Ripensamento e reinterpetazione di un racconto popolare municipale: Mastru Franciscu Mancia e sedi(Fiabe novelle e racconti popolari siciliani, CXXVII)

di Salvatore La Grassa

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Filomena giovanetta, posta nel monasterio, gravemente s'inferma; e visitata da molti medici, finalmente ermafrodita vien ritrovata( da Le piacevoli notti, Francesco Straparola, XIII, 9)

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ermafrodito al museo del Louvre

Grandi sono, graziose donne, i secreti della natura e innumerabili, né è uomo al mondo che quelli imaginar potesse. Laonde mi ho pensato di raccontarvi un caso, il quale non è favola, ma intervenuto poco tempo fa nella cittá di Salerno.
In Salerno, cittá onorevole e copiosa di bellissime donne, trovavasi un padre di famiglia della casa di Porti, il quale aveva una sola figliuola, ch'era nel fior della sua bellezza, né passava il decimosesto anno. Costei, che Filomena si chiamava, era da molti per la sua bellezza molestata e addimandata in moglie. Il padre, vedendo il pericolo grande della figliuola, e temendo che non le avenisse qualche scorno per esser cosí stimolata, deliberò di porla nel monasterio di San Iorio della cittá di Salerno, non giá che facesse professione, ma che le donne la tenessero fino ch'ella si maritasse. A costei, essendo nel monasterio, sopravenne una violente febbre, la qual era curata con ogni sollecitudine e diligenza. Andarono al principio alla cura di lei alcuni erbolai, che con gran giuramenti promettevano in breve tempo farle ricuperare la pristina sanitá; ma nulla facevano. Il padre le mandò medici pratichi e eccellenti, e alcune vecchie che promettevano darle rimedi presentanei, che subito guarirebbe.
A questa bella e graziosa giovane s'era grandemente enfiato il pettignone, il quale era venuto a guisa di una grossa palla. Per il che era molestata da tanti dolori, che altro non facea che pietosamente lamentarsi, di modo che parea esser giunta all'ultimo termine della sua vita. I parenti, mossi a pietá della misera giovane, le mandarono cirugi degni e molto approbati nell'arte cirugia. I quali ben videro ed esaminarono il luogo della enfiazione, ma altri dicevano doverglisi sopraporre radici di altea cotte e miscolate con grasso di porco, perché levarebbono il dolore e la enfiazione; altri altre cose, e altri negavano che far si dovesse alcuno delli rimedi allegati. Tutti finalmente furono d'accordo, che tagliar si dovesse il luogo enfiato per rimuover la materia e la causa del dolore. Il che deliberatosi, vennero tutte le monache del monasterio e molte matrone con alcuni propinqui della graziosa giovane.
E uno di detti cirugi, il quale di gran lunga tutti gli altri avanzava, preso il coltello feritorio, percosse leggermente e con gran destrezza in un volger d'occhi il loco enfiato; e perforata la pelle, quando si credeva che di tal buco uscir ne dovesse o sangue o marza, ne uscí un certo grosso membro, il quale le donne desiderano e di vederlo si schifano. Non posso astenermi dal ridere scrivendo la veritade in luogo di favola. Tutte le monache, stupefatte per tal novitá, piangevano da dolore, non per la ferita, né anco per la infermitá della giovane, ma per la lor causa, perciò che elle averebbeno piú tosto voluto che quello che palesamente era occorso, fusse intravenuto occultamente. Imperciò che per onor suo fu subito mandata la giovane fuori del monasterio. Or quanto l'averebbeno carissimamente dentro conservata! Tutti li medici non poteano piú da ridere.
E cosí in un tratto la giovane risanata divenne uomo e donna. E referisco per bugia quello che è la veritá, che di poi la vidi con gli occhi miei vestita da uomo con l'uno e l'altro sesso.


Considerazioni sul racconto di Francesco Straparola

Molto probabilmente una delle soluzioni per consentire una vita degna e tranquilla ai nati con evidenti segni di incertezza nell’apparato sessuale era anche la loro chiusura in convento o in monastero. Non si sono fatte molte ricerche, ma qualcosa si trova cercando nel maggiore motore di ricerca su internet.
Herculine Barbin, per esempio, fu dai suoi messa in convento per avere una educazione cristiana. Nel 1978 Foucault ha curato la pubblicazione delle memorie di Herculine Barbin, detta Alexina B., un intersessuale, come si chiama adesso l' ermafrodito, francese vissuto nell’Ottocento. Nelle memorie si legge che ad Herculine Barbin, nata nel 1838, soprannominata Alexina, alla nascita fu attribuito il sesso femminile. Fu quindi educata come una bambina, in un convento. Con l’adolescenza scoprì di essere attratta dalle compagne, si innamorò di una di esse e ne divenne amante. Per questo fu processata, e la sentenza decretò la sua trasformazione legale in uomo, stabilendo che il suo vero sesso fosse quello maschile, e che i medici che l’avevano visitata da neonata avevano commesso un errore: in una società dominata dal dogma dell’eterosessualità obbligatoria, se un soggetto si innamora delle donne, allora è un uomo. Così Alexina fu costretta a indossare abiti maschili.
Nel 1860 il suo stato di nascita è rettificato, da quel momento il suo nome è Abel. Barbin, aiutato da un benefattore, si trasferisce a Parigi dove nessuno lo conosce e può vivere la sua nuova vita di uomo. Qui, non adattandosi alla nuova identità che gli è stata imposta e soffrendo per la lontananza dai suoi affetti, dopo qualche tempo, nel 1868, si suicida.
La novella dello Straparola si deve inquadrare nel prolifico filone della parodia della letteratura sacra. Gli scrittori toscani del duecento e del trecento furono i maestri di tale filone, a cominciare da Giovanni Boccaccio. Memorabili due suoi racconti sulle monache di clausura, racchiusi nel Decamerone: Masetto di Lamporecchio(III, 1), La badessa e le brache del prete (IX, 2).
Oltre a questa novella dello Straparola non ci sono altri racconti popolari o popolareggianti che contengono una storia di ermafroditi. Ho trovato un falso ermafrodito in un racconto africano raccolto da Leo Frobenius (La sorella col pene, Decamerone nero, racconto della popolazione Munci). In questo racconto l'amante di una ragazza andata in sposa a un uomo di un altro villaggio si traveste da donna e fa credere che sia la sorella della sua amante. L'amante invita a una festa la donna e suo marito. La festa avverrà nel suo villaggio l'indomani, quindi li invita a recarsi con lui presso casa sua per il pernottamento. Ma nella sua casa c'è un solo letto. L'amante, travestita da sorella della sposa, si dice disposto a dormire sull'uscio dietro la porta, ma il marito si offre per dormire fuori e lascia che a letto vadano insieme la moglie e la presunta sorella. Ovviamente moglie e amante fanno l'amore anche più di una volta. Appena albeggia la moglie esce fuori e va alla sorgente per lavarsi e prendere l'acqua che serve per la giornata. Il marito entra nella capanna e trova la presunta sorella della moglie ancora dormiente e alquanto svestista con il pene in mostra. Il marito prende il coltello e vorrebbe tagliare il pene alla presunta sorella della moglie, ma poi è preso dalla decisione di ucciderla. Ma non decide e prende tempo. Poi arriva la moglie e il marito l'avverte che sua sorella ha il pene. La moglie ribatte che non ha mai saputo che sua sorella avesse il pene, e comincia a gridare che sua sorella ha il pene, probabilmente per avvertire l'amante. Altre persone del villaggio sentono le grida della moglie e qualcuno risponde che una sorella col pene deve essere allontanata da una coppia di sposi, mentre qualche altro dice che il pene di una donna, ovvero di un ermafrodita, non è atto alla copula. Il marito rientra nella capanna e chiede alla presunta sorella se il suo pene è atto alla copula. L'amante dice che il membro non funziona e allora il marito si rasserena e desiste dal fare offesa alla presunta sorella. Ovviamente il narratore presume che la tresca tra la donna sposata e il suo amante continuerà senza problemi.
Probabilmente i nostri narratori e le nostre narratrici popolari non hanno nemmeno preso in considerazione la storia di persone con difetti sessuali. “Dio ne libera” dice la popolana quando si accenna a casi di ermafroditismo. Ogni neonato di casa propria per la popolana è perfetto, non in quanto lo sia veramente, ma perché così deve apparire, perché già l’apparire perfetti scongiura quasi magicamente la disgrazia, il destino malevole. Non per niente i napoletani dicono: “Ogni scarrafone è bell’ ‘a mamma soja”. E questo atteggiamento della madre popolana fa si che un bambino cresca e acquisti la sua identità e la sua sicurezza.
Tutto quello che ho illustrato in questo scritto ci fa comprendere come sia difficile cambiare la mentalità alle persone che hanno pochi studi, che vedono solo il bianco e il nero e tralasciano le tante sfumature di grigio. E probabilmente a Borgetto in un dato periodo tra il popolo giravano critiche sul compromesso che la chiesa diocesana di Monreale aveva deciso di adottare sulle pratiche sessuali considerate anormali.
La novellatrice Francesca Leto ebbe a raccontare, come sopra ricordato, anche un altro racconto in cui era parte antagonista una coppia di orchi. Si tratta del racconto di Tridicinu, personaggio ultimo, minimale, che mette alla berlina una coppia di orchi, coppia che era in contrasto, anche se non apertamente, col potere del re. In questo racconto gli orchi non esibiscono alcun tipo di comportamento anomalo, non sono cannibali o per lo meno non riescono nell'intento di esserlo, non hanno code da nascondere. Probabilmente l'opera di Tridicinuriporta un rituale di "mondo alla rovescia", rituale che veniva celebrato nel tredicesimo mese, quando questo mese di pochi giorni serviva per raccordare il vecchio col nuovo ciclo di anni.


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