Interpretazione di un racconto popolare: La mammana di la principissa-fata(Fiabe novelle e racconti popolari siciliani, LV)

di Salvatore La Grassa

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La mammana di la principissa fata; la principessa-fata come melissa e Grande Madre

La principessa fata come melissa e Grande Madre


L’ipotesi che il racconto della Messia sia una deriva dei riti delle Tesmoforie ha veramente pochi punti di sostegno nel racconto, ma forse per un carattere particolare della principessa fata si può tracciare un legame con le partecipanti alle Tesmoforie. Quest’ultime erano chiamate melissai, ovvero api. Il mondo dell’alveare fino a poco tempo fà è stato un mondo favoloso, su cui gli uomini hanno fantasticato e proiettato i loro bisogni e desideri. Gli antichi greci e gli antichi romani credevano che le api derivassero dalle piante, dal legno degli alberi, oppure credevano che si autoriproducessero senza un concorso di tipo eterosessuale, oppure ancora che venissero fuori dalle carcasse di tori e leoni. La principessa del racconto siciliano partorisce due figli maschi, ma del padre non si fa cenno. Ai suoi ordini stanno dei giganti come fosse Gea, la madre primordiale, o una Grande Madre delle antichissime religioni dell’area mediterranea che aveva come servitori i Cabiri, che si credevano fossero nani, ma che venivano chiamati anche Grandi Dei; anche Gea e le Grandi Madri avevano la caratteristica della partenogenesi, così anche Era che partorì Efesto, il dio fabbro e del fuoco in maniera partenogenetica. Nel racconto siciliano molto probabilmente la principessa è considerata una fata per questa capacità autoriproduttiva. Il fatto che la principessa fata abbia a disposizione tanto oro la connette alle antiche dee dei morti e degli inferi che solitamente nei miti hanno ricchezze immense. Queste ricchezze possono pure dipendere dai giganti, che molto probabilmente nei miti dell’antica Grecia erano anche fabbri e costruirono il fulmine, donato poi a Zeus. Poiché i giganti fabbri sapevano trasformare i metalli col fuoco, probabilmente nei racconti fantastici è possibile che trasformassero altri metalli in oro.
Ma non è una palese contraddizione collegare la principessa alla Grande Madre se la prima è costretta a mangiare ogni giorno per sopravvivere? Certo, ma probabilmente il collegamento antico nel racconto della Messia non si comprende più, per cui colui o colei che ha reimpostato di recente il racconto, ha usato altre chiavi interpretative per dare un significato alla ricerca del cibo da parte della principessa fata.
Prima del tentativo di esporre queste altre chiavi interpretative ho cura di ricordare che sia nei riti di Eleusi, sia nelle Tesmoforie, riti entrambi proprio delle due dee, Demetra e Persefone, c’era una manducazione. Nei riti eleusini, in epoca classica, era prevista da parte degli iniziati la manducazione del ciceone, una sorta di bevanda realizzata con farina grossa di orzo frammista a menta e acqua; nelle Tesmoforie di Atene al terzo e ultimo giorno le partecipanti festeggiavano e non si limitavano nel mangiare e bere; nelle Tesmoforie di Siracusa si preparavano con sesamo e miele dei dolci con la forma dei genitali femminili, questi dolci erano chiamati mylloi e venivano offerte alle Due Dee e consumate nel giorno culminante della festa(da Eraclito di Siracusa, Istituzioni, in Ateneo, I sofisti a banchetto, XIV, 647a).
Per comprendere al meglio il racconto della Messia si deve considerare il contesto in cui questa raccontatrice si cimentava nel presentare e interpretare le situazioni e i personaggi dei racconti. I suoi ascoltatori erano giovinette e adolescenti, e fra quest’ultimi, lo stesso Giuseppe Pitré e le sue cugine. Premesso ciò, si può relazionare all’inverso il dar da mangiare della mammana alla principessa, ovvero si può relazionare al digiuno che il reuzzo impone a Caterina la sapienti, protagonista del racconto omonimo (Pitré, VI), raccontato pure dalla Messia. In quest’ultimo racconto il reuzzo si vuole vendicare dello schiaffo ricevuto da Caterina quando era andato a prendere lezioni nella sua scuola, aperta e gratis per tutti. Per vendicarsi il reuzzo sposa Caterina, ma una volta sposatala e dopo averla condotta nel suo palazzo, la deposita in uno scantinato cui si accede attraverso una botola. La mammana da a mangiare a una donna fata, mentre il reuzzo lascia digiuna una donna non fata, sapiente, ma senza doti magiche. Ma che c’azzecca? C’azzecca perché la principessa, frequentando quella comitiva di cui accenna alla fine, ha acquisito delle doti straordinarie. Praticamente è vicina alle api, alle dee che figliano in maniera partenogenetica ed ha bisogno solo di cibarsi quel tanto per portare a termine la gravidanza, che lei stessa ha deciso di attuare e portare a termine. C’è sicuramente nel racconto sulla mammana una esclusione degli uomini, come nei rituali delle Tesmoforie. Non per niente ho riportato che a Siracusa il dolce della festa, composto da sesamo e miele, aveva la forma dei genitali femminili. Anche nel mito di Demetra è una donna(Iambe, la serva di Metanira e Celeo secondo l’inno omerico, o Baubo, la moglie di Disaule, secondo la versione orfica) a porgere il ciceone a Demetra, travestita da donna non più giovane e non in grado di avere figli.
Mentre Caterina deve rincorrere il reuzzo nei suoi viaggi, sedurlo e poi sposarlo nuovamente, la principessa fata fa da sola con il solo aiuto della mammana. Ascoltando questo racconto gli ascoltatori e le ascoltatrici adolescenti ancora non vengono edotti circa la causa della nascita dei bambini, ma grazie alle vicende di Caterina la sapienti ne sapranno un po' di più.

Dolci siciliani chamati minne


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