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Il Senato ha approvato la Legge di Bilancio 2026 dopo che il Governo aveva posto la questione di fiducia, blindando quindi il testo uscito dalla commissione Bilancio. I lavori dell’Aula di Palazzo Madama si sono pertanto limitati al voto: 110 voti favorevoli, 66 contrari e 2 astensioni.
Alla Camera dei Deputati la Manovra è in calendario per il 28 dicembre. I tempi sono stretti perché deve essere approvata in tempo per l’entrata in vigore il 1° gennaio 2026. Per questo Montecitorio inizierà l’esame di domenica, per concluderlo prevedibilmente martedì 30 dicembre.
Anche alla Camera l’Esecutivo Meloni chiederà la fiducia, per evitare modifiche che comporterebbero la mancata approvazione nei tempi previsti e il conseguente esercizio provvisorio, che scatta in mancanza di una Legge di Bilancio votata dal Parlamento.
L’iter di questa Manovra è stato particolarmente controverso: nel corso dell’ultima settimana di esame in Commissione Bilancio al Senato, il Governo ha presentato e poi ritirato diversi emendamenti surriscaldando il dibattito.
Dal Parlamento uscirà una manovra da 22 miliardi, in aumento rispetto ai 18,5 miliardi del testo approvato dal Governo ad ottobre. La differenza è rappresentata da 3,5 miliardi stanziati per finanziare la continuità degli incentivi alle imprese esauriti anzitempo a inizio dicembre.
Fra le ultime modifiche apportate in Senato, segnaliamo anche un taglio alle risorse per le pensioni precoci e usuranti, il potenziamento del silenzio assenso sulla destinazione del TFR alla previdenza complementare per i neo assunti, la cedolare secca sugli affitti brevi che resta al 21% sul primo immobile ma che richiede di aprire partita IVA a partire dal terzo, ed infine l’allargamento della platea di dipendenti con diritto alla detassazione degli aumenti da rinnovo contrattuale.
Il piatto forte della Legge di Bilancio 2026 resta rappresentato da una delle misure non modificate in sede di dibattito parlamentare, ossia la riforma IRPEF, con il taglio dell’aliquota del secondo scaglione dal 35% al 33%. C’è anche la Rottamazione quinquies sulle cartelle affidate dal 2000 al 2023 e, tra le misure più rilevanti sul lavoro, l’introduzione di diverse forme di tassazione agevolata in busta paga: dalla flat tax sui rinnovi CCNL nel settore privato firmati dal 2024 al 2026 sul lavoro notturno e festivo, nonché un ulteriore alleggerimento della tassa piatta sui premi di produttività .
Sul sito dell’Agenzia delle Entrate sono disponibili i modelli provvisori per la dichiarazione dei redditi 2026, per quanto riguarda il Modello 730/2026, la CU, il Modello Redditi PF e altri ancora.
Nella sezione dedicata ai modelli, l’Agenzia delle Entrate ha già reso disponibili diversi modelli provvisori utilizzabili per la dichiarazione dell’anno prossimo. Le bozze disponibili comprendono:
Per quanto riguarda il Modello 730/2026, il Modello Redditi PF e la CU, in particolare, sono previste alcune novità relative ai nuovi benefici a favore dei lavoratori a basso e medio reddito, oltre alla detassazione di specifiche spese abitative.
Ecco cosa cambia nella campagna dichiarativa 2026:
Il Ministero del Lavoro ha pubblicato il Decreto direttoriale 135/2025 che dispone le nuove tabelle retributive relative al costo medio orario del lavoro, coinvolgendo gli stipendi dei lavoratori dei settori logistica, trasporto merci e spedizioni.
Le tabelle retributive sono valide da gennaio 2025 e prevedono aggiornamenti progressivi programmati per gennaio 2026, gennaio 2027 e giugno 2027.
Si tratta di un provvedimento che riguarda tutte le figure professionali dei rispettivi comparti:
Le tabelle rappresentano un parametro di riferimento per determinare la congruità del costo del lavoro nell’ambito degli appalti pubblici (facendo riferimento ai valori previsti dal CCNL Logistica, Trasporto Merci e Spedizione rinnovato il 6 dicembre 2024) e consentono anche di valutare eventuali anomalie dell’offerta, oltre a monitorare il rispetto dei minimi salariali e contributivi.
Il calendario delle festività 2026 offre diverse occasioni per programmare vacanze più lunghe utilizzando pochi giorni di ferie. La disposizione delle ricorrenze nel corso dell’anno consente infatti di sfruttare ponti strategici, soprattutto tra primavera ed estate, con benefici concreti per chi lavora.
Nel 2026, le occasioni non mancano, soprattutto per chi riesce a muoversi con un minimo di flessibilità .
Il 2026 si apre con l’Epifania che cade di martedì 6 gennaio. Con un solo giorno di ferie, lunedì 5 gennaio, è possibile ottenere un fine settimana lungo di quattro giorni, dal 3 al 6 gennaio. Più complicato, invece, costruire ponti più estesi nella primissima parte dell’anno.
La primavera è uno dei periodi più interessanti del calendario 2026. La Pasqua cade domenica 5 aprile, con Pasquetta lunedì 6 aprile. Prendendo pochi giorni di ferie a ridosso delle festività è possibile programmare una pausa più lunga.
Il 25 aprile cade di sabato, mentre il 1° maggio sarà venerdì. Questo significa che, utilizzando alcuni giorni di ferie nella settimana precedente o successiva, si possono ottenere periodi di stop più ampi, ideali per una vacanza primaverile.
Nel periodo estivo le festività offrono meno opportunità di ponte. Il 2 giugno cade di martedì, consentendo un possibile allungamento del weekend con un solo giorno di ferie. Il Ferragosto, invece, sarà di sabato 15 agosto, riducendo le possibilità di combinazioni favorevoli.
Resta comunque centrale il periodo delle ferie tradizionali, soprattutto tra luglio e agosto, quando molte aziende concentrano le chiusure.
L’autunno 2026 è meno generoso sul fronte dei ponti. Ognissanti cade di domenica 1° novembre, mentre le festività non consentono particolari estensioni dei fine settimana senza ricorrere a più giorni di ferie.
Il periodo natalizio torna a essere uno dei più interessanti. Il Natale cade di venerdì 25 dicembre e Santo Stefano di sabato 26 dicembre. Con pochi giorni di ferie nella settimana precedente o successiva, è possibile costruire una pausa prolungata tra la fine del 2026 e l’inizio del 2027.
| Festività | Giorno | Ferie da prendere | Giorni di vacanza |
|---|---|---|---|
| Capodanno | Giovedì 1 gennaio | 2 (venerdì 2 e lunedì 5) | 6 giorni (1–6 gennaio) |
| Pasqua e Pasquetta | Domenica 5 e lunedì 6 aprile | 3 (7–9 aprile) | 9 giorni (4–12 aprile) |
| 25 aprile | Sabato | 5 (20–24 aprile) | 9 giorni (18–26 aprile) |
| 1° maggio | Venerdì | 0 | 3 giorni (1–3 maggio) |
| 2 giugno | Martedì | 1 (lunedì 1) | 4 giorni (30 maggio–2 giugno) |
| Ferragosto | Sabato | 5 (10–14 agosto) | 9 giorni (8–16 agosto) |
| Natale | Venerdì 25 dicembre | 3 (28–30 dicembre) | 9 giorni (24 dicembre–1 gennaio) |
In breve
La cessione di una quota di proprietà di un immobile non può consentire il trasferimento dei Bonus edilizi, che possono essere trasmessi solo in concomitanza con una cessione totale.
Per il proprietario di un immobile che ha sostenuto le spese di ristrutturazione beneficiando delle agevolazioni in edilizia non è possibile, infatti, trasferire il diritto alla detrazione se si cede solo una quota.
Come precisa la circolare n.25/2024 dell’Agenzia delle Entrate, nello specifico, tuttavia, la parte residua della detrazione fiscale che spetta in materia di ristrutturazioni del patrimonio edilizio si trasmette all’acquirente non solo in ipotesi di cessione dell’intero immobile, ma anche nel caso in cui la cessione pro-quota consenta a chi acquista di diventare proprietario esclusivo dell’immobile.
La residua detrazione Irpef spettante in materia di ristrutturazioni del patrimonio edilizio, si trasmette alla parte acquirente non solo in ipotesi di cessione dell’intero immobile, ma altresì qualora, per effetto della cessione pro-quota, la parte acquirente diventa proprietaria esclusiva dell’immobile, parimenti verificandosi, in tale ultima ipotesi, i presupposti richiesti dalla riportata disposizione normativa.
Le imprese che non sono in regola con il DURC o con l’obbligo di polizze catastrofali dal 2026 non potranno accedere agli incentivi pubblici diretti; se l’agevolazione riguarda investimenti effettuati nel territorio nazionale, decadono le imprese che delocalizzano. Sono alcune novità contenute nel Codice degli Incentivi (Dlgs 184/2025) in vigore dal primo gennaio. In particolare, l’articolo 9 fissa le regole sull’esclusione dai benefici.
Ferme restando le eventuali cause di esclusione previste dai singoli incentivi e relativi bandi, il Codice integra nuove fattispecie tra cui le irregolarità DURC e le violazioni degli obblighi sull’assicurazione CatNat.
Per quanto riguarda il DURC, dal 2026 sono negati gli incentivi pubblici in presenza di violazioni delle norme in materia di contributi previdenziali e assistenziali ostative al rilascio del documento. Più nel dettaglio, la concessione delle agevolazioni è disposta solo entro il termine di validità dello stesso, pari a 120 giorni. I soggetti che non hanno l’obbligo di iscrizione a INPS, INAIL e Cassa edile devono rendere un’apposita dichiarazione per attestare la regolarità contributiva.
Tendenzialmente, possiamo dire che questa regola nella gran parte dei casi è già prevista dai vari bandi incentivanti, ma ora diventa una norma strutturale per la fruizione di qualsiasi incentivo.
Sulle polizze catastrofali, la causa di esclusione riguarda tutte le imprese che non rispettano l’obbligo di contratti assicurativi a copertura dei danni, come previsto dall’articolo 1, comma 101, della legge 213/2023. Quest’ultima è la norma che ha sancito l’obbligo, con entrata in vigore scaglionata. Le imprese che, pur essendo tenute, non accendono una polizza CatNat, non possono accedere agli incentivi, con alcune eccezione. La causa di esclusione non opera nei confronti di benefici contributivi e incentivi fiscali che non prevedono attività istruttorie valutative, per i quali resta ferma l’applicazione della disciplina di settore, e quelli in materia di accisa, che a loro volta restano disciplinati dalla legislazione di settore.
Ci sono poi regole specifiche in relazione ai benefici legati agli investimenti nel territorio nazionale: a fronte di una delocalizzazione in favore di un’altra unità produttiva situata in ambito nazionale, UE o Spazio Economico Europeo, può scattare la decadenza dall’incentivo se avviene verso un’area non ricompresa da un beneficio legato a una specifica parte del territorio nazionale. E comunque, entro cinque anni dalla concessione dell’agevolazione.
Se invece la delocalizzazione avviene fuori dall’Unione Europea, è sempre prevista la decadenza dall’incentivo se l’operazione avviene entro cinque anni, che salgono a dieci per le grandi imprese.
Ecco infine quali sono le altre cause di decadenza:
Ammonta a 590 milioni di euro nel periodo 2027-2031 il plafond di contributi messo a disposizione dal Ministero dei Trasporti, per il rinnovo dei veicoli commerciali in chiave green.
Il riparto del Fondo per la strategia di mobilità sostenibile è previsto dal decreto interministeriale pubblicato in GU e destinato allo stanziamento di incentivi per le imprese di autotrasporto iscritte al Registro elettronico nazionale (REN) e all’Albo nazionale degli autotrasportatori.
L’obiettivo è favorire la transizione verso un parco veicolare più efficiente, con mezzi elettrici, ibridi o endotermici di ultima generazione, al fine di assicurare benefici per l’intera filiera.
Come si legge nella nota del MIT, le modalità operative per la presentazione dei programmi di rinnovo della flotta da parte delle imprese e per l’accesso agli incentivi saranno definiti nei prossimi mesi.
Per il datore di lavoro, il conguaglio IRPEF di fine anno o di cessazione del rapporto non è solo un adempimento formale ma un passaggio che può avere diretto sui flussi di cassa dell’azienda e sull’importo dello stipendio del lavoratore.
Quando dalle operazioni di ricalcolo emerge che le ritenute operate sui dipendenti sono state superiori all’imposta effettivamente dovuta, è necessario effettuare il rimborso al lavoratore e poi procedere al recupero delle somme versate in eccesso, tramite compensazione fiscale; in caso contrario si applica una maxi-trattenuta in busta paga nel cedolino di gennaio con le competenze di dicembre.
L’eccedenza di ritenute IRPEF emerge a seguito delle operazioni di conguaglio, che il datore di lavoro effettua a fine anno o alla cessazione del rapporto di lavoro. Le situazioni che più frequentemente possono far emergere la necessità di un conguaglio sono il riconoscimento di detrazioni non applicate nei mesi precedenti oppure le variazioni reddituale del dipendente, la cessazione anticipata del rapporto con ricalcolo dell’imposta dovuta o, ancora, la verifica di più rapporti di lavoro nel corso dell’anno.
Quando dal conguaglio emerge un credito IRPEF, il datore di lavoro deve rimborsare il dipendente, di norma direttamente in busta paga. Il rimborso è un passaggio obbligato e precede qualsiasi recupero fiscale in compensazione. Solo dopo aver restituito l’eccedenza al lavoratore, infatti, il sostituto d’imposta può procedere al recupero delle somme anticipate al Fisco.
Il recupero avviene attraverso la compensazione nel modello F24 delle ritenute Irpef versate in eccedenza. Dal punto di vista operativo, l’eccedenza (indicata come credito nella sezione Erario dell’F24) può essere utilizzata per compensare altri tributi o contributi dovuti per l’anno corrente, ossia quello in cui si è formato il credito a seguito del conguaglio. Il codice tributo utilizzato per questa operazione è il 1627, che consente di imputare correttamente il recupero delle ritenute da lavoro dipendente.
Per recuperare l’importo per le annualità successive, e dunque dopo aver presentato il modello 770, si deve invece utilizzare il codice tributo 6781.
Se dal conguaglio IRPEF emerge un debito d’imposta per il lavoratore, il datore di lavoro è tenuto a trattenere le somme dovute direttamente sulla retribuzione.
La trattenuta avviene, di regola, sulla prima busta paga utile successiva al conguaglio. Qualora la retribuzione non sia sufficiente a coprire l’intero importo dovuto, il residuo viene trattenuto nei periodi di paga successivi, fino a completa estinzione del debito.
Nei casi di cessazione del rapporto di lavoro, se le somme dovute non possono essere interamente trattenute sulle competenze di fine rapporto, il sostituto d’imposta ne dà evidenza nella certificazione rilasciata al dipendente, che sarà tenuto a versare l’importo residuo in sede di dichiarazione dei redditi.
Con l’inizio del nuovo anno arrivano anche le prime scadenze fiscali da rispettare. Il mese di gennaio 2026 concentra numerosi obblighi che interessano famiglie, privati cittadini, imprese, imprenditori, professionisti e partite IVA, in particolare su IVA, ritenute, contributi previdenziali e adempimenti legati al lavoro.
Per evitare sanzioni o ritardi nei versamenti, in questo articolo forniamo il calendario con le principali scadenze fiscali di gennaio 2026, suddivise per tipologia di contribuente e per area di adempimento, così da facilitare la consultazione degli obblighi e e la programmazione degli adempimenti.
Gennaio 2026 non è un mese particolarmente denso di adempimenti per i privati, ma presenta alcune scadenze chiave da non sottovalutare, soprattutto per evitare addebiti automatici o per continuare a beneficiare di agevolazioni e bonus. In particolare, l’attenzione va posta sul canone RAI, sul rinnovo dell’ISEE e sulle eventuali possibilità di regolarizzazione tramite ravvedimento operoso.
Entro il 31 gennaio 2026, i cittadini intestatari di un’utenza elettrica residenziale che non possiedono un apparecchio televisivo devono presentare la dichiarazione sostitutiva di non detenzione per ottenere l’esonero dal pagamento del canone RAI per l’intero anno.
A partire dal 1° gennaio 2026 è possibile rinnovare l’ISEE, documento indispensabile per continuare a percepire prestazioni e benefici come assegno unico, bonus sociali sulle bollette, agevolazioni scolastiche e altre misure legate al reddito familiare. In assenza di un ISEE aggiornato, molte prestazioni vengono sospese o ridotte al minimo.
Il mese di gennaio rappresenta anche una finestra utile per chi deve regolarizzare versamenti fiscali non effettuati nel 2025, come IMU, IRPEF, cedolare secca o altre imposte personali. Attraverso il ravvedimento operoso è possibile sanare le irregolarità beneficiando di sanzioni ridotte rispetto a quelle ordinarie.
Gennaio rappresenta un mese ricco di adempimenti fiscali per il mondo business. Imprese, professionisti e partite IVA sono chiamati a gestire numerosi obblighi legati all’IVA, alle ritenute, ai contributi previdenziali e alla gestione del personale, oltre a specifiche comunicazioni settoriali. Una corretta pianificazione delle scadenze è essenziale per partire con il piede giusto nel nuovo anno.
Gennaio è il mese per il pagamento di diverse imposte IVA. Vediamo nel dettaglio i vari obblighi:
15 gennaio:
16 gennaio
31 gennaio:
Il 16 gennaio è il termine per il pagamento di diverse imposte sostitutive e ritenute da parte dei sostituti d’imposta. Ecco le scadenze:
Gennaio 2026 porta con sé obblighi di versamento per i contributi previdenziali. Ecco gli adempimenti più importanti.
16 gennaio:
31 gennaio:
Ci sono anche alcune scadenze specifiche per settori e attività particolari. Ecco quelle da non perdere:
| Data | Tipologia di adempimento | Soggetti interessati |
|---|---|---|
| 15 gennaio 2026 | Fatturazione differita e registrazione corrispettivi | Partite IVA, imprese, ASD e associazioni in regime L. 398/1991 |
| 16 gennaio 2026 | Liquidazione e versamento IVA mensile | Contribuenti IVA mensili e piattaforme di vendita a distanza |
| Ritenute e imposte sostitutive | Sostituti d’imposta, datori di lavoro, intermediari | |
| Contributi previdenziali INPS | Datori di lavoro, committenti, imprese | |
| Imposte settoriali (Tobin Tax, intrattenimenti) | Banche, intermediari finanziari, operatori del settore | |
| 20 gennaio 2026 | Comunicazione canone TV | Imprese elettriche |
| 26 gennaio 2026 | Elenchi Intrastat mensili e trimestrali | Soggetti IVA con operazioni intracomunitarie |
| 31 gennaio 2026 | Dichiarazione IVA IOSS | Operatori e-commerce iscritti al regime IOSS |
| Adempimenti lavoro e Cassa Integrazione | Datori di lavoro e imprese industriali | |
| Dichiarazione di non detenzione Canone RAI | Famiglie e privati cittadini |
Nel mese di gennaio 2026 il calendario dei pagamenti INPS presenta alcune particolarità , dallo slittamento delle pensioni per le festività di inizio anno all’aggiornamento degli importi per Assegno Unico e ISEE.
Vediamo dunque le finestre temporali in cui l’INPS effettua gli accrediti per pensionati e beneficiari di NASpI, ADI, SFL e altre prestazioni legate al reddito.
La regola generale prevede che le pensioni vengano pagate il primo giorno bancabile del mese ma a gennaio l’eccezione normativa sposta l’accredito al secondo giorno bancabile: con il 1° gennaio festivo, infatti, la liquidazione slitta al primo giorni lavorativo utile. Dunque, a gennaio l’accredito avverrà in ritardo di alcuni giorni rispetto alle abitudini, con un divario tra chi riscuote alle Poste e chi attende il bonifico in banca, generalmente di 2–3 giorni. In particolare, sul conto corrente l’accredito arriverà il 5 gennaio, mentre alle Poste si potrà riscuotere l’assegno previdenziale a partire dal 3 gennaio, con il seguente calendario:
Nel cedolino di gennaio i pensionati troveranno gli effetti della nuova perequazione 2026, il rientro o l’aggiornamento delle addizionali comunali e regionali e l’eventuale conguaglio fiscale di fine anno, elementi che incidono sull’importo netto in pagamento.
Il dettaglio delle voci può essere consultato tramite il portale INPS, accedendo con credenziali SPID, CIE o CNS al “Fascicolo previdenziale del cittadinoâ€, sezione “Cedolino pensioneâ€, dove sono disponibili anche gli storici dei mesi precedenti e le comunicazioni ufficiali.
Per l’Assegno Unico e Universale, il calendario prevede i pagamenti nella seconda metà del mese, con una finestra ordinaria tra il 17 e il 20 per chi è già in possesso della prestazione e date differenziate per i primi accrediti. Nel mese di dicembre 2025 INPS ha disposto un anticipo dell’ultima mensilità dell’anno, mentre per la rata di gennaio 2026 si prevede un ritorno alle consuete finestre di accredito nell’ultima decade del mese, tenendo conto dei tempi tecnici del nuovo anno.
Per quanto riguarda gli importi, dal 1° gennaio 2026 scatta la rivalutazione collegata all’inflazione, con aumenti sugli importi base e sulle maggiorazioni, ma gli aggiornamenti si rifletteranno concretamente dai pagamenti di febbraio, con recupero degli arretrati relativi a gennaio sulle mensilità successive, in linea con quanto indicato dalle analisi di settore.
Resta centrale la presentazione della nuova DSU ISEE 2026 entro il 28 febbraio: in assenza di aggiornamento, l’Assegno Unico viene progressivamente ricalcolato sui livelli minimi, con conguagli successivi una volta acquisita la nuova attestazione.
Le famiglie possono verificare importi e date di pagamento nella sezione dedicata all’Assegno Unico sul sito INPS, accedendo al fascicolo e consultando la sezione “Pagamentiâ€, che riporta la data valuta e l’IBAN o la carta su cui avviene l’accredito.
Gli assegni per il nucleo familiare tradizionali (ANF) restano operativi solo per categorie residuali, come alcuni lavoratori agricoli o situazioni particolari non coperte dall’Assegno Unico, con pagamenti che continuano a seguire le regole della busta paga o dei flussi di disoccupazione. In questi casi, le date di accredito di gennaio 2026 coincidono normalmente con quelle degli stipendi o delle indennità collegate, salvo ritardi dovuti a festività e chiusure di inizio anno.
Per NASpI e DIS-COLL il calendario INPS non fissa date uniche uguali per tutti, ma una finestra indicativa collocata nella prima metà del mese, con tempistiche che dipendono dalla lavorazione delle singole domande e dalla chiusura delle competenze mensili. Chi percepisce regolarmente l’indennità può attendersi l’accredito di gennaio 2026 in linea con i mesi precedenti, salvo lievi slittamenti dovuti ai giorni festivi di inizio anno e ai tempi tecnici di aggiornamento dei flussi di pagamento.
Per conoscere la data esatta, è necessario accedere al fascicolo previdenziale sul sito INPS, sezione “Prestazioni – Indennità di disoccupazioneâ€, dove compaiono per ogni mensilità lo stato del pagamento, la data valuta e il riferimento al conto o alla carta su cui viene accreditata la somma.
L’Assegno di Inclusione segue un calendario che, nel 2025, ha previsto in modo ricorrente una prima finestra intorno al 15 del mese per i primi pagamenti e gli arretrati e una seconda finestra verso fine mese per le ricariche successive al primo accredito, schema che può essere considerato il riferimento operativo anche per l’avvio del 2026. In gennaio 2026, pertanto, le famiglie già in pagamento dovrebbero ricevere la ricarica nella parte finale del mese, mentre i nuovi beneficiari potrebbero vedere il primo accredito dopo le verifiche sui requisiti e la sottoscrizione dei Patti previsti dalla normativa.
Le date ufficiali vengono confermate di volta in volta da INPS tramite messaggi e avvisi sul sito istituzionale, nonché nell’area personale dei beneficiari, dove è possibile visualizzare importo, data valuta e stato delle mensilità ADI.
Il Supporto per la Formazione e il Lavoro mantiene una logica di pagamento legata allo svolgimento delle attività previste (formazione, progetti di attivazione, percorsi di politica attiva) e alle comunicazioni delle piattaforme digitali, con accrediti di norma concentrati nella seconda metà del mese. Anche per gennaio 2026 si prospetta una finestra di pagamento analoga a quella del 2025, con accrediti dopo la validazione della partecipazione alle attività e l’allineamento dei flussi informativi tra INPS, centri per l’impiego e soggetti attuatori.
Il beneficiario può controllare lo stato dei pagamenti SFL nella propria area personale INPS, sezione dedicata alle misure di attivazione lavorativa, dove vengono riportati i periodi indennizzati e le relative date valuta.
La Carta Acquisti continua a essere ricaricata su base bimestrale, ma non sono previsti accrediti a gennaio: gli 80 euro bimestrali arriveranno a febbraio.
La Carta Dedicata a Te è invece legata a rifinanziamenti annuali e a specifici decreti attuativi. Pur essendo stata rifinanziata per il 2026 e il 2026, a gennaio non sono previste ricariche. Gli importi erogati in autunno dovranno tuttavia essere utilizzati entro febbraio 2026, a patto di aver effettuato il primo pagamento entro il 16 dicembre 2025, pena la decadenza del beneficio.
| Prestazione | Quando arriva a gennaio 2026 | Note |
|---|---|---|
| Pensioni (conto corrente) | 5 gennaio 2026 | Accredito sul conto con slittamento per festività di inizio anno. |
| Pensioni (riscossione in contanti alle Poste) | Dal 3 gennaio 2026 (scaglionato per cognome)
|
Calendario alfabetico per sportello/Postamat; importi con perequazione e conguagli nel cedolino. |
| Assegno Unico e Universale | Seconda metà del mese (finestra ordinaria 17–20 gennaio per chi è già in pagamento) | Primi accrediti con date differenziate; rivalutazione da inflazione con effetti concreti da febbraio (con arretrati). |
| Assegni familiari (ANF) e prestazioni collegate | Date variabili (in genere allineate a stipendio o indennità collegate) | Restano per categorie residuali; possibili slittamenti per festività /chiusure di inizio anno. |
| NASpI / DIS-COLL | Prima metà del mese (nessuna data unica) | Dipende dalla lavorazione della domanda e dai flussi di pagamento; verificare nel fascicolo previdenziale. |
| Assegno di Inclusione (ADI) | Indicativamente metà mese (primi pagamenti/arretrati) e fine mese (ricariche successive) | Schema ricorrente già visto nel 2025; date confermate da INPS e visibili in area personale. |
| Supporto Formazione e Lavoro (SFL) | Seconda metà del mese | Accredito dopo validazione delle attività e allineamento dei flussi (INPS–CPI–soggetti attuatori). |
| Carta Acquisti | Nessuna ricarica a gennaio (prossima a febbraio) | Ricarica bimestrale da 80 euro. |
| Carta Dedicata a Te | Nessuna ricarica a gennaio | Utilizzo delle somme già erogate: in genere entro febbraio 2026 (con condizioni su primo utilizzo). |
Nel cedolino di gennaio 2026 confluiscono le novità dell’anno nuovo: rivalutazione assegni, incremento pensioni più basse, aggiornamento maggiorazioni sociali e conguagli IRPEF. A gennaio cambiano anche le date di pagamento, con un calendario diverso rispetto al resto dell’anno. Vediamo tutto.
Le novità sono state illustrate dall’INPS con Circolare n. 153/2025, che disciplina il rinnovo pensioni e prestazioni assistenziali per il 2026.
Dal 1° gennaio 2026 le pensioni sono rivalutate sulla base dell’indice provvisorio Istat FOI pari a +1,4%, come stabilito da decreto MEF recepito dall’INPS. L’aumento è applicato con meccanismo di perequazione a fasce, che prevede percentuali differenziate in base all’importo complessivo dei trattamenti pensionistici:
La rivalutazione è applicata sul cosiddetto cumulo perequativo e resta provvisoria, con eventuale conguaglio negli anni successivi in base all’inflazione definitiva.
Dal rinnovo 2026 emerge anche l’aggiornamento del trattamento minimo INPS, che dal 1° gennaio è pari a 611,85 euro lordi mensili (7.954,05 euro annui). Questo valore rappresenta il riferimento per soglie, limiti reddituali e prestazioni collegate al reddito.
Per le pensioni pari o inferiori al minimo è confermato anche per il 2026 l’incremento straordinario dell’1,3%, introdotto negli anni precedenti e prorogato dalla normativa. L’aumento massimo riconosciuto è pari a 7,95 euro mensili, per un importo complessivo che può arrivare fino a 619,80 euro lordi al mese.
Nel 2026 prosegue inoltre il rafforzamento delle maggiorazioni sociali destinate ai pensionati con redditi più bassi. È previsto un aumento di 12 euro mensili, che si aggiunge agli 8 euro già riconosciuti nel 2025, nel rispetto dei limiti reddituali previsti dalla normativa.
Questi adeguamenti si riflettono direttamente sul cedolino di gennaio, dove possono comparire anche eventuali arretrati legati a ricalcoli definitivi o ad aggiornamenti intervenuti a fine 2025.
Gennaio è anche il mese in cui l’INPS effettua il conguaglio IRPEF, ricalcolando l’imposta dovuta sui redditi pensionistici effettivamente percepiti nel 2025. Il risultato può tradursi in un rimborso oppure in trattenute aggiuntive.
Nel cedolino di gennaio tornano inoltre a regime le addizionali regionali e comunali, che possono attenuare l’effetto netto dell’aumento derivante dalla rivalutazione.
Il pagamento delle pensioni avviene ordinariamente il primo giorno bancabile del mese ma a gennaio fa eccezione e l’accredito è disposto nel secondo giorno bancabile, a causa delle festività di inizio anno:
Per il ritiro in contanti agli sportelli postali è previsto il consueto scaglionamento alfabetico:
Dal mese di febbraio 2026 si torna al calendario ordinario, con pagamento nel primo giorno bancabile del mese.
La circolare INPS richiama anche la disciplina dei pagamenti annuali e semestrali per pensioni di importo molto contenuto:
Per il 2026 le soglie operative sono:
Nel cedolino pensione di gennaio 2026 è possibile verificare:
Il cedolino è consultabile online nel Fascicolo previdenziale del cittadino sul sito INPS, accessibile con SPID, CIE o CNS, generalmente a partire dalla seconda metà di dicembre. Dalla stessa area è possibile scaricare lo storico dei cedolini e la Certificazione Unica.
Legge di Bilancio 2026 in Senato: approfondiamo le misure più rilevanti emerse nel passaggio parlamentare su incentivi alle imprese, flat tax rinnovi contrattuali, agevolazioni per lavoro notturno e premi, pensioni e previdenza complementare, silenzio-assenso TFR e affitti brevi.
La Legge di Bilancio 2026 è stata approvata dalla commissione Bilancio ed è ora in discussione nell’aula del Senato. Numerose le modifiche apportate dal Governo, che ha finalmente smarcato il testo. Il testo sarà approvato con voto di fiducia entro la pausa natalizia e poi, entro il 31 dicembre, approvato dalla Camera blindato da voto di fiducia, quindi senza modifiche.
Dopo l’ultima settimana di fibrillazioni, è stata evitata la stretta sulle pensioni per cui non si inaspriscono i requisiti per la pensione anticipata e non ci sono penalizzazioni sul riscatto laurea.
La versione finale della Manovra contiene poi 1,3 miliardi di euro in più destinati alle imprese, che vanno a finanziare le domande di credito d’imposta ZES unica 2025, e quelle per l’agevolazione 4.0, anche se in questo caso ci sono punti ancora da chiarire.
Il capitolo fiscale è rimasto sostanzialmente invariato seppur con qualche eccezione, ad esempio in merito alla cedolare secca sugli affitti brevi, che torna al 21% per un solo immobile mentre con tre case sul mercato l’attività diventa imprenditoriale.
Per quanto riguarda il lavoro, la flat tax sugli aumenti da rinnovo contrattuale viene estesa ai contratti 2024 e ai redditi fino a 33mila euro mentre la tassazione agevolata sui premi di produttività riguarda anche le forme di partecipazione agli utili.
Fra i capitoli più caldi delle ultime settimane, imprese e pensioni. Il Governo su entrambi gli argomenti ha presentato emendamenti che sono stati poi modificati, o addirittura ritirati. Sul tentativo di introdurre un inasprimento delle regole sulle pensioni anticipate, con l’allungamento della finestra mobile dal 2032 e il depotenziamento del riscatto laurea ai fini del raggiungimento del diritto, si è consumata una frattura interna alla maggioranza,, ricomposta solo in seguito alla totale marcia indietro dell’esecutivo. Che ha però introdotto un nuovo taglio delle risorse destinate a coprire le domande di pensioni precoci e usuranti. E ha eliminato una misura che era stata introdotta lo scorso anno e consentiva di sommare i contributi alla previdenza complementare per raggiungere il requisito per agganciare la pensione contributiva a 64 anni (20 anni di contributi e assegno pari ad almeno 3 volte il minimo).
Resta invece il nuovo silenzio assenso per i neo assunti sulla destinazione del TFR alla pensione complementare. Il trattamento di fine servizio viene automaticamente destinato alla previdenza complementare a meno che non ci sia una scelta contraria del lavoratore.
C’è anche l’allargamento della platea delle imprese che devono destinare all’INPS i ratei i trattamento di fine rapporto: ricomprese nel 2026 tutte le aziende che hanno almeno 60 dipendenti, indipendentemente da quando hanno raggiunto il requisito, dal 2028 questo numero scende a 50, nel 2032 l’obbligo riguarderà le aziende con ameno 40 dipendenti.
Alla fine, fra vecchie e nuove misure, in manovra per quanto riguarda le pensioni ci sono la proroga dell’APE Sociale e la mitigazione dell’aumento delle aspettative di vita, con un mese in più nel 2027 e i restanti mesi (probabilmente due) nel 2028.
Passando al capitolo fiscale, il piatto forte della manovra è rappresentato dalla riforma degli scaglioni IRPEF, che abbassa l’aliquota fiscale per il secondo scaglione dal 35 al 33%. Questa parte è rimasta immutata nell’iter parlamentare. Fra le modifiche introdotte, invece, rilevante quella sulla cedolare secca sugli affitti brevi. Anche qui, il dibattito è stato particolarmente acceso, e alla fine la soluzione prevede che le regole restino sostanzialmente immutate, con aliquote al 26% che però resta al 21% per una sola delle unità immobiliari locate.
C’è però un’importante novità relativa al numero di immobili che si possono proporre sul mercato turistico senza dover esercitare l’attività in forma imprenditoriale: erano quattro, dal 2026 sono al massimo due.
La parte relativa alla imprese è quella su cui i sono concentrate gran parte della modifiche. Il Piano Transizione 5.0 è stato sensibilmente modificato, eliminando le aliquote di ammortamento premiali per gli investimenti green. Quindi, per l’iperammortamento restano le seguenti tre fasce: 180% per progetti fino a 2,5 milioni di euro, 100% fra i 2,5 e i 10 milioni, 50% fra i 10 e i 20 milioni. E’ stato però allungato il periodo di validità dell’agevolazione, non più limitata al solo 2026 ma estesa fino al 30 settembre 2028.
C’è poi una restrizione sui pannelli fotovoltaici, per cui non sono ammessi all’incentivo quelli ricompresi nella lettera a dell’articolo 12 del decreto 181/2023). Sono stati aggiornati gli allegati che contengono l’elenco dei beni agevolati. Anche qui, c’è però un nuovo paletto: tutti i beni devono essere prodotti nell’Unione Europea o nello Spazio economico europeo.
Il Governo ah poi destinati ulteriori 1,3 miliardi alle imprese, così suddivisi: una parte va a coprire la domanda di incentivi ZES già chiesti dalle imprese entro il 2 dicembre scorso, facendo salire il credito d’imposta spettante al 75%. Un’altra parte serve invece per finanziarie le domande di credito d’imposta Transizione 4.0: qui ci sono dei punti da chiarire perché in realtà il fabbisogno per questa misura è più basso, mentre sarebbero necessarie ulteriori risorse per coprire la coda delle domande in incentivi 5.0. Non è chiaro in che modo saranno esattamente calibrati i fondi.
Infine, eliminata la stretta sulla compensazione dei crediti alle imprese, per cui su questo fronte non cambiano le regole. Confermato invece il rinvio al 2027 di sugar tax e plastic tax.
Fra le novità relativa al lavoro, la più rilevante è il potenziamento della detassazione sugli aumenti che derivano da un rinnovo contrattuale. La flat tax al 5% inizialmente prevista per i redditi da lavoro dipendente fino a 28mila euro, e in relazione ai contratti rinnovati nel 2025 e nel 2026, è stata estesa ai rinnovi 2024 e il tetto di reddito è salito a 33mila euro.
C’è anche una novità sui salari di produttività , la tassazione agevolata all’1% si applica anche alle forme di partecipazione dei lavoratori agli utili dell’impresa.
Dal 1° gennaio 2026 entrerà in vigore una nuova norma relativa ai concorsi pubblici, che avranno graduatorie limitate in modo da evitare procedure di scorrimento infinite e conseguenti accumuli di candidati idonei. Secondo la norma “taglia idonei†prevista dal Dl 44/2023, viene limitato l’utilizzo delle graduatorie esito dei concorsi pubblici, creando elenchi non eccessivamente lunghi che potrebbero creare false aspettative anche nei candidati che hanno superato le prove selettive, pur non accedendo al posto di lavoro nell’immediato.
Gli idonei non vincitori, stando alle nuove regole, potranno essere al massimo il 20% dei posti messi a bando: questo limite si applica tenendo in considerazione la data di pubblicazione del bando e non la data di approvazione della graduatoria.
Nei concorsi pubblici cambia una delle regole più discusse degli ultimi anni: la gestione delle graduatorie. Con la cosiddetta norma “taglia idoneiâ€, il legislatore interviene per limitare il numero di candidati considerati idonei e ridurre lo scorrimento automatico delle graduatorie, una prassi che aveva di fatto ampliato l’accesso alla Pubblica amministrazione anche oltre i posti messi a bando.
L’obiettivo dichiarato è rendere le procedure più rapide, selettive e coerenti con il fabbisogno reale degli enti, ma l’impatto per chi partecipa ai concorsi è tutt’altro che marginale.
La nuova disciplina stabilisce che, nei concorsi pubblici, il numero degli idonei non vincitori venga fortemente limitato rispetto al passato. In particolare, gli idonei saranno individuati entro una soglia numerica più ristretta e lo scorrimento oltre i posti messi a concorso diventa un’eccezione e non più la regola.
In questo modo si intende evitare che graduatorie molto lunghe restino attive per anni, alimentando aspettative di assunzione spesso disattese.
Essere idonei non equivarrà più, automaticamente, a rientrare in una “lista di attesa†utilizzabile nel tempo da più amministrazioni. In concreto aumenta il peso del posizionamento finale in graduatoria, si riducono le possibilità di assunzione differita nel tempo e diventa meno probabile l’utilizzo della graduatoria da parte di altri enti.
Il concorso torna quindi a essere maggiormente legato ai posti effettivamente disponibili al momento del bando.
Negli ultimi anni, il ricorso esteso allo scorrimento delle graduatorie aveva prodotto effetti distorsivi. In molti casi:
La norma “taglia idonei†punta a riallineare il reclutamento pubblico ai principi di programmazione e selezione mirata.
Non mancano le critiche. Secondo alcune osservazioni, la riduzione drastica degli idonei potrebbe:
Il bilanciamento tra efficienza amministrativa e tutela delle aspettative dei candidati resta uno dei nodi più delicati.
La norma si applica ai nuovi concorsi pubblici banditi dopo l’entrata in vigore della disciplina. Le graduatorie già approvate continuano invece a essere regolate dalle norme previgenti, salvo disposizioni specifiche dei singoli bandi. Il meccanismo “taglia idonei” non si applicherà neppure:
Per chi si prepara a partecipare a un concorso, diventa quindi fondamentale leggere con attenzione il bando e verificare numero di posti, limiti agli idonei e durata della graduatoria.
Con la pubblicazione delle nuove Regole Operative del GSE sul Conto Termico 3.0 arrivano indicazioni puntuali su ruoli, documentazione e requisiti tecnici per gli interventi ammessi agli incentivi. Il documento chiarisce in modo chiaro chi può presentare domanda, come devono essere misurate e certificate le prestazioni e quali condizioni tecniche devono essere rispettate per accedere al contributo.
Le Regole Operative distinguono in modo netto le figure coinvolte nella richiesta di incentivo. Il Soggetto Ammesso è il beneficiario finale del contributo, mentre il Soggetto Responsabile è colui che presenta la domanda al GSE e risponde della correttezza delle informazioni e della documentazione trasmessa.
Il GSE precisa che il Soggetto Responsabile assume un ruolo centrale nella gestione del rapporto con l’Amministrazione, inclusa la conservazione dei documenti e la disponibilità a eventuali controlli. In caso di difformità o irregolarità , le responsabilità ricadono su chi ha presentato l’istanza.
Un capitolo rilevante delle nuove Regole Operative riguarda la documentazione tecnica. Viene richiesto che i dati relativi alle prestazioni energetiche siano determinati tramite metodi di rilevazione e calcolo coerenti, tracciabili e verificabili, in linea con le norme tecniche di riferimento.
Il GSE specifica che le misurazioni devono essere supportate da schemi di calcolo, certificazioni dei componenti installati e relazioni tecniche che consentano di ricostruire in modo puntuale le prestazioni dichiarate. L’assenza o l’incompletezza di tali elementi può comportare il rigetto della domanda o la revoca dell’incentivo.
Le Regole Operative ribadiscono che l’accesso al Conto Termico 3.0 è subordinato al rispetto di specifici requisiti tecnici, che variano in funzione della tipologia di intervento. Gli impianti e i componenti devono rispettare le soglie di efficienza previste e risultare conformi alle disposizioni vigenti.
Viene inoltre precisato che eventuali aggiornamenti tecnologici o modifiche in corso d’opera devono essere coerenti con quanto dichiarato in fase di richiesta. Ogni scostamento rilevante deve essere documentato e comunicato al GSE, pena la perdita del beneficio.
Le nuove Regole Operative incidono in modo diretto sulla presentazione delle domande di incentivo per il Conto Termico 3.0. Il chiarimento su ruoli, documentazione e requisiti tecnici mira a ridurre le incertezze applicative, ma introduce anche un livello di controllo più elevato sulle pratiche presentate.
Per imprese, pubbliche amministrazioni e soggetti coinvolti diventa quindi centrale una corretta impostazione della domanda fin dalle prime fasi, con particolare attenzione alla definizione dei ruoli e alla completezza della documentazione tecnica.
Per approfondire:Â Regole Operative del GSE e scheda tecnica (con modulistica e procedure) sul Conto Termico 3.0
È al vaglio della Camera il disegno di legge contenente la riforma del condominio, introducendo numerose novità in tema di gestione amministrativa e responsabilità economiche. La proposta in discussione introduce requisiti più stringenti per la figura dell’amministratore e rafforza le regole sulla trasparenza dei rendiconti e sulla gestione delle morosità , con effetti diretti su proprietari, inquilini e professionisti del settore.
Al centro del dibattito c’è l’obiettivo di ridurre i contenziosi, migliorare la qualità dell’amministrazione e tutelare i condomini da gestioni opache o poco professionali. La riforma è comunque ancora in fase di discussione e dovrà affrontare il confronto parlamentare. Solo dopo l’eventuale approvazione si conosceranno i tempi di entrata in vigore e le modalità di applicazione delle nuove regole. Vediamo intanto cosa prevede.
Il ddl di riforma del condominio, strutturata in 17 articoli, prevede la creazione di un albo professionale degli amministratori di condominio presso il MIMIT, introducendo anche l’obbligo di acquisire una laurea almeno triennale per poter esercitare la professione. Oltre al divieto dei pagamenti in contanti e l’obbligo di nominare un revisore quando i condomini sono più di 20, la norma prevede anche una nuova gestione dei debiti causati da condomini morosi.
Secondo il disegno di legge, infatti, i creditori nei casi di morosità potranno agire sulle somme disponibili sul conto corrente condominiale e, in via sussidiaria, anche sui beni dei condomini in base alla morosità di ciascuno. È anche consentito agire nei confronti dei condomini in regola con i pagamenti. Cambiano anche le tempistiche per il recupero delle quote non versate, infatti, l’amministratore non dovrà più attivare decreti ingiuntivi entro sei mesi dalla chiusura dell’esercizio ma solo successivamente all’approvazione del rendiconto.
Uno dei punti più discussi della riforma riguarda l’accesso alla professione di amministratore di condominio. La proposta prevede un innalzamento dei requisiti minimi, con l’introduzione dell’obbligo di laurea, affiancata a una formazione specifica e continua. L’intento è quello di qualificare maggiormente una figura che oggi gestisce patrimoni rilevanti, flussi finanziari complessi e rapporti giuridici delicati, spesso senza un percorso formativo strutturato.
Con l’inasprimento delle regole, all’amministratore vengono attribuiti anche maggiori obblighi di vigilanza e intervento, soprattutto in caso di irregolarità nei pagamenti o di gestione non conforme. In parallelo, cresce il rischio di responsabilità professionale: errori nei conti, omissioni nei rendiconti o ritardi nelle azioni contro i morosi potrebbero esporre l’amministratore a contestazioni e richieste di risarcimento.
La riforma interviene anche sulla rendicontazione condominiale, prevedendo schemi più chiari e standardizzati. I bilanci dovranno essere redatti in modo comprensibile, con indicazione dettagliata di entrate e uscite; distinzione netta tra spese ordinarie e straordinarie; tracciabilità dei movimenti sul conto corrente condominiale.
L’obiettivo è rendere più semplice il controllo da parte dei condomini e ridurre le aree grigie che spesso alimentano conflitti e impugnazioni delle delibere.
Uno dei nodi più delicati riguarda la gestione dei condomini morosi. La proposta chiarisce che, in presenza di mancati pagamenti, i fornitori possono rivalersi sull’intero condominio, con la conseguenza che i condomini in regola potrebbero anticipare le quote dei morosi.
Una previsione che rafforza la responsabilità collettiva e spinge verso una gestione più tempestiva del recupero crediti, ma che solleva anche preoccupazioni tra i proprietari virtuosi.