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Pelope, Melanione, Melanto, il cacciatore nero, vittoria per astuzia, sacrificio animale nero nell'Oltretomba, efebia ateniese, apate, apaturie
Forse Pelope è il
prototipo, l'antesignano del "cacciatore nero" ovvero del ragazzo
che conquista, che vince un combattimento o competizione grazie all'astuzia,
a una mossa ingannevole.
C'è uno studio sul "cacciatore nero" di
Pierre Vidal-Naquet che fa risalire l'origine dell'efebia ateniese a questa
figura; a mio avviso bisogna collegare anche il cacciatore nero all'agraria
e dunque alla fava, oppure all'altra leguminosa assassina(ma solo di pecore
e capre), cioè il lupino.
Nelle polis greche i giovani cominciavano il servizio militare facendo prima
il servizio di ronda intorno al territorio della polis. Si presume che, in
specie se questi giovani fossero stati
stranieri cui era stato concesso da poco tempo
la residenza nella polis, ovvero gli ultimi arrivati, venissero
considerati alla stregua di schiavetti nella forma di un bullismo militaresco.
A ricordare
questo
atteggiamento
verso i nuovi arrivati c'è il
mito greco del "cacciatore-nero". Il mito fu tramandato come se fosse
veramente avvenuto, cioè che fosse un fatto storico. Questo il mito
a grandi linee. Melanto re di Messenia, fu deposto dagli Eraclidi che conquistarono
il Peloponneso e fuggì in
Attica come suggerito da un vaticinio(Melanto si trova nelle stesse condizioni
di Pelope, che re della Paflagonia era venuto a Pisa). Ai
confini tra Beozia e Attica ci fu tra gli ateniesi e i tebani una lite per
il possesso di un
territorio
chiamato Meleno.
Allora decisero che a dirimere la questione dei confini sarebbe stata una
monomachia(sfida a singolar tenzone)tra i due re della Beozia e dell'Attica.
Ma Timete, re di Atene, non potè, secondo alcune versioni poco probanti
perché
anziano(come mai? perché non ci pensaronono prima!?), e al suo posto
scese in campo Melanto.
Melanto uccise Xanto con un inganno di tipo verbale; appena ebbe inizio il
combattimento Melanto gridò che Xanto si stava comportando slealmente
perché
aveva portato qualcuno con se. Xanto si volse indietro e Melanto lo colpì mortalmente.
Per questo Melanto divenne re di Atene.
Seguendo il ragionamento di Pierre Vidal-Naquet(Il cacciatore nero, 1988, Roma
pp.99-114, 279-300) è possibile che questo mito sia un racconto edificatorio
per gli efebi che si accingevano a fare il servizio militare ad Atene perché
quel personaggio outsider vincente era diventato il simbolo del passaggio da
un'età oscura, infantile,selvaggia(per gli individui come le aggregazioni
degli efebi che facevano il servizio di ronda) ad un'epoca chiara, adulta e
consapevole
delle istituzioni civili, da una età precedente in cui era importante in guerra
la monomachia e anche i saccheggi toccata e fuga, a un tempo in cui l'esercito
dei fanti doveva rispettare lo schieramento a falange. Pierre Vidal-Naquet
cita l'altro mito in cui è coinvolto
un personaggio che ricorda
il nero ovvero Melanione. Nella Lisistrata di Aristofane un coro ricorda la
prima parte della storia di Melanione:
Un certo Melanione…
Che fuggendo le nozze si ritirò in solitudine ad abitare fra i
monti.
E andava a caccia di lepri intrecciando reti.
Aveva un cane.
E mai più tornò a casa, tanto, nel suo odio, aborriva le
donne.
Quindi vista la premessa il futuro di Melanione sembrerebbe segnato. Invece in
alcune versione del mito di Atalanta il giovane Melanione sfidò la cacciatrice
figlia di Iorio e riuscì a non farsi raggiungere grazie a una stratagemma:
buttando alle spalle dei pomi d'oro che destarono l'attenzione di Atalanta che
si fermò
a raccoglierli. Quindi Melanione sposò Atalanta(in altre versioni Melanione,
il cacciatore misogeno, riesce a sposare la cugina Atalanta recandogli come regalo
i suoi bottini di caccia: in questo caso il matromonio fra cugini deve essere
ritenuto l'ultima spiaggia per una ragazza che non riesce a essere collocata
in modo regale).
Pure
edificatorio anche l'episodio in cui Melanione e Atalanta vengono sorpresi
a
fare l'amore
nel tempio
di Zeus
o
di
Cibele.
In
questo caso,
ovvero l'eccesso opposto a quanto declamato dal coro della Lisistrata, Melanione
e
Atalanta
vengono trasformati in leoni e non potranno più amarsi perché si
credeva che
i leoni si accoppiassero con i leopardi.
Però le conclusioni di Vidal-Naquet non sono convincenti per quanto riguarda
la presunta tradizione greca che faceva invece risalire l'origine
del
termine
Apaturie al
vocabolo apate ("frode"/"astuzia").
E' interessante la rilevazione che Melanto fu un vincitore inaspettato
in quanto sostituto di colui che era considerato il re e addirittura non era
ateniese per nascita. Come si è detto sopra qualcuno riteneva che Pelope
fosse
nato con qualche difetto(Pindaro), inoltre si è visto che Melanione era
un
cacciatore
solitario e fortemente misogeno, cioè con qualche difetto caratteriale.
A questo punto si può congetturare che anche Melanto avesse un piccolo
difetto
di vista, cioè fosse leggermente strabico. Per questo forse Xanto si voltò,
aveva creduto che lo sguardo di Melanto fosse rivolto a persona dietro alla sua
propria persona.
Quindi
da un piccolo difetto fu facilitata un'impresa. Se questa ipotesi fosse fondata
allora sarebbe giustificabile la derivazione di apaturie da apate come astuzia.
Probabilmente
da quel momento non furono più esposti i bambini con piccolo difetto o
anche
con problemi ai piedi e alle mani e fu facilitato l'ingresso nella polis ai cittadini
stranieri.
Forse
per
questo
la
cultura
più tradizionalista
greca
legata
alla città di Sparta allora bollò di impostura l' istituzione ateniese
delle apaturie: gli ateniesi al contrario degli spartani baravano pur di aumentare
la popolazione. Per corroborare l'attinenza del nero a qualcosa di acerbo, ancora
da maturare, per un certo verso inferiore, oscuro, pare che talvolta
in Grecia i giovani non ancora adulti fossero chiamati skotioi ovvero
oscuri(Vidal-Naquet, op.cit. p.110).
C'è anche una costante nei sacrifici:
si sacrificava un animale nero agli dei inferi e agli eroi e lo si è visto
già per il caso di Pelope. Odisseo quando scende agli Inferi su consiglio
di Circe sacrifica un montone nero. Saranno proprio le libazioni del sangue
di questo montone a ridestare le forze delle ombre dei defunti, consentendo
loro di apparire. Quei montoni come il loro sangue sono impuri, solo i morti
possono trarne giovamento. Quindi il nero denota una inferiorità, ma
questa inferiorità, in un mondo alla rovescia, cioè agli Inferi,
diventa superiorità,
forza magica che consente di fare apparire dei morti.
Ma in un certo senso anche il periodo iniziatico, e quindi l'efebia ateniese
e
la kripteia spartana, può essere ancora considerato legato alla morte.
E proprio in questo periodo iniziatico i giovani spartani potevano compiere delle
azioni che sarebbero state punite se commesse da adulti. Il sottofondo di questa
credenza è probabilmente la connessione della madre-terra e della donna
in genere alla morte e agli inferi. Pare che in una certa epoca, prima del
II sec.a.C. gli efebi preferissero portare una clamide scura.