Interpretazione di un racconto popolare: La mammana di la principissa-fata(Fiabe novelle e racconti popolari siciliani, LV)

di Salvatore La Grassa

TAG: Giuseppe Pitré, Fiabe novelle e racconti popolari siciliani, Agatuzza Messia, principessa-fata, generazione partenogenetica, gemelli, parto gemellare, dar da mangiare a donna in attesa, comitiva delle principesse-fate, un sacco di monete d'oro per il servizio della mammana, avvenimenti segregati per mezzo di giganti, giganti a servizio della comitiva delle principesse-fate, Tesmoforie, esclusione figura maschile, prostituzione d'alto bordo, dolci con sesamo e miele con la forma di genitali femminili, dolci chiamati mylloi, ricchezza del mondo infero, mammana e ruffiana, mammana venale, racconto elaborato a uso di adolescenti in formazione, mammane e donne altolocate



Conclusioni: il racconto della Messia potrebbe essere architettato dalla vicenda di una mammana che aveva cambiato stile di vita e che aveva amicizie con donne altolocate

Conclusioni: il racconto della Messia potrebbe essere stato architettato a partire della vicenda di una mammana che aveva cambiato stile di vita e che aveva amicizie con donne altolocate

E' possibile che l'origine di questo racconto popolare di Agatuzza Messia sia una ricostruzione di qualche storiella scabrosa di qualche nobildonna palermitana. Ma derivi anche da una certa invidia nei confronti di fortunate mammane che nella seconda metà del XVIII potevano beneficiare di alte parcelle se chiamate da prodighe e fredifreghe nobildonne. In quel periodo a Palermo tra le alti classi dei nobili e dei nuovi ricchi imperversava la moda di Parigi. Le donne ricche vestivano con tessuti di lusso provenienti dalla Francia, i vestiti divennero abbastanza scollati. Venne l'epoca dei cicisbei che accompagnavano e servivano le dame. Quest'ultime potevano permettersi di uscire da sole o con il cicisbeo di turno. Tra le classi più agiate, secondo alcuni resoconti di personaggi dell'epoca, come il poeta Giovanni Meli( Giuseppe Pitré, La vita in Palermo cento e più anni fa) non era più prevalente il sentimento della gelosia, e i coniugi se la spassavano ognuno per sé.
Ma ritornando alle mammane, c'è da ricordare una consuetudine che destinava a spese della comunità dei notevoli regali in occasione della nascita di un figlio a un componente del Senato cittadino. Alla puerpera andavano 50 onze (100 se ella stessa era senatrice), alla levatrice andavano 10 onze e altre 10 onze venivano distribuite agli ufficiali della parrocchia in cui avveniva il battesimo. Erano somme considerevoli che gravavano sul bilancio della città di Palermo. Nel finale del racconto della Messia la principessa fata chiama la mammana da un palazzo nei pressi dei Quattro Canti di città, e proprio a una quarantina di metri da lì c'è e c'era il Palazzo Senatoriale, ora Palazzo delle Aquile o Palazzo Pretorio.
Nel racconto della Messia la fata è una principessa, probabilmente di una famiglia nobile in decadenza, ma questo dettaglio può essere stato aggiunto al racconto originario. Questa donna, chiamata fata, potrebbe essere stata una donna che cercava una certa libertà. Le donne, allora, avevano ben poche possibilità di fare incontri, comprese quelle appertenenti a famiglie nobili (la baronessa di Carini docet). Allora probabilmente per ottenere maggiore libertà e opportunità di conoscere persone si cercava di far parte di comitive speciali, oppure di confraternite i cui componenti avevano il permesso di circolare la sera anche dopo una certa ora. Ma è quasi inspiegabile il fatto che debba ricorrere alla mammana per mangiare, pena la sua morte nella notte. Questa principessa sta fuori di casa per prendere del cibo alla finestra della mammana, che potrebbe abitare, ricostruendo il passaggio del cibo, al piano terra o a un piano terra rialzato. E al piano terra certamente abitano famiglie umili, persone non certo agiate.
E' possibile congetturare che la principessa, poiché faceva parte della comitiva delle fate, dovesse digiunare in toto o in maniera notevole tanto da non consentirle di portare avanti una gravidanza. Ma è pure possibile che il novellatore/novellatrice abbia inserito ironicamente questo dar da mangiare, contraccambiato da monete d'oro in proporzione alla quantità di cibo. Questo particolare ci dice che la principessa era una falsa fata, doveva mangiare per vivere. E per capire cosa volesse dire il raccontatore originario è forse meglio sottolineare che la principessa fosse una persona falsa. Si può ipotizzare che non fosse una che vendeva il proprio corpo abitualmente, ma solo nel periodo di gravidanza, dopo che il seme del marito o amante ufficiale l'aveva resa incinta. Allora si era rivolta alla mammana, che le forniva degli amanti occasionali. Più questi amanti erano danarosi, maggiormente pagavano la prestazione sessuale e in percentuale alla mammana entrava più denaro. Ecco perché le portate di cibo divenivano sempre più grandi. Probabilmente per questi antefatti il novellatore cura che la principessa metta al mondo due gemelli, di cui non si dice che fossero molto simili o monozigoti. Probabilmente solo uno dei gemelli era figlio del marito o compagno della principessa.
La principessa, dopo il parto gemellare, chiedeva alla mammana di rimanere ad assisterla per altri 15 giorni. La levatrice di solito, specie dopo un parto senza problemi, termina la sua opera dopo il parto; per complicazioni in seguito al parto la mammana dovrebbe farsi da parte e lasciare il posto al medico. Nel racconto non si accenna alla motivazione di questa richiesta, ma si può supporre che dietro questa richiesta ci fosse pure la condiscendenza della mammana a tralasciare la precisa data del parto, in modo che la principessa potesse dichiarare una data a lei conveniente. Per questo la mammana fu remunerata enormemente e di certo non avrebbe mai potuto contraddire la principessa. Infine si potrebbe interpretare la possibile morte, nella notte, della principessa se si ipotizzasse che fosse entrata in un cerchia malavitosa che organizzava e sfruttava la prostituzione segreta d'alto bordo e non ammetteva che una adepta rimanesse senza lavoro e quindi senza clienti danarosi anche una sola notte: la cerchia malavitosa sarebbe rappresentata dai giganti che vanno a prendere la mammana e che le corrispondono un sacco di monete d'oro. Ci potrebbe stare che il periodo di prostituzione d'alto bordo della principessa sia continuato oltre la nascita dei due gemelli, e che sia finito quando era venuta a mancare, o a diminuire con l'età, la sua avvenenza: venendo a mancare quest'ultima le richieste dei clienti danarosi erano venute meno.
Questa interpretazione fortemente realistica del racconto in effetti scioglie la sua parte enigmatica. Il racconto potrebbe essere stato architettato basandosi sulla vicenda reale di una levatrice, chiamata molto frequentemente a servire le senatrici o le mogli dei senatori di Palermo. Alla fine o verso la fine della sua attività, la mammana aveva cambiato le sue abitudini modeste e aveva comprato la carrozza e sfoggiava abiti alla moda. Questo cambiamento di comportamento e le sue amicizie con donne altolocate e molto chiaccherate diede forse miccia al racconto.
C'è da aggiungere, infine, che il popolo tende ad esagerare le entrate derivanti da meretricio delle donne e spesso considera poco i rischi connessi. Per rendere più verosimile il racconto si potrebbero aggiungere due battute al discorso che fa la principessa alla mammana a dieci anni dal parto gemellare. Ecco l'aggiunta proposta:
La principessa - "Comare, sei stata una vera amica. So per certo che qualche giorno dopo che sei ritornata a casa, dopo avermi assistito al parto, è venuto presso la tua abitazione una persona a chiedere in quale giorno ti eri ritirata a casa. E la risposta è stata quella che desideravo."
La mammana - "Si ricordo vagamente, ma non fui io a dare quella informazione, ma mio marito, che quando mi vide ritornare pensò che fossi un fantasma."

Schema grafico dei tempi di gravidanza


Tutti gli articoli su La mammana di la principissa fata