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di Salvatore La Grassa
TAG: Giuseppe Pitré, Fiabe novelle e racconti popolari siciliani, Francesca Leto, Salvatore Salamone Marino, Matri-drau, brutta fine di un ciabattino ozioso, signora in cerca di una serva, il ciabattino diventa servo, Matri-drau come ermafrodito, ermafroditi considerati mostri, condanna a morte ermafroditi, scelta sessuale irreversibile dell'ermafrodito, ginandro, androgino
TAG: ermafroditi come mostri, intersessuali soppressi nell'antichità, Giustiniano, Chiara Turcati, Michel Foucault, Marie o Marin Lemarcis, Jacques Duval
A definire mostri gli ermafroditi, ovvero i bambini che alla
nascita presentavano un apparato sessuale non identificabile col sesso maschile
o femminile è la storia del trattamento loro riservato dalle civiltà da
cui deriviamo. Nella Grecia antica e per i romani, l’ermafroditismo
perfetto poteva essere espressione di un carattere divino, oggetto dell’immaginario
mitologico, tuttavia in base alle norme sull’eugenetica, le anomalie
degli organi sessuali erano trattate al pari delle altre deformazioni e i
neonati con genitali non identificabili come maschili o femminili venivano
soppressi. Aristotele riteneva che comunque l’ermafrodito, poiché non
esisteva affatto l’ermafroditismo perfetto, tale che avrebbe consentito
l’autorigenerazione o la generazione con la copula con altri soggetti,
si sarebbe estinto da se in quanto i suoi organi sessuali non erano atti
alla procreazione.
L’imperatore romano Giustiniano restituì il diritto alla vita
per i neonati con caratteri sessuali incerti, a patto che in seguito l’individuo
adulto scegliesse un sesso di appartenenza e vi si adeguasse definitivamente
nel ruolo e nel comportamento, pena la condanna a morte. Questo atteggiamento
fu mantenuto dalla Chiesa cristiana e dagli Stati europei.
Ci furono dunque
condanne a morte di persone con caratteri intersessuali perché accusati
di avere oltrepassato i limiti della loro scelta. Nel contempo erano condannati
a morte pure i sodomiti, perché anche loro andavano oltre i limiti
del loro sesso. Anzi precisa Michel Foucault che gli ermafroditi che andavano
oltre il sesso prescelto erano condannati per sodomia*(in Chiara Turcati,
Intersessualità tra invisibilizzazione e medicalizzazione, tesi magistrale). Proprio
Michel Foucault ha messo in evidenza che quando i medici si interessarono
di più al sesso degli ermafroditi, ora chiamati intersessuali, quest'ultimi
da una fase in cui erano tenuti nascosti, resi quasi invisibili in quanto
erano riconosciuti o solo come maschi o solo come femmine, passarono a un'altra
fase in cui intervenne sempre più pesantemente la mano medica, la medicalizzazione. Ma
la condanna punitiva per un eventuale uso del loro sesso annesso rimase inalterata.
*Per sodomia a volte nel passato e in certe parti del mondo si intendono anche i rapporti orali, in specie tra omosessuali maschi(Wikipedia)
Di seguito mi accingo a presentare un caso di pseudo-ermafroditismo
in cui un medico francese, Jacques Duval, vissuto a cavallo del XVI e XVII,secolo,
riuscì a strappare alla condanna a morte, grazie alla sua perspicacia
e determinazione, un ginandro, ovvero un ermafrodito che appariva femmina,
ma che aveva organi sessuali maschili quasi coperti a una vista superficiale.
Si tratta del caso di Marie/Marin Lemarcis. I documenti del processo a Lemarcis
sono stati presentati dallo stesso Duval nel suo trattato Des hermaphrodits(1612),
ripreso poi in parte da Marchetti (Jacques Duval, L' ermafrodito di Rouen.
Una storia medico-legale del XVII secolo, a cura di Valerio Marchetti, Marsilio
1988).
Lemarcis, figlio/a di un ciabattino, era stato allevato come donna fino ai
20 anni, ma, dopo aver avvertito i segnali della sua virilità, aveva
cambiato d’abito. Secondo la sua stessa deposizione (Ibid., pp. 74-76),
durante il periodo che aveva trascorso in servizio come domestica presso Daniel
Fremont, aveva dormito con la levatrice Jeanne Lefebvre per cinque settimane.
Un giorno aveva rivelato alla donna il suo vero sesso senza “ sforzarsi”,
comunque, “di avere la sua compagnia” (Ibid., p. 75). I due avevano
iniziato, però, a progettare di sposarsi e Marie l’aveva comunicato
ai suoi genitori, insieme con la decisione di prendere l’abito da uomo
e di sposare Jeanne. I due, confessa Marin, avevano successivamente avuto rapporti
carnali. Per quanto riguarda il suo corpo, Lemarcis aveva spiegato di possedere
un membro virile che da circa cinque anni fuoriusciva dall’organo femminile
nel momento in cui stava per consumare un rapporto sessuale, oltre che per
scolare l’urina.
La deposizione di Jeanne Lefebvre (Ibid., pp. 77-79) aveva confermato sostanzialmente
quanto riferito da Lemarcis. Inoltre, la donna aveva assicurato di non aver
notato differenze tra il membro del suo attuale compagno e quello del suo defunto
marito. Lemarcis era stato quindi fatto visitare da due chirurghi che non avevano
trovato alcun segno di virilità. L’imputato aveva ribattuto che,
da quando era nelle mani della giustizia, il membro non era più stato
visibile in alcun momento. La giustizia aveva però considerato false
le deposizioni e Lemarcis era stato condannato a morte per il reato di sodomia
e lussuria, in quanto, secondo la sentenza, aveva simulato il sesso maschile.
Anche Lefebvre aveva subito una condanna per partecipazione al crimine che
consisteva nell’assistere all’esecuzione di Lemarcis e nella fustigazione,
oltre al bando dalla provincia.
Gli imputati erano però ricorsi in appello e a quel punto era stata
richiesta una seconda ispezione corporale a cui avrebbero partecipato sei dottori,
tra cui Duval, due chirurghi e due ostetriche (Ibid.). Questa è la descrizione
che Duval fornisce del corpo di Marin/Marie:
Lemarcis aveva il corpo massiccio, ben messo, tarchiato. La sua testa era di
forma rotondeggiante e presentava una capigliatura [...] piuttosto corta. [...]
Il labbro superiore era annerito da una peluria copiosa e scura che cominciava
appena ad apparire. La voce era chiara e forte simile a quella femminile; le
spalle mediocremente incurvate; il petto largo e ornato di seni grossi e a
forma di mammella. Sotto le ascelle si trova una certa quantità di pelo
di colore rosso; il ventre era abbastanza grande e ben messo; i glutei si presentavano
larghi e molto carnosi, così come le cosce e le gambe [...]. Il piede
era grosso e corto. L’ovale - ovvero il taglio della pudicizia - era
un po’ più stretto che nelle ragazze della stessa età e
tendeva a una maggiore rotondità. Era munito di labbra [...], di ninfe,
d’un piccolo clitoride e della colomna recta, d’una specie di condotto
urinario - attraverso il quale affermava però di non aver mai orinato.
Non c’era alcun imene né si trovavano resti della sua presenza.
Sul monte di venere[...] c’era una buona quantità di pelo rossiccio.
Era molto più copioso non solo di quello che ordinariamente si trova
nelle ragazze normali ma anche di quello che si trova nelle donne di virile
costituzione.
Eppure noi davamo relativamente poca importanza all’abbondanza del pelo
che appariva nella parte naturale e sotto le ascelle e non nutrivamo alcun
sospetto per la presenza della nera peluria che usciva dal labbro superiore.
Ne nutrivamo invece, e molti, per il fatto che al di sopra dell’osso
pubico, che corrisponde pressapoco al luogo dove si trova la vulva, sentivamo
qualcosa di sodo e di duro della lunghezza e della grossezza d’un pollice.
Ma a cosa attribuirne la causa e la ragione? (Ibid., p.84).
A quel punto, il medico aveva ritenuto fosse suo dovere esplorare internamente
il condotto dell’imputato per scoprire la verità in questione.
Aveva così scoperto, attraverso il tatto, l’esistenza di un membro
virile. Duval ne aveva informato il collegio di medici e aveva invitato anche
loro a ripetere il suo gesto, ma tutti avevano rifiutato di farlo. Per questo
motivo, a visita conclusa, l’autore aveva scelto di stilare un rapporto
a parte rispetto ai suoi colleghi. Gli altri componenti della commissione,
infatti, essendosi rifiutati di approfondire la visita attraverso la palpazione,
avevano concluso che Lemarcis era una donna e non poteva che essersi servito
del clitoride per portare a compimento un rapporto di natura sessuale, compiendo
quindi un atto di libidine come tribade o adescatrice di donne. Duval, invece,
aveva esplicitato nel suo rapporto ciò che aveva tastato, concludendo
che Marin era dotato di “un membro virile sufficiente per la generazione
e propagazione della specie con una donna” e che era quindi un “ginantropo” (Ibid.,
p.87).
Grazie all’impegno di Duval, Lemarcis e Lefebvre erano stati scarcerati.
Tuttavia, era stato intimato a Marin di riprendere l’abito da donna fino
all’età di 25 anni e gli era stato vietato di abitare con qualsiasi
persona, di entrambi i sessi, sotto pena della vita (Ibid.).
La prima condanna di Lemarcis ha molto a che vedere con quella sorveglianza
dei magistrati per evitare il superamento del confine tra i generi. Una donna
che avesse rapporti sessuali con un’altra donna era ritenuta colpevole
di tribadismo, ovvero di arrogarsi illecitamente il ruolo attivo, esclusivamente
maschile. Dopo l’intervento di Duval, Marin era stato salvato dalla condanna
a morte, ma il riconoscimento del suo “sesso nascosto” non aveva
coinciso con l’assegnazione immediata al genere maschile. Il tribunale
aveva obbligato Marin a vestire abiti femminili fino al venticinquesimo anno
di età, “come se la transizione alla mascolinità dovesse
avvenire gradualmente”. Laqueur (L’identità sessuale dai
Greci a Freud, Editori Laterza, Roma-Bari, titolo originale: Making Sex: Body
and Gender from the Greeks to Freud -1990) osserva come, in questo caso, i
giudici avessero concentrato l’attenzione non sul sesso di Marin, ma
sul genere come se non ritenessero legittimo che Marin potesse appropriarsi
del ruolo maschile dopo aver vissuto come donna fino a quel momento.
Foucault ( Gli anormali: corso al Collège de France, 1974-1975, Feltrinelli,
Milano 2004, titolo originale: Les anormaux: cours au Collège de France
1974-1975 edito nel 1999) sottolinea l’importanza della perizia di Duval,
soprattutto per il fatto che, secondo lui, vi si trovano “i rudimenti
di quella che potremmo chiamare una clinica della sessualità” (p.
68). La visita che aveva effettuato su Lemarcis, infatti, si discostava dalla
prassi di levatrici, medici e chirurghi del tempo, procedendo ad un esame minuzioso,
eseguito tramite palpazione. Quello di Duval, inoltre, secondo il filosofo
francese, può essere considerato il primo dei testi medici in cui l’organizzazione
sessuale del corpo umano veniva spiegata partendo da un caso particolare. Fino
ad allora, infatti, il discorso medico aveva proceduto per discorsi generali,
senza mai concentrarsi sul dettaglio, e si era servito di un vocabolario estremamente
ridotto.