IL MITO DI PELOPE



Pelope e Demetra secondo una visione misterico-agraria

TAG: Pelope, Demetra, Grande Madre, maga-orca, superstizioni, rivalità Atene-Sparta, Poseidone, dono di cavalli divini, riti iniziatici, prova erotopedagogica iniziatica, Ganimede, pederastia cretese, dono del cavallo, Mirtilo, sacrificio animale scuro, corrispondenze tra Pelope e la fava, serpentelli come demoni della terra, serpente guaritore, Apollo, Asclepio, i cannibali si annidano sempre nei popoli vicini, favismo, carenza di glucosio-6-fosfato deidrogenasi

Demetra che tiene nelle due mani spighe serpentelli e oppio

L'inno omerico a Demetra è una graziosa maniera per grecizzare una ben più tremenda Grande Madre indoeuropea. Demetra, soprattutto la Demetra arcadica, ha tratti della maga-orca. Quello che mi accingo a scrivere è una mia personale elaborazione del mito greco. I miti di moltissime religioni, fra cui certamente quella greca, presentano il vecchio, l'antecedente come mostruoso, diabolico, sacrilego. E' una caratteristica anche delle religioni cosiddette superiori quella di emarginare le vecchie idee religiose, le superstizioni. Ma le vecchie idee religiose e anche le superstizioni e soprattutto le antichissime tradizioni contadine hanno a volte un fondamento di realtà che le religioni superiori non hanno. Basta ricordare quì che i Greci consideravano barbari tutti gli altri popoli, basta ricordare che gli Ebrei si credettero il popolo eletto e che tutti i popoli con cui ebbero dei rapporti erano da loro considerati idolatri e adoratori di feticci. Spesso i miti greci attestano la veridicità degli oracoli, mentre i racconti biblici attestano la veridicità dei profeti ispirati da Jahweh. Da considerare pure che quando la rivalità tra Atene e Sparta si fece sentire moltissimo in tutte le contrade greche allora è probabile che anche gli antichi racconti mitici fossero contaminati da nuove versioni un tantino tendenziose. Quindi colui che scrive tende a ripensare, a reinterpretare i miti, in specie quelli fortemente riduttivi e che negativizzano i presunti antenati altrui, gli usi degli autoctoni e dei contadini, cercando di riportare il sintagma del racconto ai mezzi di produzione che lo hanno potuto determinare. E tanto per cominciare mi sovviene ricordare che ci fu uno scoliaste antico che commentando l'Iliade affermò che Pelope fosse figlio di Hermes(Schol. Homero., Iliade. II, 104 in Carmine Pisano, Antropologia della regalità nella Grecia antica. Hermes, lo scettro, l’ariete), cosa che rispondeva alla realtà omerica, mentre, probabilmente, il racconto mitico su Pelope prese una piega molto diversa quando suo padre divenne il frigio Tantalo.


La riduzione a pezzi come sopravvivenza di antichissime iniziazioni e/o particolari usi funerari


Nel mito di Pelope fu Zeus a ricomporre i pezzi del giovane squartato, ma Rea, la madre degli dei, gli restituì con un soffio vitale la vita. Ma secondo alcune tradizioni(Kern, Orphicorum fragmenta, 58) Rea era originariamente la dea con cui Zeus, suo figlio, aveva generato Persefone (K.Kerényi, Gli dei e gli eroi greci, 210). E secondo ancora altra versione, riportata a Bacchilide(poeta VI-V secolo a.C. coetaneo di Pindaro) Rhea guarì Pelope facendone adagiare in un calderone il corpo ricomposto(Schol. Pindaro, Olimpiche 1, 40a). La Demetra olimpica è per lo scrivente una versione edulcorata di una dea molto più tremenda.
Da un punto di vista mitico-misterico-agrario ha senso che una dea sia nel contempo cannibale e datore del soffio di vita o del fuoco dell'immortalità (Demetra verso Demoofonte). Nella vicenda di Demetra, cannibale di Pelope, e di Rea, datrice di vita, si inserisce Poseidone, il consorte della Dea, che si innamora del “riplasmato” e/o anche del predestinato considerato che aveva superato la prova del fuoco e dello squartamento. La magia, simil-iniziatica e simil-funeraria(vedi l'analogia col corpo di Pelia fatto a pezzi e cotto in un calderone dalle figlie Evadne e Anfinome), ma probabilmente agro-misterica, era stata portata avanti da Rea che aveva collocato Pelope o meglio i pezzi squartati di Pelope in un calderone(Schol. Pindaro, Olimpiche 1, 40a).
Probabilmente questo rapporto privilegiato tra Poseidone e Pelope era paradigmatico del favore dei Numi che veniva concesso a coloro che accettavano di sottoporsi a certi riti iniziatici di passaggio. Poseidone dona dei cavalli velocissimi a Pelope. Il dono del cavallo è abbastanza presente nei miti greci. Per esempio nell'Iliade Zeus dona dei cavalli immortali velocissimi a Troo, re di Troia, come ricompensa per avergli rapito il figlio Ganimede(Iliade V 265); del mito del ratto di Ganimede i cretesi avevano una loro versione in cui il giovinetto fu rapito mentre faceva pascolare le greggi alle pendici del monte Ida a Creta. Per i Cretesi quel mito giustificava la pratica della pederastia tra i giovani delle famiglie nobili, considerato che veniva loro consigliato di sposarsi all'età dei trenta anni(Platone, Leggi, 636b-D). Interessante il fatto che Perseo uccidendo un mostro chiamato anche cavalla pazza, cioè la Gorgone Medusa, salga sul cavallo Pegaso che viene fuori dal collo del mostro decapitato. Altro dono particolare di cavallo è il cavallo di legno che i Greci sembrano aver donato ai Troiani prima di tornare in patria. Probabilmente il dono del cavallo era una sorta di prova di raggiunta maturità, nel senso che colui al quale veniva donato o che se l'era conquistato entrava in un ruolo superiore, simile a quello del cavaliere o nobile. Nel caso di Pelope, considerato che era uno straniero, proveniente dall'Asia Minore (Paflagonia), doveva essere un primo lasciapassare per accedere a un potere. Sia Jan Bremmer in An enigmatic indo-european rite: pederasty ("Arethusa", XIII 1980, pp. 279-298), sia Bernard Sérgent in L'omosessualità nella mitologia greca, Laterza, Bari 1986, hanno ipotizzato che nelle classi aristocratiche greche del periodo medioevale possa essere stata istituita una prova erotopedagogica iniziatica.
Fra l’altro Pelope supera l’altra grande prova, la conquista di Ippodamia, anche grazie all’inganno, diciamo con astuzia demonica. Più avanti vedremo il suo rapporto con un outsider come Mirtilo. Quando Tantalo offre il proprio figlio Pelope agli dei in un pranzo cannibalico Demetra si dimostra una mangiona-cannibale oltre che una divinità completamente priva di chiaroveggenza. E sono proprio le madri maghe e cannibali, nei racconti popolari, a opporsi con tutte le forze al distacco delle figlie in età da marito. Non credo che il racconto popolare derivi dal mito greco, piuttosto è il contrario.
L'oggetto del cannibalismo di Demetra è Pelope, il cui nome alcuni studiosi intendono come "dalla faccia scura". Al contrario di Demofoonte, Pelope ha superato la prova del fuoco. Viene ucciso e cotto dal padre Tantalo e offerto agli dei. Rea, la divinità della terra, ne ricompose i pezzi e gli diede con un soffio nuovamente la vita, oppure li pose in un calderone dove riacquistarono la vita.
Pelope è figlio di Dione, parola che è la forma femminile di Zeus, una sorta di Grande Madre. Pelope è l'eroe greco che più si avvicina alla figura di uno sciamano o grande sacerdote di una antica Grande Madre o divinità anche partenogenetica. Diversi sono i motivi che l'avvicinano allo sciamano, o meglio allo sciamano-briccone, all'eroe 13.mo(Tridicinu in una fiaba siciliana) che sconfigge il drago-tiranno. Sicuramente l'essere morto sul fuoco, cotto e mangiato, è tipico di una iniziazione sciamanica. Un mito greco correlato a quello di Pelope è quello di Pelia, ucciso cotto e squartato dalle figlie per ricondurlo di nuovo alla giovinezza, come aveva fatto credere la maga Medea. La presunta omosessualità di Pelope, probabilmente di tipo rituale, per il fatto che Poseidone gli regalò un cocchio con dei cavalli alati, ne è un altro segno. Il fatto che sconfisse Enomao grazie a un doppio inganno lo avvicinano ad Hermes, il briccone divino.
Pausania(Periegesi 5, 13,2-3) riporta che sul suo cenotafio nel centro dell’Altis, nel tempio di Era, si sacrificava ogni anno un montone nero, e chi mangiava di quella carne non poteva entrare nel tempio di Zeus. Pindaro riporta (Olympia, 1, 149) che in occasione delle Olimpiadi, prima del sacrificio a Zeus, si ricordava anche l’eroe Pelope con un sacrificio della cui vittima non si mangiava la carne.
Il collegamento di questo eroe con la terra, con il colore scuro (era detto Cromio, quindi non era proprio un bianco), col fuoco sono evidenti. Può essere ipotizzato che la carne delle vittime a lui sacrificate fosse offerta ai morti o abbandonata ai demoni della terra. Di solito gli animali scuri vengono offerti agli eroi(quindi mortali) e a agli dei infernali. E' possibile, volendo collegare le antiche pratiche agro-pastorali con i caratteri dell'animale scuro oggetto di sacrificio, che l’animale nero o scuro di pelle fosse un ricordo del rogo che popolazioni più antiche facevano su un terreno abbandonato da qualche anno per purificarlo dalle forze negative e riammetterlo alla coltivazione. Nel rogo certamente morivano anche gli animali che non riuscivano a fuggire, quelli che si attardavano; volendo usare un termine agonistico, morivano gli ultimi, i meno pronti, i meno veloci o i più legati alla terra e agli alberi e alle piante; la stessa cosa avveniva per i roghi creati dai pastori per stimolare una nuova germogliazione dei campi. In effetti Pelope, come 13.mo, o come post 13° deve essere considerato l’ultimo di una serie, come il 13.mo mese viene aggiunto in alcuni calendari lunisolari dopo un determinato periodo di tempo. E se avesse avuto per davvero un difetto fisico di nascita, come sosteneva Pindaro, poteva essere considerato una sorta di ultimo.
Probabilmente Pelope non avrebbe vinto se non avesse ingannato con false promesse Mirtilo, auriga di Enomao. La promessa consisteva nel fatto di fargli passare la prima notte di nozze con Ippodamia in caso di vittoria sul padre di lei, Enomao. Pelope fu quindi demonico, diabolico nei confronti di Mirtilo. Costui, dal nome che gli hanno dato i mitografi(che riconduce al mirto) doveva essere un efebo: gli efebi con la corona di mirto in testa seguivano, nei Misteri di Eleusi, il primo danzatore chiamato Iacco nella processione dei misti da Atene verso Eleusi.
Mirtilo fu buttato fuori dal cocchio da Pelope mentre probabilmente stava richiedendo il prezzo del suo inganno nei confronti del suo padrone o di Ippodamia. Mirtilo è anch’esso demonico, non si dimentichi che i frutti del mirto(pianta collegabile a Mirtilo) sono scuri, ma i suoi fiori sono candidi e servivano per fare delle corone sia agli efebi, sia ai vincitori delle gare olimpiche.


Corrispondenze tra Pelope e la fava, pianta esemplare come pharmakon che da la vita e nel contempo può dare la morte


Se mettiamo insieme:

1) il fatto che Pelope fu offerto agli dei quale cibo cannibalico e che anche cannibale era considerato a volte chi mangiava fave;

2) il fatto che Demetra mangiò una parte del suo corpo quando era addolorata per la scomparsa della figlia: in effetti le fave erano cibo dei morti e in certo senso Demetra è vicina alla morte perchè lontana dai parti, vecchia o anziana; inoltre la coltivazione della fava ogni due tre anni da dei benefici ai campi cerealicoli su cui Demetra presiede;

3) il fatto che fosse scuro; e ci sono le varietà di fave più scure;

4) il fatto che fosse demonico o diabolico per l’inganno a Mirtilo; ed anche la fava agisce in maniera occulta sui terreni in cui è coltivata;

5) il fatto che fosse assassino, una tantum; ed anche la fava a volte uccide coloro che sono soggetti alla malattia del favismo;

6) il fatto che fosse sacrificato a questo eroe una vittima, un montone di colore nero come agli dei infernali; la fava in tante tradizioni è collegata al mondo dei morti, al mondo infernale;

7) il fatto che chi mangiasse la carne di quell’animale offerto in suo sacrificio fosse considerato impuro; anche le fave erano considerate impure ed era proibito mangiarle durante i riti misterici, almeno in età classica;

8) il fatto che Pelope fosse squartato e ricomposto: anche la fava, allora considerata cereale, si credeva che fosse l’unico cereale che, pur rosicchiato, si riempie di nuovo quando la luna è crescente, vedi Plinio il vecchio, Historia, XVIII, 119;

9) il fatto che Pelope sia stato più veloce di Enomao; anche la fava nel mondo agricolo è il seme più veloce a produrre i frutti, anche se è più tardo di altri semi a formare il germoglio;

si può ipotizzare che Pelope sia vicino alla fava, sia da connettere alla fava e si è visto che il fanciullo è squartato e cotto nel mito ed in seguito ricomposto e come resuscitato. Notasi pure che Pelope aveva l'appellativo di Cromio(come se fosse colorato). Nella pratica del sovescio, addirittura, la pianta in fiore viene offerta alla terra che sembra assumere la parte del cannibale, della mangiona. Il carattere che viene dal suo nome Pelope(dalla faccia scura) lo collega ai caratteri dell'ultimo arrivato. Infatti non era autoctono, ma veniva dalla Lidia o dalla Frigia ed era re della Paflagonia.
Avendo messo in evidenza tutte le caratteristiche di Pelope e la sua connessione alla fava c'è da spiegare il collegamento a Demetra a parte l'atto cannibalico. Il collegamento della fava o dei legumi a Demetra non è diretto, almeno in epoca classica, ma indiretto. In effetti i legumi sono da collegare ai serpentelli che nelle arti figurative greco-romane sono vicine o addirittura attorno alle braccia o nelle mani di Demetra-Cerere: i legumi sono l'offerta per questi serpentelli che rappresentano i demoni terricoli della dea. Intorno ai misteri di Eleusi non era concesso di parlare a tutti i greci, ma i cristiani, come Clemente Alessandrino nel Protrettico, riferiscono una unione generazionale di Zeus, prima con Deo-Demetra e poi con Persefone, sotto forma di serpente. Probabilmente c'era una metonimia dietro la figura-simbolo del serpente-daimon, ovvero che quel serpente-daimon non era altri che ciò che gli veniva offerto, ovvero i legumi. E la coltivazione periodica della leguminosa era salutare ed in questo caso il serpente può essere la metafora di colui che guarisce; infatti il serpente è connesso sia ad Asclepio, il dio guaritore, sia ad Apollo, il dio "perfetto" ed anche guaritore. Senza dimenticare che "Zeus milichio" (Zeus melato) aveva una epifania di serpente come dio dei morti: e questo Zeus milichio o dei morti è probabilmente lo stesso Hades. Fra l'altro c'era l'uso di cospargere il corpo dei cadaveri con miele(per esempio il corpo di Patroclo, Iliade, 23, 170; vedi il corpo di Achille, Odissea, 24, 63-84).
Si può congetturare che Pelope sia un personaggio mitico dietro il quale si nasconde il mistero della fava o della fava scura. Quindi il racconto del cannibalismo è tutta una storia inventata appositamente?
A mio avviso è probabile che il cannibalismo del Tantalo di Frigia e di Licaone in Arcadia siano storie per denigrare le usanze antiche e/o poco comprensibili di queste regioni. Probabilmente, per prima i vicini, le popolazione vicine, e poi, i sacerdoti della religione olimpica attribuirono alle popolazioni che abitavano in Arcadia dei comportamenti cannibalici. Del resto è stato, nelle società antiche, un procedimento abituale accusare una popolazione di cannibalismo per screditarne le tradizioni. Probabilmente quando gli Elleni scesero dal nord, dall'Illiria, dalla zona danubiana, in Grecia, essi avevano già un dio delle fave e probabilmente questo dio era proprio Zeus o altro dio(Zeus equivale, secondo gli studiosi che mettono al primo posto l'etimo delle parole, a dio in genere) ctonio. Le famose e tradizionali «pentole di Zeus» cui accenna Aristofane nella perduta commedia «Danaidi» forse sono un relitto di un dio agricolo molto importante, vicino a Crono(cui venivano dedicate le feste Kronie, famose per un rovesciamento dell'ordine) e a Zeus catactonio oppure ad un Hermes itifallico. Quindi fu necessario che alcune storie mitiche del territorio pre-ellenico fossero modificate per far trionfare la nuova religione.
Nel 1980 Willian E. Arens ha pubblicato uno studio imperniato sul rapporto tra antropologia e antropofagia. L'autore ritiene che il cannibalismo sia più che altro un mito, una leggenda diffusa da alcuni popoli su altri popoli per screditarli, per emarginarli, per giustificare la conquista dei loro territori agli occhi dei più ingenui. Più probabilmente in Arcadia come a Sparta e in tante altre località venivano esposti i bambini con difetti o inusuali caratteri come per esempio il colore scuro. Probabilmente questi bambini erano adottati da pastori o boscaioli o cacciatori, ma a volte sbranati da animali come lupi, cani selvatici, cinghiali. E come avviene in tutte le società, come anche nella nostra, probabilmente ci fu qualche caso di cannibalismo per fame, pazzia e/o scollamento sociale. Poi la cultura greca prese una piega antispartana e proliferarono i racconti che condannavano i Pelopidi. Anche se ci furono eccezioni, per esempio Pindaro che sosteneva che le storie sui Pelopidi fossero tutte dicerie e che Pelope fosse nato semplicemente con una malformazione al braccio o alla spalla(Pindaro, Olimpiche, 1, 46-51).


La carenza di glucosio-6-fosfato deidrogenasi associata al favismo nei territori sopra l'antica Illiria è sporadica


Sopra una mappa che indica col colore verde chiaro l'area in cui è diffuso un difetto enzimatico, la carenza di glucosio-6-fosfato deidrogenasi (abbreviato in G6PD-carenza). Questa carenza presenta un quadro patologico ereditario legato al cromosoma X (X-linked) caratterizzato da un deficit funzionale o quantitativo della glucosio-6-fosfato deidrogenasi (abbreviato in G6PD o G6PDH), un enzima chiave della via dei pentoso fosfati. La G6PD-carenza costituisce il difetto enzimatico più comune nella specie umana. Questa carenza è legata al favismo, una manifestazione clinica caratterizzata da una crisi emolitica in risposta al consumo di fave. Il termine "favismo" è stato impiegato anche per indicare la carenza di questo enzima; si tratta però di una terminologia impropria, dal momento che non tutte le persone affette da questo disordine manifesteranno una reazione clinicamente osservabile al consumo di questi legumi. La carenza di G6PDH è il più comune deficit enzimatico umano, presente oggi in oltre 400 milioni di persone nel mondo. Gli individui di etnia africana, medioorientale e asiatica meridionale presentano la maggiore incidenza, forse perché questa deficienza enzimatica conferisce a tali popolazioni una maggiore resistenza alla malaria, in particolare a quella causata dal Plasmodium falciparum; una correlazione simile esiste anche tra malaria e anemia falciforme o talassemia. Tra le varie mutazioni implicate nella G6PD-carenza, solo due varianti causano la maggior parte delle anemie emolitiche clinicamente rilevabili: la variante G6PD- e la G6PD-Mediterranea. Pertanto, la mutazione costituisce nelle zone di origine di tali individui, ove la malaria è endemica, un notevole vantaggio evolutivo conferendo agli individui portatori una migliore fitness o successo riproduttivo e/o sopravvivenza(da Wikipedia).
Se popolazioni danubiane invasero nel II millennio a.C. i balcani e poi anche l'Anatolia si può ipotizzare che queste popolazioni difficilmente, alla luce dell'area di diffusione della carenza enzimatica, potevano associare la malattia al consumo di fave. Certo la mappa è stata tracciata di recente, ma è comunque indicativa. Nell'antica Grecia le persone con carnagione e capelli chiari, probabilmente provenienti dal nord, erano creduti superiori. E nell'Iliade Menelao è molto spesso accompagnato dall'epiteto xanthòs, ovvero biondo o rossiccio. Nel libro XIII dell'Iliade Menelao affronta l'arciere Eleno figlio di Priamo, ma il dardo, descritto come fava scura o cece, rimbalza sul suo petto. Si tratta di coincidenza? Oppure già gli antichi, ai tempi di Omero, avevano intuito che i chiari di pelle, occhi e capelli fossero quasi esenti da alcune malattie come quelle che avevano i sintomi del favismo? Alcuni studiosi hanno, fra l'altro, messo in evidenza che la grande maggioranza degli dei e degli eroi greci sono biondi(Vedi Centrostudilaruna).


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