IL MITO DI PELOPE



La Frigia, il trono di Pelope sul Sipilo e il trono di Zeus ad Olimpia


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Notizie sui Frigi da Omero e da Erodoto

Purtroppo si conosce ben poco della Frigia antica, dei loro miti originali, dei loro costumi, in quanto la lingua delle popolazioni frigie, benché siano state rinvenute dagli archeologi delle iscrizioni, rimane un enigma da risolvere ancora. Quindi ci si rifà a quello che ci è pervenuto di loro per mezzo dei mitografi greci. Fra l'altro non si conosce nemmeno la lingua parlata da popolazioni che abitarono presso la città di Troia, città che aveva trovato nei Frigi, come è descritto da Omero nell'Iliade, degli alleati contro gli antichi greci. E' quindi presumibile che in certo qual modo i Greci abbiano frainteso o modificato i miti originali frigi per riproporre la loro presunta superiorità nei confronti dei barbari frigi. Ma dagli scavi archeologici si apprende che i frigi oltre che nella ceramica grigia monocromatica e in quella più rafffinata dipinta furono esportatori nei confronti dei micenei e dei greci stanziati nelle colonie dell'Asia Minore di manufatti in bronzo(vedi I Greci in Asia c/o Treccani).
Pare che gli archeologi abbiano effettivamente constatato che i Frigi provenissero dai Balcani meridionali, come sosteneva Erodoto(VII, 73). Secondo Erodoto, i Frigi a detta dei Macedoni, erano i Brigi originari della Macedonia e mutarono il loro nome in Frigi dopo essere emigrati in Anatolia, un movimento che si ritiene sia accaduto tra il 1200 a.C. e l'800 a.C.(Borza, Eugene N. All'ombra dell'Olimpo: la comparsa della Macedonia. Princeton, New Jersey: Princeton University Press, 1990) forse a causa del collasso dell'età del bronzo, particolarmente con la caduta dell'impero ittita e il vuoto di potere che si venne a creare.
Altra notizia sui Frigi, data da Erodoto(II, 2) riguarda la lingua frigia e deriva da un racconto egiziano. Il faraone egiziano Psammetico II mise due figli in isolamento per capire quale fosse la lingua originaria degli uomini. Gli fu riferito che i bambini pronunciassero bekos che in frigio significa "pane", così Psammetico riconobbe che i frigi fossero un popolo più antico degli egiziani. Forse era famoso un certo tipo di pane che facevano dalle parti della Frigia? Ma pare che Ipponatte(VI secolo d.C.) sostenesse che anche a Cipro fosse chiamato così il pane. E anche presso gli attuali albanesi il pane si dice bukë: e gli albanesi sono un gruppo etnico dei Balcani e la loro lingua è molto antica. Altre notizie sui Frigi riferisce Omero nell'Iliade. Secondo l'Iliade, i Frigi erano alleati dei troiani durante la guerra troiana, guidati da Forci e Ascanio, simile a un dio(Iliade, II, 862), quindi la Frigia sembra essere localizzata nell'area che abbraccia il lago Ascanio in Bitinia e il corso settentrionale del Sangario, quindi molto meno estesa rispetto alla Frigia classica. Inoltre sempre nell'Iliade Priamo rivolgendosi ad Elena che gli aveva indicato il comandante degli Achei Agamennone come cognato così si esprime riferendosi all'eroe acheo:

Così rispose, il vecchio lo guardò ammirato e disse:
" Atride beato, uomo nato con buona sorte, felice,
davvero molti figli degli Achei erano sotto il tuo regno!
Sono stato una volta anche in Frigia ricca di vigne,
dove ho visto moltissimi Frigi dagli agili cavalli,
gli eserciti di Otreo e di Migdone simili a un dio,
che allora muovevano guerra lungo le rive del Sangario;
ed io, che ero alleato, fui annoverato tra loro
il giorno in cui vennero le Amazzoni, forti come maschi:
ma nemmeno loro erano tanti quanti gli Achei dal vivido sguardo."(III versi 181-190)

Quindi Omero pensava i Frigi nella regione "cavalcabile velocemente" della Frigia per mezzo di cavalli, sulle rive del Sangario (adesso Sakarya), il terzo fiume più lungo nell'attuale Turchia, che scorre verso nord e ovest per sfociare nel Mar Nero. Là vi era il re Otreo. Le osservazioni sulle Amazzoni collegate in una certa qual maniera ai Frigi e soprattutto l'osservazione che Amazzoni e forse Frigi messi insieme non erano paragonabili al numero degli Achei è molto importante in questa monografia. E poi stride quel chiamar fortunato e felice Agamennone con la sorte che gli sarebbe spettata al ritorno in patria. C'è da domandarsi se l'Omero dell'Iliade sia lo stesso Omero dell'Odissea e in questi versi parrebbe proprio di no. E probabilmente l'Omero dell'Iliade non conosceva nemmeno il destino tragico dei Pelopidi come si desume dai versi 103 e seguenti del II libro che saranno esaminati in seguito. Altro riferimento ai Frigi è il fratello della moglie di Priamo, Asio, il figlio di Dimante, un frigio(Iliade, XVI, 715 ss.). Di lui Omero dice che il dio Apollo prese le sue sembianze per spronare Ettore ad affrontare la battaglia visto che l'eroe troiano si era fermato alle porte Scee indeciso sul da farsi.
A proposito di Omero o di chi per lui abbia ideato o cantato Iliade ed Odissea già molti altri studiosi hanno notato(vedi voce Tieste su E. Treccani) che nell'Iliade non vi è alcun cenno alla saga dei Pelopidi, a parte la tresca d'amore di Egisto e Clitennestra e l'uccisione di Agamennone da parte dei due amanti e conseguente vendetta di Oreste(Odissea, I 37-43, III 265-275). Fra l'altro nell'Iliade(II, 103 e ss.) a Pelope da lo scettro di ànax, lo scettro della regalità, Hermes(uno scoliaste commenta perfino che Hermes fosse il padre di Pelope). Qualcuno osserva che nella poesia di Omero non vi è posto per episodi di cannibalismo sia di tipo orgiastico(vedi il mito di Tantalo)sia di tipo guerriero(vedi Tideo), ma vengono dimenticati i giganti cannibali della terra dei Lestrigoni(Odissea libro X) e il cannibale Polifemo. La constatazione di questi episodi di cannibalismo in Omero porta alla considerazione che i greci addebbitassero il cannibalismo a popoli barbari e ai confini dell'universo conosciuto. Anche Erodoto cita popoli cannibali che vivono in posti lontanissimi, spesso in territorio indiano come Callati(III 38) e Padei(III 99).


Dopo Omero i Greci cominciarono a considerare barbari i Frigi e i Lidii

E allora si può fare una congettura. Gli abitanti dell'Anatolia occidentale dalla costa mediterranea fino alla Frigia vennero considerati solo fino a una certa epoca dei greci o dei vicini molto simili. La spiegazione è plausibile se si ritiene l'Iliade soprattutto un'opera poetica di carattere epico nella quale le diversità culturali trapelarono appena, rispetto alla comunanza dei caratteri bellicosi. Ma da quale epoca cominciarono ad essere considerati estranei alla Grecia? Probabilmente con l'istituzione e l'affermazione dei Giochi di Olimpia cui partecipavano città in cui si parlava il greco. Altro periodo che avrebbe portato inimicizia e rancori potrebbe essere ricavato dalla vita del poeta giambico del VI sec.a.C. Ipponatte(Suda: s.v. Alkmán; Hippônax, vedi anche O. Masson, Les fragments du poète Hipponax, Paris 1962, pp. 11-13; A. Farina, Ipponatte, Napoli 1963, pp. 11-16.). Pare che tra VII e VI secolo a.C. potenti famiglie di lydízontes(famigle autoctone che parlavano la lingua lidia) presero il potere in numerose città ioniche, condannando le aristocrazie locali alla perdita dei tradizionali poteri e privilegi, cosa per la quale anche la famiglia di Ipponatte si dovette trasferire da Efeso a Clazomene. Interessante per questo studio è l'osservazione di Erodoto(I, 6) circa i rapporti del re Creso di Lidia e i greci . Secondo Erodoto Creso(vissuto nel VI sec. a.C. 596 ca-546), figlio di Aliatte e re dei popoli al di quà del fiume Halys, fu il primo re dei barbari che assoggettò popolazioni greche che abitavano sulle coste mediterranee dell'Anatolia. Ma questo re usò misure diverse, assoggettò al pagamento di un tributo gli Ioni e gli Eoli, mentre si fece amici i Lacedemoni. Fino ad allora i Greci dell'Asia erano liberi e la spedizione dei Cimmerii, avvenuta in un periodo antecedente, era stato un saccheggio e non rappresentò un assoggettamento delle città. Questa notazione ci dice forse che tra Lidii-Frigi e Lacedemoni corressero dei buoni rapporti come nel tempo mitico che precedette la guerra di Troia.


Trono di Zeus nel tempio di Olimpia

Verso l'inizio del V secolo a.C. venne progettato il grande tempio di Zeus a Olimpia nell'Elide, tempio terminato nell'anno 456 a.C. La particolarità di questo tempio era la statua di Zeus sul trono, in oro e avorio eretta da Fidia, alta 13 metri, una delle sette meraviglie del mondo. Probabilmente la fecero così grande per non sfigurare con quel fenomeno naturale che nel monte Sipilo vicino l'odierna Smirne era considerato come il trono di Pelope. Certo è difficile datare l'uso di chiamare con quel nome il trono di pietra del Sipilo. E' certo invece che tale tradizione, presente in Asia Minore, di considerare la sommità di un grande monte sede di una divinità, è di gran lunga anteriore alla tradizione religiosa greca di considerare l'Olimpo come sede degli dei celesti. Può essere successo che questa tradizione, insieme a molte altre, sia pervenuta nel Peloponneso attraverso dei forti contatti culturali e commerciali con qualche territorio dell'Asia Minore, la Troade, la Lidia, la Frigia e altri popoli dell'Anatolia. Fra l'altro l'anteprima e la scintilla della mitica guerra di Troia deriva da rapporti intensi tra Sparta e Troia, e l'occasione(visita di ambasciatori della città di Troia al re di Sparta) dell'amore corrisposto di Paride verso Elena rientra in questo alveo di rapporti. Poi bisognerebbe fare uno studio su quale tempo, quale epoca Omero immaginasse si svolgessero le vicende narrate. E' molto probabile che Omero si sia affidato a memorie tramandate per via orale risalenti a qualche generazione prima: tra 50 e 120 anni prima.
Comunque dall'ideazione dell'Iliade passa qualche secolo e il nume Apollo, partigiano dei troiani nel poema epico, quel dio che si presentava ad Ettore sotto le spoglie del frigio Asio, si dimostra crudele con Marsia, guardacaso seguace della dea Cibele, detta anche Sipilena perché il Sipilo è una sua montagna, che lo ha osato sfidare in una gara musicale; inoltre Niobe di cui nell'Iliade(XXIV 602 e ss.trad. Calzecchi Onesti) si parla, senza attribuirle dei genitori, a proposito della sua hybris nei confronti di Latona e di una sua grande immagine dolente sul monte Sipilo, diventa figlia di un mitico re di Frigia Tantalo, figlio a sua volta dell'oceanina Pluto o di altre donne semidivine. A Niobe viene affiancato Pelope, che diventa figlio di Tantalo e re della Paflagonia(un territorio immenso rispetto a tutta l'Elide e anche a tutto il Peloponneso), venuto chissà perché in Elide, similmente come Melanthos, re della Messenia, fu accolto ad Atene e ne divenne un soldato e poi anche il re. Ma nel caso di Melanthos il passaggio dalla Messenia, una piccola regione del Peloponneso, da cui fu scacciato ad opera degli Eraclidi, all'Attica è verosimile, non così per Pelope dalla Paflagonia ad Elide.
Il trono di Zeus a Olimpia è ricordato dai Greci, oltre che per l'imponenza e la ricchezza, anche per i bassorilievi, nella parte bassa, che mostravano Apollo e Artemide lanciare saette mortali ai figli e alle figlie di Niobe. Lo scultore Fidia o chi per lui, ovvero il committente, affida alla statua di Zeus un messaggio che poteva essere colto da coloro che conoscevano l'Iliade e l'episodio in cui Achille riconsegnando il corpo di Ettore al padre Priamo gli ricorda che pur se il dolore rimarrà per sempre è bene mangiare come fece Niobe dopo la morte dei suoi 12 figli. Nell'episodio dell'Iliade è ben messa in evidenza la natura umana che ha due destini combacianti: il destino di morte e quello della necessità di mangiare per sopravvivere. Solo chi è mortale ha bisogno di mangiare e di bere e chi mangia e beve è destinato a morire prima o poi, al contrario degli dei che si nutrono di nettare e ambrosia. Questo almeno doveva essere il messaggio dato da Fidia al suo tempo alle menti colte e ai religiosi ortodossi. Mentre nell'Iliade è pure sensato interpretare il mangiare dopo la morte di un caro come uso funebre che porta rispetto all'anima o ombra del morto che per un certo tempo non deve essere seppellito: per non affrettare probabilmente il suo trapasso considerato che potrebbe, nonostante sembra esanime, anche riprendere a vivere. Infatti nell'Iliade si accenna al fatto che i figli di Niobe non trovano sepoltura per 9 giorni, ma anche Ettore è sepolto al decimo giorno dalla riconsegna del suo corpo a Priamo(XXIV, 664-667). Questo uso funebre era molto probabilmete connesso pure alla religione della Grande Madre. E probabilmente il trono di Zeus doveva far venire alla mente il trono di Sipilo a Pelope il cui padre, nella mitologia più propriamente degli dei olimpici, aveva rubato il nettare e l'ambrosia dalla mensa degli dei. Ma c'è un rovescio della medaglia da considerare: e cioè che tutti i miti riguardanti Tantalo e Pelope potrebbero essere considerati originari miti frigi che i rapsodi greci e poi gli scrittori di miti greci modificarono adattandoli al trionfo della religione di Zeus.
Infatti il mito di Pelope potrebbe essere interpretato come un mito che celebrava l'espansione dei Frigi in territorio greco. Ed i Frigi pare, dagli scavi archeologici e da alcune notizie a noi pervenute, che il regno di Frigia sorse tra il IX e l'VIII secolo a.C. con la sua capitale a Gordio e che successivamente si estese verso est invadendo il regno di Urartu, discendente dagli Hurriti, precedentemente rivali degli Ittiti(vedi Wikipedia). Anche la conquista amorosa di Elena da parte di Paride può essere interpretata come un primitivo mito che celebrava la potenza inarrestabile dei regni alleati, Troia, Frigi e Lidii, di gran parte dell'Anatolia; e può essere che quell'unione non sia stata originariamente una unione passionale, ma semplicemente un matrimonio che sanciva l'amicizia e l'alleanza tra qualche re della Lidia-Frigia e qualche re Lacedemone.

Trono di Pelope sul monte Sipilo

Ricostruzione del trono di Zeus nel tempio di Zeus ad Olimpia

Sopra il trono di Pelope sul monte Sipilo in Anatolia vicino a Smirne e una ricostruzione del trono di Zeus nel tempio di Zeus ad Olimpia.


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