Interpretazione di un racconto popolare: La mammana di la principissa-fata(Fiabe novelle e racconti popolari siciliani, LV)

di Salvatore La Grassa

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La mammana di la principissa fata; ipotesi che farebbe risalire il racconto a un rituale pagano

L'ipotesi che farebbe risalire il racconto a un rituale pagano


A questo punto, da questa constatazione, ovvero dal fatto che la principessa fata viene meno al digiuno rituale, passo all’ipotesi che il racconto popolare della Messia sia la deriva di un racconto ironico su un rituale segreto a cui potevano partecipare solo le donne. E questo rituale segreto erano le Tesmoforie greche, che oltre che in Grecia venivano celebrate nelle colonie greche in Sicilia e nella Magna Grecia.
Una parodia ironica delle Tesmoforie greche, rito riservato esclusivamente alle donne ateniesi sposate e di condizione libera, fu scritta da Aristofane nella commedia Tesmoforiazuse(Le donne alla festa di Demetra), andata in scena ad Atene nel 411 a.C.; in una scena di questa commedia veniva messa in risalto la trasgressione del digiuno da parte delle donne. Mnesiloco, parente di Euripide, travestito da donna, si intrufola di nascosto tra le donne partecipanti alle Tesmoforie. Per il timore di essere smascherato e per sembrare più simile alle donne, Mnesiloco ruba a una donna partecipante quello che sembrava un bambino avvolto in una coperta. Ma invece del bambino Mnesiloco scopre che avvolta nella coperta c’è una brocca piena di vino.
Il racconto siciliano della Messia, molto probabilmente fu impostato in origine partendo da questa trasgressione, ma si è sviluppato molto probabilmente sul fatto procreativo di due gemelli: fatto procreativo in cui probabilmente il novellatore originario aveva posto enfasi ironica.
Il parto gemellare nelle culture di interesse etnologico si riteneva infausto e spesso uno o tutte e due i gemelli venivano esposti, oppure venivano fatti dei sacrifici sostitutivi. Nell’antica cultura greca il parto gemellare venne accettato a partire dal culto degli dei gemelli Apollo e Artemide, ma ci sono diversi miti greci che si riferiscono a gemelli molto litigiosi o antisociali. Vedi il caso dei gemelli Cercopi, imbroglioni, ladri che Eracle riesce a catturare. Eracle, a sua volta, era gemello di Ificle. Secondo le tradizioni mitiche più seguite, Eracle ed Ificle erano figli della stessa madre Alcmena, ma di padre differente. Ificle era figlio del marito di Alcmena, mentre Eracle era figlio di Zeus, ma questi gemelli, secondo i miti a noi giunti, non entrarono mai in conflitto. Altri fratelli gemelli inconciliabili sono Egitto e Danao, tanto che le figlie del secondo uccisero alla prima notte di nozze i cugini, figli del primo. Tra i discendenti di Danao ci furono pure i suoi nipoti e gemelli Preto e Acrisio, figli di Linceo e della Danaide Ipermnestra. Questi nipoti, dopo lunghe lotte, vennero ad un accordo e si divisero il regno: uno regnò a Tirinto, l'altro ad Argo.
Curioso è il trattamento dei fratelli gemelli presso la religione Vodu di Haiti. Tale religione ebbe origine nelle zone equatoriali dell’Africa, zone preda dei mercanti di schiavi che deportarono milioni di persone nel nuovo continente. Ma poiché molto probabilmente fra questi schiavi vi erano dei cattolici e fra loro anche preti e chierici, tale religione, formatasi ad Haiti, ha qualche sovrastruttura che l’avvicina al Cristianesimo. Nel Vodu di Haiti i gemelli, chiamati Marassa, sono considerati come semidei: sia da morti, sia da vivi, vengono loro offerti dei sacrifici e si intercede presso di loro ( ma solo a quelli ancestrali) per avere concesso la prosperità. Sono considerati come figli di San Nicola e Santa Rita. Chiaramente questa figliolanza ha carattere magico, ma è chiaro che tale figliolanza fosse considerata frutto di atti peccaminosi. E se i gemelli in vivenza non fossero stati trattati con i rituali previsti essi potevano scaricare la loro forza negativa sull’intero villaggio, in specie sui genitori, fino ad ucciderli.


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