdenza, che aveva portato la maggioranza a un passo dalla crisi di Governo, viene di fatto riscritto con lo stralcio dell’ipotesi di allungamento progressivo della finestra mobile per la pensione anticipata, che dal 2032 avrebbe portato l’attesa da 3 a 6 mesi e la sterilizzazione parziale dei periodi riscattati di laurea ai fini del requisito contributivo, con esclusione crescente fino a 30 mesi dal 2035.
Resta invece l’introduzione del silenzio-assenso per il conferimento del TFR alla previdenza complementare per i nuovi assunti. Inoltre, nel biennio 2026-2027, l’obbligo di destinazione al Fondo Tesoreria dell’INPS delle quote accantonate del TFR dei dipendenti che non hanno scelto la previdenza integrativa si applicherà ai datori di lavoro che hanno in forze almeno 60 dipendenti e dal 2028 a quelle che ne hanno 50. Dal 2032 in poi si scenderà a quelle impiegano almeno 40 dipendenti.
Con il nuovo emendamento ritornano gli interventi a favore delle imprese, a partire dal rifinanziamento di Transizione 4.0 e della Zes Unica del Mezzogiorno. Misure che dovrebbero compensare il taglio dei fondi di Transizione 5.0, ridotti nella rimodulazione del PNRR da 6,4 a 2,6 miliardi.
Confermata la ritenuta d’acconto sulle transazioni business to business. Si dispone un avvio graduale nel 2028, con aliquota dimezzata allo 0,5% e un gettito stimato in 734,5 milioni di euro. A regime, dal 2029, l’aliquota per le fatture B2B sarà dell’1% con un gettito stimato in 1,469 miliardi annui. La misura rappresenta una delle principali leve di entrata rimaste nel correttivo.
Il calendario parlamentare prevede il passaggio finale alla Camera dopo il via libera del Senato, con voto definitivo atteso per il 30 dicembre. A poche ore dal rischio di esercizio provvisorio, il Governo tenta così un’uscita di sicurezza: alleggerire la Manovra, evitare la crisi politica e rinviare le misure più delicate a un decreto separato.
Una strategia che sposta il confronto dai conti di fine anno ai primi giorni del 2026, ma che consente all’esecutivo di arrivare al traguardo della legge di bilancio senza far saltare l’equilibrio della maggioranza.
In Italia le opportunità di lavoro non mancano, ma sono sempre più concentrate in alcuni settori specifici. A dirlo è l’ultimo aggiornamento di Eurostat sui posti vacanti in tutta Europa, che fotografa un mercato occupazionale meno espansivo rispetto agli ultimi anni, ma ancora segnato da forti difficoltà di reclutamento per molte imprese.
Nel terzo trimestre del 2025, il tasso di posti di lavoro vacanti nell’Unione europea si è attestato al 2,1%, in calo rispetto al 2,3% del trimestre precedente e allo stesso periodo del 2024. Un rallentamento che, tuttavia, non coinvolge tutti i comparti allo stesso modo.
Le maggiori difficoltà di assunzione riguardano innanzitutto le attività commerciali. Le imprese faticano a reperire responsabili delle vendite, profili del marketing e addetti allo sviluppo commerciale, figure centrali per sostenere fatturato e competitività in una fase economica complessa. Restano elevate anche le richieste nel comparto manifatturiero, dove mancano operai specializzati, e tra gli impiegati amministrativi, una figura che continua a essere essenziale nella gestione operativa delle aziende.
Secondo Eurostat, la domanda di lavoro resta sostenuta per gli addetti alle vendite, gli operatori della logistica e gli agenti di commercio. Si tratta di ruoli strettamente legati al funzionamento delle filiere produttive e distributive, che continuano a offrire opportunità occupazionali anche in una fase di rallentamento macroeconomico. Buona la tenuta anche per la richiesta di ingegneri, con l’eccezione del ramo elettrotecnico, dove la domanda appare più contenuta rispetto ad altri ambiti tecnici.
Tra i settori più resilienti emergono la ristorazione e le professioni artistiche e culturali. Cuochi, tecnici della ristorazione e profili legati al mondo culturale continuano a essere ricercati, segno che alcuni servizi mantengono una buona capacità di assorbimento occupazionale.
Il quadro che emerge dai dati Eurostat è quello di un mercato del lavoro europeo meno dinamico, ma sempre più selettivo. Le opportunità non sono distribuite in modo uniforme: oggi contano sempre di più competenze specifiche e profili mirati, mentre il disallineamento tra domanda delle imprese e offerta di lavoro resta uno dei nodi strutturali del sistema.