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Nel caldo torrido del Rose Bowl di Pasadena, il Paris Saint-Germain di Luis Enrique ha travolto l’Atlético Madrid in uno dei primi match del nuovo Mondiale per Club. Nonostante l’assenza di Ousmane Dembélé e Bradley Barcola, e con un pubblico non del molto numeroso, i parigini hanno offerto una prova di forza sorprendente, andando ben oltre le loro aspettative.
SoFoot scrive che il Psg di Luis Enrique, che ha asfaltato l’Atletico, incarna proprio il Cholismo di Simeone.
“Prima di essere etichettato come un gioco minimalista e difensivo nonostante i trasferimenti ultra-costosi , il Cholismo era incarnato da uno spirito di squadra notevole, un’intensità superiore a quella dell’avversario e un’organizzazione formidabile. Questo PSG ha surfato in California con questi frutti. Gli stessi della Champions League: possesso palla elevato (sul primo gol, segnato da Fabián Ruiz), verticalità (sulla traversa di Khvicha Kvaratskhelia, a inizio ripresa), pressing a tutto campo (sul terzo gol di Senny Mayulu), percussioni individuali (prima del rigore del quarto gol), con uno stato d’animo esemplare tra i sedici giocatori impiegati. È tutto? No. Il Paris è stato così anestetizzante che l’Atlético ha avuto una sola vera occasione, sprecata da Alexander Sørloth, senza contare il gol di Julián Ãlvarez poi annullato”
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La formazione di Enrique è scesa in campo con un’intensità feroce, mettendo alle corde un Atlético irriconoscibile. Antoine Griezmann e Clément Lenglet sono apparsi opachi, quasi fantasmi, mentre Alexander Sørloth ha sprecato l’unica vera occasione dei colchoneros.
Il Psg ha giocato come l’Atletico dei tempi d’oro. Il dato più impressionante, però, non è solo tattico ma identitario. Questo PSG non gioca più per il colpo dei suoi singoli, ma come una squadra vera, compatta e organizzata. Sul primo gol ha brillato la costruzione paziente, sul terzo, il pressing totale ha fatto la differenza. Anche i cambi, come Mayulu, sono entrati col piglio giusto.
“Se lo spagnolo può definirsi un giocatore del Cholismo, è anche perché possiede un enorme potere di persuasione, senza dover ricorrere ai gesti esuberanti tipici del tecnico argentino”.
L‘allenatore del Columbus Wilfried Nancy elogia l’operato di Luis Enrique: «Luis Enrique sapeva come inculcare nella sua squadra un comportamento pavloviano. Ha trasformato il suo gruppo in un gruppo in missione per riconquistare il possesso palla». Anche Carles MartÃnez Novell, allenatore del Tolosa spende parole importanti nei confronti del tecnico del Psg: «È davvero uno che sa come dare energia alle persone con cui interagisce, e in questa stagione, fin dai primi giorni, il suo PSG ha corso ancora più unito, ha lavorato in sinergia, con pochissimi punti deboli. Ha iniziato rapidamente a sottomettere gli avversari, a limitarli».
L'articolo Il Psg di Luis Enrique ha incarnato il Cholismo dei tempi d’oro (SoFoot) sembra essere il primo su il Napolista.
Alla vigilia della sfida agli Europei U21 tra Italia e Spagna, Rafa Marin ha rilasciato un’intervista durante la quale si è soffermato sull’esperienza al Napoli e sul suo futuro. Vi proponiamo di seguito un estratto delle sue parole riportata da La Gazzetta dello Sport.
«Non sono riuscito a giocare tanto come avrei voluto, ma mi tengo le cose positive e posso solo parlare bene di Conte», ha detto il difensore iberico. «Ho imparato molto con lui e credo di essere un difensore più forte rispetto a quando sono arrivato a Napoli. Conte esige il 100% sempre, in ogni allenamento e in partita», ci ha tenuto a sottolineare.
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Rafa Marin è poi entrato nel merito della sua esperienza in azzurro: «Quanto a me, come tutti gli stranieri mi sono dovuto adattare a un contesto nuovo: in Spagna si lavora molto con il pallone, in Italia il calcio è più tattico e da Conte ho imparato tanto in questo senso. Napoli poi è incredibile. Anche noi in Andalusia sentiamo molto il calcio, ma non ho mai visto vivere il calcio come a Napoli, è un’esperienza che mi terrò per tutta la vita. Poi abbiamo avuto la fortuna di vincere lo scudetto, la festa è stata incredibile, attraversare in bus quel fiume di gente sul lungomare è stato pazzesco».
Infine, il passaggio sul futuro e sulla partita agli Europei: «Ho un contratto con il Napoli, sono migliorato fisicamente e mentalmente. Quel che deve accadere accadrà . Italia? Sono tutti ottimi giocatori. A me piace Casadei, è molto completo. L’Italia è una squadra con un buon livello fisico, per noi sarà complicato».
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Valdano e il Mondiale per Club: “il denaro illude che il calcio stia crescendo, in realtà così si indebolisceâ€
Il Mondiale per Club è in corso e, come normale che sia, rappresenta un argomento di attualità per appassionati ed addetti ai lavori. Tra questi ultimi c’è chi non guarda con entusiasmo alla competizione e lo scrive chiaramente nel suo editoriale per ‘El PaÃs’ il ‘filosofo del calcio’. Ci riferiamo all’ex calciatore ed allenatore del Real Madrid Jorge Valdano.
“Il Mundialito? Dimostra come il denaro governa, e ci lascia con la percezione che il calcio stia crescendo, ma la sua anima soffre perché le sue radici si stanno indebolendo. Più che una dichiarazione d’intenti, il Mundialito rivela una dichiarazione d’interessi”, esordisce il 69enne argentino.
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L’analisi di Valdano poi continua così: “Amiamo il calcio perché è un narratore di storie ineguagliabile, ma questa messa in scena è debole su tutti i fronti. Gli infortuni muscolari sono aumentati del 25% dal 2020. Più una squadra è stanca, meno spettacolo c’è. Il tempo per allenarsi è diminuito, il tempo per riposare è ridotto, il tempo per prendersi cura della propria salute mentale è quasi azzerato. Giocare, viaggiare, dare il massimo. Qui sta il grande paradosso del calcio moderno. Una sorta di patto silenzioso che ci rende tutti complici di questa deriva commerciale. Uno scenario di sfruttamento in cui gli sfruttati applaudono. I più sfruttati del sistema sono al tempo stesso i maggiori beneficiari. Giocano 60 o 70 partite all’anno, sopportano voli transoceanici, sessioni pubblicitarie, sforzi fisici e psicologici. Non c’è tregua, ma molti guadagnano più di quanto avrebbero mai potuto sognare. Si lamentano poco perché l’inflazione del sistema si prende cura dei loro privilegi. Nessuno è interessato a rompere l’incantesimo finché lo spettacolo continua a fare soldi”.
Infine, Valdano conclude rincarando la dose: “Il Mundialito, come altre invenzioni recenti, è solo un altro capitolo dell’appetito economico che contrappone il calcio a sé stesso. (…) Il Mundialito non è la radice del problema, ma è l’ultimo riflesso delle contraddizioni che affliggono il calcio. Un torneo a scopo di lucro, dove tutti guadagneranno tranne i tifosi, gli unici disinteressati, sommersi dalle partite, ma sempre con meno emozioni autentiche da celebrare ogni giorno”.
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Carmine Nunziata, allenatore dell’Italia Under 21, è intervenuto in conferenza stampa per parlare alla vigilia della sfida agli Europei in Slovacchia contro la Spagna (domani ore 21, in diretta su Rai 2) valida per il primato del Gruppo A: entrambe le squadre sono a punteggio pieno e qualificate. Tanti i temi trattati dal tecnico campano durante l’incontro con i giornalisti, tra questi c’è anche l’approdo di Gennaro Gattuso come Ct della Nazionale maggiore.
«Giocheremo la nostra partita come abbiamo sempre fatto, cercando di vincerla perché ci teniamo a chiudere in testa il girone. Poi vedremo se arriveremo primi o secondi e che avversaria prenderemo ai quarti», ha esordito Nunziata.
Idee chiare sulla formazione che scenderà in campo e sul valore dell’avversaria: «Farò sicuramente qualche cambio, perché abbiamo quattro giocatori diffidati (Fabbian, Koleosho, Ndour e Zanotti, ndr) e qualcuno che ha giocato due partite e ha bisogno di riposare. Visto che abbiamo l’opportunità di poterlo fare è giusto gestire queste cose, anche perché i 23 ragazzi che ho portato qui sono tutti ottimi calciatori. Quella che giocherà sarà sicuramente la formazione migliore. Spagna? Conosciamo le qualità della Spagna e sappiamo che in fase offensiva è molto forte. Da parte nostra c’è voglia di fare una grande partita».
Il passaggio su Gattuso: «Faccio un grosso in bocca al lupo al mister, ha un compito non facile ma sicuramente farà grandi cose. Non l’ho ancora sentito, mi hanno detto che potrebbe venire a vedere qualche partita in Slovacchia. Mi farebbe molto piacere. In questi anni c’è sempre stata grande collaborazione tra la Nazionale maggiore e l’Under 21, penso che continuerà ad esserci».
L'articolo Italia Under 21, Nunziata accoglie Gattuso: «Farà grandi cose, ha un compito non facile» sembra essere il primo su il Napolista.
Il canale Youtube della Società Sportiva Calcio Napoli ha rilasciato un video che mostra momenti inediti della prima giornata di Kevin De Bruyne da calciatore azzurro.
Nel corso del filmato, si registrano anche alcune dichiarazioni del centrocampista belga: “È una sensazione pazzesca arrivare qui con tutte queste persone, è qualcosa di cui mi avevano già un po’ parlato, per cui sono entusiasta. Non vedo l’ora di completare al meglio questa giornata e di vivere le prossime fasi di questa avventura. Non credo che ci sia molto tempo per pensare quando giochi. Magari quando ho vinto con il Manchester City mi è capitato di fermarmi a riflettere. Con il passare degli anni, ripensi ai trofei che hai conquistato. Indipendentemente da quello che accadrà in futuro, devo continuare a offrire le migliori prestazioni possibili. Ora non vedo l’ora di vivere questa nuova esperienza, e spero di poter aggiungere qualche trofeo alla mia carriera. Forza Napoli”.
“L’arrivo di Kevin De Bruyne segna una nuova era per il Napoliâ€, scrive il Guardian. Perché “resta una superstar nonostante l’età e sarà un grande aiuto per Conte, Lukaku e McTominayâ€. E’ uno dei “plus†di aver preso una “superstarâ€: la certificazione internazionale di crescita.
“Il passaggio di Kevin De Bruyne al Napoli la scorsa settimana è sembrato un po’ scontato – scrive Nicky Bandini – uno dei migliori giocatori di una generazione ha cambiato squadra per la prima volta in dieci anni, senza troppe cerimonie. Il cambiamento di tono rispetto ai primi lavori di De Laurentiis era evidente. Si tratta di un uomo che una volta presentò Gökhan Inler – un talento internazionale svizzero, ma certamente meno degno di nota di De Bruyne – con una maschera da leone a una serata su una nave da crociera. I tempi cambiano, e con loro anche il Napoliâ€.
“Un club che un tempo si spacciava per sfavorito (underdog) e rubava la scena ha iniziato a proiettare un’immagine diversa: quella di una squadra che sa di poter vincere trofei e intende continuare a farlo; una squadra il cui marchio internazionale si è rafforzato al punto da poter ingaggiare un giocatore come De Bruyneâ€.
“Non è certo il primo grande acquisto dell’era De Laurentiis. Gonzalo HiguaÃn aveva segnato 121 gol con il Real Madrid e vinto la Liga tre volte prima di approdare al Napoli. Victor Osimhen è costato più di 70 milioni di euro (60 milioni di sterline) al Lille. De Bruyne, tuttavia, appartiene a una categoria diversa: uno dei migliori giocatori nella storia della Premier League, con sei vittorie e due premi di giocatore dell’anno in Premier League, in una posizione di prestigio accanto a Thierry Henry, Cristiano Ronaldo, Nemanja Vidic e Mohamed Salah. De Bruyne ha anche vinto la Champions League, ha spinto il suo fisico al limite per aiutare il Manchester City a tagliare il traguardo nel 2023″.
Certo, continua il Guardian, “De Bruyne avrà 34 anni quando giocherà la sua prima partita con il Napoli e gli ultimi due anni al City suggeriscono che il suo fisico non sia più in grado di giocare ai livelli di un tempo. Ciononostante, un giocatore che ha messo a segno otto gol e 17 assist nelle ultime due stagioni di Premier League, pur avendo giocato da titolare solo 34 partite, ha chiaramente ancora molto da dare. E il suo potere di leader potrebbe non essere ancora svanitoâ€.
“Non è tanto che l’acquisto di De Bruyne trasformi il panorama del Napoli, quanto piuttosto che potrebbe consolidare una tendenza. Hanno vinto due scudetti in tre anni, eppure questi successi sono sembrati stranamente slegati tra loro: ottenuti sotto allenatori diversi, con tattiche diverse e con giocatori diversi in ruoli chiave. Lo scudetto 2022-23 è stato un fulmine a ciel sereno, con Luciano Spalletti che ha saputo sfruttare il talento di un Khvicha Kvaratskhelia appena scoperto e un anno di svolta per Osimhen. La scorsa stagione è stata diversa, un nuovo progetto sotto la guida di Antonio Conte che si è concretizzato più rapidamente di quanto chiunque si aspettasseâ€.
Secondo il Guardian i fattori di questo grande acquisto sono i soliti, di cui si è scritto ovunque: Conte, la voglia del belga di giocare ancora ad alto livello, i consigli di Mertens e Lukaku. Ma c’è il fattore Scott McTominay che rischia di essere il principale. “Sarà affascinante vedere come Conte li userà insieme. Ha dimostrato la sua flessibilità in questa stagione, stravolgendo i suoi piani tattici originali per sfruttare al meglio i punti di forza del nazionale scozzese. Ci sono tutte le ragioni per credere che anche De Bruyne possa essere un successo. Sarà anche un luogo comune, ma resta vero che il calcio giocato in Serie A è più lento e tattico di quello della Premier League. Con più tempo a disposizione, avrà l’opportunità di reinventarsi ancora una volta, come ha fatto ripetutamente durante i diversi capitoli della sua esperienza con Pep Guardiola al City. In momenti diversi è stato centrocampista difensivo, regista arretrato, ala, numero 10 e falso 9″.
L'articolo De Bruyne rilasciato in pillole dal Napoli: «È una sensazione pazzesca arrivare qui con tutte queste persone» sembra essere il primo su il Napolista.
La Ferrari continua a trascinarsi in una stagione di Formula 1 che si è rivelata finora molto al di sotto delle aspettative. Anche in Canada il team di Maranello si è reso protagonista di un weekend negativo, racimolando un quinto (Leclerc) ed un sesto posto (Hamilton) al termine di una gara che l’ha visto praticamente non pervenuto.
Un bottino che scontenta innanzitutto gli uomini della Rossa, i quali sono al lavoro per cercare di invertire un trend che comincia a farsi piuttosto preoccupante. A parlare degli sforzi della Ferrari ci ha pensato Lewis Hamilton proprio a margine dell’appuntamento nordamericano. Le dichiarazioni del sette volte campione del mondo suggeriscono scenari di cambiamento all’interno della Scuderia.
Il pilota britannico si è soffermato innanzitutto sui mancati aggiornamenti alla vettura. «Non so perché noi non li abbiamo apportati onestamente. Credo che uno arriverà molto presto, almeno spero. La mentalità al momento è che ci dovranno essere tanti aggiornamenti da portare nel sistema», ha esordito Hamilton ai microfoni di SkySport F1.
Il 40enne di Stevenage ha poi rivelato: «Mi piacerebbe potervi dire quello che sta accadendo, stanno succedendo tante cose sullo sfondo. Ci sono tante cose che vorrei dirvi per spiegare, però non posso sbottonarmi troppo: le cose che sono successe quest’anno, i problemi che abbiamo avuto, quello che sta succedendo all’interno dell’organizzazione. Ma il mio obiettivo è cercare di influenzare in modo positivo questi cambiamenti, in modo che ci possa essere un successo a lungo termine. Perché ci sono tanti cambiamenti necessari».
Hamilton ha infine concluso sottolineando: «Da parte mia c’è bisogno di costruire delle basi, perché ora non stiamo lottando per il campionato. È chiaro che siamo fuori dal campionato e bisogna fare in modo che l’anno prossimo avremo una grande macchina, per cui non dobbiamo perdere troppo tempo preoccupandoci o concentrandoci per questa. Voglio garantire che la macchina dell’anno prossimo sarà nettamente migliore, fin dalla prima gara».
Come dicevamo poc’anzi, il sentore è che all’interno della compagine emiliana possa registrarsi presto un vero e proprio ribaltone. Perché se oggi la posizione del team principal Frederic Vasseur è definita “a rischio” dalle principali testate sportive, tali cambiamenti potrebbero rappresentare la famosa goccia che fa traboccare il vaso: John Elkann potrebbe silurare il manager francese per diversità di vedute, oltre che per risultati insoddisfacenti.
Leggi anche: C’è una Ferrari senza Vassuer (con Coletta) che trionfa a Le Mans. Quella con Vasseur è un disastro
In occasione del trentennale della sua unica vittoria in Formula 1, ottenuta con la Ferrari al Gran Premio del Canada 1995, Jean Alesi ha rilasciato un’intervista ai microfoni de La Stampa.
«Feci un buon inizio di stagione, poi quel giorno volevo vincere a tutti i costi“. Memorabile il giro di rientro, quando, senza benzina sulla sua Ferrari, accettò un passaggio da Michael Schumacher: “Quel giorno lo vidi emozionato per me, dato che era la mia prima vittoria. Mi disse che ero stato bravo, mi abbracciò nel parco chiuso. Con lui ho sempre avuto un rapporto meraviglioso e per questo non ci rimasi male quando, l’anno seguente, prese il mio posto in Ferrari», ricorda Alesi.
L’ex pilota, oggi ufficiosamente brand ambassador del team di Maranello, ha toccato numerosi altri argomenti.
«I tifosi Ferrari mi spingevano perché volevano il Mondiale, poi hanno capito che le macchine che ho guidato non potevano vincere il campionato. Ma nonostante tutto ho dato l’anima, ogni goccia di sudore, per arrivare davanti il più possibile, e questo lo hanno apprezzato tanto», sottolinea il francese.
Sull’accostamento con Charles Leclerc: «Sono stato un po’ come lui, sì. Sfortunato perché non ha avuto la macchina per arrivare a lottarsela fino in fondo per un Mondiale. Per me resta il pilota più forte della griglia per talento, mi auguro possa avere una chance in futuro».
Quanto invece all’andamento zoppicante del Cavallino e alle deludenti prestazioni di Hamilton: «Vasseur non ha il potere che aveva uno come Jean Todt. Le difficoltà non stanno nelle sue scelte, ma in alcune persone che oggi all’interno della Ferrari vogliono comandare e non sono competenti. Hamilton? Credo che Lewis possa presto tornare ai suoi livelli, si tratta di adattarsi bene all’auto».
L'articolo Ferrari, Hamilton preannuncia la rivoluzione: «Stanno succedendo tante cose, ma non posso sbottonarmi troppo» sembra essere il primo su il Napolista.
Mercoledì 18 giugno (ore 18 palla al centro) il Manchester City debutterà nella Coppa del Mondo per Club affrontando i marocchini del Wydad. Alla vigilia della partita, il Guardian” fa il punto della situazione in casa citizens, soffermandosi a lungo sulla figura di Pep Guardiola.
“Per il catalano il torneo a 32 squadre dà il via alla prossima stagione, un tentativo di rimediare agli errori del 2024-25 e un tentativo di riaffermare il City come una forza inarrestabile”, scrive il Guardian riferendosi all’annata deludente condotta dal club inglese.
Il Guardian entra nel merito delle motivazioni del City nel torneo in scena in America: “Ciò che incuriosisce è l’undici che il 54enne schiererà contro i 22 volte campioni marocchini. A differenza delle amichevoli estive, il Mondiale per Club è una competizione che Guardiola e il City vogliono vincere con tutte le loro forze, e offre loro la possibilità di arrivare al weekend d’esordio in Premier League con le cicatrici di una stagione senza titoli ormai rimarginate”.
I colleghi britannici sottolineano dunque che un trionfo del City renderebbe improvvisamente positivo il giudizio sul 2025. La missione di Pep, però, prevede ostacoli importanti. “Il City ha viaggiato non solo senza Kevin De Bruyne, partito per il Napoli, ma anche senza Kyle Walker e Jack Grealish, in uscita sul mercato. Considerando anche il possibile trasferimento di Ederson in Arabia Saudita, John Stones alle prese con un infortunio e i dubbi sul terzino, la formazione che affronterà il Wydad potrebbe essere: Stefan Ortega, Rico Lewis, Rúben Dias, Josko Gvardiol, Nico O’Reilly, Rodri, Ilkay Gündogan, Bernardo Silva, Phil Foden, Omar Marmoush, Erling Haaland“, si legge.
“Un problema che Guardiola deve affrontare è il rischio che Rodri incappi in un altro lungo infortunio, e Reijnders sembra essere parte del piano. Un altro interrogativo è se il vuoto di De Bruyne possa essere adeguatamente colmato da un Foden che non ha giocato nella stagione 2024-25, sebbene Cherki sia stato acquisito per aggiungere anche un tocco di fantasia. Evitare che si ripetano gli infortuni della scorsa stagione sarà importante”.
Leggi anche: De Bruyne: «Conosco Lukaku da anni, mi ha parlato molto bene del Napoli e della città »
Infine, Guardian sottolinea una serie di problematiche emerse durante il 2025 – incluse alcune operazioni di mercato che non hanno soddisfatto le attese – e conclude sottolineando: “La prossima stagione sarà una dura prova per le capacità di Guardiola. A cominciare dal Mondiale per Club”.
L'articolo Guardiola al Mondiale con dubbi e grattacapi, il trionfo del City sanerebbe le ferite di una stagione zero titoli sembra essere il primo su il Napolista.
Quando il Mondiale per Club era l’Intercontinentale e vinceva il Sud America. Poi arrivò la legge Bosman
In un’epoca in cui il calcio europeo domina incontrastato il panorama mondiale, può sembrare incredibile ricordare che una volta non era così. Eppure, le sfide tra club europei e sudamericani erano veri e propri duelli alla pari, a volte persino favorevoli al continente americano. Alcuni estratti e testimonianze, ripresi da un approfondimento pubblicato da El PaÃs, aiutano a ricostruire quella stagione ormai lontana, fatta di rivalità continentali e sorprese che oggi sembrano impossibili.
Il calcio è lo sport dei pronostici traditi tranne che nel Mondiale per Club, torneo in cui le squadre europee hanno vinto 11 titoli consecutivi tra il 2013 e il 2023. Tuttavia, c’è stato un tempo — prima in bianco e nero e poi all’inizio di questo secolo — in cui l’America batteva l’Europa.
«Ho partecipato a quattro Coppe Intercontinentali. Ne ho vinte due e perse due», ricorda Francisco Pancho Sá, ex difensore argentino oggi 79enne, l’uomo che ha alzato più Coppe Libertadores nella storia: sei in totale, quattro con l’Independiente e due con il Boca Juniors, tutte negli anni ’70. «Con l’Independiente ho giocato tre finali del mondo: abbiamo perso contro l’Ajax nel 1972, battuto la Juventus nel 1973 e perso contro l’Atlético Madrid nel 1974. Poi, con il Boca, abbiamo vinto contro il Borussia Mönchengladbach nel 1978».
Tra il 1960 e il 1979, la Coppa Intercontinentale si disputava con andata e ritorno tra i campioni di Libertadores e Coppa dei Campioni. In quelle 18 edizioni, i sudamericani ottennero 10 vittorie contro le 8 degli europei. «Il formato era completamente diverso. Cruyff venne a Buenos Aires per giocare contro l’Independiente nel 1972. Fu la sua unica volta in Argentina, e credo anche in Sud America», racconta Sá.
«Gli europei non volevano venire in Sudamerica», racconta ancora Sá. «Dicevano che c’era troppa violenza. Iniziammo a negoziare. Nel 1973, la Juventus (subentrata all’Ajax) accettò di giocare solo una gara, in Italia. Non ci restava scelta, ma andammo comunque… e vincemmo».
A scoraggiare i club europei non era solo il clima teso, ma anche episodi tragici: nel 1969, durante Estudiantes–Milan, tre calciatori argentini finirono in carcere per 30 giorni dopo una partita definita ancora oggi come la più violenta della storia del calcio rioplatense.
Non mancarono poi rifiuti clamorosi: il Bayern Monaco, campione d’Europa dal 1974 al 1976, snobbò due edizioni; il Liverpool fece lo stesso nel 1977 e 1978. Alla fine degli anni ’70, la Coppa Intercontinentale perse fascino e venne ripensata: dal 1980 al 2004 si giocò in Giappone, su campo neutro.
Il cambio definitivo arrivò con l’introduzione della Legge Bosman (1995) che permise ai club europei di tesserare liberamente giocatori comunitari. Da allora, la forbice si allargò sempre più. «Il torneo cominciò a diventare, gradualmente ma definitivamente, il trionfo dei club europei con giocatori europei, sudamericani, africani e asiatici, contro club sudamericani con giocatori sudamericani.»
«Si partiva per vincere. Ormai sembra impossibile, ma allora non lo era», dice Sá. Lo stesso spirito animava il Boca Juniors del 2000, che batté il Real Madrid in una notte storica. «Loro avevano le stelle, ma noi il gruppo e la preparazione», racconta Cristian Traverso, centrocampista di quella squadra. «Arrivammo in Giappone una settimana prima, loro solo pochi giorni prima. Li sorprendemmo con due gol di Palermo, poi segnarono ma non bastò».
«Si disse che a loro non importasse del Mondiale per Club, ma non è vero. In campo urlavano, si incitavano, si arrabbiavano. Eccome se gli importava», aggiunge Traverso, oggi opinionista per Tyc Sports.
Ma oggi la realtà è diversa. Le squadre sudamericane arrivano al torneo come outsider:
«La distanza tra le squadre europee e sudamericane si è ampliata molto. Il problema è che loro si prendono i nostri giocatori migliori da giovani», dice Traverso.
«Franco Mastantuono ha 17 anni e si è già trasferito dal River al Real Madrid. Una volta i migliori rimanevano tutta la carriera nei loro club. Ora è impossibile competere», riflette Sá.
«Non avrei mai pensato che quella del Corinthians (nel 2012) sarebbe stata l’ultima vittoria di un club sudamericano contro uno europeo. Ma questo dimostra anche quanto sia difficile affrontare squadre con così tanto potere economico. Mi piacerebbe che prima o poi il titolo tornasse in Sud America», conclude MartÃnez.
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Edin Dzeko va alla Fiorentina
Manca solo l’ufficialità , ma ormai l’affare è cosa fatta: Edin Dzeko tornerà a giocare nel campionato italiano. Il 39enne attaccante bosniaco, reduce da due stagioni in Turchia al Fenerbache, ha scelto di vestire la maglia della Fiorentina. A riferirlo sono i principali esperti di mercato, che danno anche qualche cifra dell’operazione.
L’affare conferma quel che più persone dicono e scrivono da tempo e cioè che in Italia Yamal sarebbe finito in prestito alla Carrarese. È il Paese dove abbiamo il Dna intriso di nonnismo. Noi, questa storia dell’esperienza e del farci le ossa. Dzeko poi farà il suo, è uno che a calcio sa giocare. Non discutiamo il suo valore, discutiamo la portata culturale dell’operazione.
Dzeko alla Fiorentina, le cifre
Gianluca Di Marzio scrive: “La Fiorentina ha trovato l’accordo per l’ingaggio di Edin Dzeko, nell’incontro avuto col suo agente, Alessandro Lucci. L’attaccante firmerà un contratto di un anno con opzione di rinnovo automatico a 1,8 milioni più bonus. Il rinnovo automatico scatterà al raggiungimento di un determinato numero di presenze. Dopo due stagioni in Turchia, a 39 anni l’ex Roma e Inter è pronto a tornare in Serie A”.
La notizia viene riportata anche da Farbizio Romano, il quale però riferisce di cifre leggermente più basse:
Edin Dzeko will sign one year deal plus option until June 2027 at Fiorentina with salary around €1.5m net per season.
Dzeko has agreed to return to Italy and he’s leaving Fenerbahçe… with Stefano Pioli expected to be new head coach at Fiorentina.
Here we go
pic.twitter.com/473F0YjFMH
— Fabrizio Romano (@FabrizioRomano) June 16, 2025
Leggi anche: Dzeko punge Lukaku: «Nella finale di Champions ebbe 30 minuti per fare la differenza e invece…»
Dovevano ricevere due targhe commemorative nell’ultimo match in casa dopo aver annunciato l’addio, ma hanno preferito salutare la squadra al campo d’allenamento.
Non è andata come Jose Mourinho sperava la sua prima stagione in Turchia, al Fenerbahce. Oltre ad aver perso il campionato, due tra i suoi giocatori più importanti, Edin Dzeko e Dusan Tadic, hanno rifiutato di giocare l’ultima partita in casa contro il Konyaspor e di salutare i tifosi allo stadio.
Il Daily Mail riporta:
Due dei giocatori più anziani del club, Edin Dzeko e Dusan Tadic, avrebbero dovuto ricevere due targhe commemorative dopo aver annunciato che lasceranno il club quest’estate, ma hanno deciso di non volere una cerimonia allo stadio a causa dei timori per i disordini dei tifosi. Questi ultimi, hanno mostrato rabbia verso i loro giocatori dopo una partita giocata all’inizio del mese scorso e c’era preoccupazione che potesse accadere la stessa cosa ora. Dzeko e Tadic hanno optato per salutare tutti al campo d’allenamento. Alla cerimonia hanno partecipato i loro compagni di squadra, il presidente del club Ali Koc e il vicepresidente Acun Ilicali. Anche il direttore sportivo Mario Branco e quattro allenatori dello staff di Mourinho hanno dato l’ultimo saluto al club. Dopo che il Galatasaray aveva organizzato la festa d’addio per Mertens e Muslera, i tifosi del Fenerbahce si sono arrabbiati maggiormente per non aver avuto la possibilità di salutare i loro giocatori.Â
Tadic ha successivamente rilasciato una dichiarazione per spiegare perché lui e Dzeko non si erano presentati allo stadio per la partita finale. «E’ stata una decisione che abbiamo preso insieme. Non volevamo danneggiare l’immagine del Fenerbahce. I tifosi ci hanno sempre sostenuto. Il modo in cui ho detto addio al club non è un problema per me. Avrei preferito che fosse allo stadio, ma l’atmosfera non è molto favorevole al momento. Ecco perché è stato meglio così».Â
Il quotidiano britannico aggiunge:
All’inizio di questa settimana, Mourinho si è scagliato contro i giornalisti turchi dopo che la sua squadra è stata battuta 4-2 dall’Hatayspor club in zona retrocessione. «Negli ultimi sette anni ho giocato due finali europee. Quindi negli ultimi sette anni ho giocato più finali europee che i club turchi messi insieme». Il tecnico 62enne può essere orgoglioso dei suoi successi passati, ma è stata una prima stagione difficile per lui in un nuovo Paese, e ora deve prepararsi per una stagione senza Dzeko e Tadic.
L'articolo Edin Dzeko va alla Fiorentina, in Italia Yamal sarebbe finito in prestito alla Carrarese a farsi le ossa sembra essere il primo su il Napolista.
La Lazio ha annunciato il rinnovo di Pedro di un ulteriore anno, fino al 2026. Il 37enne spagnolo vestirà ancora la maglia biancoceleste, e in Italia regnano due visioni contrastanti.
Da un lato, i tifosi laziali vorrebbero che il presidente Lotito e il ds Fabiani ringiovanissero la squadra, ingaggiando (o rinnovando) calciatori non sotto la soglia dei 40 anni.
Su X si legge ad esempio:
@Gabriel94751519: Società allo sbando rinnovate i 40enni per non fare mercato…vendi e vattene.
@tizianelloo: acquisto generazionale, grazie presidente! vendi e vattene.
acquisto generazionale grazie presidente! vendi e vatteneeee
— BANDA INCEDIBILI
(@tizianelloo) June 16, 2025
@Vale_ssl_: Il grande progetto giovani di Fabiani.
Dall’altro lato, invece, diversa è stata la reazione dei tifosi del Napoli. Sono arrivati, infatti, alcuni commenti di elogio per colui che è stato definito “uno degli artefici” del quarto scudetto azzurro, grazie alla sua doppietta contro l’Inter nella penultima giornata di campionato.
@angel77_fallen: Ci puoi pure fare tripletta nel prossimo Napoli-Lazio 0-3 con Sarri che esulta sotto la curva B, rimarrai nel nostro cuore sempre, ti perdoniamo tutto.
Ci puoi pure fare tripletta nel prossimo Napoli-Lazio 0-3 con Sarri che esulta sotto la curva B, rimarrai nel nostro cuore sempre, ti perdoniamo tutto
— 4⃣NGELO CAMPIONE D’ITALIA
4⃣ – #AG4IN (@angel77_fallen) June 16, 2025
Anche su Instagram i tifosi napoletani si sono scatenati:
_fuoricomeva: Grazie Pedritooooooo facci vincere ancora qualche scudetto!
giuseppecervicato: Grande Pedro. Artefice del nostro quarto scudetto.Â
pino_laezza: Ti aspettiamo al Maradona!
Viene inoltre più volte citato il celebre ritornello del brano di Raffaella Carrà : «Pedro, Pedro, Pedro, Pe’».
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L'articolo Pedro rinnova con la Lazio e i tifosi del Napoli festeggiano: “Ti perdoniamo anche se ci fai tripletta contro†sembra essere il primo su il Napolista.
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